CAPITOLO QUARTO
LA LUMEN GENTIUM
4.1 LA CHIESA
Mi sembra opportuno, prima di esporre concetti e commenti relativi alla Lumen
gentium, mettere in luce alcune definizioni relative alla Chiesa.
Il termine Chiesa è parola greca che deriva dal verbo «convocare»; nella letteratura
profana significa «assemblea», in modo speciale l’assemblea dei cittadini convocati
dall’araldo.
Nell’Antico Testamento significa, a volte, una riunione qualunque di uomini ma più
spesso è usato per designare il popolo d’Israele.
Nel Nuovo Testamento tale nome è usato per indicare un’assemblea di fedeli ma è
usato anche in senso profano.
Nel vangelo di Matteo Gesù usò l’affermazione: «Su questa pietra edificherò la
mia Chiesa» (Mt 16,18), e da quel momento il nome Chiesa assunse un significato
più profondo. Tale nome infatti ha il ruolo di definire la Chiesa Cattolica come
società dei fedeli di Gesù Cristo.
Nei Vangeli è contenuta la dottrina di Gesù riguardo la Chiesa; egli ha voluto
istituire una vera società spirituale dei fedeli che realmente ha fondato e, nel corso
della sua vita terrena, ha determinato tutti gli elementi costitutivi che dovevano
comporre tale società.
Egli ha prescritto una «fede comune» necessaria a tutti i credenti, ha dato alla sua
società delle istituzioni sacre (in particolare i Sacramenti), e ha stabilito un’autorità
visibile per la sua società che sono gli Apostoli, i cui successori sono i Vescovi, a cui
ha dato il potere d’insegnare, di amministrare i Sacramenti, e di fare le sue veci nei
confronti di tale società.
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Soprattutto ha conferito a Pietro la suprema podestà, ed il successore di Pietro è il
Papa.
San Paolo afferma che non esiste che una sola Chiesa che è la casa di Dio, fondata
sugli Apostoli, fondati a loro volta sul Cristo (cfr. Ef 2,20).
Volendo continuare sul pensiero di San Paolo, l’Apostolo chiama la Chiesa «casa di
Dio» o dei «cieli» perché Dio vi inabita nelle istituzioni sacre e nel cuore dei fedeli; e
la chiama «corpo mistico di Gesù Cristo» per significare l’influsso interiore di Gesù
Cristo, capo dei fedeli i quali sono le sue membra.
Infine, per esprimere l’amore che Gesù ha verso i fedeli e la fecondità inesausta della
Chiesa per virtù del suo sposo, la chiama «sposa di Cristo».
La missione di Gesù su questa terra fu quella di salvare e santificare gli uomini,
quindi ha istituito la Chiesa come società spirituale affinché essa continuasse la sua
opera.
Fine della Chiesa quindi è la santificazione degli uomini ed essa adempie a tale
missione non come causa, ma come strumento, come mezzo che suppone la
cooperazione attiva e libera dei fedeli. Per potersi salvare, però, non è sufficiente che
l’uomo sia membro della Chiesa ma occorre la sua cooperazione attiva, cioè
accostandosi ai mezzi affidati da Gesù alla Chiesa per la salvezza delle anime (ai
Sacramenti), e praticando le virtù secondo la dottrina e la direzione della Chiesa.
Quindi la natura della Chiesa è quella di essere una società spirituale e
soprannaturale, ma ciò non è inteso che sia composta da soli spiriti o da soli giusti
ma che ha come fine non il bene temporale ma il bene soprannaturale delle anime.
La Chiesa è una «società necessaria», nel senso che come condizione di salvezza
per gli uomini è necessario che vi appartengano, o «di fatto», per quelli che la
possono conoscere, o almeno «in voto», ossia nel desiderio sincero di far parte della
vera Chiesa per quelli che senza colpa sono lontani da essa.
La Chiesa è dotata di costituzione gerarchica, che lo stesso Gesù ha voluto,
quindi, accanto al corpo dei fedeli esiste una classe dirigente, che forma la gerarchia.
Tale costituzione gerarchica è di origine divina, questo secondo la dottrina cattolica.
È evidente che non potrebbe esserci una società senza che vi sia una classe dirigente
che la regga, e senza che vi sia una podestà.
