PROTEZIONE SISMICA Per la protezione sismica degli edifici esistono sostanzialmente tre diverse tipologie di tecniche: 1. Controllo attivo - 2. Controllo passivo - 3. Controllo ibrido Il controllo attivo. Questa tecnica si realizza con dispositivi controllati elettronicamente che applicano alla struttura delle forze dinamiche di segno opposto a quelle generate dal sisma. Tali caratteristiche lo rendono più utilizzabile per altre applicazioni (controllo di vibrazioni dovute al vento, funzionamento di macchinari, ecc.) che per la protezione antisismica. Il controllo passivo. Questa seconda tecnica è quella che attualmente viene maggiormente sperimentata ed applicata. La metodologia viene applicata considerando due diversi sistemi: l’isolamento sismico alla base dell’edificio e la dissipazione di energia. L’isolamento sismico per la protezione delle costruzioni L’isolamento sismico consiste nel modificare l’input sismico riducendo le accelerazioni trasmesse alle costruzioni, allo scopo di innalzarne la resistenza allo stato limite di danno e di aumentarne la sicurezza ultima. Negli anni ‘80 e ‘90 le tecniche di isolamento sono state applicate in Italia per la protezione sismica di oltre 100 viadotti autostradali. Gli impalcati sono stati “separati” dalle pile e dalle spalle mediante appoggi elasto-palstici, dal comportamento prevalentemente dissipativo. Si è operato così per adeguare strutture esistenti e per proteggerne di nuove. L’industria italiana ha prodotto dispositivi di elevata qualità, che poi sono stati utilizzati per alcuni viadotti degli Stati Uniti e per importanti opere in Turchia, a Taiwan, ecc. Nel settore dell’edilizia civile l’isolamento si applica con criteri in parte differenti, ma sostanzialmente analoghi. Si usano dispositivi gomma-acciaio prevalentemente elastici, più semplici, di facile impiego e di basso costo. Sostanzialmente questi dispositivi sono di due tipi: isolatori in materiale elastomerico più acciaio ed isolatori a scorrimento o a rotolamento. Gli isolatori elastomerici armati sono costituiti da strati di elastomero (gomma naturale, neoprene od altri materiali prodotti artificialmente), alternati a lamierini di acciaio che riducono la deformabilità assiale dei dispositivi per effetto del confinamento dell'elastomero, senza influenzare in modo apprezzabile la deformabilità orizzontale degli isolatori. Questo tipo di isolatori realizza, attraverso il comportamento pseudo-elastico che li caratterizza, un effettivo allungamento del periodo proprio ed un’apprezzabile dissipazione di energia. Questa tecnologia, collaudata positivamente dai recenti terremoti giapponesi e americani, mette l’edificio in grado di resistere a terremoti distruttivi di intensità del grado IX-X Mercalli senza alcun danno né alle strutture né alle finiture, con un conseguente annullamento dei costi di riparazione e, cosa fondamentale, con probabilità di perdita di vite umane prossima allo zero. Gli isolatori a scorrimento o a rotolamento sono costituiti rispettivamente da appoggi a scorrimento, basati sul contatto tra acciaio e teflon, o a rotolamento (su rulli o sfere), caratterizzati da bassi valori delle resistenze per attrito. A questo tipo di isolatori sono in genere accoppiati elementi o dispositivi destinati alla dissipazione di energia e/o al ricentraggio della struttura al termine dell’azione sismica. Tra i dispositivi in grado di ricentrare la struttura e, anche, di dissipare energia, sono stati messi a punto di recente dispositivi basati sulle particolari caratteristiche meccaniche delle Leghe a Memoria di Forma (LMF). Questi materiali, costituiti tipicamente da leghe nicheltitanio, presentano la capacità, inusuale per altri tipi di materiali, di "ricordare" la propria forma originale. Questo comportamento meccanico è correlato ad una trasformazione della struttura cristallina che si verifica all'interno della lega, nota come trasformazione martensitica termoelastica, grazie alla quale si presentano due fasi nello stato solido, in funzione della temperatura a cui si sottopone il materiale. La possibilità di utilizzare, in un unico dispositivo, elementi in entrambe le fasi solide (martensitica ed austenitica), rende possibile ottenere isolatori con comportamenti molto interessanti, in quanto possiedono buona capacità dissipativa ed ottime capacità di ricentraggio, anche dopo terremoti di elevata intensità, oltre ad una notevolissima resistenza