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INTEGRAZIONE E BENESSERE
FISICO E PSICOAFFETTIVO
Abbiamo deciso di affrontare il tema dell’integrazione e del benessere di persone disabili
concentrandoci su due aspetti: quello fisico, quindi riguardo l’educazione attraverso il movimento,
e quello psicoaffettivo, in riferimento alla Pet Therapy.
Per promuovere l’integrazione è necessario soffermarsi sull’educazione attraverso il movimento,
tenendo come punto di riferimento il primo articolo della Dichiarazione universale dei diritti
dell’uomo (1948): “tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”, ciò significa
che le persone disabili hanno gli stessi diritti fondamentali degli altri cittadini.
Ponendo particolare attenzione al costrutto della qualità della vita(QdV), uno dei diritti più
importanti riguarda il benessere e la programmazione di progetti educativi e riabilitativi per
persone disabili, in quanto l’attività fisica viene considerata un ambito rilevante della vita delle
persone con disabilità. Il benessere si divide in due dimensioni: soggettiva e sociale.
Il benessere soggettivo si riferisce alla valutazione che gli individui fanno sulla qualità della loro
vita in generale, mentre il benessere sociale intende la qualità delle relazioni sociali dell’individuo
nell’ambito della propria comunità e società. Nell’ambito del benessere sociale sono stati
individuati due punti fondamentali che influiscono sul benessere individuale: l’adattamento
sociale che è costituito dalla combinazione della soddisfazione ottenuta nelle relazioni sociali, dalla
performance nei ruoli sociali e dall’adattamento al proprio ambiente; il supporto sociale che si
riferisce alla disponibilità delle persone su cui l’individuo fa affidamento e che lo fanno sentire
amato e valutato come persona. È importante quindi che le dimensioni di benessere soggettivo e
sociale vengano valorizzate e promosse per permettere ai giovani di acquisire dei corretti e sani
stili di vita che li possano aiutare ad affrontare le situazioni problematiche che incontreranno.
Diventa fondamentale quindi supportare le persone con Bisogni Educativi Speciali, per
permettergli di superare le difficoltà ed entrare a pieno titolo a far parte della società, non come
diversi che devono vivere solo con i diversi. Tutto il cammino formativo e educativo che ogni
persona è chiamata a compiere, deve avere come obbiettivo primario il raggiungimento della
capacità di scelta e di autodeterminazione, affinché possa vivere pienamente la propria vita con
dignità e senza essere di peso agli altri.
Per renderci consapevoli dell’importanza di tutto questo sono state fondamentali alcune leggi
riguardanti l’integrazione scolastica di alunni con disabilità.
La legge 118/1971 disciplina l’istruzione dell’obbligo per i soggetti con minorazioni psicofisiche,
sono però esclusi i soggetti con deficit sensoriali i quali potranno accedere alle classi ordinarie dal
1976 per i non vedenti e dal 1977 per i non udenti.
Con la seconda metà degli anni Settanta si pongono significative condizioni per avviare un
processo di inclusione, in particolare nel 1975 viene emanata la Circolare Falcucci, che pone le basi
per le successive normative, una di queste è la legge 517/1977, la quale diventa l’atto legislativo
più importante in materia e uno dei più avanzati sul piano internazionale. Il testo prevede: la
stesura di una programmazione educativa che non dimentichi le necessità del singolo e il bisogno
di organizzare attività di integrazione per i diversi gruppi di alunni; l’abolizione dei voti e la loro
sostituzione con schede di valutazione; la frequenza delle scuole comuni anche per gli allievi sordi
(art 10); la presenza di insegnanti specializzati e di specialisti del servizio sanitario.
Dopo l’emanazione di questa legge sono stati istituiti corsi biennali di specializzazione e sono state
indicate linee di intesa per il coordinamenti tra scuole, enti locali e sanità.
