9. I GRAFFITI DELLA LASTRA DI ARDESIA Nel giugno 1996 durante lo scavo di uno degli strati accumulatosi all’interno del fondo cieco della torre B (US 1043), usato nella seconda metà del XIV secolo come ‘butto’ dai militari pisani che avevano occupato la Rocca1 (Fig. 1), tra la terra, i carboncini, frammenti di verrettoni e placche di corazzina riemerse una lastra di argilloscisto di grandi dimensioni, di quelle originariamente utilizzate per costruire in questo territorio i tetti. Visto che nello strato avevamo rinvenuto in precedenza alcune pietre con incisi schemi di gioco, facemmo attenzione alla presenza di eventuali segni2 . La migliore ripulitura delle superfici portò così alla scoperta di una complessa serie di disegni e segni alfabetici su tutti e due i lati della lastra (Figg. 2-3-4). Fu inoltre evidente che questa non era integra ma presentava una rottura estesa in tutta la sua lunghezza con la conseguente perdita di alcuni degli originali graffiti3 . Sul lato che da ora in poi chiameremo A, l’autore realizzò a più riprese in senso orizzontale una serie di incisioni. La scena principale è quella dell’assedio ad una struttura di cui si intravede una torre nel margine sinistro della lastra, provvista di cantonali in pietra e merlatura da cui cadono due teste (Fig. 5). Nella superficie restante sono disegnati soldati che attaccano seguiti da un corteo di cavalieri. Tra gli assedianti in primo piano, al centro, è ben distinguibile una figura intenta a tirare frecce dal proprio arco (Fig. 6). Il particolare che maggiormente colpisce è il copricapo indossato o la possibile capigliatura del soldato, che rivestendo la testa e le orecchie nella parte sommitale si eleva in una lunga punta. La presenza di linee lungo tutto il copricapo, tracciate puntigliosamente dall’incisore, lasciano aperta l’ipotesi che in questo modo l’autore volesse evidenziare che si trattava di capelli e non di un particolare elmo o cimiero. Allo stesso tempo però è possibile che le linee fossero un tratto distintivo 1 Per la descrizione dell’attività si veda BIANCHI infra, cap.I, sezione III, attività 3, periodo IV fase 2. 2 Vedi BIANCHI infra, Capitolo VII, sezione III. 3 Dopo la sua pulitura i due lati della lastra sono stati scansionati ed in seguito tutti i segni presenti sono stati digitalizzati. di un particolare copricapo che comunque viene raffigurato in maniera più o meno precisa sulla testa di tutti i militari impegnati nell’assedio. Il secondo soldato, di cui si intravede solo la testa, posto dietro quello precedentemente descritto, sembra ripararsi dietro ad un muretto disegnato schematicamente nel suo spazio tridimensionale su cui poggia la propria balestra (Fig. 7). La ricerca della tridimensionalità da parte dell’autore è evidente anche nel modo di ritrarre i due soldati in primo piano. La doppia linea che definisce i contorni del viso, come quelli del busto del primo soldato infatti sono forse un tentativo di raffigurare un secondo assediante posto a fianco del primo. Sul braccio del soldato più vicino alla torre è raffigurato poi uno scudo triangolare con al centro una figura geometrica difficilmente riconoscibile (Fig. 6). Proseguendo verso il margine destro della lastra, sempre nel suo registro inferiore si trova disegnato un cerchio interpretabile come un bersaglio, con vicino tre soldati a cavallo, sempre con la stessa capigliatura e al braccio sinistro infilato il medesimo scudo triangolare (Fig. 8). Rispettando la regola prospettica, queste figure più lontane sono di dimensioni minori rispetto a quelle in primo piano ed il tratto dell’incisione è più debole, tanto che la figura a cavallo più in alto è appena percepibile. Una sorta di doppio semicerchio dietro a quest’ultima forse serviva a rappresentare l’andamento della strada percorsa dai cavalieri. In origine, prima della rottura della lastra, la scena del corteo doveva essere più popolata, come dimostra la presenza della testa di un altro cavaliere proprio