La lettura digitale ci cambierà?

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SALUTE
Psicologia
Domenica 8 Febbraio 2015 Corriere della Sera
L’esperimento
La lentezza
agevola
chi deve studiare
M
eglio le nuove tecnologie o i «vecchi»
sistemi per bambini e ragazzi alle prese
con lo studio? Secondo alcuni le prime,
perché offrono materiali interattivi più
stimolanti. Ma la pensano diversamente Pam
Mueller e Daniel Oppenheimer, delle Università di
Princeton e di Los Angeles. «Con un esperimento
— dice Mueller — abbiamo dimostrato che
gli studenti comprendono e ricordano meglio una
lezione se scrivono su carta. La velocità con cui
digitiamo sui tasti è superiore rispetto a quella che
possiamo sostenere scrivendo a mano, perciò
nel secondo caso si compie uno sforzo maggiore
per elaborare le idee già mentre si ascolta,
scegliendo che cosa vale la pena annotare e
“imparando” già un po’. Prendendo appunti
sul tablet trascriviamo tutto, ma come se
non fossimo del tutto consapevoli dei contenuti».
A. V.
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La lettura digitale ci cambierà?
Le nuove tecnologie potrebbero ridurre le nostre capacità di attenzione
e di comprensione dei testi, trasformando anche il modo di intendere il sapere
Per saperne
di più
su tematiche
di psicologia
e neurologia
http://www.
corriere.it/
salute/
neuroscienze/
O
ggi possiamo avere a
disposizione, oltre a
librerie colme di volumi, anche e-reader e
tablet in grado di contenere
centinaia di testi: un sistema di
conservazione e lettura dei testi comodo ed economico. Ma
siamo sicuri che la lettura su
uno schermo (così come la
scrittura, visto che gli appunti
su tablet sono ormai più diffusi
dei bloc-notes) non stia alterando il nostro modo di ragionare e il modo di funzionare
del nostro cervello?
Se lo chiede la rivista New
Scientist, elencando recenti
studi che avanzano diverse perplessità sugli effetti cerebrali
della rivoluzione digitale.
Negli anni 70 ci domandavamo che cosa ne sarebbe stato
delle nostre abilità matematiche con l’arrivo delle calcolatrici, ora le implicazioni della tecnologia paiono ben più profonde: la trasformazione radicale
delle abitudini di lettura e
scrittura sembra infatti minare
abilità cerebrali come l’attenzione o la capacità di compren-
sione, stando alle ricerche di
Anne Mangen, dell’Università
di Stavanger, in Norvegia.
«Abbiamo chiesto a un
gruppo di volontari di leggere
lo stesso testo su un e-reader o
su carta — racconta Mangen
—. Chi ha letto il libro cartaceo
ricordava meglio la trama e riusciva più facilmente a mettere
gli eventi nella giusta sequenza. L’effetto potrebbe essere
correlato con la necessità di
“tenere il filo” di ciò che leggiamo: su carta abbiamo molti in-
Conseguenze
Ormai ci interessa
come e dove trovare
un’informazione,
piuttosto che ricordarla
Dubbi
C’è da chiedersi cosa
ne sarebbe delle nostre
conoscenze se
mancasse la corrente
dizi fisici ad aiutarci, ad esempio possiamo ricordare che un
fatto si è compiuto quando eravamo quasi all’inizio o a circa
metà del volume. Il l testo elettronico invece ci fa “perdere” di
più tra le sue righe: non percepiamo quanto manca alla fine o
a che punto siamo, il testo appare sempre uguale».
Tutto ciò in qualche modo
confonde e forse ci priva di un
po’ di coinvolgimento nei confronti dei fatti narrati, almeno
stando a un’altra ricerca della
Mangen secondo cui leggere su
carta aumenta l’empatia del
lettore nei confronti dei personaggi e della storia.
C’è di più: la lettura online ci
sta rendendo incapaci di attenzione a lungo termine, e forse
impedirà alle nuove generazioni di godere di romanzi come “I
fratelli Karamazov”: banner, video e link distraggono e minano la capacità di concentrazione che serve per una lettura
“profonda”, l’unica che consenta di seguire trame complesse.
Il libro di carta (ma anche la
La diffusione degli eBook
Fino a 3.000
Il numero di eBook che
può contenere un e-reader
21,8%
La quota dei libri pubblicati
nel 2013 in Italia
che è disponibile
anche in versione eBook
(+0,8% rispetto al 2012)
65,2%
La percentuale di testi scolastici
disponibile in versione eBook
5.224.000
Gli italiani che hanno scaricato libri online
o acquistato eBook nel 2013
17,3%
La quota di utilizzatori di Internet che
ha acquistato un eBook nel 2013
Tra chi non ha nemmeno un libro cartaceo
in casa il 5,2% ha scaricato un eBook
Fonte: Rapporto Istat 2013 sulla lettura in Italia
CdS
scrittura a mano, vedi sotto)
sembra per il momento vincente. Ma sottolinea Mangen:
«Per guidare le scelte del futuro, ad esempio per capire se introdurre a tappeto i tablet a
scuola sia davvero opportuno,
servono dati più precisi». E
proprio per dare risposte esaurienti la studiosa guida il progetto The Evolution of Reading
in the Age of Digitisation, appena avviato in 25 Paesi dell’Unione europea.
