1 Dopo avere analizzato nel modulo 1 le basi fisiopatologiche del

Dopo avere analizzato nel modulo 1 le basi fisiopatologiche del dolore, il
corso affronta dettagliatamente il meccanismo d’azione dei FANS, i farmaci
più diffusamente prescritti a scopo analgesico e antinfiammatorio.
Allo scopo di promuoverne un utilizzo corretto sarà indispensabile
soffermarsi su alcuni concetti di biochimica.
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Il primo obiettivo consiste nell’illustrare la struttura, la biosintesi e le funzioni
biologiche degli eicosanoidi, termine con il quale si identificano le due classi di
sostanze (i prostanoidi e i leucotrieni) che derivano dall’acido arachidonico per
opera, rispettivamente, delle ciclossigenasi (COX) e delle lipossigenasi (LOX).
Queste nozioni sono fondamentali in quanto il meccanismo d’azione dei FANS si
esplica fondamentalmente attraverso l’inibizione delle COX e il blocco della
sintesi delle prostaglandine E2.
Il secondo obiettivo è quello di descrivere la classificazione dei FANS.
Terzo e ultimo obiettivo: evidenziare le attività comuni a tutti i FANS e analizzare
le caratteristiche delle diverse sottoclassi.
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Gli eicosanoidi, in particolare la prostaglandina E2 (PGE2), abbassano la soglia di
risposta dei nocicettori agli stimoli dolorifici. Se ne distinguono due classi: i
prostanoidi e i leucotrieni, che derivano entrambi dall’acido arachidonico, ma
attraverso diverse vie enzimatiche.
Il termine eicosanoidi risale alla parola greca eikosi, che significa “20”, in
relazione al numero di atomi di carbonio contenuti negli acidi grassi precursori di
tali molecole.
L’inibizione della sintesi delle prostaglandine rappresenta l’azione fondamentale
dei FANS.
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La biosintesi degli eicosanoidi è vincolata alla disponibilità di acido arachidonico.
Quest'ultimo si trova nei lipidi di membrana e viene rilasciato da questi in seguito
all’azione di una classe di enzimi dei quali il principale è la fosfolipasi A2.
Una volta liberato, l'acido arachidonico è in parte rapidamente metabolizzato per
opera di vari sistemi enzimatici, i più importanti dei quali sono le ciclossigenasi
(COX) e le lipossigenasi (LOX).
Le COX – in particolare – ossidano e ciclizzano l’acido arachidonico non
esterificato formando la prostaglandina endoperossido (PGG2), che viene subito
trasformata in prostaglandina H2 (PGH2).
Da questo precursore si diramano varie vie che portano alla sintesi di PG,
prostacicline e trombossani, molecole complessivamente chiamate prostanoidi.
I principali prostanoidi prodotti da queste vie biosintetiche sono le prostaglandine
PGE2, PGF2alfa e PGD2 con i suoi prodotti di deidratazione, tra i quali la
prostaciclina PGI2 e il trombossano TXA2.
Gli enzimi che sintetizzano i prostanoidi finali sono espressi in modo piuttosto
selettivo nei vari tipi cellulari, in modo che la maggior parte delle cellule produca
solo uno o due prostanoidi.
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Esistono due isoforme della COX, la COX-1 e la COX-2.
La COX-1 è espressa in modo costitutivo dalla maggior parte delle cellule, mentre
la produzione di COX-2 può essere indotta da stimoli chimici (citochine, per
esempio), biofisici o da ormoni.
La COX-2 però non è solo un enzima inducibile: viene infatti espressa
costitutivamente in alcune aree del cervello, del rene e dello stomaco.
Data la diversa inducibilità tra i due tipi di COX, alla COX-1 è attribuito il ruolo di
controllo di funzioni fondamentali, come la citoprotezione gastrica, mentre si
ritiene che la COX-2 sia la maggiore fonte di prostanoidi nelle malattie flogistiche
e neoplastiche.
È comunque possibile che questo dualismo sia semplicistico e che esistano alcuni
processi fisiopatologici in cui i due enzimi svolgano attività uniche e altri in cui
operano in modo coordinato.
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Le LOX trasformano l’acido arachidonico in acidi idro-perossi-eicosa-tetraenoici
(HPETE). Questi sono poi convertiti nei relativi idrossi-acidi grassi (HETE), sia
spontaneamente sia enzimaticamente, mediante una perossidasi.