nel margine inferiore destro. Al di sopra di questa, si trova una strana figura che riecheggia nei suoi tratti un possibile copricapo giullaresco. Nel quarto superiore sinistro insieme ad una serie di linee tracciate prima ma forse anche dopo l’incisione del corteo, si trovano diverse prove di scrittura (Fig. 9)4. Al centro della lastra, poco 4 Riguardo ai dati desumibili dalle scritture presenti nella lastra, si ringrazia Carlo Tedeschi per la preziosa collaborazione nella loro lettura ed interpretazione. A Riccardo Belcari devo un particolare ringraziamento per l’aiuto fornitomi durante la fase di interpretazione delle immagini graffite. 464 © 2003 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 1 – Sezione della torre B. In grigio è indicato lo strato dove è stata rinvenuta la lastra. sopra la testa del soldato rappresentato in primo piano si legge distintamente Baldo. Data la posizione, il nome potrebbe anche avere una funzione didascalica rispetto al personaggio rappresentato od essere stato inciso in un secondo tempo, non in rapporto alla scena raffigurata, forse come firma da parte dell’autore. In alto a sinistra rispetto al nome si legge la data a(nno) D(omini) MCCC 80. La A chiusa è di tipo oncia- le, con leggero ripiegamento a destra del tratto superiore. Come per il nome, anche la presenza della data può prestarsi a più interpretazioni. Potrebbe infatti relazionarsi all’anno in cui si verificò l’evento bellico raffigurato, oppure segnare la data di realizzazione del graffito, congrua del resto al contesto stratigrafico di ritrovamento. Di seguito alla data si riconoscono ulteriori tracce di scrit- 465 © 2003 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 2 – La lastra poco dopo il suo rinvenimento. tura. Al di sopra sembra di poter leggere mor[- - ] no [- - - ] b [- - - ] h [- - - ]; a sinistra ancora mor [- - - ] . Tra la data e Baldo si legge forse [B]ando[- - - ]. Sull’altro lato della lastra, denominato B, in primo piano campeggia il prospetto di un’architettura turriforme (Fig. 4). L’edificio è composto da due dadi a sezione circolare rientranti dal basso verso l’alto sormontati da una torretta. Al piano terra si aprono tre archeggiature presumibilmente cieche (Fig. 10), mentre una quarta in corrispondenza del limite destro è raffigurata parzialmente. Le prime due aperture da sinistra sono sormontate da doppie archeggiature a tut- to sesto, la terza ha tratteggiato al di sopra un arco acuto. Alla base dell’imposta degli archi al di sopra dei pilastri sono poi schematicamente rappresentati dei capitelli. Tra gli archi e la linea che divide il primo ed il secondo piano sono tracciati dei segni geometrici a forma triangolare con il vertice in corrispondenza dell’archivolto, interpretabili come ulteriori decorazioni del paramento. Una linea in parte sdoppiata attraversa il prospetto del primo dado sempre all’altezza dell’archivolto e sembrerebbe tracciata per mantenere più uniformemente le stesse proporzioni delle archeggiature. Le aperture del dado superiore sono invece disegnate con minore cura. Vi sono ancora dei pilastri, sormontati da archi a tutto sesto od acuti poggiati su capitelli. Al di sopra di queste è incisa una torretta nel cui registro superiore è segnata una linea forse leggibile come cornice marcapiano su cui si imposta una monofora sempre con arco a tutto sesto. La sommità della torre è provvista di una struttura aggettante forse dotata di merlature (rappresentate forse dalle stilizzate linee in diagonale). Inferiormente alla torre si legge chiaramente il nome Bandinus diminuitivo del nome Baldo inciso sull’altro lato, che in questo caso si è più propensi ad interpretare come una sorta di firma del disegnatore. Poco sotto è schematicamente raffigurata una barca con lo scafo, la vela ed il suo albero (Fig. 11). Le linee orizzontali segnate inferiormente potrebbero di conseguenza rappresentare un corso d’acqua su cui la stessa barca galleggiava. Forse in un