a fatica ed all’eliminazione di interventi manutentori. In genere è necessario che gli spostamenti subiti dalle strutture isolate per effetto dell'azione sismica siano contenuti entro valori tollerabili, per contenere le dimensioni dei giunti strutturali e per non creare problemi ai collegamenti degli impianti. Per le strutture isolate sono infatti da prevedere collegamenti flessibili per tutti gli impianti che dalla quota del terreno sono collegati alla sovrastruttura. Per quanto riguarda l’intervento su strutture esistenti, le due tecnologie descritte consentono di ottenere livelli di sicurezza nettamente superiori a quelli ottenibili con interventi di adeguamento sismico tradizionale, e sono sicuramente indicati per edifici pubblici o che necessitino di livelli di protezione maggiori (scuole, caserme, ospedali, ecc.). In particolare l’isolamento sismico, quando applicabile, è tra i meno invasivi, in quanto spesso consente di non intervenire assolutamente sulle strutture dei piani superiori al primo, con una notevole diminuzione dei costi legati al rifacimento delle finiture. Alcuni centri di ricerca, come quelli delle Facoltà di ingegneria di Perugia e della Basilicata, nonché il centro specialistico dell’Enea, Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente, sono stati molto attivi e hanno fornito un valido supporto per gli sviluppi di queste ricerche e sperimentazioni. Fin dagli anni Ottanta, quello di Perugia ha svolto attività di ricerca riguardanti gli aspetti progettuali e di redditività relativi alle strutture dei ponti e dell’edilizia civile. Sotto la guida del prof. A. Parducci, ha svolto una collaborazione con lo “Yunnan Design Institute” della Repubblica Popolare Cinese, in seguito alla quale, nella città di Kunming, quell’Istituto ha poi progettato 40 edifici isolati alla base. Il funzionamento dell'isolamento alla base e caratteristiche dei moti sismici Per comprendere il funzionamento dell’isolamento alla base occorre esaminare le caratteristiche dei moti sismici. Queste sono ben note e conducono alle altrettanto note forme spettrali di risposta illustrate nella figura riportata a fianco. Gli spettri delle accelerazioni Sa presentano forti amplificazioni nel campo dei piccoli periodi di oscillazione, minori di 0.6÷0.8 secondi, dove si trova la maggior parte delle costruzioni dell’edilizia corrente. Le stesse accelerazioni di risposta però, diminuiscono rapidamente quando i periodi di oscillazione crescono oltre questi valori. Ciò significa che il sisma trasmette energia in un campo di frequenze ben definito e piuttosto elevato. L’isolamento alla base consiste nel porre le costruzioni sopra dispositivi deformabili elasticamente per provocare un consistente aumento del periodo di oscillazione e il disaccoppiamento delle oscillazioni modali. In questo caso, a differenza dei viadotti, la prestazione fondamentale degli isolatori è la deformabilità elastica. Gli stessi spettri di risposta indicano però consistenti aumenti degli spostamenti alle basse frequenze. Per applicare l’isolamento occorre perciò che gli isolatori possano sopportare ampie deformazioni elastiche e che la costruzione sia libera di spostarsi lateralmente di almeno 15 e talvolta fino a 30 centimetri. In questo modo è possibile ridurre le sollecitazioni fino al 20–25% rispetto a quelle che subirebbe la stessa costruzione a base fissa. Queste prestazioni interessano soprattutto gli edifici strategici (ospedali, scuole, centrali operativi eccetera), quelli contenenti oggetti di pregio o di valore (musei, centri di calcolo eccetera), e quelli ad alto rischio (laboratori, impianti industriali eccetera); ma ovviamente interessano anche gli edifici residenziali e commerciali. Per quel che riguarda la ricerca in Basilicata, si segnala l’importante esperimento effettuato a Rapolla (PZ) ove è stata portata a termine una serie di test dinamici, forse unici al mondo, su un edificio dotato di isolamento sismico alla base, costruito dall’ATER (Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale). I test sono stati effettuati dal Laboratorio di Strutture del DiSGG (Dipartimento di Strutture, Geotecnica, Geologia applicata) dell’Università della Basilicata. L’edificio oggetto delle prove ha 3 piani ed è dotato di un sistema di isolamento sismico che utilizza isolatori in gomma. Questa tecnologia, collaudata positivamente dai recenti terremoti giapponesi e americani, mette