Il libro pubblica due brevi inediti di V. Ern il cui pensiero viene

Rosalia Azzaro Pulvirenti
ERN E ROSMINI
Una sorprendente familiarità interiore
Con due inediti di Vladimir F. Ern
e un inedito di Pavel A. Florenskij
1
Questo lavoro di Rosalia Azzaro, ricercatore del CERIS del CNR e socio fondatore del Centro di
Alti Studi e Documentazione “Sofia: idea russa, idea d’Europa”, scaturisce da una proposta
approvata e finanziata nell'ambito della ricerca libera, promossa nelle linee direttive del piano
triennale del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
2
Indice
Prefazione
Rosalia Azzaro Pulvirenti
Sofia e Teosofia
Vladimir F. Ern
Saggio sulla Teosofia di Rosmini
Vladimir F. Ern
Il posto di Rosmini nella storia della filosofia
Appendice
Pavel A. Florenskij
In memoria di Vladimir F. Ern
Silvia Ciancio Malcotti
Nota biografica
Bibliografia
3
4
Rosalia Azzaro Pulvirenti
SOFIA E TEOSOFIA
Forse non tutti sanno che tra il 1910 ed il 1916 appaiono in Russia due volumi e numerosi
articoli che affermano e documentano la necessità di un confronto fra la filosofia italiana del XIX
secolo ed il pensiero russo. Il principale promotore di questa iniziativa è Vladimir Francevic Ern
(1881-1917), che rivolge particolare attenzione al pensatore italiano Antonio Rosmini (1797 - 1855)
ed alla sua “filosofia della conoscenza”.
Tale “intima parentela con i lontani spiriti fraterni” fu sottolineata sulla “Rivista Rosminiana”
già nel 1956, anche se questo “primo tentativo di introdurre in Russia il pensiero del filosofo
italiano” non fu “seguito da altre iniziative nel medesimo senso”1.
Ern aveva pubblicato prima due articoli e poi nel 1914 il Saggio sulla teosofia di Rosmini2, sulla
prestigiosa rivista «Bogoslovskij Vestnik» (Messaggero Teologico), dal 1911 al 1917 diretta e
rinnovata da Pavel Florenskij. Il 1° marzo 1915 discuteva la sua tesi di dottorato presso l’Università
di Mosca con un discorso intitolato Il posto di Rosmini nella storia della filosofia3.
In quell’occasione Ern notava: «Nei corsi generali di Storia della filosofia il nome di Rosmini è
assente o (...) menzionato per completare la rassegna e non come momento di una certa rilevanza
Questo saggio introduttivo rielabora l’intervento tenuto alla International Conference «Towards a synthetic
unity of European culture: philosophico-theological heritage of Pavel Florensky and modernity», (Moscow, 28
september-2 october 2005), in corso di pubblicazione su: "Pages: Theology, Culture, Education", “quarterly journal”
del St. Andrews Biblical Theological Institute di Mosca.
1
N. V. SEMENTOVSKY-KURILO, Rosmini e la filosofia russa, in “Rivista Rosminiana”, 1956, fasc. III, pp. 175-183,
p.178.
2
VLADIMIR F. ERN, Saggio sulla teosofia di Rosmini (Očerk teosofii Rozmini), pubblicato nella rivista ”Bogoslovskij
Vestnik” (“Messaggero teologico”), Tipografia della Santa Trinità, Sergiev Posad luglio/agosto 1914, vol. II, pp. 535568. La traduzione dei testi di Ern si deve ad Olga Borussovska e la successiva revisione italiana a Silvia Ciancio
Malcotti.
3
VLADIMIR F. ERN, Il posto di Rosmini nella storia della filosofia (Mesto Rozmini v istorii filosofii), pubblicato nella
rivista “Voprosy filosofii i psichologii” (“Questioni di filosofia e psicologia”, volume 127 (2), marzo-aprile, Mosca
1915 pp. 242-250.
5
nella storia della filosofia paneuropea. Inoltre, Rosmini condivide questo destino con tutto il
pensiero moderno italiano»4.
Esattamente la stessa cosa viene detta di Vladimir Ern nella prima edizione delle sue opere, che
ha visto la luce in Russia solo nel 1991: “Nella schiera dei pensatori russi dell’inizio del XX secolo,
a Vladimir Ern appartiene un posto importante. Tuttavia, fino ad oggi le sue opere hanno destato
poca attenzione (...) che non è affatto testimonianza di un’importanza secondaria delle sue opinioni
ed opere”5.
In Italia il nome di Ern, discepolo diretto di Vladimir Solov’ëv ed amico fraterno di Pavel
Florenskij, è comparso finora solo in qualche pubblicazione6. Eppure egli aveva intravisto “una
sorprendente familiarità interiore” tra il pensiero russo e quello italiano durante il suo soggiorno in
Italia, tra il 1911 e il 1913, come attestano le lettere inviate da Roma (dove insieme alla moglie era
stato ospite del poeta Ivano) e pubblicate tra il 1912 e il 1913 sul “Messaggero Teologico”7.
Venuto a contatto personalmente con il vivace humus culturale italiano di fine Ottocento, Ern
notava che «nella penisola nativa il nome di Rosmini e la sua opera filosofica godono di alta
considerazione. A Milano, Stresa e Rovereto sono stati edificati monumenti in suo onore. Gli scritti
a lui dedicati, che comprendono opere polemiche, esegetiche e storico-filosofiche, contano fino a
mille titoli. (....) Negli ultimi decenni le questioni della filosofia rosminiana sono state esposte in
una numerosa serie di riviste apparse e scomparse l’una dopo l’altra, mentre a partire dal 1906, ed
ininterrottamente fino ai giorni nostri, continua ad uscire un’edizione periodica intitolata “Rivista
Rosminiana”». «Tutto questo ci fa vedere - continua Ern - come Rosmini occupi un posto molto
saldo nella coscienza dei suoi conterranei» e quindi si chiede: «È normale questa strana
trascuratezza verso la filosofia italiana del XIX secolo in generale e verso Rosmini in particolare?
(...) «Non è che travisiamo in modo sostanziale la situazione dello sviluppo del pensiero filosofico
nel secolo scorso - si chiede Ern - tralasciando l’esplorazione di Rosmini, Gioberti e Mamiani, forti
e ricchi di creatività teoretica?»8.
4
V. F. ERN, Il posto di Rosmini…, op. cit., p. 242.
V. F. ERN, Sočinenija (Opere), a cura di Nikolaj V. KOTRELEV, E. V. ANTONOVA, Mosca, Pravda 1991.
N. Kotrelev, per molti anni docente di Letteratura Internazionale all’Accademia delle Scienze, è tuttora Vice Presidente
dell’Associazione Internazionale Sofia: idea russa, idea d’Europa (fondata a Roma nel 1994 dalla Presidente
Giuseppina Cardillo Azzaro, ha avuto a capo del Comitato Scientifico Sergej S. Averintse’v).
6
Cfr. B. SCHULTZE, Pensatori russi di fronte a Cristo, Mazza Firenze 1947-1949, II, pp.149-152; L. GANČIKOV,
Orientamenti dello spirito russo, ERI, Roma 1958, pp. 7-233; L. GANČIKOV, voce “Ern” in: ENCICLOPEDIA
FILOSOFICA, Sansoni, Firenze 1967, vol. II, col. 930; L. SATTA BOSCHIAN, L’Illuminismo e la steppa. Settecento russo,
Studium, Roma 1976 (19942), pp. 2-550; ROBERTO SALIZZONI, La ricezione di Gioberti in Russia. Vladimir Ern in
Giornata giobertiana, a cura di G. Riconda e G. Cuozzo, Trauben, Torino 2000, pp. 6-336.
7
V. F. ERN, Pis’ma o christianskom Rime (Lettere sulla Roma cristiana), in ”Bogoslovskij Vestnik” (“Messaggero
teologico”), 1912, n. 11, 12; 1913, n.1, 9.
8
V. F. ERN, Il posto…, p. 242.
5
6
“È normale questa strana trascuratezza?”. Ce lo chiediamo anche noi. Antonio Rosmini, pilastro del
pensiero occidentale del XIX secolo, oggi non è del tutto assente dai libri di storia della filosofia:
ma molto spesso, non viene studiato affatto.
Nato nel 1797 a Rovereto e morto a Stresa nel 1855, Rosmini fu grande filosofo, sacerdote e
fondatore nel 1828 di una Congregazione religiosa, l’Istituto della Carità, che ha come suo stemma
il Pellicano che ricava dal proprio petto la carne con cui nutre i suoi piccoli: lo stesso simbolo scelto
da Pavel Florenskij nel 1914, per l’Introduzione a La colonna e il fondamento della verità9.
Grande amico di Alessandro Manzoni, come tutti sanno, Rosmini fu forse il protagonista principale
del dibattito filosofico e teologico della sua epoca in Italia: prima di tutto per l’originalità del suo
pensiero, espressa in una mole di scritti. Ma anche perché nel 1888 quaranta proposizioni tratte
dalle sue opere furono condannate dal Sant’Uffizio: nonostante la grande stima di cui Rosmini
godeva da parte dei Papi, sia come sacerdote che come studioso.
Solamente il 1° luglio 2001, una “Nota” ufficiale da parte della Congregazione per la Dottrina
della Fede dichiarava: «Si possono attualmente considerare ormai superati i motivi di
preoccupazione e di difficoltà dottrinali e prudenziali, che hanno determinato la promulgazione del
Decreto Post obitum di condanna delle “Quaranta Proposizioni” tratte dalle opere di Antonio
Rosmini. E ciò a motivo del fatto che il senso delle proposizioni, così inteso e condannato dal
medesimo Decreto, non appartiene in realtà all’autentica posizione di Rosmini, ma a possibili
conclusioni della lettura delle sue opere. Resta tuttavia affidata al dibattito teoretico la questione
della plausibilità o meno del sistema rosminiano stesso, della sua consistenza speculativa e delle
teorie o ipotesi filosofiche e teologiche in esso espresse». Si è così avuta la conferma che il pensiero
di Rosmini non conteneva in sé errori contro la fede, ma fu condannato per altri motivi10.
Nel frattempo Rosmini continuava ad essere apprezzato (gli scrittori Tommaseo e Fogazzaro, come
pure molti santi e vescovi, si dichiararono aperamente rosminiani); continuò poi ad essere studiato
in Italia nel 1900, grazie all’opera culturale dei padri rosminiani ed in particolare alla tenace
impegno del filosofo Michele Federico Sciacca. Nato in Sicilia, era un giovane ateo all’Università
di Roma quando Giovanni Gentile, gli propose di fare la sua tesi di laurea su un pensatore ignorato
dalla cultura ufficiale: Antonio Rosmini. Sciacca ne rimase conquistato: ritrovò la fede e nel 1955
dedicò a Rosmini la Prima Conferenza Internazionale a Stresa, divenendo il fondatore di una nuova
9
“Quest’opera di Pavel Florenskij vide la luce a Mosca nel 1914 con il titolo: Stolp i utverždenie istiny, ebbe grande
successo e divenne presto introvabile. Nel 1929 un gruppo di amici dell’autore ne curò l’edizione fototipica a Berlino in
un numero limitatissimo di copie non commerciabili. La presente traduzione è stata eseguita su questa edizione e non ha
precedenti in nessuna lingua (N.d.T.)” in: Pavel FLORENSKIJ, “La colonna e il fondamento della verità”, Introduzione
di Elémire Zolla p. XXVIII, Rusconi, Milano 1998., pp. 36-663, p.I.
10
Cfr. «CHARITAS», Bollettino Rosminiano mensile, Luglio 2001, Numero speciale, pp. 196-197 .
7
corrente filosofica, lo “spiritualismo cristiano”. Egli chiamò la sua “filosofia dell’integralità”:
“L’interiorità oggettiva”, “Ontologia triadica e trinitaria”, “Atto ed essere”, sono solo alcune delle
sue opere, che già nei titoli sembrano trovare una particolare eco nella cultura russa della “silver
age”. Sciacca fu mio maestro all’Università di Genova fino alla sua prematura scomparsa, nel 1975.