Successive reazioni operate dalla 5-LOX danno vita ai prodotti finali di questa via
biosintetica, i leucotrieni (LT), che hanno un ruolo di rilievo nell'innesco e nella
durata delle risposte flogistiche, oltre a essere proalgogeni e costrittori della
muscolatura liscia, per esempio bronchiale.
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Gli eicosanoidi svolgono molti effetti biologici. Ecco i principali.
Sul sistema cardiovascolare prevalgono gli effetti ipotensivi. La PGI2 inibisce
l’aggregazione piastrinica in risposta a ogni agonista noto.
A livello extravasale, le PG hanno, in distretti diversi, effetti di rilasciamento o
contrazione della muscolatura liscia (gli LT, invece, provocano generalmente la
contrazione della muscolatura liscia).
La PGF2alfa riduce la pressione intraoculare, aumentando il deflusso di umore
acqueo.
Le PG svolgono una potente attività di modulazione sul metabolismo osseo. PGE2
e PGI2, in particolare, aumentano il flusso ematico e stimolano la diuresi.
Gli eicosanoidi hanno un ruolo fondamentale nella risposta immunitaria e
infiammatoria, ed è questa la base dell’attività antinfiammatoria dei FANS.
Perifericamente, PGE2 e PGI2 sensitizzano i terminali dei nocicettori agli stimoli
dolorosi portando a un abbassamento delle soglie di nocicezione.
A livello centrale la PGE2 può elevare l’eccitabilità delle vie deputate alla
trasmissione degli stimoli dolorifici in corrispondenza del midollo spinale.
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I FANS agiscono attraverso l'inibizione delle COX. Tale inibizione può essere non
selettiva per COX-1 e COX-2 oppure più o meno selettiva per COX-1 o COX-2.
Si ritiene che l’azione inibitoria sulla COX-2 sia in gran parte responsabile degli
effetti antipiretici, analgesici e antinfiammatori dei FANS, mentre l’inibizione della
COX-1 renderebbe conto in gran parte, ma non in modo esclusivo, degli effetti
avversi gastrointestinali.
Per questo motivo negli ultimi anni la produzione di inibitori selettivi della COX-2
ha avuto un forte impulso, nella speranza di disporre di FANS con un profilo di
tollerabilità migliore rispetto a quello delle molecole precedenti.
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Il meccanismo comune all’azione di tutti i FANS è rappresentato dal blocco del
catabolismo dell’acido arachidonico. Essi agiscono bloccando l’attività delle COX,
mentre non inibiscono le LOX, la cui via metabolica può essere addirittura
potenziata dal blocco delle COX, aumentando la sintesi di leucotrieni.
Questo meccanismo non si manifesta ad esempio con ketoprofene, che al
contrario è in grado di inibire parzialmente la LOX bilanciando l’azione sui due
enzimi COX e LOX ed evitando pertanto la contrazione della muscolatura liscia
con conseguente broncocostrizione.
Inoltre, gli ormoni steroidei inibiscono la fosfolipasi A2 e quindi la sintesi di acido
arachidonico, cioè agiscono a un livello metabolico precedente l’attività sia di
COX-1 sia di COX-2, ma hanno solo un effetto antinfiammatorio e non l’effetto
analgesico che invece hanno i FANS.
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Il primo FANS a essere impiegato in terapia è stato l’acido acetilsalicilico (ASA).
Questo farmaco è in uso da oltre un secolo ma il suo meccanismo d’azione (ossia
l'inibizione della sintesi di PG) è stato individuato solamente all’inizio degli anni
Settanta.
L’ASA ha un’altra peculiarità che lo distingue da tutti gli altri farmaci della sua
classe: modifica in maniera covalente e irreversibile le COX e per questo la sua
durata d’azione è strettamente vincolata al ricambio delle COX nei tessuti, e
specificatamente nelle piastrine. Viceversa, la durata d’azione degli altri FANS,
che agiscono inibendo in modo reversibile le COX, è da mettere in rapporto alla
biodisponibilità del farmaco.
