40° FESTIVAL DELLA VALLE D`ITRIA Martina Franca, 18 luglio – 3

40° FESTIVAL DELLA VALLE D’ITRIA
Martina Franca, 18 luglio – 3 agosto 2014
RELAZIONE ARTISTICA
Il Festival della Valle d'Itria, giunto alla sua quarantesima edizione, è riuscito negli anni a
mantener fede alle proprie radici, forgiandosi un’identità che è tra i più indiscussi punti di forza
del suo valore; non ha altresì mai rinunciato a rinnovarsi costantemente, cambiando via via
aspetto e forme, proprio come la donna raffigurata nel manifesto di Francesca Cosanti, giovane
e affermata illustratrice di Martina Franca. Attenta alle sollecitazioni dei tempi che mutano, dei
gusti che evolvono, ma da sempre insensibile alle mode - effimere per definizione - l’anima del
Festival ha dimostrato di saper sacrificare la pelle vecchia a vantaggio della nuova, con spirito
sempre fedele a se stesso: semper idem.
La donna serpente sembra una buona metafora per raccontare questa splendida, matura
giovinezza, in grado di gettare uno sguardo rinnovato e lucido sui tempi attuali: a inaugurare
l'edizione 2014 del Festival della Valle d'Itria è come sempre un titolo "riscoperto", al quale è
richiesto innanzitutto pregio musicale e drammaturgico, con la speranza di restituirne i valori a
una più diffusa circuitazione (proprio ciò che è avvenuto con Napoli milionaria di Nino Rota).
Coerentemente con una delle più recenti direzioni programmatiche del Festival, la scelta è
caduta ancora su un'opera moderna, frutto di una delle menti musicali più ammirate del
Novecento italiano, Alfredo Casella, autore tenuto in somma considerazione, tra gli altri, da
Stravinsky e Bartòk.
La donna serpente è tratta dall'omonimo dramma di Carlo Gozzi, autore a cui il genere operistico
deve capolavori come Turandot e L'amore delle tre melarance, entrambe opere assai vicine - per
spirito e temperatura drammatica - alla Donna serpente.
Il talento di Casella si manifesta qui in una maestria compositiva in grado di distillare
ricercatezze timbriche, arditezze armoniche e travolgente ritmo teatrale, trovando
nell'immaginario teatrale di Gozzi il contraltare ideale al suo programma. La prodigiosa
alchimia che ne deriva si allontana anni luce dalle derive veriste e post-veriste della Giovane
Scuola italiana, che elevano a territorio espressivo e poetico d'elezione gli eccessi, spesso
cruenti, del materiale cronachistico da un lato, e gli estremismi espressivi del declamato
drammatico, dall'altro.
Casella e Gozzi riportano l'opera italiana nel regno della più assoluta libertà creativa,
emancipando l’ispirazione da vincoli e costrizioni di maniera; il risultato è tutto in una
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limpidezza esemplare, che rimanda al nitore degli albori del melodramma, al gusto del "recitar
cantando", alla sapienza della scrittura vocale, che gioca con la tecnica dell'abbellimento e della
variazione. Nella Donna serpente l'elemento fiabesco convive con la Commedia dell'Arte, il
divertissement di ascendenza rossiniana con l'elemento solenne e sacrale caro al melodramma
italiano ottocentesco, mentre la struttura ricercata e complessa di alcune scene riporta alle
spericolate architetture barocche, progenitura dichiarata per l'elemento fantasmagorico
essenziale nell'opera.
In altri termini, Casella si dichiara erede della grande e plurisecolare tradizione musicale
italiana e ne distilla una sintesi che genera elementi creativi pienamente autonomi e originali. Si
è detto "tradizione musicale", e non "melodrammatica", in quanto - proprio come in Rossini, e
in genere in tutto il Belcanto italiano - protagonista assoluta in Casella resta la componente
musicale, ponendosi dichiaratamente il dramma e i personaggi - frutto di irrefrenabile fantasia al servizio della stessa.
Una brillantissima fantasmagoria musicale, quindi, che ben si presta a segnare i festeggiamenti
- simbolici e non - di un Festival che al Belcanto italiano si è da sempre votato.
Il progetto culturale verrà valorizzato dalla presenza sul podio di un direttore della statura di
Fabio Luisi, che ha accettato di celebrare l'importante anniversario del Festival onorandolo
della sua presenza.
Lo spettacolo, in coproduzione con la Fondazione Teatro Regio di Torino, sarà affidato
all'estro del regista Arturo Cirillo, tra i più ammirati talenti teatrali italiani di oggi, affiancato
dai suoi collaboratori di sempre: Dario Gessati per le scene e Gianluca Falaschi per i costumi.
