Scarica PDF - European Religion. New discoveries

Paolo Giordano
La religione europea
Nuove scoperte
Ideazione della copertina di Paolo Giordano
1
Nota per turisti.
Gli appunti dei quaderni di Friedrich Nietzsche, i Frammenti
postumi, riportati nella bibliografia, sono stati consultati presso la
Biblioteca Universitaria di Napoli.
Nietzsche scrisse nella lettera datata 23 ottobre 1876: <<Sorrento
e Napoli sono belle, la fama non esagera. L’aria qui è un
miscuglio di aria di mare e di montagna. Il luogo è quanto possa
esservi di meglio per i miei occhi: sotto al mio terrazzo si stende
un grande giardino alberato (verde e ombroso anche d’inverno),
e, oltre il giardino, il mare azzurro cupo, e dietro ancora, il
Vesuvio. Speriamo! Con fedele amore, il vostro F.>>
2
INTRODUZIONE
Pare che la filosofia europea sia una religione, anche uguale
alla filosofia statunitense di Ralph Waldo Emerson ed alle
religioni orientali del Taoismo, senza etica taoista, e del
Buddhismo Zen.
Il progresso culturale procede per gradi.
Come nelle Olimpiadi, ogni intellettuale porta una fiaccola e
la consegna al successore.
Pare che il filosofo Friedrich Nietzsche abbia tratto alcuni
spunti dal filosofo statunitense Ralph Waldo Emerson e dal
saggio cinese Lao-tzu per inventare i concetti dell’eterno ritorno,
della volontà di potenza ed alcune idee del superuomo.
Nietzsche dichiara di avviare una lotta in nome della
mentalità cinese.
Nietzsche scrisse nel suo quaderno di appunti di luglio del
1881, noti con il titolo di Frammenti postumi (1881-1882 ):
<<II [I81] Si avvicina l’epoca nella quale si combatterà la lotta
per il dominio della terra- questa lotta sarà combattuta in nome di
teorie filosofiche fondamentali>> (Nietzsche, luglio 1881, V**,
1965, p. 336).
<<II [200] La storia della filosofia è ancora troppo breve, si tratta
di un inizio; non ha ancora combattuto guerre e raccolto popoli; il
culmine del suo stadio preliminare sono le guerre delle Chiese,
l’epoca della religione è ben lungi dall’essere finita>>. […]
<<Importante, come il monumento più notevole dello spirito della
durata, è la mentalità cinese>> (Nietzsche, luglio 1881, V**,
1965, pp.343-344).
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Pare che il filosofo Martin Heidegger abbia scoperto la
verità su alcuni spunti da Lao-tzu, ma non l’ha potuta dire.
Per neutralizzare Nietzsche, pare che Heidegger abbia ideato
una meditazione (Gelassenheit) anche uguale alla pratica
religiosa del Taoismo e del primo Buddhismo Zen.
Pare che, per farci capire la verità, Heidegger abbia dato
indicazione di pubblicare dopo la sua morte un’intervista al
giornale Der Spiegel, con il titolo Ormai solo un Dio ci può
salvare, in cui Heidegger disse che preparava l’arrivo di un Dio
dalla Cina.
Heidegger disse nell’intervista Ormai solo un Dio ci può
salvare:
<<Ormai solo un Dio ci può salvare. Ci resta, come unica
possibilità, quella di preparare […] una disponibilità
all’apparizione del Dio […]>> (Heidegger, Ormai solo un Dio ci
può salvare, 1976, p. 136).
Dopo le domande del giornalista sul Dio, a cui evitò di
rispondere, Heidegger disse:
<<E chi di noi può mai sapere se un giorno in Russia e in Cina
non si risveglino antichissime tradizioni del “pensare” […]?>>
(Heidegger, Ormai solo un Dio ci può salvare, 1976, pp. 146147).
<<Non è in mio potere decidere fino a dove arriverà il mio
tentativo di pensare e in che modo in futuro possa venire ripreso o
modificato in maniera feconda. […] Per me Holderlin è il poeta
[…] che attende il Dio>> (Heidegger, Ormai solo un Dio ci può
salvare, 1976, pp.146-147).
4
Il Taoismo è una religione non ufficiale della Cina. Il suo
libro base è il Tao Te Ching di Lao-tzu.
Heidegger ed i migliori intellettuali tedeschi apprezzavano il
Taoismo, lo conoscevano grazie alle traduzioni del pastore
cristiano Richard Wilhelm.
Lo psichiatra Carl Gustav Jung scrisse a Richard Wilhelm
in una lettera: << Tu sei troppo importante per il nostro mondo
occidentale. Devo continuare a dirtelo>> (Jung citato in Noll,
1994, p.308).
Hermann Hesse scrisse in Una biblioteca della letteratura
universale:
<<[…] ora cominciò ad uscire una collana di libri cinesi […]
traduzioni dei classici cinesi ad opera di Richard Wilhelm >>
(Hesse, 1929, p.51).
<<I migliori intelletti del mondo culturale tedesco si sono lasciati
toccare […] da questa corrente benefica […], la mediazione cinese
di Richard Wilhelm […]>> (Hesse, 1929, p.53).
Sul sito www.gianfrancobertagni.it, è riportato un brano, che
sintetizza il colloquio tra Martin Heidegger ed il monaco
buddhista Maha Mani, nel quale Heidegger <<dice di essere
spesso in sintonia con Lao-tzu, ma di conoscerlo solo attraverso i
traduttori tedeschi, ad esempio Richard Wilhelm>>.
L’abbandono mistico, ideato da Heidegger, pare che sia
uguale a quello del Taoismo e del primo Buddhismo Zen.
Il non agire taoista è agire spontaneo, senza sforzo.
Richard Wilhelm descrive il non agire taoista ed afferma che
<<la natura umana che agisce spontaneamente>> è <<uguale alla
ragione del mondo>>; Wilhelm scrive anche nel Tao Te Ching:
<<Qui quello che conta è la spontaneità dell’attività; questa
spontaneità è il segreto della VITA di tipo più elevato>> (trad.
Wilhelm, 1921, p.35).
Heidegger scrisse in L’abbandono: <<Non dobbiamo fare
nulla, soltanto restare in attesa>> (Heidegger, 1959, p.50).
5
Restare fermi porta alla spontaneità.
Heidegger scrisse ancora in L’abbandono: <<L’insistenza
nell’abbandono alla contrada sarebbe allora la vera essenza della
spontaneità (Spontaneitat) del pensiero>> (Heidegger, 1959,
p.69).
Esiste una regola: chi riporta una citazione, senza fare
obiezioni, ne condivide il contenuto.
Heidegger si definiva come un vecchio cinese, cioè si
identificava in Lao-tzu e riportò il suo insegnamento di non
agire.
Ernst Junger disse in Conversazioni con Ernst Junger:
<<Sì, in Settanta soffiati via [Siebzig verweht] cito una lettera che
Heidegger mi ha scritto e in cui dice di essere come un vecchio
cinese, preferisce restare a casa sua>> (Hervier, 1986, p.49).
Nella lettera, in cui disse di essere come un vecchio cinese,
Heidegger ha ripetuto l’idea di stare a casa, cioè nel Tao, e di
non agire, che Lao-tzu dice nel paragrafo 47 del Tao Te
Ching:
<<Senza uscire dalla porta, si può conoscere il mondo. Senza
guardare dalla finestra, si può vedere il pensiero del cielo. Più si va
fuori, minore diventa la propria conoscenza. Perciò l’eletto non ha
bisogno di muoversi e tuttavia conosce tutto. Egli non ha bisogno di
vedere, e tuttavia ha tutto chiaro. Egli non ha bisogno d’agire, e
tuttavia completa tutto>> (trad. Wilhelm, 1921, p. 98).
Heidegger invitava anche a non volere nel suo abbandono
mistico. Il non volere era insegnato anche da Lao-tzu. Per Laotzu, non volere è non desiderare.
Heidegger tradusse nelle estati del 1946 e 1947 il Tao Te
Ching con Paolo Siao Sci-Yi.
Paolo Siao Sci-Yi scrisse nel primo paragrafo del suo libro
Il Tao- Te- King di Laotse pubblicato in Italia con l’Editore
Laterza nel 1941: <<[…] essere sempre nel non volere è
vedere il suo recondito (del Tao) essere sempre nel volere è
vedere le sue tendenze […]>> (trad. Siao Sci- Yi, 1941, p.23).
Il non volere è insegnato anche da Lao-tzu.
6
Chuang- tzu, il secondo filosofo taoista, dice:
<<E adesso parliamo della scuola di Coan-yinn e di Laotzu…[…] essi dedussero che le regole dell’umana condotta
dovevano essere la sottomissione [al Principio] , l’accettazione
[dei decreti], il non- volere e il non-agire [individuali ] […]>>
(Chuang-tzu, trad. Wieger, 1950, p. 299).
L’abbandono di Heidegger e il Tao sono entrambi la via e non
hanno nome. Tao viene tradotto con Via.
Heidegger scrisse nel suo libro L’abbandono:
<<L’abbandono allora sarebbe non soltanto la via, ma anche lo
stesso muoversi su questa via>> . […]
<<Ciò a cui diamo un nome prima non ha nome, anche ciò che
chiamiamo: abbandono>> (Heidegger, 1959, p. 58).
Gli stessi concetti li esprime Chuang-tzu, il filosofo taoista
più importante dopo Lao-tzu.
Fausto Tomassini riporta il pensiero di Chuang-tzu nel suo
libro Testi Taoisti:
<<Capitolo XXV, 199 […] Il Tao (via) è il nome di ciò che si
percorre solo metaforicamente>>.
<<L’aver nome e sostanza è lo stato della materia, il non aver
nome e sostanza sta nella vacuità della materia. Possiamo parlarne
e pensarvi, ma più ne parliamo e più ce ne allontaniamo>> (trad.
Tomassini, 1977, p.565).
Pare che, per farci capire la verità, Heidegger abbia dato
indicazione di pubblicare dopo la sua morte un’intervista al
giornale Der Spiegel, con il titolo Ormai solo un Dio ci può
salvare, in cui Heidegger disse che preparava l’arrivo di un Dio
dalla Cina.
Heidegger disse nell’intervista Ormai solo un Dio ci può
salvare:
<<Ormai solo un Dio ci può salvare […]>> (Heidegger, Ormai
solo un Dio ci può salvare, 1976, p. 136).
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Dopo le domande del giornalista sul Dio, a cui evitò di
rispondere, Heidegger disse:
<<E chi di noi può mai sapere se un giorno in Russia e in Cina
non si risveglino antichissime tradizioni del “pensare” […]?>>
(Heidegger, Ormai solo un Dio ci può salvare, 1976, pp. 146147).
<<Non è in mio potere decidere fino a dove arriverà il mio
tentativo di pensare e in che modo in futuro possa venire ripreso o
modificato in maniera feconda. […] Per me Holderlin è il poeta
[…] che attende il Dio>> (Heidegger, Ormai solo un Dio ci può
salvare, 1976, pp.146-147).
Nietzsche era figlio di un sacerdote protestante, conosceva le
religioni. Heidegger era anche teologo.
Pare che le loro filosofie siano religioni, rielaborazioni
personali di idee religiose e filosofiche occidentali ed orientali
precedenti.
Il Taoismo ha principi di etica uguali a quelli delle altre
religioni, invita a fare il bene ed evitare il male.
L’insegnamento più importante del Taoismo, il non agire
(wu-wei), che è agire spontaneo, senza fare sforzi, pare
interpretato male da Nietzsche a causa dei tempi, pare seguito da
Heidegger, è seguito dai nostri fondatori delle psicoterapie
occidentali, Jung, Rogers, Maslow, indirettamente da Perls, dai
romanzieri Hesse e Tolstoj, dal filosofo Buber.
Procederò con un’analisi di alcune opere dei due filosofi
tedeschi e poi esporrò le conseguenze.
Queste scoperte dovrebbero garantire buona salute e serenità alla
popolazione e pace tra i popoli.
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PRIMO CAPITOLO
STUDIO SU RELAZIONE
TRA NIETZSCHE,
HEIDEGGER E TAOISMO
LAO-TZU, L’AMICO DEGLI
INTELLETTUALI TEDESCHI
Pare che Heidegger pensasse che Nietzsche si fosse ispirato
al Taoismo per inventare l’eterno ritorno, ma che non l’abbia
potuto far notare.
Il Taoismo è un messaggio d’interiorità sulla posizione
dell’uomo nel mondo e un cammino di perfezionamento
spirituale, che si rifà agli insegnamenti del maestro Lao-tzu e dei
filosofi Chuang-tzu e Lieh-tzu.
Testo base del Taoismo è il Tao Te Ching di Lao-tzu.
Gli uomini imparano dalla società.
Heidegger aveva imparato il Taoismo cinese nel suo ambiente
sociale.
I migliori intellettuali tedeschi conoscevano il Taoismo,
grazie alle traduzioni del pastore cristiano Richard Wilhelm.
Sul sito www.gianfrancobertagni.it, è riportato un brano di
Heinrich Wiegand Petzet, tratto dalla sua biografia di Martin
Heidegger, che sintetizza il colloquio tra Martin Heidegger ed il
monaco buddhista Maha Mani, nel quale Heidegger <<dice di
essere spesso in sintonia con Lao-tzu, ma di conoscerlo solo
attraverso i traduttori tedeschi, ad esempio Richard Wilhelm>>.
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Lo psichiatra Carl Gustav Jung scrisse a Wilhelm in una
lettera datata 26 aprile 1929: << Tu sei troppo importante per il
nostro mondo occidentale. Devo continuare a dirtelo>> (Jung
citato in Noll, 1994, p.308).
Il Tao Te Ching di Lao- tzu, libro base del Taoismo, era in
cima ai pensieri degli intellettuali tedeschi, Carl Gustav Jung,
Hermann Hesse, Martin Heidegger e altri, grazie alle traduzioni di
Richard Wilhelm.
Hermann Hesse scrisse in Una biblioteca della letteratura
universale:
<< […] il Tao-Tè-Ching di Lao-tzu, uno dei massimi libri
dell’umanità>> (Hesse, 1929, p.41).
<<[…] ora cominciò ad uscire una collana di libri cinesi da me
reputata uno degli avvenimenti più importanti della Germania
d’oggi: […] traduzioni dei classici cinesi ad opera di Richard
Wilhelm. Una delle fioriture più nobili ed elevate della civiltà
umana >> (Hesse, 1929, p.51).
<<I migliori intelletti del mondo culturale tedesco si sono lasciati
toccare […] da questa corrente benefica […], la mediazione cinese
di Richard Wilhelm ha continuato […] a crescere d’efficacia e
d’importanza>> (Hesse, 1929, p.53).
<<Conobbi, grazie alle traduzioni di Richard Wilhelm e di altri, un
mondo senza il quale non saprei più vivere: l’ideale cinese taoista
del saggio e del buono>> (Hesse, 1945, p.128).
Carl Gustav Jung scrisse in Psicoanalisi e psicologia
analitica e in Psicologia e religione:
<<I filosofi cinesi […] erano terribilmente intelligenti, e la
psicologia non smetterà mai di imparare dalle antiche civiltà,
soprattutto da quella indiana e cinese>> (Jung, Psicoanalisi e
psicologia analitica, 1935, p. 81).
<<Temo che il posto migliore dell’esclusiva saggezza e
dell’esclusiva santità si trovi nella letteratura, godono pure lì la
loro grazia incontrastata. Lao-tzu fa un’eccellente e insuperabile
impressione nel Tao-Te-Ching>> (Jung, Psicologia e religione,
1944, p. 586).
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Erich Fromm scrisse in Psicoanalisi e Buddhismo Zen:
<<[…] il pensiero religioso orientale, Taoismo e Buddhismo,
nonché la loro fusione nel Buddhismo Zen, riveste oggi per
l’Occidente tanta importanza>> (Fromm, 1960, p. 88).
Heidegger frequentava la Scuola della saggezza del conte
Hermann Keyserling, un centro di religioni orientali e di
dottrine esoteriche, che organizzava seminari, tenuti anche da
Jung, Wilhelm (Heidegger, 1946, p. 22) ed altri intellettuali.
Lo psichiatra Jung scrisse che Keyserling <<è nel senso
più vero portavoce dello spirito del tempo [Zeitgeist] e più
precisamente dello spirito del tempo proprio dell’uomo
spirituale>> (Jung citato in Noll, 1994, p. 90).
Anche Keyserling ammirava la filosofia cinese, taoista e
confuciana.
Hermann Keyserling scrisse nel suo Diario di viaggio di
un filosofo:
<<Ma non si può negare che nelle opere dei classici taoisti sono
contenute forse le massime più profonde sulla saggezza di vita
dell’intera umanità>> (Keyserling, 1980, p. 47).
<< […] e non esito ad affermare che di tutte le formulazioni
dell’elemento metafisico- reale che sono state individuate finora
solo quelle cinesi meriterebbero l’immortalità>> (Keyserling,
1980, p.48).
Richard Noll scrive in Jung, il profeta ariano: <<Nel 1929
(Keyserling) espresse una grande fiducia nel successo finale
dei pochi che, <<eletti>> su basi metafisiche, dovevano
costituire gli agenti della trasformazione culturale nel mondo
moderno […]>> (Noll, 1994, p. 89).
Forse è un caso, ma Richard Wilhelm chiama l’eletto
l’uomo che mette in pratica l’insegnamento di Lao-tzu, nei suoi
paragrafi e nella sua traduzione.
Richard Wilhelm scrive nel Tao Te Ching:
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<<L’uomo dunque che incarna in sé questa VITA, per così dire
l’uomo ideale, viene indicato in tutto il Tao Te Ching come
Shong Jen. Noi abbiamo tradotto questa espressione con
<<l’eletto>>. Altrove si può trovare anche la traduzione <<il
santo>> >> (trad. Wilhelm, 1921, p.36).
<<L’uomo che viene così attraversato dalle energie della vita
segreta è l’eletto. Quello dell’eletto (Shong Jen) è un concetto
che Lao tzu e Kung tzu condividono […]>> (trad. Wilhelm,
1921, p. 174).