L’ultima sua opera è intitolata: «Prospettiva sulla metafisica di S. Tommaso», mentre la tesi che mi
aveva assegnato verteva su “Il concetto di creazione in S. Tommaso d’Aquino”.
Ern legge la “Teosofia”
Grande è stata la mia emozione quindi, quando ho ritrovato queste parole di Ern nel suo corposo
“Saggio sulla teosofia di Rosmini”: «La descrizione dell’atto della creazione del mondo, intrapresa
da Rosmini, non ha affatto lo scopo di sollevare la cortina sopra quello che è misterioso in questo
processo e che supera le forze dell’intelletto umano; essa aspira soltanto ad avvicinarsi a quello che
è chiaro in questo processo, e attraverso l’esame di ciò che è chiaro dimostrare che nel concetto di
creazione, in primo luogo, non c’è nulla di illogico, in secondo luogo, che soltanto con questo
concetto si delinea l’uscita dagli altri punti di vista colmi di contraddizioni interiori»11. Ern
riassume «i tre momenti principali della creazione divina del mondo» nella dottrina rosminiana,
aggiungendo: «Qui per la prima volta con piena chiarezza si rivela che sotto l’essere uno e trino
Rosmini intende l’essere uno e trino del Dio cristiano»12. Ecco l’opinione di Ern (e causa principale,
forse, del suo interessamento) sulla complessa dottrina esposta da Rosmini nella sua «Teosofia»,
che uscì tra le “Opere Postume” nel 1859 (l’edizione letta e citata Ern).
Questa dottrina sulla creazione in senso trinitario, secondo Ern, «deve essere riconosciuta in tutta
l’ontologia di Rosmini come il punto più importante. Le pagine dedicate a questo tema
rappresentano, forse, gli scritti migliori di Rosmini.»13.
Con grande acume e saldezza di pensiero, Ern coglie la fondamentale distinzione rosminiana tra
il piano logico e il piano ontologico, ed anche quindi tra il divino e Dio. «Ma onde poi
quest’allucinazione, per la quale si confondono insieme due ordini cosí distinti quali sono l’ordine
delle cose ideali’ e l’ordine delle cose reali? (...) La prima cagione che si presenta alla mente è
quella de’ vocaboli»14. «Ancora una volta - nota Ern - Rosmini ripete che la distinzione dei
momenti della creazione del mondo ha il carattere puramente logico e non cronologico e che in Dio
11
V. F. ERN, Saggio sulla Teosofia di Rosmini, op. cit., p. 560.
Ibidem, p. 563.
13
Ibidem, p. 566.
14
A. ROSMINI, Dell’idea della sapienza, parte III dell’Introduzione alla Filosofia, a cura di P. P. Ottonello, ENC, vol. 2,
Città Nuova, Roma 1979, n. 60, p. 113.
12
8
tutti gli atti sono eterni ed immediati, ma questa distinzione è molto importante in quanto stabilisce
la vera sequenza logica nella relazione dell’Essere assoluto all’essere relativo, che vuol dire,
appunto, tracciare il limite essenziale tra l’uno e l’altro. Il nostro intelletto appartiene all’essere
relativo, e per questo l’ordine dei momenti appena stabiliti per il nostro intelletto è sostanzialmente
diverso».
Ern comprende a pieno la distinzione rosminiana tra «atto della percezione» e «ordine della
riflessione»15. «Da queste posizioni - egli scrive citando Rosmini - con una nuova forza si deduce la
distinzione principale tra, in primo luogo, l’archetipo del mondo e il Verbo, e, in secondo luogo, tra
il Verbo e l’essere iniziale. L’archetipo del mondo che include tutte le entità e le idee realizzate nel
corso della creazione non ha l’essere in sé ed esiste esclusivamente nell’intelletto divino. Il Verbo di
Dio, invece, ha l’essere di soggetto, d’ipostasi. Inoltre, l’archetipo del mondo ha il carattere della
creatura. Lo si può identificare con la sapienza creata alla quale si riferiscono le seguenti parole:
“Dal principio e prima de’ secoli sono stata creata” (Sir., XXIV, 10), “Ab eterno sono stata
ordinata, e in antico prima che fosse fatta la terra” (Prov., VIII, 23) 16. Il Verbo di Dio, invece, non è
creato. Esso è indipendente sia dalla libera volontà di Dio sia dall’essere iniziale sia dai reali termini
di quest’ultimo»17. Ern conclude: «Qui Rosmini sottolinea il suo consenso con l’Angelo delle
Scuole»18.
Attraverso questa lunga citazione, si può notare come la “lotta per il logos”, che è anche una
battaglia per una filosofia e cultura cristiana “paneuropea”, come Ern la chiama, non sia il frutto di
una velleità, sia pure generosa: in lui è il risultato di una profonda riflessione filosofica basata su
una attenta analisi dei fondamenti basilari della cultura filosofica d’occidente, medioevale ed anche
contemporanea, qui rappresentata in particolare da Tommaso e Rosmini.
Accenno alla «Sofia»
Tra la rosminiana «idea della sapienza» e l’idea di sofia che appartiene al pensiero filosofico e
teologico russo sin dalle sue origini storiche, sarebbe importante articolare confronti. Riguardo al
pensiero russo contemporaneo, come è noto, occorre anzitutto fare riferimento a La Sofia. L’Eterna
Sapienza mediatrice tra Dio e il mondo di Vladimir Sergeevič Solov'ëv19 e alla lettera decima: “La
Sofia”, in La colonna e il fondamento della verità di Pavel Florenskij.
15
Teosofia, citata da Ern in nota, 1859, vol. I, p. 414.
Teosofia, citata da Ern in nota, 1859, vol. I, p. 420.
17
Teosofia, I, 419-420, ivi citata.
18
V. ERN, Saggio sulla teosofia di Rosmini, in «Bogoslovskij Vestnik», luglio-agosto 1914, pp. (pp. 24 e 28 della
traduzione it.)
19
VLADIMIR SERGEEVIČ SOLOV’ËV, La Sofia. L’Eterna Sapienza mediatrice tra Dio e il mondo, San Paolo, Roma 1997,
pp. 5-135, 49-50.
16
9
Scrive Solove’v: «In effetti l’uomo non si accontenta del piacere che gli procura la
soddisfazione dei suoi appetiti fisici e che ha in comune con gli animali. Per essere felice deve
soddisfare anche un bisogno che gli appartiene in modo esclusivo, quello di agire moralmente e di
conoscere la verità. Agire moralmente, secondo principi generali e universali e non sotto l’impulso
degli istinti animali; conoscere la verità, ovvero conoscere le cose nella loro universalità e totalità e
non nella loro realtà apparente, parziale e passeggera. Rilevando questo bisogno supremo come un
dato di fatto (…) ci è sufficiente sapere che esso esiste e che senza di esso l’uomo non è più
uomo»20.
Questa parola uni-totalità è coniata da Solov’ëv, ma si trova estremamente simile già nel
“Nuovo saggio sull’origine delle idee”: “Egli è dunque intenzione di quest’opera, risalire, quanto si
può, fino all’origine in noi della verità, ove sono le sorgenti del fiume della vita; e da quell’origine
prima, derivare tutte le umane cognizioni ad un tempo e l’umana certezza; discoprendo così un
unico seme, dal quale germogli quella vera filosofia di cui il genere umano abbisogna, la quale
mostri in sé i due caratteri da me altrove fermati alla medesima, della unità e della totalità, col
primo de’ quali ella dia consistenza e pace alle cognizioni, col secondo dia quell’immenso pascolo
allo spirito umano, del quale egli è famelico, e senza il quale non può reggere”21.
Pavel Florenskij nella sua Sofia cita Gregorio il Teologo dicendo che la «Sapienza originaria
dell’universo contemplava come figure ideali gli archetipi costitutivi del mondo»22 e cita Clemente
d’Alessandria: «noi esistevamo già prima della creazione del mondo (...) esistevamo già prima nel
pensiero di Dio, noi che in seguito diventammo creature razionali del verbo di Dio»23.
Questa è l’«idea della Sofia-Sapienza preesistente al mondo (...) riccamente disseminata in tutta
la Scrittura e nelle opere dei Padri»24. Florenskij riprende lo stesso brano dei Proverbi, citato da
Rosmini nella Teosofia e riportato da Ern, citando la dottrina sulla Sofia di s. Atanasio: “Perciò non
è strano che questa Sapienza creatrice e vera, di cui sono impronta la sapienza e la scienza diffuse
nel mondo, dica in certo senso di se stessa: <Il Signore mi creò nelle sue opere>. Perché nel mondo
non c’è la Sapienza creatrice ma la sapienza creata nelle cose… ”25.
Oscuramento di un filone metafisico
20
La Sofia, cit., pp. 5-135, 49-50.
A. ROSMINI-SERBATI, Nuovo saggio sull’origine delle idee, vol. I, pag. XLII; Libraria Editoriale Sodalitas,
riproduzione anastatica della edizione in tre voll. della Tipografia di Paolo Bertolotti, Intra, 1875-1876.
22
P. FLORENSKIJ, La colonna e il fondamento della verità, Introduzione a cura di Elémire Zolla, p. XXVIII, Rusconi,
Milano 1998, pp. 36-663, p.390.
23
Ivi, p. 391.
24
Ivi, p. 394.
25
Ivi, p. 407.
21
10
Queste tematiche non sono certo estranee al sentire e al pensare della Chiesa Cattolica, secondo una
linea che non ha subito interruzioni, ma piuttosto oscuramenti. Certo, come linea di studi filosoficoteologica insieme, è stata volutamente ignorata e emarginata dalla storiografia accademica e forse
trascurata dagli stessi studi cattolici. Ma nel corso dei secoli questo vivo magma è rimasto presente
come un filone sotterraneo anche in Occidente ed è emerso prepotentemente almeno in due
occasioni: nel 1854 e nel 1950, in occasione della proclamazione dei dogmi dell’Immacolata
Concezione e dell’Assunzione della Beata Vergine Maria Madre di Dio, che come è noto affondano
le loro radici in un contesto culturale e teoretico molto antico.
Una spiegazione della creazione di tipo trinitario, come quella di Rosmini notata da Ern, veniva
espressa ad esempio nel Settecento italiano da Vincenzo Miceli, un oscuro metafisico siciliano
(1734-1783), conosciuto però e citato da Rosmini. Miceli scrisse diverse opere di filosofia e
teologia, fedele agli insegnamenti dei Padri della Chiesa, i quali a suo dire sentivano che «la vera
filosofia non è mai stata nemica della religione, anzi a questa mirabilmente dispone gli animi»26.
Esattamente con lo stesso significato e parole molto simili a quelle di Rosmini ed Ern, questo
metafisico siciliano afferma: “L’uomo fu creato ad immagine e similitudine di Dio (...) L’uomo
dunque aveva in sé partecipata la sacrosanta triade, la virtù del Padre, la Sapienza del Figlio, la
santità dello Spirito (...) Tutti e tre dunque si diffusero nel creare l’uomo”27. Per Miceli l’Ente è
«una Forza viva interiormente ed esteriormente; tantoché il mondo aspettabile non è che la
Onnipotenza estrinsecamente considerata, come l’intellegibile è la Sapienza; proprietà essenziali
dell’Ente vivo reale agente in perpetua novità». Per queste sue idee, ancora cento anni dopo la sua
morte Miceli veniva considerato un ontologico panteista del tutto simile a Giordano Bruno 28. Egli
stesso rimandò la pubblicazione della sua opera principale, Idea di un Nuovo sistema (che poi
rimase inedita fino al 1990), perché temeva i rigori dell’Inquisizione, che venne soppressa un anno
dopo la sua prematura scomparsa.