Con la sentenza della Corte Costituzionale 215 del Giugno 1987 è avvenuta l’inclusione dei soggetti
ultraquattordicenni nel sistema formativo secondario superiore e nelle strutture formative del
dopo-obbligo. Un ulteriore passo avanti è stato fatto con l’approvazione della Legge quadro
104/1992, che prende, per la prima volta, in considerazione la persona in difficoltà lungo tutto
l’arco della sua esistenza e dei molteplici aspetti che la riguardano (salute, integrazione sociale,
educazione, istruzione e formazione professionale, lavoro, ecc.), la sezione più importante della
legge fa riferimento all’integrazione scolastica dal nido all’università.
In questo contesto la pedagogia assume un ruolo significativo nei confronti della persona,
focalizzandosi sulle sue specificità e diversità, rendendoci consapevoli del fatto che l’uomo non
manifesta il suo essere soltanto attraverso le forme del pensiero ma anche attraverso le modalità
del muoversi, del vedere, del percepire e del fare. Infatti l’Organizzazione Mondiale della Sanità
(2002) riconosce tra i Bisogni Educativi del minore, non solo quelli biomedici, ma anche quelli
psico-educativi-sociali. Il movimento rappresenta dunque, la via maestra per favorire
l’integrazione sociale. Una simile funzione socializzante ne rende la pratica ancora più importante
per il disabile: sperimentare la vita di gruppo costituisce una notevole opportunità di sviluppo e, al
contempo, permette di apprendere modelli di comportamento più appropriati al vivere sociale,
favorendo l’incontro dell’altro, attraverso il contatto fisico e la reciproca percezione. L’incontro
dell’altro avviene non solo nell’interazione individuo-individuo, ma anche nell’interazione
individuo-animale, come avviene nella Pet Therapy. La Pet therapy è una pratica che con l’ausilio
di diversi tipi di animali intende soddisfare il bisogno d’amore, d’affetto e di legami interpersonali,
favorendo la formazione di un buon equilibrio fisico e mentale, in particolare nei bambini, negli
anziani e nelle persone sole in genere. Questa pratica nasce in America nel 1953 da un incontro
casuale tra un bambino autistico e il cane dello psichiatra Boris Levinson, il quale forniva al
bambino la possibilità di proiettare le proprie sensazioni interiori, altrimenti inesprimibili, ed era
occasione di scambio affettivo e di gioco che rendevano più gradito l’incontro terapeutico. Le
interazioni con gli animali da compagnia offrono principalmente supporto emozionale e di stima,
come si riscontra anche tra gli esseri umani.
L’animale attraverso il gioco e la comunicazione non verbale esercita sugli individui una funzione
sia educativa che terapeutica, per questo viene utilizzato sempre più spesso come mediatore
emozionale. I principali campi di applicazione riguardano patologie dell’infanzia, dell’adolescenza,
disturbi della personalità, dell’umore, disturbi dell’adattamento e situazioni non inquadrabili in
una precisa categoria diagnostica ma che necessitano di una spinta verso la socializzazione,
offrendo la possibilità di stabilire una relazione e di uscire dall’isolamento. Accudire l’animale
significa, infatti, risvegliare il senso di responsabilità e allargare la mente, ottenendo effetti
benefici sia a livello emozionale che sanitario.
Questa terapia può essere effettuata con diversi tipi di animali, come per esempio: cani, gatti,
cavalli, delfini, canarini, pappagallini, conigli nani ecc.
In particolare, vorremmo concentrarci sulla terapia equestre. Il rapporto uomo cavallo si è
instaurato migliaia di anni fa consolidandosi con il passare dei secoli. Nel periodo dell’antica
Grecia, Ippocrate di Cos (478-370 a.C.) prescrive l’equitazione come rimedio per l’insonnia;
Asclepiade (124-40 a.C.) la prescrive come strumento curativo contro l’epilessia. Dopo i greci
anche i romani, i francesi e i tedeschi utilizzano il cavallo come strumento terapeutico. A partire
dalla metà del XVII secolo la terapia è consigliata nei disturbi circolatori e per la cura
dell’ipocondria. Alla fine della prima guerra mondiale l’animale entra a far parte della pratica
medica. La riabilitazione equestre è destinata a coloro che presentano disturbi neuromotori,
motori, sensoriali e relazionali.
