Comites Christi*
Cari Biagio e Andrea,
dopo la celebrazione del Natale, la liturgia commemora i comites Christi, i “compagni di
Gesù” , coloro che gli hanno reso testimonianza con la vita e il martirio. Il primo tra di essi è santo
Stefano, ricordato il 26 dicembre, giorno successivo al Natale, perché considerato il protomartire.
Negli Atti degli Apostoli la narrazione della sua passione è modellata su quella di Cristo. San
Fulgenzio di Ruspe mette in evidenza il rapporto tra Cristo e santo Stefano con queste parole:
«Ieri abbiamo celebrato la nascita nel tempo del nostro Re eterno, oggi celebriamo la passione
trionfale del soldato. Ieri infatti il nostro Re, rivestito della nostra carne e uscendo dal seno della
Vergine, si è degnato di visitare il mondo; oggi il soldato uscendo dalla tenda del corpo, è entrato
trionfante nel cielo»1.
L’identità dei “comites Christi”
Non vi è divisione tra Cristo e i suoi discepoli. Fin dall’inizio del suo ministero, Gesù sceglie
coloro che lo accompagneranno durante la vita terrena e continueranno la sua missione dopo la
sua risurrezione dai morti: «Ne costituì dodici perché stessero con lui e anche per mandarli a
predicare e perché avessero il potere di scacciare i demoni» (Mc 3,14-15). L’identità degli apostoli
è caratterizzata dal loro “stare con Gesù” e “rimanere in Gesù”2. Il verbo “rimanere” indica non
solo un riferimento biografico-spaziale o un richiamo agli incontri di Gesù con i discepoli (cfr. Gv
1,38-39) e i samaritani (cfr. Gv 4,40-42), ma rappresenta una vera “formula di immanenza”. Gli
apostoli sono invitati a dimorare in Cristo e a rimanere nella sua parola e nel suo amore. D’altra
parte, il rapporto di Gesù con i discepoli è strettamente legato a quello che egli intrattiene con il
Padre. I “compagni di Gesù” sono coloro che, “rimanendo nel Figlio”, entrano in comunione con il
Padre. Messi a parte dei segreti che intercorrono tra il Padre e il Figlio, i discepoli sono inviati ad
annunciare agli altri quanto hanno conosciuto e sperimentato.
Questo paradigma evangelico circa l’identità dei “compagni di Gesù” rappresenta il
modello di riferimento a cui si sono ispirati tutti i movimenti di riforma nella Chiesa. A tal
proposito, basta richiamare due esempi illustri: i compagni di san Francesco e i quelli di
sant’Ignazio di Loyola. Nella splendida pagina iniziale dei Fioretti, l’autore scrive: «Il glorioso
messere santo Francesco in tutti gli atti della vita sua fu conforme a Cristo benedetto: ché come
Cristo nel principio della sua predicazione elesse dodici Apostoli, a dispregiare ogni cosa mondana,
a seguitare lui in povertà, e nell’altre virtù; così santo Francesco elesse dal principio per
fondamento dell’Ordine dodici compagni, possessori dell’altissima povertà. ».
Anche il movimento spirituale fondato da sant’Ignazio di Loyola si conforma a questo
modello. Nella sua autobiografia egli scrive che mentre studiava a Parigi si formò attorno a lui un
gruppo di “amici del Signore”. A chi avesse chiesto loro di quale Ordine religioso fossero,
avrebbero risposto di far parte della “compagnia di Gesù”, di essere cioè un gruppo il cui capo era
Gesù. Così Pietro Favre ricorda quel periodo: «Vivevamo sempre insieme, condividendo la camera,
* Omelia nella Messa per l’Ordinazione diaconale di Andrea Malagnino e Biagio Errico, Cattedrale, Ugento 26
dicembre 2013
1 Fulgenzio di Ruspe, Disc. 3, 1.
2 Il verbo rimanere (μένειν) s’incontra 118 volte nel Nuovo Testamento, di cui soltanto 12 nei Vangeli sinottici, 17 in
Paolo e ben 67 nel Vangelo e nelle Lettere di Giovanni. Il termine appare il più delle volte (43 dei 67 casi)
nell’espressione composta rimanere in.
1
la borsa; e poi egli mi era insegnante di vita spirituale, dandomi la possibilità di ascendere alla
conoscenza della volontà divina e della mia propria. Così fu che divenimmo una cosa sola nei
desideri, nella volontà e nel fermo proposito di scegliere la vita, che ora seguiamo tutti noi, i quali
facciamo o faremo parte di questa compagnia, di cui io non sono degno»3.
