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http://www.10righedailibri.it
Alessandro Tordini
COSÌ NUDA COSÌ VIOLENTA
Enciclopedia della musica
nei Mondi Neri
del cinema italiano
I edizione: ottobre 2012
© 2012 Lit Edizioni Srl
Arcana è un marchio di Lit Edizioni
Sede operativa: Via Isonzo 34, 00198 Roma
Tutti i diritti riservati
Cover: Laura Oliva
www.arcanaedizioni.com
A Francesco De Masi
INDICE
PREMESSA
“No, non è un clavicembalo...”
PROLOGO
Vent’anni di Mondi Neri nel Cinema Italiano (1960-1980)
INTRODUZIONE
Breve storia della colonna sonora tricolore
LEGENDA
TITOLI DI TESTA
I compositori dei Mondi Neri
TEMA PRINCIPALE. I più prolifici
Ennio Morricone
Bruno Nicolai
Stelvio Cipriani
Piero Piccioni
Riz Ortolani
I LEITMOTIV. Gli specialisti
Thriller
Giorgio Gaslini
Gianni Ferrio
Nora Orlandi
Berto Pisano
Poliziesco
Franco Micalizzi
Guido e Maurizio De Angelis
Luis Enriquez Bacalov
Luciano Michelini
Horror
Goblin
Fabio Frizzi
Pino Donaggio
Alessandro Alessandroni
Claudio Simonetti
VARIAZIONE DEL TEMA PRINCIPALE. Generazione di Maestri tra jazz e
tradizione
Francesco De Masi (con un contributo di Filippo De Masi)
Roberto Nicolosi
Carlo Rustichelli
Carlo Savina
Piero Umiliani
Armando Trovajoli
TEMI ATMOSFERICI. 23 contributi sporadici ma efficaci
Manuel De Sica
Lallo Gori
Stefano Mainetti
Carlo Maria Cordio
Mario Bertolazzi (con un contributo di Alberto Testa)
Peppino De Luca
Claudio Gizzi
Elio Maestosi e Stefano Liberati
Robby Poitevin
Roberto Pregadio
Roman Vlad
Sante Maria Romitelli
Teo Usuelli
Armando Sciascia
Nico Fidenco
Nicola Piovani
Giuliano Sorgini
Gianfranco Plenizio
Fred Bongusto
Franco Campanino
Gianfranco e Giampiero Reverberi
Stefano Torossi
Albert Verrecchia
BREVI INTERMEZZI. 11 casi isolati
Trans Europa Express
Libra
Pulsar Music Ltd
Carlo Pes
Bruno Maderna
Gianni Marchetti
Maurizio Vandelli
Walter Rizzati
Budy-Maglione
Alessandro Blonksteiner
Adolfo Waitzman
BONUS TRACK. Most Wanted: 22 discografie in cerca d’autore
Ubaldo Continiello
Amedeo Tommasi
Marcello Giombini
Marcello Gigante
Daniele Patucchi
Aldo Piga
Enrico Simonetti
Bruno Canfora
Paolo Vasile
Giampaolo Chiti
Tullio De Piscopo
Alberto Baldan Bembo
Giancarlo Chiaramello
Vasco Vassili Kojukarov
Franco Mannino
Egisto Macchi
Mino Reitano
Claudio Tallino
Silvano Spadaccino
Felice e Gianfranco Di Stefano
Nando De Luca
Umberto Smaila
EPILOGO
La tradizione lascia spazio al nuovo. Il caso Marco Werba
TITOLI DI CODA
Appendici, L’altra faccia dei Mondi Neri, …Grafie
APPENDICE 1. Piccole storie di grandi solisti
Edda Dell’orso
Franco De Gemini
I Marc 4
Oscar Valdambrini
Gino Marinacci
Michele Lacerenza
APPENDICE 2. Le principali case discografiche italiane di colonne sonore
Beat Records
Cam
Cinevox
Gdm
Digitmovies
Hexacord
L’ALTRA FACCIA DEI MONDI NERI. Conversazioni con registi e sceneggiatori
Pupi Avati
Antonio Bido
Enzo Castellari
Aldo Lado
Umberto Lenzi
Ernesto Gastaldi
Dardano Sacchetti
BIBLIOGRAFIA
FILMOGRAFIA
DISCOGRAFIA
SITOGRAFIA
RINGRAZIAMENTI
PREMESSA
“No, non è un clavicembalo…”
Non pochi sono stati i problemi che ho dovuto affrontare nel corso di questo “viaggio” all’interno di un ventennio musicale tanto cult per la nostra musica da film.
Non essendo un esperto di musica (nel senso tecnico del termine), uno dei più ostici è stato riuscire a distinguere gli strumenti musicali al solo ascolto dei temi che
compongono le varie partiture. A tale proposito giunge illuminante un aneddoto.
Recentemente, durante un capodanno, ho avuto il piacere di incontrare Edda Dell’Orso e suo marito, il compositore Giacomo Dell’Orso. A quest’ultimo raccontavo del mio problema nell’ascolto delle musiche, prendendo ad esempio uno strumento largamente usato soprattutto nei motivi del periodo: il clavicembalo. Questo ha tre parenti stretti nel clavicordo, l’arpicordo e, a partire dai primi anni Settanta, il clavinet, tutti dalle sonorità molto simili. Al che Giacomo esclama: “No!
Non è un clavicembalo, ma un pianoforte a puntine”. Ride. Io invece rimango
allibito e rispondo: “Ma allora, io che nelle recensioni ho indicato questo strumento come clavicembalo, dovunque lo abbia sentito, ho sempre sbagliato, e
adesso devo correggere tutto… se solo avessi avuto più conoscenze musicali”. Così Giacomo mi ha fornito l’idea: “Scrivi una piccola premessa per spiegare questa
tua mancanza”, cosa che appunto sto facendo. Intendo così chiedere scusa, e non
solo ai più pignoli, se all’interno del testo il lettore più avvertito, ma anche quello
meno documentato musicalmente, potrà incappare in errori di individuazione
degli strumenti musicali, errori esclusivamente dovuti alla mia incapacità di distinguerli con certezza durante l’ascolto. Così ad esempio, dove l’esecuzione di
una certa melodia o di un tema ritmico è attribuita al clavicembalo, in realtà potrebbe trattarsi del pianoforte a puntine (sì, proprio quelle che si trovano in cartoleria), oppure invece di un clarinetto a eseguire un certo fraseggio potrebbe essere un flauto basso, e così via. Altri due ordini di difficoltà che ho dovuto superare sono stati la selezione e compilazione delle filmografie e il posizionamento delle schede dei compositori all’interno del testo. Quali titoli inserire? In base a qua-
14 COSì NUDA COSì VIOLENTA
li criteri ordinare i compositori? Al primo quesito ho risposto selezionando solamente quei film accomunabili ai tre macro-generi neri e a tutti i loro filoni. Risultato: tantissimi titoli, tantissimi compositori. Allora ho deciso di trattare solo
le pellicole corredate di una musica da film (più comunemente, ma erroneamente, chiamata colonna sonora) reperibile sul mercato discografico e quindi ascoltabile da chiunque (con l’unica aggiunta di qualche ascolto in vinile reperito fortunosamente in giro), comprese le coproduzioni con altri paesi, ma escludendo
quelle straniere musicate da italiani (ad esempio La cosa, 1982, di John Carpenter, con brani di Ennio Morricone, o Carrie lo sguardo di Satana, 1976, di Brian De
Palma, composta da Pino Donaggio) e viceversa (ad esempio Inferno, 1980, di
Dario Argento, e Murderock uccide a passo di danza, 1984, di Lucio Fulci, entrambe
di Keith Emerson). Così, le centinaia di pellicole che erano emerse dopo una prima catalogazione sono diventate poco più di 200 e i musicisti circa 75, compresi
quelli che hanno un solo titolo nella filmografia specifica. La seconda risposta è stata la logica conseguenza di questa selezione: ordinarli in base al numero di titoli
presenti nella loro discografia di riferimento. Il problema però era che alcuni
maestri avevano prestato le loro note a parecchi titoli tra quelli selezionati, ma
non avevano alcun riscontro discografico, in quanto le loro musiche per questi film
non esistono in commercio (o nella migliore delle ipotesi uscirono solo all’epoca
in vinile e sono vendute a peso d’oro ai collezionisti o, ancora peggio, i nastri su
cui erano incise vennero poi riutilizzati per altre). Nonostante abbiano una nutrita filmografia, non possiamo ascoltare nessuna loro musica appartenente ai tre
generi neri. Due esempi eclatanti di questa tipologia di compositori sono Ubaldo
Continiello e il compianto maestro Marcello Giombini, musicisti di grande talento
e umanità, le cui molte partiture per film sono introvabili. Per questo mi sono visto costretto a inserirli in un capitolo sfortunatamente povero di contenuti, denominato “Most Wanted: discografie in cerca d’autore”. Infine, di un’ultima difficoltà
mi sono accorto solo a lavoro finito, rileggendolo, ma almeno questa l’ho addebitata solo in parte alla mia inadeguatezza: parlo dell’impossibilità di “descrivere” la
musica con le parole. La musica è emozione, per di più la musica per film è un’emozione al quadrato, e le parole sono drammaticamente insufficienti a rendere
un’emozione di questo tipo. È un po’ come per il gusto: come si fa a descrivere un
sapore? Lo si può fare solo per similitudini. Così le etichette dei vini parlano di
“sapore fruttato”, “aromi di bosco”, “gusto erbaceo” o cose del genere. Ma poi i
termini di paragone sono più o meno sempre gli stessi, e se leggessimo in successione tante etichette di vini ci accorgeremmo che le descrizioni si assomigliano
tutte. L’emozione la si vive solo quando il vino lo si assapora, quando se ne sente
l’aroma, l’impatto sulla lingua e sul palato, e magari il sapore che ci evoca non era
citato dall’etichetta. Così è successo a me nel descrivere le “mie” colonne sonore:
mi sono accorto di avere usato formule ripetitive, di aver suggerito elementi poco
PREMESSA 15
“emozionanti” (gli strumenti coinvolti e il modo di suonarli, il tipo di musica, i
generi musicali, gli esecutori, ecc.), di avere noiosamente elencato titoli , ma mi
sono detto che non avrei potuto fare altro. Solo ascoltando una colonna sonora si
può avere un’idea dell’emozione che essa vuole trasmettere allo spettatore, ma è
ascoltandola mentre si visiona il film che l’emozione diventa totale.
