Tesi FAVA FINITA 2 - Dipartimento di Fisica

Università degli studi di Trieste
DIPARTIMENTO DI FISICA
Corso di Laurea in Fisica
TESI DI LAUREA TRIENNALE
PARADOSSO EPR,
DISUGUAGLIANZE
DI BELL
E NON LOCALITA'
Laureando:
Relatore:
Mauro Fava
Prof. Ennio Gozzi
Anno Accademico 2014-2015
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Indice
1 Introduzione
2
2 Paradosso EPR
4
3 Disuguaglianze di Bell
3.1 Il "Gedankenexperiment" di Bell . .
3.2 Gli esperimenti di Aspect . . . . .
3.3 Non località e segnali FTL . . . . .
3.3.1 La proposta di Herbert . . .
3.3.2 La proposta di Greenberger
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4 Outcome e Parameter Independence
4.1 Teorie Non locali e Deterministiche .
4.2 Violazione di P.I., ma non di O.I. . .
4.3 Violazione di O.I., ma non di P.I. . .
4.4 Sistemi di riferimento privilegiati . .
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26
5 Riassunto e Conclusioni
28
6 Bibliografia
30
1
Capitolo 1
Introduzione
Nel 1935 Einstein, Podolski e Rosen pubblicarono un articolo dal titolo “La
Meccanica Quantistica può dirsi completa?”, nel quale, assumendo appunto
che la teoria fosse completa (vale a dire che le proprietà possedute da un
sistema fisico debbano avere una controparte formale nella teoria) e che gli
esiti delle misure sui sistemi (nel caso specifico in cui la teoria assegni ad uno
di essi probabilità 1) siano determinati prima che la misura venga eseguita,
giungevano ad una contraddizione. I tre autori assunsero fin dal principio
che la teoria dovesse essere Locale, vale a dire che l’azione eseguita su un
sistema non può avere conseguenze istantanee sulle probabilità degli esiti di
misure su un altro sistema separato dal primo da una distanza di tipo spazio. Nel 1935 nessuno, e neppure gli stessi EPR , aveva osato mettere in
dubbio la località dei processi naturali. Di conseguenza, poichè nel caso di
due sistemi entangled separati, la misura su uno di essi altera istantaneamente (in generale) le probabilità degli esiti delle misure sull’altro, giunsero
alla conclusione che la MQ fosse non completa. Per "completarla" venne in
una certa misura suggerito dallo stesso Einstein che si dovesse fare ricorso a
variabili nascoste, cioè a variabili che, aggiunte al vettore di stato o in sua
sostituzione, consentirebbero di prevedere, se note completamente, gli esiti
di qualsiasi misura. Ne consegue che siffatte variabili devono essere non accessibili a livello sperimentale, altrimenti la MQ dovrebbe potersi violare o
risulterebbe superata nell’ambito del nuovo schema. Nei decenni successivi vi
furono varie discussioni e riformulazioni del problema, soprattutto ad opera
di Von Neumann, Bohr, Schroedinger e Bohm.
Nel 1964 John Bell pubblicò un articolo in cui mostrava che tutte le teorie
Locali dovevano rispettare delle disuguaglianze, che però, secondo la teoria
standard, potevano venire violate: si apriva quindi la porta allo studio della
Non Località, la cui esistenza, quale elemento che entra nei processi fisici
quantistici, fu negli anni successivi confermato anche dagli esperimenti (A.
2
3
Aspect).
A questo punto restava da risolvere la contraddizione tra effetti non locali
e il Principio di Causalità: di fatto si avanzò l’ipotesi che la Non Località potesse essere utilizzata per inviare segnali "faster than light" (FTL). Discuterò
tale problematica nell’ultima sezione di questa tesi.
Per concludere, esaminerò la possibilità di definire un criterio in base
al quale le teorie che descrivono il nonlocale mondo microscopico possono essere compatibili con la Relatività, introducendo i concetti di Outcome
Independence e Parameter Independence.
Capitolo 2
Paradosso EPR
Nel loro articolo del 1935[1] , Einstein, Podolski e Rosen argomentarono come
segue.
1. Principio di Realtà:
Una grandezza fisica si può dire reale se l’esito di una sua misura ha
probabilità 1, indipendentemente dal fatto che essa venga effettivamente
eseguita.
2. Completezza di una teoria:
Una teoria fisica si può dire completa se le grandezze fisiche reali hanno
una controparte formale nella teoria, cioè nella specificazione dello stato del
sistema deve comparire una “variabile” che, eventualmente assieme alle altre
implica la realtà della relativa grandezza.
3. Principio di Località:
Dati due sistemi A e B, detta d(A,B) la loro distanza, esiste sempre una
distanza dú tale che per ogni d(A, B) > dú un’azione su uno dei due sistemi
non può influenzare in alcun modo la fisica dell’altro in maniera istantanea (di
fatto l’idea è che eventi separati da intervalli di tipo spazio devono risultare
indipendenti).
Si può notare come tali principi siano fondamentali per una descrizione
fisica della realtà. Secondo gli autori dell’articolo infatti, ogni descrizione
rigorosa e consistente della realtà deve fare riferimento a tali assiomi.
La Meccanica Quantistica assume che lo stato di un dato sistema fisico
può risultare combinazione lineare di autostati di appropriate osservabili;
in un caso siffatto non é noto quale sia l’esito della misura di una data
osservabile finché non si effettua la misura, e a questo punto si aprono due
possibili interpretazioni:
a) Lo stato del sistema prima della misura é effettivamente una combinazione di autostati, e i valori delle grandezze osservabili sono, in qualche
modo, creati dalla misura stessa;
4
5
b)Prima di una misura l’esito della stessa é già definito; nonostante ciò
la MQ non é in grado di dirci quale sia, bensì riesce solo a fornirci delle
informazioni probabilistiche.
Ovviamente, l’interpretazione b), che é quella di Einstein, pone in dubbio
la completezza della Meccanica Quantistica come teoria fisica.
Per cercare di dimostrare la validità della loro interpretazione, EPR partirono dal seguente teorema.
Si può dimostrare che le due seguenti affermazioni sono mutualmente
esclusive:
1) La Meccanica Quantistica é incompleta;
2)Se due osservabili A e B sono associate ad operatori non commutanti,
allora non possono avere sempre simultaneamente valori reali.
dim. : Se la Meccanica Quantistica é completa, allora secondo essa due
osservabili (a cui corrispondono due operatori) non commutanti A e B non
sono compatibili tra loro (nel senso che se misuro A ed ottengo un valore e
subito dopo misuro B, se rimisuro A in generale ottengo un valore diverso dal
precedente). Quindi il valore di A e quello di B dipendono dalle misurazioni,
per cui A e B non possono essere simultaneamente reali.
Viceversa, cosa succede se due osservabili A e B non commutanti sono
simultaneamente reali? Succede che sto negando la seguente implicazione:
‚ B]
‚ ”= 0 =∆ A e B non sono compatibili tra loro.
[A,
Quindi sto negando la completezza della Meccanica Quantistica, che comprende questa implicazione.
La natura del paradosso EPR sta nel fatto che partendo dal presupposto
che la Meccanica Quantistica é completa, possiamo ottenere sistemi quantistici in cui due osservabili i cui operatori non commutano sono simultaneamente
reali, violando quanto detto poc’anzi.
