Ordine del giorno “Ambiente è lavoro” Assunto ad integrazione al Documento”Persone, Lavoro, Democrazia” della 1° Conferenza nazionale per il Lavoro Genova 17 e 18 Giugno 2011 Il lavoro e l’ambiente rappresentano le grandi sfide della transizione ad uno sviluppo equo e sostenibile. Esse procedono di pari passo e si integrano a vicenda. Con la crisi è cresciuta la consapevolezza della necessità di un “Global Green New Deal”, di un nuovo patto globale capace di affrontare, contestualmente, la crisi climatica ed ecologica, la recessione mondiale, la questione sociale, con un processo di riforma dello sviluppo che va sotto il nome di ”green economy”. Un processo fondato su più ricerca, più innovazione, più impresa, più occupazione, più benessere per tutti. Una bussola per rendere più competitivo il sistema economico e produttivo italiano nell’economia globalizzata. La crisi climatica è vista oramai più come un’occasione strategica per l’innovazione che come un costo, in particolare nei settori emergenti delle energie rinnovabili, dell’efficienza energetica e dei trasporti. Molti paesi in Europa e nel mondo, come molte imprese, sono impegnati per sostenere prodotti e processi produttivi puliti, facendo della elevata qualità ecologica un fattore decisivo della propria competitività. La spinta verso uno sviluppo sostenibile è un processo in atto anche in Italia e rappresenta una leva decisiva per dare una risposta duratura alla necessità di creare imprese sane e competitive e nuovo lavoro, non precario, non lesivo della dignità della persona, stabile ed adeguatamente remunerato. Risposta indispensabile e urgente considerando l’insopportabile precarizzazione di giovani e donne e le enormi difficoltà della piccola e media impresa in un mercato globalizzato. Nel Mezzogiorno la situazione è ancora più grave. La sostenibilità è un potente vettore del Made in Italy e di stimolo allo sviluppo sostenibile locale, modellato sulle caratteristiche del territorio in grado di integrare le diverse problematiche, di conservare le risorse locali, incrementandole e inserendole in un ciclo che valorizza lo sviluppo della conoscenza, l’innovazione e la diffusione di buone tecniche e buone pratiche. Per uscire dalla crisi e creare nuovo lavoro è indispensabile utilizzare tutte le opportunità che offre la green economy inserendole in un piano generale di riforme economiche, sociali e ambientali. In particolare le scelte da fare riguardano alcuni settori strategici: Efficienza energetica. Numerosi sono gli studi della Commissione europea e di forze imprenditoriali e sindacali che indicano la possibilità nel prossimo decennio di un significativo incremento occupazionale (Confindustria prevede 1.635.000 di nuovi occupati e la Commissione europea segnala che per il 2015 necessitano 2.5 mln di occupati altamente specializzati). Va predisposto, quindi, un programma per il risparmio energetico per completare l’obiettivo al 2020. Fonti rinnovabili. In pochi anni grazie anche agli incentivi del centro sinistra si è creata una nuova filiera economica che conta oltre 100.000 occupati e le previsioni parlano di almeno 250.000 nuovi occupati. Per questo va completato il programma di sviluppo delle energie rinnovabili per coprire almeno il 17% dei propri consumi finali al 2020 e aumentare l’attuale quota di elettricità prodotta con rinnovabili attraverso un adeguato sistema di incentivazione. 1 Industrializzazione del ciclo dei rifiuti per il riciclaggio e il superamento della discarica. E’ l’obiettivo centrale della nuova Direttiva europea 98/2008/CE. I vantaggi sono notevoli sia per l’impatto ambientale sia per la promozione d’impresa e di occupazione. Diversi sono i settori interessati: oltre alle filiere dei rifiuti urbani e degli imballaggi (carta, vetro, plastica, umido, legno e metalli), vengono coinvolti i rifiuti inerti da costruzione e demolizione, quelli derivanti dalle apparecchiature elettriche ed elettroniche, gli oli, le batterie, le auto e i rottami ferrosi, i pneumatici, ecc. Il ciclo del riciclaggio determina l’avvio e il consolidamento dell’industrializzazione del Mezzogiorno. La maggiore articolazione del ciclo dei rifiuti garantisce forti incrementi occupazionali e un rapporto sano tra riciclaggio e mercato delle materie prime seconde che, nonostante la crisi, vedono una domanda internazionale sostenuta. Industrializzazione del ciclo delle acque e interventi per la difesa del suolo. Si prevedono 70.000 nuovi posti di lavoro all’anno per la manutenzione ordinaria dei bacini idrografici in grado anche di sviluppare la capacità auto-depurativa dei corsi d’acqua. Per la manutenzione della rete idrica e la creazione di un sistema efficiente di depurazione gli investimenti previsti sono di alcune decine di miliardi di euro. Considerando che ogni miliardo di euro investito crea dai 10.000 ai 15.000 nuovi posti di lavoro, è una priorità che non può attendere. Territorio e beni culturali. Parchi, paesaggio, patrimonio artistico e culturale sono beni di straordinario valore e da tutelare per l’intera umanità. Sono beni non “delocalizzabili” e che attivano una mole significativa di lavoro diretto e indiretto nell’economia dei parchi, nella ricerca, nella gestione dei servizi ecologici, nell’agricoltura, nella manutenzione e nel turismo. Politiche urbane. Le città sono il luogo privilegiato dello sviluppo sostenibile, per loro va predisposta una politica nazionale per la riqualificazione ecologica in grado di ridurre fortemente l’inquinamento dell’aria, il consumo del suolo, di rilanciare la mobilità sostenibile, ma anche di riqualificazione sociale a partire dal sistema di welfare urbano e dalle politiche per la casa. Più in generale vanno promosse e sostenute politiche industriali rivolte ai settori produttivi “tradizionali”, il grosso della base produttiva nazionale, a cui va data una inedita e seria attenzione perché è su di essi che si giocherà una parte non secondaria della partita dell’innovazione ecologica e dell’equità della transizione verso un sistema produttivo e dei consumi più sostenibile e competitivo. In particolare la transizione richiede un forte impulso alla ricerca e all’innovazione e l’avvio di un vasto programma formativo, che deve assumere nel tempo carattere permanente per consentire ai lavoratori di non essere “superati” dall'avanzamento del processo innovativo che coinvolgerà necessariamente tutti i settori produttivi. Solo in questo modo sarà possibile governare con equità la transizione. 2