Dal 2002, MSF gestisce un progetto di salute mentale nel Caucaso

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Dal 2002, MSF gestisce un progetto di salute mentale nel Caucaso settentrionale per la
popolazione sfollata del paese (IDP). Il progetto è operativo in Inguscezia e anche nella stessa
Cecenia, dove le stime parlano di oltre 100mila sfollati.
Molti IDP vengono ospitati in Inguscezia, all’interno di insediamenti spontanei o kompaktniki.
Spesso si tratta di magazzini, ex fabbriche o container di compensato montati alla bell’e
meglio, i cui spazi vengono suddivisi. I kompaktniki si trovano in condizioni deplorevoli. Gli
abitanti vivono uno sull’altro in stanze minuscole, famiglie di sei o sette persone spesso
condividono uno spazio di quattro metri quadrati. Si cucina sui fornelli a gas, la cui debole
fiamma viene spesso lasciata ardere per ottenere un po’ di calore. Alcune famiglie vivono così
da cinque anni, quasi tutti i bambini che giocano tra edifici fatiscenti e vecchi macchinari
arrugginiti non conoscono una vita diversa da questa.
Ansia, depressione, rabbia e sentimenti suicidi sono la normalità. La gente parla di vite
dominate dalla paura: chi vive negli insediamenti spontanei dell’Inguscezia è soggetto a
reiterati raid, o zachistki, da parte dell’esercito e delle forze di polizia. Come racconta la
responsabile del progetto di salute mentale di MSF, Marieta Gudieva, "i zachistki producono un
costante senso di insicurezza. Spesso l’obiettivo di questi raid sono i maschi giovani, ma è
molto stressante per tutta la comunità, e chi viene portato via dalle forze di sicurezza spesso
non ritorna. Conosco molte donne che sono riluttanti a tornare in Cecenia perché temono che
la situazione là sia addirittura peggiore per i loro ragazzi".
Un’esistenza così imprevedibile blocca la capacità degli sfollati di pensare al futuro: "Le
persone non hanno soltanto cambiato la loro collocazione fisica, ma anche il senso di se stesse
e il posto che occupano nel mondo sono stati stravolti", prosegue Marieta. "Il loro senso del
futuro, la loro capacità di fare progetti e di sperare: tutto è cambiato. Molto spesso perdono la
capacità o il desiderio di parlare di un futuro lontano e si concentrano sugli aspetti pratici e
sulle realtà pressanti della vita e della sopravvivenza quotidiane. Diventano come insensibili
alla morte e ai rapimenti: episodi che prima della guerra avrebbero rappresentato uno shock
per la comunità fanno oggi parte della loro vita".
Come funziona il progetto
In Inguscezia, il progetto è focalizzato sugli insediamenti spontanei (kompaktniki) dove vivono
molti dei ceceni in condizioni di maggiore vulnerabilità. Otto consulenti di salute mentale
visitano 27 insediamenti (nel distretto di Sunzhenski, al confine con la Cecenia, e nei dintorni
della più grande città della repubblica, Nazran) effettuando sessioni individuali e di gruppo,
educando la gente a riconoscere e affrontare i problemi psicologici nelle varie forme e
facilitando i contatti con altre organizzazioni in grado di fornire soccorso alla popolazione più
vulnerabile. I consulenti fanno affidamento su una rete di volontari che, abitando negli
insediamenti, li aiutano a individuare le persone che hanno bisogno di aiuto e anche a
organizzare attività sociali e per la comunità come il calcio, il ballo e i laboratori artigiani. I
consulenti, inoltre, hanno una stanza presso il centro medico di MSF che fornisce servizi di
medicina generale, di pediatria e di ginecologia in un’area di Nazran nella quale vivono molti
IDP.
In Cecenia, i consulenti fanno parte di team mobili operativi nei centri di alloggio temporaneo e
nei villaggi della regione di Grozny, ma forniscono anche supporto 24 ore su 24 all’ospedale
traumatologico di emergenza della capitale Grozny. La consulenza psicosociale fa anche parte
integrante del progetto per la TB che MSF gestisce in quattro distretti ceceni. Un’indagine di
MSF del 2005 indicava che il 77% degli abitanti dei centri di alloggio temporaneo di Grozny,
non si sentiva mai, o quasi mai, al sicuro.
Come in molte altre parti del mondo, nella cultura cecena chi chiede aiuto viene in qualche
modo giudicato male, soprattutto se uomini. Secondo Marita, "la gente si vergogna. Per la
nostra mentalità cecena, se una persona va dal consulente di salute mentale mostra la propria
debolezza, per questo motivo vediamo molti casi di disturbi psicosomatici, cioè problemi
psicologici che si manifestano a livello fisico".
Il "counselling", la psicologia e l’idea di "curare attraverso le parole" hanno iniziato a
svilupparsi nella Federazione russa soltanto dal crollo dell’Unione sovietica. La popolazione ha
una maggiore familiarità con una specializzazione più medica come la psichiatria, che cerca di
curare le patologie mentali gravi attraverso una terapia farmacologica. Il team di MSF ritiene
che si possa fare molto per aiutare la popolazione ad affrontare i traumi psicologici senza
ricorrere ai farmaci, tuttavia i team sono in contatto con gli psichiatri ai quali possono inviare i
pazienti gravemente malati. "Le nostre relazioni sono buone" dice Lamara Umarova, psicologa
di MSF responsabile dei due progetti del Caucaso, "e anche gli psichiatri fanno riferimento a
noi. Così in un ospedale, l’Achoy-Martan, quando MSF ha iniziato gradualmente a ritirarsi, lo
staff ha convinto l’amministrazione ad assumere uno psicologo, perché aveva visto i benefici
apportati dal nostro progetto".
Lo stesso staff medico è spesso tra i beneficiari di MSF, soprattutto in Cecenia dove il team del
"counselling" offre un servizio 24 ore su 24 all’ospedale numero nove, il principale centro
traumatologico del paese. Come dice Lamara "ogni famiglia e ogni persona ha una storia
strettamente collegata con la guerra; magari non hanno assistito alla morte di qualcuno o non
hanno visto esplodere una bomba, ma la guerra influenza le loro vite in ogni momento".
Questo è vero anche per gli stessi consulenti, molti dei quali hanno perso i loro parenti e le loro
case nel corso di undici anni di conflitto. Sorveglianza clinica e training regolari contribuiscono
a tenerli costantemente aggiornati e a prevenire eventuali esaurimenti.
È difficile ottenere un miglioramento continuato nel tempo della salute psicologica della
popolazione fintanto che le condizioni di sicurezza restano instabili. Marieta sente che
"attualmente la gente cerca di sopravvivere. Le reali conseguenze della guerra saranno
evidenti quando la gente ricomincerà a condurre una vita normale: la vita che fa adesso non è
normale".
Ma per lo meno l’atteggiamento nei confronti del sostegno psicologico e la richiesta di aiuto sta
lentamente cambiando. "L’altro giorno, all’improvviso è arrivata una donna che voleva parlare
con uno dei nostri consulenti", racconta Marieta. "Ha detto di essere preoccupata per se
stessa. Aveva iniziato a inveire costantemente contro i figli e a tormentare continuamente il
marito. Ha detto di sapere di aver bisogno di aiuto".
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