PROGRAMMA DI RICERCA TITOLO: “ NUOVI FATTORI CARDIO-ATTIVI : I NEUROPEPTIDI ENDOGENI AD AZIONE ANTIADRENERGICA ” PROPONENTE: DR. TOMMASO ANGELONE BASE DI PARTENZA SCIENTIFICA Il cervello e il sistema cardiovascolare sono coinvolti funzionalmente in importanti interazioni incentrate sul mantenimento dell'omeostasi. Due sistemi, conosciuti da oltre un secolo, collegano il cervello e il sistema cardiovascolare: il sistema nervoso autonomo (SNA) attraverso dirette azioni neurali, e il sistema neuroendocrino umorale attraverso l'asse ipotalamo-ipofisi-surrene (asse HPA). Le conoscenze su queste interazioni sia in condizioni normali che, soprattutto, in condizioni di stress, si sono evolute velocemente lungo memorabili tappe. Nel 1930 il ruolo emergente del sistema nervoso simpatico (SNS) nella risposta allo stress fu ampiamente chiarito da Walter Cannon and Hans Selye. In particolare, Cannon studiò la risposta allo stress, da lui indicata come reazione di "lotta o fuga", e riconobbe la "saggezza del corpo" nella risposta "generalizzata" del sistema simpatico che agisce durante lo stress, mentre allo stesso tempo mise in risalto le più "discrete" influenze esercitate dal sistema nervoso parasimpatico (SNP) (Chrousos and Gold, 1992). Successivamente, il concetto di "sindrome di adattamento" o di "risposta allo stress", sviluppato da Selye (1936), svelò il ruolo cruciale del SNS e dell'asse HPA nel mantenimento dell'omeostasi in risposta allo stress contrassegnata dall'aumento dei livelli periferici di catecolammine (CAs) e di glucocorticoidi. Da allora il cuore e il sistema vascolare sono diventati un paradigma classico di organi minacciati dallo stress. In particolare, il cuore è ora visto come interfaccia di integrazione tra le terminazioni nervose noradrenergiche, che rilasciano il loro principale neurotrasmettitore norepinefrina (NE), e le CAs circolanti, l’adrenalina (E) e, in minor misura, NE, secrete dalla midollare del surrene. E' da tempo risaputo che elevati livelli di CAs inducono necrosi cardiaca (Raab, 1963; Benjamin et al., 1989; Teerlink et al., 1994; Tan et al., 2003; Goldspink et al., 2004). E' anche noto che la risposta iniziale del cuore ad uno stress eccessivo e prolungato è un aumento di volume della massa cardiaca fino allo stato di ipertrofia cardiaca, cioè un adattamento compensatorio che previene il progressivo deterioramento della funzione di pompa (Grossman et al., 1975; Chein, 1991). Tuttavia, come abbiamo appreso negli ultimi decenni, spesso lo stress ha il sopravvento sul compenso omeostatico, rendendo insufficiente il cuore ipertrofico. Allo stesso tempo, vi è una elevata e sostenuta attivazione del SNS e del RAS, nel tentativo di controllare sia la gittata cardiaca che la pressione sanguigna sistemica (Esler et al., 1997). Dati recenti a livello cardiaco indicano che nei processi di deterioramento, queste cascate eccitatorie, se lasciate incontrollate, potrebbero essere più deleterie dello stesso stress. E' importante notare che, nello scompenso cardiaco umano, la sostenuta attivazione cronica del SNS e l'associato aumento del segnale adrenergico attraverso le CAs, assume un significato prognostico avverso, spesso accelerando i processi patologici (Cohn et al., 1984). Chiaramente, il risultato degli studi in questo ambito della ricerca cardiovascolare è stato di grande rilevanza clinica, fornendo le basi per una terapia farmacologica anti-adrenergica, che include i beta-bloccanti, ancora oggi tra i farmaci più usati nel mondo. Il nostro progetto suggerisce come obiettivo futuro la ricerca di alcuni meccanismi neuroendocrini di base capaci di interagire con l'iperattivazione del sistema adrenergico e che potrebbero avere una forte influenza sull'inizio e il decorso delle condizioni fisiopatologiche. I granuli secretori delle cellule cromaffini, cioè le cellule derivate dalla cresta