Sindrome Respiratoria Acuta Grave SARS (Severe Acute

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Sindrome Respiratoria Acuta Grave
SARS
(Severe Acute Respiratory Syndrome = Sindrome Respiratoria Acuta Grave)
Malattia infettiva acuta che interessa prevalentemente l’apparato respiratorio presentandosi
come una polmonite atipica.
La Sars è apparsa per la prima volta nel novembre 2002 in Cina.
La Sars è ancora considerata una malattia relativamente rara, con 8096 casi nel 2003.
Nella maggior parte degli episodi l’infezione tende ad autolimitarsi, con lenta, ma
progressiva riduzione di segni e sintomi nei 10/15 giorni successivi all’esordio clinico.
L'Exitus si verifica per lo più a seguito di grave insufficienza respiratoria, non controllabile
anche in ambiente intensivistico. La mortalità varia in base alle fonti dal 7% al 15% dei casi.
Causa
Coronarovirus denominato SARSCoV.
Incubazione
Tra circa 4 e 10 giorni.
Trasmissione
Si verifica attraverso dei contatti ravvicinati con un caso (soggetto malato) sintomatico.
Il virus si propaghi più facilmente mediante le goccioline prodotte dalla tosse o dagli starnuti
delle persone infette. Il virus può diffondersi anche quando una persona tocca una superficie
o un oggetto contaminato con goccioline infette e quindi porta le mani alla bocca, sul naso o
sugli occhi.
È possibile inoltre che il virus si diffonda anche attraverso l'aria.
Importanti fattori sfavorevoli sembrano essere:
- l'età avanzata (superiore a 40 anni)
- la concomitanza di malattie sistemiche (malattie cadiovascolari, broncopneumopatia
cronica, diabete mellito, tumori ed malattie epatiche croniche)
Rari sono stati i casi di SARS riportati in età pediatrica e adolescenziale.
Sintomatologia prodromica
L'insieme di segni e sintomi che precede la manifestazione clinica caratteristica della
malattia è aspecifica (astenia, malessere, dolori muscolari, cefalea).
Il quadro clinico comprende:
- febbre superiore a 38°C preceduta da brivido
- tosse secca e mal di gola
- dispnea progressivamente ingravescente fino all’insufficienza respiratoria nei casi più
gravi.
CASO SOSPETTO
Una persona, che presenti una storia di:
- febbre alta > 38°C, e tosse o difficoltà respiratorie in associazione a una o più delle
seguenti condizioni contatto stretto con un caso sospetto o probabile di SARS
- storia di viaggio in un area con recente trasmissione locale di SARS
- residenza in un’area con recente trasmissione locale di SARS
CASO PROBABILE
Un caso sospetto con:
- dimostrazione radiologica di infiltrati compatibili con polmonite o sindrome da distress
respiratorio (RDS)
- riscontro positivo per Coronavirus associato a SARS con uno o più test di laboratorio
- riscontro autoptico compatibile con sindrome da distress respiratorio, senza altre cause
identificabili
DIAGNOSI
Viene posta essenzialmente tramite l'osservazione dei sintomi e dei seguenti esami:
- Radiografia al torace
Mostra segni compatibili con la polmonite e può evidenziare un’interstiziopatia diffusa.
- Esami di laboratorio
Mostrano:
1) leucopenia con linfocitopenia.
2) trombocitopenia.
3) alterazioni dell’equilibrio idroelettrolitico.
- Indici di flogosi (VES, proteina C reattiva)
Mostrano in genere un moderato rialzo.
- Test per la diagnisi di Sars
1) Test diagnostici di biologia molecolare (PCR) possono dimostrare la presenza del RNA
virale nel campione biologico sottoposto ad esame. (espettorato e feci raccolti nelle fasi
precoci della malattia). Risulta positiva nel 50% dei campioni respiratori e in quasi il 100%
delle feci raccolte alla seconda settimana di malattia.
