2.1 Termodinamica 2.1.1 Sistemi termodinamici Un sistema termodinamico è una porzione del mondo fisico costituita da un numero molto elevato di particelle, separata dall’ambiente che lo circonda mediante un opportuno contorno. Per descriverlo adeguatamente è necessario specificare le condizioni che sussistono in corrispondenza di tale contorno e che individuano i vincoli cui è soggetto il sistema, in particolare per quanto riguarda gli scambi di materia ed energia con l’ambiente stesso. Di solito questi vincoli vengono rappresentati schematicamente come pareti, reali o immaginarie. Una parete viene chiamata rigida se impedisce che il sistema subisca variazioni di volume, mentre nel caso contrario viene detta mobile. Una parete che impedisce lo scambio di energia termica viene detta adiabatica, mentre viene detta permeabile se consente lo scambio di uno o più componenti con l’ambiente. Un sistema è detto isolato se è circondato da pareti rigide, adiabatiche e impermeabili per cui non può avvenire alcuno scambio di materia ed energia con l’esterno; chiuso se può scambiare solo energia; infine aperto se può scambiare sia energia sia materia. Le condizioni in cui si trova un sistema termodinamico a un determinato istante definiscono il suo stato, mediante una serie di variabili distinte in estensive e intensive. Le prime godono della proprietà additiva: tra queste il volume, la massa e il numero di moli delle diverse specie chimiche presenti. Le seconde, invece, non godono della proprietà additiva e il loro valore può essere diverso in ciascun punto del sistema: tra queste variabili, la pressione, la densità e la concentrazione delle diverse specie. Un sistema si trova in uno stato di equilibrio quando non è soggetto a trasformazioni quali il trasporto di calore, le variazioni di volume, il trasporto di materia e le reazioni chimiche. L’individuazione delle condizioni di equilibrio, noti i vincoli a cui il sistema è soggetto, è uno degli obiettivi primari della termodinamica. Viceversa, se il sistema che non si trova in equilibrio è soggetto a una trasformazione in cui ha luogo una variazione continua nel tempo delle variabili che ne caratterizzano lo stato, tale trasformazione procede fino al raggiungimento dei valori che competono allo stato di equilibrio finale. Un sistema è omogeneo se contiene un’unica fase, costituita da una o più specie chimiche, che si trovano in un particolare stato di aggregazione (solido, liquido o gassoso). Se, VOLUME V / STRUMENTI invece, sono presenti più fasi esso è detto eterogeneo, come nel caso delle miscele liquido-vapore, o di quelle formate da più liquidi non miscibili. L’attraversamento della superficie di separazione tra due fasi diverse implica una variazione discontinua di alcune proprietà intensive, quali la densità e le concentrazioni. Sinora sono state considerate le caratteristiche globali di un sistema, connesse con le proprietà su grande scala che ne forniscono una descrizione macroscopica, per cui le variabili menzionate vengono definite coordinate macroscopiche. A questa descrizione si contrappone quella microscopica, che fa riferimento agli atomi e alle molecole che compongono il sistema, specificando le loro masse, posizioni, velocità e interazioni. Poiché il loro numero è molto elevato, per descriverne il comportamento si devono utilizzare procedure statistiche in base alle quali ogni rappresentazione e ogni misura macroscopica vengono ricondotte al comportamento collettivo delle molecole presenti nel sistema attraverso le interazioni di questo con l’ambiente circostante. In pratica, dunque, la descrizione macroscopica permette di ridurre drasticamente l’elevatissimo numero di parametri che sarebbero necessari per rappresentare in maniera dettagliata il moto delle singole particelle. 2.1.2 Trasformazioni termodinamiche: lavoro e calore Il primo problema che deve essere affrontato in termodinamica riguarda i trasferimenti di energia tra un sistema e l’ambiente che lo circonda, che avvengono mediante trasformazioni o processi nei quali il sistema in esame subisce una variazione del suo stato. In questo caso, in effetti, può avere luogo un trasferimento di energia che fa variare alcune proprietà macroscopiche del sistema, come, tipicamente, il volume o la superficie. In questo caso il flusso di energia viene chiamato lavoro (di particolare importanza risulta quello associato alle variazioni di volume). Consideriamo, per esempio, un gas racchiuso in un cilindro fornito di un pistone mobile su cui agiscono sia il sistema sia l’ambiente circostante. Se A è la sezione del cilindro e P la pressione che il sistema esercita su di esso, agisce dunque la forza PA. D’altra parte, anche l’ambiente esterno esercita sul pistone una forza contraria, di cui non ha importanza stabilire l’origine (ma che può essere, per esempio, 27 EQUILIBRI FISICI E CHIMICI l’attrito o un’azione combinata dell’attrito e di una molla). L’unica condizione richiesta è che essa differisca molto poco dalla forza PA. In queste condizioni, se il pistone compie uno spostamento infinitesimo dx, il sistema compie un lavoro chiamato meccanico: [1] al sistema in esame, ve ne siano altri, nonché dalla natura delle pareti che lo separano da quelli adiacenti. Se la parete che separa due sistemi A e B è adiabatica (fig. 1 A) lo stato Y, X del sistema A e lo stato Y⬘, X⬘ del sistema B possono coesistere come stati di equilibrio per qualunque valore possibile delle quattro variabili menzionate. Se, invece, i due sistemi sono separati da una parete che trasmette il calore (fig. 1 B) i valori di Y, X, Y⬘, X⬘ cambieranno spontaneamente finché non venga raggiunto uno stato in corrispondenza del quale il flusso termico cessa. Si dice, allora, che i due sistemi sono in equilibrio termico tra loro. Si considerino, quindi, due sistemi A e B separati da una parete adiabatica, ciascuno dei quali sia in contatto, tramite una parete conduttrice, con un terzo sistema C. L’insieme sia contenuto in un recipiente a pareti adiabatiche come mostrato nella fig. 2 A. Sperimentalmente si osserva che i due sistemi raggiungono l’equilibrio termico col terzo, e che successivamente non ha luogo nessun cambiamento, se la parete adiabatica che separa A e B viene sostituita da una parete conduttrice (fig. 2 B). Se, invece di lasciare raggiungere ad A e B contemporaneamente l’equilibrio con C, avessimo portato prima A in equilibrio con C, poi separatamente B in equilibrio con C, mettendo A e B in comunicazione mediante una parete conduttrice li avremmo trovati in equilibrio termico. Questi risultati sperimentali possono essere riassunti come segue: due sistemi in equilibrio termico con un terzo sono in equilibrio tra loro. Questo postulato è noto anche come principio zeresimo della termodinamica e permette di definire la temperatura quale parametro il cui valore numerico determina se un sistema si trova in equilibrio termico con un altro. La misura della temperatura è ovviamente del tutto arbitraria e può essere ricondotta al valore di una qualunque proprietà del sistema, quale il volume, la resistenza elettrica e così via. Si consideri nuovamente un gas contenuto da un cilindro fornito di pistone che è in grado di muoversi senza attrito e in modo sufficientemente lento da rendere trascurabili gli effetti dovuti alla viscosità. In questa situazione ideale il lavoro compiuto dal gas risulta uguale all’energia meccanica che l’ambiente circostante riceve, per cui questa potrebbe essere utilizzata per riportare il sistema e l’ambiente ai loro stati originari. Una trasformazione di questo tipo viene chiamata reversibile e si assume che avvenga attraverso una successione di stati nei quali le variabili intensive del sistema differiscono di un infinitesimo da quelle dell’ambiente. Se, viceversa, è presente attrito, interno al gas o tra il pistone e il cilindro, una parte del lavoro eseguito dal gas durante la sua espansione verrà convertita in energia termica, per cui non risulta possibile riportare il sistema pistone-cilindro allo stato iniziale senza che l’ambiente fornisca al gas, durante la compressione, una quantità di lavoro maggiore di quello ricevuto durante l’espansione. Nel contempo, il gas dovrebbe trasferire una quantità equivalente 2dW ⫽⫺PAdx ⫽⫺PdV Il segno meno è stato introdotto perché il lavoro risulti positivo se effettuato dall’ambiente sul sistema, per cui dV⬍0. Il dW non simbolo 2 d indica un differenziale non esatto, in quanto 2 è esprimibile come il differenziale di una funzione delle variabili macroscopiche del sistema (differenziale esatto), cioè il suo valore dipende dal cammino che viene seguito durante la trasformazione. L’equazione [1] esprime in forma differenziale il lavoro meccanico associato a variazioni di volume del sistema. Oltre a quello meccanico, esistono altre forme di lavoro, ma in generale la corrispondente energia scambiata può essere espressa come il prodotto di una variabile intensiva Yi per il differenziale di una variabile estensiva xi . In forma generale si scrive: [2] 2dW ⫽Y dx i i i Per esempio, il lavoro compiuto variando di dL la lunghezza di un filo a cui è applicata una tensione t vale: [3] 2dW ⫽⫺tdL dove il segno meno è giustificato dal fatto che a un valore positivo di dL corrisponde un allungamento del filo. Un altro esempio è costituito dal lavoro speso per variare la magnetizzazione di un solido magnetico, espresso da: [4] 2dW ⫽⫺BdM dove B rappresenta il modulo del campo magnetico e M la magnetizzazione del materiale. In realtà il trasferimento di energia tra sistema e ambiente può aver luogo anche senza che vengano alterate le variabili estensive del sistema. In questo caso il flusso energetico viene chiamato calore e il trasferimento di energia avviene a livello atomico o molecolare, essendo correlato con i moti delle particelle che costituiscono il sistema. Un’altra variabile importante, oltre a quelle citate, al fine di caratterizzare lo stato di un sistema termodinamico è la temperatura, per definire la quale è necessario anticipare il concetto di equilibrio, che verrà approfondito successivamente trattando del secondo principio della termodinamica. Nello stato di equilibrio di un sistema, una coppia generica di variabili indipendenti Y e X assume determinati valori, che si mantengono inalterati finché non variano le condizioni esterne. L’esistenza di uno stato di equilibrio dipende dal fatto che, vicino fig. 1. Sistemi termodinamici