neurale che costituiscono la midollare del surrene e il sistema neuroendocrino diffuso, contengono CAs e una grande varietà di proteine e peptidi (Goumon et al., 1998). Questi ultimi includono alcuni neuropeptidi (per esempio il neuropeptide Y e il peptide vasointestinale) e alcuni pro-ormoni. In seguito ad una adeguata stimolazione, questi peptidi insieme con le CAs sono rilasciati nel circolo sanguigno dalla ghiandola surrenale o a livello d'organo da cellule neuroendocrine, neuronali ed endocrine locali, partecipando quindi a molti e importanti processi omeostatici. Nell'ultimo decennio maggiore enfasi è stata data alla caratterizzazione biochimica e funzionale dei principali costituenti dei granuli cromaffini, cioè quelle proteine idrosolubili ad alto peso molecolare costituite dalla famiglia delle Cromogranine e dalla PEBP (phosphatidylethanolamine-binding protein),. La famiglia delle Cromogranine comprende la Cromogranina A (CGA) e B (CGB) (Aunis e MetzBoutigue, 2000). La CGA, proteina ubiquitaria, distribuita in molti tessuti di mammifero, incluso il cuore (Steiner et al., 1990), è rilasciata mediante esocitosi e rapidamente processata da una proormone convertasi e da altre proteasi in maniera tessuto-specifica (Metz-Boutigue et al., 1993), dando origine a diversi peptidi. I peptidi CGA-derivati, cioè catestatina, pancreastatina, parastatina, vasostatine 1 e 2, sono stati proposti come nuovi ormoni regolatori coinvolti nel rilascio di CAs dalla midollare del surrene, nel bilancio plasmatico di glucosio e calcio, nella immunità innata e nella motilità vascolare (Helle et al., 2001; Helle 2004). In particolare, la pancreastatina e la catestatina sono stati ipotizzati come componenti del sistema omeostatico "zero steady-state error", secondo cui, due fattori regolatori agiscono in contrapposizione con risultato integrato (Koeslag et al., 1999; Koeslag e Saunders, 2004). Pertanto, in seguito ad una perturbazione, tali componenti riportano la variabile al valore di controllo (Koeslag et al., 1997; Saunders et al., 1998). La Vasostatina-1 (VS-1) e la vasostatina-2 (VS-2) corrispondono rispettivamente ai polipeptidi CGA 1-76 e CGA 1-113 derivati dal clivaggio del primo e secondo paio di a.a. basici del dominio Nterminale della CGA. Essi sono stati chiamati vasostatine (VSs) per la loro capacità di regolare la pressione sanguigna sia a livello arterioso che venoso, riducendo la vasocostrizione indotta da concentrazioni elevate di potassio e da agonisti come noradrenalina ed endotelina (Aardal e Helle, 1992; Angeletti et al., 1994). Di conseguenza, è stato suggerito per essi un ruolo protettivo sul sistema vascolare rispetto a intensi stimoli eccitatori, come nella risposta da stress (Helle e Angeletti, 1998). La scoperta che elevati livelli di CGA in pazienti con insufficienza cardiaca sono un indice di mortalità e gravità della malattia, sottolinea l'importanza delle VSs nell'omeostasi cardio-circolatoria (Ceconi et al., 2002). Più recentemente, in assenza di dati circa le loro azioni sul cuore, alcuni di noi hanno studiato gli effetti della VS-1 e VS-2 esogene sulla performance cardiaca in vitro nella rana, nell'anguilla e nel ratto, paradigmi di tipici cuori di vertebrati. Tali ricerche hanno dimostrato che anche il cuore può essere importante bersaglio per le VSs. Infatti, entrambi i peptidi deprimono la contrazione miocardica (inotropismo negativo) in condizioni basali, e antagonizzano l'incremento della contrattilità (inotropismo positivo) indotto dalla stimolazione adrenergica (Corti et al., 2002; Imbrogno et al., 2004; Tota et al., 2004). Inoltre, studiando il rapporto struttura-funzione, è stato visto che l'inotropismo beta-adrenergico è antagonizzato dal frammento STA-CGA 1-78, dal frammento CGA7-57 e dal frammento Nterminale CGA1-40 con ponte disolfuro intatto (Tota et al., 2003). Nell'insieme, questi