2) Test sierologico per la ricerca degli anticorpi (ELISA). Consente diagnosi definitiva di
SARS nel 98% dei casi entro 28 giorni dall'esposizione.
3) Isolamento virale ottenuto con metodiche colturali.
TRATTAMENTO
Strettamente sintomatico e di supporto.
Comprende:
- ossigenoterapia o ventilazione assistita
- trattamento a base di corticosteroidi
- una copertura antibiotica
- ribavirina (antivirale)
Raccomandazioni emanate dall'OMS
Persone venute in contatto con un caso di SARS:
- SOSPETTO
Non subiscono invece restrizioni, ma devono provvedere a controllare autonomamente la
temperatura, e sono invitati a presentarsi in ospedale alla comparsa di sintomi suggestivi
(sorveglianza passiva).
- PROBABILE
Anche se asintomatici, devono restare in isolamento domiciliare per 10 giorni, con
monitoraggio quotidiano ad opera del personale sanitario, e particolare attenzione prestata
alla febbre e segni e sintomi respiratori (sorveglianza attiva)
DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALI
- DPI facciali filtranti FFP35 (efficienza filtrante 98%) o N95 (efficienza filtrante 95%).
- Guanti monouso senza polvere e anallergici (l'uso non esclude il lavaggio delle mani).
- Camici monouso o tute con cappuccio (per probabile SARS) classificati DPI di terza
categoria.
- DPI per protezione occhi o occhiali protettivi conformi EN166.
SMALTIMENTO MATERIALE CONTAMINATO
I rifiuti provenienti d pazienti con probabile SARS sono a rischio infettivo (H9) codice
CER180103 secondo D.LGS 22/97 con contenitori in Polietilene.
La biancheria dei casi sospetti vanno inviati in doppia busta con segnalazione esterna in
lavanderia.
MISURE DI SANITÀ PUBBLICA DI BASE
- Identificazione dei casi sospetti di malattia.
- Sorveglianza casi e contatti.
- Isolamento tempestivo dei casi e quarantena domiciliare volontaria dei contatti di casi
probabili.
- Adozione di misure di controllo delle infezioni sia in ambito ospedaliero che domiciliare
durante l’assistenza ai casi.
CASI di SARS PROBABILE
Devono essere fatti transitare all’interno delle aree ospedaliere secondo percorsi ad essi
dedicati, ed ospedalizzati in apposite camere di degenza a pressione negativa, fornite di
adeguati ricambi di aria, limitando al minimo gli accessi dei visitatori.
Notifica obbligatoria
Contestualmente segnalata a:
- Ministero della Salute
- Direzione Generale della Prevenzione
- Assessorato Regionale alla Sanità
- Azienda Sanitaria Locale competente per territorio
Sindrome da immunodeficienza acquisita
L'AIDS è una Malattia infettiva ad eziologia virale (virus HIV) caratterizzata da un deficit
delle difese immunitarie e conseguente insorgenza di infezioni opportunistiche.
Una persona contagiata viene definita sieropositiva.
In questa condizione l'unico modo di scoprire l'infezione è sottoporsi al test dell'HIV che è in
grado di identificare la presenza di anticorpi specifici.
Il test può diventare positivo entro 3-6 mesi dal giorno del contagio.
Durante il periodo finestra (intervallo compreso dal contagio alla comparsa degli anticorpi) è
possibile trasmettere il virus pur avendo un test negativo.
Il virus è presente in:
- Sangue.
- Liquido vaginale,
- Sperma.
HIV
La sieropositività è quella condizione in cui viene riscontrata la presenza di anticorpi antiHIV, ma non sono ancora comparse le infezioni opportunistiche. In questo periodo il soggetto
può aver bisogno di terapie antiretrovirali che combattono l'infezione.