Supponiamo infatti di avere due particelle quantistiche di spin 1/2, det
nominate 1 e 2, e di voler descrivere lo stato di singoletto del sistema 1 2,
in cui l’osservabile misurata é ˛‡ · ˛n. Supponendo che la Meccanica Quantistica sia una teoria completa, devo supporre che siano valide le correlazioni
statistiche tra gli stati dei singoli elettroni:
(1)
| Â1,2 >=
(2)
(1)
(2)
| ˛n+ >| ˛n≠ > ≠ | ˛n≠ >| ˛n+ >
Ô
2
(2.1)
Risulta evidente che una misura relativa alla particella 1 permette allo
sperimentatore di conoscere il valore dello spin (lungo la direzione ˛n) della
particella 2, anche senza aver fatto alcuna effettiva misura su quest’ultima.
Infatti, se tale misurazione per esempio da come esito +1, succede che
6
CAPITOLO 2. PARADOSSO EPR
(1)
(2)
| Â1,2 >≠æ| ˛n+ >| ˛n≠ >
(2.2)
e si nota subito che la seconda particella avrà spin -1 lungo la direzione ˛n.
Dato che assumiamo come valido il postulato di Località, ci si aspetta
che le misurazioni fatte sulla prima particella non influenzino l’altra; per cui
gli outcome devono essere determinati a priori lungo qualsiasi direzione (per
entrambe le particelle), e questo indica che ˛‡ · ˛n é reale, nel senso dato dal
postulato di Realtà.
Si noti adesso che il formalismo descritto si applica ad una direzione
arbitraria, a causa dell’invarianza rotazionale del sistema in questione; possiamo quindi considerare la direzione ˛x e la direzione ˛y : le corrispondenti
matrici di Pauli, pur non commutando tra loro, sono associate ad osservabili
simultaneamente reali, in contraddizione con quanto detto in precedenza.
Dato che il paradosso é nato dall’ipotesi che la Meccanica Quantistica
é completa, Einstein, Podolski e Rosen suggerirono che quest’ultima ipotesi
fosse falsa (non volendo rinunciare al concetto "molto naturale" di Località).
Inoltre, uno degli aspetti più difficili da accettare della Meccanica Quantistica secondo Einstein é la presenza di interazioni a distanza che si propagano
a velocità maggiore di c: ne é un esempio lo stato di due particelle entangled. Tali interazioni non possono, secondo Einstein, sussistere, a causa del
Principio di Causalità.
Secondo EPR, la Causalità é strettamente legata alla Località, che gli
stati entangled evidentemente violano.
Presupponendo quindi l’incompletezza di MQ, EPR contemplarono la
possibilità di completarla assumendo che gli stati dei i sistemi fisici a livello microscopico sono specificati, oltre che dalla funzione d’onda, da altri
parametri, detti "variabili nascoste". Queste teorie a variabili nascoste, nell’intenzione dell’autore, dovrebbero fornire una descrizione completa, locale
e deterministica del mondo microscopico, pur essendo non accessibili a livello
sperimentale.
Capitolo 3
Disuguaglianze di Bell
Abbiamo visto nel capitolo precedente che assumendo la validità delle correlazioni statistiche (per il singoletto di spin) e la Località, si imponeva il Determinismo al sistema. Questo portava ad un paradosso, secondo cui grandezze
associate ad operatori non commutanti esistevano simultaneamente. Per risolvere il paradosso, si é ipotizzata la non completezza di MQ, e quindi il
possibile ricorso a "parametri nascosti" (⁄) per descrivere i sistemi fisici.
Lo schema logico associabile all’argomento EPR é quindi il seguente:
(previsioni quantistiche per misure uguali) ∆ (correlazioni)
3.1
(3.1)
(correlazioni · Località) ∆ (Determinismo)
(3.2)
(correlazioni · Località) · (completezza) ∆ (⁄)
(3.3)
Il "Gedankenexperiment" di Bell
Sulla base di questa considerazioni, Bell nel 1964 pubblicò un articolo[2] nel
quale presentò i seguenti argomenti.
Presupponendo che le argomentazioni EPR siano valide, é evidente che
un’eventuale teoria a parametri nascoste debba comunque riprodurre i risultati sperimentali predetti dalla Meccanica Quantistica: per esempio, i valori
medi delle osservabili devono essere gli stessi sia che vengano calcolati secondo MQ, sia che vengano calcolati con la teoria a variabili nascoste in
esame.
Consideriamo a questo scopo un sistema di due particelle 1 e 2 di spin
1/2, nello stato di singoletto:
7
8
CAPITOLO 3. DISUGUAGLIANZE DI BELL
Con dei magneti di Stern-Gerlach é possibile misurare la componente dello
spin lungo una qualsiasi direzione ˛a. Secondo la Meccanica Quantistica, se
la misura di ‡˛1 · ˛a da come esito il valore +1, la misura di ‡˛2 · ˛a da come
risultato -1, e viceversa. Bell assume come valide le correlazioni statistiche
previste dalla MQ.
Supponiamo inoltre che le due particelle si trovino a grande distanza
tra loro, in modo che i rispettivi apparati sperimentali non si influenzino
reciprocamente. Questa é una condizione necessaria per imporre la Località
al sistema.
Dalle misure di spin sulla particella 1 si possono determinare gli esiti delle
misure sulla particella 2, senza fare misure su quest’ultima, secondo la MQ;
tuttavia, gli esiti delle misure relative alla particella 1 non sono determinati
in alcun modo, secondo quest’ultima teoria.
Introduciamo adesso la variabile nascosta ⁄, t.c. l’esito A della misura di
‡˛1 · ˛a é determinato da ˛a e da ⁄ (discorso analogo per l’esito B relativo alla
particella 2, lungo una direzione ˛b). Notiamo che, come visto per l’argomento
EPR, le correlazioni e la Località implichino il Determinismo per una teoria
completa.
Seguendo il ragionamento di Bell, presupporremo che ⁄ sia un parametro
continuo, non ponendoci ulteriori domande sulla sua definizione.
Possiamo scrivere, quindi:
A(˛a, ⁄) = ±1
(3.4)
B(˛b, ⁄) = ±1
(3.5)
< (‡˛1 · ˛a)(‡˛2 · ˛b) >= ≠˛a · ˛b
(3.6)
Assumo adesso che ⁄ abbia funzione di distribuzione fl(⁄) (normalizzata);
il valore di aspettazione del prodotto tra ‡˛1 · ˛a e ‡˛2 · ˛b, secondo la Meccanica
Quantistica, é:
Secondo la teoria a variabili nascoste, invece, il valore di aspettazione di
tale prodotto si scrive come:
E[˛a, ˛b] =
⁄
A(˛a, ⁄)B(˛b, ⁄)fl(⁄)d⁄
(3.7)
Ci si potrebbe chiedere in che modo la variabile nascosta determina l’esito
della misura dello spin della particella 1.
Per chiarire questo punto consideriamo, per esempio, il caso di una particella di spin 1/2 in uno stato di spin di polarizzazione data dal versore p˛,
3.1. IL "GEDANKENEXPERIMENT" DI BELL
9
mentre consideriamo come variabile nascosta il versore ˛⁄ con distribuzione
uniforme nell’emisfera ˛⁄ · p˛ > 0.
La misura dello spin lungo una direzione generica d˛ é sign(˛⁄ · d˛Õ ), dove d˛Õ
dipende da d˛ e da p˛.
Si nota che i possibili risultati delle misure sono ±1, e si può vedere
˛ calcolato con la
che il valore di aspettazione dello spin lungo la direzione d,
˛
distribuzione fl(⁄), é dato da:
2◊
< ˛‡ · d˛ >= 1 ≠
= cos(◊)
(3.8)
fi
Õ
˛
dove ◊ é l’angolo tra d˛Õ e p˛, mentre ◊ é l’angolo tra p˛ e d.