Vincenzo Miceli parla apertamente in questa sua opera, scritta alla fine del 1700, di “Concezione
Immacolata” : “...se la natura mutasse ordine nel generare, facendo ciò senza concupiscenza (locché
sarebbe un miracolo) e fosse l’attuale esercizio della Sapienza e della Carità, nonché della natura, il
figliuolo nascerebbe senza peccato soprannaturale, poiché conoscerebbe l’origine di tutte e tre le
persone, e nascerebbe Santo. Ed ecco concepita senza ripugnanza la Concezione Immacolata” 29.
26
ROSALIA AZZARO PULVIRENTI, Miceli e Rosmini. Con l’opera inedita di Miceli «Idea di un nuovo sistema », p. 68,
nota 36.
27
Ibidem.
28
Ivi, p. 51, nota 1.
29
Ivi, p. 148.
11
Egli è anche autore di un’opera intitolata “Vera ac Realis Idea Verae Christi Ecclesiae Tractatus
Theologico-Scientifico-Dogmatico e di una “Ad Canonicas Institutiones Isagoge”, in essa si trova
una sua biografia, che ci parla della sua devozione alla Madre di Dio: “Deiparam Virginem enixe
coluit, atque ejus venerationem ale omnium animis imprimere conabatur”30.
Vincenzo Miceli è il fondatore della cosiddetta “Scuola Monrealese”. Un suo allievo, Saverio
Guardì, in un “Sermone per la Immacolata Concezione di Maria Vergine”, scrive: «...se mai mi
fosse concesso, di arrivare lassù fino al trono dell’Eterno Fatore, e contemplare nell’eterna ragione
la prime pure idee, nelle quali segnate sono tutte le cose create, io al centro mirerei la prima Maria,
come la più perfetta delle creature»31. Tale premessa si snoda con argomentazioni teologiche e
filosofiche ardite ma logicamente inoppugnabili.
L’Immacolata è vista come l’archetipo o il modello della creatura umana già in mente Dei, ancor
prima dell’atto della creazione; rappresenta quindi il perfetto esemplare puramente umano di quella
Sapienza incarnata, che come Sapienza increata è il Verbo, Figlio di Dio e Uomo-Dio, ma come
sapienza incarnata in una creatura umana si realizza in Lei, Maria, al massimo delle sue potenzialità
intellettuali e spirituali.
«...ci giova almeno ascoltare dalla medesima Vergine l’idea, che tolta dalla divina mente espresse di
sè stessa. Ego ex ore Altissimi prodivi primogenita ante omnem creaturam. Noi ben sappiamo, che
il saggio qui intede parlare della ineffabile generazione dell’Eterno Verbo, che si è la prima, eterna,
immutabile e viva parola del padre; ma chi non sa ancora che la Chiesa, e i Padri, i misteriosi detti
adattano alla gran madre dell’eterno Figlio, come se volessero farci apprendere, che la generazione
del Figlio sia quasi un modello della concezione della Madre (...) Come il Padre tutto creò pel
Verbo, così in Maria pre-eletta Madre del Verbo, la natura umana tutta doveva ricrearsi e riformarsi
(...) E se è vero che Adamo rappresenta in sé stesso la potenza del conoscere e dell’operare del
padre...se è vero che un vivo raggio di luce derivato dall’eterna Sapienza del verbo gli illustra la
mente...e una fiamma d’amore partecipata dal fonte immenso di carità del divino Spirito gli accende
la volontà e lo congiunge in modo sovrannaturale a quel bene immutabile che è Dio...E se è vero
che in Adamo Dio mirava da lontano quel Figlio che da lui doveva prendere la carne (Christus
cogitabatur homo futurus)...Allora è ben giusto argomentare, che pensasse anche alla Madre, se la
carne del Figlio è quella stessa della Madre».
L’Immacolata rappresenta quindi il perfetto esemplare umano di quella Sapienza incarnata, che
come Sapienza increata è il Verbo, Figlio di Dio, Uomo-Dio, ma come sapienza incarnata in una
30
31
Ivi, pp. 143-144, nota 41.
Ivi, p.144-145, nota 41.
12
creatura puramente umana si realizza in Lei, Maria, al massimo delle umane potenzialità, sia come
«ampiezza della mente» che come «profondità dell’intelletto». «Né ciò vi prenda meraviglia –
conclude il nostro autore– perché se l’uomo nella vile, e corrotta materia involto, e impacciato,
giunge col pensiero più veloce del raggio di sole a salire sulle più alte sfere, quanto più Maria, cui
né occhio, né sensi ritardano, potrà in un giro d’occhio conoscere le visibili, e invisibili cose? Chi
potrà misurare la fermezza invincibile della volontà di lei nell’essere attaccata al vero bene? E chi la
poteva distaccarla da tutto ciò, se i sensi lungi dall’essere ritrosi alla ragione, ritraendo dagli oggetti
terreni le pure idee, in essi non le rappresentavano altro, che l’Onnipotenza, la Sapienza e
l’Immensità del creatore?»32.
Abbiamo qui - in questo scritto di un trascurato pensatore siciliano della prima metà dell’800,
allievo di quel Vincenzo Miceli citato da Rosmini, che ha in comune con lui un concetto di
creazione trinitaria - abbiamo qui come vedete degli accenti molto simili, per lo stesso ardore e
significato, da quelle usati da Pavel Florenskij, nella sua lettera su “La Sofia”, dove non si stanca di
tessere il suo canto di ammirazione e di affetto per quell’«archetipo divino nell’uomo», per quel
«modello di purezza verginale» che «è la Purissima e piú che benedetta Madre del Signore», la cui
«bellezza sofianica» è dovuta alla «incomprensibile superiorità su tutta la creazione di Dio»33.
Un primo grande merito di Vladimir Ern dunque è proprio questo: l’aver scoperto e messo in luce la
“sorprendente familiarità interiore” tra lo spiritualismo filosofico russo e quello italiano (in
particolare di Antonio Rosmini ma anche di altri, come Vincenzo Gioberti e Terenzio Mariani),
ambedue critici nei confronti del razionalismo storicistico ed al contempo persuasi della necessità di
contemperare fede e ragione, cioè di incarnare il Logos nella viva realtà, anche sociale e storica, dei
popoli: “seguire cioè la retta ragione, e vivere secondo ragione è vivere secondo l’insegnamento di
Cristo”, secondo la comune radice dell’insegnamento patristico34.
La parabola culturale di Ern
Nella sua città natale, Tbilisi, Ern frequentava la stessa classe ginnasiale di Florenskij.
Condividono poi la stessa stanza al pensionato dell’Università di Mosca, dove Ern entra nel 1900
32
SAVERIO GUARDÌ, Alcuni Sermoni e Panegirici del Can. Tesoriere S. Guardì, con un’orazione funebre del Can. Ciro
Terzo, Reale Stamperia, Palermo 1842, pp. 63-76; cit. da R. AZZARO PULVIRENTI, Miceli e Rosmini..., op. cit. pp. 144145.
33
P. FLORENSKIJ, La colonna e il fondamento della verità, cit., pp. 432-433.
34
Cf. CLEMENTE ALESSANDRINO, Paedagogus, I,13, PG, VII, 371: «Quae in ipsam Rationem seu Verbum
inoboedientia committitur, peccatum generat…»; Stromata VII, 16; PG, IX, 538: «Quemadmodum ergo in bello non est
ordo deserendus quem dedit imperator militi, ita nec deserendusest ordo quem dedit nobis Logos, quem accepimus
principem ac ducem cognitionis et vitae»: citato da REGINALDO PIZZORNI, Il diritto naturale dalle origini a S. Tommaso
d’Aquino, Città Nuova Editrice, Roma 1985, p. 143, nota 25.
13
per studiare filosofia e storia. «Le discussioni fra amici avvenivano soprattutto dopo il tè della sera
o a notte tarda, quando Vladimir scendeva giù per prendere per sé e Pavel dell’acqua calda e del
pane nero…Si rimaneva davanti alla porta della “cella” per ascoltare fino alla fine le esposizioni di
Vladimir su S. Agostino, Origene e “Tre dialoghi»35.
Nel febbraio del 1905, come immediata reazione ai moti rivoluzionari moscoviti del 9 gennaio,
Ern fondò con Svencickij la “Confraternita Cristiana di Lotta”, che nel suo programma intendeva
affermare ”il principio dell’amore cristiano nei rapporti socio-economici”36; Florenskij però si
rifiutò di seguire i loro proclami rivoluzionari contro «lo zar apostata»”.
«Di tanto in tanto anche Sergej Bulgakov e Pavel Florenskij si impegnano in isolati progetti
editoriali che sono in stretto rapporto con la “Confraternita di lotta”. Il programma di questa
organizzazione si presenta come una particolare miscela di teoria illuminista dello stato, mistica
russa della Sofia e fede scientifica nel progresso...Dopo il 1907 non si parla più della “Confraternita
cristiana di lotta”.
Ma se “la ragione dell’insuccesso di questo movimento non deve essere cercata in primo luogo
nella persecuzione ufficiale”37, possiamo dire che Ern percorre una parabola comune a molti
giovani russi dell’epoca, non esclusi V. Solove’v, F. Dostoevskij e S. Bulgakov. Partendo da
un’accesa passione sociale e politica, ne escono presto anche teoreticamente delusi e finiscono per
applicarsi con lo stesso ardore all’ambito filosofico, letterario e specialmente teologico. Molto
probabilmente maturarono una comune convinzione di tipo evangelico, che è “dal di dentro che
vengono i mali dell’uomo”: cioè, gli uomini e le società possono essere veramente migliorati solo
dall’interno, dalla propria identità interiore, che ha le sue radici nella libertà di coscienza, nella fede
e nella cultura. Anche in questo senso, si parla di “coraggiosa apertura storiosofica” della cultura
russa38.
L’ulteriore evoluzione filosofica di Ern segue una linea decisamente slavofila. Questa posizione
trova la sua espressione più chiara in una serie di articoli, che poi raccoglie con il titolo Lotta per il
Logos (Mosca 1911)39. In quest’opera egli «attribuisce alla Russia una comprensione religiosamente
35
“Se una volta i vicini entravano nella stanza, con riguardo all’invito scritto appeso al muro che esortava a non rubar
tempo all’abitante della “cella”, si affrettavano a uscirne fuori, per non interrompere gli esercizi di matematica di
Pavel”: V. I. KEJDAN (a cura di): Vzyskujuščie grada. Chronika častnoj žizni russkich religioznych filosofov v
pis’mach i dnevnikach (I cercatori della città. Cronaca di vita privata dei filosofi religiosi russi nelle lettere e nei diari),
ed. Škola “Jazyki russkoj kul’tury”, Mosca, 1997, pp. 747; p. 58 e ss.
36
R. SALIZZONI op. cit., p. 249.
37
Cfr. ULRICH SCHMID, Russische Religionsphilosophen des 20. Jahrhunderts, ed. Herder, Friburgo, Basilea, Vienna
2003, pp.310; p. 233.
38
“Lo spirito russo…respinse ogni tentazione storicistica e s’orientò, invece, verso la ricerca del senso profondo della
storia intesa come realtà da vivere e da costruire, e cioè della storia come valore”: Leonida GANCIKOV, Orientamenti
dello spirito russo, ERI ed. 1958, p. 220.
39
«Qui Ern scende in campo come araldo della filosofia russa che egli difende contro il modello dell’epigonismo e
ritorce le accuse e sminuisce il valore del pensiero occidentale rispetto a quello russo. Il fatto che egli vada qui oltre il
14
viva del Logos, mentre tutta la religione occidentale, ad eccezione di Schelling, è vittima di un
concetto meccanicistico del razionalismo. È indicativo il fatto che Ern difenda la sua posizione con
estrema veemenza e polemica: egli rileva come la “cultura russa” sia minacciata dalla
“civilizzazione occidentale”. La tradizione spirituale del Logos in Russia rappresenta una conquista
che dovrebbe essere salvaguardata dal deleterio influsso straniero»40.