Anche in Italia sono numerosi i centri che impiegano tecniche equestri come metodologia
rieducativa. Molti di questi centri sono in grado di intervenire su patologie di tipo diverso con
finalità distinte, attraverso approcci differenti:
 Ippoterapia: indicata per pazienti con grave danno motorio. In questo genere di approcci i
cavalli vengono condotti al passo e si sfruttano i movimenti deambulatori spontanei
dell’animale e la possibilità di aumentare la sua andatura. Con questi trattamenti si curano
handicap gravi e pazienti autistici;
 Equitazione terapeutica: per pazienti che riescono a mantenere autonomamente la
posizione seduta. È indicata per chi è in grado di restare in varie posture autonome su un
cavallo che non viene condotto da altri. L’animale può essere messo al trotto e al passo.
Oltre che per le persone con handicap fisici l’equitazione terapeutica può essere indicata
per i suoi aspetti pedagogici anche per chi manifesta difficoltà di linguaggio,
apprendimento e disturbi comportamentali;
 Volteggio: attività da svolgere come lavoro di gruppo. È una fase avanzata del lavoro di
riabilitazione. Il cavallo viene condotto al trotto, al galoppo e al passo dal paziente stesso;
 Attività sportive: molti portatori di handicap possono praticare sport equestri, l’importante
è impiegare personale adeguato che sia in grado di seguire correttamente i pazienti nel
corso dell’attività.
Queste terapie non sono sempre vissute come separate tra loro, anzi spesso sono conseguenti
l’una all’altra. Attraverso il cavallo il portatore di handicap si trova a esercitare l’equilibrio, il
coordinamento motorio, la muscolatura, i sistemi neurovegetativi, inoltre si ha un beneficio
psicologico con l’aumento dell’autostima. Questo approccio ha inizio intorno al quarto anno di età
e in alcuni casi dopo il sesto anno. I cavalli devono rispondere ad alcune caratteristiche
fondamentali, come l’altezza, la struttura del dorso, l’atteggiamento fiducioso verso l’uomo e
l’ambiente che lo circonda, inoltre è necessario che abbiano meno di 5 anni di età e che non sono
stati utilizzati precedentemente per attività agonistiche.
Una particola applicazione della Pet Therapy è la Low Vision Trainig, che punta nel sviluppare il
residuo visivo nei bambini con deficit visivi, insegnandogli a sfruttare al massimo le loro capacità.
La Low Vision Training quindi si unisce alla Pet Therapy, in quanto è proprio nei momenti di
rilassatezza e fiducia dati dal contatto con animali che i bambini ipovedenti trovano maggiore
motivazione a usufruire di quelle informazioni percettive e sensoriali che fanno parte del loro
residuo visivo e che sono così faticose da utilizzare. Dato che la naturalità è una delle basi della Pet
Therapy, anche durante gli interventi di riabilitazione visiva si esclude ogni tecnicismo eccessivo,
sfruttando contrasti, colori e luminosità che offre la natura.
Per meglio conoscere l’impronta che la Pet Therapy, unito alla sportività dell’equitazione concede;
di forte valenza è stato conoscere l’ ASD (Associazione Sportiva Dilettistica) GST (Gruppo Sportivo
Terapeutico) ANFFAS di Ferrara.
