di Dario Casati 01 marzo 2017 SOVRANITÀ MONETARIA E DEBITO PUBBLICO *** Si amplia il coro di chi attribuisce all’euro, spesso confuso con l’Ue, una lunga serie di colpe. Una parola d’ordine oggi molto diffusa propone l’uscita dall’euro recuperando la sovranità monetaria del nostro paese. È il rimpianto per un tempo ed una politica monetaria che coincidono con un periodo della nostra economia più felice. Si individua in questo concetto la speranza di restituire al Paese quell’orgoglio e quella capacità autonoma di risolvere la crisi che avevano generato la crescita economica. Traspare, nel fascino un po’ ancien régime della parola, il desiderio di una conduzione della politica economica e monetaria più forte ed autorevole di quella attuale, confusa e abborracciata. La sovranità nello stato moderno, semplificando, presenta due aspetti: l’origine dell’ordinamento dello Stato, nata dal popolo e che non deriva da nessun altro potere e l’indipendenza dello Stato da ogni forma di potere esterna o presente al suo interno. Il concetto è chiaro se si esemplifica con la sovranità territoriale. Ma non sempre è altrettanto semplice, perché lo Stato può decidere nella sua sovranità di accettare regole nei rapporti fra Stati oppure di cedere una parte dei suoi poteri ad altri organismi internazionali, possibilità prevista dalla stessa Costituzione. L’attuale ondata “sovranista” sembra voler escludere queste ipotesi per puntare ad un sorprendente e poco praticabile potere sovrano assoluto, quasi dimenticando che il mondo è molto più complesso sia per le concessioni a regole comuni fra Stati, sia per la cessione di una parte di poteri sovrani a organismi internazionali. I sovranisti tacitamente sembrano accettare le prime, ma si ribellano alle seconde. Da ciò nasce la spinta a rovesciare totalmente quegli accordi europei sino ad oggi considerati una sorta di dogma inattaccabile. La restaurazione più sollecitata riguarda la sovranità monetaria che comprende molti passaggi fra cui: a) uscita dall’euro, moneta comune di gran parte dei paesi Ue, b) conseguente (ri)nascita della moneta nazionale, per affetto e consuetudine la Lira, con la definizione di valore iniziale e regole di gestione e di intervento sui cambi, c) gestione delle definizione di valore iniziale e regole di gestione e di intervento sui cambi, c) gestione delle riserve in oro e valute, in parte depositate presso la Banca Centrale Europea ed altre organizzazioni come il Fondo Monetario Internazionale, d) restituzione degli antichi poteri all’istituto di emissione, la Banca d’Italia, e) stampa di moneta secondo criteri autonomamente decisi. Tutto ciò oggi avviene in accordo con gli altri paesi dell’euro attraverso il Sistema Europeo delle Banche Centrali che unisce le banche centrali di ognuno e la BCE. La forza dell’euro è data dal suo valore complessivo e dal fatto che è gestito come una moneta unica sommatoria di quelle dei paesi aderenti. Per salvaguardare le rispettive sovranità gli stati aderenti non si sono dotati di politiche fiscali ed economiche comuni. Affinché la costruzione non collassi hanno adottato criteri di gestione delle rispettive economie che riguardano sostanzialmente la solvibilità di ogni Stato attraverso il controllo dei bilanci. Le proposte sovraniste ci porterebbero a una Lira immediatamente svalutata. Risultato apprezzato da chi sogna di rinverdire le svalutazioni competitive di un tempo, ma con effetti effimeri, a causa di esportazioni facilitate dalla svendita di prodotti sottocosto per la svalutazione e costi crescenti per importare le materie prime. Ma soprattutto impensabile a causa di un debito pubblico di oltre 2380 miliardi di euro, con interessi nel 2016 di 66,5 miliardi, che diventerebbe sempre più pesante. Il debito è denominato in euro, con la nuova moneta subito svalutata salirebbe per cause monetarie della stessa percentuale. Non solo, mentre con l’euro i tassi d’interesse sul debito sono ai minimi, la Lira, a causa del maggior rischio, li porterebbe in alto, aumentando la velocità di creazione del debito che siamo riusciti con fatica a frenare senza invertirne la rotta. Il nostro cambio poi non sarebbe libero, ma controllato all’interno degli accordi internazionali come accadeva prima dell’euro, quando periodicamente veniva svalutato. Il potere d’acquisto di stipendi e pensioni verrebbe eroso e solo in parte recuperato attraverso i correttivi dell’inflazione. Tassi d’interesse e mutui salirebbero. Dopo una momentanea boccata d’ossigeno la Lira affonderebbe per le dimensioni del debito ereditato, l’incapacità cronica di ridurne lo stock e la crescita dovuta agli interessi. La sovranità monetaria, dunque, è un sogno precluso dalle dimensioni del debito e dall’incapacità di ridurlo. Una realtà, questa, che dipende da noi e non dalla moneta in uso.