Introduzione a Cartesio 1. Cartesio e la tradizione

Introduzione a Cartesio
Le tematiche esaminate in questa unità didattica sono:
1) la critica alla cultura e all’educazione tradizionali
2) la fondazione di una nuova enciclopedia del sapere
e le regole del metodo
3) l’esperienza del dubbio e la certezza del cogito
4) la sostanza pensante e la natura delle idee
5) dall’idea di dio alla dimostrazione dell’esistenza di dio
6) dio, garanzia della verità
7) il dualismo anima/corpo
8) la morale: passioni e ragione.
1. Cartesio e la tradizione
1.1 La nuova filosofia
La prima comparsa di Cartesio sulla scena filosofica pubblica avviene attraverso il
Discorso sul metodo (novembre 1636-marzo 1637) che è nello stesso tempo:
• un’autobiografia intellettuale;
• una rassegna degli interessi filosofico-scientifici dell’autore;
• un’esposizione a grandi linee della sua ricerca di un nuovo metodo rigoroso e sicuro
applicabile a tutte le scienze;
• un compendio delle sue concezioni metafisiche;
• un abbozzo di sistema morale.
Il Discorso è anche una chiara testimonianza dei nuovi indirizzi del pensiero moderno,
teso a un fine pratico specifico:
• fornire all’uomo strumenti conoscitivi utili per instaurare il proprio dominio
sulla natura.
Cartesio, infatti, nell’ultima parte, vi esalta gli studi di fisica, e la loro utilità per il benessere
e la vita dell’uomo, contrapponendoli agli sterili insegnamenti filosofici delle scuole.
Il Discorso può anche essere letto come un manifesto del razionalismo moderno che
guarda con fiducia alla ragione, patrimonio di tutti gli uomini, e alla possibilità di costruire
un sapere razionalmente fondato, aperto a tutti.
All’inizio del testo, infatti, Cartesio afferma che ciascun uomo, proprio in quanto uomo, è
dotato di capacita razionali identiche a quelle di qualunque altro uomo. Ma se, nonostante
questa dotazione comune, gli individui arrivano tuttavia a esiti diversi nel campo della
conoscenza, ciò non dipende dal fatto che vi siano uomini più o meno dotati di ragione (in
senso quantitativo), bensì dal diverso modo in cui ciascuno utilizza le proprie facoltà
razionali.
Bisogna dunque imparare a usare la dotazione naturale della ragione in modo giusto,
secondo regole precise e ordinate, altrimenti si rischia di dissolverne le potenzialità: di qui
l’importanza del metodo.
razionalismo: Si intende per razionalismo una corrente di pensiero sviluppatasi in Europa
nell’età moderna a partire da Cartesio, che nel Discorso ne presenta il manifesto
programmatico:
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ricostruire l’intero sapere sulla base della ragione, escludendo ogni dogmatismo e
ogni possibile influenza di un principio d’autorità, religioso, morale, storico-culturale;
in quanto identifica la ragione con il procedimento matematico, il razionalismo tende
a svalutare il ruolo dei sensi e dell’esperienza nel conoscere.
1.2 La critica del sapere tradizionale
I) Per Cartesio, la riflessione sul metodo è preliminare – come già in Bacone – a ogni
progetto di rifondazione del sapere che dia agli uomini i mezzi per superare i limiti e le
ristrettezze della cultura tradizionale.
II) Ma per elaborare un nuovo metodo è necessario procedere alla denuncia di tutto ciò
che di negativo pesa sull’educazione e sui modelli di conoscenza correnti.
II) Ecco quindi che la parte che abbiamo detto “biografia intellettuale” di Cartesio nel
Discorso vuole cogliere proprio i punti deboli dell’insegnamento e del sapere
scolastico, dominato dalla persistente influenza della tradizione aristotelica.
III) Punto di riferimento critico di Cartesio è l’insegnamento da lui ricevuto presso il collegio
gesuitico di La Flèche, dove lo studio del passato è prioritario rispetto all’esigenza di far
comprendere ai giovani la realtà e dare loro un sapere utile a livello pratico per
orientarsi nel mondo.
La filosofia scolastica è una sapere retorico-dialettico, utile a battagliare con le parole,
ma che non dà competenze di alcun tipo. La filosofia scolastica è sostenitrice di una logica
che tende a ridursi a vuota retorica.
Anche la teologia è criticata, perché serve poco a salvarsi l’anima, ed è diventata un
sapere fine a se stesso.
In questo quadro si salva solo la matematica. Cartesio ammira la matematica per la
certezza e l’evidenza dei suoi ragionamenti: la matematica si qualifica dunque come il
modello più alto del vero sapere.
Nel collegio dei gesuiti di La Flèche – “una delle scuole più celebri d’Europa”, come ebbe a
dire lo stesso Descartes – i corsi duravano complessivamente nove anni: sei di umanità
(grammatica e retorica) e tre di filosofia.
Il primo anno del triennio filosofico era dedicato allo studio della logica; nel secondo anno
si studiava la fisica con lettura e commento di brani dagli otto libri della Fisica, dal De
Caelo e dal De generatione di Aristotele; nel terzo anno lo studio della metafisica si
basava su brani della Metafisica, del De generatione e del De anima.
Le matematiche venivano insegnate nel secondo anno con i manuali di Clavius, nei quali
si metteva in evidenza la posizione privilegiata delle matematiche fra le altre
discipline. “Poiché le discipline matematiche – scriveva Clavius – ricercano e coltivano
con tanto zelo la verità da non ammettere non solo ciò che è falso, ma anche ciò che è
solo probabile e non sia confermato e reso solido da dimostrazioni certissime, non può
esservi dubbio che debba loro riconoscersi il primo posto fra tutte le altre scienze”.