Le principali cellule bersaglio del virus sono i leucociti CD4-positivi (linfociti o macrofagi)
che vengono distrutti; il sistema immunitario viene, quindi, progressivamente deteriorato
fino ad essere incapace di contrastare l’attacco di alcuni micro-organismi, detti
“opportunisti” con conseguente possibile insorgenza di alcune infezioni gravi tipiche della
fase sintomatica dell’infezione da HIV.
AIDS
Condizione in cui si presentano infezioni opportunistiche, cioè quando le difese immunitarie
sono così deboli da non proteggere l'organismo da microrganismi che potrebbero essere
innocui.
CLASSIFICAZIONE IN 4 FASI DELLA MALATTIA
1) Infezione acuta da HIV
Questa fase è di difficile identificazione per la aspecificità delle manifestazioni; nella forma
più manifesta viene definita “ Sindrome simil-mononucleosi infettiva”
2) Stato di infezione asintomatica da HIV
E’ confermata dalla presenza di anticorpi con i comuni test sierologici (Elisa, Western blot).
3) Linfoadenopatia Sistemica (Las)
E’ caratterizzata da ingrossamento dei linfonodi in due o più stazioni extrainguinali per oltre
3 mesi.
4) Fase dell’AIDS
La sintomatologia correlata è rappresentata da febbre o febbricola persistente, calo
ponderale, diarrea persistente, neuropatie periferiche. Tipiche sono le infezioni da germi
opportunisti.
TRASMISSIONE
Trasmissione per via ematica
La modalità di contagio responsabile della diffusione dell’infezione tra i tossicodipendenti
per l’uso promiscuo di siringhe ed aghi contaminati.
Il pericolo di contagio mediante trasfusione in ambito sanitario e stato eliminato grazie agli
interventi intrapresi dal 1985:
- lo screening delle unità di sangue.
- il minor ricorso a trasfusioni inutili.
- l'utilizzo dell’autotrasfusione.
- il trattamento con calore degli emoderivati.
- la selezione dei donatori.
Trasmissione per via sessuale
La modalità di trasmissione più diffusa che avviene attraverso lesioni delle mucose genitali
che consentono al virus di infettare l’organismo.
Per questo tutte le pratiche sessuali che favoriscono traumi possono provocare un aumento
del rischio di trasmissione.
Trasmissione verticale e perinatale
La trasmissione da madre sieropositiva al feto o al neonato può avvenire durante la
gravidanza, il parto e l’allattamento.
Il rischio per una donna sieropositiva di trasmettere l’infezione al feto è circa il
20% (10% se viene somministrata la Zidovudina, o AZT, alla madre durante la gravidanza e al
neonato per le prime 6 settimane di vita con controlli del bambino nei primi 2 anni di vita).
PER LA RIDUZIONE DEL RISCHIO
- Rapporti sessuali responsabili
- Preservativo
- Maternità assistita per ridurre la trasmissione verticale
- Evitare l’uso comune di oggetti taglienti
TERAPIA
La terapia antiretrovirale ha lo scopo di limitare la moltiplicazione del virus HIV,
consentendo la ripresa del sistema immunitario.
Con un trattamento efficace, la carica virale nel sangue (“HIV-RNA”) si riduce
progressivamente fino a negativizzarsi.
Ciò non significa che la terapia consenta di eliminare completamente il virus dall’organismo:
HIV rimane comunque cronicamente presente, ma, tenuto sotto controllo dai farmaci, ha
scarsa possibilità di riprodursi e di creare danni ad organi e tessuti.
Contemporaneamente, le cellule del sistema immunitario (in particolare i linfociti CD4), non
più danneggiate dall’azione di HIV, possono riprendere a moltiplicarsi e a svolgere al meglio
la propria funzione di difesa dalle infezioni.
Tranne che in casi particolari, vengono adottate, per documentata maggiore efficacia, delle
terapie d’associazione costituite da 3-4 farmaci anti-HIV attivi su diverse fasi biologiche del
virus.