risultati per la prima volta indicano le VSs come possibili modulatori cardioinibitori, capaci di proteggere il cuore da intense stimolazioni, come nella risposta da stress (Tota et al., 2004). Recentemente, usando tecniche di proteomica, è stato dimostrato che la PEBP (phosphatidylethanolamine-binding protein), l'altra proteina idrosolubile processata nella matrice intragranulare dei granuli cromaffini, è anche precursore di un nuovo prodotto di maturazione, lo HCNP (Hippocampal Cholinergic Neurostimulatory Peptide) (Goumon et al., 2000; Kieffer et al., 2003). Il PEBP, proteina di 21-kDa, è ubiquitaria, essendo stata identificata in molti organismi quali batteri, lieviti, piante, nematodi, drosophila e mammiferi, (uomo, ratto, topo e bue) (Shoentgen e Jollès, 1995), così come in molti tessuti (fegato, rene, testicoli, cervello, ghiandola surrenale di ratto e piastrine umane) (Frayne et al., 1999; Ojika et al., 2000). Il PEBP è stato anche chiamato RKIP (Raf-1Kinase Inhibitor Protein) (Yeung et al., 1999). Membri di questa famiglia di proteine sono coinvolti in diversi sistemi-segnale come dimostrato per il PEBP di mammifero, che modula l'azione delle proteine G eterometriche e che inibisce proteasi seriniche come la MAP kinasi e la NF-kB (Vallée et al., 2003). Particolare attenzione è stata rivolta alla porzione N-terminale del PEBP di mammifero, un frammento di undici a.a. denominato HCNP (Hippocampal Cholinergic Neurostimulatory Peptide). Lo HCNP, così chiamato poiché è stato purificato dall'ippocampo di ratto, aumenta la sintesi di acetilcolina (ACh) in nuclei del setto mediale in coltura (Ojika e Appel, 1984; Ojika et al., 2000). Nei neuroni colinergici, lo HCNP produce un aumento dose- e tempodipendente dell'attività e della Vmax dell'enzima acetilcolintransferasi (ChoATase), influenzando lo sviluppo di fenotipi neuronali colinergici (Ojika et al., 1994). Relazioni tra caratteristiche strutturali e fisicochimiche dello HCNP e del suo precursore hanno evidenziato una importante e duplice funzione di questo peptide (Vallée et al., 2003). In primo luogo, essendo lo HCNP la regione Nterminale del PEBP, dotata di lipofilia, esso interagisce con le membrane cariche negativamente e, al tempo stesso, attraverso la sua capacità di formare legami idrogeno, partecipa alla conformazione e alla stabilità del sito attivo del PEBP. In secondo luogo, lo HCNP, libero in soluzione, appare ben strutturato, almeno per quanto riguarda la regione centrale (D3LSKW7), nella quale la conformazione è simile a quella osservata nel PEBP cristallizzato (Vallée et al., 2003). Pertanto, lo HCNP libero può agire come segnale in cellule e tessuti bersaglio contribuendo in tal modo ad alcune delle funzioni biologiche del PEBP (Vallée et al., 2003). A parte la loro presenza nel tessuto nervoso, sia il PEBP (per esempio, nel ratto adulto: Frayne et al., 1999) che lo HCNP (per esempio nel ratto giovane: Katada et al., 1996) sono stati immunolocalizzati in altri organi e tessuti, quali la parete dei vasi sanguigni, la ghiandola surrenale, l'intestino e il rene. Recentemente, usando la midollare del surrene bovino, Goumon e collaboratori (2004) hanno dimostrato che il PEBP e lo HCNP sono presenti anche nelle cellule cromaffini (matrice intragranulare) da cui vengono secreti nel circolo sanguigno insieme alle CAs. Inoltre, essi sono stati ritrovati anche nelle piastrine e nel siero (Goumon et al., 2004), nel liquido cerebrospinale dei pazienti affetti da Alzheimer (Tsugu et al., 1998) e negli adipociti di topo (Kratchmarova et al., 2002). L'ampia distribuzione dello HCNP e del PEBP a livello d'organo e tissutale, unitamente alla loro co-localizzazione nei granuli secretori delle cellule cromaffini con altri neuropeptidi e cromogranine (Kieffer et al., 2003), suggeriscono che entrambi potrebbero rappresentare nuovi fattori