Gesù Cristo scelse esso stesso i Dodici Apostoli, ai quali conferì la podestà sulla
Chiesa col potere di conferire tale podestà ai loro successori. Inoltre diede loro il
potere di battezzare, di rimettere e ritenere i peccati, di compiere i misteri eucaristici
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ed amministrare gli altri Sacramenti, di insegnare alle genti, di sciogliere e legare ed
in particolare a Pietro quello di pascere i fedeli.
La Gerarchia, o Chiesa dirigente, è formata dagli Apostoli, i cui successori sono i
Vescovi. Essi si scelgono dei collaboratori che sono i Sacerdoti, detti anche
Presbiteri e i Diaconi.
I Sacerdoti e i Diaconi partecipano parzialmente dei poteri della Gerarchia ma
appartengono ancora alla Chiesa dirigente.
Tutti questi formano il Clero.
Ma al di sopra del Clero, al primo posto nella gerarchia c’è il Papa, Capo della
Chiesa e successore di San Pietro, Vicario di Gesù Cristo in terra, il Capo invisibile
della Chiesa1.
4.2 IL CONCILIO VATICANO II
Dopo aver dato una visione generale della Chiesa come struttura sociale,
esponiamo ora alcuni concetti riguardanti il Concilio Vaticano II, di cui la Lumen
gentium è il documento più importante e famoso.
Volendo dare una definizione di concilio, esso è l’assemblea dei Vescovi o capi della
Chiesa, legittimamente convocati per deliberare sugli interessi religiosi. Il termine
concilio è di origine latina.
Il primo concilio della storia di cui si ha notizia è quello tenuto dagli Apostoli a
Gerusalemme e si discusse argomenti riguardanti i rapporti tra Giudaesimo e
Cristianesimo.
Voluto fortemente da Papa Giovanni XXIII, il Concilio Vaticano II è stato
concepito in funzione di un aggiornamento della Chiesa. È stato definito come un
Concilio Pastorale e proprio per questa sua caratteristica è stato declassato dai suoi
oppositori2.
Si ricordi che per teologia pastorale si intende l’applicazione pratica della teologia
scientifica. Essa espone i principi fondamentali e le regole secondo le quali la Chiesa
adempie alla sua triplice funzione di insegnare, santificare attraverso i Sacramenti e
di governare3.
Il fine ultimo del Concilio Vaticano II era il «rinnovamento» globale della Chiesa, e
ciò includeva anche «riforma».
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La pastoralità stessa del Concilio impegnava ad adeguare le forme storiche
espressive della fede e della vita ecclesiale, affinché, pur rimanendo fedeli
sostanzialmente ai dati rivelati e voluti da Dio, la Chiesa rispondesse alle mutate e
varie situazioni socio-culturali dell’umanità4.
Nell’ottobre del 1958 muore Pio XII ed il suo successore sarà il Cardinale Angelo
Giuseppe Roncalli, patriarca di Venezia, che diverrà Papa Giovanni XIII.
Appena insidiatosi nella Sede Pontificia, Papa Roncalli si rende subito conto dei
molteplici quesiti che la Chiesa deve affrontare in risposta alle problematiche di
quegli anni e decide di convocare i Vescovi dei Cinque Continenti per aprire un
dibattito costruttivo e il più possibilmente fruttuoso al fine di conseguire un insperato
rinnovamento del Cattolicesimo, rigenerato nel Vangelo, in modo da facilitare un
riavvicinamento della Chiesa ai cristiani separati5.
Quindi l’ecumenismo, insieme all’intento di un rinnovo pastorale, impregna
l’anima del Concilio.
L’ecumenismo è nato, diversamente da quanto si potrebbe credere, non ad opera di
cristiani cattolici ma è un movimento religioso sorto per iniziativa dei Protestanti.
Scopo del movimento ecumenico è l’unione tra le diverse chiese cristiane in modo da
preparare, superando le divisioni, «la vera Chiesa ecumenica», ossia universale. Gli
iniziatori di tale movimento partono dalla dolorosa constatazione che il
Cristianesimo così diviso non può presentarsi di fronte alla società con tutta la sua
forza di persuasione, quindi rimedio dell’umanità è sicuramente il ritorno all’unità
delle chiese.
Nessuna chiesa può considerarsi come l’unica vera chiesa, questo secondo l’idea
ecumenica dei protestanti, ognuna ha la sua parte di verità e, riconoscendo il loro
peccato che ha portato alla separazione, le chiese dovranno riunirsi a formare l’unica
vera chiesa, quella ecumenica, superando i limiti e le mancanze.
Apparentemente le intenzioni del movimento ecumenico sembrano buone ma un
ecumenismo così concepito non poteva essere accettato dalla Santa Romana Chiesa,
società soprannaturale e spirituale fondata da Gesù Cristo, il cui Vicario, successore
di Pietro, è lo stesso Papa.
Infatti nel 1919 alcuni rappresentanti del movimento ecumenico andarono a far visita
all’allora Papa Benedetto XV per invitarlo ufficialmente a partecipare ad una
conferenza ecumenica che si sarebbe tenuta di lì a poco ma il Papa non accettò
l’invito.
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Tale conferenza si tenne a Stoccolma nel 1925 in cui parteciparono 600
rappresentanti di 103 confessioni cristiane e, come previsto, non era presente alcun
rappresentante della Chiesa Cattolica, tanto meno il Papa.
In seguito ci furono altre conferenze: ricordiamo quella di Amsterdam del 1948,
da cui la Chiesa Cattolica si è sempre tenuta a debita distanza. Tuttavia i risultati
degli sforzi compiuti dall’ecumenismo protestante furono piuttosto scarsi anche
perché in questo movimento si sente l’assenza, secondo alcune ipotesi, di un capo
comune a cui fare riferimento6.
Ma con Roncalli le cose cambiano. Egli, sensibile alle situazioni del suo tempo,
comprende che occorre lavorare affinché ci sia un ritorno dei cristiani separati in
seno alla Chiesa.
A tale scopo, una volta salito al Soglio Pontificio, Papa Roncalli si mette subito
all’opera, indicendo appunto un concilio per effettuare un rinnovamento ecclesiastico
inteso come apertura al dialogo, alla comprensione reciproca, e all’incontro con altre
confessioni.
4.3 COMMENTO GENERALE ALLA LUMEN GENTIUM
Dopo aver esposto, in maniera sintetica, alcuni concetti riguardanti la Chiesa ed il
Concilio Vaticano II esponiamo ora cose riguardanti la Lumen gentium.
Cos’è la Lumen gentium?
Tale testo è un documento estremamente importante, conosciuto e studiato in tutto il
mondo ed .è un documento conciliare, frutto del Concilio Vaticano II.
La Lumen gentium è ufficialmente la Costituzione dogmatica sulla Chiesa.
Si ricordi che una costituzione è l’insieme di quelle leggi universali emanate dal
Romano Pontefice oppure da concili generali7, come lo fu appunto il Concilio
Vaticano II.
Le leggi universali emanate in particolare dalla Lumen Gentium riguardano la
Chiesa, società spirituale e soprannaturale che il nostro Signore Gesù volle sulla terra
per la santificazione e la salvezza di tutti gli uomini.
La Lumen Gentium descrive nelle sue componenti la Chiesa, «corpo mistico di
Gesù», di cui Gesù è il capo e le sue membra sono l’assemblea dei fedeli. Il
documento è costituito di otto capitoli, frutto di un lungo lavoro di preparazione, e
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descrive la società ecclesiastica in una visione d’insieme con una profondità e una
ricchezza mai raggiunte in un documento conciliare8.
A questo punto ci appare doveroso dare una breve descrizione di ciò che è esposto
negli otto capitoli della Lumen gentium, senza trascurare che quello che a noi
interessa è il capitolo ottavo, ossia il capitolo in cui si espongono concetti relativi alla
Vergine Maria, Madre di Dio e della Chiesa.
Nel primo capitolo, intitolato «Il mistero della Chiesa», viene fornita una descrizione
della Chiesa Cattolica più in termini biblici che sociologici e ne rivela il dogma,
verità di fede accettata perché rivelata da Dio stesso.
La Chiesa quindi è in pari tempo il Sacramento, segno sensibile produttivo della
Grazia9, e lo strumento di comunione verticale degli uomini con Dio, della
comunione orizzontale dei credenti tra loro e della comunione universale delle chiese
locali, sparse nel mondo, intorno al successore di Pietro10.
Il titolo del secondo capitolo è «Il popolo di Dio», e tratta della condizione comune
di tutti i battezzati, al di là della distinzioni tra laici, chierici e gerarchia, e della
responsabilità di tutti i Cristiani della Chiesa.
All’interno di tale capitolo è possibile trovare la prima dichiarazione dottrinale
ufficiale relativa al sacerdozio universale dei fedeli. Si accenna anche, per la prima
volta in un documento conciliare, dei non cristiani visti alla luce del dialogo e della
comprensione, e questo rappresenta una vera apertura all’ecumenismo11.