Il Gruppo Sportivo Terapeutico ANFFAS nasce il 15 Febbraio 1985 per iniziativa di alcune famiglie
della stessa Associazione, mosse dal desiderio di utilizzare lo Sport a scopo Educativo nei confronti
di tutte le persone diversamente abili con difficoltà cognitive e/o relazionali e fisiche. Lo Sport
infatti permette di dimostrarsi capaci, permette l’interazione sociale formando un buon clima di
fiducia in se stessi e con l’altro, oltre che a garantire ottimi benefici psico-fisici. Così attraverso
l’utilizzo delle DIVERSE attività sportive si è dato modo di far notare le DIVERSE potenzialità, così
da facilitare l’inserimento sociale di ognuno.
Le attività sportive locali svolte presso il Gruppo Sportivo Terapeutico ANFFAS sono:
 Ginnastica
 Piscina
 Equitazione
Le attività sportive fuori provincia sono:
 Nuoto
 Atletica
 Baskin
Le attività sono seguite da più figure professionali: dottori in Scienze motorie, diplomati ISEF,
istruttori in area ludico/sportiva ANIRE (Associazione nazionale italiana riabilitazione equestre),
psicologi e fisioterapisti.
Per capire come avviene nel concreto il lavoro della riabilitazione equestre abbiamo dunque
pensato di osservare il caso di Franco (nome immaginario per privacy), il quale è soggetto da
autismo avanzato, facente parte di un’associazione che si occupa della sua patologia. Dopo
aver capito gli ambienti, i compiti e i rapporti ho deciso di eseguire un’intervista nei confronti
di Monia, responsabile dell’attività di riabilitazione equestre, facente parte del corpo
professionale dell’associazione Gruppo Sportivo Terapeutico ANFFAS di Ferrara; oltre a questa
figura professionale ho posto delle domande a Michele, il presidente dell’associazione che
tratta l’autismo e che conosce Franco da diversi anni. Entrambi protagonisti delle diverse fasi
per la formazione equestre riabilitativa.
IL DIALOGO CON MONIA:
Domanda: Come mai è qui?
Risposta: “Allora, io nasco come alfiere ippico lavorando qui a Ferrara per diversi anni, nel
frattempo ANFFAS era già qua come ippoterapia ma non era specializzata e quindi collaboravo
a tenere i cavalli a livello volontario, poi mi hanno fatto la proposta di specializzarmi su questo
ramo … ho accolto con molto piacere questa cosa perché il cavallo a suo tempo in un
momento molto difficile mi ha tirato fuori da questa situazione quindi ci credo molto ecco.. e
credo che sia fondamentale crederci , oltre al fatto evidente che il cavallo può dare … certo
non tutto, ma qualcosa la può dare sia a livello emozionale, caratteriale che fisico.”
Domanda: come sceglie l’Associazione a chi e per quanto tempo affidare il caso?
Risposta:” ovviamente i ragazzi vengono con un certificato medico, il medico o chiunque delle
altre figure professionali che seguono il caso ci dirà se è possibile fare l’ippoterapia. Dopo di
che si valuta il ragazzo e si cerca il cavallo che può essere per lui più adatto … a seconda del
carattere e della fisicità del cavallo e al carattere e la fisicità del ragazzo … Si sceglie come
gestire i tempi e i modi a seconda dei casi però per alcuni, in particolare in quelli di grave
disabilità fisica, non si supera la mezz’ora.”
Domanda: quindi l’ippoterapia non si limita ai casi di disabilità cognitiva ma è rivolta anche a
quella di tipo fisico?
Risposta: “Anche a livello fisico dà tante soddisfazioni perché il movimento analitico del cavallo
è molto simile a quello umano. Quando abbiamo un ragazzo con problemi motori, per esempio
delle gambe, del bacino il movimento del cavallo lo aiuta a riportarlo nel movimento naturale
della deambulazione umana. “
Domanda: Le chiedo di pensare a tutto ciò che abbiamo discusso. Mi può dire in una sola
parola cosa rappresenta?
Risposta: “AIUTO.”