In Cartesio le matematiche per questa loro peculiarità assumeranno un ruolo esemplare
nella fondazione dell’epistemologia.
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1.3 La critica al sapere aristotelico-scolastico
Prima di affrontare il problema dei princìpi fondamentali del metodo (le quattro regole),
Cartesio, nell’excursus autobiografico del Discorso, conduce una critica del sapere del suo
tempo.
Egli descrive quindi l’inizio del suo itinerario concettuale, formulando una critica netta e
decisa del sapere, a cominciare da quello impartitogli dai gesuiti, ritenuto troppo rivolto
al passato e troppo poco al presente: “E così chi è troppo curioso delle cose del
passato diventa per lo più molto ignorante di quelle presenti”.
In particolare, la sua critica si rivolge al carattere prevalentemente umanistico-letterario
di quel modello educativo, imbevuto di retorica e poco attento, invece, alle esigenze
dell’indagine razionale della scienza.
La poesia e l’eloquenza sembrano frutto più di ingegno che di studio;
la consuetudine con la letteratura e la storia antica estrania dal tempo in cui si
vive; la tendenza a presentare gli eventi del passato parzialmente, limitandosi agli
aspetti più meritevoli di considerazione e ammirazione, falsa il giudizio e induce a
formare modelli di azione che eccedono la ordinaria disponibilità umana;
la teologia è ancorata unicamente ai dogmi e a verità rivelate “superiori alla nostra
intelligenza”;
la filosofia appare lacerata da dispute continue, segno della sua incapacità di
raggiungere conoscenze certe: “Non si può immaginare nulla di tanto strano e poco
credibile che non sia stato detto da qualche filosofo”;
la matematica è riuscita a conseguire conoscenze certe, ma queste sono state
male impiegate e i risultati appaiono inferiori alle possibilità di quella scienza;
altre scienze sembrano poi costruite su fondamenta malferme, senza parlare di
scienze di dubbio valore come l’alchimia e l’astrologia o delle imposture della
magia;
ancor più severa è la critica rivolta alla logica aristotelica, che è stata capace più
di spiegare ciò che già si sa che di aiutare ad acquisire nuove conoscenze.
Cartesio ritiene, quindi, di non avere ricavato dalla scuola altro profitto se non quello di
“avere scoperto sempre più la mia ignoranza”.
Egli è dunque scontento di tutto il sapere acquisito; era infatti un sapere tante cose, di ogni
genere, dalle lettere alle scienze, ma mancava il più: egli cercava un concetto direttivo
della cultura, che fosse poi anche utile per la vita.
Dietro questa critica al sistema educativo c’è quella – ancora più netta e radicale – a un
intero sistema culturale e a una impostazione didattica che mira più a procurare una
cultura nozionistica (eruditio) che a formare un attegiamento critico e soprattutto a
promuovere l’iniziativa personale nella ricerca.
Ciò che interessa il giovane Cartesio non è soltanto sapere, ma trovare, inventare ciò
che sa (invenire), dove invenzione si oppone a erudizione.
Questa critica è uno dei più importanti contrassegni della cultura moderna.
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Cartesio sostiene che se un edificio mostra crepe via via più ampie nei muri, se le sue
strutture portanti non sono più affidabili, è inutile ogni intervento di restauro, ma è
necessario buttar giù il vecchio edificio e costruirne uno nuovo dalle fondamenta.
“Ma io, per me, delle opinioni fin allora accolte senza esame, non potevo far di meglio che
disfarmi una buona volta per procurarmene delle migliori, o anche per riaccogliere quelle
stesse, se le avessi riconosciute ragionevolmente fondate”.
L’intero edificio del vecchio sapere deve essere abbattuto, perché è vicino al crollo, e
occorre costruire un nuovo edificio del sapere, su nuove basi.
Queste devono essere solidissime per poter reggere una nuova grande costruzione, ossia
vi è bisogno di un metodo per ben condurre la ragione.
Egli decide, quindi, di disfarsi delle “opinioni fino ad allora accolte senza esame” e di
viaggiare per fare esperienza e per mettersi alla prova.
E’ l’ideale della “saggezza” come intelligenza pratica che si fa valere su quello di una
“sapienza” meramente teoretica, ossia astratta.
Ma dopo avere sfogliato “il gran libro del mondo”, racconta Cartesio, presi un giorno “la
risoluzione di studiare anche in me stesso, e d’impiegare tutte le forze del mio ingegno a
scegliere il cammino da seguire”.
Neanche la vita e il mondo insegnano nulla, alla fine, se uno non si mette in grado di
trarne profitto. Ne trae profitto soltanto chi vi porta il senso della propria interiorità. Cartesio
conclude che è contento dell’esperienza acquisita, ma ora vuole rientrare in se stesso, e
cercare lì un orientamento generale per la conoscenza del mondo e per la vita.
Nella seconda parte del Discorso Cartesio esprime, allora l’esigenza di conquistare un
punto di vista superiore alla esteriorità e contingenza dei fatti e delle opinioni; usando la
propria testa, non quella degli altri.
Per questo, avendo deciso di lasciarsi guidare solo dalla propria ragione, senza farsi
influenzare dalle convinzioni altrui o da una tradizione culturale di cui ritiene di doversi
disfare, Cartesio descrive la propria ricerca come quella di un uomo che cammini
nell’oscurità e che si muova con lentezza e circospezione, avanzando sì, ma evitando allo
stesso tempo di cadere.
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