Il turnover dell’enzima dopo inibizione da ASA è di particolare rilievo nel caso
delle piastrine che, non essendo dotate di nucleo, non possiedono biosintesi
proteica; pertanto l’inibizione della COX-1 nelle piastrine (e quindi di
trombossani) si mantiene per tutta la vita della piastrina stessa e per recuperare
dall’azione inibitoria da ASA serve un tempo compreso tra 8 e 12 giorni,
corrispondente al periodo di ricambio delle piastrine.
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I FANS sono considerati blandi analgesici e appaiono efficaci specie quando il
processo flogistico ha causato una sensitizzazione dei nocicettori.
Comunque, la massima efficacia dei FANS è decisamente inferiore a quella degli
oppioidi, rispetto ai quali, però, non causano gravi effetti avversi sul sistema
nervoso centrale.
I FANS sono inoltre antipiretici efficaci.
L’uso clinico più rilevante come antinfiammatori riguarda il trattamento di
patologie muscolo-scheletriche (artrosi, artrite reumatoide, osteoartrite) in cui
alleviano i sintomi maggiori (dolore e infiammazione); non sono però in grado di
modificarne il decorso.
Esistono altre condizioni patologiche che possono trarre beneficio dai FANS. Nella
mastocitosi sistemica, patologia caratterizzata da un eccesso di mastociti, si
manifestano gravi episodi ipotensivi causati dal rilascio di alte quantità di PGD2;
le crisi di ipotensione sono trattate con antagonisti dell’istamina associati a FANS,
quali acido acetilsalicilico o ketoprofene.
Studi epidemiologici hanno infine evidenziato che l’uso frequente di acido
acetilsalicilico è associato a un dimezzamento del rischio di cancro del colon. Di
qui l’interesse per un suo impiego nella prevenzione della neoplasia.
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I FANS causano vari effetti collaterali che possono anche essere di
notevole gravità. I più frequenti sono gastrointestinali: dolore
addominale, nausea, anoressia, ulcere.
Tali effetti sono dovuti innanzitutto all’inibizione della COX-1; di
conseguenza, gli inibitori della COX-2 determinano meno danni, ma in
realtà bloccano la sintesi di lipossina, sostanza che ha la proprietà di
indurre la riparazione di danni gastrici già presenti.
Gli inibitori di COX-1 e COX-2 inducono una diminuzione della
funzionalità renale. Si possono avere episodi di cefalea, vertigini e
confusione. L’inibizione dell’attivazione piastrinica indotta da COX-1 fa
aumentare il rischio di emorragie, mentre nelle donne gravide l’impiego
di FANS determina un prolungamento della gestazione.
Si possono avere attacchi di asma anche in soggetti non manifestamente
asmatici, per aumento della sintesi di leucotrieni.
Riguardo le interazioni con altri farmaci, i FANS riducono l’efficacia degli
ACE-inibitori; soprattutto con gli anti COX-1 si può avere maggiore
incidenza o gravità di ulcerazioni in sede gastrointestinale se i FANS sono
assunti insieme a steroidi. Inoltre, i FANS possono potenziare l’attività di
farmaci quali warfarin, sulfaniluree e metotrexate, con cui entrano in
competizione per affinità con le proteine plasmatiche.
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Scegliere un FANS per un trattamento antipiretico o antidolorifico è
piuttosto agevole: va data la preferenza a un FANS a rapido inizio e breve
durata d'azione in caso di febbri che accompagnano infezioni virali, danni
lievi all’apparato muscolo-scheletrico e dolore post-operatorio di lievemedia entità, mentre si punterà su molecole a durata d'azione maggiore
qualora, per esempio, vada trattato un dolore post-operatorio severo o
malattie croniche come osteoartrosi e artrite.
Se si devono trattare patologie croniche, tuttavia, si è visto che esistono
notevoli differenze di risposta tra individui. Per questo conviene iniziare il
trattamento somministrando un FANS per una settimana o due e, in caso
di risposta soddisfacente, continuare con il medesimo farmaco.
Operata la scelta della molecola, bisogna prescriverne inizialmente bassi
dosaggi, in modo da verificare la tollerabilità del paziente al FANS. In
seguito si può aggiustare la posologia.
Nelle prossime slide sono elencate le più importanti sottoclassi dei FANS,
le cui differenze dovrebbero indirizzare il medico nella scelta di un
principio piuttosto che di un altro, a seconda del paziente e della malattia.