sistema A: sono possibili tutti i valori di Y e X separati da: A, una parete adiabatica; B, una parete conduttrice di calore. parete adiabatica sistema B: sono possibili tutti i valori di Y⬘ e X⬘ A 28 sistema A: sono possibili solo alcuni valori di Y e X sistema B: sono possibili solo alcuni valori di Y⬘ e X⬘ parete conduttrice B ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI TERMODINAMICA fig. 2. Schema impiegato per dimostrare che due sistemi in equilibrio termico con un terzo sono in equilibrio termico fra di loro. sistema C sistema C sistema A sistema B A e B sono in equilibrio termico tra loro A B 2.1.3 Primo principio della termodinamica La somma delle energie cinetiche e di interazione delle diverse particelle di un sistema è detta energia interna e di solito viene indicata con U. L’energia interna è una grandezza estensiva che non può essere determinata in modo assoluto, ma deve essere riferita a un opportuno stato di riferimento. È possibile valutare le sue variazioni per un dato sistema sottoponendolo a una trasformazione che avvenga senza scambio di calore con l’ambiente circostante. Un sistema, rinchiuso in un contenitore adiabatico, può essere accoppiato all’esterno in modo tale che possa compiere lavoro. In una trasformazione adiabatica la variazione di energia interna subita dal sistema si identifica con il lavoro W eseguito su di esso, per cui: DU ⫽W dove DU indica la variazione di energia del sistema. Pertanto l’eguaglianza tra lavoro adiabatico e variazione dell’energia VOLUME V / STRUMENTI sistema B A e B sono separatamente in equilibrio termico con C di calore all’ambiente per poter tornare allo stato energetico originale. Pertanto, l’effetto complessivo del ciclo espansionecompressione in presenza di attrito è un trasferimento di energia meccanica al gas e un corrispettivo trasferimento di una quantità equivalente di energia termica verso l’ambiente. Un processo che non soddisfi le precedenti condizioni è detto irreversibile. Alcuni esempi tipici di trasformazioni irreversibili sono l’espansione di un gas nel vuoto e il trasporto di calore da una sorgente calda a una fredda. In realtà tutti i processi che hanno luogo in natura sono irreversibili e comportano la presenza di differenze finite di alcune variabili intensive quali la temperatura e la pressione che condizionano la loro velocità. Tuttavia, il concetto di reversibilità è utile per l’analisi di alcuni aspetti dei processi termodinamici, perché rende agevole la loro descrizione anche se essa risulta impoverita poiché non si tiene conto del tempo in cui i processi stessi hanno luogo. Spesso, quindi, risulta opportuno simulare i processi reali come se avvenissero in modo reversibile. Affinché questa approssimazione sia legittima è necessario che il tempo medio in cui il sistema raggiunge spontaneamente le condizioni di equilibrio, detto tempo di rilassamento, sia significativamente più piccolo rispetto al tempo effettivo in cui ha luogo la trasformazione. [5] sistema A esprime il principio di conservazione dell’energia. In realtà, gran parte delle trasformazioni reali non è adiabatica, per cui può avere luogo un trasferimento di energia senza l’esecuzione di un lavoro. L’energia può essere scambiata grazie alla presenza di una differenza di temperatura tra il sistema e l’ambiente circostante e viene chiamata, come già detto, calore. Il bilancio energetico, quindi, porta alla relazione: [6] Q ⫽DU ⫺W dove Q è l’energia termica scambiata. Per una trasformazione infinitesima si scrive: [7] 2d Q ⫽dU ⫺d2W che, ricordando le equazioni [1] e [2], diviene: [8] 2d Q ⫽dU ⫹PdV ⫺Y dx k k k dove il pedice k denota le varie forme di lavoro, escluso quello meccanico. Molto spesso nelle applicazioni della termodinamica si ha a che fare con sistemi che subiscono trasformazioni che coinvolgono scambi di materia con l’ambiente circostante. È possibile generalizzare il primo principio della termodinamica in modo tale da essere in grado di descrivere anche sistemi aperti, tenendo conto altresì del contributo energetico associato ai flussi di materia in ingresso e in uscita dal sistema. La trattazione che segue è limitata, per semplicità, alle situazioni stazionarie, in cui i valori delle variabili intensive che generano i flussi di materia e di energia, quali la pressione e la temperatura, pur variando da punto a punto, rimangono costanti nel tempo, ed è riferita al sistema schematizzato nella fig. 3, attraversato con continuità da un fluido che entra in una sezione 1 e l’abbandona in corrispondenza di una sezione 2. Il sistema scambia lavoro e calore con l’ambiente circostante, per cui in riferimento a una massa unitaria si deriva la seguente espressione di bilancio energetico: [9] DH̃⫹DF̃ ⫹DK̃ ⫽W̃s ⫹Q̃ dove H⫽U⫹PV è una nuova funzione di stato, detta entalpia, data dalla somma della energia interna e del prodotto della pressione e del volume; F̃⫽gz è l’energia potenziale per unità di massa relativa al piano di riferimento, mentre l’energia cinetica per unità di massa è espressa da K̃⫽1/2ũ2, essendo ũ la velocità media in corrispondenza della sezione in considerazione; 29 EQUILIBRI FISICI E CHIMICI 2 z pressione costante prende il nome di capacità termica a pressione costante e si indica col simbolo C̃P, cioè: [14] [15] Q̃ ˜s W fig. 3. Rappresentazione schematica di un sistema fluente che scambia lavoro e calore con l’ambiente. infine W̃s e Q̃ sono rispettivamente il lavoro e il calore scambiato per massa unitaria di fluido fluente. Nel caso di un sistema che, pur non essendo attraversato da una corrente fluida, sia in grado di scambiare energia e materia con l’ambiente in condizioni stazionarie, in assenza dei termini di energia cinetica e di energia potenziale, il bilancio energetico può essere scritto come segue: DU ⫽Q ⫹W ⫹(flusso di energia associato allo scambio di materia) Viene indicato ora con ni il numero di moli del componente i scambiato tra sistema e ambiente; ovviamente esso può essere positivo o negativo a seconda del senso in cui avviene lo scambio. In forma differenziale la relazione precedente può essere scritta nel modo seguente: [11] 2 Q ⫹d2 W ⫹ H̄ dn dU ⫽d i i i dove [12] P che dipende da P e T. Nel passaggio dal secondo al terzo membro si è tenuto conto che, a pressione costante, la quantità di calore assorbita eguaglia la variazione di entalpia. Analogamente si definisce la capacità termica a volume costante C̃V : 1 [10] 24d Q̃ ⭸H̃ C̃P ⫽ 12 ⫽ 12 dT P ⭸T ⭸H H̄i ⫽ 12 ⭸ni T,P, j⬆i L’ultimo termine al secondo membro della [11] rappresenta l’apporto energetico al sistema associato allo scambio di materia con l’ambiente. La grandezza H̄i , definita dalla [12], è l’entalpia parziale molare del componente i e il suo ruolo nella termodinamica dei sistemi a più componenti verrà approfondito in seguito. Esistono particolari miscele, dette miscele ideali, per le quali i valori delle H̄i si identificano con i valori delle entalpie dei diversi componenti riferiti a una mole. 24d Q̃ ⭸Ũ C̃V ⫽ 12 ⫽ 12 dT V ⭸T V che dipende da V e T. Nel passaggio dal secondo al terzo membro si è tenuto conto che a volume costante la quantità di calore assorbita eguaglia la variazione di energia interna. In letteratura sono disponibili ampie documentazioni di valori sperimentali delle capacità termiche di diverse sostanze nei loro differenti stati di aggregazione e alle varie temperature, ottenuti attraverso misure calorimetriche accurate. Dal punto di vista teorico, il calcolo delle capacità termiche può essere perseguito applicando la termodinamica statistica e fruendo dei dati sperimentali sulle caratteristiche geometriche e dinamiche delle molecole. Per i gas e per i solidi i risultati così ottenuti sono molto accurati; per un approfondimento sulla loro analisi, v. cap. 2.4. Nelle applicazioni è utile disporre di relazioni matematiche relativamente semplici che descrivono la dipendenza della capacità termica dalla temperatura, per esempio attraverso relazioni polinomiali del tipo: [16] C̃P ⫽a ⫹bT ⫹cT 2 ⫹… dove i parametri a, b e c,…, vengono valutati in modo da rappresentare il più accuratamente possibile l’andamento dei valori sperimentali della capacità termica. Si osservi che se i valori delle capacità termiche sono riferiti alla pressione di 1 bar, essi si indicano con C̃P0. Dalla conoscenza della capacità termica è possibile valutare la dipendenza dell’entalpia dalla temperatura, mediante una semplice integrazione della [14]: [17] T H̃(T)⫽H̃r ⫹ C̃P (T)dT Tr dove H̃r è il valore molare dell’entalpia in uno stato di riferimento corrispondente a una temperatura Tr . Inoltre risulta possibile calcolare la dipendenza della temperatura dal calore scambiato durante una trasformazione: [18] T Q̃P ⫽DH̃⫽DH̃r ⫹ DC̃P dT Tr 2.1.4 Capacità termiche Se un sistema omogeneo assorbe calore, la sua temperatura può variare e il rapporto fra il calore assorbito da un’unità di massa e la corrispondente variazione di temperatura viene chiamato calore specifico medio. Se si considera una variazione infinitesima di temperatura e ci si riferisce a una mole, si ottiene la capacità termica molare: C 1 24 dQ [13] C̃ ⫽ 1 ⫽ 23 12 n n dT Essa è solitamente positiva ma può divergere se la trasformazione viene condotta in prossimità di una transizione di fase o di un punto critico. Se la trasformazione viene condotta a 30 dove DC̃P esprime la differenza tra le capacità termiche del sistema nei due stati finale e iniziale della trasformazione. In particolare, se il processo in esame implica una trasformazione di fase, QP si identifica con il calore latente della trasformazione. 