Allo stesso collaudato team creativo il Festival deve uno degli spettacoli più riusciti degli ultimi
anni, Napoli milionaria del 2010.
La lunga locandina prevede la partecipazione, a fianco dei protagonisti che dovranno garantire
le necessarie doti vocali - e attoriali - richieste dalla complessa partitura (Angelo Villari,
Zuzana Markovà, Vanessa Goikoetxea, Domenico Colaianni, Carmine Monaco), di diversi
giovani talenti recentemente usciti dall'Accademia del Belcanto "Rodolfo Celletti", significativa
testimonianza dell'importante lavoro fatto negli ultimi anni in termini di ricerca e investimento.
La seconda opera è ancora una fantasmagoria scenica, anzi una vera e propria "festa teatrale", e
segna un notevole ulteriore contributo del nostro Festival alla riscoperta e valorizzazione della
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grande scuola pugliese-napoletana. Si tratta di un progetto musicale di rilevanza
internazionale, quello della prima riproposta in tempi moderni dell'Armida di Tommaso
Traetta, declinazione italiana del monumentale capolavoro barocco francese di Quinault-Lully.
La musicologa Luisa Cosi, incaricata dal Festival di predisporre il materiale d'uso per questa
prima rappresentazione in tempi moderni, illustra così il lavoro di Traetta: "Nel 1760, maestro di
musica dei Borbone a Parma e in particolare della principessa Isabella, Traetta è all’apice della carriera:
protetto dal primo ministro Du Tillot, il compositore pugliese è impegnato ad ‘accordare’ fra loro stile
italiano e stile francese, come si conviene ad una corte che guarda a Parigi, pur amando à la folie il
belcanto della tradizione napoletana. E quando in ottobre Isabella sposa Giuseppe II d’Asburgo Lorena,
per Traetta si apre un ingaggio imperiale: il conte Durazzo, Generalspektakeldirektor a Vienna, gli
commissiona il rifacimento ‘italiano’ della forse più celebre opera del barocco francese, l’Armide di
Quinault-Lully. La riduzione a festa teatrale della monumentale tragédie en musique (cinque atti in
origine) è dello stesso Durazzo, i versi sono del Migliavacca che, già collaboratore del Metastasio, trova
così occasione per emanciparsi da quel rigido modello. Il risultato è un capolavoro di sintesi. Nel gennaio
del 1761, l’antico amore di Armida e Rinaldo, cui nemmeno la magia può dar sollievo, rivive in moderne
melodie, stupendamente spiegate (vertici virtuosistici per il soprano Gabrielli) e con un’orchestrazione
suggestiva; effimere illusioni e ‘reali’ tormenti si sciolgono in arie con ‘da capo’ brevi o proprio assenti e
per gran numero di recitativi strumentati; e poi, cori e balli che, pur corti, contribuiscono al gran
dinamismo scenico. Grande successo anche a Napoli (1763) e a Venezia (1767), dove Armida approda
solo in piccola parte riattata. La riforma di Gluck è alle porte: quelle che Traetta spalanca, offrendo
ancor oggi con la ‘sua’ bella festa un’occasione di godimento e di riflessione estetica di straordinaria
incisività."
Per questo atteso ritorno del tardo barocco sul palcoscenico martinese, che - considerati i valori
musicali rivelati già in fase di lavoro musicologico - non è difficile immaginare sorprendente, il
Festival si è assicurato la presenza di uno dei più brillanti interpreti della scena internazionale,
Diego Fasolis, tra gli artefici dell’assai celebrata Rodelinda del 2010.
Le due principali opere del cartellone sintetizzano così i tre elementi chiave della storia del
Festival - belcanto, barocco, scuola pugliese-napoletana -, che escono ulteriormente
valorizzati nell’accostamento a un ambito su cui il Valle d'Itria ha giocato le proprie scommesse
più recenti: quello del negletto novecento italiano.
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Armida di Traetta è, come detto, una "festa teatrale", in cui le componenti tipicamente
celebrative - cori e balli - hanno una significativa incidenza. Di conseguenza, lo spettacolo - più
che il reale spessore drammaturgico della nota vicenda degli amori di Armida e Rinaldo - deve
saper rendere conto di quel mondo di suggestione, emozione e sfarzo immaginifico che l'Autore
doveva aver ben presente nel momento creativo. Per questo motivo si è scelto di affidare la
regia al talento della giovane ed esperta regista francese Juliette Deschamps. Facile
immaginare che il suo estro creativo avrà buon gioco nel moltiplicare le potenzialità
spettacolari che il lavoro traettiano offre all'interprete, soprattutto dal punto di vista della
moderna estetica teatrale. Le scene sono firmate da Nelson Willmotte e i costumi da Vanessa
Sannino.
La locandina vanta nei due ruoli protagonistici Roberta Mameli e Marina Comparato, tra le
più acclarate specialiste in questo genere di repertorio. A loro - rispettivamente Armida e
Rinaldo - si affiancano giovani emergenti di indiscusso valore come Federica Carnevale, Mert
Sungu (pure usciti dalle fila dell’Accademia Celletti) e Leonardo Cortellazzi.
In un anno che giunge al culmine di diverse stagioni di drammatica crisi di risorse, il cartellone
2014 prudentemente punta su due sole opere rappresentate nella cornice di Palazzo Ducale,
trattandosi di produzioni che richiedono impegno e valori certamente onerosi.
Nella suggestiva cornice del restaurato Chiostro di San Domenico - inaugurato lo scorso
anno come secondo, apprezzato palcoscenico del Festival - sarà ospitata invece la terza
produzione operistica del 40° Festival della Valle d’Itria. Non manca nemmeno quest'anno,
infatti, la proposta dedicata ai giovani talenti dell'Accademia del Belcanto, dedicata al
repertorio seicentesco; se ne prenderà, cura come di tradizione, Antonio Greco, specialista di
riferimento per il Festival sia nell’ambito della docenza (è titolare con Roberta Mameli e Sonia
Prina del dipartimento di vocalità, stile e prassi barocca dell’Accademia Celletti) che
dell’interpretazione.
Si è scelto di mettere in scena uno dei due atti unici di Agostino Steffani, geniale autore il cui
pregio musicale è oggetto di recenti studi e di apprezzate realizzazioni: La lotta d'Ercole con
Acheloo, mai rappresentata in tempi moderni. La parte scenica sarà affidata a Benedetto Sicca,
apprezzato giovane regista di prosa cresciuto artisticamente alla scuola di Luca Ronconi, al suo
debutto nell’opera lirica. Le scene sono di Maria Paola Di Francesco e i costumi di Manuel
Pedretti.
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Nell’ordito del prezioso tessuto connettivo che sostiene ed esprime l'anima stessa di un festival,
il pubblico potrà scegliere tra molte e varie proposte collaterali, a partire da un concerto di
canto di uno dei più popolari nomi del belcanto mondiale, protagonista della serata dedicata al
Premio Celletti, che quest’anno viene doverosamente assegnato a uno dei padri artistici del
nostro Festival: Alberto Zedda fu infatti il primo direttore ad alzare la bacchetta nel cortile di
Palazzo Ducale (Orfeo ed Euridice di Gluck, agosto 1975).
In questi ultimi cinque anni il ciclo Novecento e oltre ha saputo porsi all’attenzione del
pubblico divenendo uno degli elementi portanti del cartellone del Festival. Quest’anno viene
“promosso”, essendovi ospitato il tradizionale concerto sinfonico di Palazzo Ducale, con un
programma emblematico rispetto al “cambio di pelle” imposto dal passare del tempo. A
dirigerlo, ancora una volta, il giovane astro internazionale Omer Meir Wellber, ormai fedele
amico di Martina Franca, chiamato a condividere l’impegno del Festival nell'aprirsi a nuove
frontiere musicali, in grado di intercettare interessi trasversali e un nuovo pubblico: dopo il
trionfale concerto tra barocco e jazz dello scorso anno, il raro e spettacolare Concerto per
violoncello di Friedrich Gulda (solista Georgi Anichenko) e Get whitey di Frank Zappa
tratteggiano un impaginato di forte impatto musicale e di evidente innovazione, sul filo della
frontiera tra "classico" e "rock"; ma rimanda al genere della “contaminazione” anche la grande
pagina sinfonica di Gustav Mahler: la Quarta Sinfonia in sol maggiore.
Vi sono poi i tre programmi di Concerto dell’Europa, frutto di una significativa collaborazione
internazionale, che ha preso le forme di un progetto pluriennale europeo condiviso tra Italia,
Svezia, Estonia e Gran Bretagna. Nel cuore della Valle d’Itria si esibiranno i musicisti del
quartetto d’archi Sinfonia Cymru (del Galles), quelli del quintetto di fiati Swedish Wind
Ensemble e il gruppo della Camerata Nordica, insieme a solisti (cantanti e musicisti) estoni e
ai nostri giovani dell’Accademia del Belcanto. Nell’ambito di una collaborazione di respiro
europeo, il Festival della Valle d'Itria conferma la propria vocazione, consolidata nel corso degli
ultimi cinque anni della sua storia, nel sollecitare forme di creatività originale nell'ambito della
nuova musica: alla compositrice Daniela Terranova, che nei fatti è composer in residence del
Festival da tre edizioni, è stato commissionato infatti un brano per ensemble cameristico e voci.
Completano il cartellone del 40° Festival della Valle d'Itria: il consueto e popolarissimo
Concerto per lo Spirito in Basilica (verrà eseguito, tra gli altri brani, la Parafrasi del
Christus di Donizetti), altri due concerti del ciclo Novecento e oltre e quelli, molto attesi, di
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Fuori orario (che prendono vita in suggestive chiese, tranquilli chiostri e, da quest’anno,
antiche masserie di Martina Franca) e di Festival Junior, con l'esecuzione dell'opera per
ragazzi Il diluvio di Noè, di Benjamin Britten, in una nuova versione ritmica italiana di
Alessandro Macchia, autore di una recente ricca monografia sul grande compositore
britannico. Questa produzione è il prezioso frutto di un articolato lavoro di preparazione che si
svolge a Martina Franca lungo i mesi invernali, svolto dalla Fondazione Paolo Grassi diretta
da Rino Carrieri, sempre più impegnata in una meritoria attività formativa delle nuove
generazioni di interpreti e di pubblico: la prova più felice di quanto il Festival ha saputo
seminare in quarant’anni di storia, anche in termini di cultura - e coscienza - musicale e teatrale
nel territorio. Un risultato niente affatto scontato, di cui Paolo Grassi andrebbe giustamente
fiero.
I musicisti dell’Orchestra Internazionale d’Italia saranno “in buca” nelle tre opere, nel
concerto sinfonico di Novecento e oltre, nella serata di belcanto del Premio Celletti e in quella
finale del Festival. A quelli della ICO “Magna Grecia” di Taranto sono stati affidati il
programma del Concerto per lo Spirito e l’opera per ragazzi di Britten.
Il Festival 2014 dà il benvenuto al Coro della Filarmonica di Stato “Transilvania” di ClujNapoca, diretto da Cornel Groza e a nove danzatori/performers di Fattoria Vittadini, un
giovane gruppo milanese in grado di esprimere “un’idea innovativa di compagnia di danza, aperta
alle sperimentazioni e ai linguaggi di artisti provenienti da retaggi culturali differenti”: nell’ambito
della sua quarantesima edizione, vissuta all’insegna della festa, il Festival della Valle d’Itria li
accoglie come compagnia di danza ospite, e li vedrà impegnati in tutte e tre le opere in
cartellone, vero e proprio elemento espressivo conduttore e unificante dell’intero programma
artistico.
Anche quest’anno si segnala il sostanziale contributo al cartellone dei giovani cantanti (e, per la
prima volta, anche dei pianisti) dell’Accademia del Belcanto “Rodolfo Celletti”, il cui valore
si arricchisce di anno in anno con talenti provenienti da ogni parte del mondo, impegnati ad
approfondire gli aspetti della tecnica e dello stile vocale belcantistico sotto la guida di docenti e
artisti di fama internazionale.
Il cartellone dei quarant’anni si chiude con una serata straordinaria, un omaggio alla storia e ai
protagonisti del Valle d'Itria, una festa musicale affidata al talento del coreografo e regista
Nikos Lagousakos, sensibilissimo autore della fortunata messa in scena di Maria di Venosa
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dello scorso anno. Una vera e propria fantasmagoria di immagini, musica, coreografia e canto,
che ripercorre i quattro decenni del festival rievocandone le emozioni nello spazio simbolo della
sua identità: il cortile di Palazzo Ducale. Una serie di suggestivi effetti visuali e scenici esalterà
le forme e lo spirito stesso del Palazzo, con la tecnica del videomapping affidata all’estro
immaginifico del videoartist Matthias Schnabel. Una carrellata di immagini, dal bianco e nero
dei primi anni a quelle dei bozzetti e figurini storici, di manifesti e fotografie fino ai più recenti
spettacoli, racconterà il festival con la materia stessa di cui è pervasa la sua storia: volti,
scenografie, emozioni. Sei performers – ancora una volta gli eclettici danzatori di Fattoria
Vittadini - si esibiranno in assoli, passi a due e pezzi d'assieme. Ad Anghela Alò è affidata
l’originale e articolata drammaturgia della serata, che accompagnerà il pubblico nell’immersione
di una performance multimediale di immagini, coreografie, registrazioni storiche ed esecuzioni
musicali live, in cui non mancherà più di una sorpresa: un ideale percorso musicale di omaggio
alla storia del Festival (quasi interamente vissuta sotto la guida appassionata e vigile del
Presidente Franco Punzi) nel segno della suggestione e dell'emozione condivisa, che è - in
fondo - il senso stesso di tutte le esperienze di valore.
Alberto Triola
Direttore artistico
Milano, 21 maggio 2014
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