secondo momento, in mezzo alle linee, furono incisi due triangoli soprapposti terminanti con una croce. In alto sulla sinistra, vicino alle ipotizzate merlature si trova un’insegna araldica provvista nella parte inferiore di bande diagonali sormontate da una figura geometrica forse raffigurante una sorta di trifoglio (Fig. 12). Il disegno di quest’ultimo in piccole e grandi dimensioni è poi ripetuto più volte su tutta la superficie e si sovrappone alle stesse linee della torre. Vicino al margine di rottura della lastra, a destra della torre si intravede il profilo di un’altra probabile architettura di cui (tra i molti segni successivi) è leggibile la linea di un lato perimetrale e la copertura a volta (Fig. 10). Nello spazio compreso tra quest’ultima e la stessa torre venne poi incisa parte di un motivo decorativo. Tra le altre figure non connesse con l’architettura troviamo vicino alla sommità dell’edificio un cerchio con le diagonali, in prossimità un motivo floreale a sei petali ed in alto a sinistra delle frecce e altre figure geometriche somiglianti a 466 © 2003 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 3 – Digitalizzazione dei segni presenti sul lato A della lastra. 467 © 2003 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 4 – Digitalizzazione dei segni presenti sul lato B della lastra. un amo da pesca (Fig. 4) che ritornano tra l’altro anche vicino ad uno degli schemi da gioco tracciato in un altra lastra di ardesia sempre rinvenuta nel butto5. Dunque chi fu o chi furono gli autori di questi disegni? Come si è scritto all’inizio del capitolo, il reperto giaceva insieme a molti altri all’interno di uno strato formatosi senza dubbio durante l’ultima fase di occupazione militare della Rocca, quindi negli ultimi decenni del Trecento, cronologia a cui riporta anche la data incisa sul lato A della lastra. L’indagine archeologica attesta per quegli anni una scarsa frequentazione del palazzo e degli altri spazi della Rocca, mentre il consistente accumulo degli strati di ‘butto’ del fondo cieco della torre B prova una vita più intensa in questo edificio. I documenti si allinenano con le evidenze materiali. Sappiamo infatti che l’occupazione militare della Rocca, pur con l’importante valenza politica che rivestiva, consisteva in realtà nella permanenza in questo luogo di un castellano e quattro sergenti6. Quindi un gruppo sparuto di persone con il compito poco oneroso di controllare una postazione all’interno di un vasto territorio ormai totalmente annesso a Pisa. Visto il numero esiguo di militari presenti è plausibile ipotizzare che questi si fossero concentrati nell’unico edificio più adatto, per caratteristiche architettoniche, all’avvistamento del territorio (ricordiamo che in origine la torre B aveva un altezza stimabile intorno ai 30 m contro gli 11-12 m degli altri edifici contigui). Tutti gli indizi ci portano quindi a concludere che ad incidere la lastra fu probabilmente qualche militare che viveva nella torre. Anche riguardo alle scritte vi sono più certezze che dubbi. Chi incise il nome Baldo sul lato A della lastra è lo stesso che scrisse il diminuitivo Bandino sul lato B. Inoltre le poche lettere visibili rimandano con sicurezza ad una mano abituata ad una scrittura di base cancelleresca con movenze tipiche delle scritture mercantesche. A questo proposito è sufficiente l’osservazione della B o della L con ampie aste “ a bandiera” tipicamente cancelleresche e la D corsiva usata anche nella mercantesca. Ancora alla scrittura mercantesca pare essere riferibile la H che si distingue in prossimità del bordo superiore del lato A. Le caratteristiche paleografiche pertanto bene in linea con la data incisa e con la cronologia della sequenza stratigrafica. Il campo delle ipotesi si fa leggermente più ampio riguardo invece al numero delle persone che eseguirono i disegni. Nella scena raffigurante l’assedio il tratto dell’incisore sembra a momenti meno sicuro, la superficie, soprattutto nel quadrante sinistro, presenta numerose linee o tratti che paiono prove di rappresentazione. Nel lato 5 Si veda a proposito BIANCHI infra, capitolo VII, in questa sezione. 