Questa “Lotta per il Logos” trova un’eco pubblicistica anche nella monografia di Ern (Mosca
1912) su Gregorij Savvič Skovoroda (1722- 1794), studiato anche in Italia come uno delle prime
espressioni del carattere culturale tipicamente russo41. Nell’opera che gli dedica, Ern scrive che la
comparsa di Skovoroda costituisce la «nascita della filosofia in Russia»42.
N. Arsen’ev scrive di lui: “Egli è con vero ardore, con fervido slancio, con intensissimo amore,
coscientemente e risolutamente cristocentrico. Questo cristocentrismo è fondamentale per
Skovoroda e per la sua esperienza religiosa, nella quale forse si dà più rilievo all’eterno divino
Verbo o Logos, che non alla sua apparizione nella carne”43.
Certamente Ern vede scaturire la corrente principale della filosofia russa dai Padri della Chiesa
orientale e non dal razionalismo o empirismo europeo. Nel momento in cui si cominciarono a
percepire le influenze filosofiche occidentali, la Russia possedeva già una tradizione filosofica
originale ben delineata che egli chiama "Logism" e Skovoroda è uno dei suoi autori.
Le caratteristiche principali di questa tradizione sono, in primo luogo, la sua ostilità alla pura
speculazione, alla "filosofia da poltrona". In secondo luogo, l’interesse centrale della “filosofia del
logos” risiede nell’uomo, nell’uomo nella sua interezza, non in un’astrazione. In terzo luogo,
l’uomo è visto in stretta relazione con Dio. In quarto luogo, il linguaggio metaforico è usato in
maniera estensiva per esprimere le segrete sorgenti interiori della vita umana. Queste caratteristiche
sono prevalenti in Dostoevskij, Solov’ëv, e Tolstoj. L’accento sulla naturale inclinazione o la
vocazione personale è centrale per gli Slavofili, che applicano questo concetto all’intera nazione
russa. Per questa ragione Ern chiama Skovoroda il «padre segreto dello Slavofilismo»44.
Sul piano teoretico Ern combatte per una rivalsa dell’esperienza spirituale sulla tendenza
razionalistica del pensiero occidentale contemporaneo, razionalismo che nelle suggestive
suo obbiettivo, è stato rilevato già e criticato dai suoi contemporanei, soprattutto S. Frank e S. Gessen. Ern lavora
volentieri con dicotomie statiche, che mostrano un polo positivo e uno negativo»: U. SCHMID, op. cit., pp. 233-234.
40
Ibidem.
41
Cfr. LAURA SATTA BOSCHIAN, L’Illuminismo e la steppa. Settecento russo, Studium, Roma 1976 (19942), pp. 94-114.
42
V. ERN, Grigorii Savvich Skovoroda: Zhizn i uchenie (Gregory Savvich Skovoroda: vita e insegnamento) (Moscow:
Put, 1912), pp. 33.
43
N. ARSEN’EV, Bilder aus dem russichen Geistesleben, I. Die mystische Philosophie Skovorodas, Könisberg_Berlino
1936, I, pp.3 ss., citato da Tomáš ŠPIDLÍK, I grandi mistici russi, Città Nuova, Roma 19873, p. 329.
44
TARAS ZAKYDALSKY, The Theory of Man in the Philosophy of Skovoroda, 1965, cap. VI.
15
espressioni di Skovoroda, è quel “cattivo sole” al quale va contrapposto il Logos come “luce vera
che illumina ogni uomo” (Gv. 1,9), il Verbo Incarnato.
“Difatti nel quadro delle sue vedute cosmologiche «Cristo è la legge interna del mondo»45.
Indirizzandosi alle creature, Skovoroda esclama: «Dietro al vostro cattivo sole troveremo quello
nuovo e magnifico: si faccia luce!…Egli ci grida: Rallegratevi! Siate fiduciosi! la pace con voi!
Non temete! Io sono la luce per l’idolo del sole e del suo mondo. Chi ha sete venga a me e beva».
Purtroppo - continua Tomás Špidlìk - Skovoroda non era in grado di scorgere Cristo nel pieno
valore della sua incarnazione. Cristo è per lui, come giustamente notò Arsen’ev, il Verbo, il Logos,
la legge spirituale”46.
Ma forse, se si può parlare di inizi di una filosofia russa, è proprio perché si dà più rilievo al
Logos come “legge spirituale”, cioè al Verbo che illumina la mens dell’uomo: “L’intelligenza,
infatti, può vedere appunto perché ha una luce che la illumina. E questa luce viene dal Verbo. Si
noti bene: «viene» dal Verbo, non è il Verbo; come la luce che illumina l’occhio del corpo viene dal
sole, ma non è il sole”47. Una filosofia dunque distinta ma non separata dalla teologia, e sorella di
quella d’Occidente non abbagliata dal “cattivo sole” del razionalismo assoluto, ab solutus dalla viva
realtà spirituale del Logos incarnato48.
Sul piano teoretico perciò Ern combatte per una rivalsa dell’esperienza spirituale sulla tendenza
razionalistica del pensiero occidentale contemporaneo. Al “logicismo” (логизм) formale e astratto
egli contrappone la sua “lotta per il Logos” (борьба за логoс) ossia per “la ragione considerata
fuori d’ogni sua astrazione dalla viva e concreta realtà”49, per giungere ad una “visione
ontologicamente comprensiva” della vita. Il contributo più valido a tale concezione realistica,
personalistica e cristiana fu dato, secondo Ern, dalla metafisica di Vladimir Solov’ev.
Qui è interessante notare, che non a caso Florenskij rilegge tutta la parabola culturale dell’amico
Ern, alla luce di questa poetica sul “sole” risalente a Skovoroda: una solarità letale contrapposta ad
una magnifica. Nel farne l’elogio funebre, egli si rivolge in prima persona all’amico scomparso:
“Secondo la tua convinzione - proprio in quella stessa situazione concreta, che è
rappresentata con precisione protocollare nel dialogo “Fedro”, Platone sperimentò nel
contempo lo stato di estasi rappresentato, provocato dai raggi accecanti del sole di
45
G.S. SKOVORODA, Sočinenija (Opere), ed. V. Bonc- Bruevič, Pietroburgo 1912, pp.78 s. ; nuova ed. Kiev 1961; citato
da B. SCULTZE, Pensatori russi di fronte a Cristo, Firenze 1949, 3 volumi, II, pp.149-152, p. 27.
46
TOMÁS ŠPIDLÌK, I grandi mistici russi, Città Nuova, Roma 1977, 19873 pp. 7- 366, pp. 329-330.
47
REMO BESSERO BELTI, Il Verbo luce dell’anima, Città Nuova, Roma 1981, p.15.
48
Cfr. Clemente Alessandrino, Paedagogus, I,13, PG, VII, 371: «Quae in ipsam Rationem seu Verbum inoboedientia
committitur, peccatum generat…»; Stromata VII, 16; PG, IX, 538: «Quemadmodum ergo in bello non est ordo
deserendus quem dedit imperator militi, ita nec deserendus est ordo quem dedit nobis Logos, quem accepimus
principem ac ducem cognitionis et vitae»: citato da Reginaldo Pizzorni, Il diritto naturale dalle origini a S. Tommaso
d’Aquino, Città Nuova Editrice, Roma 1985, pag. 143, nota 25.
49
Cit. da L. GANCIKOV, Ern V.F. in: Enciclopedia filosofica, Sansoni, Firenze 1967, col. 930.
16
mezzogiorno in Attica, fra rocce roventi e campi riarsi. In questa estasi, o “rapimento
solare”, άρπαγμός
ήλιακός, Platone comprese la natura solare, portatrice di luce,
dell’ambiente montano. Così fu scoperto il platonismo. Tutto ciò che dicevi lungo la
strada era significativo e importante sia per Platone sia per te stesso, poiché il tuo
studio su Platone, nonostante il carattere riservato e obbiettivo della sua elaborazione,
era chiaramente autobiografico e si ispirava chiaramente all’esperienza personale. Ciò
su cui non eri d’accordo riguardo a Platone, era ancora più tipico di te. Tu non vedevi il
lato notturno del platonismo, negavi la sua dionisicità; e a quel tempo discussi molto con
te a questo riguardo, pensando a Platone. Ora non starò più a questionare, pensando a
te: ahimè, la vita ha dimostrato che avevo ragione. Il lato autobiografico del tuo lavoro
nell’analisi unilateralmente solare di Platone mi faceva star male, e forse allora
discutevo con te prevalentemente come pedagogo, desiderando tirarti un po’ da parte.
Non si deve vivere con il cuore compenetrato soltanto di solarità; laddove non v’è
l’oscurità creativa delle iniziazioni in una grotta, Apollo-Elio brucia e uccide, passando
a Moloc. E come non hai potuto capire che l’estasi solare, da te descritta, nella sua
unilateralità è già distruzione dell’equilibrio mistico, è già la morte solare”50.
Risulta evidente che questo “sole” che abbaglia e uccide è il razionalismo assoluto, cioè un
Logos o Sofia che vuole contrapporsi alla luce del vero sole, il Verbo come Sofia Sapienza Divina.
Qui Florenskij, come altrove Bugakov51, in qualche modo forse rimproverano al fraterno amico di
vita e di studi, un po’ di questa stessa eccessiva fiducia nella ragione, che in Ern è anche la speranza
di un suo recupero alla “apertura metafisica” e quindi di una vera filosofia “pan-europea” del
Logos. Dovrebbe trattarsi di un pensiero europeo fiducioso nella sua capacità di attingere ad una
verità viva, metafisicamente fondata su una realtà: un ontologismo non nel senso deleterio o
paneistico del termine ma nel senso più autentico, di “conoscenza integrale” (cel’noe poznavanie) o
“sintesi universale”: quale Ern eredita da K. I Kireevskij, A.S. Chomjakov e V. Solov’ëv e che egli
rielabora autonomamente, credendo appunto di riconoscerla nel pensiero di Rosmini e Gioberti.
Anche per questo Ern subisce l’affettuosa contestazione di un pericolo “razionalista”, all’interno
della corrente dei suoi stessi amici slavofili, dove egli ci appare forse come il più “filosofo”, nel
50
P. A. FLORENSKIJ, In memoria di V. F. Ern (Pamjati Vladimira Franceviča Erna). Pubblicato per la prima volta nella
rivista “Christianskaja mysl’” (“Pensiero cristiano”), 11/12 (1917), si trova in: P. A. FLORENSKIJ, Sočinenija v četyrech
tomach [= SCT] (Opere in quattro volumi), a cura di A. Trubacëv, M. S. Trubaceva, P. V. Florenskij, ed. Mysl', Moskva,
vol. I, 1994; vol. II, 1996; vol. IV, 1998; vol. III/1, 1999, vol. III, pp. 346-351.
51
“S. Bulgakov contesta il termine <logismo> osservando in una lettera ad Ern che «gli ‘ismi’ sono in generale un
prodotto razionalistico, e sul logismo incombe il pericolo di divenire inconsapevolmente una delle forme del
razionalismo che Voi combattete» (V.I.Kejdan (curatore): Vzyskujuščie grada… (I cercatori della città…), Mosca 1997,
p.497): cit. da Salizzoni, La ricezione…op. cit., nota 20, pp. 263-264.
17
senso nostro “occidentale” del termine: che però non è il suo. Egli infatti va tenacemente alla
ricerca di un tertium, “una certa interna sintesi” tra Verità e Realtà, tra filosofia e religione, la cui
intuizione egli attribuisce a Gioberti52, una “certa complessiva pienezza della ragione” che lo mette
in perfetta sintonia con la “filosofia dell’integralità” di Antonio Rosmini: ma che a nostro avviso è
uno slancio intellettuale suo proprio, nel quale sta forse la sua maggiore originalità ed attualità
come pensatore.