Esaurite le ammissioni di colpa, non mi rimane che augurare buona lettura a
quanti vorranno ripercorrere le tappe di questo viaggio con spirito di curiosità e
di scoperta.
PROLOGO 17
PROLOGO
Vent’anni di Mondi Neri nel Cinema Italiano (1960-1980)
Film come La nipote del prete (1908), Alibi atroce (1910), Al gufo nero (1915, di Carlo Campogalliani), Colpa o mistero (1916, di Vitale De Stefano), La maschera dello
scheletro (1918, di Domenico Gaido), Il demone occulto (1918, di Valentino Soldani), La cinghia della morte (1919, di Renato Bulla Del Torchio), La donna e il cadavere (1920, di Augusto Genina), Il mostro Frankenstein (1920, di Eugenio Testa), La casa della paura (1921, di Carlo Campogalliani) e L’incubo (1922, di Giuseppe Sterni) possono essere considerati a tutti gli effetti gli antenati muti dei film
appartenenti ai Mondi Neri del cinema di genere italiano del ventennio SessantaSettanta. La commedia più o meno erotica dei Pierini, i Fantozzi, lo storico-mitologico degli Ercoli, i Macisti, gli Ursus e i Sansoni, il western dei Sartana, Django, Ringo, Gringo e Sabata, lo spionistico degli agenti 077, 3S3, 777 e Jo Walker, l’avventuroso dei vari Sandokan, Tarzan e Zorro, l’erotico-esotico di Emanuelle, la commedia sexy scolastica-familiare-militare, i mondo-movie e la fantascienza: all’interno di questo marasma di generi, sottogeneri e filoni vivono i cosiddetti Mondi
Neri, neologismo relativo al padre-figlio gotico-horror, il giallo-thriller e il noirpoliziesco-mafia-movie. Alla definizione desueta si contrappongono tematiche
vecchie e sfruttate strettamente legate a morte, paura, odio, terrore, violenza, suspense, sangue, delitti, nefandezze e atrocità varie. I protagonisti di questo mondo
negativo e grandguignolesco vengono tutti dallo zoccolo duro della provincia italiana e sono ispettori-commissari, criminali-maniaci, giustizieri e detective improvvisati o semplicemente comuni cittadini vittime/carnefici che si muovono
tutti nella complice tenebrosità di crude città moderne o di inquietanti luoghi isolati. Questi prodotti artigianali, nati spesso dalla fantasia e creatività di arguti mestieranti, riscuotono consensi popolari inimmaginabili e da oscuri gregari, molti,
se non tutti, diventano campioni al botteghino. Il perché? Molto probabilmente
questo nuovo cinema è “il più vicino alla gente”: col thriller, esorcizza le nuove
paure metropolitane; col poliziesco, è lo specchio di un malessere sociale che si va
diffondendo, ieri come oggi; col gotico-padre stuzzica la paura ancestrale che diventerà, con l’horror-figlio, un decennio più tardi, paura dell’attuale reale.
Un po’ di nomi, di date e di storia.
Il gotico. 1957. I vampiri, Riccardo Freda alla regia e Mario Bava alla fotografia, agli effetti speciali e alla regia della seconda unità. 1959. Caltiki, il mostro immortale, ancora di Freda. 1960. Il mulino delle donne di pietra, di Giorgio Ferroni.
1960. La maschera del demonio, di Mario Bava.
Il giallo-thriller. 1962 e 1964. La ragazza che sapeva troppo e Sei donne per l’assassino, dittico precursore, sempre di Bava. 1968. Il dolce corpo di Deborah, apripista del filone psico-sexy-thriller, di Romolo Guerrieri. 1970 e 1971. L’uccello dalle piume di cristallo, Il gatto a nove code e Quattro mosche di velluto grigio, cosiddetta trilogia zoonomica, opera prima del talento visionario di Dario Argento.
1975. Profondo rosso, capolavoro indiscusso di Argento che vira il thriller verso…
L’horror. 1977. Suspiria, caposaldo dell’horror nostrano ancora ad opera di Argento. 1979. Buio Omega, di Aristide Massaccesi (alias Joe D’Amato). 1979. Zombi 2, di Lucio Fulci. 1979. Cannibal Holocaust, di Ruggero Deodato.
Il noir-poliziesco-mafia-movie. 1968. Banditi a Milano, di Carlo Lizzani, uno
dei prototipi del genere. 1969. Un detective, di Romolo Guerrieri, uno dei primi
noir. 1970. Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, capolavoro di Elio
Petri. 1971. Confessioni di un commissario di polizia al procuratore della repubblica,
di Damiano Damiani, uno dei primi mafia-movie. 1972. La polizia ringrazia, di
Steno (Stefano Vanzina), spara i primi colpi del poliziesco (o poliziottesco, definizione coniata dalla critica negativa del periodo). 1972. Milano calibro 9, di Fernando Di Leo, inaugura la cosiddetta trilogia del Milieu. 1973. La polizia incrimina, la legge assolve, di Enzo G. Castellari. 1974. Milano odia: la polizia non può
sparare, di Umberto Lenzi.