6 CECCARELLI infra, capitolo I.4, sezione I, t.1. 468 © 2003 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 5 – Lato A della lastra. Particolare delle teste che cadono dalla torre assediata. B la mano è più decisa, e mostra meno ripensamenti. Questa differenza, che porterebbe ad ipotizzare due mani diverse, potrebbe essere imputata però alla maggiore articolazione della scena sul lato A, dove l’autore voleva rappresentare la complessità di un assedio con tutti i suoi personaggi, inseriti in diversi livelli spaziali raffigurati a volte anche nella loro tridimensionalità. In ogni caso quello che appare evidente per ambedue le scene è la buona abilità del disegnatore, capace di seguire il filo della narrazione, attento ai particolari e a dare l’immagine più realistica possibile di quello che voleva raffigurare, tutti elementi che denotano una certa conoscenza delle tecniche grafiche di rappresentazione, recepite probabilmente anche grazie all’osservazione di opere d’arte a lui contemporanee. Ciò potrebbe indicare un certo livello di cultura non comunissimo in questo periodo e tantomeno all’interno di un ridotto gruppo di uomini impegnati a presidiare una torre. Sarebbe quindi stata un’eccezionale e fortuita coincidenza la presenza contemporanea di due individui con questa preparazione, impegnati a disegnare contemporaneamente su di una lastra in una sorta di confronto, mentre è più probabile e semplice ricondurre queste incisioni ad un’unica persona che li realizzò in un ristretto arco di tempo come passatempo e che con buona probabilità fu anche l’autore delle scritte sulle due superfici. Una simile base culturale del resto non deve stupirci. Sebbene i documenti siano avari di notizie sull’identità di quei quattro sergenti e un castellano che si avvicendavano nel presidio della Rocca7, nella maggioranza dei casi è comunque certa la loro provenienza da Pisa, quindi da un ambito urbano culturamente vivace e ricco di stimoli visivi molto forti (basti pensare per questo all’impressione che doveva produrre ad un contemporaneo il complesso monumentale di piazza dei Miracoli con le sue decorazioni). Era inoltre frequente che membri dell’esercito pisano provenissero da famiglie di ceto medio-alto quindi in grado di fornire ai loro membri un’adeguata preparazione di base8. Rimane comunque da capire se le scene rappresentate abbiano un aggancio con fatti od evidenze materiali reali a loro volta capaci di ricondurci alla provenienza ed al vissuto dell’incisore. Nella raffigurazione dell’assedio colpisce il realismo di alcuni particolari, soprattutto la strana capigliatura o copricapo indossato dagli attaccanti. Caratteri evidenti che l’autore doveva avere ripescato da ricordi ben presenti di episodi vissuti o sentiti narrare. La ricerca di un confronto con elmi o cimieri del tempo rapportabili a questo tipo si è rivelata però infruttuosa come altrettanto inconcludente è stata la possibile individuazione di un episodio militare significativo verificatosi proprio in quegli anni nel territorio campigliese. E questo ha confermato sempre più l’impressione di cercare il cosidetto ago nel pagliaio rappresentato in questo caso dalla complessa memoria di un uomo vissuto più di settecento anni fa e dalla sua capacità di rielaborare eventi vissuti in prima o terza persona. Del resto se l’autore del graffito avesse voluto darci dei riferimenti precisi avrebbe posseduto gli strumenti per farlo, sapeva scrivere e la scena 7 Nessun Baldo o Bandino sono citati nei documenti studiati dalla Ceccarelli. 8 Informazione gentilmente fornitami da M.L. Ceccarelli. 