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L’acido acetilsalicilico è tuttora il farmaco analgesico, antipiretico e
antinfiammatorio più usato. Provoca l’inibizione irreversibile della COX-1; gli
effetti collaterali di maggiore importanza sono lesioni gastrointestinali,
prolungamento del tempo di sanguinamento, e reazioni di ipersensibilità. Non va
somministrato a bambini affetti da malattie febbrili acute (pericolo di sindrome di
Rett).
Un altro salicilato usato in clinica è diflunisal, farmaco con lieve effetto
antipiretico, ma le cui attività analgesica e antinfiammatoria sono 4-5 volte
superiori a quelle dell’acido acetilsalicilico.
Tra i derivati dell’acido acetico, indometacina è un inibitore non selettivo delle
COX; il suo impiego si è ridotto a causa della sua tossicità.
Sulindac, anch’esso inibitore non selettivo delle COX-1, è stato sviluppato con
l'obiettivo di disporre di un analogo attivo di indometacina con minori effetti
collaterali, ma il 20% dei soggetti trattati lamenta effetti avversi gastrointestinali
e il 10% a livello del sistema nervoso centrale.
Etodolac ha invece una selettività relativa per la COX-2 e, per questo, ha una
minore frequenza di effetti avversi gastrointestinali a confronto dell’acido
acetilsalicilico e altri inibitori non selettivi delle COX.
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I fenamati sono molecole che non mostrano evidenti vantaggi rispetto ad altri
FANS. Inoltre la loro somministrazione si associa con frequenza elevata alla
comparsa di effetti collaterali a livello gastroenterico.
Tolmetina possiede tutte le attività tipiche dei FANS – antiflogistica, antidolorifica
e antifebbrile –, mentre ketorolac si distingue per una potente azione analgesica
associata a una modesta attività antiflogistica; è uno dei FANS somministrabili
anche per via endovenosa ed è stato sottoposto a intensa restrizione delle
indicazioni e del tempo di utilizzo a causa dell’elevata tossicità gastrointestinale.
Diclofenac è un FANS che mostra attività antinfiammatoria, analgesica e
antipiretica; ha una selettività leggermente spostata verso la COX-2, tuttavia si
osserva l’insorgenza di effetti collaterali in sede gastrointestinale (nel 5-15% dei
soggetti trattati). In una minima quota di pazienti, inoltre, si nota un incremento
delle transaminasi, in genere reversibile, fino a valori tre volte superiori a quelli
normali.
Di interesse è il preparato in cui diclofenac si trova in combinazione con
misoprostolo, un analogo della PGE1, caratterizzato da attività protettiva nei
confronti della mucosa gastrica e ridotta incidenza di effetti avversi
gastrointestinali.
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I derivati dell’acido propionico sono di largo impiego. Sono tutti inibitori non
selettivi delle COX.
Ibuprofene è il capostipite di questa sottoclasse ed è usato a scopo analgesico e
come antinfiammatorio. Nonostante sia considerato meglio tollerato di acido
acetilsalicilico e indometacina, provoca effetti avversi a livello gastroenterico nel
5-15% dei pazienti.
Naprossene esercita attività antinfiammatoria che raggiunge il picco dopo 2-4
settimane di trattamento. Nell’anziano il rischio di tossicità aumenta a causa del
ridotto legame alle proteine plasmatiche e per la ritardata eliminazione.
Nel 15% dei pazienti trattati con fenoprofene si notano effetti collaterali di
modesta entità.
Oxaprozin, infine, si contraddistingue per la lunga emivita che ne permette la
somministrazione ogni 24 ore. L’inizio dell’azione è però lento e, quindi, non è
adatto come antipiretico o analgesico in fase acuta.
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Ketoprofene è un inibitore non selettivo delle COX con spiccate proprietà
antinfiammatorie, ma anche analgesiche e antipiretiche, costituito dalla miscela
racemica di due isomeri di cui solamente l’isomero S svolge una significativa
attività di inibizione sulle COX, mentre l’isomero R ha una potenza molto
inferiore.