Risulta quindi evidente che gli esiti di ogni misura sono determinati dal
versore ˛⁄:
Il "carattere" statistico del mondo microscopico nasce, secondo questo
modello, soltanto dal fatto che la variabile nascosta é ignota.
Torniamo al singoletto di spin:
Dalla Meccanica Quantistica, é noto che
Õ
Quindi, posso scrivere:
B(˛b, ⁄) = ≠A(˛b, ⁄)
P [˛a, ˛b] = ≠
Da cui si ricava che:
P [˛a, ˛b] ≠ P [˛a, ˛c] =
⁄
⁄
(3.9)
A(˛a, ⁄)A(˛b, ⁄)fl(⁄)d⁄
(3.10)
A(˛a, ⁄)A(˛b, ⁄)[A(˛b, ⁄)A(˛c, ⁄) ≠ 1]fl(⁄)d⁄
(3.11)
(dove ˛c é un’altra direzione).
Risulta semplice osservare che:
|P [˛a, ˛b] ≠ P [˛a, ˛c]| Æ 1 + P [˛b, ˛c]
(3.12)
|P [˛a, ˛b] + ˛a · ˛b| Æ ‘
(3.13)
Come ho già detto, ci si aspetta che i valori medi, calcolati secondo la
teoria a variabili nascoste o secondo MQ, siano uguali. Per cui, posso scrivere:
Con ‘ arbitrariamente piccolo.
Se pongo ˛a = ˛b, ottengo che:
⁄
[A(˛b, ⁄)B(˛b, ⁄) + 1]fl(⁄)d⁄ Æ ‘
(3.14)
10
CAPITOLO 3. DISUGUAGLIANZE DI BELL
Scrivendo opportunamente P [˛a, ˛b] ≠ P [˛a, ˛c], si può notare che:
|P [˛a,˛b] ≠ P [˛a,˛c]| Æ 1 + P (˛b,˛c) + ‘
Utilizzando ora l’equazione (3.13), si ottiene infine che:
4‘ Ø |˛a · ˛c ≠ ˛a · ˛b| + ˛b · ˛c ≠ 1
(3.15)
(3.16)
Si noti che questa disuguaglianza deve essere rispettata per valori arbitrari
di ‘, affinché si possa avere una descrizione completa della realtà microscopica
con una teoria a variabili nascoste locale.
Ô
Consideriamo adesso il caso in cui ˛a · ˛c = 0, ˛a · ˛b = ˛b · ˛c = 1/ 2:
Ne risulta che:
4‘ Ø
Ô
2≠1
(3.17)
Si vede facilmente che questa disuguaglianza non può essere rispettata se
‘ é troppo piccolo.
Analizziamo adesso l’argomento logico di Bell:
(Determinismo) · (Località) ∆ (Dis.Bell)
(3.18)
Ë(Dis.Bell) ∆ {Ë(Località)} ‚ {Ë(Determinismo)}
(3.19)
La violazione delle disuguaglianze implica la violazione della Località o
quella del Determinismo; nel caso valga quest’ultima, é evidente dalla (3.2)
che la validità delle correlazioni statistiche implica la violazione della Località
stessa. Possiamo quindi affermare che una teoria a variabili nascoste che
completi MQ dovrà rinunciare all’ipotesi di Località.
3.2
Gli esperimenti di Aspect
L’articolo di Bell secondo il quale ogni teoria a variabili nascoste (deterministica, locale e che rispetti i risultati della Meccanica Quantistica) deve
soddisfare una serie di disuguaglianze risale al 1964, ma bisogna aspettare alcuni anni prima che giungano le prime conferme sperimentali della violazione
delle suddette disuguaglianze.
Nello specifico, i risultati più rilevanti in questo campo sono stati ottenuti
da A. Aspect (a cavallo tra gli anni ’70 e ’80), che li descrive nell’articolo
"Bell’s Theorem: the nave view of an experimentalist"[3] .
Aspect considera una versione modificata del "Gedankenexperiment" di
Bell: considera una sorgente di radiazione che emette fotoni a coppie (di
3.2. GLI ESPERIMENTI DI ASPECT
11
frequenze ‹1 e ‹2 ). Se consideriamo la polarizzazione dei fotoni emessi, lo
stato di una coppia é dato da:
| x, x > + | y, y >
Ô
(3.20)
2
dove | x > e | y > sono stati di polarizzazione lineari.
Risulta evidente che lo stato della coppia non é separabile: non possiamo
fattorizzarlo nel prodotto degli stati dei due fotoni separati, per cui é uno
stato entangled.
L’approccio utilizzato per studiare la coppia di fotoni entangled é analogo
a quello utilizzato da Bell per studiare il singoletto di spin.
La Meccanica Quantistica offre le seguenti predizioni circa le probabilità
P di trovare un fotone o entrambi in dati stati di polarizzazione:
Per il singolo fotone,
| Â(‹1 , ‹2 ) >=
P+ (˛a) = P≠ (˛a) = 1/2
(3.21)
P++ (˛a, ˛b) = P≠≠ (˛a, ˛b) = cos2 (˛a, ˛b)/2
(3.22)
P+≠ (˛a, ˛b) = P≠+ (˛a, ˛b) = sin2 (˛a, ˛b)/2
(3.23)
(dove + e - indicano i versi della polarizzazione, mentre ˛a indica la
direzione);
Per la coppia,
(dove (˛a, ˛b) é l’angolo formato dalle direzioni dei due fotoni).
Si vuole studiare la correlazione tra gli stati dei fotoni in funzione dell’angolo (˛a, ˛b); a questo scopo si introduce il coefficiente di correlazione E,
t.c.:
E[˛a, ˛b] = P++ (˛a, ˛b) + P≠≠ (˛a, ˛b) ≠ P+≠ (˛a, ˛b) ≠ P≠+ (˛a, ˛b)
(3.24)
Secondo MQ, quindi:
EM Q [˛a, ˛b] = cos[2(˛a, ˛b)]
(3.25)
Si noti che se le direzioni dei due fotoni sono parallele, il coefficiente di
correlazione assume valore 1, che indica correlazione totale.
Se consideriamo una teoria a variabili nascoste deterministica e locale, ci
chiediamo come sia valutato da quest’ultima il coefficiente di correlazione E.
Vogliamo che, in questo nuovo modello, esista un parametro ⁄ tale che
la polarizzazione del primo fotone sia determinata prima della misura, e con
12
CAPITOLO 3. DISUGUAGLIANZE DI BELL
questa anche quella del secondo fotone, preservando quindi il principio di
Località.
Analogamente al caso del singoletto di spin, possiamo introdurre una
funzione di distribuzione fl(⁄), normalizzata e definita non negativa.
Per ciascun fotone introduciamo le grandezze A e B che specificano il
verso dei singoli fotoni per una data polarizzazione (con lo stesso significato
dei termini dato da Bell nel suo articolo):
A(⁄, ˛a) = ±1
(3.26)
B(⁄, ˛b) = ±1
(3.27)
⁄
(3.28)
Possiamo quindi definire il coefficiente di correlazione E come:
E[˛a, ˛b] =
A(⁄, ˛a)B(⁄, ˛b)fl(⁄)d⁄
Si può vedere, con opportuni calcoli, che
4|(˛a, ˛b)|
E[˛a, ˛b] = 1 ≠
(3.29)
fi
con la condizione ≠ fi2 Æ (˛a, ˛b) Æ fi2 .