l’edificio in grado di resistere a terremoti distruttivi di intensità del IX – X grado Mercalli senza alcun danno né alle strutture né alle finiture. Data la natura sperimentale dell’edificio di Rapolla, il sistema di isolamento è stato concepito in modo da accogliere un secondo sistema di isolamento, alternativo a quello in gomma, che utilizza apparecchi di appoggio a scorrimento (acciaio-teflon) e dispositivi di ricentraggio basati sulle leghe superelastiche a memoria di forma al Nichel-Titanio. Quest’ultima tecnologia innovativa è stata oggetto di una ricerca Europea (MANSIDE), svolta dal DiSGG dell’Università della Basilicata, in collaborazione con altri 7 partner di istituzioni accademiche e industriali europei, tra i quali la TIS S.p.A., fornitrice del sistema di isolamento e del dispositivo di prova di Rapolla, e coordinata dal Servizio Sismico Nazionale. In tale ambito sono state studiate e sperimentate le modalità di utilizzazione delle leghe a memoria di forma per la protezione sismica delle strutture, realizzando anche i due dispositivi utilizzati nel secondo sistema di isolamento dell’edificio ATER. Le prove sono state progettate per essere svolte in due riprese. Nella prima viene sperimentato il sistema di isolamento su gomma, quello che poi resterà attivo in maniera definitiva, quando l’edificio sarà regolarmente abitato. Nella seconda viene sperimentato il secondo sistema di isolamento, quello basato sulla lega al Nichel Titanio, che verrà rimosso al termine delle prove. Le prove consistono nell’imprimere alla base dell’edificio, immediatamente al di sopra del sistema di isolamento, uno spostamento dell’ordine di 10-15 cm. A questo punto il dispositivo di prova libera istantaneamente l’edificio così da farlo oscillare liberamente per qualche secondo. Le forze in gioco sono enormi, dell’ordine delle 200-300 tonnellate per spostare l’edificio, che pesa circa 2000 tonnellate. Prove di questo tipo, con la medesima tecnologia, sono già state effettuate dal Laboratorio del DiSGG su uno dei due edifici dotati di isolamento alla base della nuova sede di Macchia Romana dell’Università della Basilicata. In quell’occasione, date le dimensioni nettamente superiori e le masse in gioco, per un peso di circa 20000 tonnellate, fu possibile arrivare ad uno spostamento massimo di circa 2 cm. Prove analoghe, ma con modalità diverse, sono state effettuate solamente ad Ancona dall’ISMES su un edificio isolato della TELECOM, raggiungendo uno spostamento massimo di 10 cm. Per le prove sull’edificio di Rapolla era previsto il raggiungimento di uno spostamento di 150 mm, spostamento che rappresenta il pieno collaudo dell’edificio e del sistema di isolamento, corrispondendo a quello che imprimerebbe alla struttura un terremoto distruttivo. Nel corso della prova si è raggiunto uno spostamento orizzontale di quasi 15 cm (143 mm). Dopo lo sgancio, al termine di oscillazioni via via decrescenti e durate quasi 10 sec., l’edificio ha recuperato la sua posizione originaria, senza subire il minimo danno. Notevole è stata l’impressione destata sul pubblico presente, sia per chi, dall’esterno, ha potuto osservare l’edificio che oscillava rigidamente senza apparenti deformazioni, sia per chi, dall’interno, ha potuto provare la sensazione di un terremoto distruttivo nettamente "ammorbidito" dall’isolamento sismico. Quest’ultimo, infatti, trasforma gli spostamenti bruschi e disordinati del terreno in morbide oscillazioni "quasi da altalena". Alcune bottiglie, disposte a scopo dimostrativo sul pavimento e sui parapetti, sono rimaste al loro posto, senza cadere, a ulteriore riprova dell’efficacia dell’isolamento non solo nell’evitare i danni all’edificio, ma anche i danni agli oggetti al suo interno e ridurre sensibilmente il panico nelle persone. Tecnica della Dissipazione di Energia. Le tecniche di dissipazione dell'energia consistono nell'inserimento nella struttura di "controventi dissipativi", in cui sono inseriti a loro volta dei "dissipatori", capaci, sotto l'azione sismica, di assorbire grandi quantità di energia. In questo caso, a differenza di quanto accade con l'isolamento sismico, l'energia fornita dal sisma alla struttura resta immutata, ma viene in gran parte assorbita dai dissipatori, con conseguente significativa riduzione delle sollecitazioni e degli spostamenti richiesti alla struttura e dunque dell'entrata in campo plastico. Anche con questa tecnologia, grazie