Da notare che il Roveretano, a sua volta, chiama “falso idealismo” quello che pretende o di
separare il Reale dal Razionale, o di vederli coincidere del tutto. Come si sa, secondo
l’interpretazione classica a cui si ispirava anche la scienza, almeno fino a Galileo, , noi possiamo
capire la natura e le sue leggi perché vi è già insita una razionalità, cioè l’impronta di una
intelligenza ordinata e ordinatrice.
Hegel invece nota Rosmini, “accetta l’aforisma prima aristotelico e poi tomistico: nihil est in
intellectu quod prius non fuerit in sensu (non vi è niente nell’intelletto che prima non sia stato nel
senso) e il suo sistema consiste nell’aggiungere che nihil est in sensu quod prius non fuerit in
intellectu (non vi è niente nel seno che prima non sia stato nell’intelletto). Di maniera che - continua
Rosmini - ammette vera reciprocamente l’una e l’altra sentenza e compendia sé stesso in questa
sentenza: Ciò che è ragionevole - razionale - è reale, e ciò che è reale, quello è razionale”53.
Questa mancanza di distinzione dei due piani, logico ed ontologico, apparentemente rappresenta
il culmine dell’esaltazione della filosofia come discorso razionale: da qui si apre invece il baratro
che conduce alla rovina non solo il pensiero nella sua specifica concretezza, ma la stessa riflessione
metafisica e morale, intesa al servizio e a difesa dell’uomo stesso.
Si tratta dello stesso “logicismo formale” e astratto, al quale Ern contrappone la sua “lotta per il
Logos” ossia per «la ragione considerata fuori d’ogni sua astrazione dalla viva e concreta realtà»54,
per giungere ad una «visione ontologicamente comprensiva» della vita.
Il contributo più valido a tale concezione realistica, personalistica e cristiana fu dato, secondo
Ern, dalla metafisica di Solov’ëv, che sin da ragazzi insieme a Florenskij ammiravano
52
“Il punto di identità di filosofia e religione, secondo la fondamentale intuizione di Gioberti, non è il semplice incontro
di questi due sistemi dominanti del credere, non è la semplice intersezione di due linee…ma una certa interna sintesi,
nella quale con singolare pienezza si conservano tanto tutta la sostanza della filosofia, quanto tutta la sostanza della
religione, che fornisce come risultato della propria unità un fenomeno sui generis, che non è né filosofia né religione,
ma una certacomplessiva pienezza della ragione, che nella religione e nella filosofia è rappresentata solo in parte”: V.
ERN, Filosofja Dzoberti, cit., p. 218, cit. da da SALIZZONI, La ricezione…op. cit. pp. 256-257.
53
La citazione di HEGEL da Philosophie des Rechts, Vorrede Enzyklop. Einleitung §6, (Filosofia del Diritto,
Introduzione), è fatta in tedesco da A. ROSMINI, Teosofia, edizione critica a cura di Maria Adelaide Raschini e Pier
Paolo Ottonello, Città Nuova, Roma, 2000; Opere di Antonio Rosmini, vol. 15, tomo IV, Parte I: Ontologia, Libro V, La
dialettica, Capitolo XIII, par. 1802, p.344.
54
Cfr. L. GANČIKOV, Ern, in Enciclopedia filosofica, Sansoni, Firenze 1967, vol. II, col. 930.
18
profondamente. A Mosca nel 1905 fondarono insieme la “Società filosofico-religiosa in memorias
di Vladimir Solov’ëv” di Mosca, che esercitò una significativa influenza sul suo sviluppo
intellettuale; egli pubblicò alcune sue opere con la casa editrice Put’, nata proprio come strumento
pubblicistico della “Società Solov’ëv”55.
Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale viene indicato da Ern come segno della giustezza delle
sue tesi filosofico-culturali. L’opposizione Logos-Ratio viene ampliata ora in una più vasta
contrapposizione: la Germania fa affidamento in ultima istanza al pugnale - «lo stesso Dio è per lei
forza, non verità» - la Russia invece riconosce soltanto la croce come supremo potere56.
Durante gli anni della guerra Ern si prepara alla carriera universitaria. I suoi scritti accademici si
occupano in primo luogo della filosofia italiana (Rosmini, Gioberti). In particolare in quella “idea
dell’essere” che per Rosmini «è mezzo di conoscere tutte le altre cose», Ern ritrova confermata
l’idea che condivide con l’amico Florenskij, cioè la stessa «fede nella realtà trans-oggettiva
dell’essere: l’essere si apre direttamente alla conoscenza»57.
Ern si ritrova ad essere affascinato dalla Teosofia, dove «Rosmini tenta il definitivo passaggio
dal problema gnoseologico al problema metafisico, affrontando il tema dell’unità e della
molteplicità dell’essere, che è uno, e tuttavia si articola in tre forme: ideale, reale e morale»58.
Ern giunge alla conclusione che la fonte di ispirazione comune, dal punto di vista speculativo, si
trova, in una interpretazione originaria e nuova di Platone, padre della filosofia occidentale ed
orientale. All’inizio del 1917 Ern pubblica la prima parte di una vasta opera intitolata La suprema
conquista di Platone, interrotta dalla sua morte per nefrite, il 29 aprile dello stesso anno.
Nell’elogio funebre per l’amico scomparso, Florenskij sottolineava che già nel periodo
giovanile «vagavamo insieme per i boschi e soprattutto fra le montagne, leggevamo assieme Platone
nelle radure e sulle cime rocciose»59.
«La menzione di questo nome è sintomatica dell’evoluzione filosofica di Ern. Accanto a
Solov’ëv Platone esercita l’influenza piú significativa sul pensiero di Ern”60. Si sa che Florenskij
stesso, nella sua opera Il significato dell’idealismo, aveva proposto una interpretazione
controcorrente del platonismo, e persino una rilettura di tutta la storia della filosofia alla luce della
tensione tra uno e molteplice, che secondo lui trova risposta nel dogma trinitario.
55
Cfr. U. SCHERRER, Introduzione all’edizione critica di V. F. ERN, Sočinenija (Opere), Mosca 1991, pp. 3-8.
V. F. ERN: Sočinenija, cit., p. 298.
57
P. A. FLORENSKIJ, Autoreferat, in Sočinenija v četyrech tomach [= SCT] (Opere in quattro volumi), a cura di A.
Trubacëv, M. S. Trubaceva, P. V. Florenskij, ed. Mysl', Moskva, vol. I, 1994, p. 40; vol. II, 1996; vol. IV, 1998; vol.
III/1, 1999.
58
Cfr. D. MORANDO, s. v. Rosmini in Enciclopedia filosofica, cit., vol. V, coll. 879-882.
59
P. FLORENSKIJ Pamjati Vladimira Fraceviča Erna (In memoria di V. F. Ern), Christianskaja mysl’ («Pensiero
cristiano») 11/12 (1917), 69-74, 6), citato da U. SCHMID, op. cit., p. 231.
60
Ibidem.
56
19
Se Florenskij si ispirò alla creazione speculativa di Solov’ëv, a partire da “La crisi della
filosofia occidentale” (1874), per instaurare col pensiero occidentale un confronto costruttivo,
coraggioso e aperto, senza dubbio però attinse anche alla penetrante riflessione dell’amico Ern, che
cita nelle sue opere.
Al contrario di quanto ritenuto finora - che non ci fosse in Florenskij “nemmeno un cenno, un
riferimento determinato”61 all’amico Ern - in “La glorificazione del nome come presupposto
filosofico”, Florenskij scrive: “Per questo il nome, come atto maturo di conoscenza, riceve una
sfumatura prevalente o dal momento reale, oggettivo, o da quello formale, soggettivo (adopero
quest’ultimo termine sulle tracce di V. F. Ern, intendendo sottolineare l’attività e la partecipazione
del soggetto della conoscenza, ma intendendo anche trarre fuori questo concetto dalla valutazione di
questa partecipazione, come qualcosa di illusorio, casuale, che nuoce al valore della conoscenza: a
quale sfumatura si è ridotta la parola soggettivo!”62. Anzi nel processo di conoscenza, di sincera
ricerca della verità, è insita una cosciente e libera partecipazione del soggetto (della sua
“intelligenza amativa”, diremmo con Rosmini), che lo arricchisce nel suo stesso essere soggettivo
più “vero”. Secondo Ern “per l’uomo la trasformazione attraverso la verità è il reale possesso
dell’idea divina del proprio essere”, pertanto nel processo di conoscenza colui che cerca di cuore la
verità raggiunge il Logos come Sofia Sapienza Divina63.
Nei nostri pensatori russi dunque come in Rosmini, la parola soggetto e soggettivo non ha una
valenza negativa: perché alla base del sapere e dell’agire (morale) vi è l’uomo in quanto capace di
Verità, la sua “interiorità oggettiva”, secondo la lezione dei Padri, da S. Agostino a s. Tommaso.
Come è noto, nella sua opera “Il rinnovamento della filosofia in Italia” Rosmini scriveva: “la scuola
teologica partì dalla meditazione di Dio: io partii semplicemente dalla meditazione dell’uomo e mi
trovai nondimeno pervenuto alle conclusioni medesime”64.
Idea dell’essere
Per suggerire un primo confronto tra le linee fondamentali del pensiero di questi grandi filosofi,
facciamo cenno di alcuni concetti chiave del pensiero di Antonio Rosmini.
61
R. SALIZZONI, La ricezione di Gioberti in Russia. Vladimir Ern in: AA.VV., Giornata giobertiana, a cura di G.
RICONDA e G. CUOZZO, Trauben ed., Torino 2000, p. 261.
62
P.A. FLORENSKIJ, Sočinenija v četyrech tomach (Opere in quattro volumi), a cura di A. Trubacëv, M.S.Trubaceva,
P.V. Florenskij, ed. Mysl', Mosca (vol. I, 1994; vol. II, 1996; vol. IV, 1998; vol. III/1, 1999), vol III, p. 280.
63
ELENA V’JUNNIK, Postfazione alla pubblicazione nella rivista “Literaturnaja Učeba” (“Studio letterario”), N. 2, anno
1991, pp. 141-146, dell’articolo di V. F. Ern Ideja katastrofičeskogo progressa (L’idea di progresso catastrofico).
64
A. ROSMINI, Il rinnovamento della filosofia in Italia, proposto dal Conte Terenzio Mamani della Rovere ed esaminato
da Antonio Rosmini-Serbati, Boniardi-Pogliani, Milano 1836, 1841. 8vo, pp. 704; Batelli, Napoli, 1843.
20
Nel 1850 Antonio Rosmini decise di riordinare tutti i suoi scritti editi e inediti...progettò una
collezione di trenta volumi e mandò alle stampe il primo: Introduzione alla filosofia”, che
raccoglieva sia scritti già pubblicati, che delle pagine nuove, dal sapore autobiografico e insieme
teoretico, chiamate: Degli studi dell’autore. La terza e ultima parte di esse, porta il titolo: Dell’Idea
di Sapienza, ed è un piccolo perfetto compendio del suo iter speculativo ”65.
Alla verità universale la mente umana può accedere, secondo Rosmini, perché in principio c’è
un “essere in universale” che è “forma della mente”: l’idea dell’essere, l’unica idea che possa essere
pensata senza pensare ad altro e che sia implicitamente inclusa in qualsiasi pensiero. Essa fonda il
pensiero, e costituisce naturalmente il soggetto intelligente; non è perciò un prodotto del soggetto,
ma un suo dato, che giustifica l’oggettività del conoscere, essendo un dato universale e necessario,
principio assoluto di qualsiasi intelligibilità.
Si tratta di una dinamica della razionalità umana stessa: l’intelligenza - termine che deriva da intus
legere, come ricordava Michele Federico Sciacca - è tale perché capace di un’idea. Di “vedere
dentro” la realtà delle cose che sono. L’intelletto umano è capace di verità, di pensare il vero, in
quanto il suo intrinseco oggetto lo costituisce tale: cioè proprio questa “idea dell’essere”, come la
chiama Rosmini66, idea universale ed indeterminata che è innata, ma di cui ci si rende conto solo
dopo, con un atto riflesso dell’intelletto.