Facendo il plot dei due coefficienti di correlazione in funzione dell’angolo
˛
(˛a, b), otteniamo che sono relativamente simili tra loro; questo potrebbe far
pensare che usando un modello a variabili nascoste più raffinato, si potrebbe
replicare esattamente il coefficiente di correlazione di MQ.
Il teorema di Bell, tuttavia, dimostra che non é così.
Scriviamo le disuguaglianze di Bell in una forma concernente al caso che
stiamo analizzando; definisco la quantità s t.c.:
s[⁄, ˛a, a˛Õ , ˛b, b˛Õ ] = A(⁄, ˛a)[B(⁄, ˛b) ≠ B(⁄, b˛Õ )] + A(⁄, a˛Õ )[B(⁄, ˛b) + B(⁄, b˛Õ )]
(3.30)
Risulta evidente che s[⁄, ˛a, a˛Õ , ˛b, b˛Õ ] = ±2. Definisco ora la quantità S t.c.
S[⁄, ˛a, a˛Õ , ˛b, b˛Õ ] = E[˛a, ˛b] ≠ E[˛a, b˛Õ ] + E[a˛Õ , ˛b] + E[a˛Õ , b˛Õ ]
(3.31)
Posso quindi porre ≠2 Æ S[⁄, ˛a, a˛Õ , ˛b, b˛Õ ] Æ 2.
Queste sono le disuguaglianze B.C.H.S.H., cioè le generalizzazioni delle
disuguaglianze di Bell ad opera di Clauser, Horne, Shimony e Holt.
Secondo la Meccanica Quantistica, nelÔcaso in cui le direzioni siano nella
configurazione della figura 4[3] , SQM = 2 2, ma tale risultato é in evidente
contraddizione con la disuguaglianza B.C.H.S.H..
3.2. GLI ESPERIMENTI DI ASPECT
13
(Può essere interessante valutare quale sia la configurazione delle polarizzazioni che viola maggiormente la disuguaglianza soprannominata; a questo
scopo rimando all’articolo di Aspect).
Fatte queste considerazioni preliminari, passiamo ad analizzare gli esperimenti effettivamente svolti da A. Aspect e colleghi.
Viene considerata una sorgente di fotoni (cascata atomica); invocando la
conservazione del momento angolare e della parità, si ottiene che lo stato
della coppia é della forma:
| x, x > + | y, y >
Ô
(3.32)
2
che é lo stesso stato visto all’inizio di questa sezione.
I fotoni generati dalla sorgente si dirigono verso i rilevatori, che hanno
ampiezza angolare 2u (figura 8[3] ). Tenendo conto di questo, assumiamo che
il coefficiente di correlazione E, per MQ, sia del tipo
| Â(‹1 , ‹2 ) >=
EM Q [˛a, ˛b] = F (u) · cos[2(˛a, ˛b)]
(3.33)
con F (u) Æ 1 (=1 solo nel caso ideale).
Si é scelto di avere u = 32¶ , in modo tale da avere F (u) = 0.984.
(Va detto che le "imperfezioni" di tipo sperimentale tendono ad abbassare
il coefficiente di correlazione quantistico: in tale condizione, potrebbe non
essere facile rilevare la violazione della disuguaglianza B.C.H.S.H.)
Imporremo agli esperimenti ulteriori condizioni:
1) I due rilevatori devono essere separati da una distanza di tipo spazio;
2) La scelta delle quantità da misurare nei 2 sottosistemi deve essere
random e space-like.
Gli esperimenti volti alla verifica della violazione delle disuguaglianze di
Bell si possono schematizzare in due tipologie: con un canale di polarizzazione
o con due. Si é scelto di misurare una quantità S’ t.c.:
SÕ =
N (˛a, ˛b) ≠ N (˛a, b˛Õ ) + N (a˛Õ , ˛b) + N (a˛Õ , b˛Õ ) ≠ N (a˛Õ , Œ) ≠ N (Œ, ˛b)
(3.34)
N (Œ, Œ)
dove N indica il numero di fotoni rilevati e il simbolo Œ indica l’assenza
di un analizzatore.
Si vede che S’, calcolato secondo la teoria a variabili nascoste, rispetta la
seguente disuguaglianza:
≠1 Æ S Õ Æ 0
(3.35)
Con gli analizzatori posti come in figura 4[3] , il corrispondente valore di
S’ secondo MQ invece rispetta la disuguaglianza seguente:
14
CAPITOLO 3. DISUGUAGLIANZE DI BELL
Õ
≠1/2 Æ SQM
Æ 1/2
(3.36)
Si nota che per valori di (˛a, ˛b) pari a fi/8 o pari a 3fi/8 le predizioni di
MQ violano le disuguaglianze di Bell.
Vari gruppi sperimentali hanno confermato la violazione delle suddette
disuguaglianze; illustreremo soltanto i risultati ottenuti dal gruppo di Aspect
ad Orsay (1980-1982).
Come sorgente di fotoni entangled si é utilizzata la cascata atomica del
calcio; per ottimizzare il rapporto segnale/rumore si é fatto uso di un laser
a 406nm e di un laser a 581nm. Il procedimento di produzione delle coppie
di fotoni é illustrato in figura 6[3] .
Esperimenti a singolo canale:
Aspect e collaboratori hanno costruito un rivelatore formato da 10 piani
vetrosi all’angolo di Brewster, in modo da avere l’invarianza rotazionale del
sistema. Nel caso di luce totalmente polarizzata, il massimo e il minimo
dell’intensità luminosa erano rispettivamente 0.975 ± 0.005 e 0.030 ± 0.005.
In questi esperimenti si é ricavato S’ =0.126±0.014, che viola le disuguaglianze di Bell di 9 deviazioni standard ed é in buon accordo con le predizioni
Õ
della Meccanica Quantistica (SQM
= 0.118 ± 0.005).
Si é verificato l’accordo tra MQ e le osservazioni sperimentali per un valore
di ◊ variante in un range di 360¶ .
Le misure sono state ripetute a 6.5m dalla sorgente in modo da avere
la separazione di tipo space-like, e si é sempre ottenuta la violazione delle
disuguaglianze di Bell.
Esperimenti a canale doppio:
Questo tipo di esperimenti é una replicazione più verosimile al Gedankenexperiment di Bell rispetto agli esperimenti a canale singolo.
Si é trovato che S=2.697±0.015, che viola la B.C.H.S.H. di 40 deviazioni
standard, e che é in buon accordo con le previsioni quantistiche (che danno
SQM = 2.70 ± 0.05).
Timing experiment:
Per testare le disuguaglianze di Bell, ci dovrebbe essere la possibilità di
cambiare casualmente l’orientazione degli analizzatori, in modo da avere la
condizione di Località come conseguenza della Causalità Einsteniana. La
distanza tra gli analizzatori L era di 13m, mentre L/c = 43ns. Alla fine é
stato ottenuto che S Õ = 0.101 ± 0.020, che viola le disuguaglianze di Bell e
Õ
che é in buon accordo con il valore quantistico SQM
= 0.113 ± 0.005
Vari gruppi sperimentali hanno quindi confermato le previsioni di MQ a
discapito delle previsioni delle teorie a variabili nascoste locali, confermando
quindi la Non Località come caratteristica fondamentale della Natura.