<<L’<<eletto<< è l’uomo conforme al PENSIERO, il
<<beato>>, il <<profeta>>, che in quanto tale è chiamato a
governare il mondo>> (trad. Wilhelm, 1921, p. 222).
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HEIDEGGER ERA COME UN VECCHIO
CINESE, PARE COME LAO-TZU
Heidegger si sentiva come un vecchio cinese, sembra che si
identificasse in Lao-tzu.
In Conversazioni con Ernst Junger, Ernst Junger disse:
<<Sì, in Settanta soffiati via [Siebzig verweht] cito una lettera che
Heidegger mi ha scritto e in cui dice di essere come un vecchio
cinese, preferisce restare a casa sua>> (Hervier, 1986, p.49).
Nella lettera a Junger, in cui disse di essere come un vecchio
cinese, Heidegger ha ripetuto l’idea di Lao-tzu di stare a casa,
cioè nel Tao, e di non agire. Lao-tzu dice nel paragrafo 47 del
suo Tao Te Ching:
<<Senza uscire dalla porta, si può conoscere il mondo. Senza
guardare dalla finestra, si può vedere il pensiero del cielo. Più si
va fuori, minore diventa la propria conoscenza. Perciò l’eletto non
ha bisogno di muoversi e tuttavia conosce tutto. Egli non ha
bisogno di vedere, e tuttavia ha tutto chiaro. Egli non ha bisogno
d’agire, e tuttavia completa tutto>> (trad. Wilhelm, 1921, p.98).
Sul sito www.gianfrancobertagni.it, è riportato un brano di
Heinrich Wiegand Petzet, che sintetizza il colloquio tra Martin
Heidegger ed il monaco buddhista Maha Mani, nel quale
Heidegger <<dice di essere spesso in sintonia con Lao-tzu, ma di
conoscerlo solo attraverso i traduttori tedeschi, ad esempio
Richard Wilhelm>>.
Heidegger tradusse anche il Tao Te Ching di Lao-tzu.
Franco Volpi scrive nel suo saggio Heidegger:
<<Va menzionata la traduzione di Lao-tzu a cui egli (Heidegger)
lavorò con Paul Shih-Yi Hsiao nell’estate del 1946 e in quella del
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1947>> (Volpi, 1997, p.37).
Heidegger conosceva il Taoismo e pare che ritenesse di aver
scoperto che Nietzsche si fosse ispirato segretamente al Taoismo
per elaborare alcuni suoi insegnamenti fondamentali, ma sembra
che Heidegger abbia tenuto il fatto per sé, perché dopo il secondo
conflitto
mondiale
venne
sospeso
dall’insegnamento
universitario ed ebbe problemi.
Probabilmente, se avesse parlato di possibili spunti di
Nietzsche dal Taoismo, sarebbe stato aggredito.
Nell’appendice
della
Lettera
sull’<<umanismo>>,
Heidegger pubblicò una sua lettera al suo traduttore francese, in
cui scrisse che ci sono ambiti nascosti nella filosofia: <<Egregio
Signor Beaufret, […] ho colto l’alto concetto che Lei ha
dell’essenza della filosofia. Qui vi sono ancora ambiti nascosti
che solo in futuro verranno alla luce. Ma ciò accadrà soltanto se
il rigore del pensiero, l’accuratezza del dire e la parsimonia della
parola saranno sottomessi a criteri affatto diversi da quelli
adottati finora>> (Heidegger, 1946, p. 107).
Ci sono ambiti nascosti nella filosofia, che verranno alla luce
in futuro, pare che, per Heidegger, siano le ispirazioni di
Nietzsche dal Taoismo.
Il nazismo ha creato la confusione sulla filosofia di
Nietzsche, perché voleva una legittimazione culturale tramite
Nietzsche.
Nietzsche ammirava gli Ebrei, lui non c’entra con quelle
stragi.
Sotto il nazismo, venne creato un libro di Nietzsche
prendendo frasi dai suoi appunti, ma vennero ignorati altri
appunti di Nietzsche che contenevano la verità sulla sua filosofia.
La verità sulla filosofia di Nietzsche è presente negli appunti
di Nietzsche ignorati, non costituenti libri.
Pare che Heidegger ritenesse di aver scoperto che Nietzsche
si fosse ispirato segretamente al Taoismo per elaborare alcuni
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suoi insegnamenti fondamentali, ma sembra che Heidegger abbia
tenuto il fatto per sé.
Heidegger invitò a leggere gli appunti di Nietzsche del 1881
per scoprire la verità sulla filosofia di Nietzsche.
Heidegger scrisse nel Nietzsche:
<<[…] non potremmo mai arrivare a conoscere quello che
Nietzsche già sapeva e stava preparando e continuamente
ripensava, ma che tenne invece per sé. Solo prendendo visione del
lascito manoscritto si ha un quadro più chiaro>> (Heidegger,
1961, pp. 226-227).
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NIETZSCHE LESSE LAO-TZU; LAO-TZU
INSEGNA L’ETERNO RITORNO; PARE CHE
NIETZSCHE VI SI ISPIRASSE PER FAR
DIVENTARE LA SUA IDEA RELIGIONE
La filosofia è un insieme di concetti su vari argomenti, in
particolare sulla verità.
I concetti sono idee.
I filosofi creano concetti e- diceva Nietzsche- indicano nuovi
modi di vivere.
I concetti sono invenzioni, come Nietzsche scrisse nei
Frammenti postumi dell’agosto del 1881:<< II [240] Con la
stessa certezza per cui i nostri concetti sono invenzioni, sono tali
anche le figure della matematica >> (Nietzsche,V**, 1965, p.
361).
L’eterno ritorno è un’idea.
Quando studiamo Nietzsche, dobbiamo valutare criticamente
le sue osservazioni.
Nietzsche scrisse nella lettera a Carlo Fuchs datata 29 luglio
1888:
<<Scrivendo di me non è affatto necessario <<prender le mie
parti>>. Anzi una dose di curiosità, […] mescolata a un’altra dose
di opposizione ironica, ritengo sia, a mio riguardo, la posizione di
gran lunga più intelligente>> (Lettere di Federico Nietzsche,
1941, pp.279-280).
Nei Frammenti postumi Nietzsche dichiarò che il novanta
per cento della produzione letteraria è rielaborazione, cioè
vengono rielaborate idee formulate da altri studiosi precedenti.
Il giovane Nietzsche ricercava la verità sul senso della vita;
scrisse questa lettera alla sorella:
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<<Si tratta forse per noi di conquistare quelle convinzioni intorno a
Dio, al mondo, alla redenzione che facilitano la vita? O piuttosto
non è indifferente il risultato dell’indagine per chi cerca con
sincerità, non è la conquista della quiete, ma la “verità”, anche se
atroce, anche se spaventevole, lo scopo della ricerca? […] Vuoi
essere un discepolo della verità? Cerca!>> (Lettere di Federico
Nietzsche, 1941, p. 23).
L’anno seguente e gli anni successivi Nietzsche studiò il
Buddhismo.
E considerò Buddha un esempio da introdurre in Occidente:
<<E
comparve
Buddha
ad
insegnare
la
religione
dell’autoredenzione- quanto è ancora lontana l’Europa da questo
grado di civiltà>> (Nietzsche, Aurora e Frammenti postumi 18791881).
Nietzsche riportò anche una sua rielaborazione di un
insegnamento di Buddha, scrisse nella lettera alla madre ed alla
sorella, datata seconda quindicina di giugno 1866:
<<Quanto a noi, la nostra situazione è semplicissima: quando una
casa brucia, non si sta a cercare chi sia l’incendiario; si spegne
l’incendio>> (Lettere di Federico Nietzsche, 1941, p. 29).
Poi Nietzsche iniziò ad ammirare l’interpretazione di Laotzu.
Alberto Castellani scrive nella sua introduzione al suo libro
La regola celeste di Lao-Tse (Tao Te Ching):
<<Nel 1870, tempo della vittoria prussiana, Lao Tsu ha due
traduzioni tedesche: una collo Strass (3), opera soda e accurata, tanto
dal punto di vista filologico che filosofico, l’altra col Plankner (4), la
quale è piuttosto una parafrasi, assai cervellotica a volte, visibilmente
diretta ad abbassare l’opera del Julien >> (trad. Castellani, 1927, pp.
XLVI-XLVII).
Nietzsche lesse il Tao Te Ching di Lao-tzu; indicò Lao-tzu
come uno spirito libero nel suo libro L’anticristo:
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<<(Cristo) In mezzo agli Indiani si sarebbe servito dei concetti del
Sankhya, tra i Cinesi di quelli di Laotse - senza avvertire alcuna
differenza.- Si potrebbe, usando quest’espressione con una certa
tolleranza, chiamare Gesù un “libero spirito”[…]>> (Nietzsche, 1888,
p. 42).
Nietzsche citò Lao-tzu anche nella sua lettera del 31 maggio
1888 :
<<Però devo a queste ultime settimane l’acquisto di una
cognizione essenziale: ho scoperto le <<Leggi di Manu>> in una
traduzione francese, eseguita in India sotto il diretto controllo di
eminenti sacerdoti e di eruditi indiani. […] Anche i Cinesi direi che
abbiano prodotto il loro Confucio e il loro Lao-Tsè sotto l’impressione
di quest’antichissima classica raccolta di leggi>> (Lettere di Federico
Nietzsche, 1941, pp. 275-276).
Nel Taoismo, il Tao è indicato come il Principio (o Energia),
che governa e regola la vita della natura.
Tao è tradotto con il termine Via.
Richard Wilhelm traduce Tao con Senso, ma nel suo Tao Te
Ching pubblicato in Italia Tao è tradotto con il termine Pensiero.
Il Tao gira sempre in cerchio, compie un movimento
circolare e fa ritorno nei punti dove è già passato.
Lao- tzu dice nei paragrafi 25 e 40 del Tao Te Ching:
<<Gira in cerchio e non si compromette.
La si può chiamare la madre del mondo.
Io non conosco il suo nome.
Io la chiamo PENSIERO.
Se proprio devo darle un nome,
io la chiamo grande.
Grande significa che è sempre in movimento.
18
Sempre in movimento significa lontana.
Lontana significa che fa ritorno>>
(Tao Te Ching, paragrafo 25, trad. Wilhelm, 1921, p.73).
<<L’inverso è il movimento del PENSIERO>>
(Tao Te Ching, paragrafo 40, trad. Wilhelm, 1921, p.91).
Richard Wilhelm commenta il passo del paragrafo 40 del
Tao Te Ching: <<L’<<inverso>> è il cerchio>> (trad. Wilhelm,
1921, p. 243).
Duyvendak traduce, con il termine ritorno, il passo del
paragrafo 40 del Tao Te Ching: <<Il ritorno è il movimento della
Via>> (trad. Duyvendak, 1953, p. 104).
Riferendosi al Tao, Richard Wilhelm scrive nel suo Tao Te
Ching: << Poggia su se stesso, è immobile, per sempre
impegnato in un movimento circolare>> (trad. Wilhelm, 1921,
p.143).
Quindi, la vita della natura ritorna a vivere momenti uguali.
Pare che anche Heidegger sapesse che nel Tao Te Ching di
Lao- tzu è presente l’idea dell’eterno ritorno di Nietzsche.
Come abbiamo letto prima, Heidegger tradusse il Tao Te
Ching con uno studioso cinese, Paolo Siao Sci-Yi, nelle estati del
1946 e 1947.
Lo stesso studioso cinese Paolo Siao Sci-Yi ha pubblicato un
Tao Te Ching in Italia con l’Editore Laterza nel 1941, in cui
scrive che il Tao gira e ritorna.
Paolo Siao Sci-Yi traduce in questo modo alcuni passi dei
paragrafi 25 e 40 nel suo libro Il Tao- Te- King di Laotse:
<<vi è qualche cosa di indefinibile
nata prima del cielo e della terra […]
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gira e non fa danni […]
non so il suo nome
sforzandomi lo chiamo Tao
e sforzandomi lo nomino grande
grande significa procedere
procedere significa andar lontano (allontanamento)
andar lontano significa ritorno>>
(trad. Siao Sci-Yi, 1941, p. 64).
<<il ritornare è il movimento del Tao >>
(trad. Siao Sci-Yi, 1941, p. 82).
L’orientalista Giuseppe Tucci notò che nel Taoismo è
presente la stessa intuizione dell’eterno ritorno di Nietzsche.
Giuseppe Tucci scrive in Apologia del Taoismo:
<< E’ perciò un’eterna trasformazione che si svolge nel cosmo e
questa trasformazione è il Tao: la cui forza trascina le cose di
moto in moto e di stato in stato, eternamente. […] non è perciò
altro che un ritorno agli occhi del sereno taoista, il quale ama
paragonare questa continua vicenda di manifestazioni e di
riassorbimento nel Tao all’alterno movimento di un mantice. Chi
si compiace di raffronti potrebbe pensare alla concezione
nietzschiana del ritorno. Ma io non ricordo di aver trovato in
nessuno scrittore taoista qualche cosa che somigli alla famosa
intuizione avuta a Sils-Maria dal Nietzsche nel 1881. E del resto è
spiegabile: se la materia è infinita, eterno il divenire del Tao, che
non subisce interruzioni, com’è invece nella teoria dei kalpa
indiani, o dei (Tucci cita un termine greco) della filosofia greca,
da cui forse Nietzsche trasse la sua ispirazione […]>> (Tucci,
1924, p.69).
Invece, pare che Nietzsche si ispirasse alla filosofia
cinese.
20
Heidegger invitò a leggere gli appunti di Nietzsche
dell’anno 1881, per scoprire la verità. Heidegger scrisse nel
Nietzsche:
<<Ma l’autentica filosofia di Nietzsche, la posizione di fondo
dalla quale egli parla in questi e in tutti gli scritti da lui stesso
pubblicati, non arriva ad assumere una forma definitiva né ad
essere pubblicata come opera, e questo né nel decennio tra il 1879
e il 1889 né negli anni precedenti. Ciò che Nietzsche stesso ha
pubblicato nel corso della sua attività è sempre avanscena. Questo
vale anche per il primo scritto, La nascita della tragedia dallo
spirito della musica (1872). La filosofia vera e propria rimane
dietro le quinte, come <<lascito>>>>(Heidegger, 1961, p. 26).
Heidegger scrisse nel suo libro Nietzsche:
<<Se le nostre conoscenze rimanessero limitate a quanto
Nietzsche pubblicò, non potremmo mai arrivare a conoscere
quello che Nietzsche già sapeva e stava preparando e
continuamente ripensava, ma che tenne invece per sé. Solo
prendendo visione del lascito manoscritto si ha un quadro più
chiaro. I lavori preliminari alla dottrina dell’eterno ritorno sono
stati nel frattempo pubblicati in ordine sparso nei volumi
contenenti gli scritti postumi dell’edizione in ottavo grande (voll.
XII-XVI). Per penetrare realmente nel pensiero fondamentale
dell’autentica filosofia di Nietzsche, è di grande importanza
discernere tra ciò che Nietzsche stesso ha comunicato al riguardo
e ciò che egli tenne per sé>> (Heidegger, 1961, pp. 226-227).
Adesso metto in pratica il suggerimento di Heidegger e
riporto i passi del quaderno di Nietzsche, contenente appunti
di luglio dell’anno 1881, antecedenti alla sua elaborazione
della sua dottrina dell’eterno ritorno.
Si verificherà che Nietzsche scrive di ammirare i Cinesi
taoisti ed il movimento circolare del Principio Supremo, in cui
i Cinesi credevano; iniziò a riflettere sulla necessità di creare
un nuovo tipo di uomo, che poi avrebbe chiamato il
21
superuomo, e dichiarò di voler avviare una lotta di filosofia e
religione in nome della mentalità cinese taoista, nei suoi
appunti, noti come Frammenti postumi V** del luglio 1881.
Solo dopo aver fatto tutte queste dichiarazioni, Nietzsche
parlò di eterno ritorno.
Pertanto pare che si ispirasse al Taoismo.
Nietzsche scriverà anche che il razzismo è una
sciocchezza.
Si ricordi sempre che Nietzsche non era razzista,
ammirava anche gli Ebrei.
La scienza ci insegna che tutti noi discendiamo da uomini
nati con la pelle scura in Africa e da lì spostati nel mondo.
Posso riportare solo brevi passi degli appunti di
Nietzsche, segnati da numeri che dovrebbero essere paragrafi.
I lettori possono leggere gli appunti completi di
Nietzsche, pubblicati dall’Editore Adelphi, per capire.
Nietzsche scrisse nel suo quaderno di appunti di luglio
del 1881, pubblicati in Italia da Adelphi nel volume Idilli di
Messina La gaia scienza e Frammenti postumi (1881-1882 ):
<<II [49] […] (come la Cina) !>> (Nietzsche, luglio 1881, V**,
1965, p.297).
<<II [56] I Cinesi: […]. Sono puliti>> (Nietzsche, luglio 1881,
V** , 1965, p.299).
<<II [63] Chi non crede ad un processo circolare dell’universo,
deve credere al dio […](v. Vogt, p.90)>> (Nietzsche , luglio 1881,
V**, 1965, p.300).
<<II [84] […] non vi è una legge morale […]? […] Il saggio e
l’animale si avvicineranno e produrranno un nuovo tipo nuovo!>>
(Nietzsche, luglio 1881, V**, 1965, p.308).
<< II [II0] I Cinesi […] >> (Nietzsche, luglio 1881, V**, 1965,
p.317).
<<II [II3] Colui che odia o disprezza il sangue straniero, non è
ancora un individuo, bensì una specie di protoplasma umano>>
(Nietzsche, luglio 1881, V**, 1965, p. 318).
22
<<II[I70] […] ciò che i Cinesi riescono a fare con l’albero […]>>
(Nietzsche, luglio 1881, V**, 1965, pp.332-333).
<<II [172] […] l’uomo […] ([…] per esempio in Cina, rimane
quasi immutato […]) >> ( Nietzsche, luglio 1881, V**, 1965, p.