Questa idea dell’essere è dunque di fondamentale importanza come possibilità di base di un
conoscere “oggettivo”: perché si parla della reale possibilità di attingere alla verità universale,
trascendente, che diventa legge interiore e cioè impegno morale del soggetto. Alla verità universale
la mente umana, secondo Rosmini, può accedere, perché in principio c’è un “essere in universale”
che è “forma della mente”: appunto l’idea dell’essere.
Il platonismo di Rosmini si esprime nell’affermazione che quell’idea è «innata» e oggetto di una
«intuizione» o «visione»primitiva: ma è platonismo cristiano, perché si tratta di una intuizione il cui
termine è offerto da Dio, per decreto ab aeterno, alle creature intelligenti, come sottolineò Dante
Morando.
D’altra parte però Rosmini va oltre l’idealismo platonico: per lui l’uomo non è pura intelligenza
perché l’idea dell’essere, anche se è innata, da sola non basta. L’idea dell’essere è un principio
innato, che non vuol dire immediato: di ogni sapere bisogna diventare consapevoli attraverso la
riflessione e il ragionamento; il conoscere è infatti un movimento riflesso dell’attività intellettuale,
65
A. ROSMINI, L’idea della Sapienza, Edizioni Martello Libreria, Milano 1997, p.1.
A. ROSMINI, Nuovo saggio sull’origine delle idee, Edizione nazionale delle opere edite e inedite di Antonio Rosmini a
cura di Enrico Castelli, Roma 1934, vol. III, sez. VI, p. II, c. II: “Dell’idea dell’essere in quanto è mezzo di conoscere
tutte le altre cose.
66
21
che presuppone anche il riconoscere ciò che conosco per come esso è: «se noi chiamiamo ordine
dell’essere la distribuzione dell’essere stesso ne’ diversi enti che cader possono nella cognizione; in
tal caso noi diremo, che allora sarà buono l’atto della volontà, quando egli nella sua affezione
conserverà l’ordine dell’essere”67. Questa, per Rosmini, la prima obbligazione morale, a cui molti
tentano di sottrarsi: riconoscere la verità è l’atto sovranamente libero, necessario di una necessità
morale.
Sembra qui di sentire un’eco di quella che Solov’ëv chiamava “conoscenza integrale”: l'esperienza
infatti secondo il pensatore russo va preservata in tutta la sua complessità, secondo un'oggettività
che non è la fredda indifferenza vanamente pretesa dalle scienze moderne, ma come dice lui stesso:
«l'Oggettivismo autentico e ragionevole» il quale «esige che, oltre ai fatti della realtà, venga preso
in considerazione anche il suo valore»68. Non si tratta quindi di una separazione, ma di una
distinzione tra piano logico e piano ontologico del discorso. Tale distinzione - che abbiamo visto
Ern sottolinea leggendo la Teosofia - è alla base della stringente critica che Rosmini fece
all’impostazione ontologica e gnoseologica di Kant, Schelling ed Hegel, denunciando l’abuso di
astrazione e intravedendo molto tempo prima gli esiti materialisti, nichilisti ed atei.
Com’è noto, anche Ern e Florenskij si impegnano in un serrato confronto teoretico con la
gnoseologia kantiana69 e le astrazioni dell’idealismo hegeliano, quel che Rosmini chiama “falso
idealismo” e di cui fu forse accusato egli stesso. Per esempio, Vincenzo Gioberti criticò la teoria
rosminiana dell’intuizione dell’essere ideale: secondo lui da essa non potrebbe mai dedursi la realtà.
Ma non teneva conto della dottrina della «percezione intellettiva» dello stesso Rosmini, che
“appellandosi ancora una volta all’esperienza, trova che l’uomo è un essere senziente ed intelligente
ad un tempo. La realtà è conosciuta in concreto soltanto se irrompe nell’intelligenza attraverso la
sensazione. Perciò l’atto conoscitivo non è pura sensazione o semplice idea, ma un atto sintetico,
caratteristico della costituzione dell’uomo, che Rosmini chiama appunto : «percezione
intellettiva»”.
67
ROSMINI, Compendio di etica, a cura di M. Manganelli, ENC, vol. 29, Città Nuova, Roma, 1998, n. 32, p. 40
V. SOLOV'ËV, Ob’ektivizm (Oggettivismo), in Sobranie Sočinenij (Opere), red. S. M. Solov'ëv - E. L. Radlov, 2ª ed.,
Sankt Peterburg 1911-1914 (ripr. anast. presso le ed. “Zizn' s Bogom” del Foyer Oriental Chrétien di Bruxelles, 1966 1969, XII, pp. 609-610 (tr. it. Principi, p. 235).
69
In particolare in Kosmologiceskije antinomii I. Kanta, 1909 (Antinomie cosmologiche di I. Kant) e soprattutto in
Predely gnoseologii. Osnovnaja antinomija teorii znanija (I limiti della gnoseologia. L’antinomia fondamentale della
teoria della conoscenza), 1913, in SCT, vol. II: ritiene che questo sistema speculativo possa essere considerato come il
modello di una frantumazione dell'unità reale, di un “dualismo metafisico” che porta alla scissione irreparabile tra
trascendente e immanente, intellegibile ed empirico. Cfr. Natalino VALENTINI (a cura di), Cristianesimo e bellezza. Tra
Oriente e occidente, Ed. Paoline, Milano 2002.
68
22
Pure Florenskij è determinato nel negare «ogni forma di logicità puramente astratta »; egli
coglie il valore del pensiero «nel suo concreto manifestarsi»70, come rivelazione della persona e del
valore della sua interiorità. Il richiamo a s. Agostino è evidente. E anche per lui, l’atto conoscitivo
più autentico, più scientifico, consiste in quella che chiama «percezione interiore» della realtà
naturale, come sintesi o «insieme» di unità e molteplicità nella loro correlazione specifica.
«Tutte le idee scientifiche che mi stanno a cuore, scaturiscono dal mio sentimento per il mistero...»,
scrive Florenskij alla moglie dal lager71.
Anche in Rosmini c’è un’espressione simile, quando parla di un misterioso «sentimento
fondamentale», che per lui è quello che permette all’uomo di auto-identificarsi rispetto all’altro da
sé, e quindi di riconoscere qualsiasi sensazione o atto mentale come propri. D’altra parte, “l’uomo
non può applicare un segno vocale, un nome, se non a quello che conosce. Ora l’uomo non potrebbe
conoscere ciò che cade nel suo sentimento, se non riferisse il sensibile all’idea, rendendolo così
intellegibile. Al contrario l’idea non ha bisogno per essere intesa della presenza della realtà
sensibile...”72.
Perciò “questi postulati dati alla filosofia dalla natura umana come condizione del suo nascimento
sono due: la notizia naturale e immediata dell’essere (l’atto che dà notizia si chiama intuizione) e il
sentimento”; “…il sentimento, come tale, non appartiene all’ordine intellettivo (benchè ci sieno de’
sentimenti intellettuali, razionale e morali che l’accompagnano e prossimamente lo seguono), ma
egli presta materia all’intelligenza”73.
Il sintesimo dell’essere
La «invisibile interrelazione sostanziale», che secondo Florenskij abbraccia ambiti diversi, e
unisce l’uomo al mondo, in Rosmini ha la spiegazione logica racchiusa nell’espressione «sintesismo
dell’essere». Questo altro non è che “il principio al quale si sorregge tutta la Teosofia come discorso
totale sull’essere, è «l’essere come pura e assoluta idea»”74. L’Essere come unità dinamica: ciò
costituisce appunto il suo essenziale sintesismo. Hegel riconobbe, secondo Rosmini, la circolarità di
essere e pensiero, ma arrivò alla loro identificazione. Il circolo sta invece nel sintesismo di essere
reale e essere ideale...Rosmini tende a dimostrare che nessuna forma dell’essere potrebbe esistere
per sé, isolata dalle altre, senza partecipare a tutto l’organismo dell’essere...e ognuna è prima sotto
70
P.A. FLORENSKIJ, Avtoreferat (Autobiografia) vol. I p. 41, in: Sočinenija v četyrech tomach [SCT] (Opere in
quattro volumi), a cura di A. Trubacëv, M.S. Trubaceva, P.V. Florenskij, ed. Mysl', Moskva vol. I, 1994; vol. II, 1996;
vol. IV, 1998; vol. III/1, 1999.
71
P. FLORENSKIJ, Non dimenticatemi, Mondatori, Milano 2000, p. 385.
72
A. ROSMINI, L’idea della Sapienza, p. 15.
73
Ivi, p. 37.
74
MARIA A. RASCHINI, Studi sulla «Teosofia», Marsilio, Venezia 2000, p. 49.
23
un particolare aspetto. Questa è la legge del sintesismo e della circuminsessione delle tre forme
dell’essere.
La forma reale, la forma ideale e la forma morale dell’essere, dello stesso essere umano, sono
distinte ma unite in un reciprocità, che rispecchia Dio Uno e Trino che a sua immagine e
somiglianza lo ha creato. L’esistenza di Dio corrisponde, secondo Rosmini, a un’esigenza non solo
dell’animo ma della intelligenza umana. Infatti l’essere ideale, che è condizione della intelligibilità
di tutto, è infinito mentre la mente umana è finita: l’ideale postula quindi un Reale Assoluto, Dio,
come proprio corrispondente metafisico.
Ne consegue il nucleo teoretico della Teosofia, per il quale «l’Ontologia, la Teologia
(razionale), e la Cosmologia sono tre parti d’una sola scienza» - ossia la stessa Teosofia - «a
ciascuna delle quali manca il tutto e l’esistenza propria: rientrando di continuo l’una nell’altra, esse
confondono, quasi direi, le loro acque nel mare dell’essere»75.
Logos e Chiesa
Antonio Rosmini nel 1829 aveva ricevuto una precisa consegna da papa Pio VIII: «È volontà di Dio
che voi vi occupiate nello scrivere libri: tale è la vostra vocazione. La Chiesa al presente ha gran
bisogno di scrittori: dico, di scrittori solidi, di cui abbiamo somma scarsezza. Per influire utilmente
sugli uomini, non rimane oggidì altro mezzo che quello di prenderli con la ragione, e per mezzo di
questa condurli alla religione»76. Tutto quello che egli scrive quindi, è a servizio della Chiesa; ma
c’è anche un motivo teoretico che lo sospinge, lo stesso nodo che egli intravede tra Logos e vita
dell’uomo cristiano nella Chiesa.
Per lui il Verbo incarnato è il centro della teologia soprannaturale, che consente l’elaborazione di
un’antropologia soprannaturale, con una partecipazione del cristiano alla vita della S.ma Trinità in
un consorzio di natura partecipata.
Mediante il Verbo l’uomo intravede come in enigma molte verità della vita intima delle tre divine
Persone, a cui analogicamente l’intelligenza umana sale dalle tre forme dell’essere.
Il Verbo istituisce una società religiosa, la Chiesa, che ha una sua anticipazione ideale nella
«società teocratica naturale» e la sua reale attuazione nella «società teocratica soprannaturale, in cui
il fedele, mediante il Cristo, partecipa alla società ecclesiale divina trinitaria del padre, del Figlio e
dello Spirito Santo. I Sacramenti sono gli strumenti divino-umani della salvezza e della
santificazione della persona umana. L’umanità di Cristo è il primo sacramento efficace della grazia.
La Chiesa nella sua parte visibile è soggetta a limiti e a miserie proprie degli uomini che la
compongono, per cui è sempre necessario un suo interno rinnovamento. Nell’opera giovanile “Delle
75
76
Teosofia, a cura di M. A. Raschini e P. P. Ottonello, Vol I, ENC, vol. 12, Città Nuova, Roma 1998, n. 30, p. 60.