Santo Stefano, modello dei comites Christi
Il diacono Stefano è un modello dei comites Christi, di coloro cioè che vivono la carità fino
all’offerta della propria vita. La carità - scrive san Fulgenzio di Ruspe - «fece scendere Cristo dal
cielo sulla terra, innalzò Stefano dalla terra al cielo. La carità che fu prima nel Re, rifulse poi nel
soldato»4. La “compagnia con Cristo nella carità” consentì a santo Stefano di raggiungere un
triplice primato. Fu il primo diacono, il primo martire della Chiesa e il primo apologista (cfr. At 6-7).
Egli non limitò il suo «diaconato» ai servizi caritativi, ma assunse anche responsabilità della
predicazione e dell’evangelizzazione, tanto che il suo discorso può essere considerato il primo
saggio cristiano di lettura dei testi dell’Antico Testamento in funzione della venuta del Signore (cfr.
At 7,1-54).
Cari Biagio e Andrea, questo triplice primato sia il modello del vostro ministero. Ricevendo,
questa sera, l’Ordinazione diaconale anche voi, come il diacono Stefano entrate nel numero dei
“compagni di Gesù”: siete “consacrati nella carità” per essere “servi di Cristo” e per annunciare e
testimoniare con gioia il vostro amore a Cristo offrendo la vostra vita per il bene dei fratelli.
Troverete la traccia del vostro servizio se considererete attentamente quanto scrive Papa
Francesco al n. 24 della sua recente esortazione apostolica Evangelii gaudium. Comprenderete il
valore del primerear, cioé del primato di Cristo e del suo “prendere l’iniziativa” e del “precedervi”
con il suo amore. La vostra azione pastorale sarà incisiva se vi farete “precedere” da Cristo e se
imiterete il suo esempio facendo sempre il “primo passo”. Dovrete poi “coinvolgervi” nella vita del
popolo di Dio. Nel linguaggio di Papa Francesco, ciò significa avere “l’odore delle pecore” e non
aver paura di “sporcarsi le mani”. Vivendo in uno stretto contatto con il popolo a voi affidato,
imparerete ad accompagnare con saggezza e pazienza il cammino di fede di tutti i fedeli e a gioire
del frutto che essa farà germogliare. Siano, dunque, questi i verbi del vostro ministero diaconale:
lasciare a Cristo il suo primato, coinvolgervi nella vita del popolo di Dio, accompagnare il cammino
di tutti i credenti, fa fruttificare i doni e i carismi di ognuno.
Questo compito risulterà più facile se terrete presenti i consigli che san Francesco e
sant’Ignazio di Loyola impartivano a loro seguaci. San Francesco dava questo suggerimento:
«Cominciate col fare il necessario, poi ciò che è possibile e, all'improvviso, vi sorprenderete a fare
l'impossibile». In queste parole vi è una saggezza concreta e un sano equilibrio. Nel ministero
occorre unire ciò che è possibile a ciò che è necessario senza dimenticare la perfezione dell’ideale
a cui bisogna aspirare. San Ignazio, da parte sua, esortava i suoi compagni con queste parole:
«Pregate come se tutto dipendesse da Dio, agite come se tutto dipendesse da voi». Che è come
dire: date il primato all’azione di Dio, ma non risparmiatevi nelle fatiche del ministero. San
Francesco e sant’Ignazio erano anche convinti che non vi è altro fine nella vita cristiana e nel
ministero pastorale se non quello di fare tutto in laudem gloriae. È quanto raccomanda oggi anche
Papa Francesco. Così egli scrive in Evangelli gaudium: «Uniti a Gesù, cerchiamo quello che lui
cerca, amiamo quello che lui ama. In definitiva, quello che cerchiamo è la gloria del Padre, viviamo
3 Pietro Favre, Memorie spirituali, a cura di Giuseppe Mellinato, PIEMME, Casale Monferrato 1990, n. 8, p. 18.
4 Fulgenzio di Ruspe, Disc. 3,5-6.
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e agiamo “a lode dello splendore della sua grazia” (Ef 1,6). Se vogliamo donarci a fondo e con
costanza, dobbiamo spingerci oltre ogni altra motivazione. Questo è il movente definitivo, il più
profondo, il più grande, la ragione e il senso ultimo di tutto il resto»5.
Cari Biagio e Andrea, ricevendo l’Ordine del Diaconato, entrate in modo speciale nel
numero dei “compagni di Gesù”. Egli è il servo di Dio che offre la sua vita per la salvezza di tutti gli
uomini. Prendete la sua persona a modello della vostra vita e assumete il suo stile come
paradigma del vostro ministero diaconale. Essere comites Christi è un affascinante ideale di vita,
ma soprattutto è una grazia immeritata. Fate fruttificare il dono che ricevete questa sera.
5 Evangelii gaudium, 267.
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