DIALOGO CON MICHELE
Domanda: Inizierei a chiederle:ciò che vuole permettere la sua associazione è rivolta in primis
alla famiglia o al caso?
Risposta:” Non si scindono. Non puoi scindere la persona dalla famiglia, perché c’è sempre una
forte dipendenza reciproca.”
Domanda: ora vorrei conoscere come è andata l’attività di Franco. Le posso chiedere le tappe
che hanno portato Franco a svolgere l’attività di riabilitazione equestre?
Risposta:” Noi abbiamo cominciato in Ottobre, le prime due volte abbiamo solo girato intorno
al pulmino per far vedere a Franco qui fuori, facendolo passare davanti la scuderia mentre
c’era la porta aperta; poi abbiamo cominciato a far entrare il cavallo con la testa nella finestra
del pulmino e verso la terza/quarta volta Franco lo accarezzava e lo toccava avvicinandosi a lui
attraverso il tatto … una volta è sceso per dargli il fieno ma poi è tornato su, le due volte
successive non ha voluto scendere fino a quando siamo venuti qua. È sceso dal pulmino e si è
avvicinato al cavallo ed ha utilizzato la sabbia come mezzo di contatto … a lui piace molto
giocare con la sabbia, per cui ha cominciato a raccoglierla e spalmarla sul cavallo. Dopo
abbiamo incominciato a usare la spazzola sino ad arrivare ad usare le mani, così poi iniziato
proprio il rapporto tra lui ed il cavallo. Poi abbiamo prodotto un percorso psicomotorio che lui
conosceva già per le attività dello scorso anno in palestra e abbiamo iniziato a farlo girare
affiancato dal cavallo; fino a quando lo abbiamo avvicinato alla pedana da cui si sale a cavallo.
Le prime due volte Franco era solo vicino al cavallo fino a dopo Natale che è salito e siamo
partiti, quindi si parla di metà Gennaio.
Dopo le sue routine sono diventate: arrivare, scendere dal pulmino, sempre rispettando i suoi
tempi, fare una quindicina di giri del percorso psicomotorio, salire a cavallo, facendo un’altra
decina di giri, scendere e insieme a me e Monia pulire raccogliendo per così dire gli scarti
organici dei cavalli, lui andava a svuotare la carriola e poi si andava in pulmino.”
Domanda: Lei che più conosce Franco. Ha notato dei cambiamenti o dei risultati da parte del
ragazzo?
Risposta:” Io faccio un po’ fatica ad attribuire ad un’attività dei risultati, perché non c’è un
obiettivo solo, e soprattutto è un po’ difficile trovare la causa-effetto, in molte situazioni può
esistere, in attività così ampie è difficile ci sia perché ci sono molte variabili. È però possibile
tenere presente quello che qui noi abbiamo osservato: sicuramente un avvicinamento a questa
attività che lo ha reso sempre più partecipe e sempre più attivo nel rapporto con il cavallo e
con le persone mediate dal cavallo fondamentalmente. Questo può probabilmente aver
prodotto uno stato di benessere … non si parla solo di piacere, ma di benessere della
persona.”
Dei miglioramenti cognitivi non si possono ottenere nell’arco di 5 mesi della Pet Therapy, in
particolare l’ippoterapia; soprattutto in casi di patologie come l’autismo in età adolescenziale
che ha ormai creato una sua quotidiana routine. Per questo di grande valore risulta essere il
CAMBIAMENTO, parola che nei confronti dei casi autistici non è descrizione del loro agire
abitudinario.
Il cambiamento riguarda la sfera comportamentale, nell’ambiente che lo ha riguardato. La
prima volta si dimostra molto restio all’approccio col cavallo, oggi lo cavalca. È vicino a nuove
interazioni anche con il corpo professionale dell’associazione GST ANFFAS.
Oltre a questo Franco sembra preso dall’attività: si dimostra calmo, e la tranquillità
sicuramente non è dimostrazione di dissenso.”
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