Oltre alla terapia antiretrovirale, i soggetti HIV-positivi in scadenti condizioni immunitarie
(meno di 200/mmc CD4) spesso necessitano profilassi farmacologiche (con antibiotici,
antifungini o antivirali) finalizzate alla prevenzione di alcune infezioni opportunistiche
(“profilassi primaria” per evitare la nuova insorgenza di una patologia, “profilassi
secondaria” per prevenire recidive di un’infezione già presentatasi).
Tali regimi farmacologici, una volta intrapresi, vengono in genere mantenuti fino a restauro
di livelli immunitari, stabili, di sicurezza.
I farmaci anti-HIV attualmente in uso comune:
1. Analoghi nucleosidici
2. Inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa
3. Inibitori delle proteasi
4. Inibitori della fusione
VACCINO TAT
Il vaccino Tat di HIV-1, conosciuto anche come il Vaccino AIDS Italiano, è stato sperimentato
con successo in studi preclinici e, recentemente, ne sono state confermate sia la sicurezza
che l’immunogenicità in sperimentazioni cliniche di Fase I. Sono quindi in allestimento gli
Studi di Fase II con il Vaccino HIV-1 Tat, e nuovi studi di fase I con candidati vaccinali basati
sulla combinazione della proteina HIV-1 Tat con altri antigeni virali o con microparticelle
veicolanti, sia in Italia che in Sudafrica.
(maggiori info: http://www.hiv1tat-vaccines.info)
CAUSE PRINCIPALI DI FALLIMENTO TERAPEUTICO
- Mancata aderenza (compliance) del paziente alla terapia
- Comparsa di tossicità farmacologica
- Insufficiente potenza antivirale
- Resistenza farmacologica
Per migliorare l'aderenza del paziente bisogna assolutamente migliorare la comunicazione:
- Informando adeguatamente il paziente della situazione clinica.
- Concordando un piano terapeutico di facile e pratico.
- Specificando le caratteristiche dei diversi farmaci (effetti collaterali, interazioni con altre
sostanze assunte).
- Fornendo indirizzi e disponibilità delle varie associazioni di volontariato.
Malaria
La malaria è un’infezione provocata da protozoi del genere Plasmodium trasmessi all’uomo
da zanzare femmine infette del genere Anopheles.
Gli uomini vengono infettati da 4 specie del genere Plasmodium:
- Vivax
Agente eziologico della “terzana benigna”, responsabile di circa il 40% dei casi di malaria nel mondo. Le
infezioni sono caratterizzate da frequenti ricadute, ma la malattia è raramente letale.
- Ovale
Responsabile di una bassa percentuale di casi di malaria nel mondo. Gli accessi febbrili si ripetono ogni
48 ore, con andamento più benigno rispetto alle forme.
- Malariae
Agente eziologico della “quartana”, responsabile di circa il 5% dei casi di malaria nel mondo. La malattia
presenta un andamento generalmente benigno, ma alcune infezioni si riattivano periodicamente per più
di 40 anni.
- Falciparum
Agente eziologico della “terzana maligna”, la forma più grave, con alto tasso di letalità per l’eccezionale
capacità moltiplicativa del parassita.
Nell’ospite umano il parassita si modifica, riesce ad eludere le difese del sistema
immunitario ed infetta i globuli rossi e il fegato, fino a raggiungere una forma che è capace
di infettare un’altra zanzara quando punge la persona malata.
La malaria diventa letale quando distrugge i globuli rossi, causa una forte anemia e ostruisce
i capillari che irrorano il cervello o altri organi vitali.
IL CICLO DEL PLASMODIO DELLA MALARIA
Viene suddiviso in fase esoeritrocitaria (che avviene al di fuori dei globuli rossi ed ha una
durata variabile) e fase sporogonica.
L’infezione nell’uomo inizia con la puntura di una zanzara femmina del genere Anopheles, la
quale per potersi nutrire senza problemi inietta un anticoagulante dalle sue ghiandole
salivari,
col
quale
vengono
trasmessi
i
plasmodi
allo
stadio
di
sporozoiti.