334)
<<II [I81] Si avvicina l’epoca nella quale si combatterà la lotta
per il dominio della terra- […] in nome di teorie filosofiche
fondamentali […]>> (Nietzsche, luglio 1881, V**, 1965, p. 336).
<<II [200] La storia della filosofia è ancora troppo breve, si tratta
di un inizio; non ha ancora combattuto guerre […]; […] l’epoca
della religione è ben lungi dall’essere finita. […]. Importante,
come il monumento più notevole dello spirito della durata, è la
mentalità cinese. [….] lasciamo che i posteri combattano guerre
per le nostre opinioni>> (Nietzsche, luglio 1881, V**, 1965,
pp.343-344).
Dobbiamo stare in pace con ogni popolo della terra.
Nietzsche scrisse queste frasi di ammirazione per i Cinesi
dell’antica Cina, parlò del movimento circolare del Principio
Supremo, dichiarò di avviare lotte di filosofia e religione in
nome della mentalità cinese taoista, nel suo quaderno di appunti
di luglio del 1881.
Perciò pare che Nietzsche traesse spunto dagli antichi
filosofi cinesi taoisti, che avevano parlato del movimento
circolare del Tao, per elaborare la teoria dell’eterno ritorno
dell’uguale.
Solo dopo tali dichiarazioni, solo verso i primi d’agosto del
1881, Nietzsche coniò il termine <<ritorno delle cose>> e scrisse
questo abbozzo negli appunti:
<<II [2I9] Il ritorno delle stesse cose . ABBOZZO […] Il nuovo
centro di gravità: l’eterno ritorno delle stesse cose […] Primi di
agosto 1881 […]>> (Nietzsche, agosto 1881, V**, 1965, p.352).
La data è primi di agosto.
Nietzsche scrive di conoscere il pensiero dell’eterno ritorno,
quindi di averlo letto.
Il 14 agosto 1881, Nietzsche scrisse in una lettera a Peter
Gast:
23
<<Sul mio orizzonte montano pensieri quali ancora io non
conobbi mai, ma di ciò per adesso voglio che nulla trapeli […]>>
(Lettere di Federico Nietzsche, 1941, p. 153).
La curatrice delle lettere, Antonietta Berti, commenta il
passo:
<<(Nietzsche) Aveva avuto fulminea e allucinante l’idea madre
dello Zarathustra, la concezione dell’eterno ritorno>> (Lettere di
Federico Nietzsche, 1941, p. 151).
Ma per Nietzsche conoscere pensieri significava leggerli.
Alludendo all’eterno ritorno, Nietzsche scrisse nei
Frammenti postumi 1882- 1884:
<< 18 [48] Anello del ritorno. Se ho mai sognato di essere il
centro e il meriggio dell’umanità. Se come il rosseggiare delle
vette alpine, ho recuperato tutta la grandezza passata e l’ho fatta
risplendere>> (Nietzsche, VII*, II parte, 1986, p. 238).
Pare che Heidegger pensasse che Nietzsche si era ispirato al
Taoismo per elaborare l’eterno ritorno.
Nel suo libro intitolato Nietzsche, Heidegger riportò molte
frasi di Nietzsche contenenti termini cinesi e allusioni alla
filosofia cinese, ma Heidegger non spiegò altro, invece avrebbe
dovuto far notare che Nietzsche faceva allusioni al Taoismo.
Primo esempio
Nel suo libro intitolato Nietzsche, Heidegger riportò,
senza spiegarlo, il brano 56, con il titolo L’essere religioso,
del libro Al di là del bene e del male, in cui Nietzsche
dichiarava d’avere <<l’occhio asiatico>>, ma non quello
morale di Buddha, quindi aveva l’occhio cinese di Lao- tzu, e
di accogliere l’eterno ritorno dell’uguale:
<<Chi come me, si è sforzato a lungo […] di pensare […].
Chi realmente, con un occhio asiatico e oltreasiatico, ha scrutato
una volta ben addentro e a fondo in questo modo di pensare […]
e non più, come Buddha e Schopenhauer, sotto l’illusorio
24
incantesimo della morale- […] vuole riavere, per tutta l’eternità,
tutto questo, così come esso è stato ed è […]. E non sarebbe
questo- circulus vitiosus deus?>> (Nietzsche citato in Heidegger,
1961, p. 270).
Secondo esempio
Nel Nietzsche, Heidegger riportò questa frase scritta da
Nietzsche: <<Un vecchio cinese diceva di aver sentito dire che i
regni, quando devono andare in rovina, possiedono molte
leggi>> (Nietzsche citato in Heidegger, 1961, p. 788), ma
Heidegger non spiegò altro.
Invece, Heidegger avrebbe dovuto spiegare che, per
Nietzsche, il vecchio cinese era Lao-tzu, che dà l’idea riportata
da Nietzsche.
Lao-tzu dice nel paragrafo 57 del Tao Te Ching: <<Più le
leggi e gli ordini risplendono, più numerosi sono i ladri e i
rapinatori>> (trad. Wilhelm, 1921, p. 108).
Terzo esempio
Nel Nietzsche, Heidegger riportò, senza spiegarla, questa
frase scritta da Nietzsche su un innominabile: <<”Uomo
religioso”, “folle”, “genio”, “delinquente”, “tiranno”- sono nomi
e particolari scadenti al posto di un innominabile>> (XII,
250[VII, 1/1, 59]) (Nietzsche citato in Heidegger, 1961, p. 326).
Innominabile vuol dire senza nome, proprio come insegna il
Taoismo.
Nietzsche si considerava senza nome, scrisse nell’aforisma
382 de La gaia scienza: <<La grande salute. Noi uomini nuovi,
senza nome, difficilmente comprensibili>> (Nietzsche, 1882,
p.319).
I filosofi taoisti non facevano uso di nomi, perché pensavano
che il Tao fosse Innominabile, senza nome, fosse fatto di energia
senza forma, e pensavano che dare nome alle cose facesse
nascere il desiderio per le cose e quindi portasse sofferenza e che
dare nomi portasse continuamente a creare descrizioni illusorie
sempre più slegate dal reale.
25
Heidegger tradusse il Tao Te Ching di Lao-tzu.
Franco Volpi scrive nel suo libro Heidegger: <<Va
menzionata la traduzione di Lao-tzu a cui egli (Heidegger) lavorò
con Paul Shih-Yi Hsiao nell’estate del 1946 e in quella del
1947>> (Volpi, 1997, p.37).
Lo stesso letterato cinese Paolo Siao Sci-Yi pubblicò Il TaoTe- King di Laotse, in Italia con l’Editore Laterza nell’anno 1941,
in cui tradusse in questo modo l’inizio del paragrafo I nel suo
libro Il Tao-Te-King di Laotse:
<<Il Tao di cui si può parlare
non è l’eterno Tao
il nome che può essere nominato
non è l’eterno nome
il senza nome è l’inizio del cielo e della terra>>
(trad. Siao Sci-Yi, 1941, p.23) .
Paolo Siao Sci-Yi tradusse così l’inizio del paragrafo XXXII
in Il Tao-Te-King di Laotse: <<l’eterno Tao è senza nome>> (trad.
Siao Sci-Yi, 1941, p.72).
E Paolo Siao Sci-Yi scrisse ancora in un commento:
<<L’eterno Tao essendo senza alcuna forma particolare non può
essere designato da un nome. Il <<senza nome>> o <<non
nominato>> significa lo spirito>> (trad. Siao Sci- Yi, 1941, p. 26).
Dopo aver tradotto il Tao Te Ching con questo autore cinese,
Heidegger scrive la stessa idea di non usare nomi per l’Essere.
Heidegger scrive nella Lettera sull’<<umanismo>>: <<Se
l’uomo ancora una volta deve ritrovare la vicinanza dell’essere
deve imparare prima ad esistere nell’assenza di nomi>>
(Heidegger, 1946, p.39).
Heidegger sapeva che il Tao è senza nome e che i filosofi
taoisti non usavano nomi.
Quarto esempio
Nel manuale con il titolo Nietzsche (Heidegger, 1961, p.
748), Heidegger riportò la seguente frase scritta da Nietzsche: <<
Si avvicina il tempo in cui sarà ingaggiata la lotta per il dominio
della terra- sarà ingaggiata nel nome di dottrine filosofiche
26
fondamentali>>, ma Heidegger non spiegò altro, invece avrebbe
dovuto anche far notare che Nietzsche faceva la lotta in nome
della mentalità cinese.
Nei Frammenti postumi, Nietzsche scrisse anche:
<<Importante, come il monumento più notevole dello spirito
della durata, è la mentalità cinese […]>> (Nietzsche, luglio 1881,
V**, p.344).
Quinto esempio
Nel suo libro con il titolo Nietzsche, Heidegger riportò,
senza spiegarla, questa frase di Nietzsche: <<<< La necessaria
segretezza del sapiente: la sua consapevolezza di non essere
assolutamente compreso; il suo machiavellismo, la sua freddezza
rispetto alle cose presenti>>(XIII, 37 [VII, II, 127]; 1884) >>
(Nietzsche citato in Heidegger, 1961, p. 243).
Questa frase di Nietzsche contiene insegnamenti del Tao Te
Ching di Lao-tzu.
Riporto un esempio; Nietzsche ha parlato della
consapevolezza del sapiente di non essere compreso. Lao- tzu
dice nel paragrafo 70 del Tao Te Ching: <<Le mie parole sono
facili da capire, facili da mettere in pratica. Ma nessuno sulla
terra può capirle […]. Proprio perché io vengo compreso così
raramente […]>> (trad. Wilhelm, 1921, p. 121).
Abbiamo visto esempi di frasi di Nietzsche, con
insegnamenti cinesi, riportate da Heidegger nel suo libro
Nietzsche.
Pare che Heidegger pensasse che lo spunto di Nietzsche
c’era.
L’eterno ritorno è un’idea, descritta in un libro di religione, il
Tao Te Ching.
Alludendo all’eterno ritorno, Nietzsche scrisse nei Frammenti
postumi 1881-1882:
<< II [263] Guardiamoci dall’insegnare una simile teoria come una
improvvisa religione! Essa deve infiltrarsi lentamente, intere
generazioni debbono lavorare a essa e divenire fertili per essa, affinché
27
diventi un grande albero che proietti la sua ombra su tutta l’umanità
avvenire>> (Nietzsche, V**, 1965, p.367).
Nietzsche scrisse che la sua morale era la purificazione dalla
vendetta.
Alludendo sempre all’eterno ritorno, Nietzsche scrisse
ancora nei Frammenti postumi 1881- 1882:
<<II [265] Questa teoria è mite verso coloro che non vi credono,
non conosce inferni e minacce. Chi non ci crede, porta nella sua
coscienza una vita fugace>> (Nietzsche, V**, 1965, p. 367).
Nietzsche scrisse ancora nei Frammenti postumi 1881- 1882:
<< II [351] Voglio difendere in anticipo il mio pensiero! Esso
deve essere la religione delle anime più libere, serene e sublimiun’amena valle erbosa tra i ghiacci indorati dal sole e sotto un
cielo puro>>
(Nietzsche, V**, 1965, p. 392).
Nietzsche creò il suo personaggio Zarathustra come
insegnante dell’eterno ritorno.
Nietzsche scrive in Canzoni del principe Vogelfrei,
nell’appendice de La gaia scienza e Idilli di Messina:
<< E d’improvviso, amica! Ecco che l’Uno divenne Due- e
Zarathustra mi passò vicino>> (Nietzsche, 1882, p. 333).
Tale concetto che <<l’Uno divenne Due>> è presente pure
nel Tao Te Ching.
Lao-tzu dice nel paragrafo 42 del Tao Te Ching:
<< Il Tao generò l’Uno, l’Uno generò il Due>> (trad. Tomassini,
1977, p. 93).
Pertanto, pare che Zarathustra rappresenti anche Lao-tzu.
Pare che Nietzsche fece un grave errore, voleva contrastare
il nostro Cristianesimo.
Nietzsche scrisse in una lettera a Peter Gast del 26 agosto
1883:
28
<<[…] aut Christus aut Zarathustra! […] io sono uno dei più
terribili avversari del Cristianesimo, e ho trovato un modo di aggredirlo
di cui neanche Voltaire aveva la più lontana idea…>> (Lettere di
Federico Nietzsche, 1941, p. 185).
Nietzsche ha citato Voltaire. Nel suo Dizionario filosofico,
Voltaire riporta il Catechismo cinese.
Nietzsche aveva intenzione di portare la conoscenza
dell’Oriente in Occidente.
Pare che all’inizio considerava un esempio da ammirare
l’autoredenzione di Buddha, poi iniziò ad ammirare quella di
Lao-tzu.
Nietzsche scrisse nei Frammenti postumi 1884: <<26 [317]
Bisogna che impari a pensare in modo più orientale sulla
conoscenza. Visione complessiva orientale dell’Europa>>
(Nietzsche, VII**, 1976, p.213).
29
IL SUPERUOMO DI NIETZSCHE E’ UNA
RIELABORAZIONE PERSONALE, MA PARE
CHE SIA ANCHE UNA MISCELA DI
INSEGNAMENTI
DEL
FILOSOFO
STATUNITENSE EMERSON E DEL SAGGIO
CINESE LAO-TZU
Noi siamo tutti figli di Dio, con un tesoro dentro, con diritti
inviolabili ed una dignità infinita.
La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea è
Cultura, tutela i diritti della dignità, libertà, uguaglianza,
solidarietà, cittadinanza, giustizia.
Il progresso culturale procede per gradi.
Pare che Nietzsche, probabilmente, traesse l’idea del
superuomo dal filosofo statunitense Ralph Waldo Emerson, un
ex-pastore cristiano protestante, che Nietzsche ammirava e
considerava <<l’americano più fecondo>>.
Emerson parlò di Superanima che pervade l’universo e si
manifestava in uomini rappresentativi e descrisse altri
insegnamenti, che poi verranno ripresi da Nietzsche.
Emerson creò il concetto di dire di sì alla vita, scrisse: << A
volte abbiamo la forza di dire di sì alla vita. Allora la pace ci
colma e ci rende completi>> (Emerson citato in Shoshanna,
2004, p. 32).
Emerson invitava ad essere ciò che si è, scrisse in La guida
della vita: << Il segreto della coltura sta nell’imparare che pochi
punti importanti costantemente ricompaiono […] e che di questi
pochi solo conviene tener conto- evitare cioè tutti i falsi legami,
avere il coraggio di essere quel che si è […]>> (Emerson, 1860,
p.182).
Anche Nietzsche avrebbe ripetuto le stesse idee: dire di sì
alla vita, diventare ciò che si è.
Il superuomo dice di sì alla vita, accetta l’eterno ritorno.
Nietzsche iniziò il suo libro La gaia scienza con una
citazione di Emerson.
30
Anche Emerson aveva dato alcuni insegnamenti uguali a
quelli del cinese Lao- tzu: non avere nomi, meno leggi (si veda
Emerson, 1860, p. 158; Emerson, 1841-1844, p. 247).
Nell’antica Cina, vi erano molte scuole.
Confucio aveva una scuola differente da quella di Lao-tzu.
Le due scuole di Confucio e Lao-tzu avevano ambiti
differenti di applicazione, la prima per l’organizzazione della
società, la seconda per l’interiorità, e tra di esse non ci furono
scontri.
Per il Tao, nessun uomo è migliore di un altro.
Nietzsche fece l’errore di vedere solo in Lao- tzu e negli
asceti taoisti cinesi degli individui superiori.
Nietzsche ammirava l’ascesi, scrisse in Genealogia della
morale: <<Tutto il mio rispetto per l’ideale ascetico […]>>.
Nietzsche citò Lao-tzu, indicandolo come uno spirito libero,
che riteneva superiore al filosofo, scrisse nel suo libro
L’anticristo:
<<(Cristo) In mezzo agli Indiani si sarebbe servito dei concetti
del Sankhya, tra i Cinesi di quelli di Laotse- senza avvertire
alcuna differenza.- Si potrebbe, usando quest’espressione con una
certa tolleranza, chiamare Gesù un “libero spirito”[…]>>
(Nietzsche, 1888, p. 42).
Nietzsche scrisse che il superuomo era in molte civiltà,
anche in quella cinese, scrisse nei suoi Frammenti postumi 18871888:
<<II [413] IL SUPERUOMO Il mio problema non è di stabilire
che cosa possa prendere il posto dell’uomo, bensì quale specie di
uomo debba essere scelta, voluta, allevata come specie di valore
superiore…[…] In un altro senso si verifica una continua riuscita
di singoli casi nei più diversi luoghi della terra e sulla base delle
più diverse civiltà, casi in cui realmente si presenta un tipo
superiore, qualcosa che in relazione all’umanità nel suo
complesso è una specie di <<superuomo>>. […] Dai più antichi
tempi che possiamo immaginare, dai tempi della civiltà indiana,
egiziana e cinese sino a oggi il tipo superiore di uomo è assai più
omogeneo di quanto si pensi…>> (Nietzsche, 1887, VIII**, 1971,
p.394).
31
Fumare oppio è un comportamento nocivo da evitare, ma
Nietzsche collegava mentalmente il suo superuomo con i Cinesi,
che fumano oppio.
Nietzsche scrisse nei Frammenti postumi 1881-1882:
<<II [56] I Cinesi: senza pudore, senza pregiudizi,
chiacchieroni, moderati; le loro passioni: oppio, giuoco, donne.
Sono puliti>> (Nietzsche, luglio 1881, V** , 1965, p.299).
Nietzsche scrisse ancora nei Frammenti postumi 1882-1884:
<< 4 [75] Nel superuomo si trovano per sovrabbondanza di vita
le stesse manifestazioni che si conoscono nei fumatori di oppio e
la follia e la danza dionisiaca>> (Nietzsche, VII*, parte prima,
1982, p.125).
Per Nietzsche, il superuomo ha un agire antitetico all’ultimo
uomo.
