Istat, cambia il sistema dei conti nazionali, anche «le attività illegali

Istat, cambia il sistema dei conti nazionali, anche «le attività illegali» nel calcolo del Pil da ottobre 2014
22 maggio 2014
Il 2014 è un anno di cambiamenti per il Sistema dei conti nazionali (Sec), l'impianto che definisce la
metodologia armonizzata per la produzione di dati di contabilità nazionale all'interno dell'Unione europea.
In Italia, come in gran parte dei paesi Ue, il passaggio ad «una nuova versione delle regole di contabilità»
porta a miglioramenti dei metodi di misurazione e introduce nuove fonti informative con effetti positivi
anche sul Pil. Nella nuova versione dei conti, ad esempio, le spese in Ricerca e Sviluppo e quelle per
armamenti sono considerate come spese di investimento e non più componente dei costi intermedi, con un
impatto sul Pil. L'effetto sarebbe di livello e non di crescita, in pratica un'una tantum che avrebbe in ogni
caso effetti sui rapporti deficit/Pil e debito/Pil.
Tutti i Paesi Ue, compresa l'Italia, inseriranno «una stima nei conti (e quindi nel Pil)» delle attività illegali,
come «traffico di sostanze stupefacenti, servizi della prostituzione e contrabbando (di sigarette o alcol)». La
novità sarà inserita a partire dal 2014 nei conti, in coerenza con le linee Eurostat, rileva l'Istat. Modifiche
condivise a livello europeo e connesse, evidenzia l'Istat, al «necessario superamento di riserve relative
all'applicazione omogenea tra paesi Ue degli standard già esistenti».
Nello specifico, tra le riserve trasversali avanzate ce ne è una, sottolinea l'Istituto, che «ha una rilevanza
maggiore», in quanto, appunto, riguarda l'inserimento nei conti delle attività illegali, che già il precedente
sistema dei conti nazionali, datato 1995, aveva previsto, «in ottemperanza al principio secondo il quale le
stime devono essere esaustive, cioè comprendere tutte le attività che producono reddito,
indipendentemente dal loro status giuridico».
Il peso dell'economia sommersa
L'Istat riconosce come la misurazione delle attività illegali sia «molto difficile, per l'ovvia ragione - spiega che esse si sottraggono a qualsiasi forma di rilevazione, e lo stesso concetto di attività illegale può prestarsi
a diverse interpretazioni». Ecco che, aggiunge, «allo scopo di garantire la massima comparabilità tra le
stime prodotte dagli stati membri, Eurostat ha fornito linee guida ben definite. Le attività illegali di cui tutti i
paesi inseriranno una stima nei conti (e quindi nel Pil) sono: traffico di sostanze stupefacenti, servizi della
prostituzione e contrabbando (di sigarette o alcol)».
Quindi viene almeno circoscritto il range per mettere a punto una stima del peso di quest'area. A riguardo
può essere utile ricordare come l'Istat, sin dal governo Craxi, già inserisca nel Pil il sommerso economico,
che deriva dall'attività di produzione di beni e servizi che, pur essendo legale, sfugge all'osservazione
diretta in quanto connessa al fenomeno della frode fiscale e contributiva. Le ultime stime dedicate
risalgono al 2008, e indicano come il valore aggiunto prodotto nell'area del sommerso sia compreso tra un
minimo di 255 e un massimo 275 miliardi di euro. Il peso dell'economia sommersa è quindi stimato tra il
16,3% e il 17,5% del Pil.
Nel caso della Germania, per esempio, si tratterebbe della prima volta, invece. E probabilmente anche per
questa ragione il balzo del prodotto interno lordo stimato da Eurostat è perfino superiore a quello italiano
(insieme a quelli di Belgio, Francia e Danimarca).
Quattro le principali novità
Per quel che riguarda, più in generale, il passaggio alle nuove linee metodologiche fissate dagli standard
internazionali (Sna) e, in particolare da quelli europei (Sec), sono quattro le principali novità che hanno
impatto su alcuni dei maggiori aggregati, spiega l'Istat in una nota: la capitalizzazione delle spese in Ricerca
e Sviluppo (R&S); la riclassificazione da consumi intermedi a investimenti della spesa per armamenti
sostenuta dalle amministrazioni Pubbliche; una nuova metodologia di stima degli scambi con l'estero di
merci da sottoporre a lavorazione (processing), per i quali si registra il valore del solo servizio di
trasformazione e non più quello dei beni scambiati; la verifica del perimetro delle Amministrazioni
Pubbliche sulla base degli aggiustamenti metodologici introdotti dal Sec2010.