All’abbondanza di saggi, articoli pubblicati su giornali, riviste specialistiche, fanzine di appassionati, ristampe in digitale di film e al proliferare di siti internet, festival, rassegne ed eventi a tema dedicati alla produzione filmica di questo ricco
ventennio (sovente opera di un drappello formato da critici, addetti ai lavori e
studiosi lungimiranti e controcorrente che da sempre lottano per dare giusta dignità a prodotti troppo spesso stroncati, ignorati ed etichettati dalla nostra critica
come di serie b o di serie z), si contrappone in modo stridente la scarsità di saggi
e scritti sull’importanza della colonna sonora musicale: vero e proprio valore aggiunto e spesso risolutivo per molte pellicole destinate a vivere, nel migliore dei
casi, una sola stagione più o meno gloriosa. Chiunque non avrebbe difficoltà a
dire la propria sulle note di Ennio Morricone, Carlo Rustichelli, Bruno Nicolai,
Riz Ortolani, Piero Piccioni, Luis Bacalov e Armando Trovajoli; pochi però, esclusi accaniti cinefili e specialisti del settore, sarebbero in grado di esprimere un parere sui molti altri compositori che prestano le loro note ai film di questo perio-
18 COSì NUDA COSì VIOLENTA
do: Carlo Savina, Francesco De Masi, Piero Umiliani, Giorgio Gaslini, Gianni Ferrio, Stelvio Cipriani, Franco Micalizzi, i fratelli Guido e Maurizio De Angelis, Fabio Frizzi, i Goblin, per citare solo i più famosi. Anche grazie al loro contributo,
registi come Mario Bava e Riccardo Freda, Fernando Di Leo e Umberto Lenzi,
Aldo Lado e Massimo Dallamano, Duccio Tessari e Romolo Guerrieri, Stelvio
Massi e Sergio Martino vivono una seconda giovinezza artistica, purtroppo tardiva, resuscitata da un oblio cui la snobistica ignoranza della critica del periodo l’aveva relegata. La voglia di conoscere il chi e il come, ma anche l’aspirazione a colmare le tante lacune letterarie trovate durante le mie fatiche universitarie, mi hanno spinto a concepire questo saggio che parla delle pellicole ma soprattutto della
musica dei Mondi Neri, dei compositori noti, meno noti e semisconosciuti al grande pubblico. Oltre alle recensioni di più di 200 colonne sonore musicali raccolte
nelle schede di oltre 75 compositori e alle trame dei rispettivi film, con commenti e curiosità, ho inserito anche fotografie di copertine e locandine, bibliografie,
filmografie, discografie, case discografiche, solisti ed esecutori e soprattutto trascrizioni di chiacchierate vis-à-vis con compositori, registi, sceneggiatori, discografici dell’epoca, per far respirare al lettore l’atmosfera degli anni in cui il filmcolonna sonora vedeva la luce. Un percorso attraverso immagini, musiche e personaggi che hanno reso così speciale quel ventennio e che meritano un doveroso
riconoscimento e una giusta collocazione nella nostra memoria.
INTRODUZIONE
Breve storia della colonna sonora tricolore
Pur mancando di una solida tradizione evidente in altre culture segnate da competenti figure professionali, la storia della colonna sonora italiana affonda le sue radici nel cinema muto. L’accompagnamento musicale delle proiezioni veniva affidato
alle cosiddette musiche di commento composte da famosi musicisti provenienti da
una formazione colta e accademica basata sul sinfonismo ottocentesco e la musica
da camera. Questi musicisti hanno difficoltà a porre la loro arte classica al servizio
di un medium nuovo e grezzo come il cinema, visto con disprezzo e sfiducia, e ad
accettare i compromessi e le richieste dei registi tanto che le loro rare prestazioni
sono qualcosa di cui vergognarsi e di cui giustificarsi con motivazioni economiche
o pratiche. Emblematici in tal senso sono i casi di Ildebrando Pizzetti con la Sinfonia del fuoco per Cabiria (1914) di Giovanni Pastrone e di Pietro Mascagni con il
poema cine-musicale Rapsodia satanica (1915) di Nino Oxilia. Altre esperienze interessanti in epoca muta sono quelle di Osvaldo Brunetti per Lo schiavo di Cartagine (1910) di L. Maggi e A. Ambrosio, Pasquale Mario Costa per Histore d’un Pierrot (1913) di B. Negroni, Giocondo Fino per Christus (1916) di G. Antamoro, Anacleto Masini per La crociata degli innocenti (1916) di A. Boutet e G. Rossetti, Giacomo Setaccioli per Fabiola (1917) di E. Guazzoni, Vittorio Gui per Fantasia bianca (1919), Luigi Mancinelli per Frate Sole (1918) di M. Corsi e U. Falena e Giuliano
l’apostata (1919) di U. Falena. Nel 1930 la Cines produce il primo film sonoro
(La canzone dell’amore di G. Righelli) e affida le musiche a Cesare Andrea Bixio1.
Da questo film fino alla metà degli anni Quaranta (passando per il cinema “di regime” del ventennio fascista e le commedie sofisticate dei “telefoni bianchi”) la
parte musicale delle pellicole viene affidata a un gruppo di musicisti, cantanti e/o
autori di canzoni (come il già citato Cesare Andrea Bixio) provenienti dalla musica
leggera: Pietro Sassoli2, Ezio Carabella3, Armando Fragna4, Felice Montagnini5, Umberto Mancini6, Amedeo Escobar7, Vittorio Mascheroni8, Eldo Di Lazzaro9, che
poco o nulla sapevano di linguaggio cinematografico. Al loro fianco rimane viva l’at-
20 COSì NUDA COSì VIOLENTA
tività dei musicisti colti con le loro canoniche partiture classico-sinfoniche (ancora
Pizzetti per Scipione l’Africano di Carmine Gallone, 1937, e I promessi sposi di Mario Camerini, 1941, e Mascagni per La canzone del sole di Max Neufeld, 1934; ma
anche Gian Francesco Malipiero per Acciaio di Walter Ruttman, 1933, o Giorgio
Federico Ghedini per Don Bosco di Goffredo Alessandrini, 1936). I risultati si limitarono il più delle volte a semplici musiche di commento che sottolineavano l’immagine. Nel dopoguerra, mentre l’attività di questi nomi più o meno altisonanti andava sempre più diradandosi, un gruppo di compositori – il pescarese Alessandro
Cicognini (1906-1995)10, il romano Renzo Rossellini (1908-1982, fratello del più
conosciuto regista Roberto)11, Goffredo Petrassi (1904-2003)12, Giuseppe Rosati
(1903-1962)13, Enzo Masetti (1893-1961)14, Felice Lattuada (1892-1962, padre del
regista Alberto)15, Mario Zafred (1922-1987)16 – inizia a muovere i primi passi nel
mondo della celluloide contemporaneamente alla nascita del fenomeno cinematografico italiano per eccellenza: il Neorealismo. Questo movimento vuole usare il
cinema come strumento per documentare e rappresentare la realtà in maniera diretta e genuina senza manipolazioni estetiche e finzioni sceniche tipiche del cinema. Questo rinnovamento dell’uso dell’immagine ne implicava anche uno sonoro
in cui si auspicava il passaggio della musica dalla funzione di puro commento a quella di rappresentazione. Nonostante questi propositi però, inizialmente, la maggior
parte dei compositori del periodo continua a porsi come continuum della nostra tradizione. Le loro composizioni risultano ancora ricche di sinfonismi e toni melodrammatici, spesso eccessivamente votate a un sentimentalismo non sempre in
sintonia con le situazioni filmiche cui si legano e finendo per essere l’elemento più
sfasato ed estraneo all’immagine. A tal proposito il maestro Goffredo Petrassi dichiarerà: “La musica per film è musica di arredamento e la sua unica ragione d’essere risiede nella sua funzionalità in rapporto alle immagini”. In mezzo a queste esperienze si stagliano come due fulmini a ciel sereno quelle di Nino Rota e Giovanni
Fusco che, pur rimanendo ancorati a uno stile tardoromantico, cercano di distaccare la musica da quegli orpelli ridondanti e da quelle facili melodie introducendo
nuove soluzioni musicali ed elementi stilistico-formali (come l’inserimento nella colonna sonora di materiali extramusicali, di musica preesistente, di elementi sonori
popolar-folkloristici, con la precisa finalità di conferire alle immagini e alle sequenze
filmiche un tocco di realismo in più o anche l’uso del silenzio come strumento per
far parlare la realtà rappresentata), facendo della ricerca e dello sperimentalismo la
loro principale ragione di vita così da poter essere considerati la base su cui verranno a formarsi le esperienze successive che andranno a definire il suono made in
Italy nel mondo. Rota dimostra di possedere incredibili doti inventive ma anche uno
stile semplice, immediato e sorprendentemente duttile tanto da musicare moltissimi film dall’immediato dopoguerra alla stagione del Neorealismo. In questi film Rota si mostra sempre prontissimo a sottolineare atmosfere, citare riferimenti d’epoca
INTRODUZIONE 21
e caratterizzare le situazioni con spunti melodici e ironici, differenziandosi nettamente dai suoi colleghi contemporanei più “sinfonici”. Proprio in questo mescolare generi e stili popolari autoctoni con altri provenienti da culture diverse consiste
la rivoluzione indotta da Rota nel mondo della musica per il cinema. Egli si pone
come una sorta di spartiacque tra la tradizione sinfonico-operistica che va dalle
origini al Neorealismo e quella di commistione di generi musicali che caratterizzerà la storia della colonna sonora italiana per tutta la sua durata toccando i vertici
più alti nei Sessanta-Settanta. Nino Rota risulta così essere il primo tassello (insieme al collega Fusco) nella formazione di quel “Sound made in Italy” che si affermerà
prepotentemente nelle composizioni dei musicisti successivi. Tutto ciò si evince
soprattutto dalle colonne sonore che scriverà per il suo amico Federico Fellini con
cui, sin da Lo sceicco bianco (1952), inizierà un assai prolifico rapporto professionale e umano. I due, perfetta antitesi caratteriale, si fondono in un incastro artistico
in cui il compositore mette la propria creatività al servizio del regista: Rota mette
in “bella forma” musicale le indicazioni che riceve da Fellini. Da quest’amalgama
speciale nascono le straordinarie musiche di I vitelloni (1953), La strada (1954), Il
bidone (1955), La dolce vita (1960), Otto e mezzo (1963), Giulietta degli spiriti
(1964), Roma (1970) e Amarcord (1973). La fedeltà dimostrata al regista romagnolo
non solo non impedisce a Rota di lavorare per altri registi, ma lo lancia nell’olimpo dei grandi compositori di fama mondiale. La sua prematura scomparsa nel
1979 lascia in eredità un’ingente mole di materiale sonoro e un’attitudine innovativa e pionieristica che farà scuola, entrando di diritto nella storia della musica cinematografica mondiale.
