Centro Chiara Lubich
Movimento dei Focolari
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Rocca di Papa, 9 ottobre 1978
"La presenza di Gesù nel cristiano nel Nuovo Testamento"
III parte: La presenza di Gesù nel cristiano secondo Giovanni
Gesù nel credente
Anche Giovanni, come Paolo, ha un modo suo di parlare della presenza di Gesù nel cristiano. È
caratteristica la sua formula: il credente in Cristo e Cristo nel credente. Vi è dunque per lui una mutua
inabitazione.
Ne parla a proposito dell’Eucaristia: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me
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e io in lui» .
È consolante la parola «dimora» perché dà l’idea di un’immanenza reciproca non momentanea,
ma permanente. Siamo dunque tutto il giorno in unione con Cristo. Ed è una compenetrazione profonda
che non ha confronti nel campo umano.
Riguardo a questa immanenza, Giovanni riporta l’esempio, così appropriato, della vite e dei tralci.
«Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete
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far nulla». «Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato» .
Giovanni parla ancora di quest’immanenza reciproca nel capitolo 17, come ad esempio, quando
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dice: «Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità...» .
E non parla soltanto della presenza di Cristo nel credente, ma dice esplicitamente che la stessa
Trinità viene a dimorare in lui.
Nel lungo passo del capitolo 14, 15-23, una prima parte (16-17) tratta della presenza, nel credente,
dello Spirito Santo, la cui venuta è legata alla partenza di Gesù e il cui compito è quello di renderlo
presente nel credente. Prima della morte di Gesù, infatti, il discepolo rimaneva come all’esterno di Lui.
Dopo la sua risurrezione, per lo Spirito Santo, si realizza nel credente la presenza interiore di Cristo
glorioso. Di qui il nuovo rapporto del credente con Gesù.
Ecco come Giovanni si esprime: «Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché
rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo
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conosce. Voi lo conoscete perché egli dimora presso di voi e sarà in voi» .
In una seconda parte (18-20), l’evangelista dice che la caratteristica di Gesù risorto è quella di
essere presso il Padre, dove, attraverso il Cristo, può essere anche il credente, e lui pure in un rapporto
nuovo col Padre: «Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi. ... In quel giorno voi saprete che io sono nel
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Padre e voi in me e io in voi» .
Nella terza parte (21-23), c’è la condizione richiesta dal Risorto per essere presente nel credente:
la fedeltà ai suoi comandamenti, che ha per effetto una maggiore illuminazione interiore. Se sarà così, la
Trinità prenderà dimora nel credente: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi
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Gv 6, 56.
Gv 15, 5.7.
3
Gv 17, 23.
4
Gv 14, 16-17.
5
Gv 14, 18-20.
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mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui ... Se uno mi ama, osserverà la
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mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui...» .
Così commenta M.J. Lagrange quest’ultimo commovente versetto: «Nulla è richiesto come cultura
intellettuale..., né come tendenza alla contemplazione, né come ascesi particolare; Dio non viene per
provocare l’estasi o qualche altra manifestazione esteriore: Egli viene per abitare nell’anima di colui che
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Lo ama. Niente di più semplice nell’espressione di questa mistica, niente di più profondo» .
Anche nella sua prima lettera, oltre che nel Vangelo, Giovanni afferma questa mutua inabitazione,
ma la variante sta nel fatto che invece di parlare di Gesù parla di Dio 74. Il contenuto però non cambia,
perché la presenza di Dio implica quella di Cristo e, nella prima lettera, Giovanni afferma in modo unico
che Gesù Cristo è Dio.
Poco sopra egli aveva ribadito e chiarito la condizione per cui Dio rimane in noi e noi in Dio,
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l’osservanza dei suoi comandamenti che egli riassume in due: credere in Gesù ed amarsi a vicenda .
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Giovanni dice ancora che chi garantisce che Dio vive in noi è lo Spirito , lo Spirito che suscita in
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noi la confessione di fede in Gesù e l’amore reciproco .
Qui non possiamo proseguire senza rendere a Dio un particolare ringraziamento. Tutti conosciamo
la nostra storia. Tutti sappiamo della scelta del Comandamento Nuovo che nei primi tempi hanno fatto le
prime focolarine e poi via via quanti sono nati a questo spirito.
Ora Giovanni ce lo spiega: chi ci ha spinte a scegliere proprio quel comando e chi ha messo nel
nostro cuore una così grande fede nel Vangelo? Lo Spirito santo. È stato Lui. A Lui grazie per sempre.
Ma nello stesso tempo un’altra constatazione gioiosa: se credevamo e se ci amavamo, Cristo era in
noi e noi in Lui. Che ci mantenga tutti sempre così!
E lasciate che concluda questo breve approfondimento sulla presenza di Dio (o di Cristo) nel
credente con la rivelazione centrale del cristianesimo: Dio è amore.
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Giovanni dice: «Dio è amore; chi sta nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui» , perché
appunto l’amore, l’amore reciproco, che suppone la fede, è la condizione per rimanere in comunione con
Dio.
«Dio-Amore» è stato l’immenso sole che ha illuminato ed illumina tutti coloro che incontrano il
Movimento. Dio Amore: da Lui tutta la nostra vita cristiana e quella altrui hanno tratto, traggono e
trarranno sempre il via.
E che Dio sia amore e che come tale abiti in noi lo mostra questo splendido versetto
dell’Apocalisse, opera ancora di Giovanni.
Sentitelo, è delizioso: «Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la
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porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» . Cenare con Gesù. Sì, quando l’anima prova la
felicità profonda dell’intimo colloquio con Dio, ha l’impressione di consumare un pasto d’amore con Lui.
(Pubblicato su: Chiara Lubich, “Dio è vicino”, Scritti Spirituali / 4, Città Nuova Editrice)
6
Gv 14, 21.23.
M.J. Lagrange, Evangile selon St. Jean, Paris 19365, p. 389 (la traduzione è nostra).
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Cf. 1 Gv 3, 24.
9
Cf. 1 Gv 3, 23.
10
Cf. 1 Gv 3, 24.
11
Cf. 1 Gv 3, 23-24.
12
1 Ap 3, 20
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