3.3. NON LOCALITÀ E SEGNALI FTL
3.3
15
Non località e segnali FTL
La violazione negli esperimenti delle disuguaglianze di Bell mostra che la natura, almeno a livello microscopico, é fondamentalmente Non Locale. Ci
si può chiedere quindi se le interazioni a distanza dovute ad MQ siano
utilizzabili per una comunicazione "Faster than light".
In anni recenti ci sono stati dei tentativi per dimostrare la possibilità di
avere comunicazione FTL sfruttando la Non Località.
Prima di tutto, va fatta una precisazione:
Consideriamo due elettroni nello stato di singoletto di spin. Supponiamo
di porre i due elettroni a grande distanza tra loro. Dalla Meccanica Quantistica sappiamo che la misura dello spin relativa alla prima particella provoca
il collasso dello stato della seconda istantaneamente. Dopo l’operazione di
misura, quindi, lo stato |Â1,2 > del sistema é del tipo:
oppure
|Â1,2 >= | ø1 >
p
| ¿2 >
(3.37)
|Â1,2 >= | ¿1 >
p
| ø2 >
(3.38)
Il collasso della funzione d’onda di spin permette la trasmissione di "qualcosa" tra gli sperimentatori agenti su ciascuna particella, ma questo non é
considerabile come un messaggio; per avere un messaggio tra due sistemi fisici, oltre ad avere una trasmissione é necessario anche attribuire a quanto é
stato trasmesso un significato noto sia al mittente che al ricevente: dato che
lo sperimentatore sulla particella 1 non controlla l’esito della propria misura,
non riesce neppure a controllare quanto trasmette all’ altro sperimentatore.
Di conseguenza non é possibile attribuire un preciso significato ad una data
sequenza di (ø, ¿) prima della misura. Sarebbe possibile farlo a posteriori,
ma per tramettere tale informazione sarebbe necessario un canale classico,
vanificando quindi la possibilità di avere comunicazione FTL.
Daremo ora una dimostrazione generale sull’impossibilità di utilizzare
soltanto il "collasso a distanza" per avere comunicazione superluminale[6] .
Dalla Meccanica Quantistica sappiamo che se abbiamo due sistemi fisici
(1 e 2) correlati (Bob é lo sperimentatore del sistema 1, Alice del 2), allora
lo "stato" del sistema 1 é dato da:
T r(2) [fl‚1,2 ] = fl‚1
(3.39)
(con ovvio significato della notazione usata)
Sappiamo che i processi che possiamo svolgere sui due sistemi sono trasformazioni unitarie, misure non ideali, misure non selettive e misure selettive.
16
CAPITOLO 3. DISUGUAGLIANZE DI BELL
I primi 3 procedimenti sono "controllabili" da parte degli sperimentatori, il
4¶ no. Supponiamo che Alice voglia utilizzare questi processi sul sistema 2
per indurre dei cambiamenti (controllati) sul sistema 1 da usare per avere
comunicazione FTL: otteniamo che
Trasformazioni unitarie
Misure non ideali
T r(2) [U‚2† fl‚1,2 U‚2 ] = fl‚1
T r(2) [
ÿ
j
A‚†2,j fl‚1,2 A‚2,j ] = fl‚1
dove gli A‚j sono gli "operatori di Krauss", tali che
Misure non selettive
T r(2) [
ÿ
j
P‚2,j fl‚1,2 P‚2,j ] = fl‚1
(3.40)
(3.41)
q
j
(A‚j A‚†j ) = 1.
(3.42)
(a causa della ciclicità della traccia)
Questi tre processi non producono cambiamenti sulla matrice densità del
sistema composto, di modo che Bob non possa accorgersi in alcun modo
dei procedimenti attuati da Alice. In questo modo, non si possono usare
queste tre trasformazioni per la comunicazione FTL. Riguardo il 4¶ processo
(misure selettive), esso potrebbe dare adito a messaggi superluminali solo
se Alice riuscisse a controllare l’esito delle proprie misure, cosa impossibile
(ragionamento analogo a quello fatto per il singoletto di spin).
Di conseguenza, possiamo affermare che il collasso dello stato di un sistema fisico (a causa di processi effettuati su un altro sistema ad esso correlato)
non può essere utilizzato per comunicare a velocità maggiori della luce nel
vuoto.
Fatta questa precisazione, analizzeremo alcune proposte di utilizzo dei
fenomeni non locali per avere comunicazione superluminale, mostrandone
l’inconsistenza sulla base dei principi di MQ.
3.3.1
La proposta di Herbert
Herbert[4] considerò un sistema di 2 fotoni entangled. Lo stato della coppia
si può scrivere in questi due modi:
oppure
|Â1,2 >=
|H1 , H2 > +|V1 , V2 >
Ô
2
(3.43)
3.3. NON LOCALITÀ E SEGNALI FTL
|Â1,2 >=
|R1 , L2 > +|L1 , R2 >
Ô
2
17
(3.44)
dove (H,V) indicano le polarizzazioni lineari e (R,L) indicano le polarizzazioni circolari.
Lo sperimentatore sul primo fotone (Bob) può scegliere se misurare la
polarizzazione lineare o se quella circolare.
Supponiamo adesso di utilizzare un laser per copiare il fotone 2, in modo
da avere 4N (con N grande) fotoni uguali; adesso separiamo i 4N fotoni
in 4 fasci e li inviamo a dei detector capaci di misurare la polarizzazione
nell’ordine V,H,L,R.
I detector sono tali che registrano sicuramente un fotone con la polarizzazione che devono misurare, non registrano un fotone con polarizzazione
ortogonale a quest’ ultima e registrano con probabilità 1/2 i fotoni la cui
polarizzazione é combinazione lineare tra queste ultime due.
Risulta facile verificare che a seconda di quanto misurato da Bob, lo
sperimentatore sui 4N fotoni (Alice) farà le seguenti rilevazioni; supponiamo
che Bob faccia misure di polarizzazione lineare:
Se Bob rileva una polarizzazione di tipo V, Alice rileverà
(V, H, L, R) ≠æ (N, 0, N/2, N/2)
(3.45)
(V, H, L, R) ≠æ (0, N, N/2, N/2)
(3.46)
(V, H, L, R) ≠æ (N/2, N/2, 0, N )
(3.47)
(V, H, L, R) ≠æ (N/2, N/2, N, 0)
(3.48)
Se Bob rileva una polarizzazione H, Alice rileverà
Se Bob misura invece la polarizzazione circolare, nel caso in cui misuri L
Alice misurerà
Se Bob misura R, Alice misurerà infine
Bob non controlla l’esito della propria misura, ma come ho già detto
può scegliere se misurare la polarizzazione lineare o se quella circolare. Dalle
proprie misurazioni Alice può evidentemente capire cosa ha scelto di misurare
Bob:
In questo modo sembrerebbe che tra Bob e Alice vi sia comunicazione
FTL.
18
CAPITOLO 3. DISUGUAGLIANZE DI BELL
Si noti che per avere quest’ultima é necessario clonare 4N volte il secondo fotone: se non si riuscisse a clonare quest’ultimo non sarebbe possibile
attribuire significato univoco alle misurazioni di Alice circa le scelte di Bob.
Il problema sta nel fatto che, come mostrato per la prima volta da Ghirardi, in meccanica quantistica vale il No Cloning Theorem: non é possibile
clonare due stati non ortogonali: di conseguenza, secondo la Meccanica Quantistica non é possibile avere comunicazione FTL secondo il modello proposto
da Herbert che richiede appunto che l’apparecchio cloni sia fotoni H-V che
fotoni a 450 ≠ 1350 .
3.3.2
La proposta di Greenberger
Greenberger[5] considera due fotoni entangled che si propagano lungo due
direzioni opposte; lo stato iniziale della coppia é del tipo:
|Â1,2 >=
|a1 , aÕ2 > +|b1 , bÕ2 >
Ô
2
(3.49)
I due fotoni incontrano dei beam splitters, capaci di trasmettere e riflettere metà della luce incidente; inoltre producono uno sfasamento di fi/2 per
i fotoni riflessi e nessun sfasamento per i fotoni trasmessi.
Inoltre é presente uno sfasatore che produce uno sfasamento di fi per ogni
fotone; tale oggetto può essere inserito o rimosso a piacere.
L’autore suppone di poter assegnare allo sfasatore uno stato |A > se
questo é inserito, e uno stato |B > se é rimosso; seguendo quest’ottica di
ragionamento, é possibile preparare lo sfasatore in due possibili combinazioni
lineari di tali stati:
|u >=
|A > +|B >
Ô
2
(3.50)
|v >=
|A > ≠|B >
Ô
2
(3.51)
oppure
Se supponiamo che |u > e |v > siano autostati dell’ Hamiltoniana che
descrive lo sfasatore (a cui corrispondono energie diverse), tra di essi vi sarà
uno sfasamento nel tempo (a causa dell’evoluzione temporale).
Svolgendo i calcoli, risulta che presso i detector i fotoni e lo sfasatore
saranno nel seguente stato entangled:
3.3. NON LOCALITÀ E SEGNALI FTL
19
1
|Â1,2,ph >= [(≠ei“ |h1 , dÕ2 , u > +e≠i” |g1 , cÕ2 , u >)+(ei” |g1 , cÕ2 , v > +e≠i“ |h1 , dÕ2 , v >)]
2
(3.52)
(Le fasi sono dovute all’evoluzione temporale degli stati dello sfasatore)
Greenberger assume di poter "spegnere" l’ Hamiltoniana per lo stato |v >
ma non per lo stato |u >. A questo scopo utilizza un operatore T‚ non unitario
t.c.:
T‚ |u >= |u >
T‚ |v >= ei– |u >
(3.53)
(3.54)
Applicando T‚ lo stato del sistema complessivo presso i detector cambia,
e diventa:
|Â1,2,ph >= ei 2 [≠cos(„1 )|h1 , dÕ2 > +cos(„2 )|g1 , cÕ2 >]|u >
Õ
–
(3.55)
Dove „1 = “ ≠ –/2 e „2 = ” ≠ –/2. Si nota che scegliendo „1 e „2
in modo opportuno, possiamo rendere tale stato non correlato. In questo
modo, sembrerebbe sia possibile avere comunicazione FTL tra lo sfasatore e
i detector.
In questo ragionamento vi sono tuttavia dei problemi: 1) Si é supposto che
valga il principio di sovrapposizione per lo stato di un oggetto macroscopico,
e questo é praticamente impossibile; 2) Si é supposto di poter attuare una
trasformazione non unitaria T‚ come quella sopra descritta.
Anche trascurando il primo problema circa l’applicazione del principio
di sovrapposizione per un oggetto macroscopico (anche perché potremmo
ovviare al problema supponendo che lo sfasatore sia un oggetto microscopico), considereremo una versione "semplificata" dell’ipotesi di Greenberger, in
modo da mostrare la sua inattuabilità.
Consideriamo[6] , come al solito, un singoletto di spin tra due elettroni.
L’azione di T‚ sugli stati di spin della particella 2 é di questo tipo:
T‚ | ¿2 >= | ¿2 >
T‚ | ø2 >= ei– | ¿2 >
(3.56)
(3.57)
Secondo l’autore, dopo l’azione di T‚ lo stato delle due particelle diventa
quindi:
20
CAPITOLO 3. DISUGUAGLIANZE DI BELL
|Âtot >=
[| ø1 > ≠ei– | ¿1 >]| ¿2 >
Ô
2
(3.58)
L’azione di T‚ sulla seconda particella (Bob) ha "tolto l’entanglement" tra
le due particelle. Si noti che lo stato relativo alla prima particella (Alice) é
autostato di ˛‡ ·˛a con (˛a = (cos–, sen–, 0) e) autovalore -1. Quindi, la misura
di tale osservabile (per la prima particella) da come risultato certo -1 se T‚
é acceso; se tale operatore é spento, Alice ha probabilità 1/2 di ottenere -1
come risultato di una misura.
Sulla base di queste considerazioni, sembrerebbe possibile avere comunicazione FTL tra Bob ed Alice, basata sul fatto che T‚ sia acceso o spento.
L’inattuabilità dell’ipotesi di Greenberger riguarda proprio il "funzionamento" di quest’ultimo operatore.
Mostreremo infatti che tale operatore agisce in modo diverso rispetto a
quanto affermato da Greenberger, e in modo tale da non permettere messaggi
superluminali.
Secondo l’autore, l’azione di T‚ é analoga a quella di un campo magnetico
che ruota lo spin di una particella nel braccio di un interferometro. Allo
scopo di avere comunicazione FTL, é necessario ruotare lo spin di una sola
tra le due particelle.
Possiamo descrivere gli autostati di spin del secondo elettrone in questo
modo:
| ø2 >≠æ | ø2 , «2 >
(3.59)
| ¿2 >≠æ | ¿2 , »2 >
(3.60)
Dove | «2 > e | »2 > indicano le direzioni di propagazione della seconda
particella nello spazio.
Accendendo un campo magnetico, e supponendo che l’azione di questo
sia analoga a quella dell’operatore T‚ , lo stato dei due elettroni diventa:
|Âtot >=
[| ø1 > | »2 > ≠ei– | ¿1 > | «2 >]| ¿2 >
Ô
2
(3.61)
Risulta evidente che lo stato delle due particelle dopo l’accensione del
campo non é separabile. Quest’ultimo ha soltanto trasformato un sistema
entangled di tipo (spin,spin) in uno stato entangled di tipo (spin,posizione).
In questo modo, non é possibile avere comunicazione FTL.
Analizziamo adesso uno stato entangled della forma seguente:
3.3. NON LOCALITÀ E SEGNALI FTL
|Â1,2 >=
ÿ
n
cn |o1,n >
21
p
(3.62)
|o2,n >
con ovvio significato dei simboli sopra riportati. Supponiamo che esista
un operatore A‚2,k t.c.:
(3.63)
A‚2,k |o2,n >= ei–n |o2,k >
L’azione di questo operatore sullo stato entangled é t.c.:
|Â1,2 >≠æ |
1,2
>=
ÿ
n
cn ei–n |o1,n >
p
|o2,k >
(3.64)
Risulta evidente che A‚2,k ha fatto collassare lo stato della seconda particella, in maniera analoga ad un processo di misura: il fatto che lo faccia
in modo controllato é impossibile secondo la Meccanica Quantistica, per cui
possiamo capire che un operatore come quello definito da Greenberger non
può descrivere un reale processo fisico.
Capitolo 4
Outcome e Parameter
Independence
4.1
Teorie Non locali e Deterministiche
La scoperta che la Non Località é un aspetto fondamentale della realtà microscopica ha aperto la strada a delle generiche teorie a variabili nascoste,
Non Locali e deterministiche, per quanto riguarda la descrizione della realtà
fisica. Infatti, la violazione delle disuguaglianze di Bell implica la violazione
della Località, ma non esclude il Determinismo. Ci si chiede quindi come
debbano essere delle generiche teorie di questo tipo affinché siano in accordo con la Meccanica Quantistica e allo stesso tempo non contraddicano la
Relatività Einsteniana. Per quanto riguarda la Meccanica Quantistica, l’impossibilità di controllare il processo di misura impedisce sostanzialmente la
comunicazione FTL e quindi la violazione della Causalità, ma altrettanto
non si può dire per altre teorie microscopiche (per cui non é stato ancora deciso all’unanimità un criterio volto a prevenire la violazione della Relatività
Speciale).
Possiamo adesso definire lo stato di un sistema fisico su una superficie
space-like (t costante) come specificato da due set di variabili „ = (µ, ⁄), dove µ indica i parametri controllabili e ⁄ indica i parametri non controllabili
(con qualche "procedura fisica"). Si assume che tale stato offra la descrizione
più completa possibile del sistema fisico in questione, descrizione che assumeremo come deterministica.[7] Assumiamo anche di conoscere la funzione
di distribuzione del parametro non controllabile, a causa della procedura di
preparazione dello stato del sistema.
Consideriamo quindi un sistema fisico nello stato „ sottoposto a processo
di misura di una certa osservabile (per esempio la componente di spin A
22
4.1. TEORIE NON LOCALI E DETERMINISTICHE
23
lungo una direzione ˛a); la probabilità che la misura dia un certo esito (A) in
queste condizioni verrà indicata con P [A | a; „].
Se consideriamo un sistema costituito da due sottosistemi 1 e 2 separati
da una distanza di tipo spazio, possiamo affermare che (con ovvio significato
della simbologia):
P [A, B | a, b; „] = P [A | B; a, b; „]P [B | a, b; „]
(4.1)
P [A | B; a, b; „] = P [A | a, b; „]
(4.2)
P [B | A; a, b; „] = P [B | a, b; „]
(4.3)
P [A | a, b; „] = P [A | a; „]
(4.4)
P [B | a, b; „] = P [A | b; „]
(4.5)
P [A, B | a, b; „] = P [A | a; „]P [B | b; „]
(4.6)
(sono le regole della probabilità condizionata; A ed a indicano rispettivamente
esito della misura e stato del rivelatore per la particella 1 (Alice), mentre B
e b sono relativi alla particella 2 (Bob)).
Se assumiamo che le probabilità di ottenere un dato esito per una particella siano indipendenti dalle eventuali misure eseguite sulla seconda, stiamo
imponendo la Condizione di Completezza (Jarrett), detta anche Outcome
Independence (Shimony):
e
Se assumiamo invece che le probabilità relative ad una particella non
dipendano dallo stato del rivelatore sulla seconda, stiamo imponendo la
condizione di Località (Jarrett), o P arameter Independence (Shimony):
e
Imponendo O.I. e P.I. al sistema otteniamo la condizione di Fattorizzabilità, più precisamente la richiesta di località di Bell che sostanzialmente
richiede che gli esiti delle misure sulle due particelle siano completamente
non correlati:
Abbiamo detto che, pur non conoscendo ⁄, ne conosciamo la distribuzione
normalizzata fl(⁄), per cui possiamo definire un coefficiente di correlazione E
nel seguente modo:
E[a, b; µ] =
A,B
⁄
A · B · P [A, B | a, b; „]fl(⁄)d⁄
(4.7)
24
CAPITOLO 4. OUTCOME E PARAMETER INDEPENDENCE
Se imponiamo la Fattorizzabilità al sistema fisico in analisi, otteniamo
facilmente che:
|E[a, b; µ] ≠ E[a, bÕ ; µ]| + |E[aÕ , b; µ] + E[aÕ , bÕ ; µ]| Æ 2
(4.8)
che é del tutto analoga alle disuguaglianze di Bell. Abbiamo già mostrato
come un’opportuna scelta dei parametri a,a’,b,b’ porti alla violazione di tale disuguaglianza ed all’incompatibilità di questo modello con le predizioni
della Meccanica Quantistica (confermate degli esperimenti). Una teoria che
descriva in modo completo la fisica non può contenere quindi al proprio interno la condizione di Fattorizzabilità. Di conseguenza, una tra O.I. e P.I. (o
entrambe) deve essere violata. Si noti inoltre che la negazione della fattorizzabilità implica l’assunzione della Non Località, ma non a livello ontologico
(a causa del determinismo).
Nel caso di una teoria deterministica del mondo microscopico, questa, se
deve riprodurre la MQ non può violare l’Outcome Independence (a causa
del determinismo, infatti, l’outcome di una misura dipende dal parametro
⁄ e dagli stati dei rivelatori, per cui la sua specificazione é ridondante), per
cui é necessario scartare la P.I. (in modo da avere una teoria compatibile
con la Meccanica Quantistica). Per quanto riguarda la compatibilità tra una
tale teoria e la Relatività Speciale, riassumeremo le posizioni a riguardo di
Jarrett[8] e Norsen[9] .
Jarrett pensa che la condizione di Bell per la Località é troppo forte se
consiste nella Fattorizzabilità sopra descritta; Secondo Jarrett la violazione di P.I. implica la possibilità di comunicazione FTL, in disaccordo con
la Relatività, mentre la violazione di O.I. non entra in conflitto con la SR.
Una posizione simile pone teorie microscopiche (deterministiche Non Locali) e Relatività Speciale in conflitto tra loro. Norsen assume invece che la
violazione di P.I. porterebbe alla comunicazione FTL solo nel caso in cui si
riesca a controllare la variabile nascosta ⁄ (nel caso di MQ, questo sarebbe
equivalente a controllare lo stato in cui collasserà un sistema fisico prima
della misura), cosa in linea di principio impossibile. Per quanto riguarda la
violazione di O.I., Norsen considera le argomentazioni di Jarrett come prive
di generalità, e considera tale violazione in contraddizione con SR. Considera
inoltre le teorie che introducono un sistema di riferimento privilegiato (non
Lorentz-invarianti) come violanti la Causalità. Nell’ottica di Norsen, quindi,
teorie microscopiche (deterministiche Non Locali) e Relatività Speciale sono
in disaccordo tra loro.
Entriamo più nel dettaglio con i ragionamenti presumibilmente svolti da
Jarrett e Norsen in merito alla possibilità di inviare segnali più veloci della
luce nel vuoto.
4.2. VIOLAZIONE DI P.I., MA NON DI O.I.
4.2
25
Violazione di P.I., ma non di O.I.
Si ha che:
P [A, B | a, b; „] = P [A | a, b; „]P [B | a, b; „]
(4.9)
(a, b; „) ≠æ M
(4.10)
(a, bÕ ; „Õ ) ≠æ M Õ
(4.11)
(a, b; „) ≠æ M
(4.12)
(a, b; „Õ ) ≠æ M Õ
(4.13)
Nella visione di Jarrett di questa condizione, supponiamo che Bob svolga
un set di misure e trovi che P [B | a, b; „] = fB (a, b; „) = N ; se Bob cambia
lo stato del suo rivelatore (da b a b’) e ripete le misure, succede che P [B |
a, bÕ ; „] = fB (a, bÕ ; „) = N Õ .
Alice fa le stesse cose con la sua osservabile, senza cambiare mai lo stato
del suo strumento, e trova che la probabilità di misurare A é uguale ad M;
se Bob cambia lo stato del suo rilevatore, Alice si accorge che la probabilità
di avere il valore A cambia da un valore M ad un valore M’: In questo modo,
Alice può capire, dopo svariate misurazioni, se Bob ha cambiato lo stato del
suo strumento oppure no. Quindi si può avere comunicazione FTL.