Pare che Nietzsche abbia fatto l’errore di vedere nei taoisti
cinesi Lao- tzu e Chuang- tzu degli individui superiori e in
Confucio un <<ultimo uomo>>.
Confucio insegnava la morale.
I giudizi di Nietzsche su Confucio sono errati, vanno
rifiutati.
Avere norme morali ed un giusto agire morale è
indispensabile per individuarsi (per sviluppare se stessi e
diventare ciò che si è potenzialmente), per avere serenità mentale
e per vivere in pace in un gruppo sociale.
Gli uomini raggiungono obiettivi, solo se si aggregano in
gruppi.
La partecipazione a gruppi rende più forti, consente di
trovare soluzioni per conservare la vita e vivere più a lungo.
Alcuni giudizi di Nietzsche vanno analizzati.
Per esempio, Nietzsche ammirava tanto la conoscenza.
Invece Lao-tzu era anticulturale, invitava ad abbandonare lo
32
studio. Chuang-tzu affermava che i libri erano lo sterco degli
antichi.
Nietzsche avrebbe dovuto ammirare il pensiero di Confucio,
che esaltava lo studio, invitava a studiare.
Riporto giudizi errati di Nietzsche su Confucio, per
dimostrare le tesi del saggio.
I giudizi di Nietzsche sono errati, vanno rifiutati.
E’ necessario spiegare che nei libri pubblicati in Italia è
scritto che il Taoismo rifiutava la morale confuciana, che per
ogni azione prevedeva un complesso rito di cerimonie, ma il
Taoismo insegnava un gruppo di principi di etica.
Nietzsche scrisse nei Frammenti postumi 1882-1884:
<<4[204]* (La vita velata) un giovinetto pallido certe persone non
le scoprirai mai pino (ultimo uomo: una specie di cinese)>>
(Nietzsche, 1882, VII*, parte prima, 1982, p.154).
Nietzsche scrisse nel Crepuscolo degli idoli: <<La morale
dell’allevamento e quella dell’addomesticamento sono
perfettamente degne l’una dell’altra nei mezzi con cui si
imposero […]. Né Manu, né Platone, né Confucio […] hanno
mai dubitato del loro diritto alla menzogna>> (Nietzsche,
Crepuscolo degli idoli, 1889, p. 71).
Nietzsche scrisse in uno dei Frammenti postumi: << La
morale è volontà di potenza DI CHI? […] Un movimento simile
in Cina>>.
Avere un retto agire morale è indispensabile per individuarsi
(diventare ciò che si è potenzialmente) , per avere serenità
mentale e vivere in pace gruppo.
Gli uomini raggiungono obiettivi, solo se si uniscono in
gruppi.
E’ necessario spiegare che nei libri pubblicati in Italia è
scritto che il Taoismo rifiutava la morale confuciana, che per
ogni azione prevedeva un complesso rito di cerimonie, ma il
33
Taoismo insegnava un gruppo di principi di etica.
Nietzsche fece un’allusione al Taoismo, che non ha una
morale, ma principi di etica, quando scrisse nei suoi appunti
della primavera del 1883, pubblicati da Adelphi nel volume
Frammenti postumi 1882-1884: <<7 [170] La LOTTA delle
diverse morali è un mezzo del loro sviluppo. Morali rimaste
ferme (cinese)>> (Nietzsche, 1883, VII*, parte prima, 1982 p.
282).
Pare che Nietzsche svalutasse l’insegnamento di Confucio
ed ammirasse quello dei filosofi taoisti, in particolare di Chuangtzu, anche nel Così parlò Zarathustra.
Si noti bene, Marcel Granet riportò una frase di Confucio,
scrisse in Il pensiero cinese:
<<Confucio non esitava a sostenere che per i puri tutto è puro>>
(Granet, 1934, p. 358).
Nietzsche riportò tale insegnamento di Confucio, “per i puri
tutto è puro” giudicandolo negativamente, nel Così parlò
Zarathustra, quando Nietzsche scrisse:
<<”Tutto è puro per il puro” così parla il popolo. Io però vi dico:
per i porci tutto diventa porco […]. Giacché tutti costoro sono di
spirito immondo […]>> (Nietzsche, 1883, p. 240).
Invece il filosofo taoista Chuang-tzu disse: << Si deve
lasciare il mondo a se stesso, essere tolleranti verso di esso e non
governarlo. Lo si deve lasciare a se stesso>> (Chuang-tzu, trad.
Laurenti e Leverd, 1969, p. 90).
E pare che Nietzsche alludesse a lui, a Chuang-tzu, quando
scrisse subito dopo nel Così parlò Zarathustra:
<< Da devoti abitatori di un mondo dietro il mondo ho udito
pronunciare queste sentenze, e invero senza malignità e senza
ipocrisia, sebbene nulla al mondo vi sia di più ipocrita e maligno.
“Lascia che il mondo vada come vuole! Non sollevare un dito
contro!”>> (Nietzsche, 1883, p. 240).
34
Pare che alcune frasi di Nietzsche vadano interpretate in
base anche al Taoismo, altrimenti potrebbero dare luogo a
fraintendimenti.
Per esempio, Nietzsche scrive che ha il compito della
<<disumanizzazione della natura>>, ma tale idea è presente
anche in Lao-tzu.
Nietzsche scrive nei Frammenti postumi 1881-1882: <<Il
mio compito: la disumanizzazione della natura e poi la
naturalizzazione dell’uomo, una volta che egli sia giunto al
puro concetto di <<natura>>>>(Nietzsche, V**, 1965, p.379).
Lao-tzu dice nel paragrafo 5 del Tao Te Ching: <<Il cielo e
la terra sono inumani […]>> (trad. Duyvendak, 1953, p. 37).
Duyvendak commenta: << Lao-tzu si oppone alla nozione
confuciana di jen (28) <<umanità>> (si vedano i capp. XVIII,
XIX, XXXVIII). Il jen, la qualità morale, non è inerente <<al
cielo e alla terra>>, vale a dire alla natura. Quest’ultima tratta
ogni cosa e ogni essere con totale indifferenza e lascia che
ciascuno compia la sua funzione nell’insieme>> (trad.
Duyvendak, 1953, p. 37).
Richard Wilhelm traduce in questo modo l’inizio del
paragrafo 5 del Tao Te Ching: <<Cielo e terra non sono buoni
[…] >> (trad. Wilhelm, 1921, p. 53).
Wilhelm commenta in un passo: <<Cielo e Terra non
hanno sentimenti umani di amore>> (trad. Wilhelm, 1921, p.
138).
Pare che alcune frasi di Nietzsche vadano interpretate in
base al Taoismo, altrimenti potrebbero dare luogo a
fraintendimenti.
Secondo me, l’universo ha un ordine etico.
Dio è Mente Intelligente ed Etica che governa l’universo
ed opera anche con la legge del karma.
35
PARE CHE LA VOLONTA’ DI POTENZA DI
NIETZSCHE SIA LA VIRTU’ DEL TAOISMO,
L’ENERGIA VITALE DEL TAO IN OGNUNO
Il Taoismo chiama la virtù (te) forza, energia vitale, ma
anche potenza, proprio come Nietzsche.
Fausto Tomassini
scrive nel suo commento al Tao Te
Ching: << Nella terminologia taoista la parola te (virtù) non ha
un significato morale, bensì quello di <<vigore, potenza, facoltà,
efficacia>>>> (trad. Tomassini, 1977, p.8).
Nietzsche, avendo avviato una lotta di idee in nome della
mentalità cinese taoista, scrisse nei Frammenti postumi 18811882:
<<II [201] L’uomo più libero ha in sé il massimo sentimento di
potenza, conosce massimamente se stesso, ordina massimamente
le lotte necessarie delle sue energie>> (Nietzsche, luglio 1881,
V**, 1965, p. 345).
Nietzsche scrive ancora nei Frammenti postumi 1885-1887:
<< Il punto di vista natural-egoistico: virtù e potenza sono la
stessa cosa>> (Nietzsche, VIII*, 1975, p. 248).
E ancora Nietzsche scrive nei Frammenti postumi 18811882: <<17 [35] La virtù è forza interiore […]>>
(Nietzsche,1882, V**, 1965, p. 465).
Per Lao-tzu, la virtù era energia o forza o potenza, non aveva
senso morale.
Pare che Nietzsche lo sapesse.
Nietzsche scrisse nei Frammenti postumi 1887- 1888:
<< II [414] […] Che cos’è felicità? […] Non contentezza, ma più
potenza; […] non virtù, ma eccellenza (virtù nello stile del
Rinascimento, virtù,*virtù non inacidita dalla morale>>
(Nietzsche, VIII*, 1971, p. 395).
36
Nietzsche scrisse nei Frammenti postumi 1882-1884, VII*,
parte prima:
<<7 [170] Morali rimaste ferme (cinese)>> (Nietzsche, 1883,
VII*, 1982, p. 282).
Per Nietzsche, come per il Taoismo, il Logos è forza, che
gira in cerchio e regola la vita della natura, e l’uomo è forza.
Per il Taoismo, la forza (o energia vitale o potenza) viene
costantemente dalla pratica del non agire taoista (wu-wei).
37
IL NON AGIRE (WU-WEI) DEL TAOISMO
PARE INTERPRETATO MALE DA NIETZSCHE,
SEMBRA
ACCOLTO
E
SEGUITO
DA
HEIDEGGER, E’ SEGUITO DA FONDATORI DI
PSICOTERAPIE
OCCIDENTALI
E
INTELLETTUALI
Il Tao è indicato come il Principio (o Energia), che governa
e regola la vita della natura.
Il Tao ha un’unica legge, il non agire (wu-wei), che non è
inazione, ma è agire spontaneo, senza sforzo.
Il Tao regola la vita della natura, con un agire spontaneo,
senza sforzo.
Secondo il Taoismo, l’uomo deve prendere a modello il Tao
e praticare il non agire.
Il non agire taoista è l’agire più elevato, è agire spontaneo,
senza sforzo, è entrare in sintonia con gli influssi cosmici e
consiste nel realizzare con spontaneità la propria essenza in
accordo con il Tao.
Richard Wilhelm descrive il non agire taoista ed afferma che
<<la natura umana che agisce spontaneamente>> è <<uguale alla
ragione del mondo>>; Wilhelm scrive anche nel Tao Te Ching:
<<Qui quello che conta è la spontaneità dell’attività; questa
spontaneità è il segreto della VITA di tipo più elevato>> (trad.
Wilhelm, 1921, p.35).
Questo agire spontaneo, presente nei filosofi taoisti (Lao-tzu,
Chuang-tzu, Lieh-tzu), è presente anche in Confucio, ma in lui si
realizza anche mettendo in pratica le norme morali in società
(quindi è giusto).
Lo psichiatra Gianfranco Tedeschi scrive in Il Tao nella
psicologia:
<<Anche Confucio, al pari del taoismo, ha dato particolare rilievo
alla realizzazione del Sé. Tra le varie virtù egli ha a cuore quella
della sincerità, dell’essere veri. Chi è sincero, egli dice, realizza la
38
propria natura e aiuta gli altri a realizzare la loro, chi è sincero è
nella Via, ossia nel tao, la legge del Cielo è la sincerità>>
(Tedeschi, 1993, p. 73).
Gianfranco Tedeschi scrive ancora in Il Tao nella psicologia:
<<Pochi giorni prima della sua morte chiesi a Bernard quale fosse
il segreto della vita, ed egli mi rispose: l’abbandono alla
Provvidenza divina, non c’è altro che l’abbandono alla
Provvidenza divina, equivalente giudeo-cristiano del tao>>
(Tedeschi, 1993, p.57).
L’abbandono mistico al Tao è l’equivalente del nostro fare la
Volontà di Dio, come è scritto nel Padre Nostro e nel Vangelo
(Gv 6, 37-39; Mt 6, 26-34).
Pare che il non agire taoista fosse interpretato male da
Nietzsche, da lui accolto letteralmente a causa dei tempi e delle
traduzioni inesatte, ma sembra che fosse accolto e seguito
giustamente da Heidegger.
Il non agire taoista è accolto dai nostri fondatori di
psicoterapie occidentali e romanzieri.
Come vedremo, nella psicologia occidentale, il non agire del
Taoismo, che è agire spontaneo e senza sforzo, era seguito dagli
psicologi statunitensi Carl Rogers (si veda Un modo di essere,
1980, pp. 41-42 ) e Abraham Maslow (Motivazione e
personalità, 1954, pp.224-225) e dallo psichiatra svizzero Carl
Gustav Jung (Studi sull’alchimia, 1938, p. 28).
Lo psichiatra statunitense Alexander Lowen afferma che la
sua psicoterapia, la bioenergetica, ha lo stesso scopo di armonia
interna ed esterna del Taoismo, con gli stessi mezzi (Lowen,
1975, p. 62).
Nella letteratura occidentale, il non agire taoista era praticato
dai romanzieri Lev Tolstoj (si veda Tao Te Ching di Richard
Wilhelm, 1921, p. 26) ed Hermann Hesse (Siddharta, 1969,
p.97) e dal filosofo Martin Buber (Un modo di essere di Carl
Rogers, 1980, pp.41-42).
39
Nietzsche ed il non agire
Pare che nel 1882 Nietzsche riflettesse sul non agire taoista,
ma probabilmente lo interpretò in modo inesatto, nel senso di
inazione.
Ai tempi di Nietzsche, non c’erano tante traduzioni, come
oggi.
Giorgio Renato Franci, che aveva studiato sotto la
supervisione di Giuseppe Tucci, mi consigliò di studiare
Tomassini per il Taoismo.
I letterati che conoscono la lingua cinese e vogliono tradurre
il Tao Te Ching devono studiare gli antichi commenti di Wang Pi
e Ho-shang Kung, che in Italia sono riportati nel Tao Te Ching
curato da Fausto Tomassini (1977).
Tomassini (1977, p. XVIII) riporta anche un elenco delle
migliori versioni del Tao Te Ching, quella di Richard Wilhelm e
altri.
Per Nietzsche, il non agire era il male, perché lui doveva
creare.
Nietzsche scrisse nei Frammenti postumi 1882- 1884:
<<210 Se non creassi ma soltanto conoscessi, odierei la vita. 211.
Per me il male è: non agire, lasciar andare, non creare, non
distruggere. Così pure l’uomo della conoscenza in quanto sia
privo di desiderio. 212. Il vuoto, l’uno, l’immoto, il pieno la
sazietà, il nulla volere- questo sarebbe il male per me: insomma: il
sonno senza sogno>> (Nietzsche VII*, prima parte, 1982, p. 198).
Invece, pare che nella primavera del 1888 l’ultimo Nietzsche
trovasse valido il non agire, ma sempre interpretandolo in modo
letterale, scrisse questi passi nei Frammenti postumi 1888-1889:
<<14 [67] La donna reagisce più lentamente dell’uomo, il Cinese
più lentamente dell’Europeo…>> (Nietzsche, 1888, VIII***,
1974, p. 42).
<<14[102] […] Tutte le pratiche degli ordini, dei filosofi solitari
e dei fachiri sono ispirate dal giusto criterio secondo cui un certo
tipo d’uomo giova tanto più a se stesso, quanto gli si impedisce di
agire>> (Nietzsche, 1888, VIII***, 1974, p. 69).
40
<<14 [107] Non si deve agire-dicevano i loro più coerenti fratelli,
i buddhisti, e idearono una norma per sbarazzarsi dell’agire…>>
(Nietzsche, 1888, VIII***, 1974, p. 75).
<<15[8] […] il Cinese è un tipo più riuscito, più capace di durata
dell’Europeo…>> (Nietzsche, 1888, VIII***, 1974, p.199).
Ogni uomo è sacro.
Non riporto la descrizione della disciplina etica eseguita dal
giovane Nietzsche, riportata nelle sue lettere, e la sua pratica di
meditazione.
Nietzsche, con il suo respiro, accettava l’eterno ritorno
dell’uguale.
Tale pratica meditativa dà estasi, ma è nascosta alla filosofia,
spiega Heidegger (Heidegger, 1946, p.59).
La pratica di meditazione conduce al vuoto (o Nirvana), che
Nietzsche e Heidegger chiamano anche niente o nulla.
Il vuoto è energia.
Il vuoto è il Nirvana (o il Tao dei primi maestri Zen), ma c’è
una differenza.
Per Heidegger, il vuoto è un bene.
Per Nietzsche, il vuoto è un male, perché lui doveva creare.
Il Tao è immaginato dalla filosofia cinese come un mantice,
che emette il soffio.
Il soffio è il ch’i, è aria pura o etere.
Il Tao gira in cerchio.
Pare che tale interpretazione sia accolta da Nietzsche, che
scrive nel Così parlò Zarathustra: <<Se mai giunse a me un
soffio del soffio creatore di quella celeste necessità, che
costringe anche le causalità a danzare un girotondo di stelle>>
(Nietzsche, 1883, p. 270).
Il Tao è immaginato come un mantice.
Probabilmente, tale interpretazione è accolta da Nietzsche,
quando scrive nel Così parlò Zarathustra: <<Dignità virtuosa!
Dignità europea! Soffia, soffia di nuovo, Mantice della virtù>>
(Nietzsche, 1883, p. 360).
Il Tao è vuoto.
Il vuoto, chiamato anche niente e nulla da Nietzsche e
Heidegger, corrisponde al Nirvana (o al Tao dei primi maestri
Zen).
41
Nietzsche scrisse nei Frammenti postumi 1882- 1884: <<
21 [6] […] al pensiero più grande: Nirvana, il pensare a nulla
che rende beati>> (Nietzsche, VII*, parte II, 1986, p. 265).
Nietzsche scrisse ancora in Genealogia della morale: <<Il
nulla in tutte le religioni pessimistiche è chiamato Dio>>
(Nietzsche, 1887, p. 265).
Il niente è anche il vuoto (o Nirvana) dell’Oriente, ce lo
spiega lo stesso Heidegger in una sua lettera del 1969.