Introduzione alla filosofia, a cura di Pier Paolo Ottonello, Città Nuova, Roma 1979, n.11, p.30.
24
cinque piaghe della Santa Chiesa»77 (l’unica opera di Rosmini tradotta in russo), egli suggeriva che
la Chiesa del tempo moderno opererebbe un vero rinnovamento eliminando «cinque piaghe»: 1. la
divisione del popolo dal clero nel pubblico culto; 2. la insufficiente educazione del clero, 3. la
disunione dei vescovi; 4. la nomina dei vescovi abbandonata al potere laicale; la servitù dei beni
ecclesiastici”78.
Il Verbo luce dell’anima
Rosmini chiama «astrazione teosofica» l’atto con cui Dio, che è assoluta, perfetta e sintetica realtàidealità-moralità, distingue in sé l’idealità dalla realtà e illumina ogni uomo che viene in questo
mondo facendolo nascere con l’intelligibilità, cioè con la conoscenza prima del solo essere ideale,
che come tale, in Dio è Dio, ma nel conoscere umano non è che la naturale capacità di conoscere
l’essere indeterminato. La creazione è dedotta dalla constatazione che solo Dio, Essere Reale per
eccellenza, è l’essere che è (Ego sum Qui sum)79.
Da un punto di vista più teologico, è noto che in Rosmini l’idea dell’essere è data dalla presenza del
Verbo (Dei Verbum) come Luce dell’anima, nell’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio e
perciò partecipe dell’Infinito. Ma mentre l’uomo la Verità è intuita come idea, in Dio la Verità
s’identifica con la sua realtà. “E come il lume dell’invisibile mondo emana dal sole, così quel lume
che informa l’intelligenza e rende le cose intellegibili, è immediato figlio del bene essenziale, che
Platone chiama spesso l’idea del bene, perché nell’idea è l’essenza”. Qui in nota Rosmini
aggiunge:”L’equivoco che rimane nel fondo della filosofia di Platone (...) è quella confusione tre
l’idea e la realtà”80.
“Il primo lume che rende l’anima intelligente è l’essere ideale e indeterminato: l’altro primo lune è
ancora l’essere, ma non puramente ideale, ma ben anco sussistente e vivente. L’essere sussistente è
Iddio: egli stesso disse: «Io sono l’ESSERE». Avendo usato il pronome personale IO. Egli si
manifestò come persona, l’essere come oggetto è il Verbo, e quest’essere oggetto è persona di cui
pure è scritto: «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e Dio era il Verbo». E’ quello
stesso che altrove chiamò se stesso principio: principio d’ogni intelligenza, e d’ogni cognizione:
perché il principio della cognizione è l’oggetto primo, e il primo ed essenziale oggetto che contiene
tutti gli oggetti è l’essere: gli altri oggetti del pensiero sono oggetti per l’essere, l’essere è oggetto
per se stesso: L’idea dunque è l’essere intuito dall’uomo; ma non è il VERBO; ché non quella, ma
77
Delle Cinque Piaghe della Santa Chiesa di Rosmini per ragioni politiche venne messa all’indice nel 1849 con
un’altra opera, la «Costituzione secondo la giustizia sociale». L’esame di tali opere, voluto da Pio IX, terminò nel 1854
con la formula Dimittantur, vengano dimesse e restituite ai fedeli.
78
D. MORANDO, op. cit.
79
Cfr. MORANDO, voce “Rosmini” in Enciclopedia Filosofica cit., coll. 883, 885
80
A. ROSMINI, Idea della Sapienza, p. 55, nota 34.
25
questo è sussistenza; quella è l’essere che occulta la sua personalità, e lascia solo trasparire la sua
oggettività indeterminata ed impersonale: nella mente, che intuisce l’idea non cade la personalità
dell’essere, né la sussistenza, e perciò ella non vede Iddio: ma chi vede il Verbo, ancorché per
ispecchio e in enimma, vede Iddio. Lande se la naturale scienza termina, in qualche modo, in quella
che Boezio chiama: sola rerum PRIMAEVA RATIO: la scienza soprannaturale giunge a quella che è
ad un tempo stesso nullius indigens VIVAX MENS. L’uomo è un soggetto reale: quindi non può
fermarsi all’idea, egli aspira a congiungersi col reale81.
Se non si vuol cadere nel panteismo, e soprattutto se si vuol badare all’esperienza, le cose finite non
sono l’essere che sono ma lo hanno, cioè non se lo danno ma lo ricevono.
Secondo Rosmini non si può parlare di Essere in senso universale senza risalire alla causa per cui
esso esiste o senza parlare di Essere Assoluto: pertanto “il centro e la sostanza di tutta la trattazione
è sempre la dottrina di Dio, senza il quale né si conosce a pieno la dottrina dell’essere né si spiega il
mondo”82.
Un nuovo platonismo?
Si tratta della stessa ricerca di una unità conoscitiva che coscientemente compie Pavel Florenskij,
che giunge ad una sua originalissima coscienza teoretica, proprio attraverso la stessa strada: una
attenta re-interpretazione dell’idealismo platonico, attraverso la meditazione sul legame
indissolubile che esiste tra idealismo e realismo.
Da questi accenni pare si possa delineare una triplice ispirazione per il pensiero filosofico russo:
oltre a quella più originale e autoctona, rappresentata come “universale fantastico” da Skovoroda,
ci sono il filone patristico e l’ascendenza platonica: questi ultimi due costituiscono la base comune
che, dal punto di vista storico e storiografico, a nostro avviso può spiegare quella “sorprendente
familiarità interiore” col pensiero di Rosmini, rilevata da Ern.
Tra l’altro, anche Michele Federico Sciacca, il più grande studioso di Rosmini, ha dedicato a
Platone diversi momenti del suo corso di pensiero, “mettendo in luce le aporie della cosmologia
platonica, derivanti dall’insufficienza di quella teologia”83.
La nostra ipotesi è appunto questa: prospettive concrete per l’attivazione di sinergie comuni tra
scienza, politica e filosofia, si aprono a partire dal ritrovamento di una nozione comune di
“conoscenza integrale". Una nozione che risale all’autentico idealismo platonico, come letto dai
81
A. ROSMINI, L’idea della Sapienza, pp. 83-84.
Ivi.
83
MICHELE F. SCIACCA, Platone, Milano Marzorati 19672, 2 voll.
82
26
Padri della Chiesa fino a S. Tommaso, e poi rivisitato da filosofi italiani e russi, anche per
fronteggiare gli esiti nichilisti del razionalismo moderno e contemporaneo. Vale a dire a partire dal
riconoscimento dell’esistenza della verità e della possibilità di conoscerla anche in modo oggettivo
o meglio, onnicomprensivo. Conoscenza integrale come “scoperta” del vero insito nella realtà da
parte di quelle “sensate esperienze” - che possono accertare come validi per tutti e quindi
“oggettivi” certi tratti della realtà - ed insieme di quel "pensare intero e complessivo" - espressione
di Rosmini in opposizione al "pensare astratto84 - che comprende altre nozioni “oggettive”, riferite
cioè ad altre dimensioni della realtà conoscibili da un’esperienza della ragione intelligente, ma non
in modo “sperimentale”.
È quindi realmente possibile una “conoscenza integrale” oggettiva da parte di un intelligere umano,
che non rifiuta l’apertura all’Altro da sé: ecco la Sophia o “Sapienza integrale”, un “pensare
compiuto” come lo chiama Rosmini85 o “unitotale” (всеединый) secondo l’espressione cara a
Solov’ev.
Anche in questa fondamentale concezione di Sofia come “Sapienza integrale”, possiamo vedere una
chiara ascendenza platonica. Il mito di Diotima che compare nel Simposio, come si sa delinea il
sapere nella sua pienezza; è sapere, un attrazione che gusta l’oggetto cui si rivolge, è quindi slancio
affettivo, amore. Nei dialoghi precedenti questa tesi è sostenuta in maniera negativa: la ragione non
basta al sapere e alla virtù. Ma in Platone Eros esprime la condizione del sapere umano, è sì
filosofia – sapere amoroso, amore che “vede”... ma non è sofia, il sapere divino. Forse l’intelletto
d’amore di Dante è l’espressione migliore che, andando oltre Platone, più si avvicina alla
concezione orientale della Sofia, come viene espressa per esempio da Florenskij. L’ispirazione
platonica pare si esprima in quella intuizione fondamentale accolta da questi nostri filosofi: esiste
un unico atto dello spirito che è nello stesso tempo molteplice: è sentire, conoscere, amare (volere).
La carità intellettuale
Come abbiamo detto, questi pensaori hanno in comune la critica del razionalismo ed il tentativo di
instaurare un nuovo modello di ragione, un “nuovo pensare trinitario” teso alla Verità tutta intera e
connesso alla verità “ultima” (istina), come la chiama Florenskij.
Un modello di filosofia “integrale”, fedele alla Verità che è Cristo, ma aperto ai paradigmi culturali
contemporanei, per quanto distanti ed ostili possano sembrare. Un modo di pensare aperto alla
Carità, quindi, anzi un pensare che è amore, «carità intellettuale», per usare la bella espressione di
Rosmini.
84
85
A. ROSMINI, Psicologia, Edizione critica a cura di Vincenzo Sala, Città Nuova 1988-1989, §§ 1407 e ss.
A. ROSMINI, Filosofia del Diritto, a cura di R. Orecchia, vol. I, Padova 1967, pp. 30-33.
27
La carità è pensata da lui in analogia con l’essere e le sue tre forme, essere reale, essere ideale,
essere morale: “Gli uffici di carità, rispetto al bene del prossimo, a cui tendono direttamente, sono
di tre specie. La prima specie comprende quegli uffici che tendono a giovare immediatamente al
prossimo in ciò che riguarda la vita temporale: e questa si può chiamare carità temporale. La
seconda specie comprende quegli uffici che tendono a giovare immediatamente al prossimo nella
formazione del suo intelletto e nello sviluppo delle sue facoltà intellettuali: e questa si può chiamare
carità intellettuale. La terza specie comprende gli uffici di carità che tendono a giovare al prossimo
in ciò che spetta alla salvezza delle anime: e questa si può chiamare carità morale e spirituale"
(CSC, 593-595 - EC, 50, 466-469).
Così come l’Essere è pensato e percepito uno e trino, anche la carità è una nella sua essenza e trina
nelle sue modalità. Possiamo dire che la prima grande opera di carità intellettuale che Rosmini e
questi filosofi russi compiono, è questa: ristabilire il concreto legame che esiste tra realtà, verità e
carità.
“La filosofia tratta delle ragioni ultime”, nasce nel momento in cui “l’uomo rivolge a se medesimo
la domanda: Quali sono le ragioni ultime di tutto lo scibile?»86; allora, secondo Rosmini, oltre il
sapere viene trasmessa una visione del mondo e dell’uomo. Perciò la necessità della carità
intellettuale, che costituisce la formazione dell’uomo secondo quell’eterno Essere a cui tende: mai
formazione della mente senza formazione del cuore”87.
Storiosofia e Provvidenza
L’intelligenza umana, come la libertà, è sempre tentata di perdere la sua matrice ontologica (esse)
per ridursi al puro e semplice agire (operari). La stessa tentazione per cui “la
scienza moderna si
accentra solo sul modello descrittivo, trascurando la comprensione integrale del suo significato”,
come sosteneva Pavel Florenskij.
Ma se un sistema speculativo si rassegna alla frantumazione dell’unità del reale, questo “dualismo
metafisico” porta ad una scissione irreparabile e nefasta: tra trascendente ed immanente, tra
empirico ed intelligibile. Sosteneva Michele federico Sciacca: “…Voler scalzare l’intelletto, «auctor
et motor universi», per sostituirlo con l’«efficienza» è come accecare l’uomo: il suo «facere» non
sarà più «agere», ma una grandinata di botte da orbo. Senza verità, d’altra parte, l’uomo viene ad
identificarsi con le situazioni: perde il suo essere e si illude di riempire il vuoto con la zavorra dei
«particolari» che non sono il «concreto» perché non c’è concreto senza essere e perciò senza verità
e senza bene. Negati l’essere, la verità e il bene, niente e nessuno può difendere l’uomo da tutte le
86
87
A. ROSMINI, L’idea di Sapienza, cit. p. 38.
Cfr. MARKUS KRIENKE, Wahrheit und Liebe bei Antonio Rosmini, Kohlhammer, Stoccarda 2004.