alla forte limitazione degli spostamenti interpiano, vengono fortemente limitati i danni alle parti non strutturali dell’edificio, oltre che ovviamente, alle strutture portanti. La dinamica dei terremoti L'effetto di un sisma sulla superficie terrestre è paragonabile a quel che succede se si lancia un sasso in uno specchio d'acqua: una serie concentrica di increspature che si dipartono dal punto in cui è caduto il sasso, proprio come si può osservare nell'immagine animata che compare nella prima pagina di questa sezione. Tutti i terremoti sono il risultato del complesso movimento geologico delle zolle attive presenti sul nostro pianeta. Si possono immaginare le zolle come un insieme disomogeneo di pezzi di ghiaccio che si muovono sulla superficie di un lago. Scontrandosi e sormontandosi, ma soprattutto a causa di accumulo di forze elastiche trattenute da attriti che si sciolgono rapidamente, le zolle provocano onde sismiche che si generano all'interno della crosta terrestre e navigano poi sulla superficie di questa allontanandosi rapidamente in ogni direzione dall'epicentro. L'epicentro è il punto superficiale terrestre dal quale si dipartono le onde sismiche. Queste viaggiano con modalità diverse a seconda del tipo di materiale geologico che attraversano e provocano una serie di eventi più o meno catastrofici. L'ipocentro, invece, è il punto in profondità dal quale proviene la quantità maggiore di energia emessa durante un sisma. Vediamo, ora, quali sono le possibili condizioni di genesi di un terremoto partendo da un esempio tipico. Siamo in presenza di una faglia trasforme, ovvero di due zolle su di una linea di contatto, spinte da due forze distinte e contrapposte. Naturalmente l'attrito tenderà a bloccare il loro movimento fino a quando l'accumulo di energia non sarà sufficiente a superare la resistenza dell'attrito. Superata la soglia dell'attrito, le due zolle si muoveranno rapidamente in direzioni opposte con movimenti paralleli alla linea di frattura, scatenando una serie di onde sismiche. La profondità dell'ipocentro, punto dal quale partiranno tutti i tipi di onde sismiche, dipende dal punto di maggiore attrito, ma in genere si tratta, in questo caso, al massimo di poche decine di chilometri. La grande energia che si è accumulata durante il blocco delle due zolle, tende quindi a liberarsi e a riportare le forze in condizione di quiete. Le tensioni cui sono sottoposte le zolle e il loro moto, possono essere paragonati a un cubo di pietra poggiato su una superficie ruvida e collegato ad un elastico. Mano a mano che l'elastico verrà teso, il blocco manterrà la sua posizione fino a quando non si sarà raggiunta una certa tensione, poi si muoverà rapidamente in avanti, quindi si bloccherà di nuovo finché l'elastico non avrà raggiunto nuovamente un ulteriore grado di tensione. Allo stesso modo, due zolle geologiche durante un terremoto, provocheranno vari tipi di onde con uno spettro di frequenze anche ampio, alcune di frequenza molto bassa, non udibili, ma chiaramente avvertibili con apparati opportuni, altre, anche chiaramente udibili da uomini e animali. Spesso, ma non sempre, un terremoto di una certa intensità, è preceduto da piccoli sommovimenti detti microscosse. La rilevazione delle microscosse può essere un valido sintomo di previsione entro periodi relativamente brevi. Purtroppo non sono a disposizione al momento attuale, conoscenze per fornire delle previsioni sufficientemente esatte e precise, né sulla potenza dell'evento, né sui tempi di accadimento dello stesso. Dall'ipocentro, quindi, le onde si propagano generando una serie di compressioni e dilatazioni della roccia. Allontanandosi dall'ipocentro (internamente al pianeta) o dall'epicentro (sulla superficie terrestre), le onde si muovono con modalità diverse raggiungendo o meno determinate zone del pianeta. Le principali manifestazioni sismiche sono di due tipi e si manifestano con terremoti di tipo sussultorio o ondulatorio. Il moto sussultorio si ha quando il terreno si muove rapidamente abbassandosi e rialzandosi, quindi con movimenti posti sull'asse verticale, il moto ondulatorio avviene quando il terreno si comporta come la superficie di un lago in cui vi si è gettato un sasso. Entrambi i moti, se le potenze in gioco sono molto elevate, sono estremamente distruttivi. Il movimento sussultorio può rapidamente sgretolare qualsiasi struttura non sufficientemente solida anche se