Nel 1969, nella prefazione alla traduzione francese
di<<Che cos’è metafisica?>> di Roger Munier, Heidegger
scrisse:
<<Caro signor Munier, La ringrazio innanzitutto per la nuova
traduzione della mia Prolusione Che cos’è metafisica […]. La
reazione allo scritto, in Europa, lo tacciò di nichilismo e di ostilità
nei confronti della <<logica>>. Nell’Estremo Oriente si trovò in
esso, nell’espressione <<Niente>> correttamente intesa, la parola per
l’essere >> (Heidegger, 1929, p. 127).
Per Heidegger, il vuoto è bene.
Per Nietzsche, il vuoto era male, perché lui preferiva
creare.
Nietzsche scrisse nei Frammenti postumi 1882- 1884:
<<210 Se non creassi ma soltanto conoscessi, odierei la vita. 211.
Per me il male è: non agire, lasciar andare, non creare, non
distruggere. Così pure l’uomo della conoscenza in quanto sia privo
di desiderio. 212. Il vuoto, l’uno, l’immoto, il pieno la sazietà, il
nulla volere- questo sarebbe il male per me: insomma: il sonno senza
sogno>> (Nietzsche, VII*, prima parte, 1982, p. 198).
Heidegger ed il non agire
Marcel Granet scrive in Il pensiero cinese: <<[…] il Tao
(come il Cielo, cioè la Natura) è immaginato come il principio
immanente della spontaneità universale>> (Granet, 1934, p.
391).
42
Pare che lo psichiatra Carl Gustav Jung volesse fare del Tao
un Dio.
James Hillman disse che Jung voleva fare della spontaneità
un Dio, ma Hillman invitò ad abbandonare l’idea ritenendo che
spontaneità fosse parola vuota.
Invece, il Tao <<è per antonomasia presente nel mondo
come spontaneità>>, scrisse nel suo Tao Te Ching il sinologo
Richard Wilhelm (trad. Wilhelm, 1921, p.37), stretto amico di
Jung.
Nell’abbandono mistico, ideato da Heidegger, ci sono gli
insegnamenti del non agire e dell’agire spontaneo.
Heidegger scrisse in L’abbandono: <<Non dobbiamo fare
nulla, soltanto restare in attesa>> (Heidegger, 1959, p.50).
Restare fermi porta alla spontaneità.
Heidegger scrisse ancora in L’abbandono: <<L’insistenza
nell’abbandono alla contrada sarebbe allora la vera essenza della
spontaneità (Spontaneitat) del pensiero>> (Heidegger, 1959,
p.69).
Esiste una regola: chi riporta una citazione, senza fare
obiezioni, ne condivide il contenuto.
Heidegger si definiva come un vecchio cinese, cioè si
identificava in Lao-tzu e riportò il suo insegnamento di non
agire.
Ernst Junger disse in Conversazioni con Ernst Junger:
<<Sì, in Settanta soffiati via [Siebzig verweht] cito una lettera che
Heidegger mi ha scritto e in cui dice di essere come un vecchio
cinese, preferisce restare a casa sua>> (Hervier, 1986, p.49).
Heidegger ha riportato l’idea di stare a casa, cioè nel Tao, e
di non agire, che Lao-tzu dice nel paragrafo 47 del Tao Te
Ching:
<<Senza uscire dalla porta, si può conoscere il mondo. Senza
guardare dalla finestra, si può vedere il pensiero del cielo. Più si
va fuori, minore diventa la propria conoscenza. Perciò l’eletto non
ha bisogno di muoversi e tuttavia conosce tutto. Egli non ha
bisogno di vedere, e tuttavia ha tutto chiaro. Egli non ha bisogno
43
d’agire, e tuttavia completa tutto>> (trad. Wilhelm, 1921, p. 98).
Heidegger tradusse nelle estati del 1946 e 1947 il Tao Te
Ching con Paolo Siao Sci-Yi, che pubblicò in Italia Il Tao- TeKing di Laotse con l’Editore Laterza nel 1941 e che usava
anche il termine <<non volere>> , oltre al <<non agire>>.
Paolo Siao Sci-Yi scrisse nel primo paragrafo del suo libro
Il Tao- Te- King di Laotse pubblicato in Italia con l’Editore
Laterza nel 1941: <<[…] essere sempre nel non volere è
vedere il suo recondito (del Tao) essere sempre nel volere è
vedere le sue tendenze […]>> (trad. Siao Sci- Yi, 1941, p.23).
Il non volere è insegnato anche da Lao-tzu.
Chuang- tzu, il secondo filosofo taoista, dice:
<<E adesso parliamo della scuola di Coan-yinn e di Laotzu…[…] Dal principio dell’essere, dall’unione universale, essi
dedussero che le regole dell’umana condotta dovevano essere la
sottomissione [al Principio] , l’accettazione [dei decreti], il nonvolere e il non-agire [individuali ], il lasciar fare per non
nuocere>> (Chuang-tzu, trad. Wieger, 1950, p. 299).
Heidegger doveva neutralizzare Nietzsche.
Jung ed il non agire
Lo psichiatra Carl Gustav Jung accolse il principio del non
agire taoista.
Jung scrisse in Studi sull’alchimia:
<<Che cosa hanno fatto dunque questi individui per provocare tale
processo risolutivo? Per quanto ho potuto vedere io, non hanno
fatto proprio nulla (wu wei), ma hanno lasciato accadere, come
insegna il maestro Lu Tzu, poiché la luce circola secondo le sue
leggi, se non si abbandonano le proprie abituali occupazioni. Il
lasciare agire, il fare nel non fare, l’abbandonarsi del maestro
Eckhart è diventato per me la chiave che dischiude la porta verso la
44
via: bisogna essere psichicamente in grado di lasciar accadere.
Questa è per noi una vera arte, che quasi nessuno conosce>> (Jung,
1938, p. 28).
Rogers ed il non agire
Lo psicologo statunitense Carl Rogers afferma che lui ed il
filosofo Martin Buber accolgono il non agire di Lao-tzu.
Posso riportare solo brevi passi.
I lettori possono leggere il libro Un modo di essere, di Rogers,
pubblicato dall’Editore Psycho, per capire.
Carl Rogers scrive in Un modo di essere:
<<[…] ho tratto grande gioia dagli insegnamenti del buddismo,
dello Zen, e particolarmente dalle massime di Lao-Tse, il saggio
cinese […] . […] Una massima unisce due dei pensatori che
prediligo. Martin Buber si è sforzato di spiegare il principio taoista
del wuwei, che è l’agire dell’essere totale, e tuttavia così privo di
sforzo nel suo punto di massima efficacia che è spesso chiamato
principio di “non-azione”, un termine in sé piuttosto fuorviante.
Buber, nello spiegare questo concetto, dice:
[…] L’uomo perfetto…non interferisce nella vita degli esseri […]
ma <<aiuta tutti gli esseri verso la loro libertà>> (Lao Tse). […]
egli […] promuove la loro natura e il loro destino, libera in essi il
Tao. (Buber, 1957)
Voglio sperare che il mio impegno verso le persone sia stato quello
di promuovere sempre più <<la loro natura e il loro destino>> >>
(Rogers, 1980, pp.41-42).
45
Maslow ed il non agire
Lo psichiatra Roberto Assagioli, nel suo libro L’atto di
volontà, afferma che lo psicologo Abraham Maslow parla del
non agire del Taoismo nel suo libro The Farther Reaches of
Human Nature, che purtroppo non è pubblicato in Italia:
<< Inoltre, c’è un’altra condizione, una condizione superiore, in cui
la volontà personale è senza sforzo; quando colui che vuole è così
identificato con la Volontà Transpersonale o, al livello ancora
superiore e più completo, con la Volontà Universale, che tutto ciò
che fa si realizza liberamente e spontaneamente, ed egli sente di
essere un canale consenziente in cui affluiscono, e per mezzo di cui
operano, potenti energie. Questo è il wu-wei, o “stato taoistico” di
cui parla Maslow in The Farther Reaches of Human Nature>>
(Assagioli, 1973, pp.23-24).
Maslow afferma che una delle caratteristiche delle persone
che si autorealizzano è quella di essere spontanee, naturali.
Posso riportare solo alcuni brevi passi.
I lettori possono leggere il libro Motivazione e personalità, di
Maslow, pubblicato dall’Editore Armando, per capire.
Abraham Maslow scrive in Motivazione e personalità:
<<Molti ballerini divengono eccellenti senza un allenamento. Ma
qui l’educazione è in genere molto utile. Solo che dev’essere di un
genere diverso, dev’essere educazione alla spontaneità ed
all’abbandono, dev’essere educazione ad essere naturale, non
volontario, non critico e passivo, secondo lo stile taoista, cercando
di non sforzarsi>> (Maslow, 1954, p. 225).
Maslow scrive ancora in Motivazione e personalità:
<<[…] se mille famiglie sane emigrassero in una terra deserta, dove
potessero determinare il loro destino a loro piacimento. Quale tipo
di educazione sceglierebbero? […] si avrebbe un gruppo quasi
certamente anarchico, una cultura taoista ma dominata dall’amore
[…] . In una parola gli abitanti di Eupsichia avrebbero una forte
tendenza ad essere taoisti, a non impicciarsi dei fatti altrui, a
gratificare i bisogni fondamentali ogni volta che è possibile […]>>
(Maslow, 1954, p. 429).
46
Lo psichiatra Frederick Perls scrive in Qui & Ora:
<<Fritz, riposati. Hai fatto abbastanza. Hai trovato il tuo Zen, il
Tao e la verità. L’hai chiarito anche ad altri>> (Perls, 1969, p. 25).
Perls invitava ad un agire spontaneo ed il suo insegnamento di
non spingere il fiume conduceva a vivere nel Volere di Dio.
Lo psichiatra Alexander Lowen afferma che la sua
bioenergetica ha la stessa meta del Taoismo.
Alexander Lowen scrive in Bioenergetica:
<<Tao significa via. La via del tao è quella dell’armonia sia
all’interno del sé che con l’ambiente e l’universo. Anzi, l’armonia
esterna dipende dall’armonia interna che può essere raggiunta
attraverso la “combinazione di movimento corporeo e tecnica della
respirazione”. La bioenergetica mira al raggiungimento della stessa
armonia con gli stessi mezzi. Molti nostri pazienti hanno usato, in
concomitanza con la bioenergetica, vari esercizi t’ai chi>> (Lowen,
1975, p. 62).
Erich Fromm scrive in Psicoanalisi e Buddhismo Zen:
<<Benessere è aver conseguito il pieno sviluppo della ragione:
ragione non già nel senso di un mero giudizio intellettuale, ma in
quello dell’afferrare la verità “lasciando che le cose siano” (per
usare le parole di Heidegger) così come sono. Benessere è possibile
soltanto a quel livello, in cui si sia superato il proprio narcisismo; a
quel livello in cui si sia aperti, rispondenti, sensibili, lucidi, vuoti
(nel senso dello Zen)>> (Fromm, 1960, p. 98).
Heidegger accoglie anche il <<lasciar essere>>, che è accolto
anche dal filosofo taoista Chuang- tzu, che è indicato da Fromm
come via al benessere.
Chuang-tzu dice: <<Ho inteso che il mondo lo si lascia vivere
e lo si lascia fare […]>> (Chuang-tzu, trad. Tomassini, Testi
Taoisti, 1977, p.421).
Secondo Chuang-tzu, Lao-tzu accolse il non volere ed il non
agire.
Chuang- tzu dice:
47
<<E adesso parliamo della scuola di Coan-yinn e di Laotzu…[…] Dal principio dell’essere, dall’unione universale, essi
dedussero che le regole dell’umana condotta dovevano essere la
sottomissione [al Principio] , l’accettazione [dei decreti], il nonvolere e il non-agire [individuali ], il lasciar fare per non
nuocere>> (Chuang-tzu, trad. Wieger, 1950, p. 299).
Tolstoj ed il non agire
In Russia, anche il romanziere Lev Tolstoj pensò di tradurre il
Tao Te Ching (si veda Castellani, 1927, p.L) ed accolse il non
agire di Lao-tzu, che egli ammirava.
Richard Wilhelm scrisse nel suo commento al Tao Te Ching:
<< […] i fili che provengono da Lao-tzu, oggi iniziano a stringersi
sempre di più, anche in Europa. L’esempio più convincente è quello
di Lev Tolstoj, che per sua ammissione nel suo insegnamento del
<<non fare>> sapeva d’essere legato a Lao-tzu, che egli stimava
moltissimo>> (trad. Wilhelm, 1921, p. 26).
Hesse ed il non agire
Il romanziere Hermann Hesse, che- come abbiamo letto- nel
1945 non poteva più vivere senza l’ideale del buon saggio
taoista, pare che praticasse il non agire, perché scrisse che il
personaggio principale, con cui si identificava, praticava il non
fare nulla, nel suo romanzo Siddharta:
<<Vedi, Kamala, se tu getti una pietra nell’acqua, essa si affretta
per la via più breve fino al fondo. E così è di Siddharta, quando ha
una meta, un proposito. Siddharta non fa nulla. Siddharta pensa,
aspetta, digiuna, ma passa attraverso le cose del mondo come la
pietra attraverso l’acqua, senza far nulla, senza agitarsi: viene
scagliato ed egli si lascia cadere. La sua meta lo tira a sé, poiché
egli non conserva nulla nell’anima propria, che potrebbe contrastare
a questa meta. Questo è ciò che Siddharta ha imparato dai Samana.
Questo è ciò che gli stolti chiamano magia, credendo che sia opera
dei demoni. Ognuno può compiere opere di magia, ognuno può
48
raggiungere i propri fini, se sa pensare, se sa aspettare, se sa
digiunare>> (Hesse, 1967, p.97).
In conclusione, il non agire taoista (wu-wei) è agire
spontaneo, senza fare sforzi, per sviluppare la nostra essenza in
accordo armonioso con il Tao.
Il non agire è agire spontaneo, senza sforzo, ed include anche
altri comportamenti: amare se stessi con moderazione e gli altri,
essere semplici, privi di egoismo, con pochi desideri, modesti,
umili, altruisti, pacifici, fare del bene a tutti e non danneggiare
nessuno, evitare di interferire nei fatti altrui, evitare di litigare, di
giudicare, di aggredire e di fare guerre.
Per il Taoismo, se questi comportamenti riportati vengono
eseguiti, si prova gioia.
Il dolore è il segnale che queste regole del Tao sono state
violate.
49
50
SECONDO CAPITOLO
LA CONQUISTA DELL’ILLUMINAZIONE
HEIDEGGER E LA TRADUZIONE DI LAOTZU. METAFORE UGUALI PER INDICARE
ESSERE DI HEIDEGGER E TAO DI LAO-TZU
Heidegger dà importanza all’Essere e lo distingue dall’ente.
L’Essere è il Tutto ciò che ci avvolge (Logos e Natura). Invece,
l’uomo è l’ente che si pone la domanda sull’Essere.
Per Heidegger, i primi pensatori greci davano importanza
all’Essere, ma i filosofi successivi hanno costruito interpretazioni
dell’Essere in base all’ente.
Questa tendenza ha raggiunto il culmine con Nietzsche, che
ha ridotto l’Essere alla stessa cosa dell’ente (uomo), a volontà di
potenza, a forza.
Heidegger vuole quindi neutralizzare Nietzsche e porre una
differenza tra l’Essere e l’ente.
In una sua conferenza, Heidegger disse che, senza un
confronto con le filosofie e religioni orientali, non si capiva la
questione.
E’ necessario riflettere anche su queste sue frasi che invitano
gli Occidentali al dialogo con Lao-tzu, Cina, Giapponesi ed
Indiani.
Heidegger disse nella sua Conferenza di Friburgo:
<< “Il” pensiero - questo è il nostro pensiero occidentale […].
Ciò non significa affatto che il mondo dell’antica India, della
51
Cina e del Giappone sia rimasto privo di pensiero (gedankenlos). […] nel caso in cui osassimo prendere in considerazione
quei mondi estranei, dovremmo chiederci anzitutto se […]
abbiamo l’orecchio per ascoltare ciò che laggiù è pensato. […]
spesso gli Indiani, i Cinesi e i Giapponesi di oggi ci riferiscono
le loro esperienze ormai soltanto nel nostro modo di pensare
europeo. […] non è più possibile riconoscere se gli antichi
Indiani fossero empiristi inglesi e Lao-tzu un kantiano. Dove e
come può esservi un dialogo che risvegli […], se da entrambe le
parti è l’assenza di sostanza a condurre la conversazione?>>
(Heidegger, Conferenza di Friburgo in Conferenze di Brema e
Friburgo, 1957, p.184).
Heidegger scrisse nel libro Identità e differenza:
<<La parola Ereignis […]. La parola guida del pensare si lascia
tradurre a mala pena, così come la parola guida logos e la parola
cinese tao. […] Per il fatto che un tale ritorno (all’origine)
richiede un salto, ha bisogno del suo tempo. Il tempo del
pensare che è un altro rispetto a quello del calcolare che da ogni
parte insidia il nostro pensare>> (Heidegger, Identità e
differenza).
Heidegger conosceva il Taoismo, tramite le traduzioni di
Wilhelm, e ci era spesso in sintonia.
Sul sito www.gianfrancobertagni.it, è riportato un brano di
Heinrich Wiegand Petzet, tratto dalla sua biografia di Martin
Heidegger, che sintetizza il colloquio tra Martin Heidegger ed il
monaco buddhista Maha Mani, nel quale Heidegger <<dice di
essere spesso in sintonia con Lao-tzu, ma di conoscerlo solo
attraverso i traduttori tedeschi, ad esempio Richard Wilhelm>>.
Heidegger decise anche di tradurre il Tao Te Ching di Laotzu in due estati, perciò lo considerò importante, perché ci
dedicò il tempo di due estati.
Franco Volpi scrive nel suo saggio Heidegger:
<<Va menzionata la traduzione di Lao-tzu a cui egli (Heidegger)
lavorò con Paul Shih-Yi Hsiao nell’estate del 1946 e in quella del
1947>> (Volpi, 1997, p.37).
52
Il tutto che ci avvolge venne chiamato Essere da Heidegger e
Tao dai taoisti.
