Albero della qualità dei servizi. E’ un modello della qualità del servizio pubblico messo a punto dalla prima edizione dei Cento progetti al servizio dei cittadini, il progetto pilota per la modernizzazione delle amministrazioni pubbliche realizzato dal Dipartimento della Funzione Pubblica a partire dal 1994, che è oggi alla sua sesta edizione. L’albero è articolato su due livelli. Al primo livello si collocano gli aspetti principali che caratterizzano la gestione del servizio: accesso dell’utente, erogazione e fruizione del servizio, controllo e correzione degli errori e dei disservizi, innovazione e miglioramento del servizio. Al secondo livello, per ciascuna area, si collocano le componenti del servizio che sono: per l’area accesso al servizio, informazione, accoglienza, trasparenza; per l’area erogazione del servizio, velocità, comodità, chiarezza, gestione delle attese, personalizzazione; per l’area controllo e correzione del servizio, affidabilità, standard, prontezza di risposta, ascolto; e, infine, per l’area innovazione e miglioramento del servizio, arricchimento, utenze particolari, innovazione. L’albero rivela la trasversalità della comunicazione nelle tre fasi del ciclo di vita dei servizi: nella fase di accesso la comunicazione si connota soprattutto come informazione sulle caratteristiche e sul funzionamento dei servizi; nella fase di erogazione la comunicazione si realizza soprattutto come semplificazione del linguaggio e conoscenza dell’utenza; nella fase di controllo, la comunicazione è soprattutto ascolto e creazione di un feed-back con gli utenti sul livello del servizio. Il modello dell’albero della qualità del servizio ha trovato conferme in modelli adottati da analoghe iniziative internazionali, come la Charter Mark inglese. E’ da sottolineare, tuttavia, che l’albero della qualità realizzato da Cento Progetti presenta una peculiarità rispetto ad altri modelli: non è stato definito aprioristicamente dal Dipartimento della Funzione Pubblica al momento di avvio del progetto, ma è stato costruito sulla base dei dati di realtà raccolti attraverso i progetti pervenuti al Dipartimento da parte delle amministrazioni partecipanti al bando. (Per approfondimenti cfr: Dipartimento della funzione pubblica, Cento progetti al servizio dei cittadini. Come migliorare gli uffici pubblici, Roma 1995. Sul significato dell’albero della qualità cfr. F. Bucarelli, L. Lo Schiavo, Servizi pubblici: l’albero della qualità, in S. Rolando (a cura di) La comunicazione pubblica in Italia, Editrice bibliografica Milano 1995, pp. 207-217). Burocrazia Il termine designa il complesso dei pubblici uffici e dei pubblici funzionari cui sono demandati l’esecuzione operativa e il controllo amministrativo, da eseguirsi impersonalmente, sulla base di criteri unitari e prefissati, regolati dal potere centrale dello Stato. La formazione di uffici gerarchicamente ordinati (burocrazia in senso oggettivo) e di vaste aliquote di personale specializzato destinato a espletare in permanenza mansioni amministrative (burocrazia in senso soggettivo) è fenomeno relativamente moderno, coesiste con la formazione dello Stato assoluto, ne è uno degli strumenti essenziali per il superamento dell'atomismo feudale e della spinta centrifuga che gli interessi settoriali tendono a esercitare sullo Stato provocandone la dissoluzione. La burocrazia è stata intesa - in particolare da Max Weber - come un inevitabile fenomeno collaterale della razionalizzazione del sistema politico e della democrazia di massa. Proprio l'approfondimento operato da Weber ha conferito rilievo del tutto particolare al termine burocrazia. Il sociologo tedesco ha, infatti, individuato quali elementi essenziali della sua analisi dei tipi di dominio, la legittimità e l'apparato amministrativo: "ogni potere si manifesta e funziona come amministrazione". Per Weber la burocrazia assicura la razionalità della gestione degli affari pubblici in quanto svolge la funzione di collegare autorità legale e gradi inferiori dell'organizzazione nell'ambito dì norme positive e al di fuori di interessi privati o particolari. Ciò è reso possibile proprio dalla separazione tra l'ufficio e la persona del suo titolare, dalla selezione basata su capacità e merito, dalla esistenza di chiare