Nel 1948 Giovanni Fusco incontra Michelangelo Antonioni e questo cambierà
drasticamente la sua carriera. Fusco capisce che la musica per il cinema non è solamente un “oscuro lavoro di piccolo artigianato” ma può costituire una fatica creativa cui dedicare tutto se stesso tanto da divenire, lasciati da parte i vecchi e consueti temi sinfonici e l’orchestra a favore di sonorità più essenziali eseguite da singoli strumenti e piccoli complessi da camera, la vera e propria “anima sonora” del
regista emiliano. Già dal primo film Cronaca di un amore (1950), vincitore del Nastro d’argento per la migliore musica, vengono impiegati con ritmiche ossessive e
irregolari un duo di sassofoni e un pianoforte, mentre nel successivo I vinti (1952)
vengono proposti soli di strumenti a corda. Un quintetto di sassofoni più un pianoforte caratterizzano La signora senza camelie (1953), una chitarra e un pianoforte dialogano in Le amiche (1955), mentre in Il grido (1957) un pianoforte e una
voce elaborano due temi complementari. Con L’avventura (1960), altro Nastro d’argento come migliore musica, Fusco estremizza ulteriormente il materiale tematico
rendendolo più essenziale e basandolo su note tenute a lungo. Questa ultima tendenza risulta ancora più evidente nei successivi L’eclisse (1962) e Deserto rosso (1964),
con cui porrà fine a questo proficuo legame artistico e umano.
22 COSì NUDA COSì VIOLENTA
Con Rota e Fusco, quindi, il compositore, pur rimanendo fedele alla funzionalità che la musica deve avere sull’immagine, riesce a penetrarla, a fornirle un senso
“altro”, ad alterarne la percezione e a caricarla di rimandi psicologici e contemporaneamente a fornire alla musica una sua autonomia, una vita propria. La musica
diventa un personaggio che provoca, spinge l’azione e ne suscita lo sviluppo. Si
crea un rapporto unico tra immagine e suono che, fondendosi in una dimensione
diversa da quella reale, forniscono un senso e un significato “diverso” mantenendo
però una propria autonomia artistica e creativa. Soprattutto il contributo di Rota è
importante nella creazione di un suono diverso e nuovo: frutto di una spiccata
creatività, di una capacità di inventare soluzioni nuove e di rielaborare musiche
popolari, povere e grezze, inserendovi suoni di varia provenienza ed estrazione sociale e geografica. Pur facendosi le ossa nel Neorealismo, come i loro illustri e contemporanei colleghi, tre compositori si inseriscono a vari livelli nella ricerca e nello
sperimentalismo di nuove soluzioni sonore nello sviluppo musicale della colonna
sonora. Il milanese Mario Nascimbene (1913-2002)17, dopo aver affrontato una
serie di fatiche in cui emerge l’attenzione particolare riservata alla drammaticità sonora, compone alcune delle sue musiche inserendovi elementi sonori e ritmici
prodotti dall’uso inconsueto di fonti sonore assai lontane da quelle accademiche (il
battito di una macchina da scrivere per sottolineare il lavoro di alcune dattilografe,
quattro incudini e otto campanelli di bicicletta per commentare la storia ambientata in una fabbrica, il tic-tac di un orologio impiegato in funzione psicologica). In
tal modo fornisce un’innovativa incisività anche attraverso l’uso della sua famosa
invenzione denominata Mixerama, una sorta di antenato dei moderni sintetizzatori. Il genovese Angelo Francesco Lavagnino (1909-1987)18, specializzatosi in film e
documentari di esplorazione, descrive paesaggi, situazioni e usanze dei popoli indigeni attraverso un ricco sinfonismo direttamente derivato dalla trasformazione
di materiale folcloristico registrato sul posto dal compositore stesso (infatti Lavagnino fu anche un grande importatore e collezionista di strumenti esotico-tribali).
Il modenese (nato a Carpi) Carlo Rustichelli (1916-2005), diventato subito uno dei
compositori più fertili e fortunati del panorama tricolore, è dotato di grande precisione e sensibilità, sempre scattante e pronto a mettersi al servizio dell’immagine seppur armato di una sua creatività e fantasia (arriva a musicare una trentina di pellicole all’anno), distinguendosi per l’uso di un bitematismo, costituito da due leitmotiv definiti e diversi (solitamente un tema sentimentale e l’altro drammatico), che
emerge saldamente nelle sue partiture dal carattere leggiadro e dal sapore melanconico. All’indomani del secondo conflitto mondiale, dopo il passaggio da una musica orchestrale classico-sinfonica ad una sorta di crossover globale capace di far convivere al suo interno sonorità di varia natura e provenienza, avviene un secondo fondamentale passaggio nella storia del nostro paese: la diffusione del jazz. Questo
rappresentò la possibilità di comporre in maniera più libera, distaccandosi ulte-
INTRODUZIONE 23
riormente dagli schemi e dai canoni della musica classica e sinfonica e di dare sfogo a tutto ciò che un artista ha dentro, rinforzando allo stesso tempo la tradizione.
Da qui in avanti le colonne sonore saranno più ricche e anarchiche, pur mantenendo
spesso nella loro realizzazione la presenza fissa di uno schema di elementi costanti
e imprescindibili.
Il tema principale: spesso è un brano orchestrale (ma anche no) melodico o
ritmico di vario genere e stile, costituente il tema dei titoli di testa e/o di coda,
che può essere ripreso e/o variato nel corso della colonna sonora in vari tempi e timbri a seconda della emozionalità della scena. Solitamente viene usato per commentare le vicende personali del protagonista, le scene di raccordo tra gli eventi o
particolari momenti della storia.
Il tema secondario: solitamente un brano (o massimo due) eseguito su stili, generi e ritmiche diverse (anche qui con riprese e/o variazioni) o anche una forma
canzone affidata a cantanti lirici o di musica leggera, in cui possono essere presenti sia il coro che funamboliche performance di strumenti solisti. Spesso viene usato in contrapposizione a quello principale per sottolineare l’antagonismo delle
forze avverse al protagonista.