2.1.5 Sistemi soggetti a reazioni chimiche Se un sistema è soggetto a una trasformazione chimica viene liberato o assorbito calore, poiché il contenuto energetico associato con i prodotti è solitamente diverso da quello associato con i reagenti, in conseguenza dei diversi legami presenti nelle ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI TERMODINAMICA molecole in gioco. Convenzionalmente si assegna un valore nullo all’energia di una molecola i cui atomi si trovino a distanza reciproca infinita e a riposo. Per esempio, se in una molecola biatomica, come H2 o Cl2, si avvicinano gli atomi a partire da una distanza infinita, la molecola assume una energia potenziale negativa, dovuta alle forze di interazione tra gli atomi stessi. Tale energia varia con la distanza interatomica r, secondo una funzione che ha la tipica forma mostrata nella fig. 4. Il minimo si manifesta a una distanza re , detta distanza di equilibrio interatomico, in corrispondenza della quale la molecola si trova nella sua configurazione stabile. La profondità della buca di potenziale De rappresenta (a meno dell’energia di punto zero) l’energia di legame. Si supponga che una reazione chimica abbia luogo in un’apparecchiatura aperta, che operi in condizioni stazionarie, orizzontale (zin⫽zout), e che non produca né assorba alcun lavoro meccanico (W̃s ⫽0). Ignorando le variazioni in energia cinetica, l’equazione [9] si riduce a: [19] H̃out ⫺H̃in ⫽Q̃ ovvero [20] HP ⫺HR ⫽DH ⫽Q dove HP è l’entalpia dei prodotti, HR l’entalpia dei reagenti e DH la variazione di entalpia legata alla reazione. Affinché le quantità di calore sviluppate in una reazione risultino definite, occorre indicare chiaramente le condizioni in cui avviene la trasformazione stessa. In particolare è necessario precisare lo stato fisico delle diverse specie chimiche; si indicano con i deponenti (g), (l) e (s) rispettivamente gli stati gassoso, liquido e solido. Inoltre, se una stessa specie chimica allo stato solido può presentare diverse disposizioni strutturali (allotropia), bisogna specificare in quale di queste essa partecipa alla reazione. Per esempio, la reazione tra carbonio solido e ossigeno per dare biossido di carbonio può avere luogo in due modi, a seconda che il carbonio sia sotto forma di grafite o di diamante, cioè in due stati allotropici distinti: C(grafite)⫹O2(g)⫺ CO2(g) 䉴 C(diamante)⫹O2(g)⫺ CO2(g) 䉴 DH ⫽⫺93,96 kcal/mol CO2 DH ⫽⫺93,46 kcal/mol CO2 reazioni chimiche è necessario indicare esplicitamente sia lo stato fisico sia quello allotropico delle diverse specie presenti. Il calore scambiato in una reazione dipende dalla temperatura e dalla pressione a cui essa avviene. È opportuno quindi stabilire, come riferimento comune, uno stato corrispondente a valori fissati della temperatura e della pressione, detto stato standard, che solitamente è quello corrispondente alla temperatura di 298 K e alla pressione di 1 atm (le variazioni di entalpia che avvengono in questo stato vengono indicate con DH°). Una reazione in cui una mole di un unico composto viene formata dai suoi elementi costitutivi viene detta reazione di formazione. Per esempio, la 1 C(s) ⫹2H2(g) ⫹ 23 O2(g)⫺ CH3OH(g) 2 䉴 è la reazione di formazione del metanolo. La variazione di entalpia associata con una reazione di formazione (DH̃ f), quando reagenti e prodotti si trovano nel loro stato standard, viene detta entalpia standard di formazione (all’entalpia standard di formazione di un elemento viene attribuito, convenzionalmente, un valore nullo). Inoltre, si definisce calore di combustione DH̃c la quantità di calore sviluppata nella combustione di una sostanza. Se si considera una generica reazione del tipo: aA⫹bB⫹…⫺ mM⫹nN⫹… 䉴 è possibile risalire alla corrispondente variazione di entalpia dai valori dei calori di formazione delle diverse specie in essa presenti mediante la relazione: [21] DH° r ⫽ni(prodotti)DH̃fi(prodotti)⫺ni(reagenti)DH̃fi(reagenti) i i dove ni indica un generico coefficiente stechiometrico. La variazione di entalpia, quindi, non dipende dal percorso seguito dalle specie nella reazione, ma solo dagli stati iniziale e finale di questa. Pertanto, per calcolare la variazione di entalpia standard per una certa reazione, è possibile sostituire la reazione chimica che ha effettivamente luogo con un insieme di reazioni, purché la loro somma dia la reazione desiderata. nei quali, come si constata, le variazioni di entalpia sono leggermente diverse. Pertanto nello studio termodinamico delle 2.1.6 Proprietà termodinamiche, funzioni ed equazioni di stato e(r) re 0 r De e0 fig. 4. Andamento del potenziale intramolecolare e(r) di una molecola biatomica. VOLUME V / STRUMENTI Come appena visto, l’analisi termodinamica dei processi studia la variazione di energia interna di un sistema quando scambia energia, sotto forma di lavoro o di calore, con l’ambiente che lo circonda. A tale scopo è opportuno conoscere il comportamento di alcune proprietà del sistema e le relazioni che le legano reciprocamente, che possono essere classificate in due gruppi: proprietà direttamente misurabili, alle quali appartengono, per esempio, la pressione P, il volume specifico V e la temperatura T; proprietà di cui si possono misurare solo variazioni, alle quali appartengono l’energia interna U, l’entalpia H e altre (v. oltre). Tali proprietà sono indipendenti dal percorso seguito dal sistema per raggiungere un determinato stato e le loro variazioni dipendono solo dagli stati iniziali e finali del sistema, pertanto vengono dette funzioni di stato. In un processo ciclico, nel quale stato iniziale e finale coincidono, la variazione di una funzione di stato è ovviamente nulla. Inoltre, una variazione infinitesima di una funzione di stato è 31 EQUILIBRI FISICI E CHIMICI descritta da un differenziale esatto, contrariamente a quanto avviene per il lavoro e per il calore. I valori delle funzioni di stato possono essere valutati, a meno di una costante additiva, mediante opportune relazioni fra grandezze misurabili, in particolare la pressione, il volume e la temperatura. Per ogni sostanza comprimibile omogenea soltanto due di esse possono essere variate in maniera indipendente, per cui esiste una relazione, nota come relazione P-V-T, come per es. l’equazione di stato dei gas ideali: [22] ⭸H ⭸U ⭸(PV) ⫽ 12 ⫹ 112 ⫽0 12 ⭸P ⭸P ⭸P T T T La [22] può essere ricavata dalla teoria cinetica dei gas se si considerano le molecole dotate di un volume trascurabile e si ritiene che ci si trovi in assenza di interazioni fra di esse (che è appunto la condizione di idealità di un gas). In generale, queste ipotesi non sono soddisfatte, per cui per descrivere il comportamento P-V-T dei gas reali sono stati proposti molti modelli matematici, o equazioni di stato, diversi dalla [22]. Dal punto di vista sperimentale il comportamento dei gas reali può essere messo in luce mediante un esperimento eseguito per la prima volta da James Prescott Joule e William Thomson (Lord Kelvin) nel 1853, mediante l’apparecchiatura illustrata nella fig. 6, in cui un gas viene fatto fluire attraverso A B V fig. 5. Schema del dispositivo impiegato per illustrare l’esperienza di Joule. 32 setto poroso 1 T2 2 PṼ ⫽RT dove R⫽8,314 J/mol K è la costante universale dei gas, che è in grado di descrivere il comportamento dei gas a pressioni non molto elevate, inferiori alle due atmosfere, e a temperature relativamente elevate rispetto a quella di condensazione. Altre importanti relazioni che caratterizzano il comportamento termodinamico dei gas ideali si possono ricavare dall’esperimento di Joule, in cui un gas viene fatto espandere in un recipiente rigido e termicamente isolato, quindi senza che compia lavoro esterno o assorba calore, per esempio aprendo la valvola V nel dispositivo schematizzato nella fig. 5, in cui il pallone B è pieno di gas mentre nel pallone A c’è il vuoto. Si osserva che il gas non subisce variazioni di temperatura e che, d’altra parte, nelle condizioni in cui viene condotto l’esperimento l’energia interna del gas rimane costante, poiché Q⫽0 e W⫽0. Pertanto, essa non dipende dal volume e poiché, in base alla [22], a temperatura costante la pressione varia in modo inversamente proporzionale al volume, essa non dipende nemmeno dalla pressione, quindi è funzione della sola temperatura. Inoltre, derivando l’entalpia H rispetto alla pressione a temperatura costante, ricordando il risultato dell’esperienza di Joule e che a temperatura costante il prodotto PV è a sua volta costante, si ottiene: [23] T1 P1 P2 fig. 6. Schema dell’apparecchiatura impiegata per condurre l’espansione isoentalpica di un gas. un condotto tubolare termicamente isolato. Il condotto è diviso in due parti da un setto poroso o da una valvola di laminazione, che permettono di mantenere una differenza costante di pressione fra le regioni 1 e 2 dell’apparecchiatura. Nel corso dell’esperimento si fissano arbitrariamente pressione e temperatura della regione 1, P1 e T1, si fa in modo che la pressione dall’altra parte del setto assuma un qualunque valore P2 inferiore a P1 e si misura la temperatura T2 del gas. Successivamente si cambia ripetutamente il valore di P2 e si misurano i nuovi valori di T2; P2 è la variabile indipendente dell’esperimento e T2 quella dipendente. Se si applica all’esperienza l’equazione [9] di bilancio energetico, tenendo conto che in essa W e Q sono nulli, si ricava che H2⫽H1, e quindi il processo realizzato nell’esperimento è isoentalpico. I risultati delle misure forniscono un certo numero di punti su un diagramma T-P, uno dei quali è P1T1, mentre gli altri sono i vari P2T2. Essi rappresentano stati in cui il gas ha la medesima entalpia, per cui unendoli si ottiene una curva detta isoentalpica. Se si cambia la temperatura T1 della regione a pressione maggiore, ma si mantiene la stessa P1, e si varia la P2 misurando le T2 corrispondenti, si ottiene un’altra curva isoentalpica. A titolo illustrativo nella fig. 7 viene riportata la serie di tali curve per un gas reale. Il valore della pendenza di una curva isoentalpica in un certo punto del diagramma P-T prende il nome di coefficiente di Joule-Thomson e si indica con mJT ⫽(⭸T⭸P)H . Il luogo dei punti in cui mJT è nullo, cioè il luogo dei massimi delle curve isoentalpiche, viene detto curva di inversione, rappresentata nella fig. 7 dalla curva di colore rosso. La zona interna alla curva di inversione in cui mJT è positivo si chiama zona di raffreddamento, mentre quella in cui mJT è negativo, zona di riscaldamento. Anche se la sua applicabilità risulta limitata, il gas ideale costituisce un eccellente modello per approfondire molti aspetti concernenti le trasformazioni termodinamiche. Pertanto è importante ricavare alcune relazioni che risulteranno utili negli sviluppi successivi. Poiché U dipende solo dalla temperatura, in base al primo principio della termodinamica si può scrivere: [24] 2d Q ⫽dU ⫹PdV ⫽C dT ⫹PdV⫽(C ⫹nR)dT ⫺VdP V V dove nel passaggio all’ultimo membro si è tenuto conto della [22]. Dividendo entrambi i membri per dT si ottiene: [25] 2d Q dP 12 ⫽CV ⫹nR ⫺V 12 dT dT ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI TERMODINAMICA H ⫽ costante 400 temperatura (°C) 300 mJT ⬎ 0 200 100 mJT ⬍ 0 0 ⫺100 ⫺200 curva di inversione 0 200 400 600 pressione (bar) fig. 7. Tipico andamento delle curve che legano la