I Virus Informatici e la Medicina E’ curioso notare come discipline di diversa natura e storia possano a volte cooperare ed interagire in ambiti diversi da quelli che ci possiamo immaginare. Virus è un termine latino che significa veleno, viene usato da sempre in medicina per indicare organismi parassiti relativamente semplici e molto piccoli (rispetto all'organismo che invadono), in grado di riprodursi attraverso l’aggressione ad una cellula ospite, assumendo il controllo dei suoi processi metabolici; successivamente con lo stesso processo il virus infetta tutte le altre cellule. Allo stesso modo i virus informatici penetrano nel programma ospite modificandolo, sia per riprodursi sia, successivamente, per danneggiare dati e/o programmi presenti nelle memorie. La definizione di virus informatico fu introdotta negli anni ottanta da Fred Choen, ricercatore all'Università della California, che notò le straordinarie somiglianze fra gli agenti infettivi fatti di bit e quelli biologici. In seguito, altri termini (ma soprattutto concetti) come mutante, contagio, vaccinazione e persino patrimonio genetico, sono entrati a far parte del gergo informatico. Cohen sostenne che il primo virus informatico nacque il 3 novembre 1983, con fini dimostrativi, nell'ambito di una ricerca sulla sicurezza dei sistemi informatici. L'obiettivo della ricerca era dimostrare la criticità di un possibile attacco al patrimonio informativo aziendale attraverso strumenti non tradizionali come incendio, furto,etc. Durante l’esperimento un esperto programmatore in sole sette ore sviluppò un virus informatico che impiegava meno di mezzo secondo per replicarsi in un altro programma, che diventava, a sua volta, portatore del virus. Da quel giorno, la storia dell’ evoluzione e della diffusione dei virus è stata all’ inzio oggetto di studio, successivamente un business ed infine un reale problema di sicurezza. Oggi le reti di comunicazione informatica (internet prima fra tutte) sono il veicolo di eccellenza per epidemie di virus informatici; un virus appena creato in Australia e “messo su internet” può potenzialmente infettare un computer in Italia dopo pochi secondi. L’aspetto più interessante è che per studiare l'andamento delle epidemie informatiche, per molti anni si sono utilizzati i metodi dell'epidemiologia medica classica, grazie anche alle similitudini che si possono riscontare (vedi tabella 1) tra un virus biologico (biovirus) ed un virus informatico (infovirus) . faccia a faccia biovirus infovirus parassita che per riprodursi induce l'ospite a modificare parti del suo metabolismo e a produrre particelle virali parassita che induce alcune parti del sistema informatico o dei programmi a lavorare per lui, producendo copie che poi si diffondono ad altri computer il suo patrimonio genetico contiene poche migliaia di nucleotidi; quello dell'uomo ne ha circa 3 miliardi è formato da qualche migliaio di byte (le sequenze caratteristiche costituiscono il suo patrimonio genetico); un hard disk contiene da 1 a 20 miliardi di byte riconosce i tipi cellulari in cui può replicarsi infetta selettivamente alcuni tipi di file o parti specifiche del sistema la pressione selettiva ha permesso ad alcuni virus di sopravvivere e ha determinato l'estinzione di altri; alcuni sono mutati per adattarsi ad ambienti nuovi l'evoluzione dell'informatica (per esempio, il passaggio da DOS a Windows) ha determinato la sopravvivenza solo di alcuni tipi di virus; altri si sono estinti oppure sono stati modificati per adattarsi ai nuovi ambienti Tabella 1 Questo approccio, però, ha permesso di chiarire solo alcuni aspetti fondamentali delle “malattie dei computer”. Altri punti restavano oscuri, infatti nei sistemi naturali, quando si immunizza una certa frazione della popolazione l'incidenza dell'infezione cala bruscamente, la popolazione del virus scende al di sotto della soglia epidemica, ed è possibile debellare la malattia; per i virus informatici non è così. Le malattie informatiche si trasmettono attraverso le connessioni che i computer stabiliscono fra loro, così come le infezioni biologiche si trasmettono da un individuo all'altro con un contatto fisico ravvicinato. La struttura di internet, però, non è assimilabile a quella dei sistemi naturali, infatti permette ad un computer di attivare un numero di connessioni estremamente variabile, e non è dunque possibile attribuire alla connettività un valore medio in grado di descrivere il sistema, I Server Internet hanno centinaia di connessioni, un computer casalingo può essere collegato a un solo server. Di fatto per i virus informatici non esiste una soglia epidemica, anche dopo una campagna massiccia di vaccinazione, il virus può sopravvivere in uno stato endemico infettando un piccolo numero di computer poco connessi, con la possibilità di una nuova propagazione a tutto il sistema. Una struttura di questo tipo si definisce scale-free, ossia poco "democratica", costituita da alcuni computer con molti collegamenti e altri con un numero minore di connessioni, e differisce profondamente da quella dei rapporti sociali attraverso cui si diffondono i virus biologici, tranne che per le malattie a trasmissione sessuale che costituiscono un'importante eccezione a questa regola. E proprio partendo da questa eccezione sono stati fatti alcuni studi sull’applicabilità di una struttura scale-free alla biologia ed in particolare alla diffusione di malattie a trasmissione sessuale. Gli studi sono stati pubblicati su Nature, in un articolo firmato da un gruppo di epidemiologi diretti da Fredrik Liljeros, dell'Università di Stoccolma. Gli studi affermano la possibilità di utilizzare un nuovo paradigma concettuale epidemiologico basato su una struttura scale-free. I ricercatori hanno studiato la struttura della rete dei contatti sessuali umani prendendo in considerazione i dati di un'indagine sul comportamento sessuale condotta in Svezia nel 1996. Ai questionari, sottoposti a quasi 5.000 individui di età compresa fra i 18 e i 74 anni, hanno risposto circa 3.000 persone. Gli epidemiologi osservano che, così come su internet, anche per la rete dei rapporti sessuali esistono pochi individui "ad alta connettività" e molti che hanno rapporti sessuali con un numero di partner più ridotto, oppure con uno soltanto. L'epidemiologia informatica ha vissuto per molto tempo su quanto era stato scoperto in biologia. Con il nuovo paradigma, che tiene conto della complessità e dell'eterogeneità del sistema, si è introdotto un concetto nuovo, e ora i biologi imparano dall'informatica per quel che riguarda le malattie a trasmissione sessuale…..curioso ma vero.