I leitmotiv strumentali: brani ricorrenti “appiccicati” a specifici personaggi e/o
situazioni che ascoltiamo ogni volta che li vediamo in scena; un ritmo sospeso e
cadenzato seguito da uno più forsennato per l’omicida che compare sulla scena
del crimine e poi colpisce la vittima o per il gangster che attende appostato l’arrivo della polizia per poi esploderle contro una raffica di mitra o anche un tema più
melodico e allegro quando compare un personaggio particolarmente simpatico e
grottesco o più sensuale e romantico quando appare la bella di turno.
I temi atmosferici e/o descrittivi: brani che coprono una vasta gamma di generi, ritmi e stili diversi, vengono usati per comporre temi significanti di determinati momenti e/o emozioni; ricchi di percussioni e ottoni per la furia e l’adrenalina
di battaglie dei film storico-mitologici o di guerra; di soli di chitarra, fischio, armonica, scacciapensieri e altri particolari strumenti derivati dalla tradizione italiana per l’atmosfera polverosa e sanguinolenta dei western; di incessanti e rocambolesche ritmiche jazz o funky per gli inseguimenti dei polizieschi; di note gravi,
dissonanti e ferme di archi o note martellanti e cupe di ottoni, legni, pianoforte e
percussioni, con rumori, carillon, sospiri e grida, usati in maniera ossessiva, per la
suspense e la tensione del thriller-horror, di bossa nova o lounge, sensuale e soft
per sesso e amore o di beat e easy-listening per divertimento, ballo e gioco o ancora melodie acustiche per tristezza e amarezza.
La figura del compositore inizia a essere particolarmente determinante per la riuscita finale di una pellicola o di un intero filone creando spesso legami artistici indissolubili ed estremamente prolifici con alcuni registi e/o generi. La storia della
colonna sonora italiana è ricca di questi personaggi assai complessi, spesso com-
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battuti tra la volontà interiore di fare arte componendo musica secondo i propri
gusti e la propria sensibilità e il bisogno di realizzare musica funzionale al film. A
prescindere dalla diversa formazione e preparazione professionale e dal diverso
background di esperienze personali, le caratteristiche comuni a tutti i nostri compositori sono: un versatile e solido polimorfismo di competenze e conoscenze
musicali, un coraggioso sperimentalismo di nuove soluzioni sonore, utilizzando generi musicali e strumenti diversi e nuovi rispetto alla tradizione classica, nonché
una forte propensione all’adattamento, che li rende capaci di cimentarsi ripetutamente in diversi generi di film sempre con lo stesso entusiasmo. Tutto ciò ha fatto si che molti dei nostri, ignorati e sconosciuti in patria, siano stati eletti all’estero allo status di veri e propri miti, tanto che schiere di appassionati ricercano spasmodicamente i loro vecchi vinili venduti a peso d’oro. I principali esordientiprotagonisti della “svolta jazzistica” dimostrano di possedere una spiccata originalità attraverso soluzioni personali ed efficaci diventando in breve tempo specialisti
della commedia all’italiana: il torinese Piero Piccioni (1921-2004), uno dei primi
e più attivi compositori, arrangiatori e propagandisti di jazz in Italia, diventa subito molto richiesto per la sua estrema facilità e velocità nel fornire commenti ai
film di genere più vario. Il suo legame con l’attore-regista-amico Alberto Sordi,
dal punto di vista dei risultati ottenuti, è sicuramente uno dei più prolifici e duraturi dell’intera storia del cinema italiano. Il romano Armando Trovajoli (1917) risulta subito un ottimo pianista elegante, raffinato e aperto alle forme moderne di
jazz come il be-bop e la musica afro-cubana e diventa presto uno dei compositori
più richiesti lavorando con i migliori registi specializzati e acquistando una pratica e una scioltezza tali da renderlo un punto di riferimento imprescindibile. La
sua carriera senza pause è segnata da un enorme numero di contributi che sfruttano spesso una musica di consumo senza però pregiudicare la brillantezza di numerose soluzioni personali. Dopo l’importante incontro con Risi, di cui diventa fedele collaboratore, ne avviene uno ancora più importante, quello con il regista
Ettore Scola: sicuramente il rapporto professionale e umano più duraturo (quasi
quarant’anni) e produttivo (circa 25 film) della sua lunga carriera. Il fiorentino Piero Umiliani (1926-2001), tra i primi a contribuire alla formazione di un “jazz all’italiana” per merito del commento moderno, spregiudicato e ricco di interventi
divertiti e divertenti de I soliti ignoti (1958, di Monicelli, suo esordio nel cinema)
che verrà applicato successivamente in molte altre colonne sonore. Umiliani ottiene alcuni tra i suoi risultati migliori collaborando con il documentarista e regista Luigi Scattini, a partire dal documentario Svezia inferno e paradiso (1968),
proseguendo con Angeli bianchi angeli neri (1969), fino alla trilogia di film erotico-esotici: La ragazza fuoristrada, 1971, La ragazza dalla pelle di luna, 1972, e Il
corpo, 1974. A loro si aggiungono i nomi di altri importanti jazzisti come Giorgio
Gaslini, Roberto Nicolosi e Teo Usuelli. Di pari passo con questi “jazzisti del ci-
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nema”, si muovono su un piano di continuità con le precedenti esperienze gli
esordi e le carriere di un gruppo di solidi professionisti: in primis Francesco De Masi e Carlo Savina, poi Lelio Luttazzi, Gino Marinuzzi Jr. e Franco Mannino. Soprattutto i primi due si ergono a esempio di professionalità e straordinario talento prestato a molti campi della musica per il cinema. L’apporto del napoletano
Francesco De Masi (1903-2005) al cinema è imponente e si esprime in una moltitudine di attività: autore di partiture, inventore di temi, direttore d’orchestra e
collaboratore a vario titolo di altri colleghi. Il suo inconfondibile stile spesso ironicamente magniloquente e il suo svelto mestiere confluiscono nell’adattabilità versatile nei confronti di qualsiasi pellicola di qualsiasi genere. Il torinese Carlo Savina (1919-2002), uno dei migliori musicisti cinematografici specializzati, sempre
pronto a ogni esigenza che l’industria del cinema gli affida, è un altro grande e multiforme personaggio: compositore, arrangiatore, direttore d’orchestra di fiducia
di Nino Rota (con cui collaborò alle partiture di I clowns, 1970, Roma, 1972,
Prova d’orchestra, 1979), primo violino nell’orchestra Rai, compositore di pezzi per
orchestra, musica da camera e canzoni, leader di un’orchestra di musica leggera
che riscosse molto successo alla radio negli anni Cinquanta. Savina adora questo
lavoro e il suo professionismo e la sua preparazione musicale trasudano in tutte le
sue fatiche.
Siamo finalmente giunti alla tappa fondamentale del nostro breve viaggio: a
metà dei Sessanta i generi cinematografici diventano i testimoni degli esordi di una
nuova generazione di “specialisti della musica per il cinema” che segnerà la storia
della musica in maniera indelebile. Basterebbe solo citare i primi nomi per rendersene conto: Ennio Morricone, divenuto in breve tempo famosissimo per la creazione di un innovativo suono divenuto un vero e proprio stile western (imitato da
tutti, ma mai eguagliato né tanto meno superato) che emerge prepotentemente nel
suo prolifico connubio con il talento di Sergio Leone, ma anche per un eccezionale quanto coraggioso sperimentalismo di nuove soluzioni sonore evidente soprattutto nelle prime partiture per numerosi thriller e polizieschi. Riz Ortolani,
prolifico compositore molto attivo soprattutto nelle partiture per thriller, horror
polizieschi e mafia-movie, divenuto famosissimo con il brano More (scritto a
quattro mani con Nino Oliviero) inserito nell’apripista del filone mondo-movie,
Mondo Cane. Bruno Nicolai, collaboratore-amico e direttore di molte delle prime
partiture di Morricone, anch’egli specializzato soprattutto in western e thriller.