endocrino/paracrini. Usando come modello un preparato di cuore isolato e perfuso di rana, alcuni di noi hanno dimostrato per la prima volta che lo HCNP esercita in condizioni basali inotropismo negativo da 1011 a 10-7 M e si oppone all'inotropismo positivo dell'isoproterenolo (ISO), classico agonista adrenergico (Goumon et al., 2004). E' di rilievo che questi risultati sono stati confermati anche sul cuore di ratto isolato e perfuso alla Langendorff (Goumon et al., 2004; Angelone et al., 2005). Ciò suggerisce che lo HCNP, al pari delle VSs, possa essere un nuovo potenziale modulatore cardioinibitore. DESCRIZIONE DEL PROGRAMMA DI RICERCA La recente scoperta del ruolo cardioinibitorio ed antiadrenergico delle VSs e dello HCNP suggerisce il loro possibile coinvolgimento nella modulazione dei segnali adrenergici. Le seguenti fasi di lavoro saranno effettuate per confermare la nostra ipotesi: a) Interazione dei peptidi: sinergismo, sommazione, potenziamento o antagonismo; b) possibile ruolo cardioprotettivo dei peptidi; c) VSs e HCNP: effetti su modelli di cuore di ratto iperteso. a)INTERAZIONE DEI PEPTIDI: SINERGISMO, SOMMAZIONE, POTENZIAMENTO O ANTAGONISMO Considerato che le VSs e lo HCNP sono co-rilasciati in seguito a stimolazione adrenergica, il nostro obiettivo è di evidenziare una loro possibile interazione qualitativa e quantitativa. Le interazioni farmacodinamiche sono utili in terapia e rivestono una notevole importanza in quanto hanno la finalità di ottenere effetti combinati benefici. Quindi, intendiamo verificare se i due peptidi possano esercitare simili azioni con differenti meccanismi, e come queste azioni si integrano in un effetto finale a livello cardiaco. Analizzando su preparati cardiaci, sia in condizioni basali che sotto stimolazione adrenergica, i profili cardiotropici di ciascun peptide con quelli ottenuti dalla contemporanea somministrazione dei peptidi, sarà possibile ottenere informazioni sulle possibili interazioni tra VSs e HCNP quali ad esempio sinergismo, sommazione, ecc. L'interazione tra VSs e HCNP sarà valutata: 1) mediante curve dose-effetto delle VSs più HCNP; 2) mediante curve di competizione di ciascun peptide in presenza di dosi fisse dell'altro peptide. Da queste curve saranno calcolati i rispettivi valori di EC50 che daranno chiare indicazioni dell'interazione farmaco-dinamica che i due peptidi esercitano a livello cardiaco. Non essendo presente in letteratura alcune evidenza sperimentale che dimostri la presenza di recettori specifici per i due peptidi, sarà inoltre nostro obiettivo analizzare funzionalmente il meccanismo d’azione con cui i due peptidi esercitano la loro azione cardiotropa. I nostri studi condotti finora riguardo le VSs hanno dimostrato un'azione inotropa negativa sul cuore di ratto secondo Langendorff in un range di concentrazioni nanomolari (Cerra et al., 2005). Poiché al momento non esistono dati che evidenziano l'esistenza di recettori specifici per le VSs (Helle et al., 2001), le nostre ricerche sono attualmente indirizzate ad esplorare se tale azione cardiotropica coinvolge meccanismi mediati da recettori o interazioni con proteine inter- e/o intracellulari. Nel cuore di ratto, l'inotropismo negativo della VS1 è abolito da antagonisti dei recettori adrenergici, ma non di quelli colinergici (Angelone et al., 2004). Più che ad una azione diretta del peptide sul sito attivo del recettore adrenergico, ciò fa supporre interazioni secondarie tra VSs e proteine regolatrici agendo, per esempio, su siti allosterici dei recettori adrenergici. E' riportato che le VSs potrebbero attivare pathways di trasduzione dei segnali inter- e/o intracellulari attraverso la perturbazione della membrana cellulare causata dall'interazione della porzione lipofilica della VS1 con domini presenti sul bilayer lipidici (caveole, recettori scavenger, etc.) (Maget-Dana et al., 2002). Inoltre, studi