di altezza minima, il moto ondulatorio, invece, provoca delle tensioni estreme in tutte le strutture elevate, generando un collasso strutturale, allorquando non siano state costruite con caratteristiche tali da sopportare questo tipo di sollecitazioni. La propagazione delle onde sismiche è varia in funzione del tipo di terreno che attraversano. In corrispondenza di terreno roccioso e compatto, le onde si propagano con perdite di energia minima, diversamente lungo terreni ghiaiosi o comunque composti da rocce frantumate, le onde perdono più o meno rapidamente energia e si esauriscono lungo percorsi più brevi. Questo spiega perché talvolta determinate zone più lontane dall'epicentro siano più danneggiate rispetto ad altre più vicine. I terremoti caratterizzati da ipocentri con profondità estreme, si parla anche di 700/800 km., quindi generalmente molto più profondi dello spessore medio della crosta terrestre, si formano quando una piastra è costretta a scendere al di sotto di una zolla. L'immersione verso il basso di uno strato consistente di crosta, sarà perciò sollecitato da diversi tipi di forze, non ultime quelle che cercheranno di frantumarla. Piccole o grandi fratture interne, provocheranno quindi terremoti più o meno intensi che raggiungeranno la superficie terrestre dopo un lungo percorso, perdendo in tal modo intensità ed energia. Generalmente si può affermare che un terremoto con ipocentro vicino sarà maggiormente distruttivo e limitato in estensione, diversamente un sisma caratterizzato da ipocentro molto profondo, sarà meno violento ma ampiamente esteso. Successivamente alla scossa principale, generalmente seguono delle altre scosse dette di assestamento, ovvero che liberano energie residue relativamente piccole. In qualche caso però queste energie residue possono risultare ancora di potenza sufficiente per provocare ulteriori fenomeni distruttivi. L'esperienza indica che esistono due principali tipi comportamentali dei terremoti. Il primo, quello più temibile, accade quando sono in gioco forze elastiche e attriti molto elevati. Il che provoca un accumulo di energie che si liberano violentemente quasi in un'unica soluzione, manifestando effetti particolarmente distruttivi e soprattutto di difficile previsione. Il secondo è caratterizzato da sommovimenti frequenti e prolungati nel tempo ma con intensità minore. Anche se i totali delle energie liberate possono, in certi casi, risultare analoghi, nel secondo caso i danni che si verificano sono in misura molto più limitata. La scala Mercalli e la scala Richter Fino a qualche decennio fa, i terremoti venivano classificati a seconda degli effetti visibili che provocavano nell'ambiente. La scala Mercalli, dallo scienziato italiano che le ha dato il nome, proponeva una scala da 1 a 12 gradi, all'interno della quale si poteva indicare il grado di potenza e di distruzione scatenato dal sommovimento tellurico. Essa, in sintesi, prevede i seguenti stadi: I Non percepito dalle persone II Percepito dalle persone in riposo nei piani alti degli edifici III Percepito nelle case. Oscillazione di oggetti appesi. Vibrazioni simili al passaggio di autocarri leggeri. Stime della durata della scossa. Talvolta non riconosciuto come terremoto IV Oscillazione di oggetti appesi. Vibrazioni simili al passaggio di autocarri pesanti. Scossa assimilabile a una pesante palla che percuote le pareti. Oscillazione di automezzi fermi. Movimento di porte e finestre. Tintinnio di vetri. Vibrazione di vasellami. Nello stadio superiore del IV scricchiolio di strutture in legno V Risentito all'esterno. Possibile stima della direzione di provenienza. Sveglia di persone dormienti. Movimento della superficie di liquidi e versamento dai recipienti. Spostamento o rovesciamento di oggetti instabili. Oscillazione di porte che si aprono o si chiudono. Movimento di imposte e quadri. Arresto, messa in moto, cambiamento del passo di orologi a pendolo VI Sentito da tutti. Spavento e fuga all'esterno degli edifici. Barcollare di persone in movimento. Rottura di vetrine, piatti, vetrerie. Caduta dagli scaffali di ninnoli, libri ecc. e di quadri dalle pareti. Spostamento o rotazione di mobili. Screpolature di intonaci deboli e di murature realizzate con materiali deboli. Suono di campanelli di chiese o di scuole. Stormire di alberi e cespugli VII Difficile stare in piedi. Risentito dai guidatori di automezzi. Tremolio di oggetti sospesi. Rottura di