temperatura alla pressione in una espansione isoentalpica. A pressione costante il primo membro si identifica con Cp, cioè con la capacità termica a pressione costante, per cui: [26] CP ⫽CV ⫹nR La [26] fornisce la relazione esistente fra le capacità termiche a volume e pressione costanti. Se si combina con la [24] si ottiene: [27] 2d Q ⫽C dT ⫺VdP P Quando un gas ideale compie una trasformazione adiabatica, la pressione, il volume e la temperatura variano compatibilmente con la [24] e con la [27], ponendo in entrambe 2 d Q ⫽0, per cui risulta: [28] VdP ⫽CP dT e [29] PdV ⫽⫺CV dT problema viene affrontato dal secondo principio della termodinamica che, inoltre, consente di individuare le caratteristiche dello stato di equilibrio raggiunto da un sistema, una volta avvenuta la trasformazione. Per esempio, nella combustione del metano in presenza di ossigeno una certa quantità di energia viene trasferita all’ambiente circostante, formando acqua e biossido di carbonio come prodotti. Questa reazione avviene spontaneamente, ma la reazione inversa, che pure soddisfa il bilancio energetico imposto dal primo principio della termodinamica, non può avvenire in modo spontaneo. In natura, dunque, esistono processi spontanei che procedono in un’unica direzione e mai autonomamente in quella inversa. Prima di discutere questi problemi è però opportuno richiamare i concetti di macchina termica, pompa di calore e macchina refrigerante. Un apparato che, in maniera continua, converta l’energia interna di un fluido (trasferita come calore) in lavoro è detto macchina termica. Per poter realizzare tale conversione la macchina termica deve operare in maniera ciclica. L’impianto motore a vapore rappresentato nella fig. 8 è un esempio di macchina termica. In questo caso il fluido che subisce la trasformazione ciclica è l’acqua, che esce sotto forma di liquido saturo dal condensatore (stato 1) e passa in una pompa in cui consuma energia sotto forma di lavoro WP e da cui esce ad alta pressione (stato 2) per entrare in una caldaia, dove riceve energia sotto forma di calore Q1 dai prodotti caldi di combustione che vengono ottenuti bruciando un combustibile. L’acqua abbandona la caldaia sotto forma di vapore surriscaldato (stato 3) e successivamente si espande in una turbina, fornendo energia sotto forma di lavoro meccanico WT e fuoriuscendo a bassa pressione (stato 4). Il vapore a bassa pressione cede calore Q2 all’acqua di raffreddamento di un condensatore, che abbandona sotto forma di acqua liquida satura (stato 1), completando così il ciclo. Si utilizzano anche apparecchiature che realizzano il medesimo ciclo in senso inverso, in cui cioè un fluido acquista energia sotto forma di calore da un corpo a temperatura più bassa e cede energia sotto forma di calore a un corpo a temperatura più alta, assorbendo lavoro meccanico. Di queste apparecchiature ne esistono due tipi: una è detta pompa di calore, se è in grado di mantenere un corpo a temperatura più alta, cedendogli calore; l’altra è detta macchina refrigerante, se è in grado di mantenere un corpo a temperatura più bassa, assorbendo calore da esso. Nelle pompe di calore solitamente Infine, dividendo le precedenti relazioni membro a membro si ottiene: [30] 3 dP dV 13 ⫽⫺g 13 P V dove g è il rapporto tra le capacità termiche (CP CV). Se, in prima approssimazione, attribuiamo a g un valore costante, integrando la [30] si ottiene: [31] vapore surriscaldato | Q1 | caldaia | WT | turbina 2 PV g ⫽costante condensatore nota come equazione di Poisson, che descrive il comportamento di un gas ideale in una trasformazione adiabatica reversibile. 1 4 | WP | | Q2 | 2.1.7 Macchine termiche e relativo rendimento Il primo principio della termodinamica non fornisce informazioni sulla direzione (verso) di un processo spontaneo. Questo VOLUME V / STRUMENTI acqua di raffreddamento fig. 8. Schema di funzionamento di una macchina termica. 33 EQUILIBRI FISICI E CHIMICI si usa l’ambiente come corpo a temperatura più alta da cui assorbire calore. La fig. 9 riporta schematicamente i flussi di energia di una macchina termica e di una pompa di calore (ovvero di una macchina refrigerante), in modo da facilitare l’analisi termodinamica dei sistemi. In particolare Q1 e Q2 sono, rispettivamente, la quantità di calore assorbito e quella di calore ceduto dal fluido della macchina termica; QH e QL , invece, sono la quantità di calore ceduto e quella di calore assorbito dal fluido di una pompa di calore (ovvero di una macchina refrigerante); W indica il lavoro netto eseguito dalla macchina termica o consumato dalla pompa di calore (oppure da una macchina refrigerante). Poiché una macchina termica è un apparato che consente di realizzare una conversione di energia, il suo comportamento può essere espresso in termini di efficienza di conversione, definita come il rapporto tra il lavoro netto eseguito e l’energia assorbita sotto forma di calore dal corpo a temperatura più alta, cioè: [32] W Q ⫺ Q2 h ⫽ 133 ⫽ 1341 112 Q1 Q2 1 W ⫽ Q1 ⫺ Q2 La prestazione di una pompa di calore o di una macchina refrigerante, invece, viene espressa mediante un coefficiente w, definito come il rapporto tra l’effetto energetico desiderato e l’energia spesa per conseguire tale effetto. Per una macchina refrigerante w è dato dalla relazione: [34] QL 134 Q 1L34 12 ⫽ w ⫽ 133 W QH ⫺ QL mentre per una pompa di calore è dato dalla relazione: [35] QH 134 Q 1H34 12 ⫽ w⫽ 133 W QH ⫺ QL Infatti, prendendo in esame il sistema identificato dal contorno tratteggiato in fig. 9B, per il primo principio della termodinamica vale la relazione: [36] W ⫽ QH ⫺ QL sorgente calda | Q1 | sorgente calda | QH | | W| |W| | Q2 | | QL | sorgente fredda sorgente fredda A B fig. 9. Rappresentazione dei flussi di energia: A, in una macchina termica; B, in una pompa di calore. 34 Come stabilito dal primo principio della termodinamica, in un processo nel quale si mantenga l’energia interna costante, l’energia assorbita sotto forma di calore da un sistema viene trasformata in lavoro. Supponiamo, per esempio, che il sistema in questione sia un gas ideale che subisce un’espansione in un cilindro munito di un pistone. Il lavoro eseguito è dato da W⫽∫ PdV. Con il procedere dell’espansione la pressione del sistema diminuisce fino a un valore limite, per esempio imposto dall’ambiente, al di sotto del quale non può scendere. Il sistema, quindi, non è in grado di fornire lavoro in maniera continua, ma deve essere riportato allo stato iniziale mediante un processo ciclico. In realtà, però, in un’apparecchiatura che lavori ciclicamente non è possibile ottenere lavoro se il sistema riceve calore da un’unica sorgente termica. Infatti, il lavoro eseguito dal sistema è: 2 V2 [37] W1⫽ PdV⫽RT ln 13 ⫽Q1 V1 Infatti, se il sistema è identificato dal contorno indicato come linea tratteggiata nella fig. 9A, in virtù del primo principio della termodinamica vale la relazione: [33] 2.1.8 Alcuni enunciati del secondo principio Per riportare il sistema al suo stato iniziale, se è ancora in contatto con la medesima sorgente termica, è necessario eseguire lavoro su di esso; nel contempo il sistema deve cedere calore all’ambiente: 1 V2 [38] W2 ⫽ PdV ⫽⫺RT ln 13 ⫽⫺W1 ⫽⫺Q1 V1 2 Quindi, il lavoro netto eseguito dal sistema è: [39] W1 ⫹W2 ⫽0 In realtà, anche se ottenuto fruendo delle proprietà di un particolare sistema (il gas ideale), questo risultato ha validità generale ed è compatibile con i due più noti enunciati del secondo principio della termodinamica: • enunciato di Kelvin-Planck, per il quale non può esistere un dispositivo che, operando ciclicamente, abbia il solo effetto di produrre lavoro prelevando calore da un’unica sorgente; • enunciato di Clausius, per il quale non può esistere un dispositivo che, operando ciclicamente, abbia il solo effetto di far passare calore da una sorgente più fredda a una più calda. La validità di questi due enunciati è confermata sperimentalmente, in quanto qualunque macchina termica è in grado di trasformare in lavoro solo una parte del calore prelevato dalla sorgente più calda, cedendo il rimanente alla sorgente più fredda: in altre parole non esiste una macchina termica in grado di realizzare un’efficienza del 100%. L’enunciato di Clausius stabilisce che deve essere eseguito lavoro su una macchina affinché questa sia in grado di trasferire calore da un corpo più freddo a un corpo più caldo. I due enunciati, ancorché differenti, sono equivalenti, in quanto si può dimostrare che se non fosse valido uno dei due risulterebbe non valido anche l’altro. Il secondo principio della termodinamica permette di stabilire un criterio per valutare l’irreversibilità di un processo: esso, infatti, nega la possibilità che un processo spontaneo possa procedere in direzione inversa senza l’aiuto di interventi esterni, ma non proibisce che un processo reversibile possa procedere in entrambe le direzioni. Pertanto, se l’ipotesi di reversibilità per un dato processo porta a una violazione del secondo principio, il processo in questione è irreversibile. ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI TERMODINAMICA 2.1.9 Ciclo di Carnot [43] Processi reversibili possono essere combinati tra loro in modo da ottenere un ciclo reversibile, come quello concepito da Sadi Carnot nel 1824. Il secondo principio della termodinamica stabilisce che una macchina termica debba essere collegata con almeno due sorgenti di calore a temperature diverse fra loro. Affinché i processi di assorbimento e di cessione di energia della macchina termica siano reversibili, è necessario che in ognuno di essi la temperatura del fluido e quella della sorgente siano identiche. Di conseguenza le fasi di assorbimento e di cessione di calore devono avvenire in maniera isoterma, alle temperature T1 e T2 della sorgente più calda e di quella più fredda, rispettivamente. Disponendo di due sole sorgenti, per realizzare un ciclo queste due isoterme devono essere integrate con due processi adiabatici, come mostrato nella fig. 10, che ne dà la rappresentazione su un piano P-V per un gas ideale. Il ciclo così realizzato è, per l’appunto, noto come ciclo di Carnot. Un motore che operi seguendo un ciclo di Carnot viene detto motore di Carnot. Non si tratta, ovviamente, di una soluzione attuabile in pratica, essendo interamente costituito da stadi reversibili, ma rappresenta comunque un utile riferimento ideale. Il ciclo, essendo reversibile, può essere invertito per dare una pompa o una macchina refrigerante di Carnot. Il calcolo dell’efficienza di un ciclo di Carnot può essere condotto agevolmente nel caso in cui il fluido della macchina sia un gas ideale. I processi 2-3 e 4-1 sono adiabatici e quindi non coinvolgono alcuno scambio di calore, mentre per il processo 1-2 il primo principio della termodinamica stabilisce che: [40] DU ⫽Q1 ⫺W12 ovvero [41] 2 Q1 ⫽W12 ⫽ PdV ⫽RT1 ln(V2 V1) 1 Analogamente, per il processo 3-4: 4 [42] PdV ⫽RT ln(V V ) Q2 ⫽W34 ⫽ 2 4 3 3 I processi 2-3 e 4-1 sono adiabatici-reversibili, e quindi in base alla [31]: P 1 processi isotermi reversibili T1 processi adiabatici reversibili 2 4 T2 3 V fig. 10. Rappresentazione di un ciclo di Carnot su un diagramma P-V. VOLUME V / STRUMENTI g⫺1 V V3 T1 1 ⫽ 13 T2 g⫺1 T1 V4 e 1 ⫽ 1 T2 V1 2 da cui si ottiene: [44] g⫺1 V V3 1 2 g⫺1 V4 ⫽ 1 V1 ovvero [45] V V3 1 1 ⫽ 4 V2 V1 Si può quindi calcolare l’efficienza del ciclo di Carnot: [46] RT ln(V2 V1)⫺RT2 ln(V3 V4) W Q ⫺ Q2 1111111133331 ⫽ 1 ⫽ h ⫽ 133 ⫽ 1341 112 Q1 RT1 ln(V2 V1) Q1 T2 T1 ⫺T2 ⫽ 1331 ⫽ 1⫺ 1 T1 T1 da cui si evidenzia che hⱕ1. Infine possiamo osservare che in base alla [46] si può anche scrivere: [47] Q Q1 133 133 ⫽ 2 T1 T2 Il secondo principio della termodinamica porta a una serie di importanti conseguenze, due delle quali sono note come teoremi di Carnot: il primo teorema stabilisce che nessuna macchina termica che operi tra due sorgenti di calore che si trovano a due diverse temperature può avere un’efficienza maggiore di una macchina reversibile che operi tra le due stesse temperature; il secondo teorema, invece, afferma che tutte le macchine termiche reversibili che lavorano tra le stesse due sorgenti di calore che si trovano a due diverse temperature hanno la stessa efficienza. In altri termini l’efficienza di una macchina termica reversibile dipende solo dalle temperature dei serbatoi tra i quali la macchina opera. Grazie a questa conclusione, è possibile definire una scala assoluta della temperatura, indipendente dalle proprietà materiali peculiari di ogni sostanza termometrica. Per convenzione, la scala di temperatura viene fissata attribuendo un valore pari a 273,16 K allo stato termodinamico in cui coesistono gli stati solido, liquido e gassoso dell’acqua (punto triplo). La temperatura misurata con questa scala viene chiamata temperatura termodinamica assoluta ed è espressa in gradi kelvin (K). 2.1.10 Entropia e formulazione analitica del secondo principio Consideriamo una curva chiusa che rappresenti su un diagramma di coordinate P-V una trasformazione reversibile ciclica, come descritto nella fig. 11. Se si tiene conto che le linee che rappresentano le trasformazioni adiabatiche non possono intersecarsi, è possibile tracciarne una serie che divide la curva chiusa del ciclo in tante strisce, come illustrato nella figura stessa. Se si congiungono opportunamente le diverse coppie di linee adiabatiche con tratti isotermi è possibile trasformare il ciclo originale in un altro ciclo chiuso da una linea a zig-zag. Se ci riferiamo ai due processi isotermi ab e dc che hanno luogo alle temperature T1 e T2 con scambi di calore Q1 e Q2, poiché il cammino abcd definisce un ciclo di Carnot, in base alla [47] si può scrivere: 35 EQUILIBRI FISICI E CHIMICI il volume, avrà luogo una corrispondente variazione di entropia che, riferendosi a un tratto infinitesimo della trasformazione, sarà data da: P [53] dU ⫹PdV PdV ⫽ 11221 ⫽ 11 T T rev 2d Q dS ⫽ 133 T In generale, per un processo spontaneo risulta che si può scrivere: [54] b a [55] V fig. 11. Esempio di trasformazione di un processo ciclico rappresentato su un diagramma P-V in un ciclo con una curva zigzagante corrispondente a un insieme di cicli di Carnot. [48] Q1 133 Q 133 ⫹ 2 ⫽0 T2 T1 avendo indicato con Q la quantità di calore scambiato nelle due trasformazioni isoterme, indipendentemente dal fatto che sia positivo o negativo. Equazioni simili possono essere scritte per ciascuna coppia di isoterme legate dalle stesse due adiabatiche e, se vengono sommate assieme, si ricava: [49] Q Q3 Q Q1 133 133 ⫹ 2 ⫹ 133 ⫹…⫽ 1 ⫽0 T2 T1 T3 T Se si fanno tendere a zero le trasformazioni isoterme si recupera il ciclo originale, ma nel contempo si può scrivere: [50] Q lim 1 ⫽ Q⫺ 0 T 䉴 2d Q ⫽0 133 T R dove il cerchio nel segno di integrale sta a indicare un processo ciclico, mentre R sta a caratterizzarne la reversibilità. Si può constatare che l’integrale precedente risulta nullo, indipendentemente dal punto di partenza dal quale si percorre il ciclo; ne consegue che esiste una funzione di stato, solitamente indicata con la lettera S, la cui variazione fra uno stato iniziale A e uno finale B risulta espressa da: [51] B A 2d Q 133 ⫽SB ⫺SA T Essa viene chiamata entropia e il suo differenziale: [52] 2d Q dS ⫽ 133 T è un differenziale esatto. L’entropia occupa nella termodinamica un ruolo di primaria importanza anche, e soprattutto, perché permette di dare una formulazione matematica concisa del secondo principio. Per chiarire questo punto consideriamo una tipica trasformazione irreversibile quale l’espansione adiabatica di un gas ideale nel vuoto, che quindi ha luogo senza eseguire lavoro sull’ambiente. Il processo si identifica con l’esperienza di Joule che, come già visto, lascia inalterati i valori dell’energia interna e della temperatura del gas. Tuttavia, poiché varia 36 ir Poiché la trasformazione presa in esame ha luogo senza scambio di calore, di lavoro e di materia, si può generalizzare affermando che, in un sistema isolato, vale la relazione: c d 2d Q dS ⬎ 133 T dS ⱖ0 dove l’uguaglianza vale per una trasformazione reversibile. Anche se questa relazione è stata ricavata considerando il caso particolare di una trasformazione spontanea di un gas perfetto, essa può essere ottenuta anche considerando altri esempi di trasformazioni irreversibili, quale, per esempio, il trasporto di calore da un corpo più caldo a uno più freddo, confermando che essa ha validità del tutto generale. In conclusione, alla luce dell’analisi svolta si può riformulare il secondo principio della termodinamica come segue: • esiste una funzione di stato chiamata entropia definita in 2 QT) ; forma differenziale dalla relazione dS⫽(d rev • in un sistema isolato l’entropia non può mai diminuire, ma aumenta in un processo irreversibile, mentre si mantiene costante in uno reversibile. In generale, per un sistema isolato, composto da diverse parti, la [55] può essere riformulata più convenientemente secondo l’uguaglianza che segue: [56] dS ⫽ dS (a) ⫽dir S ⱖ 0 a dove la somma è estesa alle parti del sistema mentre il termine dirS, sempre positivo, indica l’ammontare di entropia creata per effetto delle irreversibilità, la cui natura verrà approfondita in seguito. 2.1.11 Formulazione assiomatica del secondo principio L’impostazione che è stata data sin qui alla trattazione segue l’evoluzione storica della termodinamica. Essa si contraddistingue per il suo carattere operativo che procede dalla caratterizzazione degli stati di equilibrio, sulla base di una serie di grandezze direttamente misurabili quali il volume, la pressione e la temperatura. Una formulazione alternativa può essere perseguita mediante una parametrizzazione degli stati di equilibrio di un sistema, utilizzando come concetti primitivi l’energia interna e l’entropia. Nella sua forma attuale, questo approccio viene essenzialmente attribuito ad alcuni autori, quali Lazso Tisza e Herbert B.Callen, anche se in realtà esso trae origine dai classici lavori di Josiah Willard Gibbs dei primissimi anni del Novecento, per cui viene anche chiamato neogibbsiano. Pur essendo apparentemente più formale della precedente, questa trattazione merita di essere considerata e approfondita poiché risulta particolarmente efficace per le applicazioni della termodinamica ai problemi di equilibrio termico e di equilibrio meccanico, nonché ai flussi di materia. Infatti, la individuazione dello stato di equilibrio di un ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI TERMODINAMICA determinato sistema viene perseguita attraverso l’analisi geometrica di una superficie che descrive gli stati di equilibrio in funzione delle variabili estensive misurabili, a partire dai seguenti postulati: • per i sistemi omogenei esiste una grandezza estensiva, chiamata entropia, S, espressa attraverso una funzione omogenea del primo ordine che dipende dall’energia interna, dal volume e dal numero di moli dei diversi componenti: [57] S ⫽S(U,V,ni) i ⫽1,2,… • l’entropia è una funzione continua, derivabile e monotona rispetto all’energia interna U, per valori fissi di V e ni ; • in un sistema isolato a energia interna costante, in condizioni di equilibrio, l’entropia assume un valore massimo, pertanto: [58] dU S ⫽0 dU2 S ⬍0 Trattandosi di una grandezza estensiva, l’entropia di un sistema costituito da più fasi si può valutare additivamente dai valori delle entropie delle singole fasi: [59] S ⫽ S (a) a ⭸U dU ⫽ 12 ⭸S ⭸U dS ⫹ 12 V,ni ⭸V dV⫹ S,ni i ⭸U 12 ⭸U 12 ⭸S ⭸U 12 ⭸V ⭸U 12 ⭸n 䉴 Equilibrio termico Si consideri un sistema globalmente isolato costituito da due sottosistemi (1) e (2) separati da una parete rigida e permeabile al calore (fig. 12). Il volume e il numero di moli sono fissati, e inoltre il primo principio della termodinamica stabilisce che: [68] [69] [70] U (1) ⫹U (2) ⫽costante T S ⫽S (1) ⫹S (2) ⭸n i S,V,nj⬆i dni ⭸S (1) dS ⫽ 122 ⭸U (1) ⭸S (2) dU (1) ⫹ 122 ⭸U (2) V (1),n(1) i dU (2) ⫽ V (2),ni(2) 1 1 dU (1) ⫹ 12 dU (2) ⫽ 12 T (1) T (2) Siccome, per la [68], dU (1)⫽⫺dU (2), la [70] diventa: [71] esprime la variazione di energia interna subita da un sistema aperto in una trasformazione infinitesima. Le derivate che compaiono sotto il segno di sommatoria si intendono effettuate rispetto al numero di moli di un generico componente i, tenendo costante il numero di moli di tutti gli altri componenti presenti nel sistema. Le derivate parziali presenti nell’espressione precedente hanno un ben preciso significato fisico e solitamente vengono interpretate come forze generalizzate, definite come segue: [63] ⫺0K La validità di questo principio è stata confermata sperimentalmente e trova giustificazione fisica nella termodinamica statistica. La [66] costituisce il punto di partenza per la menzionata parametrizzazione degli stati di equilibrio di un sistema termodinamico e per la loro individuazione nei sistemi soggetti a vincoli, come sarà mostrato illustrando una serie di casi particolarmente significativi. U ⫽U(S,V,ni ) La [57] e la [61] costituiscono versioni alternative di una relazione fondamentale che contiene tutte le informazioni sulle caratteristiche di equilibrio di un sistema. Il differenziale della [61]: [62] lim S ⫽0 T Essendo assegnati le masse e i volumi dei due sottosistemi, si ha: S (a) ⫽S (a) (U (a),V (a), ni(a)) L’entropia è una funzione continua e monotona dell’energia interna U, per cui la [57] si può scrivere anche: [61] [67] L’entropia del sistema, anch’essa additiva, si può scrivere nel seguente modo: S (a) a sua volta dipende dai valori delle variabili estensive caratteristiche della fase a: [60] di temperatura (⫺273,16 °C) l’entropia di qualunque sostanza è uguale a zero, ovvero: 1 1 ⫺ 12 dU (1) dS ⫽ 12 T (1) T (2) L’equilibrio viene individuato mediante la condizione dS⫽0, che risulta verificata solo se [72] T (1) ⫽T (2) Le condizioni di equilibrio termico, quindi, sono caratterizzate da un valore uniforme del parametro intensivo temperatura. La misura della temperatura può essere effettuata parete rigida e permeabile al calore temperatura V,ni [64] ⫺P pressione S,ni [65] (1) mj (2) potenziale chimico j S,V,ni⬆j Sulla base di queste definizioni la [62] si può scrivere: [66] dU ⫽TdS ⫺PdV⫹ mi dni i Per completare l’esame delle caratteristiche dell’entropia è importante osservare che, a differenza dell’energia interna, a essa si può attribuire un valore assoluto, grazie al terzo principio della termodinamica, secondo il quale allo zero assoluto VOLUME V / STRUMENTI parete rigida e impermeabile al calore fig. 12. Sistema globalmente isolato costituito da due sistemi separati da una parete rigida e permeabile al calore. 37 EQUILIBRI FISICI E CHIMICI portando il sistema in equilibrio con un sistema di riferimento di cui viene misurata una proprietà fisica caratteristica, per esempio il volume, confermando così l’analisi sviluppata all’inizio della trattazione attraverso la quale è stato introdotto il concetto di equilibrio. Il valore assoluto della temperatura viene fissato sulla base del comportamento dei gas a bassa pressione, poiché in tali condizioni tutti i gas obbediscono a una legge universale, la [22], secondo la quale, a pressione costante, il loro volume tende ad annullarsi se il parametro che indica la temperatura tende a zero, anche se, in realtà, si tratta di una estrapolazione, perché all’avvicinarsi della temperatura allo zero tutti i gas condensano. Questa scelta coincide con la definizione di scala della temperatura termodinamica precedentemente introdotta applicando la relazione di Carnot [47]. Assumiamo ora che il sistema non si trovi in condizioni di equilibrio, essendo T (1)⬎T (2). Ovviamente avrà luogo una trasformazione spontanea che lo porterà nelle condizioni di equilibrio in cui T (1)⫽T (2), che sarà necessariamente associata a un aumento di entropia perché il valore massimo di questa funzione è, come visto, quello che compete alle condizioni di equilibrio. Tuttavia, per la [71], essendo T (1)⬎T (2), ha luogo un aumento di entropia solo se dU (1)⬍0, per cui durante la trasformazione si verifica un trasferimento di energia termica da (1) a (2). Pertanto, in una trasformazione in cui ha luogo un trasferimento di calore tra due sottosistemi di un sistema isolato, il calore fluisce spontaneamente dal sottosistema a temperatura maggiore a quello a temperatura minore. Equilibrio meccanico Si consideri ora un sistema circondato da una parete rigida adiabatica e impermeabile, costituito da due sistemi (1) e (2) divisi da una parete permeabile al calore e mobile. In questo caso sono valide le due condizioni: [73] U (1) ⫹U (2) ⫽ costante [74] V (1) ⫹V (2) ⫽ costante Le variazioni di entropia nei due sottosistemi si possono ricavare mediante la [66] con dni(1) ⫽dni(2)⫽0. Si ottiene così: [75] 1 P (1) dS ⫽dS (1) ⫹dS (2) ⫽ 12 dU (1) ⫹ 12 dV (1) ⫹ T (1) T (1) 1 P (2) (2) ⫹ 12 dU (2) ⫹ 12 dV T (2) T (2) Per la [73] e la [74] si ha che dU (1)⫽⫺dU (2) e dV (1)⫽⫺dV (2) e pertanto l’equazione precedente diventa: [76] P (2) 1 1 P (1) 12 dS ⫽ 12 ⫺ 12 dU (1) ⫹ 12 ⫺ (2) dV (1) (1) (2) (1) T T T T e un aumento di volume del sistema (1) a spese di quello di (2), per cui dV (1)⬎0. Equilibrio rispetto ai flussi di materia Si consideri ora un sistema isolato costituito da due sottosistemi a più componenti divisi da una parete rigida, permeabile al calore e al componente che indicheremo con 1. In questo caso è: [78] dU (1) ⫽⫺dU (2) [79] dn1(1) ⫽⫺dn1(2) (2) Applicando la [66], e ricordando che dn(1) i⬆1⫽dni⬆1⫽0, si ricava la seguente relazione per la variazione infinitesima di entropia: 1 1 m1(1) (1) 12 (1) ⫺ 12 dU dn ⫹ (2) dU (2) ⫺ dS ⫽ 12 T (1) 1 T T (1) m1(2) (2) 1 1 m1(1) 12 m (2) ⫺ 12 dn1 ⫽ 12 ⫺ 12 dU (1) ⫺ 12 ⫺ 1 dn1(1) (2) (1) (2) T T T T1 T2 [80] T (1) ⫽T (2) P (1) ⫽P (2) La prima relazione caratterizza le condizioni di equilibrio termico e la seconda quelle di equilibrio meccanico, in corrispondenza delle quali la parete mobile non è soggetta ad alcuno spostamento perché la pressione del fluido è uniforme. Anche in questo caso possiamo osservare che, se T (1)⬎T (2) e P (1)⬎P (2), il sistema non si trova in equilibrio ed evolve spontaneamente verso di esso. La trasformazione è associata a un aumento di entropia che ha luogo mediante un trasferimento di calore dal sistema (1) al sistema (2) 38 In condizioni di equilibrio dS⫽0 per dU (1) e dn1(1) arbitrari, e pertanto: [81] T (1) ⫽T (2) [82] m1(1) ⫽m1(2) Accanto alla condizione di equilibrio termico compare anche quella che esprime l’equilibrio per il trasporto di materia, caratterizzata dall’uguaglianza del potenziale chimico. Se T (1)⬎T (2) e m1(1) ⬎m1(2) , il sistema non è in equilibrio, per cui si verifica una trasformazione spontanea associata a un aumento di entropia. In base all’equazione [80] ciò si può verificare se dU (1) ⬍0 e dn1(1)⬍0, ovvero se la trasformazione è associata a un trasporto di calore e di materia da (1) a (2). Sulla base di questo risultato, quindi, si può affermare che la differenza di potenziale chimico in un certo sistema costituisce la forza motrice per il flusso di materia dalle regioni a potenziale più alto a quelle a potenziale più basso. Alla luce dei risultati ottenuti, l’equazione [66] è di grande importanza e di grande utilità nello studio dei problemi che coinvolgono gli stati di equilibrio dei sistemi termodinamici. Essa esprime la variazione di energia interna che subisce un sistema aperto in una trasformazione infinitesima nella quale si assume che la temperatura, la pressione e i potenziali chimici eguaglino quelli dell’ambiente. Queste trasformazioni, costituite da una successione di stati di equilibrio, vengono chiamate quasistatiche. In un sistema chiuso agli scambi di materia la [66] diventa: [83] dU ⫽TdS ⫺PdV da cui in virtù della [8] si ottiene: In condizioni di equilibrio dS⫽0 e quindi: [77] [84] dU ⫹PdV 2 dQ dS ⫽ 11312 ⫽ 133 T T Questa relazione conferma il legame tra il flusso di calore e la variazione di entropia e che l’inverso della temperatura assoluta costituisce il fattore integrante di 2 dQ per l’ottenimento del differenziale esatto dell’entropia. Le equazioni [57] e [61], dette equazioni fondamentali, contengono tutte le informazioni necessarie per descrivere il comportamento termodinamico di un sistema. La loro rappresentazione grafica è particolarmente semplice per un sistema monofasico a un solo componente e consiste in una superficie nello spazio a tre dimensioni, le cui coordinate sono U, S e V. ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI TERMODINAMICA Particolarmente illuminante è il caso del gas ideale monoatomico, le cui caratteristiche possono essere studiate applicando i metodi della termodinamica statistica. Si dimostra, allora, che la dipendenza dell’energia interna U dal volume V, dal numero di moli n e dall’entropia S risulta espressa dalla seguente relazione: [85] U ⫽U(S,V,n) ⫽an53V⫺2 3e2S3nR dove e è la costante di Nepero, R è la costante universale dei gas e a una costante che dipende dalle caratteristiche del gas, il cui valore può essere valutato utilizzando metodi di meccanica statistica. La relazione precedente soddisfa i requisiti imposti dal secondo principio, poiché per V e n costanti, U è una funzione monotona a un solo valore di S. Inoltre (⭸S⭸U)V ⫽1T è sempre positiva, compatibilmente con il fatto che la temperatura T non può assumere valori negativi. La rappresentazione delle superfici di stato per sistemi a più componenti richiederebbe uno spazio a più dimensioni. Si può però ancora ricorrere a una rappresentazione tridimensionale (fig. 13), indicando con Xj una generica variabile non vincolata, quale il volume V o il numero di moli del componente nj . I punti appartenenti a tali superfici di stato rappresentano tutti i possibili stati di equilibrio del sistema. Una linea continua su tali superfici descrive una trasformazione quasistatica reversibile, che avviene attraverso una successione di stati di equilibrio. I punti che appartengono alle superfici dei diagrammi tipo quello della fig. 13 rappresentano tutti i possibili stati di equilibrio di un determinato sistema. Da questi diagrammi si può individuare il possibile stato di equilibrio in cui si trova il sistema, introducendo i vincoli a cui esso è soggetto. Per un sistema isolato l’energia interna ha un valore costante U0; in tal caso si traccia nel diagramma della fig. 13 la superficie parallela al piano SXj di equazione U⫽U0 che interseca la superficie di stato lungo una curva il cui massimo rispetto all’asse dell’entropia individua lo stato di equilibrio (E). S 2.1.12 Natura dell’aumento di entropia nei processi irreversibili Se ci si riferisce a un sistema aperto assumendo per semplicità che l’unica forma di lavoro esercitata su di esso sia di tipo meccanico, il lavoro di una trasformazione infinitesima irreversibile si può esprimere come segue: [86] diss dove P indica la pressione del sistema e dV la variazione di volume che esso subisce. Il primo termine a secondo membro indica il lavoro quasistatico, cioè il lavoro che verrebbe esercitato sul sistema se la trasformazione avvenisse attraverso una successione di stati di equilibrio in cui la pressione del sistema fosse perfettamente equilibrata da quella dell’ambiente; 2d W rappresenta invece la differenza tra il lavoro effettivo diss esercitato dall’ambiente sul sistema e il lavoro corrispondente a una trasformazione quasistatica. Infatti, una trasformazione spontanea