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EPIDEMIOLOGIA
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Epidemiologia
Pur facendo parte dei sistemi di classificazione psichiatrica, la disabilità
intellettiva — o «ritardo mentale», come viene descritto nell’ICD-10 (WHO, 1992)
e nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali – IV versione rivista
(DSM-IV-TR; APA, 2002) — non è una malattia psichiatrica.
La prevalenza stimata di malattie psichiatriche fra gli adulti con disabilità
intellettiva varia ampiamente: dal 10 al 39% (Corbett, 1979; Jacobson, 1982;
Eaton e Menolascino, 1982; Lund, 1985; Gostason, 1985; Inverson e Fox,
1989; Reiss, 1990; Borthwick-Duffy e Eyman, 1990; Bouras e Drummond,
1992; Hagnell et al., 1993; Borthwick-Duffy, 1994; Cooper, 1997; Roy et al.,
1997; Deb et al., 2001a). Questa differenza di 4 volte nella stima della prevalenza
è dovuta a problemi metodologici soprattutto nelle fasi di campionamento e
accertamento dei casi.
Fino a poco tempo fa, la maggior parte degli studi di prevalenza delle
malattie psichiatriche fra gli adulti con disabilità intellettiva si riferiva principalmente a persone istituzionalizzate o ricoverate, con conseguenti comprensibili
bias di campionamento. L’accertamento dei casi era un altro problema, per la
difficoltà di individuare adulti con disabilità intellettiva lieve nella popolazione
generale. Molti studi erano basati sulla consultazione di appunti e scritture sui
singoli casi. Le interviste dirette ai pazienti venivano usate raramente e anche in
questi casi risultavano dipendenti dagli strumenti di valutazione utilizzati, come la
PIMRA – Psychopathology Instrument for Mentally Retarded Adults (Matson
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GUIDA PER LA DIAGNOSI PSICHIATRICA NEL RITARDO MENTALE
et al., 1984), la Reiss Scale (Sturmey et al., 1995), la Mini-Psychiatric Assessment Schedule for Adults with Developmental Disabilities (Prosser et al.,
1998) e la relativa checklist (Moss et al., 1998), facendo aumentare la probabilità
di riscontrare una maggiore frequenza di malattie psichiatriche nella popolazione
esaminata. Solo alcuni studi hanno usato interviste dirette al paziente guidate da
strumenti come la PAS-ADD (Moss et al., 1998) o la Medical Research Council
– Handicap and Behaviour Schedule (Wing, 1980) e hanno fatto diagnosi
psichiatriche seguendo i criteri DSM-III (APA, 1983). La difficoltà di diagnosticare
una malattia psichiatrica negli adulti che hanno una disabilità intellettiva grave o
gravissima usando i criteri dei sistemi classificatori è ben nota a tutti.
Alcuni autori hanno incluso nella diagnosi generale di malattia psichiatrica
i disturbi della personalità e del comportamento, l’autismo, il disturbo da deficit di
attenzione/iperattività (DDAI), la sindrome di Rett, la demenza e la pica. Queste
sono le ragioni della grande differenza negli indici di prevalenza riportati. Risulta
che, se si escludono diagnosi come i disturbi del comportamento e della personalità, l’autismo e il DDAI, la frequenza generale dei disturbi psichiatrici negli adulti
con disabilità intellettiva non differisce significativamente da quella nella popolazione generale (Deb et al., 2001a).
Sembra invece che la frequenza della schizofrenia negli adulti con disabilità
intellettiva di grado compreso fra lieve e moderato sia maggiore rispetto a quella
della popolazione media (Tuner, 1989; Doody et al., 1998; Copper, 1997; Deb
et al., 2001a) e che in generale, se fra i disturbi psichiatrici si includono quelli del
comportamento, l’incidenza di malattie psichiatriche diventi significativamente
più alta negli adulti con disabilità intellettiva rispetto alla popolazione normale
(Meltzer et al., 1995; Deb et al., 2001b). Indipendentemente dalla loro inclusione
nella diagnosi generale di malattia psichiatrica, i problemi del comportamento
rappresentano di fatto una causa frequente di richiesta di intervento psichiatrico
(Kohen, 1993; Deb, 2001a).