Il terzo capitolo del documento è intitolato: «Costituzione gerarchica della Chiesa e
in particolare dell’episcopato». In tale sede viene descritta la struttura del «Popolo di
Dio», il quale non risulta costituito solo da laici, termine che etimologicamente vuol
dire «facenti parte del popolo», ma anche dai pastori o guide, quindi dalla
«gerarchia», ossia dal corpo episcopale. Il capitolo termina con due paragrafi
riguardanti i presbiteri e i diaconi.
Il quarto è dedicato a «I laici» e discute sul ruolo attivo che hanno i laici nella Chiesa
e sulla loro azione per «impregnare di valori morali la cultura e le opere umane»,
quindi espone concetti riguardanti la relazione dei laici con la gerarchia e come la
gerarchia deve comportarsi nei confronti dei laici12.
Il quinto capitolo ha per titolo: «Universale vocazione alla santità nella Chiesa». In
pratica la Lumen Gentium non ha un capitolo esplicito sul fine della Chiesa e sulla
sua missione, ma questo capitolo del documento può essere visto come una
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trattazione di ciò che può essere considerato il nucleo della missione, ossia portare
gli uomini alla santità13.
Il capitolo sesto è dedicato a «I religiosi», e riguarda in particolare alla professione
dei tre consigli evangelici che sono quelle osservanze utili, ma non strettamente
necessarie, al conseguimento della vita eterna e che sono lasciate alla libera scelta di
ognuno. Esse sono la povertà volontaria, la castità perpetua e l’ubbidienza perfetta.
Infine, trattando brevemente sul settimo capitolo, il cui titolo è: «Indole escatologica
della Chiesa peregrinante e la sua unione con la Chiesa celeste», vi si possono
trovare considerazioni dottrinali sui vincoli di comunione tra Chiesa terrestre e
Chiesa celeste e direttive pastorali per promuovere il culto dei santi14.
Dopo aver dato una visione d’insieme dei primi sette capitoli del documento,
manca ora da esporre concetti relativi l’ottavo capitolo il quale tratta della Madre di
Dio, ma abbiamo pensato che fare ciò fosse più conveniente farlo in sede a parte.
4.4 IL CAPITOLO OTTAVO DELLA LUMEN GENTIUM
Il capitolo ottavo della Lumen gentium è dedicato alla Vergine Maria. Il titolo
completo del capitolo è «La beata Maria vergine Madre di Dio nel mistero di Cristo e
della Chiesa».
Il testo racconta, con parole dosate e calibrate, la vita della Vergine Maria e la sua
vicenda all’interno della storia della salvezza.
Occorre tener presente che esiste una vasta letteratura, anche patristica, prima che
il documento conciliare fosse redatto, che argomenta su Maria, tuttavia si osserva che
nel capitolo ottavo della Lumen gentium sono esposti concetti nuovi.
Secondo una tradizione consolidata, la Vergine Maria è sempre stata vista
esclusivamente alla luce del Redentore, di Gesù Cristo.
Gesù è Dio. Gesù è Figlio di Dio, Redentore e Mediatore.
Allo stesso modo la Vergine Maria, essendo Madre di Gesù, è Madre di Dio, la
Theotokos, come fu chiamata nel Concilio di Efeso, del 431 d.C., corredentrice e
mediatrice, immacolata e santissima, assunta in cielo e regina.
Quindi tradizionalmente la mariologia era principalmente cristotipica.
Ma nel corso dei lavori del Concilio Vaticano II, la Vergine Maria viene
osservata e studiata in un altro modo: alla luce della Chiesa.
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Per cui si può affermare che in tal modo si inaugura un nuovo filone di studi: quella
della mariologia ecclesiotipica15.
Etimologicamente il termine mariologia significa discorso, trattato intorno a Maria
ed è parte della teologia. Quindi la mariologia, alla luce della Rivelazione divina,
studia tutto ciò che riguarda la Vergine Maria, Madre del Verbo incarnato, non
potendo la sola ragione umana conseguire una sufficiente cognizione delle ricchezze
soprannaturali di Maria16.