irreversibile associata a una variazione di volume può avere luogo solo se esiste una differenza finita fra sistema e ambiente. Ciò comporta una dissipazione di energia meccanica per poter vincere le forze d’attrito che si oppongono alla variazione di volume che il sistema subisce. Se si introduce la [86] nella [11] si ottiene: [87] dWdiss⫹ H̄i dni dU ⫽ 2 dQ ⫺PdV ⫹ 2 i Inserendo la [87] nella [66], esplicitata rispetto a dS, si ottiene: 2dQ 2dW H̄i ⫺m diss 1i dn ⫹ 121 dS ⫽ 133 ⫹ 11 ⫽deS ⫹di S i T T T i Il primo e il secondo termine al secondo membro si riferiscono agli scambi con l’ambiente, mentre il terzo corrisponde alla produzione interna di entropia. In altri termini, la variazione di entropia che il sistema subisce si può dividere in due parti; la prima, deS, rappresenta la variazione associata agli scambi di energia termica e materia con l’esterno, che implicitamente abbiamo assunto avvengano in modo quasistatico. La seconda, di S, rappresenta invece l’entropia prodotta internamente al sistema. Per questo termine, in accordo con il secondo principio, valgono le relazioni: [88] [89] piano U ⫽ U0 2dW ⫽⫺PdV ⫹ 2dW di S ⫽0 di S ⬎0 per trasformazioni quasistatiche reversibili per trasformazioni irreversibili Il risultato ottenuto è del tutto generale perché la trattazione può essere estesa al caso di sistemi in cui siano presenti altre forme di lavoro e nei quali le sorgenti di irreversibilità, e quindi di produzione di entropia, siano dovute anche a trasporti di materia e di energia oppure a reazioni chimiche. E 0 ⫹U 2.1.13 Equazione di Gibbs-Duhem Il carattere additivo dell’entropia conduce a una importante conseguenza. Infatti, poiché essa è descritta mediante una funzione omogenea del primo ordine di U, V e n, si può scrivere: Xj fig. 13. Individuazione grafica dello stato di equilibrio in un sistema isolato a energia interna costante. VOLUME V / STRUMENTI [90] S(lU, lV, ln) ⫽lS(U,V,n) dove l è un parametro arbitrario. Derivando la [90] si ottiene la seguente espressione: 39 EQUILIBRI FISICI E CHIMICI [91] ⭸S(lU, lV, ln) 121 ⭸(lU) 111211 ⭸S(lU, lV, ln) 121 ⭸(lV) 111211 ⫹ ⫹ ⭸(lU) ⭸l ⭸(lV ) ⭸l ⭸S(lU, lV, ln) ⭸(ln) ⫹ 111211 121 ⫽S(U,V,n) ⭸(ln) ⭸l ovvero: [92] ⭸S(lU, lV, ln) ⭸S(lU, lV, ln) 111211 U ⫹ 111211 V⫹ ⭸(lU) 3 3 ⭸U [102] U ⫽ 23 nRT ⫽ 23 nR 13 2 2 ⭸S ⭸(lV ) ⭸S(lU, lV, ln) ⫹ 111211 n ⫽S(U,V,n) ⭸(ln) che vale per qualunque valore di l. Se l⫽1, si ottiene: [93] ⭸S(U, V, n) ⭸S(U, V, n) 123311 U ⫹ 123311 V⫹ ⭸U ⭸V ⭸S(U, V, n) ⫹ 123311 n ⫽S(U,V,n) ⭸n Inoltre si dimostra che: [94] 1 P m S ⫽ 23 U ⫹ 23 V ⫺ 1i ni T T T i che rappresenta una forma della relazione di Eulero valida per funzioni omogenee. Se invece si considera la relazione fondamentale nella forma energetica [61] si ricava: [95] U ⫽TS ⫺PV⫹ mi ni dU ⫽TdS ⫹SdT ⫺PdV⫺VdP ⫹ mi dni ⫹ ni dmi Applicando la [66], la [96] diventa: [97] V,n che integrata porta alla relazione [103] U ⫽f(V,n)e 2S3nR In questo modo è stata dedotta un’espressione del tipo della [85], in cui, però, non risulta esplicitamente definita la dipendenza da V e n. Pertanto, se si impiega come variabile indipendente la temperatura, è necessario utilizzare diverse e nuove funzioni di stato termodinamiche che conservino il contenuto informativo della [57]. Questo obiettivo può essere conseguito mediante l’applicazione di un procedimento, detto delle trasformate di Legendre, che permette di trasformare la [57] in una funzione in cui una o più delle variabili indipendenti S, V e n sono sostituite dalle corrispondenti derivate parziali di U. Per esempio, prendendo la trasformata di Legendre in cui S è sostituita dalla corrispondente derivata (⭸U⭸S)V,n⫽T, si ottiene la funzione: [104] F(T,V,n) ⫽U ⫺TS che viene detta energia libera di Helmholtz e che differenziata dà: i Differenziando la [95] si ottiene: [96] La [100] è la già nota equazione di stato dei gas ideali [22] ed esprime una relazione algebrica tra le variabili P, V, T, n. La [101] mostra il legame esistente tra l’energia interna e la temperatura e quindi rappresenta la relazione alternativa alla [85]. Se si esprime la temperatura mediante la [63], si ottiene la seguente equazione differenziale: i i SdT ⫺VdP ⫹ ni dmi ⫽0 i nota come equazione di Gibbs-Duhem, che fornisce, in forma differenziale, una relazione tra le variabili intensive T, P e mi . [105] dF ⫽⫺SdT ⫺PdV⫹ mi dni i confermando quindi che è una funzione di T, V e n. Allo stesso modo, con la trasformata di Legendre di U in cui S e V sono sostituite dalle loro corrispondenti derivate (⭸U⭸S)V,n⫽T e (⭸U⭸V)S,n⫽⫺P, si ottiene la funzione: [106] G(S,P,n) ⫽U ⫹PV⫺TS che viene detta energia libera di Gibbs e che differenziata dà: 2.1.14 Funzioni di stato termodinamiche [107] dG ⫽⫺SdT ⫹VdP ⫹ mi dni Si è già visto come l’equazione fondamentale [57] contenga tutte le informazioni necessarie per caratterizzare un sistema termodinamico, ma soffre della limitazione di avere quale variabile indipendente l’entropia, che è una grandezza non direttamente misurabile. Per ovviare a questo problema si potrebbe esprimere l’energia interna nella forma U⫽U(T,V,ni ) nella quale compare la temperatura come variabile indipendente, ma questo procedimento, formalmente legittimo, è di scarsa utilità, poiché la nuova funzione ha un minore contenuto di informazione rispetto alla [57]. Ciò può essere dimostrato prendendo nuovamente in considerazione il caso del gas monoatomico per il quale l’equazione fondamentale è espressa dalla [85]. Applicando la [63] e la [64] si ottiene: confermando che è una funzione di T, P e ni . Analogamente, prendendo la trasformata di Legendre di U, in cui V venga sostituita dalla sua derivata (⭸U⭸V)S,n⫽⫺P, si ottiene la funzione: [98] [99] ⭸U T ⫽ 13 ⭸S V,n ⭸U P ⫽⫺ 13 ⭸V ovvero: [100] PV ⫽nRT 3 [101] U ⫽ 23 nRT 2 40 2 ⫽ 11 U 3nR 2 U ⫽ 23 1 3 V S,n i [108] H(S,P,n) ⫽U ⫹PV che è detta entalpia e si identifica con la funzione precedentemente definita in [9]. Differenziata essa dà: [109] dH ⫽TdS ⫹VdP ⫹ mi dni i confermando che è una funzione di S, P e n. L’energia interna e le sue trasformate di Legendre sono dette anche potenziali termodinamici e giocano un ruolo molto importante nell’analisi termodinamica dei processi. Il loro nome deriva dal fatto che tali funzioni rappresentano la capacità di un sistema di compiere lavoro sotto condizioni specifiche. Per esempio, se un sistema subisce un processo adiabati2Q⫽0) il lavoro compiuto dal sistema è dato da: co (d [110] dWs ⫽⫺dU ovvero: [111] Ws ⫽⫺DU ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI TERMODINAMICA In altre parole, il lavoro compiuto da un sistema durante un processo adiabatico è uguale alla diminuzione dell’energia interna che è, pertanto, un potenziale termodinamico. Il lavoro fatto sul sistema in una trasformazione quasistatica a temperatura costante è dato da: dWs [112] 2 dW ⫽dU ⫺TdS ⫽dF ⫽⫺ 2 avendo posto 2 dQ⫽TdS. In altri termini la diminuzione dell’energia libera di Helmholtz si identifica con il lavoro fatto dal sistema nella trasformazione in esame. Per questa ragione F viene anche chiamata funzione lavoro. Se, durante la trasformazione, il volume del sistema varia, parte del lavoro sviluppato deve essere utilizzata per vincere le forze che agiscono sul sistema e si oppongono alla sua variazione di volume. In una trasformazione quasistatica, il lavoro effettuato per vincere le forze esterne è espresso da ⫺PdV. Si definisce ora lavoro utile Wu la differenza tra il lavoro totale e il lavoro meccanico associato a variazioni di volume: Esempi significativi di applicazione dei risultati precedenti si possono avere nelle pile galvaniche e nelle celle a combustibile, nelle quali ha luogo la trasformazione di parte dell’energia liberata da una trasformazione chimica in energia elettrica. Il lavoro elettrico che il sistema può fornire in un processo quasistatico si identifica con la diminuzione di energia libera associata alla reazione stessa. Per esempio, nella cella a combustibile illustrata nella fig. 14 ha luogo la reazione: 1 H2⫹ 23 O2⫺ H2O 2 䉴 In tale dispositivo sono presenti due elettrodi metallici che hanno una struttura porosa in grado di agevolare il contatto intimo fra la superficie degli elettrodi stessi, il gas e la soluzione intermedia, contenente una soluzione alcalina di idrossido di potassio. Al polo positivo, l’ossigeno si riduce formando gli ioni ossidrile OH⫺ secondo la reazione: 1 23 O2 ⫹H2O ⫹2e⫺⫺ 2OH⫺ 䉴 dW ⫹PdV [113] 2 dWu ⫽ 2 2 Se la pressione e la temperatura vengono mantenute costanti durante la trasformazione si può scrivere: [114] 2 dWu ⫽ dU ⫺TdS ⫹PdV ⫽dH ⫺TdS ⫽dG In una trasformazione a temperatura e pressione costanti, quindi, il lavoro utile si identifica con la variazione dell’energia libera di Gibbs. dove e⫺ indica un elettrone. Viceversa, al polo negativo, l’idrogeno si ossida formando idrogenioni H⫹ secondo la reazione: H2⫺ 2H⫹ ⫹2e⫺ 䉴 Nel contempo, nella soluzione si verifica una migrazione di ioni ossidrile verso l’elettrodo positivo e di ioni potassio, pila a cella a combustibile fig. 14. Schema di funzionamento di una cella a combustibile. motore elettrico di avviamento una cella elettroni idrogeno combustibile (H2) ossigeno dall’aria (O2) canale di flusso calore 85 °C O 2H protoni catalizzatori idrogeno non utilizzato H2O anodo catodo emissioni di aria e di vapore acqueo membrana di scambio protonico (PEM) VOLUME V / STRUMENTI 41 EQUILIBRI FISICI E CHIMICI e in piccola parte di ioni idrogeno, verso l’elettrodo negativo. Se il processo viene condotto in condizioni quasistatiche il lavoro elettrico prodotto risulta uguale alla variazione di energia libera associata alla sintesi dell’acqua da idrogeno e ossigeno. 2.1.15 Relazioni di Maxwell I differenziali delle quattro funzioni U, H, F e G definite nel paragrafo precedente si possono scrivere: ⭸U [115] dU ⫽ 13 ⭸S i i ⭸F dV⫹ 13 ⭸ni i ⭸U dS ⫹ 13 ⭸V V,n i i ⭸F dT ⫹ 13 ⭸V ⭸H [116] dH ⫽ 13 ⭸S ⭸F [117] dF ⫽ 13 ⭸T ⭸H dS ⫹ 13 ⭸P P,n V,ni ⭸G [118] dG ⫽ 13 ⭸T T,ni dni S,V, nj⬆i dni dni ⭸H dP ⫹ 13 ⭸n i S,n i ⭸G dT ⫹ 13 ⭸P P,ni ⭸U dV⫹ 13 ⭸ni i S,n S,P, nj⬆i T,V, nj⬆i ⭸G dP ⫹ 13 ⭸ni i T,ni dni T,P, nj⬆i Confrontando le relazioni precedenti con le espressioni differenziali delle equazioni di stato [66], [105], [107] e [109], si ricavano le seguenti relazioni: 13 ⫽ ⭸H ⭸S ⭸U [119] T ⫽ 13 ⭸S V,ni ⭸U [120] P ⫽⫺ 13 ⭸V P,ni ⭸F ⫽⫺ 13 ⭸V S,n i T,ni ⭸G [121] V ⫽ 13 ⭸P ⭸H ⫽ 13 ⭸P T,n i S,ni ⭸G ⫽ 13 ⭸T V,n i ⭸U [123] mi ⫽ 13 ⭸ni ⭸G ⫽ 13 ⭸n S,P, nj⬆i i ⫽ P,T, nj⬆i ⭸F ⫽ 13 ⭸ni T,V, nj⬆i Le diverse espressioni del potenziale chimico sono tra loro equivalenti; la scelta riguardante quale di esse convenga utilizzare viene fatta solamente in base al problema da risolvere. Per i differenziali esatti vale la relazione (⭸yi ⭸xj)xk⫽(⭸yj ⭸xi)xk che, applicata alle [66], [105], [107] e [108], fornisce la seguente serie di relazioni tra parametri termodinamici, dette relazioni di Maxwell: [124] ⭸T 13 ⭸V ⭸V ⫽ 13 ⭸T [125] [126] ⭸P ⫽⫺ 13 ⭸S S,ni ⭸S , ⫺ 13 ⭸P V,ni ⭸T 13 ⭸P ⭸V ⫽⫹ 13 ⭸S S,ni ⭸S , ⫹ 13 ⭸V P,ni ⭸mi ⭸S ⫽⫺ 13 ⭸n P,ni i , 13 ⭸T T,P,nj⬆i T, ni P, ni ⭸P ⫽ 13 ⭸T T, ni ⭸mi V, ni ⭸V ⫽ 13 13 ⭸P ⭸n T, ni i T,P,nj⬆i Esse risultano estremamente utili nella descrizione del comportamento termodinamico di sistemi chimico-fisici. 