A08
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Barbara Bogoni
Il libro
delle soglie
Copyright © MMVI
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, 133 A/B
00173 Roma
(06) 93781065
ISBN
88–548–0518-1
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: aprile 2006
Indice
Progettare i luoghi del passaggio
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Il libro delle soglie
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Porta d’ingresso della casa del Capo villaggio Bamileke (Camerun)
Porta d’abitazione con decorazione pittorica ad arabeschi, Walata (Mauritania)
Facciata attrezzata d’ingresso della ginna del capofamiglia Dogon (Mali)
Portali decorati delle case di Kano (Nigeria)
1123, Protiro e portale della Basilica di San Zeno, di Nicolò, Verona (Italia)
1470, Portico d’ingresso della Basilica di Sant’Andrea, di Leon Battista Alberti, Mantova (Italia)
1519–59, Ricetto della Biblioteca Laurenziana, di Michelangelo Buonarroti, Firenze (Italia)
1897, Loggia d’ingresso dello Studio Wright, di Frank Lloyd Wright, Oak Park, Chicago (Illinois, USA)
1898–1909, Scalinata e doppia porta d’ingresso della School of Modern Art, di Charles Rennie Mackintosh, Glasgow (Scozia)
1900 ca., Corridoio di accesso di Casa Mackintosh, di Charles Rennie Mackintosh, Glasgow,
Scozia (Gran Bretagna)
1900–01, Porta d’ingresso di Casa Behrens, di Peter Behrens, Darmstadt (Austria)
1901, Portale d’ingresso della Ernst Ludwig House, di Joseph Maria Olbrich, Darmstadt (Austria)
1904–06, Vestibolo di Villa Karma, di Adolf Loos, La Tour de Peliz, Montreux (Svizzera)
1905, Doppia bussola d’ingresso del Rookery Building, di Frank Lloyd Wright, Chicago, (Illinois, USA)
1908, Interstizio d’ingresso dell’American Bar, di Adolf Loos, Vienna (Austria)
1918–20, Percorso d’ingresso della Cappella nel Bosco, di Gunnar Asplund, Stoccolma (Svezia)
1920–28, Scalinata e portale d’ingresso della Biblioteca di Stoccolma, di Gunnar Asplund,
Stoccolma (Svezia)
1923, Percorso d’accesso di Casa Storer, di Frank Lloyd Wright, Los Angeles, California (USA)
1928–32, Portico e corridoio d’ingresso della Maison de Verre, di Pierre Chareau e Bernard
Bijvoët, Rue Saint Guillarme 31, Parigi (Francia)
1929, Portico di ingresso della Cité de Refuge, di Le Corbusier, Parigi (Francia)
1929–33, Pensilina d’ingresso del Sanatorio di Paimio, di Alvar Aalto, Paimio, (Finlandia)
1932–36, Porte automatiche della Casa del Fascio, di Giuseppe Terragni, Como (Italia)
1938–39, Pensilina di Villa Mairea, di Alvar Aalto, Noormarkku (Finlandia)
1945–51, Basamento e gradini di Casa Farnswhort, di Ludwig Mies van der Rohe, Plano (Illinois, USA)
1948–50, Portale e tunnel d’ingresso del Negozio Morris, di Frank Lloyd Wright, San Francisco (California, USA)
1949, Cancello della Casa del dottor Currutchet, di Le Corbusier, La Plata (Argentina)
1950–55, Portale meridionale della Chapelle de Notre Dame du Haut, di Le Corbusier, Rochamp (Svizzera)
1956, Sagrato sopraelevato della Chiesa di Sant’Idelfonso, di Carlo de Carli, Milano (Italia)
1957–58, Porta di servizio del Negozio Olivetti, di Carlo Scarpa, Venezia (Italia)
1957–73, Percorso di accesso del Museo di Castelvecchio, di Carlo Scarpa, Verona (Italia)
1958, Pensilina “abitata” e bussola d’ingresso della Torre Velasca, di BBPR, Milano (Italia)
1958, Bussole d’ingresso del Seagram Building, di Ludwig Mies van der Rohe e Piliph Johnson, New York (USA)
1964, Percorso d’accesso della Fondazione Querini–Stampalia,di Carlo Scarpa, Venezia (Italia)
1966, Bussola di ingresso dello Studio Savioli, di Leonardo Savioli, Galluzzo, Firenze (Italia)
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35 1985, Percorso e portali d’ingresso alla Biennale, di Aldo Rossi, Venezia (Italia)
36 1988, Porta di ingresso dello Studio Zumthor, di Peter Zumthor, Haldenstein (Svizzera)
37 1988, Appendice d’ingresso della Cappella di San Benedetto, di Peter Zumthor, Sogn Benedegt (Svizzera)
38 1988–93, Atrio esterno del Centro Galego di Arte Contemporanea, di Alvaro Siza Vieira, Santiago de Compostela (Spagna)
39 1991–96, Portico di Casa Bishofberger, di Ettore Sottsass jr. (Svizzera)
40 2000, Porta d’ingresso della Ihai Hall, di Tagasaki Yamaguchi, Kyoto (Giappone)
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Progettare i luoghi del passaggio
Lo spazio dell’ingresso è il punto di massima forza e di massima
fragilità dell’edificio.
È il luogo deputato allo scambio di persone e di cose tra l’esterno e
l’interno. È l’ambiente che dialoga con il mondo che è fuori, che parla
di ciò che sta all’interno, che accoglie e respinge, che ammette o vieta
il passaggio.
I ruoli degli spazi di ingresso sono già stati esplorati ne Internità
della soglia, ma qui vorrei riprendere alcuni concetti, utili per indirizzare la progettazione di questi spazi che il progetto prima e l’uso da parte dell’uomo poi devono trasformare in luoghi, nell’accezione di Christian Norberg–Schulz.
A questi luoghi si deve attribuire l’importanza che meritano, evitando di considerarli spazi residuali del progetto o elementi decorativi da
decidere e da applicare a posteriori.
“Accedere” è il primo gesto “fisico” che si compie nei confronti di
un edificio: non può passare in second’ordine la progettazione cosciente dell’ambiente che questo gesto accoglie.
Internità della soglia si chiudeva con un problema ancora aperto,
cioè quale è o può essere, per il progetto contemporaneo, la proposta di
uno spazio d’ingresso corrispondente ai bisogni e allo spirito dell’uomo di oggi. Nella moderna realtà multimediale, impostata quasi esclusivamente sulla comunicazione astratta e informatica, alla soglia vengono affidati nuovi contenuti. Essa rimane ancora uno spazio di passaggio, ma inteso come luogo di accesso a pseudoambienti, pseudorealtà o
pseudoesperienze.
Diviene cruciale, quindi, decidere quale è o può essere il punto di intersezione tra il bisogno fisico ineliminabile e reale di una spazialità
che “contiene” l’uomo e le tendenze contemporanee alla virtualità, all’astrazione, alla praticità d’uso e all’istantaneità d’interazione tra individui.
La società fondata sui simulacri informatici, sulla velocità della comunicazione, sull’assenza di “corporeità” induce a prendere le distanze dalle soglie (per così dire) “storiche”, dove il gesto è interpretato secondo sequenze e ritmi cadenzati, quasi cerimoniosi.
Qual’è la sorte, allora, delle soglie moderne? Saranno astratte, inesistenti, virtuali? Non dimentichiamo che l’uomo ha un corpo, si muove, percepisce l’ambiente e lo interpreta. Come si concilia, quindi, questo aspetto inevitabilmente “fisico” con gli strumenti e le necessità dell’uomo moderno?
Citando il saggio Passagen–Werk di Walter Benjamin, afferma
Georges Teyssot
«“Siamo diventati molto poveri di esperienze della soglia”: uniche superstiti, nell’odierna società secolare, sono forse l’assopimento e il risveglio. Ma […] “la soglia
deve essere distinta molto nettamente dal confine (Grenze). La soglia (Schwelle) è una
zona. Nella parola schwellen (gonfiarsi) sono compresi mutamento, passaggio, maree,
significati che l’etimologia non deve lasciarsi sfuggire”.
[…] Lungi dal costruire una cesura, il risveglio rinvia dunque alla creazione di una
«In molte civiltà si trovano degli
elementi, dotati di una forte qualità
figurale, che servono a marcare la
transizione tra esterno e interno.
Il portico (colonnati, arcata) è
uno di questi. […] Il portale è anche
un elemento distintivo di uso comune, soggetto a svariate interpretazioni figurali, dal pilone egiziano
all’arco di trionfo romano, sino ai
vari tipi di porte cittadine».
C. Norberg–Schulz, L’abitare
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Autonomia spaziale. Ieoh–Ming Pei, Autonomia spaziale. Patio d’ingresso alla Chiesa di San Zeno in Oratorio, Verona, XI
Pyramide d’ingresso del Museo del sec. (Disegno di Anna De Vigili)
Louvre, Parigi (Francia), 1984–89
porta, cui dà accesso una lunga serie di riti, tra il mondo del sogno e lo stato di veglia.
È una zona formata da precise tettoniche, un territorio conosciuto. Passaggio e peristilio, pronao e portale, ingresso e vestibolo, arco di trionfo, pro–fano (Pro–fanus, di fronte al tempio) e sacro (Fanus): queste linee immaginarie e tettoniche sono creatrici non
di altrettanti limiti, ma di un “fra”, di uno spazio di mezzo. La forma della soglia, come
figura temporale e spaziale, è quella dello “spazio intermedio”, del termine medio che
apre tra due cose e due persone”» 1.
Quindi lo spazio del passaggio, anche quello contemporaneo come
quello antico, rimane ad essere lo spazio “reale” dello scambio fisico di
oggetti e di persone.
Ritengo perciò che la totale rinuncia all’espressività formale dello
spazio d’ingresso, alla sua connotazione di “luogo” non possa essere
una soluzione ammissibile e coerente con i bisogni dell’uomo, o, meglio, con la sua umanità.
Concordo con Christian Norberg–Schulz quando sostiene che questa
umanità trascende i tempi, e che il bisogno di “abitare” dell’essere umano
G. TEYSSOT, Sull’intérieur e l’interiorità, in: Casabella, n. 681, 2000, pp. 26–35.
2 Sulla decorazione, intesa nell’accezione che si vuol dare al termine in questo
scritto, di componente “interna e strutturale” dell’architettura, si veda: G. OTTOLINI,
Forma e significato in architettura, Laterza, Bari 1996.
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in quanto tale si fonda sulla memoria, sulla percezione, sulla figurazione,
sul sentimento. L’uomo costruisce luoghi, trasforma spazi in luoghi.
Riprendendo le considerazioni fatte a conclusione de Internità della
soglia, ribadisco che il tema della progettazione della soglia esiste
come tema progettuale e architettonico e che ammette molte, moltissime soluzioni. E ciascuna di queste è valida se soddisfa i requisiti prestazionali, costruttivi, formali e simbolici che richiede il gesto del “passare” e accedere all’edificio; ed è anche significativa, se è in grado di
esprimere un carattere di “luogo”.
La progettazione degli spazi di soglia non dovrà essere né semplicistica (nell’accezione meno nobile del termine, quindi banale), né distratta, ma cosciente, corretta e attenta.
E, affinché il risultato sia un “luogo riconoscibile, abitabile e significativo, dovrà tener conto di molti aspetti: in quanto varco nella parete, la soglia dovrà consentire e promuovere il gesto; in quanto sottolineatura espressiva della forma (attraverso la decorazione, la luce, il colore, i simbolismi, ecc.) dovrà conferire dignità e significato al gesto
umano; in quanto spazio che accoglie, contiene e protegge l’uomo dovrà esprimere una valenza di luogo.
Lo spazio, la stanza o l’ambiente di soglia deve essere riconoscibile, deve godere, cioé di una autonomia spaziale che non necessariamente richiede una circoscrizione/separazione tramite margini dagli
spazi adiacenti (quindi la definizione di una stanza circoscritta da
muri), ma una chiara riconoscibilità ambientale. Questa ipotesi si attua
attraverso molti strumenti: contrasto cromatico o luministico, paramenti decorativi 2, distribuzione di attrezzature e arredi, ecc.
È importante che il progetto conferisca al luogo dell’ingresso una
esplicita identità di forma e di spazio, isolandolo rispetto agli altri ambienti della casa o ai percorsi di distribuzione.
Questo atteggiamento elude problemi e disagi causati da frammistioni d’uso o difficoltà di utilizzo e di gestione delle attrezzature localizzate nel punto di soglia; e garantisce una buona qualità sul piano funzionale e tecnologico, ma anche sul piano figurativo, poiché affida a un
ambiente funzionalmente specializzato, una bussola, una stanza o un
portico il compito preciso dell’accoglienza.
La costruzione piramidale di Pei, posta al centro della piazza del
Louvre, è una struttura autonoma rispetto agli edifici museali, dei quali
rappresenta il sistema di accesso e di distribuzione, ed è in realtà solo la
copertura degli ambienti sotterranei, ma per le sue dimensioni, la geometria e l’uso di materiali tecnologici (vetro e acciaio) in forte contrasto
con quelli degli edifici storici prospicienti, costituisce un forte segnale
di identificazione dell’ingresso e di polarizzazione dell’attenzione.
In una delle facce sono collocati i dispositivi di accesso, un complesso sistema di porte e di scale mobili che conducono all’atrio sotterraneo.
Per quanto concerne l’interazione e la comunicazione tra lo spazione interno e l’esterno, il punto di ingresso deve godere di una forte evidenziazione formale, cioè deve essere manifesto, di semplice individuazione, di chiara accessibilità e di facile raggiungibilità.
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Stanzialità e carattere di luogo. Sequenza di “stanze all’aperto” all’ingresso di Casa Gaspar di Alberto Campo Baeza, Cadice (Spagna), 1992 (Disegni di Mattia Consolini)
Le forme, le dimensioni, le proporzioni con la facciata, la decorazione, l’illuminazione, le attrezzature presenti nel punto di soglia, ecc. tutti questi parametri devono contribuire a rendere esplicito il punto dell’accesso, che non solo rende possibili gli scambi, ma anche “parla” di
ciò che sta all’interno, denuncia il carattere dell’edificio, la dimensione
del flusso, la possibilità o il divieto di accedere, ecc.
Il prospetto principale di Casa Vanna Venturi di Robert Venturi e
John Rauch è concepito come uno schermo bidimensionale che appartiene sia allo spazio esterno che a quello interno. A definire questo var-
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Evidenziazione formale. Robert Venturi e John Rauch, Porta d’ingresso di Casa Vanna
Venturi, Chesnut Hill, Philadelphia (Pennsylvania, USA), 1962
co concorrono diversi aspetti, in primo luogo la figura. Il disegno è insieme simmetrico e asimmetrico: la simmetria si coglie nella collocazione del varco al centro del fronte principale; l’asimmetria, invece,
nello sviluppo spaziale che prevede un accesso attraverso una porta laterale posta sotto il breve intradosso del portale e nella configurazione
del vano “a imbuto”, più ampio e aperto verso la porta d’ingresso. Si
tratta di una semplice apertura rettangolare (quasi quadrata) ritagliata
nella superficie di facciata e sottolineata da un architrave lineare che
prosegue oltre i limiti della porta stessa, a sua volta sormontato da una
linea arcuata che spezza la rigida geometria rettangolare.
Nella parte superiore, inoltre, c’è una profonda frattura che separa i
due lati della facciata provocando una forte tensione nel punto del passaggio. Nello sfondo del portico d’ingresso c’è una finestra, la cui posizione, spostata rispetto all’asse di simmetria, ribadisce la non–assialità del percorso di accesso.
Lo spazio dell’ingresso è qui sintesi di movimenti incrociati e di elementi dinamici in forte tensione, tuttavia esso viene usato anche come
luogo di sosta, come testimoniano le foto ormai famose di Vanna Venturi seduta sulla soglia della propria casa.
Un significativo esempio di evidenziazione formale si trova nel
meccanismo d’ingresso al grattacielo Pirelli di Giò Ponti. Qui due pensiline aggettanti in acciaio prolungandosi dall’esterno fino all’interno
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Evidenziazione formale. Giò Ponti, Pensiline e bussole d’ingresso del Grattacielo Pirelli, Milano (Italia), 1960
della parete vetrata della facciata principale, formano la copertura di
due bussole di accesso, alte tre metri e completamente trasparenti. La
valenza formale delle pensiline, che sono leggermente rialzate verso la
parte più esterna per convogliare il movimento verso l’interno dell’edificio, supera l’assoluta trasparenza delle vetrate di accesso, sottolinea
compositivamente e potezia figurativamente il punto di soglia.
Poiché consideriamo la soglia non una semplice linea ma uno spazio in cui l’uomo svolge alcune attività, essa deve avere caratteri di attrezzabilità, quindi il progetto deve quindi prevedere la possibilità di collocarvi arredi, attrezzature e dispositivi che supportano in vario modo il
gesto del passare, così da favorirne la fruizione non solo come luogo di
transito ma anche come luogo di ricezione e di accoglienza, di esteriorizzazione di messaggi, e quindi come spazio per coltivare piante, per
leggere, per intrattenersi o per conservare oggetti e indumenti.
Questo atteggiamento progettuale consente di “trattare” l’ingresso
con la stessa dignità di un ambiente vivibile, di un “luogo abitabile” e
non come mero spazio di servizio. Così facendo l’ingresso si arricchisce di significati e di valori architettonici e spaziali, oltre che di concrete possibilità di utilizzo.
Se si verificano queste ipotesi lo spazio della soglia diviene un luogo in cui l’uomo può “stare”, muoversi, vivere.
Il progetto di questa soglia che accoglie fisicamente l’uomo e ne
promuove lo stare, è progetto non solo di uno spazio ma anche di un
luogo cui l’uomo attribuisce valori legati al proprio vissuto.
Le analisi condotte sul “punto di soglia”, tradotto, a conclusione di
queste ricerche, in luogo abitabile e pregno di significati, possono essere estese a ogni altra parte dell’edificio, alla camera da letto, alla cucina, alla sala, al bagno, per verificarne i caratteri di abitabilità e di “luogo” di cui abbiamo parlato. E poiché un buon progetto parte dal presup-
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Attrezzabilità. Corridoio di ingresso
di Casa Mackintosh di Charles Rennie Mackintosh, Glasgow, 1900 ca.
Evidenziazione formale. Porta con battenti decorati di una abitazione a Dar es Salaam Stanzialità e carattere di luogo. At(Tanzania)
mosfere, ambientazioni e caratteri di
“abitabilità” nel luogo di soglia
posto che ogni spazio “progettato” o “da progettare” è un tema rilevante e non trascurabile, se la progettazione (e il progettista) è “attenta” e
“sapiente”, è in grado di trasformare semplici superfici, ambiti e spazi,
in stanze, ambienti e “luoghi”.
In questo libro sono raccolti gli studi condotti su quaranta progetti
di “luoghi di soglia”, scelti per esemplificare concetti diversi.
La scelta degli esempi studiati è stata fatta non in modo arbitrario,
ma sulla base di una valutazione di merito rispetto alla capacità del progettista di “significare” lo spazio di soglia, caricandolo di segni e/o ele-
menti che hanno valorizzato l’architettura in quanto “arte del costruire” e che hanno saputo trasformarla in “spazio del gesto”.
Quando si verifica questa trasformazione il progetto della soglia è
un buon progetto.
Alcuni degli esempi scelti sono stati rilevati direttamente e ridisegnati dall’autrice, dagli architetti Martina Ceschi, Elisa Coghi, Luca
Schiaroli ed Elena Montanari, e dagli studenti del Corso di Rappresentazione II, tenuto dal prof. Matteo Colla e dall’autrice nell’anno accademico 2002–03 nella Sede di Mantova della Facoltà di Architettura e
società del Politecnico di Milano.
L’architetto Elena Montanari, che ringrazio di cuore, ha poi eseguito con pazienza la rielaborazione grafica di tutti i disegni e i fotoritocchi delle immagini, e ha seguito con entusiasmo ogni fase del lavoro reValori simbolici e significati archidazionale.
tettonici. Porta della Cappella del Cimitero in Camarma de Eternelas di
Carlos Puente, Madrid (Spagna),
1995–97 (Disegno di Massimiliano
Bertagna)
Questa raccolta, a supporto e integrazione di Internità della soglia.
Il passaggio come gesto e come luogo, è significativa e utile alla progettazione nella misura in cui viene utilizzata dal progettista come
esemplificazione di diversi modi di approcciare il tema dello spazio del
passaggio per conoscere le diverse possibilità di intervento progettuale
con l’intento di creare non “vani” ma “ambienti”, carichi di valenze architettoniche e in grado, a loro volta, di caricare di valenze espressive
all’architettura stessa.
Il libro delle soglie
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Porta d’ingresso della casa del Capo villaggio Bamileke
(Camerun)
Questa soglia è un luogo che concentra immagini, figure e decorazioni, e sottende funzioni, riti sacri, valori e tradizioni sociali e culturali della tribù. Nella maestosità della capanna del Capo villaggio (di dimensioni doppie rispetto alle altre capanne), la piccola soglia, decoratissima, “incastonata” come una pietra preziosa sulla parete d’ingresso,
acquista un grande valore compositivo e simbolico.
Il varco ha dimensioni molto modeste, è sollevato da terra di circa
50 centimetri, per proteggere l’interno dalle incursioni degli animali
selvatici, e la soglia di questo varco è usata spesso dal Capo villaggio
come seduta durante le riunioni del Consiglio.
La cornice che circonda il passaggio è completamente ricoperta da
una decorazione scultorea a intaglio molto minuta, con statue e statuette che riproducono soggetti diversi: figure umane, astratte o allegoriche
di varie forme e dimensioni.
Il tipo e la qualità dell’ornamentazione variano da villaggio a villaggio, in relazione a molti fattori, come la tradizione artistica e artigianale della tribù, le capacità di governo del capo, il suo successo pubblico
e il suo favore politico, ecc.
Le statue rievocano gli antenati mitici o i membri defunti della famiglia del capo, e i disegni astratti o simbolici sono la rappresentazione delle passate glorie o di eventi di rilievo della storia del capo e della tribù. Molte statue raggiungono dimensioni umane, e sono testimonianza di una famiglia numerosa, di una grande forza fisica o, più frequentemente, di un forte consenso popolare.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. BOGONI B., Internità della soglia. Il passaggio come gesto e come luogo, Aracne, Roma 2006, pp. 129–135.
2. GUIDONI E., Architettura primitiva, Electa, Milano 1980.
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Disegni di Elena Montanari
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Porta d’abitazione con decorazione pittorica ad arabeschi
Walata (Mauritania)
La geometria di questa soglia è molto elementare, definita dal semplice scavo di un foro ad altezza d’uomo nella parete perimetrale dell’abitazione.
Il varco è chiuso con porte in legno a due battenti.
L’aspetto interessante risiede nella ricchezza e nella qualità dell’apparato decorativo della facciata che ingloba il varco, che ne sottolinea
il valore e che, come vuole la tradizione mauritana, “ingentilisce” l’austerità dell’aspetto dell’architettura domestica.
La decorazione non si limita agli arabeschi dipinti, ma coinvolge anche la materia e la forma della parete, collocandovi nicchie nello spessore del muro e cornici scultoree in rilievo.
L’iconografia deriva da una reinterpretazione della matrice naturalistica in chiave geometrico–astratta.
Una caratterustica originale dell’apparato decorativo è il modo diretto con cui questo si relaziona con il terreno: non esiste uno zoccolo, nè
un risvolto a sancire la chiusura della cornice che, invece, termina direttamente sul piano della strada. L’uso del colore e del contrasto da esso
creato con il fondo bianco della parete produce un forte impatto visivo
e una forte concentrazione nel luogo della soglia, che è sede esclusiva
del gesto dell’entrare e dell’uscire (sulla soglia, infatti, non si svolgono
altre attività “stanziali”, a causa delle condizioni climatiche estreme).
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. GUIDONI E., Architettura primitiva, Electa, Milano 1980.
2. RUDOFSKY B., Le meraviglie dell’architettura spontanea, Laterza, Bari 1979.
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Facciata attrezzata d’ingresso della ginna del capofamiglia Dogon
(Mali)
Il rappresentante più anziano della famiglia dei dogon risiede nella
cosiddetta “casa della famiglia” (ginna, da giu na, casa grande), che si
differenzia dalle abitazioni comuni per le più ampie dimensioni, l’altezza e, soprattutto, per il trattamento della facciata della stanza del capofamiglia, che corrisponde alla parete esterna del vestibolo.
La costruzione è realizzata in terra cruda, su una struttura in esili
tronchi di legno.
La facciata si articola simmetricamente intorno a un asse centrale, su
cui si apre la porta d’ingresso e, nel piano superiore, la porta del granaio principale, che è un luogo consacrato in cui sono conservati gli altari degli antenati.
Per tradizione la porta del granaio è lavorata a bassorilievo, con le
rappresentazioni degli avi (sulla serratura) e delle generazioni che, in
tempi sucessivi, hanno fondato la tribù.
Sulla porta d’ingresso si trova un altare dedicato alla famiglia, contornato da due nicchie e decorato con figure simili alle immagini totemiche degli antenati contenute nel granaio.
La facciata è suddivisa in nicchie e scomparti, più grandi e rettangolari nel piano inferiore, più piccoli e quadrati al piano superiore. Queste nicchie si chiamano “nidi della golondrina”, e rappresentano le abitazioni degli antenati. In esse vengono depositate le offerte e il loro numero è sempre un multiplo di otto, corrispondente agli otto antenati del
popolo dogon.
Le nicchie costituiscono il motivo più originale dell’architettura della facciata delle ginna.
Le partiture verticali sono realizzate con pilastri, nel numero convenzionale di dieci, come le dita delle mani. Le porte in legno, a due
battenti, sono provviste di serrature di due tipi: il primo (duro kunu) si
usa prevalentemente per chiudere la porta principale della casa che dà
accesso alla grande stanza centrale (la serratura è interna e nascosta, e
per aprirla si introduce la chiave inserendo il braccio in una fessura
aperta appositamente nella parete, sulla sinistra della porta; il secondo
tipo (ta kogûru) si impiega soprattutto nelle porte dei granai.
La serratura è l’elemento più importante del varco del passaggio e il
punto maggiormente decorato, con raffifurazioni di animali e di antenati mitici.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. GRIAULE, Dio d’acqua, Milano 1978, pp. 114–115.
2. GUIDONI E., Architettura primitiva, Electa, Milano 1980.
3. N’DIAYE, Contribution à l’étude de l’architecture du pays dogon, in: Objets et
Mondes, XII, n. 3, 1972, pp. 269–286.
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Portali decorati delle case di Kano
(Nigeria)
Nella cultura popolare e nelle tradizioni nigeriane, la facciata d’ingresso delle abitazioni è il luogo in cui si rende esplicito lo status sociale degli abitanti.
Le ricche decorazioni che circoscrivono il varco di passaggio sono
di derivazione islamica, ma sono state, per così dire, rielaborate e “geometrizzate” dalla cultura africana.
Il “portale” della casa, realizzato in terra cruda (come tutto l’edificio), si differenzia visibilmente da questo per la forma (assomiglia a
una torre d’angolo) e per la decorazione monumentale.
Questi due aspetti “isolano” il punto di soglia e ne sottolineano l’importanza.
L’omogeneità dei materiali utilizzati, che dà continuità non solo alla
facciata dell’edificio ma anche all’intero villaggio, non limita la capacità del portale di “autodenunciarsi” all’esterno, di rendersi cioè riconoscibile e significativo rispetto alla continuità del costruito.
La decorazione scultorea in risalto e a bassorilievo è lo strumento
che produce, attraverso effetti chiaroscurali, la sottolineatura e la valorizzazione del punto del gesto del passaggio.
Il varco, di semplice geometria rettangolare, è infatti incorniciato da
ornamentazioni astratte o floreali, che, nella parte finale della torre, culminano con delle “orecchie d’asino”, sorta di merli di coronamento.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. GUIDONI E., Architettura primitiva, Electa, Milano 1980.
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Protiro e portale della Basilica di San Zeno, di Nicolò
1123, Verona (Italia)
Il portale della basilica di San Zeno è una “porta che racconta una
storia” religiosa e civile, attraverso le formelle bronzee dei battenti e attraverso l’apparato scultoreo della facciata, del protiro e della lunetta. Il
protiro sottolinea il varco e poggia su un basamento cui si accede tramite cinque gradini. Due leoni stilofori, posizionati ai lati dello spazio
sopraelevato, reggono la copertura.
Una sequenza di tre porte con funzioni e significati diversi scandisce la “cerimonia” d’ingresso. La porta più importante sul piano artistico e simbolico è quella intermedia, a doppio battente, su cui sono montate le formelle bronzee, con storie dell’Antico e del Nuovo Testamento.
La sequenza d’ingresso è molto breve, ma la forza attrattiva generata dalla decorazione induce a una prolungata sosta davanti questa soglia. La porta di San Zeno “parla”, quindi, non di sé, della sua solidità
o preziosità, della sua forma o dimensione, ma del ruolo che essa ha
svolto, per la divulgazione della fede, da più di mille anni, fino ad oggi.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. BOGONI B., Internità della soglia. Il passaggio come gesto e come luogo, Aracne, Roma 2006, pp. 137–147.
2. LORENZONI G., VALENZANO G., Il Duomo di Modena e la Basilica di San Zeno,
Banca Popolare di Verona Banco di San Gimignano e Prospero, Verona 2000.
3. MELLINI G.L., I maestri dei bronzi di San Zeno, Banca Popolare di Verona, Verona 1992.
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Disegni di Martina Ceschi
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Portico d’ingresso della Basilica di Sant’Andrea, di Leon Battista Alberti
1470, Mantova (Italia)
L’arco classico del fronte principale, fiancheggiato da due aperture
più piccole, richiama la scansione delle cappelle maggiori e minori sui
fianchi della navata e collega organicamente l’esterno con l’interno tramite un profondo intradosso (la forma e la dimensione citano e preparano l’ingresso nella navata con volta a botte).
La dimensione del varco, monumentale e inattesa (il tessuto è minuto
e anche la piazza Mantegna, su cui affaccia la chiesa, ha dimensioni molto ridotte), genera uno sconvolgente “effetto sorpresa” e produce un senso di disorientamento, facendo deviare l’attenzione dal problema funzionale dell’accedere a quello formale e percettivo dell’improvviso scarto
dimensionale.
Nella profondità dell’intradosso, la presenza di una porta più piccola ridimensiona il varco, ne ridefinisce il ruolo di luogo di passaggio e
ne ripristina la scala umana.
Le porte di accesso alla chiesa sono tre: in genere si usano solo quelle laterali, mentre la centrale viene aperta solo per le grandi cerimonie.
L’intradosso di Sant’Andrea non è solo un luogo di attesa e d’incontro per i fedeli, ma anche, data la sua sopraelevazione su un podio, una
sorta di balconata, e un punto di osservazione privilegiato sulla piazza.
La complessità del significato e del ruolo di questo spazio è ulteriormente accresciuta dalla presenza di aperture laterali che consentono di
percorrere longitudinalmente il portico e che introduce la variabile dinamica nel punto di soglia, già luogo di sosta.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. BORSI F., Leon Battista Alberti. L’opera completa, Electa, Milano 1989.
2. RYKWERT J., ENGEL A. (a cura di), Leon Battista Alberti, Olivetti Electa, Milano 1994.
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Ricetto della Biblioteca Laurenziana, di Michelangelo Buonarroti
1519–59, Firenze (Italia)
Lo spazio d’ingresso della Biblioteca Laurenziana è costituito da
una piccola stanza quadrata quasi completamente occupata da una scalinata monumentale in marmo, che conduce alla porta vetrata d’ingresso della sala di lettura, inserita in un grande portale sovrastato da un
timpano classico. La scala, pensata inizialmente in legno e realizzata in
pietra serena per volontà di Cosimo I, è l’invenzione più stupefacente
dell’intero complesso. Essa si presenta come la massa di un fiume in
piena, che, superata la soglia del salone della biblioteca, straripa invadendo tutto lo spazio del vestibolo, e si divide in tre rivoli, con i gradini squadrati privi di balaustra che si raccordano a quello centrale attraverso due volute ellittiche.
Il carattere più intressante di questa soglia risiede nel suo appartenere contemporaneamete a un interno e a un esterno.
Essa ripropone, infatti, la spazialità e i caratteri compositivi di una
piccola piazza urbana, nel trattamento delle pareti come facciate esterne di palazzi e nel disegno della porta d’ingresso alla sala di lettura
come portale monumentale. Contribuisce alla creazione di questo effetto la luce naturale, che piove dall’alto.
D’altra parte è però difficile stabilire definitivamente se questo spazio sia un dentro o un fuori e questa incertezza provoca lo stupore che
ci assale all’ingresso in questo luogo. «La gradinata del ricetto e il portale d’accesso alla sala erano quasi un’iniziazione, un transito dalla dimensione drammatica dell’esistere a quella superiore e serena dello studio. […] Il ricetto aveva tre livelli: liscio e inadorno il più basso, senz’altro segno che il vano gioco di forza delle volute; il secondo cominciava all’altezza del pavimento della sala e, con le colonne accoppiate
e incastrate e le grandi finestre murate, era indubbiamente la più statuaria delle architetture; il terzo oltre il soffitto della sala, era la sorgente
luminosa, come fosse una cupola». G.C. ARGAN
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. APOLLONI B.M., Opere architettoniche di Michelangelo a Firenze, Libreria dello Stato, Roma 1934.
2. ARGAN G.C., Michelangelo Architetto, Electa, Milano 1990.
3. PORTOGHESI P., ZEVI B., Michelangelo Architetto, Einaudi, Torino 1964.
4. ZEVI B., BENINCASA C., Venti monumenti italiani, Seat, Torino 1984.
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Disegni di Giulia Flavia Baczynski
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Loggia d’ingresso dello Studio Wright, di Frank Lloyd Wright
1897, Oak Park, Chicago (Illinois, USA)
La loggia sul fronte d’ingresso dello Studio di Frank Lloyd Wright è
uno spazio porticato piccolo ma riccamente decorato, cui si accede oltrepassando una sequenza di filtri, eventi e spazi con funzioni catartiche.
La decorazione scultorea (sui capitelli e ai lati del cornicione) rappresenta l’aspetto più interessante di questo luogo: è simbolica e riproduce figure del mondo vegetale e animale.
La scultura ad altorilievo di uno dei pilastri raffigura una pianta della stessa casa di Wright a Oak Park, sormontata da un libro aperto e fiancheggiata da due animali, probabilmente due cicogne.
La sequenza d’ingresso, però, non si limita alla sola loggia. Come in
molte delle architetture di Wright, il percorso si snoda, con fluidità e
complessità, dalla strada fino all’interno dell’edificio. Da un ampio
marciapiede alberato, tramite quattro gradini, con fioriere, staue, ecc.,
si giunge a un podio con un portico. Qui si trovano, in sequenza: i quattro pilastri istoriati, le due porte d’ingresso con apertura laterale, la vetrata ripartita in tre campate da altri quattro pilasti più interni che dà
luce al vestibolo d’ingresso, uno spazio di attesa e di accoglienza, attrezzato con sedute e con un grande tavolo da disegno collocato proprio
sotto la finestra.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. ALLIN STORRER W., The Frank Lloyd Wright Companion, The University of Chicago Press, Chicago and London 1993, pp. 4–7.
2. WRIGHT F.L., Drawings and plans of Frank Lloyd Wright. The early period
(1893–1909, Dover Publications, Inc. New York 1983.
3. HANNINGTON E., BLESSING H., Frank Lloyd Wright Home and Studio, Oak Park,
Edition Axel Menges, Stuttgart 1996.
4. MCCARTER R., Frank Lloyd Wright, Phaidon, Londra 1997, pp. 62–71.
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Scalinata e doppia porta d’ingresso della School of Modern Art, di Charles Rennie Mackintosh
1898–1909, Glasgow (Scozia)
Nella scalinata di Mackintosh lo spazio di soglia si sviluppa in profondità, estendendosi dalla strada fino alla porta d’entrata, e oltre, fin
nella bussola interna con due porte a doppi battenti basculanti.
La scala è rivestita di lastre in pietra di grandi dimensioni e sembra
ricreare l’atmosfera degli ingressi agli antichi castelli medievali.
Il limite più esterno è segnato da una lanterna posta come chiave di
volta al culmine di un arco metallico che definisce una sorta di grande
portale d’ingresso.
Questo segno si interpone direttamente tra l’esterno del marciapiede e della strada (pubblico) e lo spazio della scalinata che, delimitata
dall’arco metallico e da spessi muri laterali con andamento sinuoso è di
per sè uno spazio chiuso, privo di pareti e soffitto, e già fortemente connotato come interno (privato).
La sua forma è “morbida” e accogliente, invita alla salita e indirizza il movimento verso il fulcro della porta, la cui configurazione consente il transito veloce e contemporaneo nelle due direzioni, di entrata
e di uscita.
Oltre la porta più esterna si trova una seconda porta decorata, come
la prima, con linee sinuose e sobrie, che definisce, con questa, il brevissimo spazio quadrato, un piccolo adito di preparazione all’ingresso definitivo nell’edificio.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. Glasgow School of Art, in: The Architect’s Journal, n. 24, giugno 1989, pp. 40–52.
2. MACANLEY J. (a cura di), Glasgow School of Modern Art di Charles Rennie
Mackintosh, Phaidon 1993.
3. Mackintosh Masterwork: The School of Modern Art, Richard Drew Publishing,
Glasgow 1989.
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Disegni di Elena Montanari
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Corridoio di accesso di Casa Mackintosh, di Charles Rennie Mackintosh
1900 ca., Glasgow, Scozia (Gran Bretagna)
Questo spazio d’ingresso inizia all’esterno, con una scalinata, si sofferma presso la porta “attrezzata” e entra definitivamente all’interno
prolungandosi nel corridoio–guardaroba, la cui spazialità accoglie una
sequenza di precisi e minuti gesti che rendono articolato il luogo e più
complessi i momenti dell’accedere e dell’accogliere. Il valore di questa
soglia, oltre che nella sua articolazione, consiste nella presenza di attrezzature che supportano i gesti dell’entrare e dell’uscire in uno spazio, il
corridoio, che qui perde il suo tradizionale carattere distributivo, e svolge, invece, la prioritaria funzione di accoglienza e di intrattenimento.
All’esterno: un campanello, uno spioncino e un luogo di attesa di dimensioni molto esigue. All’interno: un attaccapanni con portaombrelli,
una panca, un altro portaombrelli, uno specchio.
La porta d’ingresso è in legno, a un solo battente, inserita in un portale in pietra a pilastri e architrave. Sull’anta è ritagliata una piccola
apertura con un portellino che si apre verso l’interno, collocato sotto
quattro vetrini colorati di azzurro intenso. Nella parte interna ci sono
una serratura metallica, e una piccola maniglia.
Il corridoio è un ambiente unitario, ben connotato in quanto luogo
di ingresso, dove è piacevole soffermarsi a scambiare due parole e i saluti di benvenuto o di commiato.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. BOGONI B., Internità della soglia. Il passaggio come gesto e come luogo, Aracne, Roma 2006, pp. 149–157.
2. HOWARTH T., The House of Charles Rennie Mackintosh, in: Journal of the Royal Institute of British Architects, LIII, 1946.
3. PEVSNER N., Pionieri del Movimento Moderno, Milano 1945.
4. STEELE J., Charles Rennie Mackintosh. Syntesis in form, Academy Editions,
Londra 1994.
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Disegni di Martina Ceschi
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Porta d’ingresso di Casa Behrens, di Peter Behrens
1900–01, Darmstadt (Austria)
«(L’ingresso), data la sua funzione di apertura nella parete, che permette la penetrazione della casa, è trattato come un recesso e affiancato da un fascio di fusti zig–zagati che si ritraggono verso la porta.
La concavità così formatasi trova il suo contrappunto più alto in un
bay window convesso, ove pannelli di vetri sono intercalati a frammenti di simili fusti verdi.
Un dettaglio significativo è l’uso di mattoni rossi ad ambo i lati dell’entrata, che esercita un effetto di pacificazione e stasi del movimento
concavo–convesso. La composizione si basa quindi sugli stessi elementi di articolazione di tutto l’esterno, ma la funzione del penetrare è
espressa dal fatto che qui si presentano frammentati.
Possiamo aggiungere che nei pilastri che fiancheggiano il cancello è
già introdotto il tema fondamentale dell’esterno: una massa solida di
mattoni rossi interpenetrata da vibranti verticali verdi e incoronata da
un terminale movimentato.
[…] Si accede alla porta d’ingresso per mezzo di una piattaforma ottagonale interposta tra il cancello e la casa. Definita da mura perimetrali basse, che continuano poi lungo le scale, che su ambo i lati conducono al giardino, la piattaforma si presenta come uno spazio sia isolato,
che connesso. Dal punto di vista fenomenologico essa può dirsi un
“ponte”, che definisce il rapporto tra l’ambiente circostante e la casa.
[...] La porta d’ingresso è già di per se stessa un’introduzione all’interno. L’ornamento in alluminio bronzeo, su fondo scuro, visualizza e
condensa il carattere vitale dei fusti laterali zig–zagati. Questo ornamento rimonta e si espande in direzione della sua origine: uno stilizzato motivo solare in vetro traslucente, che contiene un ovale di cristallo
luminoso. La composizione colpisce ed esalta come una nota tonale che
può essere giustamente espressa dal termine tedesco feierlich. Piuttosto
che in un castelletto si ha l’impressione di entrare in un “santuario”.
Una porta rappresenta sempre l’incontro di interno ed esterno; in
questo caso i raggi solari dorati dell’ornamento si accomunano a un tipo
più astratto di geometria che sembra originare dall’interno.
L’essenza della porta come la soglia ove ha luogo un’importante trasformazione è così espressa. (Data la sua costruzione metallica, la porta si è fortunatamente salvata dalla distruzione della guerra, ma il prospicente “sole di cristallo” è andato in frantumi, ed è oggi sostituito da
un ovale semplice con suddivisioni che non accordano con la figurazione originale)». (C. NORBERG–SCHULZ).
Riferimenti bibliografici e iconografici
1.
2.
3.
4.
AA.VV., Fascicolo monografico dedicato a Peter Behrens, in: Casabella, n. 240, 1960.
CORNOLDI A., L’architettura della casa, Officina, Roma 1998, pp. 160–161.
NORBERG–SCHULZ C., Casa Behrens. Darmstadt, Officina, Roma 1980.
NORBERG–SCHULZ C., Il mondo dell’architettura, Electa, Milano 1986, pp. 125–140.
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Portale d’ingresso della Ernst Ludwig House, di Joseph Maria Olbrich
1901, Darmstadt (Austria)
L’ingresso monumentale alla Ernst Ludwig House, decorato con motivi floreali e fiancheggiato da due gigantesche statue scolpite da Habich, si
trova al centro del fronte principale di uno degli edifici residenziali della
Colonia di Darmstadt.
Il portale ad “omega”, come un grande occhio, cattura lo sguardo
del visitatore, lo guida lungo il percorso esterno, attraverso la sequenza
di gradini della scala monumentale fino al portico e lo fa arrestare di
fronte alla porta d’ingresso, in ammirazione estatica, in attesa.
La forma della cornice, sottolineata da un ispessimento all’esterno,
sembra chiudere un ipotetico cerchio, il cui fuoco sta proprio al centro del
varco. La sua decorazione è l’apetto determinante dell’ingresso e dell’intera facciata: oro, cerchi, triangoli, colori tenuemente armonizzati. La decorazione geometrica e floreale di questa soglia, con i suoi due granitici
guardiani è portatrice di precisi contenuti simbolici.
«Ha il compito di tenere lontani i visitatori, di evitare ogni contatto
con essi, e di sottrarre la porta a qualsiasi profanazione.
[...] Essa suggerisce una distanza “ottimale” dalla quale osservare
l’opera.
[...] In questo modo la grande porta, per mezzo della cornice e dei
suoi ornamenti, allontana più di quanto non metta in contatto, separa
più di quanto non colleghi». (M. BIRAGHI)
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. BIRAGHI M., Porta multifrons, Sellerio, Palermo 1992.
2. KRIMMEL B., HAIKO P., J. M. Olbrich. Architettura, Jaca Book, Milano 1988.
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Vestibolo di Villa Karma, di Adolf Loos
1904–06, La Tour de Peliz, Montreux (Svizzera)
Questa stanza d’ingresso è un piccolo “sacello” per l’accoglienza e
la sosta momentanea, in attesa di una più profonda penetrazione nel
cuore della casa. Questo spazio ricco, vivace di colori, prezioso nei materiali e nelle finiture, simbolo di un modello d’uso dello spazio molto
ricercato e di comportamenti raffinati, trasforma il gesto dell’accoglienza in una cerimonia formale, in cui non è tanto importante l’attrezzatura quanto piuttosto la rappresentatività.
I marmi policromi e le componenti metalliche finemente lavorate, il
rigore e il lusso delle geometrie e delle decorazioni caratterizzano tutto
lo spazio del vestibolo, dal pavimento alle pareti, al soffitto.
Superato il massiccio portale in bronzo, su cui sono sono incisi i
simboli dello Yin e dello Yang, l’ospite entra in un atrio ovale a doppia
altezza, con pareti rivestite in marmo giallo e rosso, e con una volta a
cupola ricoperta di mosaici dorati.
La pavimentazione a piastrelle bianche e nere segna il centro della
sala, sottolineato anche da un fascio di luce proveniente dall’alto.
«Al tacito invito a percorrere il vestibolo da Porta a Porta (la seconda porta, che si apre in opposizione a quella che collega con l’esterno,
rappresenta il completamento logico del meccanismo d’ingresso) seguendo un semicerchio anziché una linea retta, decisamente non si può
resistere. Nel vestibolo l’idea di rotazione si presenta strettamente connessa a quella del ritorno. In ciò condivide la sorte della porta girevole». (M. BIRAGHI)
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. BEHALOVA V., Die Villa Karma von Adolf Loos, in: Alte un moderne Kunst, n. 113,
1970.
2. BIRAGHI M., Porta multifrons, Sellerio, Palermo 1992.
3. Bogoni B., Internità della soglia. Il passaggio come gesto e come luogo, Aracne, Roma 2006, pp. 159–165.
2. DENTI G., PERIONE S., Adolf Loos. Opera completa, Officina, Roma 1997.
3. GRAVAGNUOLO B., Adolf Loos, Rizzoli, New York 1988.
4. LUSTENBERGER K. (a cura di), Adolf Loos, Zanichelli, Bologna 1998.
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Disegni di Federica De Luise e Luca Schiaroli
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Doppia bussola d’ingresso del Rookery Building, di Frank Lloyd Wright
1905, Chicago, (Illinois, USA)
L’ingresso al Rookery Building è una bussola in legno tripartita, con
tre porte a vetri su telaio in legno, con due battenti basculanti ciascuna,
interamente contenuta nello spessore del grande portale ad arco che immette nell’edificio.
La geometria, i materiali usati e le dimensioni rendono questo spazio autonomo rispetto al varco nella parete.
All’interno del brevissimo segmento di spazio, definito nello spessore di parete, con soffitto ribassato, molto intimo e contenuto, è forte
il senso di raccoglimento e la percezione del valore di internità.
Anche in questo, come in tutti gli elementi che compongono l’interno dell’edificio, Wright dào prova di grande attenzione per il dettaglio
e per la qualità delle finiture (si vedano, per esempio, il trattamento raffinato del telaio in legno verniciato, le maniglie, i corrimani e le serrature in ottone, ecc.).
Superato lo spazio–filtro della bussola, il percorso di accesso procede attraverso un ampio corridoio ribassato su cui si aprono gli ascensori, fino ad arrivare al cuore dell’edificio, allo straordinario atrio quadrato, a doppia altezza, illuminato dall’alto, da cui parte una monumentale scala in ferro.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. ALLIN STORRER W., The Frank Lloyd Wright Companion, The University of Chicago Press, Chicago and London 1993, p. 112.
2. ZUKOWSKY J., Chicago Architecture 1872–1922, Prestel, Munich, London, New
York 2000, pp. 160–165.
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Disegni di Fabrizio Gemma
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Interstizio d’ingresso dell’American Bar, di Adolf Loos
1908, Vienna (Austria)
L’ingresso all’American Bar è un segmento di spazio di dimensioni
ridottissime, interessante, sul piano architettonico, per motivi diversi.
In primo luogo va rilevata l’originalità del progetto della facciata
esterna, con lastre di marmo venato, il prisma triangolare che sovrasta
la porta d’ingresso, e con la bandiera americana e il nome del negozio
a tinte vivaci.
Il fronte esterno è tripartito da quattro lesene rivestite in marmo interposte tra tre vetrate tra loro identiche nella forma ma diverse nella
funzione: quella di destra è una vetrina espositiva apribile dall’esterno
ma non accessibile; la centrale è il punto di passaggio vero e proprio;
quella di destra individua un piccolissimo luogo che raccoglie una o
due persone al massimo intorno a un tavolino.
I caratteri più significativi di questa soglia sono però la configurazione spaziale e le dimensioni molto esigue, che definiscono un modo
particolarissimo di pensare e di usare la “stanza d’ingresso”. Vi si accede con difficoltà bypassando le porte che, aprendosi in modi e direzioni diversi, rendono macchinoso l’uso di questi spazi minuscoli. Non si
sosta su questa soglia, addirittura è così complesso il gesto di
apertura/chiusura della doppia porta da rendere molto difficoltosa la seguenza dei movimenti. Che significato tramette, quindi, questo luogo,
se non quello stesso dello spazio in cui immette? L’intero American Bar
è una piccola stanza in cui si assapora il piacere tutto viennese dell’intrattenersi in intimità con gli amici nelle piccole, anguste “Stube”.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. LUSTENBERGER K., Adolf Loos, Artemis, Zurigo 1994, p. 64.
2. RUKSCHCIO B., SCHACHEL R., Adolf Loos, Pierre Mardaga Éditeur, Vienna 1987,
p. 459.
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Disegni di Laura Conti
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Percorso d’ingresso della Cappella nel Bosco, di Gunnar Asplund
1918–20, Stoccolma (Svezia)
Gli studi di Asplund per il varco d’ingresso, il percorso e il portico
della cappella, rivelano una grande sensibilità per il tema della soglia,
che in questo progetto viene esplorata con attenzione e proposta in termini di luogo. L’ingresso si risolve in un tragitto che prepara, emoziona e, alla fine, accoglie e protegge sotto il portico colonnato.
Una strada consente l’avvicinamento al muro in cemento della recinzione, alla quale si accede passando attraverso uno stretto passaggio.
La sequenza d’ingresso è breve, quasi istantanea, e avviene tramite una
porta massiccia e una cancellata traforata.
Nella fitta boscaglia si riconoscono la radura, in cui è inserita la costruzione, e la strada di accesso, ritagliata nel folto degli alberi. L’effetto è quello di uno spazio interno, di una stanza avvolgente e densa di elementi, e la strada, i cui margini sono segnati dai pini e la pavimentazione dalla terra battuta, somiglia molto a un corridoio di distribuzione.
Il forte carattere di luogo percepibile in questo spazio è generato
dalla presenza della natura: la vegetazione ad alto fusto, il vento, che
produce rumori e fruscii tra gli alberi, l’acqua che si muove in piccoli
corsi e il sole de–limitano un ambiente spazialmente connotato, una
sorta di sala d’attesa o uno spazio di iniziazione che prepara all’ingresso nel luogo sacro.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. CALDENBY C., HULTIN O., Asplund, Ginko Press, Hamburg 1985, p. 66–71.
2. D’AURIA A., Erik Gunnar Asplund, in: Ottagono, n. 69, giugno 1983, pp. 112–119.
3. MILELLI G., L’artista in ascolto. I percorsi di Asplund, in: Controspazio, n. 5,
sttembre–ottobre 1998.
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Scalinata e portale d’ingresso della Biblioteca di Stoccolma, di Gunnar Asplund
1920–28, Stoccolma (Svezia)
Un aspetto intressante dell’ingresso alla Biblioteca di Stoccolma è il
suo ruolo comunicativo e rappresentativo della funzione pubblica dello
spazio a cui immette. Le dimensioni della scala e del portale esterno
sono monumentali, e monumentale, massiccio e rigoroso è l’edificio, in
generale.
La scalinata esterna, rivestita in pietra, conduce a un grandioso portale alto circa dieci metri, con una cornice in marmo. Una grande lastra
di vetro con un telaio a riquadri chiude il varco. Superata la porta a vetri collocata al centro di questa vetrata, ci si trova in un vano quadrato,
di dimensioni ridotte, ma molto complesso dal punto di vista dell’organizzazione del movimento. Esso costituisce il punto di confluenza di
quattro diversi percorsi, riconoscibili nella sequenza d’accesso dall’esterno verso l’interno: tramite il portale a conclusione della scalinata; tramite un secondo portale più piccolo, al di là del vano quadrato del
ricetto; tramite una scala più stretta chiusa tra due pareti, che prosegue
fin nel cuore della sala di lettura; tramite due scale laterali, larghe poco
più di un metro, che seguono l’andamento curvo del muro della sala di
lettura a pianta centrale.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. CALDENBY C., HULTIN O., Asplund, Ginko Press, Hamburg 1985, p. 66–71.
2. ZEVI B., Erik Gunnar Asplund, Il Balcone, Torino.
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Disegni di Matteo Ghellere
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Percorso d’accesso di Casa Storer, di Frank Lloyd Wright
1923, Los Angeles, California (USA)
La vera soglia di Casa Storer è il percorso che, dal limite esterno della proprietà, giunge fino alla porta d’entrata dell’abitazione, articolandosi in una sequenza di dislivelli, siepi, vasche d’acqua, aiuole e fioriere, sedute, terrazze, alberi d’alto fusto, ciottoli, ecc.
La porta d’ingresso non costituisce il limite fra l’esterno e l’interno
ma, per la sua configurazione e la sua posizione, è integrata nel percorso come ciascuno degli elementi naturali che ne fanno parte, tanto da
risultare quasi assente la “porta” nel senso tradizionale del termine.
Sull’intera composizione domina la presenza costante della pietra, la
cui decorazione “racconta” di presenze umane e tradizioni costruttive del
passato. Il percorso è quindi una specie di foresta pietrificata, costituita
da siepi geometriche potate a spigolo vivo, pietre lavorate, lisciate, decorate, tappeti d’erba e passatoie marmoree, vasche d’acqua e ruscelli artificiali convogliati in brevi condotti e in fontane di storica memoria.
In questo procedere dall’esterno verso il cuore della casa si legge la
tecnica wrightiana di sposare artificio e natura, ma con delicatezza, senza forzature, come un gesto spontaneo e naturale.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. ALLIN STORRER W., The Frank Lloyd Wright Companion, The University of Chicago Press, Chicago and London 1993, p. 220.
2. Frank Lloyd Wright, Taschen, Colonia 1994.
3. MCCARTER R., Frank Lloyd Wright, Phaidon, Londra 1997, pp. 167–173.
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Disegni di Francesco Cicogna
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Portico e corridoio d’ingresso della Maison de Verre, di Pierre Chareau e Bernard Bijvoët
1928–32, Rue Saint Guillarme 31, Parigi (Francia)
Questa soglia è un luogo fortemente connotato da variabilità luminosa, alterazione percettiva e trasformazione spaziale.
Uno spazio (portico–porta–corridoio) completamente vetrato, la cui trasparenza spinge l’occhio in profondità, fin nel cuore della casa.
L’aspetto forse più interessante di questo ingresso è la sua trasformabilità
in relazione alle variazioni atmosferiche che ne modificano la percezione in relazione alle diverse condizioni di illuminazione naturale e artificiale, diurna e
notturna.
Durante il giorno la luce solare, che entra a fatica nel cortile e all’interno
dell’edificio, produce un’ombra profonda nello spazio d’ingresso e contribuisce a produrre l’immagine di un antro oscuro, di uno spazio misterioso di cui
non si è in grado di distinguere i caratteri.
Di notte, invece, l’edificio si “anima”. Le sue pareti rivelano i movimenti,
gli arredi, la vita dell’interno e la luce che proviene dal soggiorno, dalla cucina, dalle sale di attesa per le visite mediche rende manifesta la complessità del
progetto d’interni, silenziosamente celata durante il giorno.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. BOGONI B., Internità della soglia. Il passaggio come gesto e come lugo, Aracne,
Roma 2006, pp. 167–175.
2. BRACE TAYLOR B., Pierre Chareau. Designer and architect, Benedikt Taschen,
Colonia 1982.
3. FRAMPTON K., Maison de Verre, in: Perspecta (The Yale Architectural Journal),
n. 12, 1969, pp. 77–126.
4. FUTAGAWA Y. (a cura di), La Maison de Verre, A.D.A. Edita, Tokyo 1988.
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Disegni di Martina Ceschi
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Portico di ingresso della Cité de Refuge, di Le Corbusier
1929, Parigi (Francia)
La pensilina della Cité de Refuge è una struttura molto semplice e
leggera, costituita da una piastra rettangolare di circa 40 centimetri di
spessore, sorretta da 4 pilastri molto snelli, in metallo, inclinati e abbinati a due a due.
I punti di congiunzione tra la tettoia e i pilastri sono risolti con una
semplice adiacenza dei due sistemi, fissati tra loro con viti e bulloni.
Le caratteristiche formali di questa soglia (essenzialità delle linee e
delle superfici; uso vivace del colore; ecc.) le conferiscono un esplicito
ruolo comunicativo. Invece, sul piano funzionale, la sua posizione e la
sua forma svolgono la funzione protettiva su tutto il percorso che dall’esterno conduce all’interno dell’edificio.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. BOESIGER W. (a cura di), Le Corbusier, Zanichelli, Bologna 1991, pp. 48–49.
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Disegni di Gianluca Bernardi
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Pensilina d’ingresso del Sanatorio di Paimio, di Alvar Aalto
1929–33, Paimio, (Finlandia)
La zona d’ingresso al Sanatorio di Paimio è sottolineata dalla presenza di un’ampia pensilina di forma sinuosa molto aggettante, una soluzione analoga a quella dell’ingresso della altiana Villa Mairea.
Essa copre non solo le scale che collegano le due quote del pavimento esterno e di quello interno (leggermente sopraelevato), ma anche lo
spazio in cui si fermano temporaneamente le automobili per far scendere i pazienti.
È realizzata in calcestruzzo alleggerito e rinforzato nei punti di attacco alla facciata, per lo sforzo a cui è sottoposta a causa della configurazione in forte aggetto e del peso proprio.
L’ombra prodotta da questa struttura e il suo disegno “organico” rispetto al rigore geometrico della facciata conferiscono identità e riconoscibilità all’ingresso che, collocato nel punto di snodo tra gli edifici
che compongono il complesso, è di chiara individuazione e di facile accessibilità.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. REED P., Alvar Aalto 1898–1976, Electa, Milano 1998, pp. 166–173.
2. SCHILDT G. (a cura di), The architectural drawings of Alvar Aalto: 1917–1939,
Garland, New York 1994, vol IV.
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Disegni di Nicoletta Bevini
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Porte automatiche della Casa del Fascio, di Giuseppe Terragni
1932–36, Como (Italia)
La soglia della Casa del Fascio (una sequenza di porte vetrate automatiche che pone l’esterno e l’interno in totale continuità visiva) è uno
spazio fluido, aperto e “disponibile” a essere fruito “da tutti”. Nell’interno c’è un grande atrio, accessibile direttamente, originariamente organizzato intorno a una corte aperta. Successivamente il cortile è stato
trasformato in una sala centrale per riunioni, illuminata dall’alto da una
copertura in vetrocemento.
La sequenza di porte in vetro esprime l’intenzionalità politica della
costruzione: la loro apertura simultanea, grazie a un meccanismo elettrico, avrebbe unito l’agorà interna del cortile con la piazza, consentendo, così, l’accesso ininterrotto del pubblico durante le adunate di massa.
Sul significato delle porte automatiche riporto una breve citazione di
Paul Scheerbart: «Oggi le porte che si chiudono automaticamente sono
un bene comune. Ma le porte che si aprono automaticamente potrebbero avere ben presto una analoga diffusione. Non è necessario che ciò
avvenga per le porte esterne, ma se le porte interne si apriranno da sole,
ciò darà l’impressione di una amichevole accoglienza da parte del padrone di casa, senza che questi abbia bisogno di muovere un dito.
Il meccanismo è semplice: basta premere col piede su una lastra mobile; l’invenzione e il brevetto sono già stati perfezionati, il meccanismo
è già in funzione in alcuni locali berlinesi. Ma si può andare anche più
in là; si possono inserire nelle porte dei cristalli rotanti, e accendere dei
riflettori: ne risulterà un’accoglienza più gradevole di quella che è in
grado di assicurare un annoiato servitore in livrea». (P. SCHEERBART)
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. MARCIANÒ A.F., Giuseppe Terragni. Opera completa 1925–1943, Officina, Roma
1987, pp. 83–102.
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Disegno di Chiara Cinelli
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Pensilina di Villa Mairea, di Alvar Aalto
1938–39, Noormarkku (Finlandia)
La pensilina d’ingresso di villa Mairea è la traduzione, nel linguaggio dell’architettura, del ruolo protettivo e accogliente della natura.
Nella soglia di Aalto la natura, “artificializzata” dal progetto, si presenta così come essa è, nella sua semplicità, con gli alberi, i fiori, i colori e le textures del bosco.
La pietra, i cespugli, tutto è, con un gesto semplice e spontaneo,
“raccolto” nel bosco e allestito in questo luogo, per sottolineare la presenza di uno spirito panico proprio nel punto di massima fragilità della
casa.
La pensilina copre una piccola superficie, leggermente sopraelevata
dal piano strada, pavimentata a opus incertum.
Sulla pietra poggiano anche i fasci di pilastri in legno che sorreggono la pensilina, tenuti insieme da un legaccio di iuta.
La tettoia ha uno spessore di circa 35 centimentri e si compone di
due lastre indipendenti: la prima, più bassa, è indipendente dall’edificio
e sorretta dai fasci di pilastri; la seconda, in aggetto dalla facciata d’ingresso, ha un unico punto d’appoggio in un pilastro d’angolo.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. BOGONI B., Internità della soglia. Il passaggio come gesto e come luogo, Aracne, Roma 2006, pp. 177–185.
2. FLEIG K. (a cura di), Alvar Aalto, Zanichelli, Bologna 1978.
3. REED P. (a cura di), Alvar Aalto 1898–1976, Electa, Milano 1998.
4. WESTON R., Alvar Aalto, Phaidon Press, London 1995.
5. WESTON R., Villa Mairea: Alvar Aalto, Phaidon Press, London 1992.
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Disegni di Elisa Coghi
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Basamento e gradini di Casa Farnswhort, di Ludwig Mies van der Rohe
1945–51, Plano (Illinois, USA)
È difficile stabilire quale sia la vera soglia di Casa Farswhort, il limite che segna il confine tra l’edificio e la natura.
La negazione delle differenze tra esterno e interno promossa dal
Movimento Moderno e l’idea di istituire tra loro una continuità visiva
e spaziale ha prodotto molti ambienti privi delle nette tradizionali pareti verticali in muratura, sostituite da pareti vetrate completamente trasparenti.
Qui le linee di margine sono talmente sottili e il varco nella parete
al tal punto “bidimensionale” (privo anche di quella minima spazialità
concessa alla soglia dallo spessore della muratura tradizionale) da non
essere quasi percepibile.
Ma le differenze tra lo spazio abitato dall’uomo e la natura esterna
non possono essere abolite completamente. Quindi Mies reinterpreta
queste differenze, affida alla soglia nuovi significati e affronta il tema
dell’accesso con soluzioni inedite: in Casa Farnswhort, per esempio,
non è soglia tanto la porta vetrata, quanto piuttosto il podio e la sequenza di gradini e di terrazze esterne (“vassoi”) che costituiscono i momenti di un percorso di progressivo avvicinamento e penetrazione nello
spazio “chiuso”.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. BLASER W. (a cura di), Mies van der Rohe. Farnsworth House, Birkhäuser, Basilea 1999.
2. BLASER W., Mies van der Rohe. The art of structure, Birkhäuser, Basilea 1993.
3. COHEN J.L., Ludwig Mies van der Rohe, Laterza, Roma 1996.
4. OTTOLINI G., DE PRIZIO V., La casa attrezzata, Liguori, Napoli 1993, pp. 174–176.
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Disegni di Giorgio Campedelli
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Portale e tunnel d’ingresso del Negozio Morris, di Frank Lloyd Wright
1948–50, San Francisco (California, USA)
Il Negozio Morris è frutto di una ristrutturazione di uno spazio commerciale preesistente, ma al posto della solita vetrina, Wright introduce
una parete cieca in laterizio, con un’unica apertura ad arco di mattoni e
vetro.
Il suo disegno è geometrico, quasi rigido, all’esterno, ma all’interno
il varco si trasforma in un tunnel e convoglia il visitatore verso unambiente aperto, avvolgente, dominato dalla presenza di una grande rampa a spirale che collega il piano terra con il primo.
Il breve percorso d’ingresso rappresenta un elemento di sutura e di
connessione diretta tra l’interno e l’esterno.
La porta di Wright è contemporaneamente espressione di un dentro
e di un fuori che si negano a vicenda, attraverso l’uso di linguaggi molto diversi: nelle viste dall’atrio verso l’esterno l’ingresso appare aereo,
trasparente, coinvolgente, e dalla strada verso l’interno del negozio, invece, l’immagine è quella di un varco di forma rigorosa e astratta, severo, in alcuni casi misterioso, al quale l’accesso è concesso solo in forma elitaria e controllata.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. ALLIN STORRER W., The Frank Lloyd Wright Companion, The University of Chicago Press, Chicago and London 1993, p. 323.
2. Frank Lloyd Wright, Taschen, Colonia 1994.
3. Frank Lloyd Wright. Per la causa dell’architettura, Gangemi, Roma 1989.
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Disegni di Stefano Diacci
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Cancello della Casa del dottor Currutchet, di Le Corbusier
1949, La Plata (Argentina)
Questo ingresso è un esempio di soglia–oltre–la–soglia, in cui il
vero accesso all’abitazione è spostato tutto verso l’esterno e la tradizionale separazione tra il dentro e il fuori viene tradotta nell’opposizione
tra un esterno pubblico ed un “privato ancora esterno” (perché il cancello dà accesso a un cortile esterno coperto, e non direttamente all’interno dell’abitazione).
Il cancello rappresenta la vera soglia dell’edificio.
Consiste in un’anta in ferro, liscia, con una maniglia molto semplice, a chiusura di un varco incorniciato da una struttura in cemento armato leggermente strombata, che definisce una specie di “imbuto”. La
porta è appoggiata su un podio, anch’esso in cemento armato, luogo di
attesa, protetto e attrezzato con campanello e citofono.
Il punto dell’ingresso diviene il luogo significativo dell’accedere
grazie alla presenza di pochi elementi importanti: la piastra, il portale
strombato, la porta in ferro.
Nella esigua superficie del basamento l’uomo è accolto brevemente, ma la configurazione spaziale del cancello evidenzia un modo particolare di varcare una soglia particolare, che sta tra il privato della funzione residenziale e il pubblico di quella ambulatoriale–medica.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. BOESIGER W., Le Corbusier, Zanichelli, Bologna 1991, pp. 92–93.
2. BOGONI B., Internità della soglia. Il passaggio come gesto e come luogo, Aracne, Roma 2006, pp. 187–193.
2. CHAOAY F., Le Corbusier, Il Saggiatore, Milano 1960.
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Disegni di Luca Schiaroli
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Portale meridionale della Chapelle de Notre Dame du Haut, di Le Corbusier
1950–55, Rochamp (Svizzera)
Il portone meridionale della Cappella di Notre Dame du Haut è una
grande porta girevole d’acciaio, dipita da Le Corbusier su ispirazione
del “retablo” di Boulbon. Ha una forma pseudoquadrata, pesa circa 2,3
tonnellate, ed è costituito da una struttura metallica reticolare, simmetrica, nel cui asse centrale verticale è collocato un pivot che consente
l’apertura, per rotazione, verso l’interno della cappella.
Gli stipiti sono costituiti da due montanti contro cui vanno a battere
le parti terminali del battente a forma di ogiva.
Sulla struttura reticolare del portone sono stati fissati una maniglia
in bronzo e sedici pannelli in lamiera d’acciaio larghi 135 cm e alti dai
67 ai 69 cm (le misure alle quali si riferiva Le Corbusier erano in realtà 139x70 cm, direttamente derivate dal Modulor), fissati alla struttura
mediante viti in ottone da 6 mm e rondelle in piombo, e dipinti personalmente da Le Corbusier (disegni originali datati 4 maggio 1955).
La porta ha due lati, uno interno e uno esterno. Ciascuno dei due
esprime un preciso significato liturgico.
Questa porta è girevole in modo imperfetto, nel senso che riducendosi a un solo battente ruotante su un perno centrale, è capace al massimo di coprire l’ampiezza di un angolo retto, producendo una doppia
apertura che consente l’entrata e l’uscita contemporanee.
Apertura e chiusura non procedono ininterrottamente l’una dall’altra per trasformarsi perennemente l’una nell’altra ma scandiscono spazi e momenti diversi. In questo senso la porta di Le Corbusier non è girevole in senso assoluto.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. GRESLERI G., GRESLERI G., Le Corbusier. Il programma liturgico, Editrice Compositori, Bologna 2001.
2. JENCKS C., Le Corbusier and the Continual Revolution in Architecture, The Monacelli Press, New York 2000, pp. 262–265.
3. ROCCHI COOPMANS DE YOLDI G. (a cura di), Le Corbusier, Terragni, Michelucci,
Alinea, Firenze 2000, pp. 85–132.
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Sagrato sopraelevato della Chiesa di Sant’Idelfonso, di Carlo de Carli
1956, Milano (Italia)
Il sagrato di Sant’Idelfonso, di forma trapezioidale esopraelevato di
circa un metro e mezzo sul piano stradale, isola il punto d’ingresso e gli
conferisce una certa intimità rispetto allo spazio indifferenziato della
strada.
L’intimità non gli deriva dalla presenza di margini fisici costruiti
(pareti e copertura) ma dalla sopraelevazione, che elimina ogni possibile interazione o frammistione con movimenti e attività incompatibili.
Questo spazio è quindi ancora un esterno ma chiaramente circoscritto e identificato come luogo per sostare prima e dopo le funzioni religiose, in grado di affidare una precisa identità e riconoscibilità al punto del passaggio.
Il semplice accesso al podio, però, non sancisce la definitiva penetrazione nell’interno, ma prepara l’evento e traduce, amplificandolo a una
scala urbana (monumetale, nella sua semplicità), il gesto naturale e liturgicamente significativo dell’ingresso nello spazio sacro.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. DE CARLI C., Architettura Spazio Primario, Hoepli, Milano 1982.
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Porta di servizio del Negozio Olivetti, di Carlo Scarpa
1957–58, Venezia (Italia)
Questa porta consiste in una grande lastra di pietra che si apre per
rotazione intorno a un perno.
È ritagliata su una facciata costituita da lastre di pietra lavorata con
tecniche diverse, accostate e sovrapposte, in modo da definire campi diversi per colore e rugosità.
I materiali utilizzati sono i marmi locali, vicentini e veronesi, color
crema, bianco e rosa.
La decorazione si basa sia sulla varietà delle textures sia sulla lavorazione a bassorilievo e ad altorilievo delle cornici e dei disegni geometrici ornamentali.
Questa “pesante” soglia svolge prima di tutto una funzione decorativa. Secondaria è la funzione strumentale di consentire il passaggio e
di controllarne il flusso. Quasi assente è la funzione segnaletica, mimetizzata nella composizione generale della facciata.
Un aspetto da sottolineare è che l’asse di rotazione non è baricentrico, quindi il movimento asimmetrico della porta le attribuisce un forte
dinamismo.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. AA.VV., Carlo Scarpa Architect. Intervening withhistory, Canadian Centre for
Architecture, The Monacelli Press, 1999.
2. ALBERTINI B., BAGNOLI S. (a cura di), Scarpa: l’architettura nel dettaglio, Jaca
Book, Milano 1988.
3. Carlo Scarpa, Taschen, Colonia 1994.
4. MARCIANÒ A.F. (a cura di), Carlo Scarpa, Zanichelli, Bologna, pp. 112–117.
5. SCARPA G., Un negozio in piazza San Marco a Venezia, in: L’architettura, Cronache e storia, n. 43, maggio 1959.
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Percorso di accesso del Museo di Castelvecchio, di Carlo Scarpa
1957–73, Verona (Italia)
La soglia di Castelvecchio si articola come sequenza di segni, di
frammenti e di spazi; una successione di passaggi e pause, che invitano
ora al movimento ora alla sosta, alla ricerca, al silenzio e alla meditazione.
Dal ponte levatoio del castello si accede al cortile interno in ghiaia,
quindi a un sentiero lastricato in pietra, leggermente inclinato, che conduce alla porta d’ingresso.
Sul sentiero si snodano in successione: un biario di siepi, un muretto, una meridiana, un’aiuola, due vasche d’acqua con fontana, siepi e
arbusti, un sarcofago, il sacello, una seconda meridiana sulla parete di
fondo.
L’approdo allo spazio interno avviene attraverso una porta a vetri tagliata in due da un muro che, passando trasversalmente nel varco, penetra nell’interno, dà continuità al passaggio e separa i due gesti dell’entrare e dell’uscire.
Il trattamento della superficie del muro, con colori diversi, sottolinea il doppio senso e significato dei movimenti di ingresso e uscita dall’edificio: sul lato dell’entrata domina il colore grigio, su quello dell’uscita il colore nero Germania.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. BOGONI B., Internità della soglia. Il passaggio come gesto e come luogo, Aracne, Roma 2006, pp. 195–211.
2. MURPHY R., Carlo Scarpa e Castelvecchio, (ed. ital. a cura di DI LIETO A. e RUDI
A.), Arsenale Editrice, Venezia 1991.
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Disegni di Elisabetta Bianchessi
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Pensilina “abitata” e bussola d’ingresso della Torre Velasca, di BBPR
1958, Milano (Italia)
L’ngresso alla Torre Velasca è costituito da elementi di diverso carattere: uno spazio di accoglienza esterno, protetto da una pensilina e
attrezzato con negozi aperti al pubblico, una pensilina “abitata” molto
aggettante e una bussola vetrata, l’elemento forse più interessante di
tutto il sistema d’ingresso.
La bussola è una struttura tridimensionale a lastre di vetro trasparente e con telaio in ferro verniciato.
È un punto importante nella composizione generale dell’edificio, sia
per la localizzazione, la configurazione planimetrica, la dimensione e la
spazialità interna; sia per la funzione prioritaria di consentire il passaggio allo spazio pubblico (accoglie più persone per volta); sia, infine, per
il valore che assume in relazione alle diverse condizioni di illuminazione naturale o artificiale che ne trasformano l’immagine e il senso nelle
diverse ore del giorno.
Per esempio, i lampadari a più punti luce progettati per l’atrio producono una illuminazione diffusa molto intensa che raggiunge tutto lo
spazio vetrato di accoglienza al piano terra, compresa la bussola.
Ne risulta un effetto “notturno” molto affascinante: la bussola sembra una teca illuminata dall’interno che si stacca dall’edificio e che,
“svuotando” il piano terra, sembra far “levitare” la torre.
L’effetto diurno è diverso: l’illuminazione naturale è tenue e a fatica raggiunge il punto di accesso, che rimane sempre in forte penombra.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. FIORI L., PRIZZON M. (a cura di), La Torre Velasca, Abitare Segesta, Milano 1982.
2. La Torre Velasca a Milano, in: Casabella, n. 232, ottobre 1959.
3. MAFFIOLETTI S. (a cura di), BBPR, Zanichelli, Bologna 1994, pp. 136–141.
4. SAMONÀ G., La Torre Velasca a Milano, in: L’architettura cronache e storia, n. 40,
febbraio 1959, pp. 659–674.
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Bussole d’ingresso del Seagram Building, di Ludwig Mies van der Rohe e Piliph Jonhson
1958, New York (USA)
Il piano terra del Seagram Building, completamente “aperto” dal
punto di vista della percezione visiva, liberato dal vincolo delle murature opache che compromettono la continuità tra esterno e interno, e delimitato invece da diaframmi vetrati trasparenti, è accessibile tramite tre
bussole con battenti girevoli su un asse centrale.
La totale trasparenza della facciata e dei varchi di ingresso rende
quasi impercettibile la dimensione, la forma e l’esistenza stessa del varco, che è solo lievemente segnato da esili serramenti in bronzo.
Manca l’elemento, linea o superficie, che dà una precisa configurazione e riconoscibilità formale allo spazio del passaggio vero e proprio:
il pavimento esterno continua indifferentemente anche all’interno dell’edificio e il limite della soglia si riduce al concetto puramente astratto di “punto” di soglia, il punto in cui è fissato il pilastrino intorno a cui
ruotano i battenti.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. LAMBERT P., Mies in America, New York 2001.
2. PAOLI E., Quaderni vitrum n.6. Gli “ingressi”, a cura del Cisav, p. 104.
3. SCHULZE F., Mies van der Rohe, Jaca Book, Milano 1989, pp. 274–275.
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Disegni di Damiano Comini
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Percorso d’accesso della Fondazione Querini–Stampalia, di Carlo Scarpa
1964, Venezia (Italia)
Gli spazi d’ingresso della Fondazione Querini–Stampalia sono costituiti da un sistema articolato di elementi e ambienti: l’accesso non
avviene dall’originario portale del palazzo storico, ma da una piccola
porta secondaria laterale, cui si giunge superando un breve pontile; all’interno si sviluppa una sequenza di ambienti disposti su livelli diversi connessi tra loro da piastre, gradini, vasche in pietra; da qui parte un
corridoio articolato in una serie di nicchie e altri piccoli spazi.
Per quanto vario e articolato, il percorso non produce un senso di disorientamento o di caos compositivo, anzi, nel suo insieme, è fortemente unitario e ben riconoscibile.
Questo è dovuto anche alla presenza costante e unificante dell’acqua, la quale, nell’accompagnare l’incedere del visitatore dal pontile
alle sale espositive, convogliata in canalette artificiali fino a confluire
in modo naturale in una grande vasca di pietra, “tiene insieme” i diversi “eventi” e congiunge definitivamente, senza fratture e discontinuità,
l’interno con l’esterno.
L’acqua raggiunge le sale in modo naturale, come il visitatore accede a questi luoghi con spontaneità e fluidità.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. AA.VV., Carlo Scarpa Architect. Intervening withhistory, Canadian Centre for
Architecture, The Monacelli Press, 1999.
2. ALBERTINI B., BAGNOLI S. (a cura di), Scarpa: l’architettura nel dettaglio, Jaca
Book, Milano 1988.
3. Carlo Scarpa, A+U Publishing, Tokyo 1985.
4. Carlo Scarpa, Taschen, Colonia 1994.
5. CRIPPA M.A., Carlo Scarpa: il pensiero, il disegno, i progetti, Jaca Book, Milano 1984.
6. DAL CO F., MAZZARIOL G., Carlo Scarpa 1906–1978, Electa, Milano 1984.
7. LOS S., Carlo Scarpa: an architectural guide, Arsenale, Venezia 1995.
8. MARCIANÒ A.F. (a cura di), Carlo Scarpa, Zanichelli, Bologna, pp. 112–117.
9. MAZZA M. (a cura di), Carlo Scarpa alla Querini Stampalia, Il Cardo, 1996.
10. MURPHY R., Querini Stampalia Foundation. Carlo Scarpa, Phaidon, London
1993.
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Disegni di Federico Cobelli
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Bussola di ingresso dello Studio Savioli, di Leonardo Savioli
1966, Galluzzo, Firenze (Italia)
La bussola dello Studio Savioli è una “piccola stanza di cristallo”
che, sul piano funzionale, consente il passaggio fisico nello spazio interno e, sul piano simbolico, “prepara” l’incontro intimo dell’uomo con
l’operare artistico.
Si tratta di un volume di vetro trasparente e metallo; le connessioni
sono realizzate per accostamento delle lastre di vetro, che sono agganciate tra loro grazie a semplici piastre metalliche ad “L”.