norme contrattuali e di predefinite retribuzioni monetarie. La burocrazia rappresenta secondo Weber lo specifico apparato amministrativo tipico del potere razionale-legale che esige, quale presupposto di fondo, un sistema di regole generali in grado di vincolare in egual modo i detentori del potere politico, i burocrati e gli utenti della burocrazia. Determinanti nella formazione delle caratteristiche burocratiche appena descritte sono le condizioni storiche che hanno consentito la comparsa e lo sviluppo della burocrazia: Max Weber ha individuato tali condizioni soprattutto nel consolidamento dell'economia monetaria e nella conseguente affermazione del capitalismo nella dilatazione quantitativa e qualitativa dei compiti dello Stato, nella concentrazione dei "mezzi d'impresa" nelle mani dei detentori del potere nello sviluppo del processo di democratizzazione. Anche la superiorità tecnica del modello burocratico rispetto alle altre forme di amministrazione ha giocato però, a parere di Weber un ruolo decisivo. Coeva o quasi al sorgere della burocrazia la lamentela, spesso generalizzata, della pubblica opinione o di parte di essa relativamente al potere eccessivo che la burocrazia eserciterebbe sul paese, e agli oneri ritenuti eccessivi che la retribuzione dei pubblici impiegati farebbe gravare sul bilancio dello Stato. Esplicito o implicito in tutte le censure all'assetto burocratico statale è il richiamo al più snello assetto dell'impresa privata nella quale non si verificherebbero i deprecati fenomeni dell'amministrazione statale. Il termine burocrazia è probabilmente stato coniato dall’economista Vincent de Gournay negli ultimi decenni del ‘700 in Francia per denunciare il troppo esteso intervento in campo economico da parte dello Stato. Nasce così un'accezione negativa di urocrazia volta ad indicare quella struttura organizzata di funzionari con compiti specializzati che durante la monarchia assoluta ostacolava il processo di liberalizzazione economica difendendo al tempo stesso il formalismo delle procedure giuridico-fiscali e i propri privilegi di corpo. Le connotazioni spregiative connesse a una simile concezione vengono amplificate nel secolo XIX, quando il termine burocrazia viene impiegato come sinonimo di "cattiva amministrazione", "lentezza decisionale e ritualismo operativo", "incapacità di semplificazione e razionalizzazione dell'ordinamento normativo". La burocrazia viene in tal modo ad essere identificata con l'amministrazione pubblica considerata nei suoi regolamenti, nelle sue formule e nei suoi meccanismi di funzionamento, nonché nell'"arroganza" dei suoi apparati. (Questa definizione di Burocrazia è frutto del lavoro di collaborazione di alcuni studenti del Corso di Teoria e tecniche della comunicazione pubblica del I semestre dell’anno accademico 2004-05. Gli studenti sono:Claudia Borraccia, Francesco Maria Borrelli, Viviana Lucarelli, Alessandra Manduchi, Ferdinando Marino, Sara Pesarin, ) Il Difensore Civico Quando si parla di Difensore Civico, si può affermare che il Difensore Civico “è nato in Svezia” con la costituzione del 1809, con il nome di Ombudsman e successivamente, anche, con nomi modalità e funzioni diverse, in altre nazioni sia europee che di altre parti del mondo. Possiamo affermare che le radici dell' istituzione del Difensore Civico siano da ricercarsi nell' istituzione del Defensor Civitatis che sarebbe avvenuta, durante il dominio dell' imperatore Costantino (periodo 306-337 d.C.), per dare al popolo romano la possibilità di portare a conoscenza dell' imperatore tutti gli abusi operati dalle magistrature locali. Ai giorni nostri, in ambito europeo bisogna fare riferimento al trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992 grazie al quale è nato il Mediatore Europeo. Egli è nato con il compito di controllo dell' attività amministrativa delle istituzioni e degli organi della Comunità ma anche come sostegno alle istanze e denunce dei cittadini nei confronti della burocrazia europea. Il Difensore Civico, acquista una sua valenza istituzionale e sociale, nel momento in cui nel welfare state viene a fare parte di una vasta rete di sostegno nei sempre più manifesti casi di disagio sociale e solo attraverso la sua mediazione, può ottenere una risposta istituzionale dalle amministrazioni, tanto più apprezzata in quanto gratuita per l’utente. La nascita in Italia dell’istituzione del Difensore Civico è da ricercarsi agli inizi degli anni ‘90 con la legge 8 giugno 1990 n. 142 sulle autonomie locali, che ha introdotto l'ufficio del Difensore Civico nell'ordinamento dei comuni e delle province, stabilendo all'art. 8 che: "lo statuto provinciale e quello comunale possono prevedere l'istituto del difensore civico", mentre la legge del 15 maggio 1997 n. 127, conferisce allo Statuto comunale e al Regolamento, le modalità e le procedure di intervento del Difensore Civico e disciplina "le misure urgenti per lo snellimento dell' attivita' amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo" Il Difensore Civico, ai sensi dell'art 11 del Testo Unico delle Leggi sull'Ordinamento degli Enti Locali, approvato con D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, è garante "dell'imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione", in oltre, egli vigila, sulla conformità dell'azione amministrativa ai principi statutari "segnalando, anche “di propria iniziativa”, gli abusi, le disfunzioni, le carenze ed i ritardi dell'Amministrazione nei confronti dei cittadini". L'ultima legge a riguardo e' quella del 14 settembre del 2000 nella quale, il Consiglio della Magistratura ha approvato un disegno di legge che istituisce un Difensore Civico per l'infanzia e l'adolescenza. In fine possiamo dire che a 15 anni di distanza dalla nascita della legge, quasi ogni comune, provincia o regione ha istituito il Difensore Civico. Passando alle sue funzioni bisogna dire che: Egli è un organo indipendente dall’amministrazione comunale, provinciale o regionale (in alcune nazioni è stato istituito anche un difensore civico nazionale), svolge un ruolo di garante dell'imparzialità e del buon andamento dell'amministrazione e naturalmente, agisce anche nell'interesse dell'amministrazione, contribuendo ad un miglioramento dell'attività. Di solito è un avvocato, ed è eletto dal Consiglio Comunale provinciale o regionale. Nel primo caso, rimane in carica per quattro anni e può essere riconfermato una sola volta. La competenza del difensore civico coincide con il territorio del Comune di appartenenza e comunque a lui possono rivolgersi tutti i cittadini (anche minorenni), anche i non residenti e gli stranieri, sempre però, per fatti e circostanze che abbiano riferimento all’amministrazione comunale e agli enti collegati ad esso. Secondo quanto statuito dalla legge Bassanini, il Difensore Civico, ha ora anche il compito di controllo, previa richiesta di un quarto dei consiglieri comunali, sulla legittimità degli atti e può farne richiesta di visione autonomamente. In riguardo a ciò, il Difensore Civico può chiedere l'esibizione di tutti i documenti relativi ad una pratica, senza il limite del segreto d'ufficio, e sentire il responsabile dell'ufficio competente; può inoltre accedere agli uffici per consultare atti e documenti. Egli non può chiaramente sostituirsi all'amministrazione comunale nell'emanare o modificare un atto, ma può sollecitare la stessa a riesaminarlo, modificarlo o annullarlo, se lo ritiene illegittimo. Quando un funzionario sollecitato ometta, rifiuti o ritardi atti del proprio ufficio, il Difensore Civico può proporre la promozione dell’azione disciplinare dopo di che, annualmente deve sottoporre all'esame del Consiglio comunale una relazione sull'attività svolta, contenente eventuali proposte di innovazioni normative e amministrative. Non può intervenire sugli atti politici dell'amministrazione; non può sostituirsi ad alcun funzionario e non può annullare o riformare atti amministrativi, né infliggere direttamente sanzioni. Si deve astenere quando su una determinata questione sono stati investiti organi di giustizia penale, amministrativa, civile o tributaria ma assicura comunque ai cittadini più deboli una risposta attraverso un parere o un suggerimento. L'istituto del Difensore Civico è dunque finalizzato a restituire ai cittadini fiducia nell'attività amministrativa e, nel contempo, a garantire loro una tutela molto importante. Riferendoci all' oggi dobbiamo rilevare che i cittadini non conoscono ancora bene il Difensore Civico e sarebbe necessario che la