42 dQP(A) [127] dS ⫽dS (S) ⫹dS (A) ⫽dS (S) ⫹ 131 ⫽ T dH (S) dG (S) ⫽dS (S) ⫺ 11 ⫽⫺ 11 T T Nel ricavare la precedente si è tenuto conto che T (S)⫽T (A) ⫽T e che il calore ricevuto dall’ambiente a pressione costante dal sistema (S) è uguale alla diminuzione di entalpia del sistema stesso. In base alla [56], che si riferisce al sistema globale, si ottiene: Quindi, tenendo conto che la temperatura assoluta assume soltanto valori positivi, per il solo sistema (S) si scrive: P,ni ⭸H ⫽ 13 ⭸ni S,V, nj⬆i Come visto in precedenza, i sistemi isolati – e quindi a energia costante – evolvono verso uno stato di equilibrio compatibile con un valore massimo dell’entropia in accordo alla [56]. Tale condizione di equilibrio può essere quindi individuata ricercando il valore ‘estremo’ della stessa entropia. Tuttavia, occorre tenere presente che solitamente non si ha a che fare con sistemi isolati, tanto è vero che Rudolf Clausius nel 1865 sostenne la sua controversa idea cosmologica della ‘morte termica’ affermando essere l’Universo nella sua totalità l’unico sistema veramente isolato. In molte situazioni pratiche il sistema in esame si trova, per esempio, a una temperatura o a una pressione costante, e quindi per queste è opportuno individuare, oltre all’entropia, quali funzioni di stato (potenziali termodinamici) permettano di determinare le condizioni di equilibrio attraverso la ricerca di un loro valore estremo. Di seguito saranno presi in considerazione esclusivamente sistemi chiusi. Di particolare interesse in questa impostazione risulta la ricerca delle condizioni di equilibrio in un sistema a temperatura e pressione costanti. La variazione totale di entropia del sistema (S) e dell’ambiente (A), che nell’insieme costituiscono un sistema isolato, è espressa da: [128] TdS ⫽⫺dG (S) ⱖ0 ⭸F [122] S ⫽⫺ 13 ⭸T Inoltre: 2.1.16 Principi di ‘estremo’ in termodinamica [129] dGT,P ⱕ0 In sostanza un sistema a temperatura e pressione costanti si trova in equilibrio se la funzione energia libera di Gibbs è minima, mentre qualunque trasformazione irreversibile può solo essere associata a una sua diminuzione. In modo analogo si dimostra che in un sistema a volume e temperatura costanti vale la relazione: [130] dFT,V ⱕ0 compatibilmente con un valore minimo della funzione energia libera di Helmholtz in condizioni di equilibrio. Per completare l’analisi fin qui svolta è importante ricordare che uno stato di equilibrio è stabile se una piccola alterazione dei parametri che lo individuano dà origine a un processo spontaneo che riporta il sistema nelle condizioni iniziali. Viceversa, se tale alterazione induce una trasformazione che lo allontana dallo stato iniziale esso si dice instabile. In termodinamica, la stabilità degli stati di equilibrio di un sistema isolato dipende dal segno del differenziale secondo dell’entropia, che deve essere positivo compatibilmente con un valore minimo di tale grandezza. Se, viceversa, ci si riferisce a stati di equilibrio caratterizzati da valori estremi dell’energia interna o delle funzioni che esprimono le varie energie libere, tale differenziale secondo deve essere negativo, ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI TERMODINAMICA compatibilmente con un valore massimo di tali funzioni di stato. Le alterazioni dei valori dei parametri dai valori stazionari sono dovute alle loro fluttuazioni casuali conseguenti ai moti di gruppi di molecole. 2.1.17 Dipendenza delle funzioni dell’energia libera dalla temperatura Ricordando la seconda delle [122] e la [104] si può scrivere: [131] ⭸F 13 ⭸T F ⫺U ⫽⫺S ⫽ 1231 T V,ni È facile verificare che questa equazione si identifica con la seguente: [132] ⭸(FT) 1213 ⭸T U ⫽⫺ 13 T2 V,ni Ne consegue che, nota l’energia interna in funzione della temperatura, è possibile ottenere la dipendenza della funzione dell’energia libera di Helmholtz dalla temperatura integrando la [132]: [133] F ⫽⫺T dT ⫹cost 13 T U 2 Analogamente, dalla prima delle relazioni [122] e dalla [106] si ottiene: [134] ⭸G 13 G ⫺U ⫽⫺ S ⫽ 1313 ⭸T P,n T ⭸Y [139] Ȳi ⫽ 13 ⭸ni In particolare, V̄i⫽(⭸V⭸ni)T,P,nj i viene detto volume parzia⬆ le molare, H̄i⫽(⭸H⭸ni )T,P,nj⬆1 viene detta entalpia parziale molare del componente i, e così via. Inoltre, abbiamo già visto che il potenziale chimico di un componente i è definito come mi⫽(⭸G⭸ni )T,P, nj i e inoltre è valida la relazione: ⬆ ⭸Y [140] dYP,T ⫽ 13 ⭸n1 ⭸(GT) 1213 ⭸T H ⫽⫺ 13 T2 P,n La variazione dell’energia libera di Gibbs con la temperatura si valuta quindi mediante la relazione: [136] G ⫽⫺T ⫹costante 13 T H 2 La [132] e la [135] sono note come equazioni di GibbsHelmholtz. ⭸Y dn1⫹ 13 ⭸n2 T,P,nj⬆1 dn2⫹…⫽Ȳi dni T,P,nj⬆2 i Le grandezze parziali molari sono grandezze intensive. Pertanto esse non dipendono dalla quantità totale dei diversi costituenti presenti nella miscela, ma unicamente dalle loro quantità relative e, quindi, solo dalla composizione. La composizione di un sistema a più componenti può essere caratterizzata assegnando le concentrazioni molari Ci (moli/volume) dei diversi componenti o più comunemente le frazioni molari xi , espresse al solito dal rapporto fra le moli di un generico componente ni e le moli totali nT . Da quanto precede consegue che, se a una data soluzione, a temperatura e pressione costanti, si aggiungono i diversi costituenti contemporaneamente, tenendo costanti i loro rapporti, i valori delle grandezze parziali molari della soluzione restano costanti. In altri termini, si può riscrivere l’equazione [140] nella forma: [141] dYP,T ⫽ Ȳ x dn i i T i Integrando si ottiene: [142] Y⫽ Ȳ x n ⫽Ȳ n i i T i i i che si identifica con la seguente equazione differenziale: [135] T,P, nj⬆i i o anche, riferendosi a una mole: [143] Ỹ ⫽ Ȳi xi i Per esempio, il volume, l’entalpia e l’energia libera di Gibbs molari di una miscela sono espressi rispettivamente da: [144] Ṽ ⫽V̄1x1⫹V̄2 x2⫹…⫽ V̄i xi i [145] H̃⫽H̄1x1⫹H̄2 x2⫹…⫽ H̄i xi i [146] G̃⫽Ḡ1x1⫹Ḡ2 x2⫹…⫽ Ḡi xi ⫽ mi xi i i Differenziando la [142] si ottiene: 2.1.18 Miscele e grandezze parziali molari [147] dY ⫽ Ȳi dni ⫹ni dȲi i i che risulta confrontabile con la [140] solo se: Per completare la trattazione sviluppata precedentemente è opportuno esaminare alcuni aspetti del comportamento termodinamico delle miscele di più componenti. La loro trattazione procede dalla conoscenza di un’adeguata equazione di stato, che per una miscela di gas ideali ha la forma: [137] PV ⫽ ni RT i Le equazioni di stato delle miscele fluide reali ci offrono un legame fra le variabili P-V-T e il numero di moli dei diversi componenti: [148] ni dȲi ⫽n1dȲ1⫹n2dȲ2⫹…⫽0 i Pertanto, a seguito di una variazione infinitesima della composizione del sistema, a temperatura e pressione costanti, le variazioni delle diverse grandezze parziali molari sono legate tra loro dalla precedente relazione. Se nella [148] si considera il numero di moli di un costituente, per esempio n1, come variabile principale, si ottiene: [138] /(P,V,T, ni) ⫽0 ⭸Ȳ2 ⭸Ȳ1 [149] n1 133 ⫹n2 133 ⫹…⫽0 ⭸n1 ⭸n1 In realtà: Il calcolo delle grandezze e delle funzioni estensive Y di una miscela a più componenti viene condotto mediante l’impiego di opportune grandezze intensive, che vengono definite come i loro valori parziali molari rispetto al componente i: ⭸ 133 ⭸Y ⭸ ⭸Y ⭸Ȳ1 ⭸Ȳ2 133 [150] 133 ⫽ ⫽ 133 133 ⫽ 133 ⭸n1 ⭸n1 ⭸n2 ⭸n2 ⭸n1 ⭸n2 per cui: VOLUME V / STRUMENTI 43 EQUILIBRI FISICI E CHIMICI ⭸Ȳ1 ⭸Ȳ1 [151] n1 133 ⫹n2 133 ⫹…⫽0 ⭸n2 ⭸n1 Nel caso di una soluzione binaria, riferendosi a una mole, la [149] assume la forma: ⭸Ȳ2 ⭸Ȳ1 [152] x1 133 ⫹x2 133 ⫽0 ⭸x1 ⭸x1 e quindi: x2 133 ⭸Ȳ2 12333 x ⫺1 133 ⭸Ȳ2 ⭸Ȳ1 [153] 133 ⫽⫺ 1 ⫽ 1 ⭸x1 x1 ⭸x1 x1 ⭸x1 Pertanto, se sono noti i valori di una delle grandezze parziali molari di un componente in funzione della composizione, integrando la [153] si possono ricavare i valori della Ȳ1 dell’altro componente. Bibliografia generale Abbott M.M., van Ness H.C. (1972) Schaum’s outline of theory and problems of thermodynamics, New York, McGraw-Hill. Balzhiser R.E. et al. (1972) Chemical engineering thermodynamics. The study of energy, entropy, and equilibrium, Englewood Cliffs (NJ), Prentice Hall. Callen H.B. (1985) Thermodynamics and an introduction to thermostatics, New York, John Wiley. Carrà S. (1990) Termodinamica. Aspetti recenti e applicazioni alla chimica e all’ingegneria, Torino, Bollati Boringhieri. Kondepudi D., Prigogine I. (1998) Modern thermodynamics. From heat engines to dissipative structures, Chichester, John Wiley. Modell M., Reid C.R. (1974) Thermodynamics and its applications, Englewood Cliffs (NJ), Prentice Hall. Tisza L. (1966) Generalized thermodynamics, Cambridge (MA), MIT Press. Zemansky M.W. (1968) Heat and thermodynamics, New York-London, McGraw-Hill. 44 Elenco dei simboli C̃V C̃P 2d F G H K ni P Q R S T U u V W xi Y g⫽CP /CV mi ni capacità termica, o calore specifico, a volume costante capacità termica, o calore specifico, a pressione costante differenziale non esatto funzione energia libera di Helmholtz funzione energia libera di Gibbs entalpia energia cinetica numero di moli del componente i pressione quantità di calore costante dei gas perfetti pari a 8,314 J/(mol⭈K) entropia temperatura termodinamica energia interna velocità volume lavoro frazione molare del componente i indica una generica grandezza estensiva riferita al sistema, Ỹ il suo valore molare o talora specifico perché riferito all’unità di massa, e Ȳi il suo valore parziale molare rispetto al componente i esponente dell’equazione di Poisson potenziale chimico del componente i coefficiente stechiometrico Sergio Carrà Dipartimento di Chimica, Materiali e Ingegneria Chimica ‘Giulio Natta’ Politecnico di Milano Milano, Italia Stefano Carrà MAPEI Milano, Italia ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI