Prof. Elio Matassi - 1 dicembre 2010 La prima sezione del concerto, dedicata a Robert Schumann, Fantasia in do maggiore op. 17 e Fryderyk Chopin, Ballata in sol minore n. I op. 23 dimostra in maniera inequivoca lo spirito centrale di quella che è la titolazione di un’opera straordinaria, il libro del pianista e musicologo americano Charles Rosen, La generazione romantica, tradotto nella nostra lingua dalla casa editrice milanese Adelphi. La musica puramente strumentale esprime la propria protagonistica vocazione, il proprio primato, trasferendo sul piano strettamente musicale, per così dire, tecniche-strutture letterarie. Nel primo caso, nella Fantasia in do maggiore op. 17 il ‘frammento’ musicale presente sin dal primo movimento della Fantasia , originariamente denominata, Rovine, Schumann stesso percepì che si testimoniasse la sua genialità musicale. L’estetica del ‘frammento’ presume un processo di accrescimento che si avvita su se stesso. A tal proposito è opportuno tener presente la definizione di ‘frammento’, prospettata da Friedrich Schlegel: il frammento, simile del tutto a una piccola opera d’arte, deve essere completamente separato dal mondo circostante e perfetto in se medesimo come un riccio. Una definizione trasferita sul piano pianistico da Friedrich Nietzsche in un brano, Il frammento in sé, sfuggito alla pur eccezionale erudizione di Charles Rosen. Il primo movimento della Fantasia in do maggiore di Robert Schumann, viene costruito, metabolizzando nel profondo l’idea stessa di frammento, su una citazione di una frase che, pur estranea all’opera, viene progressivamente riassorbita al suo interno. La citazione compiuta viene ritardata. La maggior parte dei temi presenti nel primo movimento viene fondata su tale citazione; tuttavia, per ascoltarla, è necessario aspettare fino all’ultima pagina del movimento. Quando la frase arriva, allora la riconosciamo, anche se viene presentata come un tema inedito in un tempo lento. La citazione risulta pertanto, così la definisce icasticamente Charles Rosen, “il punto di riposo e il centro di gravità” del primo movimento. La citazione è mutuata dall’inizio dell’ultimo Lied del ciclo beethoveniano, All’amica lontana. La maggior parte dei contemporanei di Schumann avrebbe sicuramente riconosciuto la fonte originaria e, in particolare, l’avrebbe riconosciuta Liszt cui era stata dedicata la fantasia e che aveva, tra l’altro, trascritto per pianoforte il ciclo liederistico beethoveniano in questione. In ogni caso, Schumann fornisce un contributo decisivo per l’individuazione della citazione segreta attraverso quattro versi di F. Schlegel, pubblicati per l’epigrafe della fantasia nella prima edizione: “Attraverso tutti i suoni, / nel variopinto suono della terra, / se ne leva uno sommesso / per colui che ascolta in segreto”. ‘Il suono segreto’ di cui parla F. Schlegel è quello di Beethoven; interpretazione, tra l’altro, confermata dal fatto che la fantasia fu composta al fine di raccogliere fondi per erigere a Bonn un monumento in onore del grande compositore. In tal modo l’idea di frammento viene introiettata esplicitamente nel tessuto della fantasia stessa; come recita, a tale riguardo, lo stesso C. Rosen: “La frase di Beethoven è modellata per sembrare una reminiscenza involontaria, non richiamata consapevolmente ma provocata ineluttabilmente dalla musica appena udita”. Affermazione che riesce a restituire nella maniera più perspicua l’idea di frammento nella costruzione della composizione: un ricordo può diventare un frammento, quando viene percepito, nel contempo, come estraneo e come personale, ossia quando si provoca un cortocircuito tra passato e presente. La seconda proposta, la Ballata in sol minore op. 23 di Chopin, conferma quanto già argomentato nell’introduzione; anche in questo caso il compositore romantico assume in maniera pregnante l’espressione letteraria della ‘Ballata’, che, come noto, presume un’antica narrazione in versi con un ritornello. La genialità di Chopin sta nel trasferire la tecnica- struttura di tale costruzione letteraria sul piano puramente strumentale, ossia riuscire a restituire sul piano strettamente musicale la forma periodica e il ritornello che caratterizzavano la declinazione letteraria della ballata. Le due ultime proposte, il Ciclo brasileiro di H. Villa – Lobos e la celebre Rapsodia in blu di Gershwin vanno nella direzione di una ricognizione che confermi, almeno in parte, la linea tendenziale proposta con il repertorio romantico. In particolare non può essere sottovalutato il fatto che la Rapsodia in blu costituisca il brano di apertura e di chiusura della colonna sonora del celebre film di Woody Allen Manhattan. In questo ultimo caso il cinema sta alla letteratura dei primi due esempi romantici, evidenziando come la musica riesca a sposarsi compiutamente, senza perdere la propria identità, con tutte le altre arti. Il brano di Gershwin inizia con un caratteristico trillo e un lungo glissato del clarinetto, il cui assolo propone immediatamente il tema principale, (moderato assai) che anticipa l’intervento dell’orchestra. La melodia, a tratti, sincopata riesce ad entrare ‘veramente’ nello spirito del film di Woody Allen.