Gianni Ferrio, famoso arrangiatore di brani per cantanti come Mina e compositore
specializzato in commedie, western, qualche thriller e poliziesco. L’argentino, italiano d’adozione, Luis (Enriquez) Bacalov, divenuto collaboratore di Fellini dopo
la morte di Rota, responsabile di quasi tutte le colonne sonore dei noir-polizieschi di Fernando Di Leo nonché vincitore di un oscar per le musiche de Il postino
di Massimo Troisi. Il cantante divenuto compositore Nico Fidenco, Coriolano
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(Lallo) Gori, Fiorenzo Carpi e i meno noti Marcello Giombini, Egisto Macchi, i
fratelli Franco e Berto Pisano, Marcello Gigante, Benedetto Ghiglia, Gino Peguri, Aldo Piga e Vittorio Gelmetti. Nel decennio successivo avvengono altri interessanti esordi su celluloide: Stelvio Cipriani, divenuto subito molto richiesto,
dopo il successo della sua splendida colonna sonora per Anonimo veneziano, soprattutto per partiture poliziesche, thriller e horror; Franco Micalizzi, straordinario creatore delle musiche del western Lo chiamavano Trinità e vero e proprio valore aggiunto ai polizieschi di Umberto Lenzi; i fratelli Guido e Maurizio De Angelis (noti anche come Oliver Onions), specializzati in polizieschi e film comicoavventurosi del duo Bud Spencer e Terence Hill; il futuro premio Oscar Nicola Piovani per le musiche de La vita è bella di Roberto Benigni; il cantante Pino Donaggio, divenuto uomo di fiducia di Brian De Palma e molto attivo nel genere horror; i Goblin, corresponsabili dello stratosferico successo di Profondo rosso, Suspiria e altri thriller-horror di Dario Argento; il trio Franco Bixio-Fabio Frizzi-Vince
Tempera, autore di famosi pezzi per pellicole cult come Fantozzi e Febbre da cavallo, successivamente scioltosi con il solo Frizzi a continuare come solista di un
certo spessore, specializzato in horror; Roberto Pregadio, ormai mitico maestro della Corrida e non solo...; Alessandro Alessandroni, chitarra e fischio di numerosissimi western nonché fondatore e direttore del coro dei Cantori Moderni spesso utilizzato da Morricone nelle sue colonne sonore; Manuel De Sica, figlio e collaboratore di Vittorio e fratello di Christian; Gianfranco Plenizio, direttore di numerose partiture per molti colleghi; Enrico Simonetti, padre di Claudio, leader dei
Goblin; Fred Bongusto, famoso cantante prestato al cinema; Detto Mariano, ex
membro del clan di Celentano e suo collaboratore di fiducia; Giacomo Dell’Orso, marito di Edda, vocalist della “trilogia del dollaro” (e di numerosi film del filone western e dei generi più disparati), nonché esecutore di fiducia delle partiture di Fidenco. I meno noti: Amedeo Tommasi, Daniele Patucchi, Claudio Gizzi,
Ubaldo Continiello, Franco Campanino, Luciano Michelini, Mario Bertolazzi,
Augusto Martelli, Sante Maria Romitelli, i fratelli Giampiero e Gianfranco Reverberi, la coppia Elsio Mancuso e Vasco (Vassil Kojucharov), Gianni Marchetti.
In questo ventennio anche numerosi solisti forniscono un importantissimo contributo alla resa di molte partiture collaborando con quasi tutti i compositori citati: oltre a Edda Dell’Orso e Alessandro Alessandroni, emergono alcune interessanti realtà solistiche italiane e straniere. Primo tra tutti, Franco De Gemini, meglio noto come l’uomo dell’armonica, per gli amici il Cardinale Richelieu, sulle
cui note scorrono le immagini di praticamente tutti i western prodotti in Italia e
di altri film (per un totale di circa 800!), poi Nora Orlandi (vocalist e leader dei
4+4, nonché autrice di alcune ottime partiture per thriller e western), Lydia McDonald (vocalist di numerose colonne sonore soprattutto per Piero Piccioni),
Oscar Valdambrini, trombettista, Dino e Franco Piana, rispettivamente trombo-
nista e trombettista-arrangiatore, il pianista Enrico Pieranunzi, il chitarrista Silvano Chimenti. Come non citare poi i Marc 4 (Carlo Pes, chitarra, Maurizio Majorana, basso, Antonello Vannucchi, piano e organo Hammond, e Roberto Podio,
batteria e percussioni), solisti per numerose partiture di Trovajoli e di molti altri.
Anche affermati cantanti di musica leggera partecipano a brani per colonne sonore o in alcuni casi ne compongono alcune (oltre ai già citati Fidenco, Donaggio,
Bongusto, Detto Mariano): Domenico Modugno, Tullio De Piscopo, Umberto
Smaila, Franco Califano, Alberto Baldan Bembo, Mino Reitano, Peppino Di Capri, Nicola Di Bari. Da ricordare inoltre come anche alcuni gruppi in quel periodo partecipino a colonne sonore (e in rari casi le compongano): gli Osanna (Milano calibro 9), i New Trolls (La vittima designata), i Libra (Shock), i Trans-Europa-Express (Il gatto dagli occhi di giada) e Maurizio Vandelli con l’Equipe 84 (Madeleine... anatomia di un incubo).
Note
1. Compositore di melodie e canzoni dalla facile fruizione e dallo spiccato gusto popolare
come la celeberrima Parlami d’amore Mariù, inserita nel film Gli uomini che mascalzoni, 1932,
di M. Camerini. Filmografia essenziale: Il caso Haller, L’impiegata di Papà, 1933 di A. Blasetti,
Batticuore e Grandi Magazzini,1939, dello stesso Camerini, La signorina dell’autobus, 1933,
Eravamo sette sorelle , 1938, Dopo divorzieremo, 1940, La signora in nero, 1943 di N. Malasomma, L’aria del continente, 1936, Pensaci, Giacomino, 1936, Hanno rapito un uomo, 1937, L’allegro cantante, 1938, La storia di una capinera, 1943 di G. Righelli, L’uomo che sorride, 1936, Felicita Colombo, 1937, Ai vostri ordini, signora..., 1938, Non me lo dire, 1940, Il pirata sono io, 1940
di M. Mattoli, Vivere, 1936, Chi è più felice di me, 1938, La mia canzone al vento, 1939, Cantate con me, 1940, Mamma, 1941 di G. Brignone, Solo per te, 1938, Marionette, 1939 di C.
Gallone e Sono stato io, 1937 di R. Matarazzo.
2. Filmografia essenziale: Corte d’Assise, 1930 di G. Brignone, Nerone, 1930, Terra madre,
1931 e Palio, 1932 di A. Blasetti, Cortile, 1931 e Medico per forza, 1931 di C. Campogalliani,
La scala, 1931 di G. Righelli, Vele ammainate, 1931 di A.G. Bragaglia, La stella del cinema,
1931 di M. Almirante, L’ambasciatore, 1936 di B. Negroni, I mariti, 1941 di C. Mastrocinque,
Paura d’amare, 1942 di G. Amato e Rita da Cascia, 1942 di A. Leonviola.
3. Filmografia essenziale: L’ultima avventura, 1932, T’amerò sempre, 1933, Come le foglie,
1934 di M. Camerini, Patatrac, 1931, L’aria del continente, 1935, Pensaci Giacomino, 1937 di
G. Righelli e 1000 km al minuto, 1940, Ore 9 lezione di chimica, 1941, Stasera niente di nuovo,
1942, La vita ricomincia, 1945 di M. Mattoli.
4. Filmografia essenziale: Il caso Haller, 1933 di A. Blasetti, La maestrina, 1933, Oggi sposi,
1933, La mia canzone al vento, 1939 di G. Brignone, Quei due, 1935, Lo smemorato, 1936 di G.
Righelli, I pompieri di Viggiù, 1949, Totò Tarzan, 1951 e Vendetta sarda, 1951 di M. Mattoli.
5. Filmografia essenziale: La scala, 1931, L’armata azzurra, 1932, Colpi di timone, 1942, La
storia di una capinera, 1943, Abbasso la ricchezza, 1946 di G. Righelli, Rubacuori, 1931, di G.
Brignone, Ai vostri ordini, signora..., 1938 di M. Mattoli e Dopo divorzieremo, 1940, Incontri di
notte, 1942, La signora in nero, 1943 di N. Malasomma.