Riporterò esempi di interpretazioni uguali e simili di Essere
e Tao.
Prima faccio notare che, dopo la sua traduzione del Tao Te
Ching di Lao-tzu con il letterato cinese, Heidegger scrisse frasi
sull’Oriente che pare che indichino l’adattamento e concluse con
la metafora del contadino, che è presente pure nel Tao Te Ching.
Heidegger scrisse nella Lettera sull’<<umanismo>>:
<<[…] l’Occidente non è pensato come regione contrapposta
all’Oriente, […] è pensato in base alla vicinanza all’origine. […] i
riferimenti pieni di mistero all’Oriente […] nella poesia di
Holderlin […] . Il <<carattere tedesco>> […] è detto ai tedeschi
perché, nel destino che li lega agli altri popoli, entrino con loro
nella storia del mondo […]. […] è la vicinanza all’essere. […] si
compie […] la decisione intorno a […] se e come il giorno del
sacro albeggi, […] possano cominciare di nuovo ad apparire Dio e
gli dèi>> (Heidegger, Lettera sull’<<umanismo>>, 1946, p.67).
Posso riportare un breve passo. I lettori possono leggere
l’intero libro Lettera sull’<<umanismo>>, pubblicato
dall’Editore Adelphi, per capire.
Heidegger scrisse nella Lettera sull’<<umanismo>>:
<<[…] i pensatori essenziali dicono sempre la stessa cosa (das
Selbe). […] a chi è disposto a seguirli nel pensare. […] Rifugiarsi
nell’uguale non è pericoloso. Il pericolo è nell’arrischiarsi nella
discordia per dire la stessa cosa. […] La prima legge del pensiero
è la con-venienza del dire dell’essere […] . […] noi ogni volta
meditiamo su che cosa dire dell’essere e su come dirlo. Resta […]
riflettere se si possa dire ciò che è da pensare, fino a che punto
[…], in quale attimo […], in quale dialogo […]. Le tre cose
menzionate in una mia precedente lettera […] la parsimonia delle
parole. […] Il pensiero a venire non è più filosofia […]. Con il suo
dire, il pensiero traccia nel linguaggio solchi poco vistosi. Essi
sono ancora meno vistosi dei solchi che il contadino, a passi lenti,
traccia nel campo>> (Heidegger, Lettera sull’<<umanismo>>,
53
1946, pp.102-104).
Quest’ultima metafora del contadino, riportata da Heidegger,
è presente pure nel Tao Te Ching.
Fausto Tomassini traduce in questo modo il paragrafo LIX
del Tao Te Ching:
<<Mantenersi nel Tao
Nel governare gli uomini e nel servire il Cielo
nulla è meglio della parsimonia […]>> (trad. Tomassini, 1977, p.
125).
Tomassini riporta il commento di Wang Pi:
<<Parsimonioso è il contadino: nel coltivare i campi il
contadino fa del tutto per rimuovere ogni diversità e riportarli
all’uniformità, ne mantiene integra la spontaneità e non s’angustia
per la loro infecondità, ma ne rimuove le cause. In alto accettare il
decreto celeste e in basso dare pace al popolo: nulla è meglio di
ciò>> (trad. Tomassini, 1977, p.125).
Heidegger sapeva del commento, che abbiamo letto sopra, di
Wang Pi, perché per tradurre il Tao Te Ching occorre studiare i
vecchi commenti.
Heidegger tradusse il Tao Te Ching con Paolo Siao Sci-Yi,
che riporta un passo di Wang Pi nel suo libro Il Tao- Te- King di
Laotse pubblicato in Italia nel 1941, in cui scrive in una nota:
<<Wang Pi interpreta questo verso: il loro disegno giunge al suo
scopo>> (trad. Siao Sci-Yi, 1941, p.73).
Il Tutto che ci avvolge è chiamato Essere da Heidegger e
Tao dai taoisti. Riporto esempi di interpretazioni uguali e simili
di Essere e Tao.
Dopo la traduzione del Tao Te Ching di Lao-tzu, ricordiamo
ancora che Heidegger scrisse nella Lettera sull’<<umanismo>>:
<<Rifugiarsi nell’uguale non è pericoloso. Il pericolo è
nell’arrischiarsi nella discordia per dire la stessa cosa. […] La
prima legge del pensiero è la con-venienza del dire dell’essere
[…]. […] noi ogni volta meditiamo su che cosa dire dell’essere e
54
su come dirlo. Resta altrettanto essenziale riflettere se si possa
dire ciò che è da pensare, fino a che punto […], in quale attimo
[…], in quale dialogo […] >> (Heidegger, Lettera
sull’<<umanismo>>, 1946, pp.102-103).
Heidegger tradusse il Tao Te Ching con Paolo Siao Sci-Yi
nelle estati del 1946 e 1947.
Paolo Siao Sci-Yi pubblicò Il Tao- Te- King di Laotse in
Italia con l’Editore Laterza nel 1941, in cui tradusse le parole
iniziali del paragrafo XXXII in questo modo: << l’eterno Tao è
senza nome>> (trad. Siao Sci-Yi, 1941, p. 72). E Paolo Siao SciYi scrisse ancora in un commento: <<L’eterno Tao essendo
senza alcuna forma particolare non può essere designato da un
nome. Il <<senza nome>> o <<non nominato>> significa lo
spirito>> (trad. Siao Sci- Yi, 1941, p. 26).
Dopo aver tradotto il Tao Te Ching con questo autore cinese,
Heidegger scrive la stessa idea di non usare nomi per l’Essere,
scrive nella Lettera sull’<<umanismo>>: <<Se l’uomo ancora
una volta deve ritrovare la vicinanza dell’essere deve imparare
prima ad esistere nell’assenza di nomi>> (Heidegger, 1946,
p.39).
Secondo esempio
Il Taoismo prevedere regole per una crescita spontanea e
gioiosa. Se le regole vengono violate, subentra il dolore. Dopo la
traduzione di Lao-tzu con l’autore cinese, Heidegger scrive nella
Lettera sull’<<umanismo>>:
<<Solo l’essere concede all’integro l’elevazione alla grazia e
all’ostile la spinta alla sventura. Solo in quanto l’uomo, e-sistendo
nella verità dell’essere, all’essere appartiene, può giungere
dall’essere stesso l’assegnazione di quelle consegne che devono
diventare legge e regola per l’uomo. […] L’essere è la protezione
[…]>> (Heidegger 1946, p. 99).
Quest’ultima idea scritta da Heidegger che <<l’essere è la
protezione>> è anche un’idea del Taoismo.
Lao- tzu dice nel paragrafo LXII del Tao Te Ching: << Ecco
55
cos’è il Tao: il rifugio delle creature, tesoro per il buono,
protezione per il malvagio>> (trad. Tomassini, 1977, p. 130).
Terzo esempio
Sul sito www.gianfrancobertagni.it, è riportato un brano di
Heinrich Wiegand Petzet, tratto dalla sua biografia di Martin
Heidegger, che sintetizza il colloquio tra Martin Heidegger ed il
monaco buddhista Maha Mani, nel quale Heidegger <<dice di
essere spesso in sintonia con Lao-tzu, ma di conoscerlo solo
attraverso i traduttori tedeschi, ad esempio Richard Wilhelm>>.
Richard Wilhelm fu l’unico a chiamare il Tao il Senso.
Lo psichiatra Carl Gustav Jung scrive in Il segreto del fiore
d’oro: <<Wilhelm traduce Tao con <<senso>>, altri traducono
con <<via>>, <<providence>>, e perfino, come fanno i gesuiti,
con Dio>> (Jung, 1971, p. 43).
Richard Wilhelm scrisse nel suo commento all’ I Ching:
<<Il Senso, in cinese Tao, è ciò che mantiene e mette in moto le
forze dell’universo>> (trad. Wilhelm, 1924, p.291).
Heidegger riportò lo stesso termine Senso per indicare il
Logos, quando riportò una traduzione di un detto di Eraclito.
Pertanto seguì l’interpretazione di Wilhelm.
Invece, i nostri filosofi italiani traducono lo stesso passo di
Eraclito con Logos.
Heidegger scrisse in Saggi e discorsi:
<<Una delle traduzioni, in genere concordi tra loro, è questa:
<<Se non me, ma il Senso, avete inteso allora è saggio dire nello
stesso senso tutto è uno>> >> (Heidegger, 1950, p.141).
Quarto esempio
Richard Wilhelm scrive nel suo commento al Tao Te Ching:
<< […](il Tao) si sottrae ad ogni percezione sensoriale>> (trad.
Wilhelm, 1921, p. 37).
56
Heidegger ha la stessa idea.
Heidegger scrive in Concetti fondamentali:
<<L’essere si sottrae assolutamente ad ogni comprensione
[Begreifen] che parte dall’ente>> (Heidegger, 1941, p. 74).
Quinto esempio
Richard Wilhelm traduce Tao con il termine Senso, ma nel
suo Tao Te Ching tradotto in Italia la traduttrice italiana ha
tradotto Tao con Pensiero.
Lao-tzu dice che il Tao è semplicità; Richard Wilhelm
traduce in questo modo alcuni passi dei paragrafi 32 e 37 del Tao
Te Ching:
<< Il PENSIERO (Tao) in quanto eterno è semplicità senza
nome>> (trad. Wilhelm, 1921, p. 80).
<<La semplicità innominata porta all’assenza di desideri>> (trad.
Wilhelm, 1921, p. 85).
Dopo la sua traduzione del Tao Te Ching fatta nelle estati
del 1946 e 1947, Heidegger scrive la stessa idea della semplicità,
scrive nella Lettera sull’<<umanismo>>:
<<Ciò che è strano in questo pensiero dell’essere è la semplicità.
Proprio questo ce ne tiene lontani. Infatti, noi cerchiamo il
pensiero universalmente noto col nome <<filosofia>> nella forma
dell’insolito che è accessibile solo a iniziati >> (Heidegger, 1946,
p. 101).
Sesto esempio
Lao-tzu dice che il Tao dà vita agli uomini senza che essi ne
riescano ad afferrare la ragione, è il mistero, il mistero del
mistero.
Paolo Siao Sci-Yi, con cui Heidegger tradusse il Tao Te
Ching, scrive in una nota del suo libro Il Tao- Te –King di
57
Laotse:<< Il carattere Hsuan (opp. Yuan) generalmente è tradotto
<<mistero>> […]>> (trad. Siao Sci- Yi, 1941, p. 25).
Richard Wilhelm traduce un passo del primo paragrafo del
Tao Te Ching: <<Nella sua unità (del Tao) si cela il mistero. Un
mistero ancora più profondo del mistero […]>> (trad. Wilhelm,
1921, p. 49). Dopo la traduzione del Tao Te Ching, Heidegger
scrive nella Lettera sull’<<umanismo>>: << Eppure già
Parmenide, all’alba del pensiero, dice […] , <<è infatti
l’essere>>. In questa parola si cela il mistero iniziale per ogni
pensiero >> (Heidegger, 1946, p. 62).
Settimo esempio
Richard Wilhelm traduce in questo modo il passo del
paragrafo 18 del Tao Te Ching: <<Se il grande PENSIERO (Tao)
va in rovina allora regnano la moralità e il dovere>> (trad.
Wilhelm, 1921, p. 66).
Pare che Heidegger ripeta la stessa idea.
Dopo la sua traduzione del Tao Te Ching, Heidegger scrive
nella Lettera sull’<<umanismo>>: <<Anche nomi come
<<logica>>, <<etica>> […] compaiono non appena il pensiero
originario volge alla fine.[…] Il pensiero, detto semplicemente, è
il pensiero dell’essere>> (Heidegger, 1946, p. 35).
Wilhelm scrive nel suo commento al Tao Te Ching : <<[…]
tutto ciò che viene lodato come morale […] deve essere gettato
[…]. Perché tutte queste non sono che semplici apparenze>>
(trad. Wilhelm, 1921, p. 180).
Ottavo esempio
Leonardo Vittorio Arena traduce in questo modo un passo
del paragrafo 11 del Tao Te Ching:
<< Argilla lavorata per ricavarne un vaso;
nello spazio del nulla, il vaso è utile. […]
L’esistenza permette di godere di un oggetto,
ma è lo spazio del nulla a rendercelo utile >> (trad. Arena, 2005,
p. 34).
58
Leonardo Vittorio Arena commenta nella sua traduzione del
Tao Te Ching:
<<Heidegger si ispirerà a questo capitolo per il saggio <<La
cosa>> (Das Ding), alludendo a una qualità invisibile, che
prescinda dalla forma. Il vuoto della brocca è ciò che permette di
contenere i liquidi. L’esempio è tratto dal Tao-te-ching>> (trad.
Arena, 2005, p.34).
Nel saggio <<La cosa>> di Heidegger, contenente la stessa
idea del Tao Te Ching, Heidegger scrive:
<<Il vuoto, questo nulla nella brocca, è ciò che la brocca è come
recipiente che contiene. […] Il vasaio coglie anzitutto e
costantemente l’inafferrabile del vuoto e lo produce come il
contenente nella forma del recipiente. Il vuoto della brocca
determina ogni movimento della produzione. La cosalità del
recipiente non risiede affatto nel materiale di cui esso consiste, ma
nel vuoto, che contiene>> (Heidegger, 1950, p. 112).
Nono esempio
Nel suo saggio Concetti fondamentali (1941, p. 84) ,
Heidegger indicò le parole chiave, per indicare l’Essere.
Nel Tao Te Ching, Lao-tzu indicò il Tao, con le stesse
parole.
1.
Heidegger : <<L’essere è il più vuoto>>.
Lao-tzu: <<Il Tao è vuoto>> (Tao Te Ching, trad. Tomassini,
1977).
2.
Heidegger: <<L’essere è […] il
silenzio>>. Lao-tzu: <<Com’è silente>> (Tao Te Ching, trad.
Tomassini, 1977).
3.
Heidegger:
<<L’essere
è
la
sovrabbondanza>>. Wang Pi: <<La sovrabbondanza del Tao>>
(Tao Te Ching, trad. Tomassini, 1977).
4.
Heidegger: <<L’essere
è fondamento
abissale>>. Lao-tzu: <<Il Tao è un abisso>> (Tao Te Ching, trad.
Wilhelm, 1921).
59
5.
Heidegger:
<<L’essere
è
il
più
affidabile>>. Lao-tzu: <<Il Tao è la madre>>, <<la patria>> ,
<<il rifugio>> (Tao Te Ching, trad. Tomassini, 1977).
Decimo esempio
Dopo la traduzione del Tao Te Ching, Heidegger scrisse una
frase diventata celebre in Lettera sull’<<umanismo>>:
<<L’uomo è pastore dell’essere>> (Heidegger, 1946, p. 56).
Questa idea del pastore è presente anche nell’insegnamento
del filosofo taoista Chuang-tzu, che lo indica come
comportamento dell’imperatore. Si ricordi che sul trono
dell’imperatore c’era la scritta <<non agire>>. L’imperatore
doveva seguire il Tao, per far andare le cose bene all’impero.
Chuang-tzu dice un aneddoto, di cui riporto dei passi:
<<Nella pianura di Siang-c’eng i sette saggi persero la strada. [A
un certo punto] incontrarono un ragazzo che pascolava dei cavalli
e gli chiesero se sapeva dov’era il monte Chiu-ze […].
E Hoang-ti incominciò a domandargli come fare per ben
governare l’impero.
[…] <<Allontano dai miei cavalli quel che potrebbe nuocergli; per
tutto il resto, li lascio fare. Penso che, per quel che riguarda il
governo degli uomini, un imperatore dovrebbe limitarsi a
questo>> (Chuang-tzu, trad. Wieger, 1950, p. 212).
Heidegger lesse Chuang-tzu, perché lo studioso cinese Paolo
Siao Sci-Yi, con cui Heidegger tradusse il Tao Te Ching, scrive
in una nota del suo libro Il Tao- Te- King di Laotse:
<<La dottrina di Chuangtse e quella di Laotse non sono
perfettamente identiche, ma dato che l’epoca di Chuangtse è più
vicina a quella di Laotse ed egli è stato il suo più brillante
seguace, molti studiosi sostengono che si debba soprattutto tener
conto del testo di Chuangtse nell’interpretare Laotse>> (trad. Siao
Sci-Yi, 1941).
Come vedremo nel prossimo paragrafo, pare che Heidegger
e Chuang- tzu dicano le stesse cose.
60
LA
MEDITAZIONE
DI
HEIDEGGER
(GELASSENHEIT). IL NON AGIRE ED IL NON
VOLERE PRESENTI IN HEIDEGGER E IN LAOTZU
L’abbandono mistico (Gelassenheit) ideato da Heidegger è
una pratica religiosa, pare che sia uguale a quello del Taoismo e
del primo Buddhismo Zen: entrambi sono una via, in essi si
medita, non si vuole e non si fa nulla, si respira etere (aria pura),
ecc.
Il monaco Anselm Grun riporta una frase di Heidegger sul
Tao.
Anselm Grun scrive in Felicità beata:
<<La nostra vita è una via verso Dio. La <<via>> è la quintessenza
del filosofare. Martin Heidegger lo ha espresso in questo modo:
<<Forse si nasconde nella parola “via” il tao, il mistero dei misteri del
dire pensante…Ogni cosa è via>>>> (Grun, 2007, p.133).
Grun scrive che la frase di Heidegger è tratta da questo libro: C.
SCHUTZ, Weg, s.v., in C. SCHUTZ (Hrsg.), Praktisches Lexikon der
Spiritualitat, Herder, Freiburg i.B./Basel/ Wien 1988, coll. 1408-1417,
qui col. 1410.
Il non agire taoista è agire spontaneo, senza sforzo, è entrare
in sintonia con gli influssi cosmici e consiste nel realizzare con
spontaneità la propria essenza in accordo con il Tao.
Marcel Granet scrive in Il pensiero cinese: <<[…] il Tao
(come il Cielo, cioè la Natura) è immaginato come il principio
immanente della spontaneità universale>> (Granet, 1934, p.
391).