sua istituzione ed esistenza venisse resa nota in modo adeguato, e che, inoltre venissero rese note le sue facoltà se non proprio i suoi poteri. Proprio in riguardo a ciò ci sembra interessante segnalare alcuni Difensori Civici tra cui Ottavio Marotta (Difensore Civico del comune di roma) il quale ha operato proprio in riguardo all’informazione del servizio ai cittadini con regolari campagne pubblicitarie. Possiamo ricordare la campagna di informazione “la tua voce” effettuata sul territorio del comune di Roma con pubblicità in autobus, alle fermate dei metrò oppure con brochure reperibili agli sportelli amministrativi di ogni ente, in oltre, da esempio, proprio per la concezione della comunicazione di servizio, sono i siti internet posseduti da alcuni Difensori Civici che si allontanano molto dalla massa dei soliti “siti vetrina” . Questi danno la possibilità di compilare “form” di denuncia e molti altri servizi sfruttando al massimo le capacità di internet. Da segnalare a riguardo sono i Difensori Civici di città come Bologna, Vicenza (per il numero di interventi effettuati nel 2005) oppure regionali come la Toscana. Web grafia & approfondimenti: www.difensorecivico.roma.it (Difensore Civico di Roma), www.difensorecivico.vicenza.it (Difensore Civico di Vicenza), www.comune.bologna.it/comune/difensorecivico/index.php (Difensore Civico di Bologna), www.consiglio.regione.toscana.it/difensore (Difensore Civico regione Toscana), www.europarl.eu.int/ombudsman/links/it/bereg.htm (approfondimenti riguardo al Mediatore Europeo regionale e organi corrispondenti). Luigi Petullà 862787 Giuseppe Volpe 862964 Pubblicita' Progresso Pubblicità Progresso nasce come un'associazione senza fini di lucro allo scopo di promuovere una corretta comunicazione sociale e sensibilizzare la coscienza dei cittadini sui problemi morali, civili, educativi mediante lo strumento pubblicitario professionale. L'associazione nasce nel 1971 su iniziativa dell' UPA(Utenti Pubblicità Associati), sull'esempio di analoghe esperienze del mondo anglosassone. I professionisti che ci lavorano lo fanno volontariamente e gratuitamente, come anche i media che divulgano le campagne lo fanno a titolo gratuito. A partire dalla prima, a favore della raccolta di sangue, Pubblicità Progresso ha fino ad oggi realizzato 31 campagne sociali, affrontando diverse tematiche: dai diritti delle minoranze, alla difesa dell'ambiente,ai problemi del'infanzia, ai diritti e doveri dei cittadini. L'attività è sostenuta dai soci, che contribuiscono con la propria quota associativa alle spese di gestione dell'Istituto e alla realizzazione o diffusione delle campagne pubblicitarie. Attualmente i soci sono 13 tra organizzazioni professionali come Assocomunicazione, Unicom, Tp e imprese come Publitalia '80, Rai, Mediaset e IAP. La scelta del tema spetta per statuto al Consiglio Direttivo dell'Associazione e, avviene in base a precisi requisiti: • Il tema deve essere di vasto richiamo ed avere interesse su scala nazionale; • Non deve avere carattere commerciale, né di tipo partitico. Prima di realizzare materiali definitivi viene richiesto allo IAP(Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria) un parere preventivo per verificare che la campagna non infranga alcun articolo del Codice dell'Autodisciplina Pubblicitaria. Quest'ultimo ha lo scopo di assicurare che la pubblicità, nello svolgimento del suo ruolo, venga realizzata come servizio per il pubblico con speciale riguardo alla sua influenza sul consumatore. Il codice assicura quindi che la pubblicità sia onesta, veritiera e corretta. Riferimenti bibliografici: sito ufficiale di Pubblicità Progresso www.pubbliprogresso.it Per approfondire: Giovanna Gadotti, Pubblicità sociale. Lineamenti ed esperienze. Franco Angeli 2001; Giovanna Gadotti, La comunicazione sociale. Soggetti, strumenti e linguaggi. Arcipelago edizioni, Milano 2001. Questa definizione è stata curata da: Grossi Mariarosaria, Scozzi Martina, Tribioli Francesca nell'ambito del corso di Teorie e Tecniche della comunicazione pubblica. Sussidiarietà Il principio di sussidiarietà (riconosciuto dal trattato dell'Unione Europea di Maastricht del 1992) riguarda i rapporti tra Stato e società; nella relazione tra diversi livelli di potere, questo principio