Cari lettori, ecco a voi le anticipazioni del numero di ottobre 2012 di progettarearchitetturacittàterritorio, l’House Organ di Finco pubblicato da Tecniche Nuove che, attraverso articoli, rubriche e interviste, indaga sulla ricerca progettuale, l’evoluzione della professione e l’innovazione tecnologica. in_questo_numero L'apparente mancanza di intesa tra professione e società ha ispirato David Chipperfield che ha orientato la 13esima mostra Biennale di Architettura di Venezia, per cui è stata richiesta la sua direzione, verso la ricerca di un Common Ground, un "terreno comune" che vuol essere da stimolo per «dichiarare quelle ispirazioni e influenze che dovrebbero caratterizzare la nostra professione, educare l'attenzione rivolta alla città, nostra area di competenza e attività, ma anche realtà creata in collaborazione con ogni cittadino e con i molti attori che partecipano al processo della sua costruzione». In Ouverture. Ripulire gli oceani dalle enormi masse di rifiuti che minacciano l'intero ecosistema marino è lo scopo di Lady Landfill, una struttura galleggiante concepita per utilizzare evolute tecnologie di riciclaggio. A livello concettuale e formale i giovani progettisti, Milica Pihler, Jelena Pucarevic e Mirolad Vidojevic, si sono ispirati a un'icona della città industriale, la tour Eiffel dalla cui immagine rovesciata ha preso spunto il progetto che trovate in indicativo futuro In architettura 1, un'archi-scultura alta 114,5 metri disegnata da Anish Kapoor e Cecil Balmond per il parco olimpico di Londra 2012. Si chiama ArcelorMittal Orbit e la sua costruzione ha richiesto 18 mesi di lavoro con l'impiego di 560 metri di tubolari d'acciaio, di cui quasi il 60 per cento proveniente da fonti riciclate. I visitatori possono salire nella parte superiore della torre lungo i 455 gradini dello scalone a spirale, per vivere la sensazione che si stia proprio orbitando attorno al castello d'acciaio. Ciò che distingue questa nuova costruzione è tanto la sua geometria quanto il suo assemblaggio: Orbit ha infatti una struttura che sembra puntellarsi da se stessa, lenta evoluzione della forma in tessitura e spazio ciclico. Uno stretto rapporto visuale con il territorio e i due nuclei separati che fanno parte dello stesso municipio sono lo spunto per Francisco Mangado per il progetto dell'Auditorium comunale di Teulada-Moraira, pubblicato in architettura 2. Questa bipolarità urbana consente la realizzazione di un riferimento visuale che rafforzi i vincoli culturali e identitari già esistenti nel territorio. La potente formalizzazione dell'edificio facilita l'assunzione di questo ruolo, essendo allo stesso tempo coerente con la sua funzione e la ricerca spaziale perseguita dall'autore. In residenze, una "volontà di forma" sottende il progetto di Giuntiarchitetture di due edifici residenziali nella periferia romana nel rifarsi all'archetipo moderno della "palazzina" libera su tutti i fronti. L'approccio stereometrico che distingue l'elemento basico del cubo a cortina di mattoni delle "palazzine" è contestato dal candido sormonto svasato, mentre i fronti denunciano una "poetica dell'affaccio" che mischia a semplici ritagli rettangolari, plastici oblò e fessurazioni verticali solcate dalle solette dei balconi aggettanti. Ciò che il volume aggiunge nell'atmosfera è sempre mantenuto aperto da "smangiamenti", come la decisa sottrazione materica alla base del corpo superiore e la calligrafica inserzione delle ringhiere nei parapetti pieni dei terrazzi. Progettata da K2S Architects, la "Cappella del silenzio" di Helsinki non è intesa come luogo destinato al servizio parrocchiale o a determinate celebrazioni liturgiche: la sua calma interiore vuole essere soprattutto di supporto all'incontro interpersonale. Lo spazio principale ovuliforme è come una grande "tazza" lignea e la superficie totale dell'edificio è di circa 350 mq destinati ad aula, sala per le informazioni, spazi per il dialogo personale e servizi. L'aula è un ambiente calmo e distaccato, dove la luce che cala dall'alto, tutt'attorno al soffitto sospeso, crea il senso di calore materico che definisce tutto lo spazio. I muri interni sono realizzati in spesse tavole d'ontano; gli arredi stessi sono in massello di legno con inserti in metallo lucido. In interni Non solo design per la Copenaghen del nuovo millennio in cui sono stati realizzati, negli ultimi venti anni, grandi interventi di ridisegno urbano e molte opere firmate da archistar di fama internazionale. Dal Finger Plan del 1947 ai nuovi nodi urbani lungo il loop metropolitano periferico nell'area di Øresund Strait, estesi interventi di rigenerazione urbana danno vita a nuovi distretti, riorganizzati e ridistribuiti rispettando le preesistenze architettoniche. Nello speciale, uno scenario architettonico vivace e dinamico proprio di una capitale alla ricerca di un ruolo più attivo ed emergente nel panorama mondiale e punto d'attrazione per generazioni future. "Donnedilizia. I valori da mettere in campo per il rilancio delle costruzioni", la tavola rotonda ideata da Ivo Nardella, direttore generale di Tecniche Nuove e organizzata dalla Divisione Edilizia Architettura e Costruzioni della casa editrice, per approfondire il ruolo, il potenziale e le opportunità dell'universo femminile in una realtà, quella dell'edilizia, in profondo mutamento. Numeroso ed eterogeneo il gruppo delle ospiti in rappresentanza delle oltre 225mila donne operanti nel settore: Tutte le donne intervenute – siano esse architetto, geometra, costruttore, produttore – sostengono che qualità, sostenibilità e innovazione sono i vettori della ripresa. In forum In tecniche esecutive, i nuovi Headquarters Diesel, un insediamento, progettato da Pierpaolo Ricatti, costituito nel suo insieme da varie unità interconnesse: queste si correlano attraverso gli elementi strutturali di congiunzione che compongono una viabilità interna al centro polifunzionale tagliato da nord verso sud in due macro-aree raccolte attorno alle corti interne e collegate tra loro da percorsi coperti sopraelevati. Nella sezione GiArch, alcune delle ultime attività del Coordinamento Nazionale dei Giovani Architetti Italiani. La Biennale di Architettura di Venezia è stata, infatti, la prima data di una serie di iniziative sull'architettura che si sono svolte nel mese di settembre lungo tutta l'Italia. La grande energia e impegno con cui i giovani architetti e le associazioni aderenti al GiArch hanno aderito, organizzato e partecipato a queste iniziative, sono la testimonianza che nonostante la differenza di territori, di storie, di idee… i giovani architetti condividono quel "terreno comune" che è la cultura architettonica. Editoriale Il Ground è una prateria La Biennale di quest'anno è stata affidata ancora a un architetto, David Chipperfield, che ha scelto come tema il Common Ground, il territorio comune, quello basico della architettura, che si può interpretare come localismo, tradizione, ricerca, nuove generazioni, rinunciando ad esporre le opere dei suoi colleghi archistar, autori di architetture "globalizzate", espressione della fashion personale, indifferenti al luogo e talora anche alla funzione. È periodo di crisi globale: dalla affluent society alla spending review. Anche questa Biennale, come tutte, è un grande happening, tra invitati, padiglioni nazionali, eventi collaterali, pertinenti o meno, comprensibili o meno. Per visitarla ci vorrebbero diversi giorni e soprattutto un'audioguida (che non c'è) che aiuti a capire installazioni, video, sculture, fotografie e architettura, superando impressioni emotive, stanchezza e cripticità. Chipperfield sta con il profeta Isaia: «morirà la sapienza dei suoi sapienti, si eclisserà l'intelligenza dei suoi intelligenti» a vantaggio dei molti o moltissimi sconosciuti che si occupano di architetture, e che possono dare un contributo alla diffusione di messaggi, conoscenze, insegnamenti: dal "ground al background". Un tema così generale -non voglio dire genericoche si è prestato a molte interpretazioni. Secondo Francia e Belgio è il suolo, su cui prevedere nuovi Grand Ensembles, nuove urbanizzazioni, nuovi quartieri di cui non è facile cogliere la novità. Per l'Angola - prima partecipazione - è il recupero degli spazi vuoti interstiziali nella immensa baraccopoli di 8 milioni di abitanti, che è la maggior parte di Luanda, con canne e arbusti che oltre a formare isole verdi svolgono fitodepurazione delle acque: una intuizione molto pertinente. L'architettura spontanea, quella realizzata dagli utenti, che è la stragrande maggioranza, è il Common Ground nell'intelligente padiglione Usa. Le specificità colte da architetti inglesi in lavori outdoor in Cina, Brasile, Germania, Olanda, e riportate come esperienze in patria è lo svolgimento molto congruente della Gran Bretagna (ci sarà l'invisibile mano del curatore che è inglese?), dalle case galleggianti, alle costruzioni minimali, alle 500 scuole uguali costruite da Niemeyer. Il Giappone propone le opere collettive degli abitanti delle aree colpite dallo tsunami realizzate con il legname deradicato: e ha vinto il premio, per la chiarezza e l'intensità del messaggio. Le 64 città ombra costruite sotto segreto nell'epoca di Stalin, sono il tema nuovo del padiglione russo, da decriptare da una spilla. Città operaie e militari, da confrontare con le contemporanee New Towns occidentali. La ricerca del tipo, con centinaia di modellini - poco leggibili - è il tema dell'Ungheria. Altri hanno interpretato il Common Ground come la ricerca di un'intesa per il lavoro di coppia: le Grafton, Herzog & de Meuron, Fischli & Weiss, e la Hadid con i suoi Ingegneri (ma che ci azzecca?), lettura familiare ma riduttiva. Mancano i contributi della Cina e dei paesi africani, che invece avrebbero avuto molto da presentare proprio sul tema, quindi una Biennale, ancora una volta eurocentrica, ma non è colpa dell'ideatore. Quindi molti Common Ground come era prevedibile o auspicabile e non merita parlare delle proposte fuori tema, astruse e incomprensibili. Non si tratta però di far uscire gli architetti da una loro crisi - che non c'è - o di recuperare l'aggancio tra architettura e società, che non si è mai perduto (escluso gli archistar), come dicono alcuni slogan della mostra, un po' scontati e soprattutto anacronistici. Invece senza formule a priori può essere una Biennale più didattica e propositiva, più stimolante soprattutto per i giovani architetti. Il Ground è una prateria o un deserto di cui non si leggono immediatamente i confini. Con una evidente considerazione: il vero esempio di Common Ground dell'architettura, della capacità di capolavori singoli e coerente tessuto urbano diffuso, che è una continua esperienza artistica ed emozionale, vero materiale di confronto nello sviluppo di secoli, è Venezia, senza architettura contemporanea o moderna (se non casi puntuali o periferici) che proprio per questo è la sede ideale e unica per questa e le prossime Biennali. Voi cosa ne pensate? Paolo Favole © Riproduzione riservata