Questi vengono trasportati dal sangue fino alle cellule del reticolo endotelio, in particolare
di fegato e milza, dove subiscono schizogonia producendo i merozoiti, che vanno ad
invadere nuove cellule.
Dopo alcuni giorni i merozoiti entrano nel circolo sanguigno infettando gli eritrociti, dove
possono accrescersi (trofozoiti) assumendo inizialmente la tipica forma ad anello e
riprodursi. Quando il globulo rosso risulta riempito da queste forme si rompe, liberandole in
circolo, dove i plasmodi possono infettare nuovi globuli rossi. In genere la rottura degli
eritrociti è sincrona, e coincide con la punta febbrile del soggetto infettato.
Ad un certo punto alcuni merozoiti si modificano in gametociti. Quando una nuova zanzara
punge l’individuo ammalato, col sangue succhia anche i gametociti (nei globuli rossi) che
termineranno la differenziazione solo nell’intestino dell’insetto. Tutto il resto (merozoiti e
globuli
rossi)
viene
digerito
normalmente.
I gametociti femminili prendono forma di un macrogamete, praticamente immobile, mentre
quelli maschili si dividono originando 8 gameti flagellati e mobili. Dopo la fecondazione lo
zigote subisce meiosi e diventa un organismo detto oocinete, mobile e di forma allungata.
Esso attraversa l’epitelio intestinale e origina l’oocisti: a questo punto inizia la fase
sporogonica.
A formazione ultimata l’oocisti si rompe, e gli sporogoni liberati si muovono in direzione
dell’emocele, andando ad insediarsi all’interno delle ghiandole salivari dell’insetto.
Da qui il ciclo può ricominciare, con l’inoculazione in un nuovo ospite umano.
PERIODO DI INCUBAZIONE
Il tempo trascorso tra la puntura infettante e la comparsa dei sintomi clinici è:
- da 7 a 14 giorni per l'infezione da P. falciparum
- da 8 a14 giorni per P. vivax e P. ovale
- da 7 a 30 giorni per P. malariae.
PERIODO DI CONTAGIOSITA'
La malaria non si trasmette per contagio interumano diretto, ma soltanto attraverso il
tramite delle zanzare, che rimangono infette per tutta la vita. Le persone colpite da malaria
non curate possono essere infettanti per le zanzare che li pungono per:
- fino a 1 anno in caso di malaria da P. falciparum;
- fino a 2 anni nel caso di malaria da P. vivax;
- per più di 3 anni nel caso di infezione da P. malariae.
La trasmissione della malaria può avvenire anche in seguito alla trasfusione di sangue o di
globuli rossi provenienti da soggetti malarici e contenenti plasmodi nella fase infettante.
CLINICA
La malattia può manifestarsi con un quadro aspecifico ed assimilabile ad una normale
influenza:
- febbre elevata (39-40°C).
- malessere, stanchezza.
- cefalea.
- rachialgie.
- vomito.
- epatosplenomegalia (aumento di volume di fegato e milza).
- dispepsia (difficoltà digestive).
Inizialmente la febbre decorre in modo irregolare ma dopo una settimana, è caratterizzata
da accessi periodici:
- febbre terzana lieve (febbre a giorni alterni).
- febbre quartana (febbre ogni tre giorni)
- febbre estivo-autunnale o terzana maligna o perniciosa (sintomi spesso fatali).
Dopo una breve incubazione (tra i 10 e i 30 giorni), insorge nel soggetto adulto la febbre alta
con brividi intensi e dopo 7-8 ore segue la caduta rapida della temperatura con sudorazione
profusa.
La malaria infantile si presenta con febbre, vomito, diarrea e convulsioni.
Prontamente ed idoneamente curata, la malattia cessa in 2-4 settimane, mentre nelle
infezioni non curate o mal curate, le ricorrenze cliniche della malattia sono comuni.