mobili. Danni alle murature deboli incluse fenditure. Rotture di comignoli deboli situati sul colmo dei tetti. Caduta di intonaci, pietre, tegole, cornicioni (anche di parapetti isolati e ornamenti architettonici). Qualche lesione a murature. Formazione di onde sugli specchi d'acqua; intorbidamento di acque. Piccoli smottamenti e scavernamenti in depositi di sabbia e ghiaia. Forte suono di campane. Danni ai canali d'irrigazione rivestiti VIII Risentito nella guida di automezzi. Danni a murature, crolli parziali. Alcuni danni a murature più robuste. Caduta di stucchi e di alcune pareti in muratura leggera. Rotazione e caduta di camini, monumenti, torri, serbatoi elevati. Costruzioni con strutture in legname smosse dalle fondazioni se non imbullonate; pannelli delle pareti lanciati fuori. Rottura di palizzate deteriorate. Rottura di rami di alberi. Variazioni di portata o di temperatura di sorgenti e pozzi. Crepacci nel terreno e sui pendii ripidi IX Panico generale, distruzione di murature deboli, gravi danni alle altre murature, talvolta con crollo completo; seri danni a murature robuste (danni generali alle fondazioni). Gravi danni ai serbatoi. Rottura di tubazioni sotterranee. Rilevanti crepacci nel terreno. Nelle aree alluvionali, espulsione di sabbie e fango, formazione di crateri di sabbia X Distruzione di gran parte delle murature e delle strutture in legname, con le loro fondazioni. Distruzione di alcune robuste strutture in legname e di ponti. Gravi danni a dighe, briglie, argini. Grandi frane. Disalveamento delle acque di canali, fiumi, laghi ecc. Traslazione orizzontale di sabbie e argille sulle spiagge e su regioni piane. Rotaie debolmente deviate XI Rotaie fortemente deviate. Tubazioni sotterranee completamente fuori servizio XII Distruzione pressoché totale. Spostamento di grandi masse rocciose. Linee di riferimento deformate. Oggetti lanciati in aria Circa trent'anni fa, la necessità di realizzare una scala più adeguata di quella di Mercalli relativamente alla potenza liberata dai terremoti, ha dato origine alla scala Richter, dal nome dello scienziato che l'ha ideata. La scala Richter prevede un confronto matematico tra i tracciati sismici rilevati in più stazioni nel mondo e una campione posta a 100 Km. dall'epicentro. Con questo sistema è stato possibile calcolare l'effettiva potenzialità liberata dai vari terremoti. La scala Richter ha definito: “magnitudo”, il logaritmo dell'ampiezza massima della scossa misurata. La scala Richter, a differenza di quella Mercalli parte dal valore di zero, che equivale alla liberazione di un'energia pari a 1012 erg. Fino a oggi non sono stati registrati terremoti con una magnitudo superiore di 8,6 pari a circa 1025 erg. Per avere un'idea dell'energia dei terremoti, basti pensare che un terremoto di magnitudo 6, libera una potenza pari a quella della bomba atomica esplosa su Hiroshima, valutata pari a 30 milioni di kilowattora. Sisma. Situazione italiana La genesi del nostro pianeta è in continuo divenire e praticamente nulla si trova sempre nello stesso posto: tutto è sempre in movimento, anche ciò che appare immobile. La crosta terrestre è paragonabile ad una nave alla deriva, dalla pangea originaria siamo pervenuti agli attuali cinque continenti e non c’è da dubitare che nelle ere a venire i mutamenti continueranno ad essere continui ed inarrestabili. Statisticamente, in Italia si verifica un sisma ogni otto anni con conseguenze da gravi a catastrofiche. Questo comporta la necessità di fronteggiare l'emergenza e la ricostruzione, ma anche di elaborare una strategia di difesa dai terremoti. Lo strumento di difesa adottato fino ad oggi in Italia e' incentrato sulla normativa sismica, che predispone i requisiti antisismici adeguati per le nuove costruzioni in determinate zone del Paese; l'altra possibile difesa può avvenire attraverso l'intervento sul patrimonio edilizio già esistente, operazione che deve essere articolata a valle di complesse valutazioni socioeconomiche, denominate analisi di rischio, in diffusione solo negli ultimi anni. Entrambi gli strumenti di protezione dagli effetti dei terremoti hanno un denominatore comune nella pericolosità sismica, ovvero nella stima dello scuotimento del suolo previsto in un certo sito durante un dato periodo di tempo a causa dei terremoti. Per quanto riguarda la normativa sismica italiana, le prime misure legislative vennero prese dal governo borbonico a