La struttura è sostenuta lateralmente dai muri perimetrali e superiormente da una specie di “coperchio” metallico, collegato al soffitto con
una trave in ferro con profilo a doppia “U”.
Le pareti della bussola sono vetrate sulle facce frontali, con doppia
porta in vetro, esterna e interna, mentre quelle laterali hanno una lastra
metallica verniciata di nero fino a un metro di altezza.
Il pavimento è leggermente rialzato rispetto al piano esterno, su un
basamento alto circa cinque centimetri, rivestito in lastre di pietra del
Cardoso nera, di geometria triangolare.
In questa minuscola stanza l’uomo è accolto e avvolto. L’esperienza dell’accedervi è emozionante, anche dal punto di vista della percezione simbolica, poiché lo spazio accoglie un momento riflessivo, catartico e preparatorio all’ingresso nella “stanza del lavoro e dell’arte”.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. BOGONI B., Internità della soglia.Il passaggio come gesto e come luogo, Aracne, Roma 2006, pp. 213–223.
2. MANNO TOLU R., MASINI L.–V., POLI A. (a cura di), Leonardo Savioli: il segno
generatore di forma–spazio, Edmond Edizioni, Perugia 1995.
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Disegni di Elisa Coghi e Sara Gherardi
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Percorso e portali d’ingresso alla Biennale, di Aldo Rossi
1985, Venezia (Italia)
Aldo Rossi allestisce la Biennale del 1985 e progetta un originale
viale che connette l’ingresso col padiglione italiano e con gli altri padiglioni stranieri.
Il percorso di accesso è segnato dalla sequenza di tre grandi portali
che introducono a un quarto portale, più grande, collocato sotto la cupola d’ingresso.
Su ciascuno di essi è posta una scritta a grandi caratteri maiuscoli,
realizzata in lamiera rossa: “Biennale”, “Venezia”, “Architettura”.
I primi tre portali, quelli del giardino, sono tappezzati di manifesti
policromi, come mosaici veneziani o strade urbane; il quarto è dipinto
di bianco, con un consistente zoccolo in alluminio e su di esso troneggia la scritta “Italia”, illuminata dalla luce della cupola.
La costruzione provvisoria e il valore attribuito alla “tipografia” di
queste “porte urbane”, le avvicina a un tipo di manifesto pubblicitario
tridimensionale in cartapesta più che a una solida struttura difensiva o
celebrativa, come vuole la tradizione delle reali porte cittadine.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. BRAGHIERI G. (a cura di), Aldo Rossi, Zanichelli, Bologna 1981.
2. FERLENGA A., Aldo Rossi 1959–87, Electa, Milano 1987, pp. 264–265.
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Porta di ingresso dello Studio Zumthor, di Peter Zumthor
1988, Haldenstein (Svizzera)
Questa porta esemplifica il tipo della soglia lineare, nella quale il
solo elemento che accenna alla spazialità è una cornice metallica esterna di spessore tale da consentire di accogliere solo parzialmente il corpo umano.
Tutta protesa verso l’esterno, sollevata di circa venti centimetri da
terra, questa soglia produce un dislivello che isola figurativamente il dispositivo d’ingresso dalla parete esterna rivestita in lamelle di legno.
La porta mette direttamente in comunicazione l’esterno con un corridoio di distribuzione interno, che corre trasversalmente rispetto alla
direzione d’ingresso.
Il punto di intersezione tra il dispositivo di introduzione e il percorso di distribuzione è tanto nevralgico e problematico quanto risolto con
semplicità: al fine di rendere riconoscibile e abitabile (anche minimamente) questo punto, il progettista ha delimitato lo spazio d’ingresso
semplicemente, con una tenda che scorre su un binario semicircolare in
tondino di metallo, posto a un’altezza di circa tre metri dal pavimento.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. Architese 20, n. 6, 1990, pp. 29–33.
2. DANUSER, Partituren und Bilder: architectonische Arbeiten aus dem Atelier Peter
Zumthor 1885–1988, Architekturgalerie, Luzern 1989.
3. FINGERLE C.M., Neues Bauen in den Alpen / Architettura contemporanea alpina. Architekturpreis / Premio d’architettura 1992, Raetia, Bolzano 1992.
4. HUBELIN E., FUMAGALLI P., Eigenes Atelier in Haldenstein 1986, in: Werk, Bauen+Wohnen, 74/41, n. 10,1987, pp. 34–39.
5. Schweizer Architektur führer 1920–1990, n. 1, Verk Verlag, Zurich 1992.
6. Werk, Bauen+Wohnen, 76/43, n. 4, 1989, pp. 24–31.
7. ZUMTHOR P., Ateliergebäude in Haldenstein, in: Detail, Serie 28, n. 5, 1988, pp.
493–498.
8. ZUMTHOR P., BINET H., Peter Zumthor: opere architettoniche 1979–1997, Lars
Müller, Baden 1998.
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Disegni di Federico Cornale
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Appendice d’ingresso della Cappella di San Benedetto, di Peter Zumthor
1988, Sogn Benedegt (Svizzera)
Questa soglia è uno spazio brevissimo e minuto, una “appendice”
generata da una sezione del percorso di montagna che dal villaggio
Sogn Benedegt conduce all’edificio, un punto di raccolta e di confluenza del movimento di avvicinamento, fluido e continuo.
È costituita da una sorta di cuneo in legno incastrato in una fenditura della parete curva dell’edificio. Vi si accede direttamente dal sentiero sterrato, salendo qualche gradino.
Non c’è spazio per la sosta, solo per appoggiare il piede, per far forza e aprire la pesante porta in legno che il visitatore, in una posizione
piuttosto scomoda, dovrà spingere con tutto il peso del corpo.
Zumthor costringe l’uomo in un piccolissimo adito, lo intrappola, lo
avvolge e lo sigilla in una scatola di legno, per pochi istanti, il tempo
necessario per avvertire la trasformazione di stato e di luogo, dall’esterno all’interno.
Il legno, con la sequenza delle scandole esterne, dei listelli interni di
rivestimento e dei pilastri strutturali, ancora con forza il luogo alla realtà e promuove un gesto che non è quello celebrativo delle cattedrali, ma
quello semplice, spoglio dei caratteri simbolici e ridotto al puro “stare”
dell’uomo “davanti” allo spazio, delle piccole pievi di montagna.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. BOGONI B., Internità della soglia. Il passaggio come gesto e come luogo, Aracne, Roma 2006, pp. 225–233.
2. FINGERLE C.M., Neues Bauen in den Alpen / Architettura contemporanea alpina. Architekturpreis / Premio d’architettura 1992, Raetia, Bolzano 1992.
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Disegni di Elisa Coghi
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Atrio esterno del Centro Galego di Arte Contemporanea, di Alvaro Siza Vieira
1988–93, Santiago de Compostela (Spagna)
Lo spazio d’ingresso al Centro Calego di Santiago di Compostela
consiste in un patio esterno sopraelevato rispetto al piano stradale e raggiungibile tramite una lunga rampa parallela alla strada, da una scala a
essa trasversale e da un ampio atrio esterno coperto.
La transizione tra il fuori e il dentro avviene tramite una porta a tre
ante vetrate aperta su questo atrio.
Oltrepassata la soglia, segnata all’interno da un tappeto in fibre naturali di forma irregolare inserito nel marmo della pavimentazione, lo
spazio di accoglienza ospita semplici attrezzature, come un attaccapanni, un portaombrelli e una lunga panca di marmo addossata alla parete
frontale, tutte rigorosamente pensate come strutture fisse previste già in
fase di progettazione architettonica.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. Atlante di architettura contemporanea, Könemann, Colonia 2000, pp. 310–311.
2. FRAMPTON K., Alvaro Siza. Tutte le opere, Electa, Milano 1999, pp. 338–351.
3. TESTA P., Alvaro Siza, Birkäuser Verlag, Basel, Boston, Berlin 1996, pp. 163–169.
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Disegni di Paola Amici
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Portico di Casa Bishofberger, di Ettore Sottsass jr.
1991–96, (Svizzera)
Il portico di Casa Bishofberger è un piccolo volume annesso all’abitazione, di forma geometrica astratta, una sorta di figura totemica, il cui
valore espressivo è potenziato anche dall’uso incisivo del colore e dagli effetti di contrasto che esso produce.
Il portico è rivestito in pietra d’Istria bianca e collocato su un podio
sopraelevato.
Lo spazio è angusto e spoglio: un citofono e una porta.
Il contrasto cromatico prodotto dalla vicinanza di materiali di rivestimento diversi (pietra bianca e nera), genera una forte discontinuità,
rappresentazione di un’altra discontinuità all’interno dell’edificio,
quella spaziale e ambientale tra l’interno e l’esterno.
Oltre il portico si trova un altro adito di dimensioni contenute, una
specie di bussola completamente rivestita in piastrelle di ceramica color mastice, di dimensioni 5x5 centimetri, con uno zerbino di forma semiellittica in materiale vegetale ritagliato nel pavimento.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. BOGONI B., Internità della soglia. Il passaggio come gesto e come luogo, Aracne, Roma 2006, pp. 225–241.
2. D’AMBROSIO G., Ettore Sottsass Jr. Nomade Shiva Pop, Universale di Architettura, n. 26, 1997.
3. HOGER H., Ettore Sottsass jr., Wasmuth, Berlino 1993.
4. PETTENA G., Sottsass. L’arte del progetto, M&M, 1999.
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Disegni di Elisa Coghi e di Marco Galeazzi
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Porta d’ingresso della Ihai Hall, di Tagasaki Yamaguchi
2000, Kyoto (Giappone)
Sintomaticamente questa soglia è stata posta alla fine del lavoro, con
lo scopo di sollevare una questione circa il ruolo dei moderni spazi del
passaggio.
Nella Ihai Hall non si entra.
La porta di ingresso fa passare solo lo sguardo, e la lastra pavimentale, il “vassoio” che di primo acchito potrebbe essere letto come un invito all’ingresso (sollevato da terra, come se librasse leggero nell’aria)
è solo una terrazza da cui si può vedere l’interno, ma attraverso cui non
si può accedere.
La porta è un’immagine, un desiderio e una tentazione del passaggio. Nient’altro.
Assenza ed essenzialità sul piano formale: non ci sono sottolineature enfatiche né decorazioni.
Essenzialità sul piano dei contenuti: pochi elementi e materiali usati con semplicità.
Assenza sul piano funzionale: questa porta “non porta!”.
Eppure in questo progetto la percezione della soglia è forte.
Una soglia esiste. Ma non è un passaggio.
Riferimenti bibliografici e iconografici
1. Lotus, n. 107, Electa, Milano pp. 106–108.
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AREE SCIENTIFICO–DISCIPLINARI
Area 01 – Scienze matematiche e informatiche
Area 02 – Scienze fisiche
Area 03 – Scienze chimiche
Area 04 – Scienze della terra
Area 05 – Scienze biologiche
Area 06 – Scienze mediche
Area 07 – Scienze agrarie e veterinarie
Area 08 – Ingegneria civile e Architettura
Area 09 – Ingegneria industriale e dell’informazione
Area 10 – Scienze dell’antichità, filologico–letterarie e storico–artistiche
Area 11 – Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche
Area 12 – Scienze giuridiche
Area 13 – Scienze economiche e statistiche
Area 14 – Scienze politiche e sociali
Le pubblicazioni di Aracne editrice sono su
www.aracneeditrice.it
Finito di stampare nel mese di aprile del 2012
dalla «ERMES. Servizi Editoriali Integrati S.r.l.»
00040 Ariccia (RM) – via Quarto Negroni, 15
per conto della «Aracne editrice S.r.l.» di Roma