469 © 2003 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 6 – Lato A della lastra. Particolare del guerriero armato di arco e frecce. poteva anche essere accompagnata da eventuali scritte didascaliche. Si può obiettare che poiché la lastra è giunta sino a noi frammentaria, niente esclude che maggiori informazioni venissero date dall’autore inferiormente al disegno. Al tempo stesso sappiamo che un militare attivo nella seconda metà del XIV secolo poteva disporre di un bagaglio notevole di ricordi vissuti più o meno direttamente. Il terzo quarto del Trecento fu infatti per la Toscana uno dei periodi più turbolenti del secolo caratterizzato da un notevole numero di episodi bellici di minore o maggiore portata che coinvolsero, nella lotta alla supremazia regionale, la stessa Pisa e le altre principali città toscane con i relativi territori e centri minori annessi9. È questo inoltre l’arco di tem9 Per un’esauriente sintesi di questi avvenimenti si veda il capitolo dedicato al Trecento in LUZZATI 1986. po in cui si ebbe una maggiore circolazione delle compagnie di ventura, apparse già con Arrigo VII e poi con Ludovico il Bavaro, composte da mercenari che sono noti il più delle volte per le devastazioni ed i saccheggi dei centri abitati da loro attraversati, rappresentando un vero e proprio flagello per le popolazioni e l’economia locale. La particolarità dei copricapo certo sembra collegarsi ad armature inusuali per un militare locale e potrebbe forse rappresentare proprio un tratto distintivo dell’armamento di qualche gruppo di soldati ‘stranieri’ impegnati ad assediare una città od un castello10. 10 A questo riguardo è illuminante l’articolo di BALESTRACCI 1998 che, riferendosi solo alle guerre di Siena, elenca nel corso del Trecento una lunga e drammatica frequenza di scorrerie di compagnie di ventura nel territorio senese caratterizzate da saccheggi, distruzioni ed uccisioni. Molti membri di queste compagnie provenivano dal nord Eu- 470 © 2003 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 7 – Lato A della lastra. Particolare del guerriero armato di balestra. L’episodio quindi può riferirsi a qualche evento significativo e bene impresso nella memoria collettiva, magari relativamente lontano nel tempo, come ad esempio l’assedio proprio di Ludovico il Bavaro a Pisa nel 1327 oppure essere legato a qualche evento più prossimo alla data incisa, di minore rilievo storico, ma ugualmente impressionante per i contemporanei come l’assedio alla vicina Grosseto avvenuto proprio alla fine del 1370 da parte della compagnia di ventura dei Bretoni che danneggiarono addirittura le mura della città in sei punti11. Episodio di cui forse il nostro incisore non era stato testimone ma del quale si doveva avere parlato molto in tutto il territorio maremmano. Lo stato di guerra, l’emergenza, i pericoli e gli episodi forti di un assedio costituivano del resto un bagaglio di ricordi importante e sempre presente per qualunque militare del tempo, anche per chi aveva la fortuna, come il nostro disegnatore, di svolgere la propria missione in un territorio relativamente tranquillo e abbastanza lontano dai fragori delle battaglie. Un bagaglio di ricordi fatto di frammenti di immagini magari temporalmente separate, forse non appartenenti allo stesso episodio che in questo caso però erano riemerse al momento di dovere raffigurare la scena bellica. Non bisogna poi dimenticare che a differenza dei molti graffiti incisi in questi secoli su facciate di edifici civili o chiese12, questo era stato re- ropa e spesso il nome della stessa compagnia sembra derivare proprio da alcune caratteristiche del loro armamento come ad esempio il caso forse della Compagnia del Cappello che nel 1363 bruciò Abbadia a Isola, desolò la Val di Chiana ed in Maremma danneggiò Paganico espugnando poi Campagnatico, BALESTRACCI 1998, p. 19. 11 BALESTRACCI 1998, p. 20. 