seguito dei terremoti che colpirono la Calabria nel 1783 causando più di 30.000 morti; dopo il terremoto che distrusse Reggio Calabria e Messina il 28 dicembre 1908, causando, si stima, 80.000 vittime, fu promulgata la prima classificazione sismica italiana, intesa come l'elenco dei comuni sismici. La lista comprendeva i comuni della Sicilia e della Calabria gravemente colpiti dal terremoto ed alcuni altri comuni per i quali si tramandava il ricordo di danneggiamenti subiti nel passato; fu modificata in seguito dopo altri eventi sismici semplicemente aggiungendo i nuovi comuni danneggiati. Nel 1974 fu promulgata la nuova normativa sismica nazionale contenente i criteri di costruzione antisismica, e la classificazione sismica, la lista, cioè, dei comuni in cui devono essere applicate le norme costruttive; quest'ultima viene stabilita con decreto legislativo ed è pertanto aggiornabile qualora le nuove conoscenze in materia lo suggeriscano; fino al 1980 però vi sono stati inseriti semplicemente i comuni nuovamente colpiti da terremoti. Gli studi sismologici e geologici che seguirono i terremoti del 1976 in Friuli e del 1980 in Irpinia, svolti nell'ambito del Progetto Finalizzato Geodinamica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), portarono ad un sostanziale sviluppo delle conoscenze sulla sismicità del territorio nazionale e permisero la formulazione di una proposta di classificazione sismica basata, per la prima volta in Italia, su indagini di tipo probabilistico della sismicità italiana e che conteneva un embrione di stima del rischio sismico sul territorio nazionale. La proposta del CNR fu presentata al governo e tradotta in una serie di decreti da parte del Ministero dei Lavori Pubblici tra il 1980 ed il 1984. Da allora, la comunità scientifica ha compiuto altri significativi passi nella comprensione dei fenomeni sismici incentrati principalmente nella valutazione e sviluppo di tecniche per la riduzione delle conseguenze. Come in tutti i settori della ricerca, i risultati non sono esaustivi; consentono però un aggiornamento della classificazione sismica del territorio. Nell'ambito delle attività di ricerca del Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti (GNDT) del CNR, il progetto "Pericolosità Sismica del Territorio Nazionale" si è posto quale obiettivo ottenere una nuova stima della pericolosità sismica d'Italia, utilizzando metodologie statistiche internazionalmente convalidate, per fissare le conoscenze disponibili alla prima metà degli anni '90. Hanno concorso alla realizzazione di tale progetto le attività di tre Linee di Ricerca del GNDT, che possono semplicisticamente rappresentare gli "ingredienti" necessari per la stima della pericolosità. 1.La Linea "Sismicità" contribuisce al miglioramento delle conoscenze sismologiche ed alla valutazione della sismicità nazionale 2.la Linea "Sismotettonica" guida l'interpretazione del "dove e perché" avvengono i terremoti 3.la Linea "Pericolosità" esplora gli aspetti metodologici della pericolosità, ed è quindi coinvolta nelle fasi di calcolo vero e proprio stima della Senza l'apporto originale ed il sincretismo di queste ricerche non è possibile giungere a risultati culturalmente e scientificamente validi e nuovi. Le carte di pericolosità sismica Pur essendo i risultati di pericolosità essenzialmente dei prodotti per tecnici, destinati a venir successivamente ripresi in ambito legislativo, o integrati in indagini di rischio, la loro divulgazione permette una riflessione su un fenomeno molto importante per il nostro territorio. Nell'ambito del progetto GNDT per la nuova proposta di classificazione sismica del territorio nazionale è stato privilegiato un metodo probabilistico consolidato e preso a riferimento anche da numerosi progetti internazionali. Tale metodo - detto di Cornell, dal nome di colui che l'ha per primo proposto negli Stati Uniti degli anni Settanta - prevede: a.che vengono riconosciute nel territorio le zone o strutture responsabili della sismicità (zone o sorgenti sismogenetiche); b.che sia quantificato il loro grado di attività; c.che si calcoli l'effetto provocato da tali sorgenti con la distanza. Per questo si usa dire che gli elementi basilari per procedere al calcolo della pericolosità sismica col metodo di Cornell sono una zonazione sismogenetica dell'area studiata, un catalogo di terremoti, ed una o più relazioni di attenuazione del parametro sismologico