Tutto questo vale, però, solo se „ é completamente controllabile. Avendo
assunto da principio che non lo sia, e dividendo le misure di Alice in due set
(uno in cui P=M e uno in cui P=M’), posso avere i seguenti due casi:
Primo caso
set 1)
set 2)
Secondo caso
set 1)
set 2)
Risulta evidente (come evidenziato da Norsen) che in realtà Alice non
sia capace di dedurre (dalla conoscenza di M ed M’) se Bob abbia cambiato
o meno lo stato del proprio strumento, a causa dell’incontrollabilità di „.
Questo vanifica la possibilità di mandare messaggi superluminali in questo
contesto.
26
CAPITOLO 4. OUTCOME E PARAMETER INDEPENDENCE
4.3
Violazione di O.I., ma non di P.I.
Si ha che:
P [A, B | a, b; „] = P [A | B; a; „]P [B | b; „]
(4.14)
Secondo Jarrett, il fatto che gli esiti delle misure sulle due particelle siano
correlati (violazione di O.I.) non viola la Relatività Speciale: non vi sarebbe
alcuna comunicazione FTL tra di esse, dato che gli outcome sono determinati.
A supporto della propria tesi, Jarrett fa il seguente ragionamento:
Supponiamo di avere due scatole a distanza space-like, e due palline di
colore diverso (nera e bianca), ognuna in una scatola (escludiamo il caso in
cui tutte e due le palline stiano in una singola scatola). Lo stato di ogni
scatola é individuato dal colore della palla che contiene: se aprendo la prima
scatola si scopre che contiene, per esempio, la pallina nera, allora si saprà che
la seconda scatola contiene per forza una pallina bianca. Dato che si parte
dal presupposto che gli stati delle singole scatole siano già determinati prima
di aprirle, é evidente che, in quest’ottica, non si ha alcuna violazione di SR:
nessuna "informazione del collasso" é stata trasmessa dal primo contenitore
al secondo.
Si può vedere quanto questo ragionamento, a causa della propria limitatezza, abbia delle carenze: Norsen evidenzia come sia possibile immaginare
un sistema dello stesso tipo di quello di Jarrett, con in più una sorgente di
tachioni presente nella prima scatola, progettata per emettere un tachione
(diretto verso l’osservatore della scatola 2) appena viene aperta. Tale sistema,
oltre a violare O.I., permette anche segnali superluminali (come evidenziato anche da Maudlin). Naturalmente, dato che gli argomenti di Jarrett e
Norsen riguardo l’Outcome Dependence riguardano esempi specifici, é sempre possibile immaginare sistemi fisici in cui ¬(O.I.) non implichi messaggi
superluminali.
4.4
Sistemi di riferimento privilegiati
Le posizioni di Jarrett e Norsen non sono definitive; la condizione "¬(P.I. ‚
O.I.) non implica segnali FTL" non é inoltre l’unica da imporre ad una teoria
affinché sia in accordo con la Relatività: é necessario capire, infatti, anche
se e quando l’introduzione di un sistema di riferimento privilegiato sia compatibile con la generalizzazione relativistica. Secondo un analisi effettuata
da Bell, teorie in cui sarebbe possibile scegliere un sistema di riferimento
privilegiato non violerebbero la Causalità (almeno non in modo "grave"), in
contraddizione con quanto affermato da Norsen. Va detto inoltre che esistono
4.4. SISTEMI DI RIFERIMENTO PRIVILEGIATI
27
dei modelli fisici (es. GRW) in cui é violata O.I. e non P.I.: tali modelli non
sono inclusi nell’analisi di Norsen, e si può dimostrare che in certe condizioni
sono compatibili con la Relatività Speciale.
Per quanto riguarda le teorie che ammettono Parameter Dependence,
queste si possono generalizzare in senso relativistico soltanto al patto di introdurre un sistema di riferimento privilegiato, anche se nascosto. Al contrario, se la Località di Bell è violata per effetto di una violazione di Outcome
Independence, è stato mostrato da Tumulka e da Bedingham et. al.[10] , che
in linea di principio si può evitare di entrare in conflitto con SR anche senza
la necessità di fare ricorso a un sistema di riferimento privilegiato.
Capitolo 5
Riassunto e Conclusioni
Volendo concludere questa tesi, si é mostrato come partendo dai concetti di
Località e Completezza di una teoria, si arrivi al paradosso EPR, che mostra
l’incompletezza della Meccanica Quantistica. Volendo completarla con un
modello a variabili nascoste Locali, si ottiene una serie di disuguaglianze,
dette "Disuguaglianze di Bell", violate dagli esperimenti: questo indica che
simili modelli non possono completare la MQ, e soprattutto che i fenomeni
Non Locali sono una delle caratteristiche fondamentali della Natura, almeno
a livello microscopico.
Si é anche visto che, per quanto riguarda la Meccanica Quantistica, tali
fenomeni non possono essere utilizzati per inviare messaggi superluminali: si
é svolto un ragionamento con un singoletto di spin (facendo distinzione tra
il fenomeno della "trasmissione", che é superluminale, e il messaggio, che é
subliminale) e si é mostrato in generale che la Non Località, pur permettendo
interazioni a distanza tra sistemi fisici, non consente una comunicazione FTL
. SI sono analizzate quindi le proposte di Herbert e Greenberger, confutandole. Riguardo quest’ultima proposta si é preferito un ragionamento intuitivo,
senza pretesa di generalità, per la quale si rimanda a [11] .
Il tentativo di definire una classe di teorie Non Locali, deterministiche
(e complete) descriventi il micro mondo ha posto una questione riguardo la
loro conciliazione con la Relatività Speciale. Jarrett, nella convinzione che la
condizione di Località imposta da Bell fosse troppo stringente, ha preferito
definire i concetti di Outcome Independence e di Parameter Independence,
la cui simultanea validità viola i risultati sperimentali della Meccanica Quantistica e deve quindi essere scartata. Visto il determinismo imposto a queste
teorie, risulta che é la P.I. a dover essere violata, in modo da non avere conflittualità con MQ. Dato che deve essere violata P.I. se si vuole una descrizione
della Realtà Fisica compatibile con MQ, ci si chiede quale violazione invece
renda questa classe di teorie compatibile con SR (e se sia possibile conciliare
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quindi le teorie deterministiche con Meccanica Quantistica e Relatività Speciale). In proposito sono state elencate le idee di Jarrett e Norsen a riguardo,
con la conclusione che, secondo tali modelli, la violazione di P.I. non implica
messaggi superluminali, mentre la violazione di O.I. in certi casi può essere
compatibile con la Relatività.
Ci si aspetta comunque di stabilire dei criteri di compatibilità tra teorie
microscopiche e Relatività Speciale analizzando la violazione della Parameter
Independence o dell’Outcome Independence da parte delle suddette teorie.
Per quanto riguarda l’introduzione di un sistema di riferimento privilegiato,
la conclusione finale risulta quindi questa: se una teoria viola la P.I. allora
può risultare compatibile con la Relatività solo al prezzo di rinunciare alla
Lorentz-invarianza. Se invece la Località di Bell è violata negando l’ Outcome
Independence, si può vedere che non é necessario introdurre un sistema di
riferimento privilegiato per avere compatibilità con la Relatività Speciale.
Capitolo 6
Bibliografia
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