Tuttavia il nostro cervello e
la qualità delle nostre conoscenze stanno cambiando probabilmente non solo a causa
dei supporti usati per leggere o
scrivere: oggi vogliamo sapere
come e dove possiamo trovare
un’informazione, piuttosto che
cercare di ricordarla. «La tecnologia ha modificato il nostro
modo di intendere il sapere,
perché consente di accedere ai
dati in ogni momento — sottolinea Naomi Baron, di cui è in
pubblicazione negli Usa il volume Words on screen: the fate of
reading in a digital world (Le
parole sullo schermo: il destino della lettura in un mondo
digitale) —. Ma che accadrebbe se andasse via la corrente e
non avessimo Internet, tablet o
smartphone funzionanti? Sapremmo qualcosa o no?». La
natura della conoscenza è cambiata con l’arrivo della scrittura; sta succedendo lo stesso
con web, tablet e smartphone.
Alice Vigna
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Scrivere con carta e penna
attiva più neuroni rispetto a quando
si utilizza una tastiera
L’
uso di computer, tablet e smartphone
per leggere e scrivere non cambia solo
capacità del cervello come l’attenzione o
la concentrazione: anche l’attività e le
connessioni cerebrali si modificano.
Nei bambini si è dimostrato, ad esempio, che
scrivere una lettera a mano attiva determinate
aree del cervello, mentre digitarla su una tastiera
non fa altrettanto. Prendere la penna, inoltre,
“accende” aree motorie cerebrali attivate anche
dalla lettura, in una sinergia positiva provata da
esperimenti condotti da Karin James dell’Università di Bloomington, nell’Indiana.
Secondo James «negli adulti le zone che si attivano leggendo sono le stesse che vediamo accendersi nei bambini quando osservano una
singola lettera che hanno imparato a scrivere a
mano; nei piccoli che sanno solo digitarla su tastiera ciò non accade». Ovvero: la scrittura su un
foglio “insegna” a leggere meglio, perché contribuisce a rinforzare le aree del cervello dove si riconosce la forma delle lettere o in cui si associano i suoni alle parole.
La conferma arriva dalla Cina, dove si utilizza
sempre di più il sistema “pinyin” di trascrizione
del cinese sulle tastiere QWERTY: abbandonando gli ideogrammi scritti a mano, le diagnosi di
dislessia e altre difficoltà di lettura sono in continua crescita. «Digitare una lettera non permette di comprenderne davvero la forma e le possibili variazioni che non ne alterano il significato,
come invece accade quando si impara a scriverla
a mano», spiega James.
Le nuove tecnologie inoltre sembrano capaci
di modificare il cervello e il modo in cui funziona anche perché rendono necessario sviluppare
maggiormente aree che in passato non si usavano altrettanto spesso: lo dimostra una ricerca
dell’Istituto di neuroinformatica dell’Università
di Zurigo, messa a punto per capire come l’uso
dello smartphone possa influenzare l’attività cerebrale. Alcuni volontari, di cui 27 proprietari di
un telefonino di nuova generazione e 11 con un
cellulare vecchio stile, sono stati sottoposti a
elettroencefalogramma mentre utilizzavano i loro apparecchi, così da registrare che cosa accadeva nella corteccia cerebrale quando muovevano pollice, indice o dito medio della mano de-
stra: i dati raccolti indicano chiaramente che le
aree di “rappresentazione cerebrale” di queste
dita sono molto diverse fra chi utilizza smartphone o telefoni standard.
«Ogni parte del nostro corpo ha un corrispettivo nella corteccia somatosensoriale cerebrale,
in un’area dove vengono gestite le informazioni
che vanno e vengono da quella singola zona —
spiega il coordinatore della ricerca, Arko Ghosh
—. Queste aree sono flessibili e l’ampiezza cambia in base all’uso che facciamo della parte del
corpo corrispondente. Il nostro esperimento dimostra che il cervello è molto plastico: quanto
più i volontari avevano usato lo smartphone nei
dieci giorni precedenti, tanto più grande e attiva
era l’area cerebrale “dedicata” al pollice (il dito
più usato per digitare sugli schermi dei nuovi
Apprendimento
Usare il computer non rinforza
le aree cerebrali che permettono
di riconoscere la forma delle lettere
e ci fanno associare suoni e parole
cellulari, ndr)». Il risultato potrebbe sembrare
simile a quanto è stato verificato nei violinisti, in
cui è noto che l’area della corteccia somatosensoriale che rappresenta le dita è più grande rispetto a quella di chi non suona lo strumento.
«In realtà nei violinisti l’ampiezza e attività di
queste zone dipende dall’età a cui si è iniziato a
suonare, mentre nel caso degli smartphone il
tempo trascorso dall’acquisto non conta: la correlazione è fra l’attivazione cerebrale e l’uso recente del telefono — osserva il neuroscienziato
—. La tecnologia digitale modifica perciò giorno
per giorno la gestione delle informazioni sensoriali da parte del cervello, con un’intensità sorprendente». In pratica, se al violino servono anni per indurre le aree del cervello dedicate al
controllo delle dita ad “allargarsi”, lo smartphone modifica in brevissimo tempo le connessioni
delle zone che servono a gestire la maggiore attività dei pollici sullo schermo.
A. V.
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