Il Tao <<è per antonomasia presente nel mondo come
spontaneità>>, scrisse nel suo Tao Te Ching il sinologo
Richard Wilhelm (trad. Wilhelm, 1921, p.37).
Nell’abbandono mistico, ideato da Heidegger, ci sono gli
insegnamenti del non agire e dell’agire spontaneo.
61
Heidegger scrisse in L’abbandono: <<Non dobbiamo fare
nulla, soltanto restare in attesa>> (Heidegger, 1959, p.50).
Restare fermi porta alla spontaneità.
Heidegger scrisse ancora in L’abbandono: <<L’insistenza
nell’abbandono alla contrada sarebbe allora la vera essenza
della spontaneità (Spontaneitat) del pensiero>> (Heidegger,
1959, p.69).
Esiste una regola: chi riporta una citazione, senza fare
obiezioni, ne condivide il contenuto.
Heidegger era anche teologo, si sentiva un vecchio cinese,
come Lao-tzu e sembra che riportasse il suo insegnamento di non
agire, senza fare obiezioni, quindi lo condividesse.
Ernst Junger disse in Conversazioni con Ernst Junger:
<<Sì, in Settanta soffiati via [Siebzig verweht] cito una lettera che
Heidegger mi ha scritto e in cui dice di essere come un vecchio
cinese, preferisce restare a casa sua>> (Hervier, 1986, p.49).
Sembra che Heidegger abbia riportato l’idea di stare a casa,
cioè nel Tao, e di non agire, che Lao-tzu dice nel paragrafo 47
del Tao Te Ching:
<<Senza uscire dalla porta, si può conoscere il mondo. Senza
guardare dalla finestra, si può vedere il pensiero del cielo. Più si
va fuori, minore diventa la propria conoscenza. Perciò l’eletto non
ha bisogno di muoversi e tuttavia conosce tutto. Egli non ha
bisogno di vedere, e tuttavia ha tutto chiaro. Egli non ha bisogno
d’agire, e tuttavia completa tutto>> (trad. Wilhelm, 1921, p.98).
Heidegger tradusse nelle estati del 1946 e 1947 il Tao Te
Ching con Paolo Siao Sci-Yi, che pubblicò in Italia Il Tao- TeKing di Laotse con l’Editore Laterza nel 1941 e che usava anche
il termine <<non volere>> , oltre al <<non agire>>.
Paolo Siao Sci-Yi, con cui Heidegger fece la traduzione,
tradusse in questo modo alcuni passi del primo paragrafo nel suo
libro Il Tao- Te- King di Laotse:
62
<<[…] essere sempre nel non volere è vedere il suo recondito
(del Tao) essere sempre nel volere è vedere le sue tendenze […]
>> (trad. Siao Sci-Yi, 1941, p.23).
Paolo Siao Sci-Yi scrisse ancora in Il Tao- Te- King di
Laotse:
<<Il non- volere di Laotse ha due significati, l’uno è non-essere
(non desiderare nel senso assoluto) che si trova prima
dell’universo, e cioè attributo del Tao; l’altro è lo stato di pochi
desideri che l’uomo deve raggiungere se vuole imitare il Tao. Il
volere di Laotse, oltre il significato comune, denota anche il
principio dell’universo. Volere e non-volere dovrebbero essere
considerati come due strade che ci conducono alla conoscenza del
Tao>> (trad. Siao Sci-Yi, 1941, p.25).
Il non volere è insegnato anche da Lao-tzu.
Chuang- tzu, il secondo filosofo taoista, dice:
<<E adesso parliamo della scuola di Coan-yinn e di Laotzu…[…] Dal principio dell’essere, dall’unione universale, essi
dedussero che le regole dell’umana condotta dovevano essere la
sottomissione [al Principio] , l’accettazione [dei decreti], il nonvolere e il non-agire [individuali ], il lasciar fare per non
nuocere>> (Chuang-tzu, trad. Wieger, 1950, p. 299).
Heidegger doveva neutralizzare Nietzsche.
L’essenza della volontà di potenza di Nietzsche era il volere
e, per neutralizzare Nietzsche, Heidegger doveva insegnare il
non volere.
L’abbandono mistico, ideato da Heidegger, pare che sia
uguale a quello del Taoismo.
L’abbandono di Heidegger e il Tao sono la via e non hanno
nome.
Tao viene tradotto con Via.
Heidegger scrisse nel suo libro L’abbandono:
63
<<L’abbandono allora sarebbe non soltanto la via, ma anche lo
stesso muoversi su questa via>> .[…] <<Ciò a cui diamo un nome
prima non ha nome, anche ciò che chiamiamo: abbandono>>
(Heidegger, 1959, p. 58).
Gli stessi concetti li esprime Chuang-tzu, il filosofo taoista
più importante dopo Lao-tzu.
Fausto Tomassini riporta il pensiero di Chuang-tzu nel suo
libro Testi Taoisti:
<<Capitolo XXV, 199 […] Il Tao (via) è il nome di ciò che si
percorre solo metaforicamente>>. <<L’aver nome e sostanza è lo
stato della materia, il non aver nome e sostanza sta nella vacuità
della materia. Possiamo parlarne e pensarvi, ma più ne parliamo e
più ce ne allontaniamo>> (trad. Tomassini, 1977, p.565).
Il Tao è innominabile, non va indicato con nomi ed è energia
(ki).
I filosofi taoisti non facevano uso di nomi, perché pensavano
che nominare le cose portasse a desiderarle e che troppi discorsi
portassero a creare mete illusorie slegate dalla realtà.
Nel primo paragrafo del Tao Te Ching, è scritto: << Il Tao
che può esser detto non è l’eterno Tao, il nome che può essere
nominato non è l’eterno nome. Senza nome è il principio del
Cielo e della Terra>> (trad. Tomassini, 1977, p. 3).
Heidegger scrive nella Lettera sull’<<umanismo>> che non
si deve fare uso di nomi: <<Se l’uomo ancora una volta deve
ritrovare la vicinanza dell’essere deve imparare prima ad esistere
nell’assenza di nomi>> (Heidegger, 1946, p.39).
Questa pratica meditativa dà estasi, ma, scrive Heidegger, è
nascosta alla filosofia (Heidegger, 1946, p.59).
Tale meditazione conduce al vuoto (o Nirvana).
Il vuoto è energia.
Heidegger è studiato in Oriente, perché accoglie
interpretazioni del reale, accolte anche in Oriente, e perché la sua
pratica meditativa porta al vuoto, che lui chiama anche niente o
nulla e che corrisponde al Nirvana (o Tao dei primi maestri Zen).
64
Per esempio, nel suo libro Nietzsche, Heidegger scrive:
<< L’essere è la cosa più vuota ed è, al tempo stesso, la ricchezza
in base alla quale tutto l’ente, noto ed esperito, ignoto e ancora da
esperire, viene dotato del rispettivo modo essenziale del suo
essere>> (Heidegger, 1961, p.739).
Heidegger scrive ancora nel Nietzsche: <<Infatti, il nulla è
men che meno idoneo a determinare, poiché <<è>> il senza
determinazioni, anzi, l’assenza stessa di determinazioni>>
(Heidegger, 1961, p. 739).
Il vuoto (niente o nulla) è il Nirvana (chiamato anche Tao
dai primi maestri Zen).
Per Heidegger, il vuoto è un bene.
Il Tao è immaginato dalla filosofia cinese come un mantice,
che emette il soffio.
Il soffio è il ch’i, è aria pura o etere.
Il Tao è vuoto, soffia sempre il ch’i e, come spiega Marcel
Granet in Il pensiero cinese, <<irradia, senza stanchezza, una
specie di continua vacuità>> (Granet, 1934, p. 391).
Pare che questa interpretazione è accolta da Heidegger, che
scrisse nell’essere <<si cela la provenienza essenziale del
nientificare>> (Heidegger, 1946, p. 96).
Heidegger scrisse in Che cos’è metafisica?:<<E’ il Niente
stesso che nientifica>> (Heidegger, 1929, p. 54).
65
LA DOMANDA DI HEIDEGGER E’ COME
UN KOAN DEL BUDDHISMO ZEN
Adesso verificheremo che, con il libro Che cos’è metafisica?
del 1929, Heidegger invitò a rispondere ad una domanda
enigmatica, che somiglia ad un koan del Buddhismo Zen, ed
invitò a lasciarsi andare nel Niente ed a rispondere ad una
domanda sul Niente.
A tale domanda sul Niente si risponde con la saggezza
intuitiva, come Max Scheler, con cui Heidegger era in profonda
sintonia, fece notare in un suo intervento.
Il Niente corrisponde al Nirvana (chiamato anche Tao dai
primi maestri Zen), come Heidegger stesso scriverà in una lettera
del 1969.
Franco Volpi scrive nella sua nota introduttiva alla Lettera
sull’<<umanismo>> di Heidegger:
<<Heidegger trovò un importante alleato prima in Jaspers, poi
specialmente nell’ultimo Scheler, fondatore dell’<<antropologia
filosofica>>. In un seminario su <<L’uomo e la terra>>, tenutosi
nell’aprile del 1927 a Darmstrad alla <<Scuola della saggezza>>
del conte Hermann von Keyserling, e nel quale erano intervenuti
anche Carl Gustav Jung, il sinologo Richard Wilhelm e l’etnologo
Leo Frobenius, per ben quattro ore Scheler aveva affascinato
l’auditorio con la conferenza La posizione dell’uomo nel cosmo. Il
testo uscì poco dopo la sua improvvisa scomparsa, avvenuta il 19
maggio 1928, e Heidegger, in un commosso discorso tenuto di
fronte ai suoi studenti, manifestò la profonda sintonia di problemi
in cui si dibatteva l’ultimo Scheler. La questione del modo
d’essere dell’uomo era evidentemente centrale per entrambi >>
(Volpi (2000) in Heidegger, 1946, pp.22-23).
Riporto due passi dell’intervento La posizione dell’uomo nel
cosmo di Max Scheler.
Scheler propone un salto ed una domanda sul Niente, che poi
saranno riproposti anche da Heidegger in Che cos’è metafisica?.
Alle loro domande enigmatiche sul Niente si risponde con
66
l’intuizione, una conoscenza istintiva improvvisa, che porta ad
intravedere il mondo come Nulla o Nirvana (o Tao).
Max Scheler disse ancora in La posizione dell’uomo nel
cosmo: << Per Buddha il senso ultimo dell’esistenza umana
coincide con l’estinguersi del proprio io come soggetto del
desiderio, vale a dire nel raggiungimento di un mondo
essenzialmente soltanto intravisto, cioè il Nulla o il Nirwana>>
(Scheler, 1928, p. 133).
Max Scheler disse in La posizione dell’uomo nel cosmo:
<< […] l’uomo deve altresì cogliere l’idea più formale di un
essere sovramondano, infinito assoluto. […] l’uomo si volge […]
intorno ed esclama: <<Dove sono, dunque, io stesso? Qual è il
mio posto?>>. […] Piuttosto in questo rivolgimento egli (l’uomo)
affonda lo sguardo nel nulla, e anzi in questo sguardo scopre la
possibilità del <<nulla assoluto>>, cosa che lo induce a chiedersi:
<<Perché mai esiste il mondo? Perché e come mai “io” sono?>>.
Qui occorre rispondere in un’unica intuizione>> (Scheler, 1928,
p.167).
La stessa domanda sul Nulla è posta da Heidegger e si
risponde ad essa con l’intuizione, intuendo la soluzione al
problema posto.
Heidegger scrisse in Che cos’è metafisica?:
<<La filosofia si mette in moto soltanto attraverso un particolare
salto della propria esistenza dentro le possibilità fondamentali
dell’esserci nella sua totalità. Per questo salto sono decisivi:
anzitutto il fare spazio all’ente nella sua totalità; quindi il lasciarsi
andare nel Niente, cioè il liberarsi dagli idoli che ciascuno ha e
con i quali è solito evadere; infine il lasciare librare sino in fondo
questo essere sospesi, affinché esso ritorni costantemente alla
domanda fondamentale della metafisica, a cui il Niente stesso
costringe: Perché è in generale l’ente e non piuttosto il Niente?>>
(Heidegger, 1929, p. 66).
Il niente di cui parla Heidegger corrisponde al vuoto (o
Nirvana ) dell’Oriente, ce lo spiega lo stesso Heidegger in una
sua lettera del 1969.
67
Nel 1969, nella prefazione alla traduzione francese di <<Che
cos’è metafisica?>> di Roger Munier, Heidegger scrisse:
<<Caro signor Munier, La ringrazio innanzitutto per la nuova
traduzione della mia Prolusione Che cos’è metafisica?, tenuta
quarant’anni or sono. […] La reazione allo scritto, in Europa, lo
tacciò di nichilismo e di ostilità nei confronti della <<logica>>.
Nell’Estremo Oriente si trovò in esso, nell’espressione
<<Niente>> correttamente intesa, la parola per l’essere >>
(Heidegger, 1929, p. 127).
In Oriente, il vuoto, chiamato anche niente e nulla da
Heidegger, corrisponde al Nirvana (chiamato anche Tao dai
primi maestri Zen).
Come abbiamo già letto nell’intervista pubblicata dopo la
morte Ormai solo un Dio ci può salvare, Heidegger disse che
preparava l’arrivo di un Dio dalla Cina e Russia e che il poeta
Holderlin aspettava il Dio.
Pare che Heidegger alluda al Tao.
Pare che Heidegger volesse far capire che la sua meditazione
e la meditazione di Holderlin siano una pratica religiosa, uguale a
quella di Taoismo e Buddhismo Zen (si veda Heidegger, 1959,
pp. 31-32; Holderlin citato in Heidegger, 1934, pp. 23-24, pp.
104-105, p. 110, p. 221; Heidegger, 1941, p.90).
La respirazione di aria è una pratica ascetica, nota in Oriente
con il termine di meditazione; se eseguita, porta estasi, gioia
eterna, unione con l’Assoluto.
Heidegger scrisse nel testo L’abbandono e in Sentieri
interrotti:
<<Johann Peter Hebel ha scritto una volta: “Siamo disposti o no ad
ammetterlo, noi siamo piante che debbono crescere radicate nella
terra, se vogliono fiorire nell’etere e dare i loro frutti”. Il poeta vuol
dire: perché riesca a sbocciare un’opera dell’uomo che porti
autentica gioia e giovamento, è necessario che l’uomo possa
espandersi nell’etere, radicandosi nel profondo seno dalla propria
terra. Etere qui significa: l’aria libera che spira nelle altezze del
cielo, la regione aperta dello spirito>> (Heidegger, 1959, p.31).
<<Poeti sono i mortali che, cantando gravemente il Dio del vino,
68
seguono le tracce degli Dei fuggiti, restano su queste tracce e così
rintracciano la direzione della svolta per i loro fratelli mortali.
L’etere, nel quale soltanto gli Dei sono Dei, è la loro divinità.
L’elemento di questo etere, in cui la divinità stessa è presente, è il
Sacro. L’elemento dell’Etere per il ritorno degli Dei, il Sacro, è la
traccia degli Dei fuggiti. Ma chi sarà in grado di rintracciare questa
traccia ? Le tracce, sovente, son ben poco visibili…>> (Heidegger,
Sentieri interrotti, p. 250).
Pare che Heidegger legasse la sua filosofia alla poesia di
Holderlin, perché capì che Holderlin eseguiva la stessa pratica di
meditazione dei filosofi taoisti cinesi.
Holderlin
respirava l’etere <<potente>>, con cui mai
spezzava i <<legami>>, e compiva un <<viaggio gioioso>>
verso la sua essenza originaria, verso il Principio creatore, che
abitava in lui.
Holderlin scrisse nelle poesie Arrivo a casa e
Rammemorazione:
<<E così sono solo! Ma tu, oltre le nuvole, padre della patria! Etere
potente! E tu, terra e luce! voi, tre in uno, che regnate e amate, dèi
eterni! mai mi si spezzeranno i legami con voi. Partito da voi, è con
voi che ho viaggiato, voi, o gioiosi, porto indietro più esperto>>
(Holderlin citato in Heidegger, 1934, pp.23-24) .
<<Soffia il Nord-est, dei venti a me il più caro, perché spirito di
fuoco e buona rotta promette ai naviganti>> (Holderlin citato in
Heidegger, 1934, pp.103-104).
Il termine Tao vuol dire via, indica il Principio Supremo ed un
cammino spirituale.
Holderlin respirava l’etere ed era in cammino, come scrisse
nel canto Grecia:
<<O voi, voci del destino, voi, vie del viandante !>>
(Holderlin citato in Heidegger, 1934, p.196).
<<…Vieni! Guardiamo l’aperto,
cerchiamo il proprio, per quanto lontano!
…a ognuno è assegnata una propria via:
lì va e vive ciascuno, fin dove può>> (op.cit., pp. 220-221).
69
Holderlin si avvicinava al Tao. Heidegger considerava
Holderlin il poeta che esprime la verità dell’Oriente, che aspetta
un Dio.
Heidegger scrisse in La poesia di Holderlin e in Lettera
sull’<<umanismo>>:
<<In Holderlin, infatti, c’è certo svolgimento, ma non svolta. […]
Col suo svolgimento si svolge la conoscenza della verità della
grecità, del cristianesimo e dell’Oriente in generale>> (Heidegger,
1934, p.110).
<<La cosa da poco è l’Occidente. Ma la Grecia, l’Oriente, è il
grande inizio che può venire .[…] Immediatamente dopo la prima
guerra mondiale (1919), Paul Valery pubblicò una lettera dal
titolo La crise de l’esprit. In essa pone due domande: <<Quest’
Europa diventerà ciò che è in realtà (en réalité), cioè un piccolo
promontorio del continente asiatico? […] ?>>. Forse l’Europa è
già diventata ciò che è: un mero promontorio…[…] >>
(Heidegger, 1934, pp.210-211).
<<Noi stentiamo ancora a pensare i riferimenti pieni di mistero
all’Oriente che sono divenuti parola nella poesia di Holderlin>>
(Heidegger, Lettera sull’<<umanismo>>, 1946, p.67).