6. Filmografia essenziale: La vecchia signora, 1932 di A. Palermi, Quella vecchia canaglia, 1934
di A. G. Bragaglia, Re burlone, 1935, Il dottor Antonio, 1938 di E. Guazzoni, Aldebaran, 1936
di A. Blasetti, Terra di fuoco, 1938 di M. L’Herbier e G. Ferroni.
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7. Filmografia essenziale: Resurrectio, 1931, La contessa di Parma, 1937 di A. Blasetti, L’argine, 1938, Capitan Tempesta, 1942 e Il leone di Damasco, 1942 di C. D’Errico, L’ebbrezza del
cielo, 1940, Il fanciullo del West, 1942 e Macario contro Zagomar, 1943 di G. Ferroni.
8. Filmografia essenziale: Un cattivo soggetto, 1933 di C. L. Bragaglia, La segretaria per tutti,
1933 di A. Palermi, Tempo massimo, 1934, Musica in piazza, 1936, Questi ragazzi, 1937, Imputato alzatevi!, 1939 e Lo vedi come sei?, 1939, tutti di M. Mattoli.
9. Filmografia essenziale: Cento lettere d’amore, 1940 e La canzone rubata, 1941, di M. Neufeld, Ore 9 lezione di chimica, 1941 di M. Mattoli, Scampolo, 1941e Incontri di notte, 1943 di
N. Malasomma.
10. Diplomatosi in pianoforte a Milano nel 1927 con Paribeni e Bossi, inizia a lavorare nel
cinema nel 1937. Filmografia essenziale: Ettore Fieramosca, 1938, La corona di ferro, 1940, Quattro passi fra le nuvole, 1942, Nessuno torna indietro, 1943 e Altri tempi, 1952, di Alessandro Blasetti, Ladri di biciclette, 1948, che gli valse il Nastro d’argento per la migliore partitura dell’anno, Sciuscià, 1946, Miracolo a Milano, 1951, Umberto D, 1952, Il tetto, 1956, Il giudizio universale, 1961, di Vittorio De Sica, Guardie e ladri, 1951, di Steno e Mario Monicelli, Due soldi
di speranza, 1952, di Renato Castellani, Pane, amore e fantasia, 1953, di Luigi Comencini, Il
bigamo, 1955, di Luciano Emmer, Summertime, 1955, di D. Lean, Black Orchid , 1958, di M.
Ritt, Don Camillo, 1952, di J. Duvivier, Don Camillo monsignore ma non troppo, 1962, di Carmine Gallone e Il compagno Don Camillo, 1965, di Luigi Comencini.
11. Studia composizione e direzione d’orchestra al Conservatorio romano di Santa Cecilia e
si accosta al cinema verso la fine degli anni Trenta, dopo essersi dedicato principalmente a
composizioni per il teatro. Filmografia essenziale: L’antenato, 1936, di Goffredo Brignone, Il signor Max, 1937, di Mario Camerini, Rose scarlatte, 1940, Teresa Venerdì, 1941 e Un garibaldino
al convento, 1942, di Vittorio De Sica, La nave bianca, 1941, Roma città aperta, 1945, Paisà,
1946, che gli vale il Nastro d’argento, Germania anno zero, 1947, Francesco Giullare di Dio, 1950,
e il successivo Era notte a Roma, 1960, del fratello Roberto, La ragazza del palio, 1957, e Il magistrato, 1959, entrambi di Luigi Zampa, Napoletani a Milano, 1953, di Eduardo De Filippo, Il
segno di Venere, 1955, di Dino Risi, La donna del lago, 1965, di Luigi Bazzoni, dove curiosamente
il musicista anticipa l’aggressività sonora delle partiture morriconiane per i thriller zoonomici
di Dario Argento.
12. Compositore tra i più illustri e colti del nostro Paese, maestro di un’intera generazione
tra cui basta citare Ennio Morricone e raramente autore di colonne sonore, tra cui citiamo Riso
Amaro, 1949, e Non c’è pace tra gli ulivi, 1950, ambedue di Giuseppe De Santis e Cronaca familiare, 1962, di Valerio Zurlini.
13. Compone alcuni commenti di buona efficacia drammatica pur rimanendo ancorato a
un sinfonismo romantico. Filmografia essenziale: Voglio vivere con Letizia, 1937, di Camillo Mastrocinque, Malombra, 1941, Tragica notte, 1942, e Quartieri alti, 1943, di Mario Soldati, Ossessione, 1943, di LuchinoVisconti, Caccia tragica, 1947, di Giuseppe De Santis.
14. Svolge l’attività di compositore dagli anni Quaranta fino a pochi mesi prima della sua
scomparsa. Inoltre è stato un prezioso insegnante: tiene il primo corso professionale per specialisti in musica da film presso il Conservatorio dell’Accademia di Santa Cecilia con Nascimbene
tra gli allievi e Rustichelli tra gli auditori e trasmette negli anni alle nuove generazioni sia le basi del mestiere sia il suo grande entusiasmo, oltre al convincimento che il commento musicale
deve richiedere sempre soluzioni diverse e legittimare l’uso di elementi come effetti e rumori,
purché tutto diventi cinema. Filmografia essenziale: Cavalleria, 1936, Nozze di sangue, 1941,
di Goffredo Alessandrini, Piccolo mondo antico, 1940, di Mario Soldati, Addio giovinezza,
1940, Gelosia, Sorelle Materassi e Il cappello da prete, tutti del 1943, di Fernando Maria Poggioli, Un giorno nella vita, 1946, Fabiola, 1948, di Alessandro Blasetti, Malia, 1946, di Giovanni
Amato, primo Nastro d’argento per la musica della nostra storia, Processo alla città, 1952, e La
romana, 1954, di Luigi Zampa, Le fatiche di Ercole, 1958, Ercole e la regina di Lidia, 1959, due
tra i primi film del filone storico-mitologico (o peplum) entrambi di Pietro Francisci.
15. Filmografia essenziale: Patatrac, di Gennaro Righelli, Figaro e la sua gran giornata, di
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Mario Camerini e Palio, di Alessandro Blasetti, tutti del 1932, Sissignora, 1941, di Ferdinando
Maria Poggioli, Giacomo l’idealista, 1942, primo film del figlio, con cui inizia una proficua collaborazione che continuerà con Il bandito, 1946, Il delitto di Giovanni Episcopo, 1947 (in collaborazione col maestro Nino Rota), Luci del varietà, 1950, dove Alberto lavora con Fellini, Il
cappotto, 1952, La lupa, 1953, fino a La spiaggia, 1953, sua ultima fatica per il cinema.
16. Si diploma nel 1942 al Conservatorio di Santa Cecilia sotto la guida di Pizzetti, inizia la
sua attività nel cinema dopo aver frequentato lo stesso anno il corso di tecnica del suono al
Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Filmografia essenziale: Achtung banditi!, 1951,
di Carlo Lizzani, Il capitano di Venezia, 1951, di Gianni Puccini, Una croce senza nome, 1952,
di T. Covaz, Cronache di poveri amanti, 1953, di Carlo Lizzani, Nastro d’argento per la migliore musica, San Miniato, 1954, documentario dei fratelli Taviani e Valentino Orsini, Le ragazze
di San Frediano, 1954, di Valerio Zurlini, Giovanna, 1956, episodio diretto da Gillo Pontecorvo del film La rosa dei venti, La donna del giorno, 1956, di Francesco Maselli. Chiude la sua carriera con Giovani mariti, 1958, di Mauro Bolognini e Il relitto, 1960, di Giovanni Paolucci e
Michael Cacoyannis.
17. Diplomatosi in composizione e direzione d’orchestra con Bossi e Pizzetti presso il Conservatorio di Milano, inizia a lavorare nel cinema con L’amore canta, 1941, di Fernando Maria
Poggioli e da questo momento Nascimbene inizia a comporre moltissime partiture, risultando
uno dei più creativi e originali tra i compositori italiani. Filmografia essenziale: Roma ore undici, 1951, di Giuseppe De Santis, con cui vince il Nastro d’argento, Cronaca di un delitto, 1951,
di Mario Sequi, Cento anni d’amore, 1954, di Lionello De Felice, Giorni d’amore, 1954, e Uomini e lupi, 1956, entrambi di Giuseppe De Santis, dove spicca l’uso dell’armonica a bocca: associata a una fisarmonica e a un fischio nel primo e all’ululato dei lupi nel secondo. In Il sapore del mistero, 1959, di J. Cardiff, durante una scena di suspense inserisce i suoni dei clacson
delle auto in un ritmo jazz, in Estate violenta, 1959, di Valerio Zurlini, con cui ottiene il secondo Nastro d’argento, inserisce nella partitura il segnale di Radio Londra. Notato da Hollywood,
inizia a comporre colonne sonore per film di registi americani come Salomone e la regina di Saba, 1959, di King Vidor, Spartacus, 1960, di Stanley Kubrick e il kolossal Barabba, 1961, di R.