Attraverso la salificazione di ketoprofene con la lisina è stata ottenuta una nuova
molecola (ketoprofene sale di lisina) caratterizzata da migliore solubilità e
diffusibilità nei tessuti bersaglio, e quindi da un più rapido e completo
assorbimento del principio attivo, con conseguenti vantaggi in termini di rapidità
e ampiezza della risposta antinfiammatoria, come dimostra il grafico.
L'elevata efficacia antiflogistica può essere correlata anche alla capacità di inibire,
se pure in misura minore, anche la via delle LOX e quindi evitare gli effetti proflogistici e pro-algesici dei leucotrieni.
Il farmaco è in grado di antagonizzare gli effetti della bradichinina, un altro
mediatore della flogosi e del dolore.
La forte attività antalgica va inoltre attribuita alla capacità di stimolare il rilascio
di endorfine, diminuire la sintesi di sostanza P e possibilmente portare a un
potenziamento del sistema serotoninergico.
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I farmaci più importanti della famiglia degli acidi enolici (oxicami) sono
piroxicam, meloxicam e nabumetone, inibitori non selettivi delle COX. La loro
efficacia è sovrapponibile a quella di acido acetilsalicilico o naprossene per il
trattamento a lungo termine dell’artrite reumatoide o dell’artrosi.
Il principale vantaggio di queste molecole sta nell’emivita protratta, dovuta alla
presenza di un circolo enteroepatico tale da consentire una sola assunzione ogni
24 ore.
Paracetamolo assunto come antidolorifico costituisce un’alternativa efficace e
superiore all’acido acetilsalicilico, ma non ha effetto antinfiammatorio. Pertanto,
mentre è indicato come analgesico, non deve essere somministrato in
sostituzione dell’acido acetilsalicilico o di altri FANS in caso di patologie
infiammatorie. Ben tollerato a livello gastrico e renale, è indicato, in particolare,
come analgesico e antipiretico in soggetti che presentano controindicazioni ai
FANS: soggetti con ulcera o ipersensibilità all’acido acetilsalicilico, bambini con
malattie febbrili. Il problema più grave correlato a paracetamolo è, in caso di
sovradosaggio, la possibilità che si sviluppi una necrosi epatica.
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Nimesulide è caratterizzato da una relativa selettività per la COX-2, simile a
quella di celecoxib. Ha attività antinfiammatoria, analgesica e antipiretica.
Recentemente ne è stato vietato l’uso negli stati dolorosi cronici (osteoartrite,
artrosi), dato che il rapporto rischio/beneficio non è sufficientemente positivo a
causa della tossicità epatica.
Gli inibitori selettivi della COX-2 (Coxib) sono appunto selettivi per la COX-2,
enzima inducibile da stimoli infiammatori e, seppure in modo indiretto, sono
coinvolti nella funzione citoprotettiva dell’epitelio gastrointestinale. Tale
caratteristica ha fatto nascere la speranza di disporre di FANS con minori effetti
collaterali rispetto agli inibitori delle COX non selettivi.
Gli esiti clinici hanno solo in parte confermato le attese. Su vari trial clinici di
confronto fra celecoxib e rofecoxib con inibitori delle COX non selettivi, soltanto
uno studio comparativo tra rofecoxib e naprossene ha evidenziato una minore
incidenza di effetti gastroenterici per il primo (dal 4% al 2%). Nel caso di
celecoxib, una ricerca ha comprovato l’aumento dose-dipendente dell’incidenza
di eventi cardio- e cerebrovascolari.
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In corso di terapia con FANS gli effetti collaterali, solitamente gastrointestinali,
sono frequenti (in circa il 30% dei pazienti) ma di entità lieve.
Va precisato, comunque, che il profilo di tollerabilità sistemica dei FANS varia in
funzione del dosaggio; in particolare il profilo per ketoprofene è favorevole in
quanto il suo grado di gastrolesività è maggiore ad alte dosi della molecola, non
raggiunte con i dosaggi abitualmente prescritti in Italia, che sono assai minori e
quindi molto meno associati al rischio di gastrotossicità (istogramma a sinistra).
Confrontando quindi il farmaco con i dosaggi dei FANS su prescrizione più
utilizzati in pratica clinica si osserva, alle dosi terapeutiche usate nel nostro
Paese, un indice di rischio sovrapponibile, se non inferiore, agli altri FANS
solitamente considerati meglio tollerati a livello gastrointestinale (istogramma a
destra).
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