PROFILASSI CONSIGLIATA
Per le zone a basso rischio
Clorochina
2 compresse alla settimana da assumere contemporaneamente. L'assunzione deve essere effettuata sempre nello
stesso giorno della settimana.
Per le zone a medio rischio
Clorochina e Proguanil
Vanno assunte 2 compresse al giorno, una al mattino ed una alla sera dopo i pasti.
Per le zone a alto rischio
Meflochina o Doxiciclina o Clorochina e Proguanil.
PREVENZIONE MECCANICA
Misure per impedire o ridurre al minimo le punture delle zanzare:
- zanzariere dormire in stanze con reti alle finestre o con aria condizionata, oppure usare
zanzariere, specialmente per i bambini, abbastanza ampie da poterle rimboccare sotto il
materasso; sarebbe bene anche impregnarle con insetticidi;
- usare un insetticida al piretro per eliminare eventuali zanzare;
- chi sta fuori dopo il tramonto dovrebbe indossare vestiti che non lasci- no scoperte parti
del corpo (camicie con maniche lunghe, pantaloni lunghi, ecc.);
- preferire abbigliamento di colore chiaro, perchè i colori scuri attraggono le zanzare;
- spalmare o spruzzare le parti del corpo che rimangono scoperte con insetto-repellenti
tenendo presente che il sudore riduce l'effetto di tali preparati.
ricordare infine che le zanzare sono molto attive al buio, all'umido e al caldo.
ASPETTI EPIDEMIOLOGICI
E’ la più importante malattia parassitaria degli esseri umani (più 500 milioni di persone
interessate e oltre 1 milione di decessi l'anno) che mette a rischio oltre il 40% della
popolazione mondiale che vive principalmente nei Paesi del Sud del mondo.
La maggior parte dei casi di infezione e dei decessi avviene nell’Africa subsahariana,
nonostante siano considerate zone a rischio anche l’Asia, l’America Latina, il Medio Oriente
e alcune aree dell’Europa. La malaria è stata eliminata da molti Paesi del mondo (per
esempio gli Stati Uniti e alcuni Paesi dell’Europa occidentale) ma anche in queste zone si
registrano segnalazioni di casi legati principalmente a immigrati o turisti di ritorno da aree a
rischio infezione. La distribuzione geografica della malattia dipende principalmente da
fattori climatici come la temperatura, l’umidità e le piogge. Luoghi ideali per la malaria
sono, infatti, le regioni tropicali e subtropicali, dove proliferano le zanzare.
Bisogna inoltre ricordare che la malaria ha anche effetti socioeconomici che si manifestano
nel lungo termine come l'aumento della povertà, la difficoltà di apprendimento, della
popolazione la diminuzione della frequenza scolastica e di quella lavorativa.
Oltre il 60% dei casi di malaria e oltre il 90% delle morti attribuibili a malaria si registra nell’Africa
subsahariana e il 75% delle morti riguarda i bambini al di sotto dei cinque anni.
Molte delle stime fatte tralasciano gli effetti indiretti della malaria come l’anemia, l’ipoglicemia, i
problemi respiratori, il basso peso alla nascita e altre complicanze.
Nel 1995 si è scatenata un’epidemia nell’Asia centrale e nei Paesi transcaucasici, con un totale di 90.712
casi riportati ufficialmente. Azerbaigian, Tagikistan e Turchia hanno sofferto di epidemie a larga scala,
mentre l’Armenia, il Turkmenistan e il Kirghizistan hanno affrontato focolai meno estesi.
Tra il 1995 e il 2005, i casi di malaria all’interno della Regione europea sono diminuiti passando da
90.712 a 5072.
In Italia
Diversi interventi di profilassi del passato hanno eradicato la malaria e come in gran parte
dell’Europa.