stabilisce che l’autorità di livello superiore non deve estendere il proprio intervento oltre quanto è strettamente necessario e, in particolare, non deve esercitare attività che possano essere svolte meglio al livello inferiore. Si articola in tre livelli: 1) lo Stato non interviene laddove i cittadini possono fare da soli: le varie istituzioni statali devono creare le condizioni che permettano alla persona e alle aggregazioni sociali (famiglia, associazioni, gruppi) di agire liberamente e non devono sostituirsi ad essi nello svolgimento delle loro attività. Questo perché la persona e le altre componenti della società vengono "prima" dello Stato: l'uomo é principio, soggetto e fine della società e gli ordinamenti statali devono essere al suo servizio. Per questo motivo lo Stato deve fare in modo che i singoli e i gruppi possano impegnare la propria creatività, iniziativa e responsabilità, impostando ogni ambito della propria vita come meglio credono, risolvendo da soli i propri problemi. In questo modo, si uniscono insieme il massimo di libertà, di democrazia e di responsabilità, sia personale che collettiva. 2) Lo Stato deve intervenire (sussidiarietà deriva da subsidium, che vuol dire aiuto) solo quando i singoli e i gruppi che compongono la società non sono in grado di farcela da soli: questo intervento sarà temporaneo e durerà solamente per il tempo necessario a consentire ai corpi sociali di tornare ad essere indipendenti. 3) L'intervento sussidiario dell’istituzione pubblica deve comunque essere portato dal livello più vicino al cittadino: quindi in caso di necessità il primo ad agire sarà il Comune. Solo se il Comune non fosse in grado di risolvere il problema deve intervenire la Provincia, quindi la Regione, lo Stato centrale e infine l'Unione Europea. Questa gradualità di intervento garantisce efficacia ed efficienza, libera lo Stato da un sovraccarico di compiti e consente al cittadino di esercitare controllo nel modo più diretto possibile. Si può distinguere tra sussidiarietà orizzontale e verticale. La prima si verifica quando si valorizza la capacità e l’autonomia delle persone e dei gruppi sociali all’interno della società e delle strutture nelle quali essa organizza il potere. La sussidiarietà orizzontale, pertanto, prevede l’intervento dei soggetti pubblici solo quando soggetti privati, il mercato o le formazioni sociali, non possono provvedere direttamente; questo concetto trova il suo riconoscimento normativo con l’articolo 118 ultimo comma della Costituzione: “… Stato, Regione, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento d’attività d’interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.”. La sussidiarietà verticale, invece, si verifica quando si attua una ripartizione delle funzioni tra i diversi livelli istituzionali in vista del miglior soddisfacimento delle esigenze dei cittadini. Essa prevede l’intervento dell’articolazione statale più vicina al cittadino, quindi il Comune, prima della Provincia, della Regione e dello Stato stesso. La comunicazione svolge un ruolo diverso nei due tipi di sussidiarietà. Nella sussidiarietà orizzontale permette lo scambio continuo di informazioni tra i diversi attori autonomi che intervengono; nella sussidiarietà verticale la comunicazione assicura lo scambio di informazioni tra i vari livelli e all’interno di essi. Il concetto di sussidiarietà richiama l’idea di servizio, contraria a quella di imposizione; l’ente sussidiario non prevarica l’ente sussidiato. In Italia, questo principio ha trovato attuazione riguardo alla ripartizione delle funzioni amministrative fra Stato e Regione, Province, Comuni e Comunità montane, nella legge n°59 del 1997. In ambito europeo, il principio della sussidiarietà è stato sviluppato dall’articolo n°5 del trattato CE: L’Unione deve agire “ soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell’azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario.” (Questa definizione di Sussidiarietà è frutto del lavoro di collaborazione di alcuni studenti del Corso di Teoria e tecniche della comunicazione pubblica del I semestre dell’anno accademico 2004-05. Gli studenti sono:Claudia Borraccia, Francesco Maria Borrelli, Viviana Lucarelli, Alessandra Manduchi, Ferdinando Marino, Sara Pesarin, )