sull'attività pro-adesiva delle VSs, in particolare della VS1, hanno suggerito un loro possibile coinvolgimento nel modulare i meccanismi di adesione nello spazio extracellulare, per esempio regolando la capacità o l'affinità delle integrine per i loro ligandi (Gasparri et al., 1997). Nei miocardiociti la modulazione dei canali ionici mediante l'interazione del citoscheletro con i recettori adrenergici potrebbe influenzare la performance contrattile (Malan et al., 2003). In questo contesto, appare interessante esplorare le interazioni fra le VSs e le ERM (Ezrin-Radixin-Moesin), proteine regolatrici dell'interazione membrana plasmatica-citoscheletro (Bretscher et al., 2000), e, allo stesso tempo, tra le VSs e le fosfoproteine coinvolte nella comunicazione intercellulare, quali le connessine (Sàez et al., 2003). Nulla è riportato, invece, riguardo il meccanismo d'azione dello HCNP. La struttura cristallografica del PEBP umano e bovino ha rivelato che lo HCNP potrebbe essere coinvolto in specifiche interazioni con le membrane cellulari. In particolare, lo HCNP, studiato in soluzione attraverso dicroismo circolare e spettrometria NMR, appare ben strutturato (Vallée et al., 2003). La conformazione ad "uncino" dello HCNP, conferita dalla presenza di una serie di giri nella sua struttura molecolare, gli permette di interagire con le cariche negative delle membrane (Vallée et al., 2003). Perciò, è plausibile investigare se questo peptide, come le VSs, può attivare risposte cellulari attraverso interazioni con specifici domini lipidici delle membrane cellulari. Studi condotti sul cuore di rana hanno mostrato che lo HCNP induce effetti inotropi negativi già a basse concentrazioni (10-12 M) ed è in grado di contrastare la stimolazione adrenergica (Goumon et al., 2004). Anche nel cuore di ratto dati preliminari indicano un effetto inotropo negativo dosedipendente, rilevabile dalla significativa riduzione della pressione ventricolare sinistra (LVP) e dello RPP (Rate Pressure Product), ma nessuna influenza è stata osservata sulla frequenza cardiaca (HR) e sulla pressione coronarica (CP). Inoltre, lo HCNP è in grado di contrastare il cronotropismo e l'inotropismo positivo e la vasodilazione coronarica mediati dalla stimolazione adrenergica (Angelone et al., 2005). Al fine di corroborare i risultati preliminari sul ruolo cardiomodulatore e antiadrenergico dello HCNP, la sua natura antagonistica sarà valutata mediante studi di competizione fra la stimolazione adrenergica e quella indotta dallo HCNP da cui si ricavano i relativi valori di EC50. L'identificazione delle VSs e dello HCNP come fattori cardioinibitori, cioè stabilizzatori del tono adrenergico nell'omeostasi cardiocircolatoria, potrebbe sfidare nuovi studi sulle interazioni mediate dai peptidi tra sistema adrenergico e cuore. Inoltre, l'uso di inibitori delle connessine, delle integrine o del citoscheletro permetterà di rilevare possibili dirette interazioni intracellulari dei due peptidi. b) POSSIBILE RUOLO CARDIOPROTETTIVO DEI PEPTIDI In collaborazione con il laboratorio di Fisiologia Cardiovascolare del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino verrà studiato il ruolo della VS1 e dello HCNP come agenti cardioprotettivi in condizioni di precondizionamento ischemico. Con il termine di precondizionamento ischemico si indica la protezione miocardica che sperimentalmente può essere prodotta dalla transitoria ipossia ottenuta con uno o più brevi episodi di occlusione di un grosso ramo coronarico. In generale la protezione da precondizionamento può essere ottenuta con tecniche che limitano la disponibilità di ossigeno per il cuore (Shizikuda et al., 1992). La protezione indotta dal precondizionamento ischemico consiste generalmente in una limitazione delle lesioni causate da un successivo episodio di ischemia e di riperfusione, nel quale la durata dell’ischemia sia sufficientemente lunga (30 min) da procurare infarto (Lawson e Downey, 1990). A causa di questa protezione si ha una limitazione dell’area di infarto, una minore durata dell’ipocontrattilità post-ischemica, nota anche come stunning miocardico e una minore incidenza delle aritmie soprattutto nel periodo di riperfusione (Bolli et al., 1997; Parratt e Vegh, 1994). La minore incidenza delle aritmie comporta una protezione contro l’evenienza letale dovuta alla fibrillazione ventricolare. Vari sono i meccanismi con i quali si ritiene possa attuarsi la protezione miocardica da precondizionamento. Un ruolo determinante sembrerebbe essere dovuto ad un’apertura di canali mitocondriali per il potassio ATP- dipendenti (Sasaki et al., 2000). Il precondizionamento esercita anche un effetto a carico dei vasi coronarici. Nel corso di un successivo severo episodio di ischemia-riperfusione (I/R), l’endotelio di questi vasi non vede ridotta la sua capacità di liberare NO il quale media la protezione vascolare esercitata dal precondizionamento ischemico (Gattullo et al., 1999;Pagliaro et al., 2001). Alla luce dei dati presenti in letteratura che pongono la vasostatina come agente cardiotropico, il presente lavoro di ricerca si pone l’obiettivo di indagare il ruolo della VS1 in presenza di precondizionamento ischemico studiando perciò il peptide come probabile agente cardioprotettivo in grado di limitare i danni derivanti da una I/R. In questo modo verrebbero esplorati i meccanismi biochimici e farmacologici che sottendono l’eventuale effetto cardioprotettivo della VS1 e dello HCNP al fine di chiarirne il potenziale terapeutico. c) VSs E HCNP: EFFETTI SU MODELLI DI CUORE DI RATTO IPERTESO Nella ricerca cardiovascolare, l'impiego di modelli animali si è rivelato particolarmente utile nello studio delle malattie cardiovascolari nei primi stadi di sviluppo, dei meccanismi che sottendono le condizioni patologiche, degli effetti e dei meccanismi di diversi farmaci. Per l'ipertensione, il modello animale più comunemente usato è il ratto SHR (spontaneously hypertensive rat) mentre il ratto Wistar Kyoto (WKY) rappresenta il controllo normoteso (Kurtz e Morris, 1987). Il maschio SHR è anche utilizzato come modello per studiare i cambiamenti nei meccanismi di segnali indotti dall'ipertensione umana (Takata e Kato, 1996). La perdita di variazioni inter-individuali è uno dei maggiori vantaggi dell'uso degli SHRs (Lindpaintner et al., 1992). Un altro vantaggio legato all'uso dello SHR è che le fasi ipertensive quali pre-ipertensione, sviluppo e ipertensione sostenuta sono ben standardizzate, e ciascuna fase dura almeno per diverse settimane (Folkow, 1993). Usando lo SHR come modello ben caratterizzato di una sostenuta attivazione del SNS e del segnale adrenergico, intendiamo valutare se cambiamenti ipertensione-dipendenti nell'automatismo cardiaco, nella meccanica cardiaca e nella funzione coronarica, possono essere ridotti o annullati dal trattamento con vasostatina e/o con HCNP. Utilizzando cuori di ratto secondo la metodica Langendorff, saranno condotti esperimenti paralleli su ratti normotesi e ipertesi. In un primo momento saranno determinati gli effetti sui parametri cardiaci dei peptidi somministrati singolarmente. Successivamente, i ratti ipertrofici saranno trattati somministrando contemporaneamente i due peptidi allo scopo di valutare la possibilità di effetti sinergici e/o additivi. L'analisi immunoistochimica permetterà di valutare l'eventuale over-espressione dei peptidi nei cuori ipertesi. Si attendono dai risultati ottenuti sui modelli SHR importanti informazioni preliminari riguardo il coinvolgimento delle VSs e dello HCNP negli stadi patologici, suscettibili di aprire nuove strade per la progettazione di farmaci basati sulle strutture dei peptidi e per nuovi approcci farmacologi. MATERIALI E METODI i) Preparati cardiaci di ratto secondo Langendorff (ratti normotesi e ipertesi al primo e terzo stadio della malattia). Questa tecnica è estesamente utilizzata per lo studio della fisiologia e della fisio-patologia cardiaca (vedi per referenze Sutherland e Hearse, 2000). Il cuore di ratto verrà incannulato a livello dell'aorta per iniziare la perfusione retrograda a flusso costante (10-13,5 ml min-1g-1 di cuore fresco) e quindi collegato all'apparato di perfusione. Un trasduttore di pressione collegato alla cannula aortica consentirà di misurare la pressione coronarica. All'interno del ventricolo sinistro sarà inserita una sonda di pressione collegata ad un trasduttore di pressione. Entrambi i trasduttori saranno collegati con il sistema di acquisizione McLab. Tale metodica consentirà di seguire nel tempo l'andamento dei parametri relativi all'attività sistolica (pressione ventricolare sinistra, +(LVdP/dt)max, tempo impiegato per raggiungere il picco di tensione, frequenza, lavoro), al recupero diastolico (pressione telediastolica sinistra, -(LVdP/dt)max, tempo per ottenere il 50% del rilassamento) ed alla pressione coronarica. Dopo aver stabilizzato il preparato, questo sarà perfuso con il mezzo di perfusione arricchito della sostanza in esame. ii) Immunoistochimica. Per l'immunodeterminazione delle VSs e dello PEBP/HCNP i cuori saranno rimossi, lavati in PBS, crioprotetti, fissati in azoto liquido e conservati a -80°C. Sezioni cardiache saranno ottenute al criostato (Microm HM505E), postfissate con acetone e conservate a -20°C. L'immunolocalizzazione sarà effettuata usando anticorpi primari monoclonali anti-VSs o anticorpi policlonali anti PEBP/HCNP. Anticorpi secondari commerciali coniugati TRITC e FITC saranno usati per identificare l'antigene. Il peptide PEBP/HCNP, gli anticorpi monoclonali e policlonali anti-PEBP/HCNP saranno prodotti e forniti dalla Prof. Metz-Boutigue (INSERM di Strasburgo, Francia). Tale collaborazione è documentata da pubblicazioni (Tota et al., 2003; Goumon et al., 2004), da un progetto VINCI di dottorato in co-tutela Italia-Francia e dal programma GALILEO nell'ambito delle azioni integrate Italia-Francia. Le VSs e gli anticorpi monoclonali primari anti-VSs saranno fornite dal Dr. Corti (Istituto San Raffaele, Milano). Tale collaborazione è documentata da recenti pubblicazioni (Corti et al., 2002; Corti et al., 2004). RISULTATI ATTESI Sia le VSs che lo HCNP, cioè i rispettivi prodotti della CGA e del PEBP presenti nelle cellule cromaffini e co-rilasciati con le CAs, sembrano agire come modulatori negativi e sono capaci di opporsi agli stimoli adrenergici. Tenendo conto di tali effetti, il presente progetto di ricerca ha lo scopo di verificare l'ipotesi che le VSs e lo HCNP possano agire in modo integrato per regolare finemente a livello agire come controregolatori con i quali, a diversi livelli, l'organismo viene protetto dalla iperstimolazione. Le azioni "anti-adrenergiche" delle VSs e dello HCNP, di recente scoperta, potrebbero essere rilevanti nella risposta allo stress, allorché alcuni organi come il cuore diventano bersaglio preferenziale delle CAs. L'uso di sequenze primarie delle VSs e dello HCNP nella ricerca fisio-farmacologica potrebbe avere una forte ricaduta a livello clinico. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI • • Aardal S. and Helle K. B., (1992). Reg. Pept. 41: 9-18. Angeletti R. H., et al., (1994). Acta Physiol. Scand. 152: 11-19. • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Angelone T., et al. Role of Vasostatin-1 on Cytoskeletal modulation in rat cardiac myocytes. XI Congresso Nazionale della SocietàItaliana di Ricerche Cardiovascolari (SIRC), Latina, 23-25 settembre, 2004. Angelone T., et al. The Hippocampal Cholinergic Neurostimulating Peptide (HCNP): a novel cardioregulatory molecule? 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