12 La consultazione di più di trecento siti web contenenti informazioni sui graffiti medievali, ha evidenziato la presenza di disegni, spesso frammentari, solitamente censiti sui paramenti murari di chiese o edifici civili di rilievo, lasciati da persone di passaggio che in quel modo volevano fermare sulla pietra un loro messaggio. A conferma dell’eccezionalità del rinvenimento vi è poi il fat- 471 © 2003 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 8 – Lato A della lastra. Particolare del corteo di cavalieri. Fig. 9 – Lato A della lastra. Particolare delle scritte. alizzato non per comunicare qualcosa, per essere visto o riconosciuto da altri. Chi lo disegnò poteva quindi semplicemente voler raffigurare non un episodio puntuale ma un assedio non le- gato a episodi specifici. È quindi probabile che questa rappresentazione avesse più un valore astratto di quanto il realismo dei suoi particolari possa far pensare. Sicuramente alcuni di que- to che solitamente tra i graffiti studiati non sono rappresentate scene complesse, popolate di figure ed architetture come in questo caso. Tra i graffiti di maggior rilievo, coevi a quelli della lastra ricordiamo quelli presenti nella basilica di S. Andrea e nel sarcofago di S. Paolo di Vercelli B ELTRAME et al. 1990. In quest’ultimo è raffigurato infatti con dovizia di particolari un edificio fortificato interpretato dagli autori come il disegno di una vicina porta cittadina, oltre a profili umani e motivi araldici. Degne di nota sono inoltre le navi incise nelle pareti esterne della chiesa di S. Michele a Lucca, visibili nelle pagine web a cura del Gruppo Archeologico Pisano, <http://mariolaws.iet.unipi.it:31442/rock/ e6f3a.htm>, le navi incise su lastra di ardesia rinvenute nel complesso monumentale del Priamàr databili alla seconda metà del XV secolo, CICILIOT 2000, i disegni di cimieri ed elmi associati a profili umani della pieve di Montefiore in Romagna, databili tra la fine del XIV ed il XV secolo <http://spazioweb.inwind.it/iconografia/ monte.ita.htm>. 472 © 2003 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 10 – Lato B della lastra. Particolare delle archeggiature del piano terreno della torre. Fig. 11 – Lato B della lastra. Particolare della barca. sti particolari, come scrivevamo sopra, provengono da schegge di ricordi precisi e reali ma potrebbero essere stati rielaborati dall’autore seguendo il proprio estro creativo, rivestendoli forse di un valore sostanzialmente simbolico. Le stesse considerazioni valgono forse in minor misura per i disegni del lato B. Su questa superficie venne incisa una torre provvista di archeggiature al primo e secondo livello, sovrastate da una sorta di torretta sommitale forse con merlature. Ancora quindi elementi pre- cisi rielaborati probabilmente da stimoli visivi puntuali. In questo caso il percorso di ricerca nella memoria del nostro disegnatore potrebbe essere meno complesso. Visto che nel territorio maremmano non sono individuabili strutture di questo tipo è probabile, ipotizzando la provenienza dei militari da Pisa, che i più immediati riferimenti ad architetture simili possano essere cercati proprio in questa città, in cui forse l’autore del disegno doveva appunto avere vissuto. 473 © 2003 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale Fig. 12 – Lato B della lastra. Particolare dello stemma araldico. Poco sopra ricordavamo l’impressione che doveva suscitare in un visitatore bassomedievale la vista della cattedrale e del suo campanile come degli edifici religiosi coevi posti entro la cerchia urbana. Potrà quindi sembrare scontato, ma il confronto più immediato e plausibile per le archeggiature dell’edificio rappresentato sono proprio quelle del campanile pisano, definitivamente ultimato tra l’altro proprio nella seconda metà del XIV secolo. Se così fosse il profilo dell’edificio in prossimità del margine rotto della lastra potrebbe anche essere interpretato come il disegno dell’abside della stessa cattedrale, posta appunto a poca distanza dalla torre. La prova che comunque questi disegni sono il risultato di una personale rielaborazione dell’autore di stimoli visivi reali la troviamo negli altri particolari dell’edificio. Se la somiglianza con la torre campanaria pisana si esaurisce nel