by F. Corletto. In: Proceedings of the Italian Association of

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International Congress of
the Italian Association of Companion
Animal Veterinarians
May 19 – 21 2006
Rimini, Italy
Next Congress :
62nd SCIVAC International Congress
&
25th Anniversary of the SCIVAC Foundation
May 29-31, 2009 - Rimini, Italy
Reprinted in IVIS with the permission of the Congress Organizers
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53° Congresso Nazionale Multisala SCIVAC
FANS: passato e presente
COX2 selettivi: un radioso futuro?
Federico Corletto
Med Vet, CertVA, Dipl ECVA, MRCVS, Cambridge, UK
I farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS) hanno
indubbiamente un ruolo fondamentale nel trattamento del
dolore in patologie croniche degenerative osteoarticolari,
neoplasitche e nel dolore postoperatorio negli animali da
compagnia.
Il primo utilizzo dei FANS risale al 1829, dopo l’isolamento dell’acido salicilico come principio attivo anti-infiammatorio dalla corteccia del salice. Pochi anni prima, nel 1803,
la morfina era stata isolata dal papavero da oppio, ma la sua
produzione commerciale comincerà solo nel 1827 (Merck &
Company). I FANS, a differenza degli oppioidi, tuttavia, presentarono fin dall’inizio il vantaggio di non indurre immediati e, in alcuni casi, potenzialmente letali effetti collaterali
quali sedazione, depressione ventilatoria e bradicardia, nonché dipendenza in caso di somministrazione cronica.
È facile comprendere, quindi, le ragioni del successo
commerciali dei FANS ed i motivi che hanno spinto l’industria farmaceutica ad investire cospicue risorse nello sviluppo di composti dotati di una migliore tollerabilità, azione
selettiva nei confronti di patologie osteoarticolari, piuttosto
che dei tessuti molli e possibilmente somministrabili cronicamente qualora fosse necessario. L’uso di oppioidi, invece,
è rimasto relegato ad ambiti ospedalieri ed al trattamento del
dolore intenso postchirurgico e neoplastico.
Il meccanismo d’azione dei FANS, in termini estremamente semplici, consiste nella riduzione della produzione di
prostaglandine, mediante l’inibizione dell’attività dell’enzima ciclo-ossigenasi. Le prostaglandine, isolate circa 80 anni
dopo il primo utilizzo dei FANS, furono collegate al processo infiammatorio ed al meccanismo d’azioni dei FANS solo
recentemente, nel 1971. La loro funzione è la modulazione
di alcune risposte locali dell’organismo in seguito a turbamenti dell’omeostasi. Tra questi effetti vanno menzionati
l’attività sui mastociti, sulla muscolatura uterina, sul processo infiammatorio e sull’aggregazione piastrinica e, non
meno importanti, sulla perfusione di alcuni organi e sulla
secrezione gastrica di acido.
La sintesi di prostaglandine, tuttavia è un fenomeno complesso, che inizia con la produzione di acido arachidonico a
partire dai lipidi contenuti nelle membrane cellulari, per
opera dell’enzima fosfolipasi. L’acido arachidonico, quindi,
può essere convertito in leucotrieni dalla lipo-ossigenasi, o
in prostaglandine, prostacicline e trombossani dalla cicloossigenasi. L’equilibrio tra l’attività degli enzimi fosfolipasi,
lipo-ossigenasi e ciclo-ossigenasi garantisce il mantenimento dell’omeostasi locale in risposta a condizioni che possano
influenzarla. La ciclo-ossigenasi (COX) converte l’acido
arachidonico in prostaglandine H2, che successivamente vie-
ne convertita nei prodotti finali da sintetasi terminali, la cui
attività determina il rapporto caratteristico di ogni tessuto tra
le diverse prostaglandine prodotte. L’effetto terminale delle
prostaglandine a livello cellulare dipende dalle prostaglandine prodotte e dal tipo di recettore presente sulle membrane
cellulari ed il suo accoppiamento con differenti proteine G. I
recettori per le prostaglandine sono suddivisi in classi e sottoclassi, partecipando alla determinazione della risposta
effettrice finale. La brevissima emivita delle prostaglandine
fa in modo che la loro attività sia locale e modulabile.