Lo Stato Italiano sin dal 1901 si preoccupò di intervenire al fine di prevenire l’infezione
malarica e debellarla. Tra il 1947 e 1951 l'Italia segue un programma sperimentale di lotta
al vettore con l’uso del DDT. Si è passati da un tasso di morbosità di 970 casi per 100.000
abitanti nel 1905, alla denuncia di soli 15 casi nel 1954.
L’ultimo caso di malaria da riserva autoctona risale al 1964 (nel 1970 l’Italia fu iscritta
dall’OMS nei Registri Ufficiali dei Paesi liberi da malaria).
Nel decennio 1989-99 in Italia sono stati notificati 7953 casi (51% italiani) di cui solo lo 0,3%
sono casi contratti in Italia e di cui solo 1 è stato riconducibile ad una zanzara autoctona.
Ma con le modificazioni climatiche l'aumento della immigrazione, la lotta alla malaria rischia
di diventare un nuovo problema per i paesi che in passato l’avevano debellata.
Malaria di importazione
La maggior parte dei casi sono segnalati in Europa occidentale, specialmente all’interno
dell’Unione europea (in particolare in Francia, Regno Unito, Germania e Italia). Ogni anno,
infatti, all’interno della Ue sono segnalati fino a 12 mila casi di malaria di importazione,
anche se è probabile una sottostima.
Diabete
Malattia ad andamento cronico caratterizzata da un alterato metatabolismo del glucosio.
CLASSIFICAZIONE
- DIABETE MELLITO (tipo 1)
Tipico dell’infanzia.
Determinato da un danno irreversibile delle isole del Langherans, con conseguente deficit
della produzione di insulina.
La risposta autoimmune, responsabile della distruzione delle cellule beta, viene attivata da una infezione
virale (virus Coxsackie), in individui geneticamente predisposti.
- DIABETE MELLITO (tipo 2)
Tipico dell’età adulta.
Dovuto alla incapacità delle cellule di utilizzare l’ormone (resistenza insulinica), per una
riduzione del numero dei recettori.
Il pancreas non è in grado di compensare la resistenza insulinica con la produzione di maggiori quantità di
ormone.
- DIABETE GESTAZIONALE
E’ una condizione temporanea che si manifesta durante la gravidanza.
La familiarità ed il sovrappeso svolgono un ruolo chiave per la sua insorgenza.
Oggi le donne in attesa di un figlio vengono sottoposte ad uno screening per il controllo della glicemia 1
ora dopo aver bevuto una soluzione di 50 grammi di glucosio.
FATTORI DI RISCHIO
- Obesità.
- Familiarietà.
- Storia di diabete gestazionale o parto di un bambino macrosomico
- Ipertensione arteriosa
(maggiore di 140/90 mm Hg).
- Colesterolo HDL (lipoproteine ad alta densità) minore a 35 mg/dl
- Trigliceridi maggiori a 250 mg/dl.
- Storia di IGT
(alterata tolleranza al glucosio)
- Storia di IFG
(alterata glicemia a digiuno)
negli esami precedenti.
negli esami precedenti.
(più grosso del normale).
CLINICA
- Perdita di peso.
- Molta fame.
- Molta sete.
- Eccessivo bisogno di urinare.
- Segni di disidratazione.
- Stanchezza, senso di affaticamento.
- Vista offuscata, sfocata.
- Glicemia alta (iperglicemia).
- Zucchero e corpi chetonici nelle urine.
Per gestire una qualunque forma di diabete è importante seguire un adeguato regime
alimentare, una corretta terapia e un corretto schema di controlli per prevenirne le
complicanze croniche.
COMPLICANZE
Le maggiori complicanze sono legate alla compromissione dei vasi sanguigni (grossi vasi =
macroangiopatia; piccoli vasi = microangiopatia).
- Malattie Cardiovascolari e Ictus
I soggetti con diabete hanno un rischio di morire per problemi cardiaci da 2 a 4 volte superiore rispetto alle persone
senza il diabete.
Inoltre, il diabete spesso si associa ad alterazioni del metabolismo lipidico che inducono un aumento nei livelli dei
grassi circolanti nel sangue. E questa è una condizione che promuove i fenomeni aterosclerotici.