scelto quale indicatore di pericolosità. Nell'ambito delle attività del GNDT, è stata elaborata una zonazione sismogenetica del territorio italiano e regioni limitrofe che considera 80 sorgenti, omogenee dal punto di vista strutturale e sismogenetico; è stato predisposto un catalogo finalizzato alla pericolosità per i terremoti avvenuti nell'intervallo temporale dall'anno 1000 al 1980 sul territorio nazionale e regioni limitrofe che consiste di oltre 3000 eventi principali (le repliche sono escluse); sono state validate, o sviluppate a partire dai dati osservati in occasione di diversi terremoti significativi, le relazioni di attenuazione dei due indicatori di pericolosità di interesse, ovvero l'accelerazione orizzontale di picco, e l'intensità macrosismica. I risultati di questa metodologia sono in genere riferiti ad un certo livello di probabilità in un dato periodo di tempo; le figure presentate illustrano il valore dell'indicatore di pericolosità che si prevede non venga superato nel 90% dei casi in 50 anni. I risultati possono anche essere interpretati come quel valore di scuotimento che nel 10% dei casi si prevede verrà superato in 50 anni, oppure la vibrazione che mediamente si verifica ogni 475 anni (cosiddetto periodo di ritorno). Si tratta di una scelta convenzionale utilizzata nel mondo ed in particolare in campo europeo e' il valore di riferimento per l'Eurocodice sismico. Non corrisponde pertanto né al massimo valore possibile per la regione, né al massimo valore osservato storicamente, ma è un ragionevole compromesso legato alla presunta vita media delle strutture abitative. I due indicatori di pericolosità qui utilizzati rappresentano due aspetti diversi dello stesso fenomeno. L'accelerazione orizzontale di picco illustra l'aspetto più propriamente fisico: si tratta di una grandezza di interesse ingegneristico che viene utilizzata nella progettazione in quanto definisce le caratteristiche costruttive richieste agli edifici in zona sismica. L'intensità' macrosismica rappresenta le conseguenze socio-economiche; descrivendo infatti il grado di danneggiamento causato dai terremoti, una carta di pericolosità in intensità macrosismica si avvicina, con le dovute cautele derivate da diverse approssimazioni insite nel parametro intensità, al concetto di rischio sismico. Per questo motivo le informazioni che si possono dedurre dalle due carte possono essere diverse; va ricordato che in entrambi i casi, i risultati forniti non contemplano le situazioni di anomalia particolare, legati a possibili amplificazioni locali dello scuotimento per caratteristiche geo-morfologiche sfavorevoli oppure a situazioni di alta vulnerabilità degli edifici. Globalmente comunque i due prodotti hanno caratteristiche simili. Nel dettaglio, i valori massimi di pericolosità (superiori a 0,36 g, dove con g si indica l'accelerazione di gravità) sono raggiunti in Friuli, in alcune zone dell'Appennino Centrale e Meridionale, lungo l'arco Calabro fino allo stretto di Messina. Piccole porzioni della penisola (le zone pianeggianti del Piemonte e Lombardia, l'Alto Adige, il Tavoliere delle Puglie) e la Sardegna risultano caratterizzate da valori di scuotimento atteso molto bassi (inferiori a 0,08 g). E' da segnalare che l'attenuazione dell'accelerazione di picco selezionata e' riferita ad un terreno medio ed e' stata tarata su un vasto parco di dati europei per garantire robustezza ai risultati. La dinamica della carta d'intensità macrosismica individua ancora un'area di elevata pericolosità sismica in Friuli (valori corrispondenti al IX grado della scala Mercalli-CancaniSieberg, MCS) mentre un lungo massimo interessa questa volta tutta la parte assiale della penisola, dall'Appennino umbro-marchigiano fino a quello lucano, per poi proseguire lungo l'arco Calabro fino a Messina; in due fasce costiere calabre vengono raggiunti i valori massimi di pericolosità, corrispondenti agli effetti del X grado MCS. Va segnalato che la convenzione utilizzata per la rappresentazione grafica associa i gradi intermedi, solitamente usati per indicare l'incerta attribuzione tra due classi di intensità, alla classe superiore; così, ad esempio, per la maggior parte della Pianura Padana, si prevede che possano verificarsi mediamente ogni cinque secoli effetti del V-VI o VI grado MCS, corrispondenti alla soglia dei primi danneggiamenti. La Sardegna resta sensibilmente meno pericolosa del resto d'Italia.