Il Tao è considerato vuoto, energia senza forma.
Heidegger scrisse in Concetti fondamentali:
<< L’essere e il nulla sarebbero quindi la medesima cosa […]. Il 2
novembre del 1797 Holderlin scriveva a suo fratello:
“Quanto più siamo turbati dal nulla che come un abisso ci
circonda e ci inghiotte, quanto più siamo turbati da quel qualcosa
che suddiviso in mille parti comprende la società degli uomini e la
loro attività e che ci perseguita e ci distrae privo di forma, di
anima e di amore, tanto più appassionata, veemente e violenta
deve essere la resistenza da parte nostra. O non deve esserlo?”>>
(Heidegger, 1941, pp.89-90).
Alla fine dell’intervista Ormai solo un Dio ci può salvare,
Heidegger dichiarò che preparava l’arrivo di un Dio, che si
sarebbero potute risvegliare antichissime tradizioni del pensare in
Cina e Russia, scrisse anche: <<Per me Holderlin è il poeta che
70
[…] attende il Dio>> (Heidegger, 1976, p.147).
Adesso riporterò alcuni passi dell’intervista postuma Ormai
solo un Dio ci può salvare, resa al settimanale tedesco Der
Spiegel il 23 settembre 1966 e pubblicata il 31 maggio 1976,
dopo la morte di Heidegger.
I lettori possono acquistare l’intervista Ormai solo un Dio ci
può salvare, di Heidegger, pubblicata dall’Editore Guanda, per
capire.
Posso riportare solo alcune brevi frasi su cui porre maggiore
attenzione per verificare l’adattamento.
Heidegger disse che preparava l’apparizione di un Dio.
Heidegger disse in Ormai solo un Dio ci può salvare: <<
Ormai solo un Dio ci può salvare. Ci resta, come unica
possibilità, quella di preparare […]
una disponibilità
all’apparizione del Dio […] >> (Heidegger, 1976, p. 136).
Il giornalista pose tre domande sul Dio e chiese anche: <<Ma
c’è qualcosa che possiamo fare?>>
Heidegger rispose che lui chiamava l’Essere, con una parola
di lunga tradizione ed in disuso.
Il giornalista domandò di un nuovo metodo di pensiero, ma
Heidegger gli spiegò che non poteva aiutarlo:
<<SPIEGEL […] con un monaco buddista, Lei ha parlato di <<un
metodo completamente nuovo di pensiero>> […].
[…]
SPIEGEL […] ci sentiamo dire: io non posso aiutarvi!
HEIDEGGER E, in effetti, non posso>> (Heidegger, Ormai solo
un Dio ci può salvare, Guanda, 1976, pp.142-143).
Successivamente il giornalista domandò del legame dei
popoli con la tecnica.
Notate bene, Heidegger parlò di antichissime tradizioni di
Russia e Cina, ma il giornalista non pose domande.
La mia opinione personale è che Heidegger abbia aggiunto
successivamente detta frase nel suo libro.
Pare che qualcosa non torni in questo passo dell’intervista
Ormai solo un Dio ci può salvare:
71
<<SPIEGEL Questo rapporto esplicito, forse lo hanno oggi gli
Americani?
HEIDEGGER Neppure essi ce l’hanno […]. E chi di noi può mai
sapere se un giorno in Russia e in Cina non si risveglino
antichissime tradizioni del <<pensare>> […]?
SPIEGEL Se dunque nessuno di questi l’ha trovato e il filosofo
dal canto suo non glielo può indicare…
HEIDEGGER Non è in mio potere decidere fino a dove arriverà il
mio tentativo di pensare e in che modo in futuro possa venire
ripreso o modificato in maniera feconda. […] Per me Holderlin è
il poeta […] che attende il Dio>>>> (Heidegger, Ormai solo un
Dio ci può salvare, Guanda, 1976, pp.146-147).
Il giornalista del Der Spiegel non ha chiesto ad Heidegger
spiegazioni su queste antichissime tradizioni del pensare di
Russia e Cina.
La mia opinione personale è che Heidegger abbia aggiunto
successivamente detta frase nel suo libro.
In questa intervista, probabilmente Heidegger ha voluto farci
capire che dobbiamo studiare il Taoismo, per farci capire che la
sua pratica di meditazione è una religione, anche uguale a quella
di Taoismo e primo Buddhismo Zen.
Heidegger invitava anche a non avere un concetto di io e di
mio.
Questo è un insegnamento anche del Buddhismo e del
Buddhismo Zen.
Il Buddhismo Zen nacque in Cina dall’incontro di
Buddhismo e Taoismo e poi fu portato in Giappone da un
monaco.
In ogni caso, solo con lo studio delle filosofie di Nietzsche e
Heidegger si ha un cambiamento.
Il cambiamento non avviene accogliendo le religioni
orientali.
Heidegger dice ancora nell’intervista Ormai solo un Dio ci
può salvare:
<<[…] un rovesciamento […] non può avere luogo tramite
l’assunzione del buddismo zen e di altre esperienze orientali […].
[…] è necessario […] tradizione europea […]. Il pensiero viene
72
modificato solo da quel pensiero che ha la stessa provenienza
[…]>> (Heidegger, Ormai solo un Dio ci può salvare, Guanda,
1976, pp.149).
Nell’anno 1933 Heidegger tentò di assumere la guida
intellettuale del nazional-socialismo.
Poi prese le distanze dal movimento nazista, ma, dopo il
secondo scontro mondiale, venne accusato di propaganda al
nazional-socialismo, venne obbligato a svolgere lavori per lo
sgombero di macerie e venne sospeso dall’insegnamento
universitario.
I
lettori
possono
acquistare
il
libro
Lettera
sull’<<umanismo>>, di Heidegger, pubblicato dall’Editore
Adelphi, per capire.
Heidegger tradusse il Tao Te Ching di Lao-tzu, poi scrisse la
Lettera sull’<<umanismo>>, in cui ci sono sue frasi che pare
che indicano l’adattamento.
Heidegger scrisse nella Lettera sull’<<umanismo>>:
<<[…] l’Occidente non è pensato come regione contrapposta
all’Oriente, […] è pensato in base alla vicinanza all’origine. […] i
riferimenti pieni di mistero all’Oriente […] nella poesia di
Holderlin […]. In questa vicinanza si compie, se mai si compie, la
decisione intorno a […] se e come nell’albeggiare del sacro
possano cominciare di nuovo ad apparire Dio e gli dèi>>
(Heidegger, Lettera sull’<<umanismo>>, 1946, p.67).
<<Rifugiarsi nell’uguale non è pericoloso. Il pericolo è
nell’arrischiarsi nella discordia per dire la stessa cosa. […] La
prima legge del pensiero è la con-venienza del dire dell’essere
[…]. […] noi ogni volta meditiamo su che cosa dire dell’essere e
su come dirlo. Resta […] riflettere se si possa dire ciò che è da
pensare, fino a che punto lo si possa dire, in quale attimo […] , in
quale dialogo […]>> (Heidegger, Lettera sull’<<umanismo>>,
1946, pp.102-103).
Nell’appendice
della
Lettera
sull’<<umanismo>>
,
73
Heidegger pubblicò una lettera al suo traduttore francese, in cui
scrisse: <<Egregio Signor Beaufret, […] ho colto l’alto concetto
che Lei ha dell’essenza della filosofia. Qui vi sono ancora ambiti
nascosti che solo in futuro verranno alla luce. Ma ciò accadrà
soltanto se il rigore del pensiero, l’accuratezza del dire e la
parsimonia della parola saranno sottomessi a criteri affatto
diversi da quelli adottati finora>> (Heidegger, 1946, p.107).
E’ necessario riflettere anche su queste sue frasi che invitano
gli Occidentali al dialogo con Lao-tzu, Cina, Giapponesi ed
Indiani.
Heidegger disse nella sua Conferenza di Friburgo:
<< “Il” pensiero - questo è il nostro pensiero occidentale […]. Ciò
non significa affatto che il mondo dell’antica India, della Cina e
del Giappone sia rimasto privo di pensiero (gedanken-los). […]
nel caso in cui osassimo prendere in considerazione quei mondi
estranei, dovremmo chiederci anzitutto se, in generale, abbiamo
l’orecchio per ascoltare ciò che laggiù è pensato. […] spesso gli
Indiani, i Cinesi e i Giapponesi di oggi ci riferiscono le loro
esperienze ormai soltanto nel nostro modo di pensare europeo.
[…] non è più possibile riconoscere se gli antichi Indiani fossero
empiristi inglesi e Lao-tzu un kantiano. Dove e come può esservi
un dialogo che risvegli […] , se da entrambe le parti è l’assenza di
sostanza a condurre la conversazione?>> (Heidegger, Conferenza
di Friburgo in Conferenze di Brema e Friburgo, 1957, p.184).
Heidegger scrisse nel libro Identità e differenza:
<<La parola Ereignis […]. La parola guida del pensare si lascia
tradurre a mala pena, così come la parola guida logos e la parola
cinese tao. […] Per il fatto che un tale ritorno (all’origine)
richiede un salto, ha bisogno del suo tempo. Il tempo del pensare
che è un altro rispetto a quello del calcolare che da ogni parte
insidia il nostro pensare>> (Heidegger, Identità e differenza).
Heidegger disse nell’intervista Ormai solo un Dio ci può
74
salvare:
<< Ormai solo un Dio ci può salvare>>.
[…] << E chi di noi può mai sapere se un giorno in Russia e in
Cina non si risveglino antichissime tradizioni del <<pensare>> che
cooperino a rendere possibile all’uomo un libero rapporto con il
mondo tecnico?>> (Heidegger, Ormai solo un Dio ci può salvare,
1976, p. 136; pp.146-147).
75
76
CONCLUSIONE
Se quanto finora detto dovesse trovare ulteriore conferma in
approfonditi studi, vorrebbe dire che l’Europa ha due religioni:
Cristianesimo e filosofia tedesca.
La filosofia tedesca è una religione, è anche uguale alla
filosofia statunitense di Emerson ed alle religioni orientali del
Taoismo (senza principi di etica taoista) e del primo Buddhismo
Zen.
Pare che la filosofia di Nietzsche sia una religione, anche
uguale al Taoismo, ma priva dell’etica taoista.
Il Taoismo ha principi di etica uguali a quelli delle altre
religioni, invita ad amare se stessi con moderazione e gli altri,
essere semplici, senza egoismo, con pochi desideri, modesti,
umili, altruisti, non parlare, parlare poco, fare del bene a tutti,
evitare di interferire nella vita altrui, evitare di danneggiare,
evitare di giudicare, evitare di aggredire ed evitare di fare la
guerra.
Questi principi di etica garantiscono una pacifica convivenza
tra individui e pace tra i popoli.
Lo psicologo ebreo Ernst Bernhard e lo psichiatra ebreo
Frederick Perls, colpiti duramente dal male del nazismo,
accettano il Tao.
Mi sembra che i principi etici taoisti rispettino i valori
evoluti della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea,
che tutela dignità, libertà, uguaglianza, solidarietà, cittadinanza,
giustizia.
I lettori possono scaricare gratuitamente su internet detta
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
L’Unione Europea è Civiltà.
Pare che Nietzsche abbia tratto spunto anche dal filosofo
statunitense Ralph Waldo Emerson per elaborare alcuni
insegnamenti, come quelli di dire di sì alla vita e di diventare ciò
che si è.
La filosofia di Heidegger è una religione, pare che sia anche
uguale al Taoismo (senza etica taoista) ed al primo Buddhismo
Zen.
77
Pare che le filosofie di Nietzsche e Heidegger vadano
interpretate anche in base ad altre discipline occidentali,
medicina, psichiatria, psicologia, scienza.
Pare che Nietzsche e Heidegger accolgano l’insegnamento
taoista del non agire (wu-wei).
Probabilmente a causa dei tempi, Nietzsche lo interpreta in
modo letterale.
Secondo il Taoismo, l’uomo deve prendere a modello il Tao
e praticare il non agire.
Il non agire taoista è l’agire più elevato, è agire spontaneo,
senza sforzo, è entrare in sintonia con gli influssi cosmici e
consiste nel realizzare con spontaneità la propria essenza in
accordo con il Tao.
Nella psicologia occidentale, il non agire (wu-wei) del
Taoismo, che è agire spontaneo e senza sforzo, era seguito dai
fondatori delle psicoterapie, lo psichiatra svizzero Carl Gustav
Jung (si veda Studi sull’alchimia, 1938, p. 28), dagli psicologi
statunitensi Carl Rogers (Un modo di essere, 1980, pp. 41-42) e
Abraham Maslow (Motivazione e personalità, 1954, pp.224225).
Lo psichiatra statunitense Alexander Lowen afferma che la
sua psicoterapia, la bioenergetica, ha lo stesso scopo di armonia
interna ed esterna del Taoismo, con gli stessi mezzi (Lowen,
1975, p. 62).
In letteratura, il non agire taoista era praticato dai romanzieri
Lev Tolstoj (si veda Tao Te Ching di Richard Wilhelm, 1921, p.
26) ed Hermann Hesse (Siddharta, 1969, p.97) e dal filosofo
ebreo Martin Buber (Un modo di essere di Carl Rogers, 1980,
pp.41-42).
Attualmente, una psicoterapia, la Mindfulness, con un centro
medico statunitense con la direzione di Jon Kabat-Zinn, accoglie
insegnamenti di Buddhismo, Zen, Yoga ed alcuni del Taoismo.
Le teorie sulla salute dei filosofi taoisti vanno analizzate in
base alla medicina.
L’orientalista Giuseppe Tucci scrive che in Cina si guarda al
78
Tao con grande commozione, come i credenti occidentali parlano
di Dio.
Dobbiamo avere un gran rispetto per il Tao, perché è il nome
con cui i Cinesi indicano il Principio Supremo, che per noi
Occidentali è il Creatore, Dio.
L’istinto religioso è molto potente.
Solo se crediamo in Dio, possiamo dare senso alla nostra
vita.
Nietzsche stimò sempre Gesù Cristo, lo ritenne il simbolo più
sublime.
Nietzsche scrisse nei Frammenti postumi 1885-1887: <<2[96]
Ironia contro coloro che credono il cristianesimo superato dalle
scienze naturali moderne. I giudizi di valore cristiani non sono per
ciò minimamente superati. <<Cristo in croce>> è il simbolo più
sublime- ancora oggi>> (Nietzsche, VIII*, 1975, p. 96).
Richard Wilhelm, che diffuse il Taoismo in Germania ed era
amico stimato degli intellettuali tedeschi ed europei, faceva il
pastore cristiano.
In Occidente, abbiamo Gesù Cristo, l’Eroe Perfetto, con il
Suo insegnamento sublime, la medicina, la psichiatra, la
psicologia.
Siamo completi, felici e diamo senso alla vita.
La pratica meditativa di Heidegger è religione, pare che sia
anche uguale a quella del Taoismo e Buddhismo Zen.
Lo Zen nacque in Cina dall’incontro di Buddhismo e
Taoismo, poi si diffuse in Giappone.
Lo Zen è satori (illuminazione), una conoscenza intuitiva del
Sé, della Guida interiore.
La meditazione è una pratica religiosa e medica potente.
Va imparata sotto la guida di un maestro.
Durante la meditazione, si lasciano passare i pensieri, come le
nuvole passano nel cielo e l’acqua scorre nei fiumi.
Il compito della vita è essere se stessi.
La preghiera a Dio, la Santa Messa, la meditazione mettono in
contatto con il Sé, con la propria Guida interiore (o maestro
interiore) e intuito.
In conclusione, l’Europa ha due religioni: Cristianesimo e
filosofia tedesca.
79
Queste scoperte dovrebbero garantire buona salute e serenità alla
popolazione e pace tra i popoli.
80
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Nota per turisti.
Gli appunti dei quaderni di Friedrich Nietzsche, i Frammenti
postumi, riportati nella bibliografia, sono stati consultati presso la
89
Biblioteca Universitaria di Napoli.
Nietzsche scrisse nella lettera datata 23 ottobre 1876: <<Sorrento
e Napoli sono belle, la fama non esagera. L’aria qui è un
miscuglio di aria di mare e di montagna. Il luogo è quanto possa
esservi di meglio per i miei occhi: sotto al mio terrazzo si stende
un grande giardino alberato (verde e ombroso anche d’inverno),
e, oltre il giardino, il mare azzurro cupo, e dietro ancora, il
Vesuvio. Speriamo! Con fedele amore, il vostro F.>>
90
INDICE
Introduzione
pag. 3
Primo capitolo
Studio su relazione tra Nietzsche, Heidegger e Taoismo
pag. 9
Lao-tzu,
pag. 9
l’amico
degli
intellettuali
tedeschi
Heidegger era come un vecchio cinese, pare come Laotzu
pag.13
Nietzsche lesse Lao-tzu; Lao-tzu insegna l’eterno ritorno;
pare che Nietzsche vi si ispirasse per far diventare la sua
idea
religione
pag. 16
Il superuomo di Nietzsche è una rielaborazione personale,
ma pare che sia anche una miscela di insegnamenti del
filosofo statunitense Emerson e del saggio cinese Lao-tzu
pag. 30
Pare che la volontà di potenza di Nietzsche sia la virtù del
Taoismo, l’energia vitale del Tao in ognuno
pag. 36
Il non agire (wu-wei) del Taoismo pare interpretato male
da Nietzsche, sembra accolto e seguito da Heidegger, è
seguito da fondatori di psicoterapie occidentali e
intellettuali
pag. 38
91
Secondo capitolo
La
conquista
pag. 51
dell’illuminazione
Heidegger e la traduzione di Lao-tzu.
Metafore uguali per indicare Essere di Heidegger e Tao di
Lao-tzu
pag. 51
La meditazione di Heidegger (Gelassenheit).
Il non agire ed il non volere presenti in Heidegger e Lao-tzu
pag. 61
La domanda di Heidegger è come un koan del Buddhismo
Zen
pag. 66
Conclusione
pag. 77
Bibliografia
pag. 81
92