Per quanto riguarda il dolore ed il processo infiammatorio,
le prostaglandine svolgono un ruolo fondamentale nell’aumentare la sensibilità dei terminali nocicettivi agli stimoli
algici ed infiammatori, oltre che favorire l’iperemia e l’edema caratteristici del processo infiammatorio, determinando la
comparsa della cosiddetta area di “iperalgesia primaria” a
livello periferico. È necessario considerare, tuttavia, che
anche protoni, serotonina, bradichinina, ed istamina hanno
un ruolo importante nel determinare la risposta infiammatoria locale, che esita, in assenza di un intervento adeguato, nella liberazione di sostanza P e NGF, che amplificano uleriormente la risposta nocicettiva attivando recettori silenti e
reclutando nel processo di percezione del dolore recettori
normalmente deputati a percepire altri stimoli.
L’inibizione della COX induce una significativa diminuzione della risposta infiammatoria periferica, con un notevole effetto analgesico qualora il dolore sia principalmente di
origine infiammatoria, come in caso di processi degenerativi osteoarticolari o dolore postoperatorio a partire dalla
seconda giornata dopo l’intervento (generalmente, in prima
giornata il dolore è meglio controllato dagli oppioidi). Degni
di nota sono anche l’effetto antipiretico e la modulazione
della risposta all’endotossiemia, che tuttavia, sono variabili
secondo il farmaco utilizzato.
L’inibizione della COX, tuttavia, può determinare una
significativa compromissione dei meccanismi deputati al
mantenimento dell’omeostasi. Sono ben noti i possibili effetti gastrolesivi e sull’aggregazione piastrinica dei FANS tradizionali; la somministrazione preoperatoria di FANS od il
loro uso in pazienti a rischio di ipovolemia ed ipotensione è
ancora oggetto di discussione tra gli anestesisti. Nonostante
la commercializzazione di farmaci più o meno selettivi, per
alcuni dei quali è anche autorizzata la somministrazione prima dell’anestesia, e la pubblicazione di studi che hanno
dimostrato l’assenza di effetti deleteri di alcuni FANS su
BUN e creatinina in animali sani, il rischio teorico di compromettere la perfusione renale in caso di ipotensione permane, soprattutto in pazienti in terapia con ACE inibitori. La
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decisione di somministrare un FANS deve essere soppesata
con attenzione, considerando la durata degli effetti sulla per
fusione renale degli anestetici somministrati, la riserva funzionale del paziente ed i possibili benefici derivanti dalla
somministrazione del farmaco prima o immediatamente
dopo l’anestesia, piuttosto che alcune ore dopo il risveglio.
La riduzione dell’attività di aggregazione piastrinica è transitoria e non clinicamente significativa nel caso dei FANS più
moderni, mentre nel caso dell’acido acetilsalicilico è permanente per tutta la durata della vita delle piastrine, quindi fino
a 10-14 giorni secondo la specie considerata.
In modelli sperimentali e clinici di dolore cronico osteoarticolare i FANS riescono a ridurre l’intensità dei sintomi in
modo prevedibile e, nel caso dei farmaci con maggiore tollerabilità gastrica, possono essere somministrati in modo
cronico per migliorare la qualità della vita del paziente. In
altri modelli clinici di dolore dopo chirurgia minore dei tessuti molli ed ortopedica, la somministrazione di FANS si è
dimostrata efficace nel diminuire il dolore.
Una notevole quantità di ricerche, effettuate sia in ambito
sperimentale che clinico, supportano l’uso dei FANS in medicina veterinaria e, tranne qualche eccezione, dimostrano una
sostanziale equivalenza degli effetti collaterali delle molecole
investigate. In alcuni casi, inoltre, l’effetto analgesico dei
FANS è stato considerato superiore a quello di alcuni oppioidi. È necessario tenere presente, tuttavia, che molto spesso il
design stesso degli studi è mirato a comparare l’effetto analgesico di due trattamenti, piuttosto che a stabilire se ciascuno
dei trattamenti sia in grado di garantire un livello di analgesia
adeguato. La mancanza di un sistema oggettivo universalmente riconosciuto per valutare il dolore negli animali introduce, inoltre, una ulteriore fonte di variabilità in questo tipo di
studi, il cui risultato è molto spesso già influenzato dalla difficile scelta di “dosi equipotenti” di FANS ed oppioidi.