Gli studi mostrano evidenze controverse sul fatto che le malattie psichiatriche siano più frequenti fra gli adulti con disabilità intellettiva grave che non fra
quelli di grado lieve. Gostason (1985) e Lund (1985) hanno entrambi indicato una
frequenza maggiore tra gli adulti con disabilità intellettiva più grave, mentre
Inverson e Fox (1989), Jacobson (1982) e Borthwick-Duffy e Eyman (1990)
hanno tutti messo in evidenza una prevalenza più alta negli adulti con grado
minore di disabilità. Corbett (1979) non ha rilevato particolari correlazioni relative
ad alcun grado di gravità. Questa incongruenza può dipendere dal fatto che i
diversi autori hanno usato i medesimi criteri diagnostici per tutti i gradi di gravità,
e questo potrebbe non essere appropriato. Considerando le differenze, in termini
di capacità e di abilità di comunicazione, fra gli adulti con ritardo mentale, appare
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inopportuno usare per l’intero spettro un unico criterio standardizzato per la
diagnosi psichiatrica. Mentre gli psichiatri tendono a seguire sempre una classificazione sindromica (un raggruppamento di sintomi o comportamenti che si
associano tra loro), alcuni ritengono che, per gli adulti con disabilità intellettiva
grave, possa essere più adatto l’approccio di classificazione comportamentale,
che è prevalente nella letteratura di psicologia clinica.
F attori di rischio per la morbilità psichiatrica
Negli adulti con ritardo mentale è importante ricercare i fattori di rischio
rilevanti che predispongono, precipitano e mantengono le malattie psichiatriche.
Fattori biologici
• Labilità genetica: è dimostrato che la sindrome dell’X fragile, la sindrome
di Praeder-Willi, la sindrome di Williams, la sindrome di Rett, la sindrome
di Lesch-Nyhan, la sindrome di Cornelia de Lange, la sindrome del cri-duchat e altre sono associate a precisi «fenotipi comportamentali» (O’Brien e
Yule, 1995; Deb, 1997a; Deb e Ahmed, 2000) e che la sindrome velocardio-faciale è associata alla schizofrenia (Murphy et al., 1999).
• L’anormalità strutturale nel lobo frontale può causare apatia, ritiro sociale
e disinibizione.
• L’interazione tra l’ambiente e le disabilità fisiche come la spasticità o altri
problemi di mobilità, deficit di vista o d’udito, difficoltà di linguaggio o di
comunicazione verbale può causare indirettamente psicopatologia.
• Il 14-24% delle persone con disabilità intellettiva ha problemi di epilessia
in anamnesi (Deb, 2000). Negli adulti con ritardo mentale, l’epilessia può
predisporre alla psicopatologia (Deb, 1997b; Deb e Joyce, 1998; Deb et
al., 2001b).
• In un terzo dei bambini e degli adulti con sindrome di Down si riscontra
un’alterazione degli esami di funzionalità tiroidea (Deb, 2001b). Negli
adulti con disabilità intellettiva, i disturbi della tiroide possono predisporre
alla psicopatologia.
• I farmaci possono causare psicopatologia.
Fattori psicologici
• Intelligenza compromessa
• memoria compromessa per disfunzione dei lobi temporali cerebrali
• compromissione della capacità di giudizio e mancanza di iniziativa per
lesione del lobo frontale
• ridotta soglia di tolleranza allo stress
• scarsa immagine di sé
• immaturità dei meccanismi di difesa psicologica come la «regressione» in
condizioni di stress
• incapacità di risolvere problemi attraverso l’uso del pensiero astratto
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GUIDA PER LA DIAGNOSI PSICHIATRICA NEL RITARDO MENTALE
• strategie apprese di difesa disfunzionali o anomale (manifestazione di
rabbia in situazioni stressanti)
• mancanza di supporto emotivo
Fattori sociali
• Ambiente iper o ipo stimolante
• conflitti con i membri della famiglia o coinquilini o membri dello staff
• questioni riguardanti la mancanza di supporto sociale
• difficoltà nell’instaurare relazioni soddisfacenti
• problemi nel trovare un impiego
• abuso fisico e psicologico
• vita sociale insufficiente e paternalismo da parte degli altri
• mancanza di integrazione nella società più ampia, stigmatizzazione e
discriminazione
• lutto e altri eventi di vita
• modificazioni dell’ambiente più vicino, in famiglia e tra gli assistenti
• stress dell’assistente
È utile ricordare che nel diagnosticare malattie psichiatriche è importante
distinguere quali sintomi possono essere parte di una determinata malattia e quali
invece possono essere spiegati dalla disabilità intellettiva. Segni e sintomi comuni
nelle malattie psichiatriche — come ritiro sociale, agitazione eccessiva, mancanza di concentrazione, movimenti stereotipati, alterazione del sonno e altre
alterazioni comportamentali — possono essere espressione di danni cerebrali
sottostanti piuttosto che sintomi di malattia (ombratura diagnostica; Reiss e
Sysko, 1993).
È anche importante definire la condizione di base, cioè ciò che la persona
era, e cercare qualsiasi cambiamento rispetto a questa. Per esempio, un paziente
può avere una lunga storia di difficoltà a prender sonno, ma le persone che si
prendono cura di lui notano che, da alcuni mesi, si sta anche svegliando prima del
solito, cosa che rappresenta un cambiamento rispetto alla situazione di base e può
costituire un sintomo di malattia psichiatrica (esacerbazione della condizione
basale; Sovner e Hurley, 1989).
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