- Ipertensione
Più del 60% delle persone con diabete sono soggette a ipertensione che condiziona l'evoluzione delle complicanze a
livello renale e retinico.
- Complicanze oculari
L'eccesso di zucchero nel sangue può provocare retinopatia diabetica. In alcuni casi può anche portare allo sviluppo
della cataratta.
- Complicanze renali
Il diabete rappresenta una delle cause più frequenti di insufficienza renale che impone il trattamento dialitico. È
possibile identificare un'iniziale compromissione renale in fase molto precoce mediante il dosaggio dell'albumina
nelle urine (microalbuminuria).
Questo esame va effettuato periodicamente per poter intervenire prontamente con misure terapeutiche adeguate.
- Altre Complicanze
Disturbi della sensibilità, dolori agli arti inferiori o alle mani, digestione lenta o alterazioni dell'alvo, sindrome del tunnel carpale,
impotenza sessuale.
La mancanza di sensibilità e le alterazioni della circolazione sanguigna sono i due fattori critici che promuovono
infezioni anche gravi a livello cutaneo. La scarsa sensibilità cutanea fa sì che le persone con diabete non si accorgano
di piccoli graffi o punture che possono prodursi accidentalmente, anche per semplice sfregamento del piede nella
scarpa. I difetti di circolazione e l'alta concentrazione di zucchero nel sangue, associati alla malattia, promuovono
l'estensione e l'infezione di queste piccole ferite che possono ulcerarsi e che, nei casi più gravi, possono rendere
necessaria l'amputazione dell'arto.
DIAGNOSI
Glicemia a digiuno
La misura della glicemia a digiuno rappresenta il test diagnostico preferenziale in quanto
predice esiti avversi.
- Normale glicemia = inferiore a 110
- Diabete Mellito = tra 110 a 126
- Alterata Omeostasi del Glucosio = maggiore a 126
OGTT carico orale di 75 grammi di glucosio (seconda ora)
- Normale glicemia = inferiore a 140
- Diabete Mellito = tra 140 a 200
- Alterata Omeostasi del Glucosio = maggiore a 200
TERAPIA
Diabete tipo 1
Richiede la assunzione di insulina secondo schemi con 2 o più somministazioni giornaliere ed
in forma sia pronta che ritardo.
-Insulina Pronta
-Insulina Intermedia
-Insulina Lenta
Solitamente l’insulina viene somministrata per via sottocutanea.
Diabete tipo 2
Può essere controllato con l’uso di ipoglicemizzanti orali.
- Sulfaniluree
Stimola la secrezione di insulina e Agisce sui recettori periferici della insulina rendendo le
cellule più sensibili a questo ormone.
- Biguanidi
Riducono la produzione epatica di glucosio e stimolano l’utilizzazione periferica del
glucosio.
PREVENZIONE
Si basa sulla promozione di un corretto stile di vita:
- Attività fisica (regolare di tipo aerobico)
- Alimentazione (adeguato regime alimentare per il controllo del peso corporeo).
- Bevande alcoliche consumare con moderazione sempre assunte non a stomaco vuoto.
EPIDEMIOLOGIA
Attualmente ci sono più di 170 milioni di persone nel mondo affette da diabete (Secondo l’
OMS, 300 milioni nel 2025) a causa di:
- Aumento della popolazione.
- Invecchiamento.
- Urbanizzazione.
- Abitudini alimentari sbagliate.
- Stile di vita sedentario.
Globalmente l’incremento previsto sul pianeta è del 110% di cui:
- Il 40% nelle nazioni industrializzate
- Il 70% nelle nazioni in via di sviluppo.
In Italia vi sono non meno di 3.000.000 di diabetici (una prevalenza del 3 - 4% nella
popolazione generale)
- Il 90% = DM tipo 2.
- Il 10% = DM tipo 1.
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