"Io, nel labirinto della mente. Così accertai che la Franzoni era

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"Io, nel labirinto della mente. Così
accertai che la Franzoni era
sinceramente convinta di essere
innocente" / L'INTERVISTA
di Valeria Caldelli
Pisa, 11 febbraio 2014 - C'è un altro firmamento, una galassia che stiamo
cominciando a scoprire e che rivela segreti della nostra vita quotidiana, cari
anche a tanti filosofi. Vero è che Kant nelle sue argomentazioni parlava di un
cielo stellato sopra di lui e di una legge morale dentro di lui, ma chissà cosa
penserebbe adesso se sapesse che il nostro cervello così piccolo è in realtà più
ampio dell'universo, e persino più ricco di 'astri' e connessioni. E che lì, proprio lì,
grazie ai miliardi di neuroni in continua attività, si 'giocano' ogni minuto le nostre
leggi morali. Scherzi della scienza e delle sue esplorazioni, con cui si
raggiungono meandri sconosciuti, illuminandoli di nuovi significati. Di neppure
20 anni fa, infatti, è la scoperta dei neuroni specchio, quelli che si attivano ogni
volta che facciamo o che vediamo fare qualcosa. Da allora nuove sfide sono
iniziate per cercare di capire i nostri comportamenti, sia quelli cosiddetti 'umani',
sia quelli invece disumani.
"Negli ultimi anni abbiamo cominciato a individuare strutture cerebrali che ci
permettono di provare dolore, empatia e tutti i sentimenti dell'umano esistere.
Ora bisogna capire quanto queste stesse strutture cerebrali possano essere
chiamate in causa per spiegare i comportamenti antisociali, quelli contrari alle
regole del rispetto e della convivenza, dalla cleptomania all'omicidio". Lo dice il
professor Pietro Pietrini, uno dei massimi esperti dei meccanismi
molecolari che regolano le funzioni cerebrali alla base di emozioni e
comportamenti. Psichiatra e ordinario di Biochimica clinica e Biologia
molecolare all'Università di Pisa, dove lo abbiamo incontrato, è tornato in Italia
dopo un'esperienza decennale negli Stati Uniti. Oltre ad essere autore, insieme al
suo team, di una serie di ricerche concentrate sulla reazione del nostro cervello
agli stimoli 'morali' e sociali, come il rancore, il perdono o la paura, è anche
chiamato spesso ad intervenire in casi giudiziari, tra cui il delitto di Cogne, che
ha visto la morte del piccolo Samuele Lorenzi e la condanna della madre, Anna
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Maria Franzoni.
Professor Pietrini, che cosa è il cervello?
"Quello che siamo noi, perché noi siamo il nostro cervello. Aprire gli occhi e
guardarsi intorno, oppure giudicare se una cosa è lecita o no e persino decidere
se mangiare o meno una fetta di dolce è legato ad un'attività dei neuroni che
aumentano o diminuiscono la loro attività di scarica di impulsi nervosi. In questo
intergioco che avviene nell'architettura cerebrale c'è la spiegazione di come
siamo e di quello che facciamo".
E si riesce a vedere?
"Grazie ai nuovi sistemi, come Pet e Risonanza Magnetica, possiamo seguire 'in
vivo', in maniera assolutamente non invasiva, l'attività neuronale del cervello.
Quando vediamo, o proviamo qualcosa, le cellule cerebrali si scambiano
informazioni. Ecco, oggi noi possiamo osservare come fluisce l'informazione,
come sono connesse le varie aree strutturali. In termini meno scientifici si può
dire che noi non facciamo soltanto la 'fotografia' delle strade, ma riusciamo a
vedere anche il traffico in movimento su queste".
Un traffico ordinato?
"Il cervello è come un'orchestra. Ogni elemento può suonare in maniera
separata. Solo la loro integrazione porta alla musica vera e propria, altrimenti si
sentono solo rumori disconnessi, come quando, prima del concerto, si provano
gli strumenti".
Di quanti 'strumenti' siamo forniti?
"Ci sono centinaia di miliardi di connessioni cerebrali. Uscendo ancora una volta
dal linguaggio scientifico si può paragonare il cervello a una foresta con milioni
di liane in movimento".
Oggi si è in grado di leggere il pensiero?
"Sì, nel senso di decodificare un segnale nervoso cerebrale che è associato alla
vista di un determinato oggetto o ad una determinata azione".
E nel caso di Anna Maria Franzoni cosa avete potuto scoprire?
"Mi sono occupato solo del Cogne-bis e il quesito posto riguardava la possibilità
di verificare se la Franzoni fosse veramente convinta della sua innocenza.
Insieme al professor Giuseppe Sartori, dell'Università di Padova, abbiamo fatto
una perizia psicofisiologica con il metodo denominato Iat, già applicato anche in
altri casi. Abbiamo dunque trasformato in test le tesi dell'accusa e quelle della
difesa e sulla base delle reazioni cerebrali della Franzoni abbiamo potuto
rispondere che lei è genuinamente convinta di essere innocente".
Una specie di macchina della verità?
"Il metodo Iat non è la macchina della verità, ma la capacità di misurare
l'esistenza di un ricordo".
Arriveremo anche alla macchina della verità?
"Forse, in futuro. In questo momento siamo solo sulla soglia del cervello.
Riusciamo a vedere cosa vi succede dentro ma non a rispondere alle domande
sul perchè o meno di un comportamento".
Si potrebbe anche scoprire che criminali si nasce e non si diventa?
"La vera sfida è capire se si è cattivi per scelta oppure perché non si può fare
altrimenti".
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Nessuna anticipazione?
"Dagli studi fatti fino ad oggi appare chiaro che un bambino con un certo tipo di
predisposizioni cerebrali genetiche che vive in un ambiente violento, o
comunque negativo, ha più probabilità di diventare asociale o criminale rispetto
ad altri bambini che vivono nello stesso posto ma non hanno quelle
caratteristiche del cervello. E' anche vero, però, che quelle stesse particolarità
genetiche di vulnerabilità tendono ad aumentare gli aspetti positivi di
un'eventuale buona educazione impartita in una zona sana della società.
L'ambiente interferisce dunque con le caratteristiche cerebrali che ognuno di noi
ha e attraverso le quali diamo risposte diverse. Ma siamo solo all'inizio di una
lunga strada...".
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