Nella nuova versione dei conti, le spese in Ricerca e Sviluppo sono considerate come spese di investimento
in quanto contribuiscono all'accumulazione, tramite capitale intangibile, di capacità produttiva; in
precedenza esse erano una componente dei costi intermedi. «Questo cambiamento del metodo di
contabilizzazione determina un impatto positivo sulla domanda aggregata e, quindi, sul Pil pari alla parte di
spesa effettuata dalle imprese di mercato» sottolinea l'Istat.
Anche la componente relativa alla spesa delle amministrazioni pubbliche, benché già contabilizzata quale
domanda finale in quanto parte dei consumi intermedi e quindi della produzione di servizi ad uso della
collettività, «avrà comunque un effetto positivo sul valore aggiunto, pari all'ammortamento dello stock di
capitale di R&S che contribuisce, per definizione, a tale aggregato».
Bruxelles rivede le regole sui bilanci: stime Pil in crescita
Beda Romano il 22 maggio 2014 BRUXELLES - Le autorità comunitarie hanno annunciato ieri nuovi metodi
di calcolo del prodotto interno lordo, che prevedono tra le altre cose di considerare investimento la spesa
in ricerca e sviluppo. Le nuove norme entreranno in vigore nel settembre 2014 e potrebbero comportare
un piccolo aumento del Pil. Secondo le stime di Eurostat, il braccio statistico dell'Unione, il Pil italiano del
2011 sarebbe stato superiore di uno-due punti percentuali al dato originario (che è stato di +0,4%).
I principali cambiamenti metodologici riguardano, tra le altre cose, un miglioramento del calcolo del
contributo al Pil dei servizi assicurativi; una analisi più dettagliata dei sistemi pensionistici; e soprattutto il
riconoscimento che la spesa in ricerca e sviluppo e in strumenti di difesa è da considerarsi investimento (e
non più spesa corrente). La modifica metodologica non è un'iniziativa europea. Le autorità comunitarie si
stanno adattando a una scelta presa a livello internazionale.
Secondo Eurostat, i cambiamenti comporterebbero un aumento medio del Pil di circa il 2,4%. Di questo
totale, l'80% è da attribuire al nuovo modo con cui valutare la spesa in Ricerca e Sviluppo. L'impatto è
diverso da paese a paese, fosse solo per i loro diversi livelli di spesa in questo settore. In un comunicato, la
Commissione europea ha fatto notare ieri che gli stessi cambiamenti negli Stati Uniti hanno comportato un
aumento del Pil negli anni 2010-2012 del 3,5 per cento.
L'impatto sul Pil italiano del 2011 sarebbe di uno-due punti percentuali. L'Italia si trova nello stesso gruppo
della Spagna, del Portogallo o del Lussemburgo. Più elevato sarebbe stato l'impatto sul Pil francese o
tedesco, pari a due-tre punti percentuali. I paesi che più investono in ricerca e sviluppo sono quelli che più
beneficeranno di questo cambiamento di metodologia: la Finlandia e la Svezia (+4-5 punti percentuali), ma
anche Austria, Olanda e Gran Bretagna (+3-4 punti percentuali).
Finora, Eurostat ha utilizzato una metodologia risalente al 1995, la ESA 1995 (l'acronimo sta per European
System of Accounts). Ieri la Commissione non ha voluto dare elementi su quanto la nuova metodologia
potrebbe influenzare il rapporto deficit-Pil dei singoli paesi. L'esecutivo comunitario si è limitato a notare
che in Europa «i conti nazionali hanno un ruolo vitale» e «le politiche di bilancio nel contesto della
procedura di deficit eccessivo si basano sui rapporti di deficit e di debito».
In teoria, un aumento del Pil dovrebbe comportare un calo del rapporto deficit-Pil e debito-Pil, ma è troppo
presto per lanciarsi in previsioni in un momento in cui l'Italia sta faticosamente mantenendo il proprio
disavanzo sotto al 3,0% del Pil. La modifica riflette i cambiamenti che l'economia ha subito in questi anni: il
ruolo crescente dell'informatica nei processi produttivi; l'importanza altrettanto crescente delle attività
intangibili, dei servizi e dei prodotti intellettuali; così come la stessa globalizzazione.