tratteggio delle arcature cieche, la presenza di due dadi sovrapposti e la stessa terminazione dell’edificio con una sorta di torretta merlata rimanda invece all’aspetto che dovevano avere le torri poste a guardia delle acque pisane, perlomeno nei loro rilievi eseguiti dagli scultori contemporanei. In un bassorilievo del 1290 con la raffigurazione delle fortificazioni del porto pisano, conservato oggi nel Museo di S. Agostino a Genova, tre delle torri del porto rappresentate in primo piano hanno una sezione circolare e sono sormontate da merlature. Una quarta, in secondo piano, sulla sinistra è composta invece da due dadi sovrapposti a sezione quadrata provvisti sempre di merlature13. Secondo alcuni studiosi questo bassorilievo fa riferimento ad uno più antico, collocato proprio a destra dell’ingresso del campanile della Cattedrale, raffigurante forse una delle torri del porto pisano o, secondo altri ricercatori, la torre della Meloria14. Anche in questo caso la torre è composta da due dadi sovrapposti in muratura ed una simile opera, data la sua posizione, non doveva sfuggire ad un attento e curioso visitatore. È allora dalle reali architetture del porto che il nostro autore ha tratto l’ispirazione o dalla torre raffigurata nel bassorilievo del Campanile? Se fosse valida quest’ultima ipotesi si tratterebbe di conseguenza non di un’osservazione diretta degli edifici ma di una rappresentazione della stessa torre già filtrata dalla memoria perlomeno dello scultore che eseguì il rilievo della torre campanaria. Ciò è quindi la riprova di quanto in realtà possa essere stato complesso il processo di rielaborazione delle immagini stratificatesi in fasi diverse nella mente del disegnatore e di come ogni possibile ipotesi a ri- 13 A proposito si veda la scheda descrittiva in CASTELNUO1992, p. 199. PERONI 1995, schede, pp. 400-401. VO 14 474 © 2003 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale guardo possa avvicinarsi solo di poco alla vera dinamica della composizione. Al di là però della precisa individuazione della fonte di ispirazione, resta comunque il fatto che il disegno rappresenta forse un importante riferimento alla città di origine, rafforzato dalla presenza della barca che naviga in acque raffigurate con un sistema di linee orizzontali che potrebbe essere un ulteriore richiamo al mare o allo stesso fiume Arno che attraversa Pisa. Su questo lato della lastra poi troviamo altri elementi che forse ci avvicinano maggiormente all’identità del disegnatore. Inciso tra le linee raffiguranti l’acqua vi è il segno costituito da triangoli sovrapposti sormontati da una croce che rimanda ai monogrammi spesso presenti nelle lastre tombali quale ulteriore segno di identificazione delle attività svolte dal defunto in vita. Ciò ad esempio è attestato per le tombe terragne del Camposanto monumentale di Pisa dove questi segni sono interpretabili in molti casi come marchi mercantili15. In conclusione, azzardando qualche ipotesi, le caratteristiche delle scritte incise sulla lastra, la derivazione degli spunti visivi dell’architettura turriforme e la presenza del segno sopradescritto porterebbero ad immaginare Baldo o Bandino come un militare appartenente ad una famiglia di ceto medio mercantile pisana. L’insegna araldica raffigurata nella porzione superiore sempre del lato B potrebbe quindi essere rapportata alla stessa famiglia di origine. GIOVANNA BIANCHI 15 Si veda BANTI 1998. Un mogramma di questo tipo, databile però al pieno XV secolo, è presente anche in una lastra sepolcrale antistante la facciata della pieve di Campiglia, vedi infra il contributo di Belcari cap. III.1, sez. III e nel paramento di una casa del borgo, Bianchi cap.I.3 sez. V. BIBLIOGRAFIA AZKARATE GARAI-OULAN, GARCIA CAMINO 1996 A. AZKARATE GARAI-OULAN, I. GARCIA CAMINO, Estelas e inscripciones medievales del pais vasco (siglos VI-XI). I. Pais Vasco Occidental, Bilbao. BALESTRACCI 1998 D. 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