La commercializzazione di farmaci inibitori sia della
COX che della LOX è fondata sul sospetto che parte degli
effetti collaterali derivi dallo sbilanciamento del rapporto tra
prostacicline, prostaglandine, trombossani e leucotrieni. In
realtà, mentre ciò può essere in parte vero, i risultati clinici
suggeriscono che la tollerabilità di tali farmaci è simile a
quella dei farmaci COX inibitori più recenti.
La scoperta, nel 1988, dell’esistenza di due forme distinte dell’enzima ciclo-ossigenasi ha cambiato drasticamente
l’approccio allo sviluppo di nuovi FANS. La COX1 è stata
identificata quale l’isoforma responsabile del mantenimento dell’omeostasi, mentre la COX2 l’isoforma inducibile
principalmente coinvolta nella produzione di grandi quantità di prostaglandine in risposta a stimoli infiammatori e
patologici. Danni tissutali, citochine, radicali liberi e danni
ossidativi inducono l’attivazione del NFkB, la cui azione
determina aumento della sintesi di COX2 e quindi della
produzione di alcune prostaglandine, con funzione proinfiammatoria. L’espressione della COX2 è stata legata, in
alcuni stati infiammatori cronici (ad esempio dell’intestino,
nell’uomo), alla mutazione del fenotipo e del genotipo cellulare, mediante l’attivazione di geni normalmente silenti e
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la repressione di geni normalmente espressi, predisponendo
all’insorgenza di neoplasie. L’inibizione della COX2 e di
NFkB operata dai FANS ha dimostrato, in alcuni casi, benefici effetti antitumorali; è questo il caso di alcune neoplasie
intestinali e della vescica.
Il risultato di queste recenti scoperte sulla COX2 è stato la
sintesi di composti con azione prevalentemente COX2 inibitrice, teoricamente in grado di eliminare gli effetti negativi
delle prostaglandine senza influenzarne la funzione di mantenimento dell’omeostasi. In realtà la COX2 contribuisce in
modo significativo al controllo della perfusione renale e
anche della secrezione gastrica, oltre che modulare la coagulazione. La COX1, d’altra parte, è coinvolta nella sensibilizzazione periferica e nella percezione del dolore a livello centrale, oltre che nel mantenimento dell’omeostasi. Farmaci
COX2 selettivi hanno il vantaggio, almeno dal punto di vista
teorico, di non diminuire l’aggregazione piastrinica e di causare minori effetti collaterali gastroenterici in caso di somministrazione cronica. In realtà, i dati disponibili dal loro
uso in medicina umana e veterinaria hanno ridimensionato il
profilo degli effetti collaterali di questi farmaci, rendendolo
sostanzialmente simile a quello di altri FANS disponibili per
quanto riguarda la gastrolesività. Mentre gli inibitori della
COX1 causano una maggiore incidenza di ulcere, gli inibitori selettivi della COX2 sembrano rallentare il processo di
guarigione della mucosa gastrica. Significativamente differente è, invece, il loro effetto sulla coagulazione in corso di
terapia cronica, almeno negli esseri umani. È ben noto il
significativo aumento di fenomeni ischemici su base tromboembolica in pazienti in terapia cronica con COX2 inibitori che ha portato al ritiro dal commercio di almeno un farmaco registrato per l’uso cronico negli esseri umani. In
medicina veterinaria non esistono dati analoghi, che dimostrino la significatività clinica di questo fenomeno, pertanto
non è possibile discutere in modo esaustivo questa possibilità, ma sarebbe interessante approfondire con ulteriori studi
l’effetto degli inibitori selettivi della COX2 sulla coagulazione in vivo. Gli effetti renali delle due classi di farmaci
sono sovrapponibili ed entrambi possono alterare la risposta
autoregolatrice renale all’ipotensione.
Sulla base della letteratura disponibile in medicina veterinaria è difficile, pertanto, valutare la direzione in cui si muoverà il mercato negli anni futuri. Dal momento che non sempre è possibile traslare gli effetti desiderati ed indesiderati da
una specie all’altra, è possibile che gli inibitori selettivi della COX2 possano riscuotere un notevole successo, soprattutto considerando l’ottimo profilo farmacologico e gli effetti
analgesici di alcuni FANS già presenti in commercio.
Indirizzo per la corrispondenza:
Federico Corletto
Research Fellow
Division of Anaesthesia, University of Cambridge
Box 93 Addenbrooke’s Hospital
Hills Road CB2 2QQ Cambridge
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