Fleischer, in cui il maestro si avvale dei più moderni ritrovati della tecnologia per creare sonorità ultramoderne. In questa serie di lavori però emergono soluzioni troppo spesso ricche di
monumentali sinfonismi distanti dalla formazione del musicista. Nascimbene si lega professionalmente al regista Valerio Zurlini ottenendo dei buoni risultati: La ragazza con la valigia,
1960, Le soldatesse, 1965, e La prima notte di quiete, 1972. In seguito continuerà a lavorare per
il cinema fino agli anni Novanta, vincendo, oltre a un terzo Nastro d’argento per Pronto, c’è
una certa Giuliana per te, 1967, di Massimo Franciosa, numerosi altri premi (tra cui un David
di Donatello alla carriera nel 1991), per poi lasciarci in eredità, dopo la sua scomparsa nel
2002, l’annuale premio Mario Nascimbene per colonne sonore.
18. Dopo aver studiato composizione e violino al Conservatorio di Milano, si dedica esclusivamente al cinema a partire dagli anni Cinquanta, con Othello, 1952, di Orson Welles e Magia verde, 1952, di Gian Gaspare Napolitano, la cui musica descrive paesaggi, situazioni e usanze dei popoli indigeni attraverso un ricco sinfonismo direttamente derivato dalla trasformazione di materiale folkloristico registrato sul posto dal compositore stesso. Le stesse caratteristiche
e lo stesso procedimento si ritrovano in Tam-Tam Mayumbe, 1955, di Gian Gaspare Napolitano e Folco Lulli, L’ultimo paradiso, 1957, di Folco Quilici, La muraglia cinese, 1958, di Carlo Lizzani e sopratutto Continente perduto, 1955, di Enrico Gras, Mario Craveri e Leonardo Bonzi,
con cui vince il Nastro d’argento. Nello stesso periodo frequenta anche la commedia: L’uomo,
la bestia e la virtù, 1952, Le avventure di Giacomo Casanova, 1954, Mio figlio Nerone, 1956,
Femmine tre volte, 1957, di Steno, Ragazze d’oggi, 1955, Ladro lui, ladra lei, 1958, di Luigi
Zampa, Lo scapolo, 1955, di Antonio Pietrangeli e Il conte Max, 1957, di Giorgio Bianchi. Dopo aver raccolto risultati positivi in film stranieri – Timbuctù, 1957, di Henry Hathaway, Il
vento non sa leggere, 1958, di Ralph Thomas, Esther e il Re e Falstaff, 1960, dove torna a collaborare con il maestro Orson Welles, Jovanka e le altre, 1960, di Martin Ritt, Che gioia vivere,
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1961, di René Clément – a partire dagli anni Sessanta, mette a disposizione il suo mestiere musicando una serie di pellicole appartenenti ai generi più disparati. Dal film storico-mitologico –
Il colosso di Rodi, 1960, di Sergio Leone, Messalina venere imperiale, 1960, di Vittorio Cottafavi, Orazi e Curiazi, 1961, di Ferdinando Baldi, Caterina di Russia, 1962, di Umberto Lenzi,
Beatrice Cenci, 1969, di Lucio Fulci, Ercole sfida Sansone, 1963, di Pietro Francisci, Ercole contro i tiranni di Babilonia, 1964, di Domenico Paolella, Ercole contro Roma, 1964, di Piero Pierotti, Sansone contro i pirati, 1963, di Tanio Boccia, Sansone contro il corsaro nero, 1963, di Luigi Capuano, Sansone e il tesoro degli Incas, 1964, di Piero Pierotti, Ulisse contro Ercole, 1963, di
Mario Caiano – alle commedie di Giorgio Simonelli (I baccanali di Tiberio, 1959, Due mafiosi
contro Goldginger, 1965, I due sergenti del Generale Custer, 1965), ai film d’avventura con protagonista Zorro (Zorro contro Maciste, 1963, di Umberto Lenzi, Zorro il ribelle, 1966, di Piero
Pierotti, Zorro marchese di Navarra e Zorro alla corte d’Inghilterra, 1965, entrambi di Franco
Montemurro), fino alla fantascienza, genere poco seguito e conosciuto, con i quattro film culto di Antonio Margheriti: I criminali della galassia, I diafanoidi vengono da Marte, Il pianeta errante, tutti del 1965, e La morte viene dal pianeta Aytin del 1967. Il western è sicuramente il genere al quale si dedica con maggiore assiduità, lavorando molto sia in Italia che in Spagna, soprattutto nel biennio 1967-68, quando escono ben sette film con le sue musiche: Oggi a me....domani a te, 1967, di Tonino Cervi, Dio non paga il sabato, 1967, di Tanio Boccia, Vendetta per vendetta, di Mario Colucci, Uno straniero a Paso Bravo, di Sergio Rosso, Una pistola per cento bare,
di Umberto Lenzi, T’ammazzo.....raccomandati a Dio, di Osvaldo Civriani e Sapevano solo uccidere, di Tanio Boccia, tutti del 1968.
LEGENDA
Struttura delle schede
TITOLO DEL FILM
Regista - Anno
Giudizio*
(A)
Trama
Commento
IL FILM
LA COLONNA SONORA
(k)
Commento
Dati tecnici e note
*
Film
2
22
222
2222
22222
Colonna sonora
l
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Solo per appassionati
Senza infamia e senza lode
Da vedere e/o ascoltare
Vivamente consigliato
Imperdibile
TITOLI DI TESTA
I compositori dei Mondi Neri
Ennio Morricone
Bruno Nicolai
Stelvio Cipriani
Piero Piccioni
Riz Ortolani
Giorgio Gaslini
Gianni Ferrio
Nora Orlandi
Berto Pisano
Franco Micalizzi
Guido e Maurizio De Angelis
Luis Enriquez Bacalov
Luciano Michelini
Goblin
Fabio Frizzi
Pino Donaggio
Alessandro Alessandroni
Claudio Simonetti
Francesco De Masi
Roberto Nicolosi
Carlo Rustichelli
Carlo Savina
Piero Umiliani
Armando Trovajoli
Manuel De Sica
Lallo Gori
Stefano Mainetti
Carlo Maria Cordio
Mario Bertolazzi
Peppino De Luca
Claudio Gizzi
Elio Maestosi e Stefano Liberati
Robby Poitevin
Roberto Pregadio
Roman Vlad
Sante Maria Romitelli
Teo Usuelli
Armando Sciascia
Nico Fidenco
Nicola Piovani
Giuliano Sorgini
Gianfranco Plenizio
Fred Bongusto
Franco Campanino
Gianfranco e Giampiero Reverberi
Stefano Torossi
Albert Verrecchia
Trans Europa Express
Libra
Pulsar Music Ltd
Carlo Pes
Bruno Maderna
Gianni Marchetti
Maurizio Vandelli
Walter Rizzati
Budy-Maglione
Alessandro Blonksteiner
Adolfo Waitzman
Ubaldo Continiello
Amedeo Tommasi
Marcello Giombini
Marcello Gigante
Daniele Patucchi
Aldo Piga
Enrico Simonetti
Bruno Canfora
Paolo Vasile
Giampaolo Chiti
Tullio De Piscopo
Alberto Baldan Bembo
Giancarlo Chiaramello
Vasco Vassili Kojukarov
Franco Mannino
Egisto Macchi
Mino Reitano
Claudio Tallino
Silvano Spadaccino
Felice e Gianfranco Di Stefano
Nando De Luca
Umberto Smaila
Marco Werba
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