28
manipolazioni e alienazioni a cui è esposto e, per giunta, senza più alcuna ragione valida per potersi
ribellare”88. “Verace è la conoscenza razionale, verace la conoscenza rivelata. «Come ogni cosa ha
l’essere (esse) in forza della propria forma - scriveva ancora Sciacca citando S. Tommaso - così
ogni potenza conoscitiva ha l’atto».
Ogni potenza conoscitiva ha l’atto: vogliamo dare a questa espressione il senso di “ridare all’atto
conoscitivo valore e credibilità”, non solo di “azione” ma di “essere in atto”, cioè di vera
conoscenza e non opinione, atto conoscitivo e non puro fantasma, parto della soggettività
individuale…Ecco questa è una prima grande forma di carità intellettuale di cui gli scienziati e le
scienze stesse, fisiche e umane, hanno bisogno, anche nella percezione che ne ha l’opinione
pubblica: che non si fida, viene registrata dall’accademia un’intensificarsi della perdita di credibilità
e quindi della fiducia. Da qui l’urgenza della carità intellettuale.
Una “sorprendente familiarità interiore”
Il pensiero russo e quello italiano di cui ci stiamo occupando, hanno dunque in comune
l’appassionata ricerca della funzione del pensiero e della fede nella storia dell’uomo, convergono si
può dire verso la ricerca del senso profondo della storia.
In conclusione non posso fare a meno di ricordare, che è stata in qualche modo già riconosciuta
ufficialmente, questa straordinaria somiglianza tra i tratti il pensiero di Rosmini e quello di alcuni
filosofi russi, che noi abbiamo sottolineato sia in termini di forme espressive, che di sostanza di
concetti. Rosmini, Solov’ev e Florenskij si trovano infatti citati insieme, nell’Enciclica di Giovanni
Paolo II “Fides et ratio”: “74. La conferma della fecondità di un simile rapporto è offerta dalla
vicenda personale di grandi teologi cristiani che si segnalarono anche come grandi filosofi,
lasciando scritti di così alto valore speculativo, da giustificarne l'affiancamento ai maestri della
filosofia antica. Ciò vale sia per i Padri della Chiesa, tra i quali bisogna citare almeno i nomi di san
Gregorio Nazianzeno e sant'Agostino, sia per i Dottori medievali, tra i quali emerge la grande triade
di sant'Anselmo, san Bonaventura e san Tommaso d'Aquino. Il fecondo rapporto tra filosofia e
parola di Dio si manifesta anche nella ricerca coraggiosa condotta da pensatori più recenti, tra i
quali mi piace menzionare, per l'ambito occidentale, personalità come John Henry Newman,
Antonio Rosmini, Jacques Maritain, Étienne Gilson, Edith Stein e, per quello orientale, studiosi
della statura di Vladimir S. Solov'ev, Pavel A. Florenskij, Petr J. Caadaev, Vladimir N. Lossky.
Ovviamente, nel fare riferimento a questi autori, accanto ai quali altri nomi potrebbero essere citati,
non intendo avallare ogni aspetto del loro pensiero, ma solo proporre esempi significativi di un
cammino di ricerca filosofica che ha tratto considerevoli vantaggi dal confronto con i dati della
88
MICHELE F. SCIACCA, Prospettiva sulla metafisica di S. Tommaso, Città Nuova Editrice, 1975 p. 16.
29
fede. Una cosa è certa: l'attenzione all'itinerario spirituale di questi maestri non potrà che giovare al
progresso nella ricerca della verità e nell'utilizzo a servizio dell'uomo dei risultati conseguiti. C'è da
sperare che questa grande tradizione filosofico-teologica trovi oggi e nel futuro i suoi continuatori e
i suoi cultori per il bene della Chiesa e dell'umanità”.
È risultata qui evidente la loro comune critica del razionalismo ed il tentativo di instaurare un
nuovo modello di ragione, un “nuovo pensare trinitario” teso alla Verità tutta intera e connesso alla
verità “ultima” (istina), come la chiama Florenskij. Un modello di filosofia “integrale”89, fedele alla
Verità che è Cristo ma aperto ai paradigmi culturali contemporanei, per quanto distanti ed ostili
possano sembrare. Un pensare che è «carità intellettuale», per usare la bella espressione di Rosmini:
una delle tre forme della carità, in corrispondenza con la “triadicità” ontologica, che si fa sintesi con
la carità temporale e con la carità spirituale. E della carità intellettuale, soltanto entro la quale può
generarsi ogni forma di vera conoscenza oggettiva, la essenziale e sempre più urgente necessità,
oggi, ogni singola scienza, come strumento adeguato al “fare storia” in modo non distruttivo.
Nella sua opera principale, La Lotta per il Logos, Ern «attribuisce alla Russia una comprensione
religiosamente viva del Logos»90: un nuovo sistema in cui natura e sopra-natura armonizzano,
auspicato dai nostri russi come da Tommaso d’Aquino e da Rosmini, che costituisce uno stimolo
anziché un impedimento alla laicità costitutiva dell’intelligenza. Perché come “l’umano troppo
umano” va contro l’uomo, così la natura umana si mostra monca e “snaturata”, secondo quanto dice
Rosmini, senza ciò che la trascende. Questa “coraggiosa apertura” della mente alla Ragione come
Logos che agisce nella realtà, è fondamentale: non solo perché il Verbo è “luce dell’anima” ma in
quanto la Verità in Persona si è incarnata nella storia degli uomini.
Tracciando un profilo autobiografico, anche Florenkij afferma di sé: «Negando ogni forma di
logicità puramente astratta, Florenskij coglie il valore del pensiero nel suo concreto manifestarsi,
come rivelazione della persona» (Avtoreferat, SCT, I, p. 41).
Nella rivelazione di Dio nell’uomo, Solov’ëv “scorge l’elemento più decisivo della storia: «non
solo la suprema verità teologica e filosofica, ma anche il momento centrale dell’intera storia
89
Di “insieme integrale della soggettività spirituale e materiale” aveva parlato già nel 1980 lo stesso Giovanni Paolo II
all’UNESCO: “La cultura è ciò per cui l'uomo in quanto uomo diventa più uomo, «è» di più, accede di più
all'«essere»...Non si può pensare una cultura senza soggettività umana e senza causalità umana; ma nell'ambito
culturale, l'uomo è sempre il fatto primario: l'uomo è il fatto primordiale e fondamentale della cultura. E questo l'uomo
lo è sempre nella sua totalità: nell'insieme integrale della sua soggettività spirituale e materiale. Se la distinzione fra
cultura spirituale e cultura materiale è giusta in funzione del carattere e del contenuto dei prodotti nei quali la cultura si
manifesta, bisogna constatare nello stesso tempo che, da una parte, le opere della cultura materiale fanno apparire
sempre una «spiritualizzazione» della materia, una sottomissione dell'elemento materiale alle forze spirituali dell'uomo,
vale a dire, alla sua intelligenza e alla sua volontà, e che, d'altra parte, le opere della cultura spirituale manifestano, in
una maniera specifica, una «materializzazione» dello spirito, una incarnazione di ciò che è spirituale. Nelle opere
culturali, questa duplice caratteristica sembra essere ugualmente primordiale ed ugualmente permanente. Ecco dunque,
a guisa di conclusione teorica, una base sufficiente per comprendere la cultura attraverso l'uomo integrale, attraverso
tutta la realtà della sua soggettività”
90
U. SCHMID, op. cit., p.234.
30
universale». Con ciò, il tema della comprensione filosofica della storia non si esaurisce in un
dispiegamento puramente storicistico ed ideale, esige invece una valutazione storiosofica: oggettiva
e metafisica. Egli fu il primo a pensare la storia come un processo, anzi come una realtà umana che
si attua nella luce della Sapienza Divina, Sofia”91, la quale misticamente si designa “l’azione divina
provvidenziale per il mondo” che continua sin dall’esordio creativo.
Tutto ciò è ben presente in Rosmini: afferma per esempio nella sua Teodicea, che nella
Provvidenza l’intelligenza umana intravede le leggi profonde dell’operare di Dio. Se la vera
conoscenza è conoscenza essenziale della verità, essa avviene attraverso la partecipazione
ontologica alla verità stessa, da parte di un vivo soggetto personale concretamente operante nella
storia. Si potrebbe concludere: «la storiosofia impegnava quindi tutti ugualmente in una metafisica
della storia »»92, secondo la bella espressione coniata da Ern93.
Nell’approfondito confronto tra la speculazione di Rosmini e quella di Solov’ëv, Florenskij ed
Ern, si offre una provvidenziale occasione di arricchimento reciproco, che è necessario cogliere.
Può riemergere così un nuovo - rispetto alla contemporaneità - modo di fare cultura, un nuovo
modello di “uomo integrale”: la cui radice è quella “luce intellettual piena d’amore” comune, sin
dalle sue origini, alla Chiesa d’Oriente e d’Occidente. “Dal tempo di Pietro il Grande (+ 1725),
l’intelligenza russa cerca la strada della sua istruzione nell’Occidente. Ma quasi sempre i suoi
rappresentanti tornano delusi e internamente tormentati dallo «spirito analitico» dell’Occidente
razionalistico e sognano un ideale: ridare l’unità desiderata al pensiero europeo spezzato. Questa
sarebbe la vocazione propria della nuova filosofia russa. Che questa unione sia da ricercarsi soltanto
in Cristo, lo dicono apertamente i principali rappresentanti del pensiero russo”94 e non lo nasconde
certo Rosmini. Una piena sintonia, sottolineata da Ern nella sua dissertazione dottorale:
«Non posso non dire, infine, che nel corso del mio lavoro spesso pesante e ingrato, mi dava un
eccezionale sostegno la consapevolezza che lo studio di Rosmini e Gioberti fosse, per il pensiero
filosofico russo, di necessità organica. È assolutamente indubbio il fatto che tra l’ontologismo
italiano e le correnti originali del pensiero filosofico russo ci siano dei tratti di grande somiglianza
interiore. È particolarmente importante qui l’incontro che avviene attraverso le identiche
affermazioni di due filosofi così diversi e sconosciuti l’uno all’altro come Chomjakov e Gioberti. I
tratti di una sorprendente familiarità interiore ancora una volta confermano l’idea che, nonostante le
peculiarità nazionali, le vie dello spirito siano le stesse per l’intera umanità e le diverse nazionalità,
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L. GANČIKOV, Orientamenti dello spirito russo, ERI , Roma 1958, pp. 7-233, p. 137.
Ibidem, p. 220.
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“Una metafisica della storia, con creativa originalità intuita da Gioberti, è ciò di cui mancava non soltanto la filosofia
moderna, ma anche il culmine della filosofia antica, cioè la filosofia di Platone…”: V. ERN, Filosofija Džoberti (La
filosofia di Gioberti), Mosca, Put’, 1916, cit. da R. SALIZZONI, La ricezione di Gioberti in Russia…, op. cit., p. 254.
94
TOMÁS ŠPIDLÌK, I grandi mistici russi cit., p. 328.
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per incontrarsi in una unione superiore, seguano una sola strada: quella di approfondire in modo
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metafisico la propria coscienza e risalire alle vive radici ontologiche della propria esistenza» .
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V. F. ERN, Mesto Rozmini v istorii filosofii (Il posto di Rosmini nella storia della filosofia), in “Voprosy filosofii i
psichologii”, 1915, vol. 127, pp. 249-250.
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