I principi su cui si fonda ogni mariologia sono ben conosciuti ma occorre
ricordarne i quattro principali: (1) il principio di solidarietà, il quale riguarda lo
stretto coinvolgimento della Vergine Maria nella vita di Gesù; (2) il principio di
singolarità, nel quale si enuncia che la Vergine Maria è creatura singolare,
privilegiata ed in quanto Madre è elevata ad elezione particolare; (3) il principio di
eminenza, in cui si afferma che ella è il punto più alto della Rivelazione, della
realizzazione del progetto di salvezza di Dio; (4) il principio di esemplarità, in cui si
proclama che la Vergine Maria è il modello più sublime e più alto di ciò che ogni
cristiano e la Chiesa sono chiamati a realizzare17.
Si consideri che l’ottavo capitolo della Lumen Gentium è diviso in diciotto
numeri, raggruppati in cinque parti, ciascuna parte con la sua importanza.
Il «Proemio», cioè la parte prima, costituito dai primi tre numeri, racconta la storia
della salvezza, voluta da «Dio misericordiosissimo e sapientissimo18», nella quale la
figura della Vergine Maria compare in modo mirabile. Ella è «riconosciuta e onorata
come vera Madre di Dio e Redentore19» e viene presentata nella sua singolare veste
di Madre del Figlio, Figlia del Padre e Tempio dello Spirito Santo.
Maria è stata Redenta in vista dei meriti del Figlio. Se la Chiesa Cattolica è stata
fondata da Gesù, allora Maria, la Madre di Gesù, è riconosciuta come membro
singolare e sovreminente della Chiesa, corpo mistico di Gesù, che Maria, attraverso
la Carità, contribuì a costruire.
Il «Proemio» espone anche le motivazioni per cui il Santo Concilio ha deciso di
inserire nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa un capitolo dedicato alla Vergine
Maria: l’intento è quello di «illustrare attentamente sia la funzione della beata
Vergine nel mistero del Verbo Incarnato20», sia di dare ai fedeli indicazioni riguardo
il culto della Vergine Maria senza entrare in questioni teologiche.
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Il titolo della parte II è «Funzione della beata Vergine nell’economia della salute»
e vi si espone la storia della salvezza che ha Maria come protagonista accanto al suo
Figlio Divino.
Nell’Antico Testamento, fin nei testi più antichi, compaiono citazioni e passi che
fanno riferimento alla Vergine Maria. Infatti i documenti biblici più antichi narrano e
profetizzano della figura di una donna che deve venire, la quale viene preannunciata
già nella Genesi dove, dopo il peccato di Adamo ed Eva, compare la Donna che
schiaccerà la testa del Serpente.
Maria è la Vergine che concepirà e partorirà un Figlio, l’Emmanuele.
Si vuole anche mettere in luce che è con Lei, la Figlia di Sion, che dopo una lunga
attesa si compiranno i tempi messianici.
Nella seconda parte del capitolo ottavo assumono grande importanza le parole
dedicate all’Annunciazione.
Il buon Dio ha voluto che prima dell’incarnazione del Verbo, ci fosse il consenso
della Vergine, in modo che si adempissero le antiche profezie e che, se una donna ha
legato il nodo del peccato, allora una Donna sciogliesse tale nodo col suo consenso,
con la sua Fede e con la sua obbedienza.
Maria, all’alba del nuovo giorno, fu salutata dall’Angelo quale «piena di Grazia» ed
all’annuncio che in Lei si sarebbero compiute le antiche promesse rispose «Ecco
l’Ancella del Signore, si faccia di me secondo la tua Parola».
Volendo fare un personale commento, umilmente desidero affermare che in tutta la
storia umana questa è stata la frase più alta e sublime che una creatura abbia mai
potuto pronunciare.
Infatti non solo divenne Madre del Verbo Incarnato ma l’obbedienza della Vergine
Maria è causa di salvezza per tutto il genere umano.
Occorre aggiungere che l’adesione della Vergine Maria al progetto salvifico non fu
un «fiat» passivo e disattento ma, al contrario, attivo e consapevole.
Occorre tener presente che che l’Angelo saluta la Vergine Maria come «piena di
Grazia», questo perché Dio ha voluto adornarla di Doni singolari in vista non solo
dei meriti di Gesù Cristo ma anche perché potesse adempiere appieno la missione da
Dio affidatole.
La Lumen gentium non si ferma al solo racconto dell’Annunciazione. Il documento
continua citando, sempre nella parte seconda, gli episodi del Nuovo Testamento in
cui compare Maria protagonista accanto al Figlio Gesù.
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Si può notare che insieme a Maria fanno la loro comparsa, negli accadimenti che
riguardano il Figlio di Dio, altri personaggi: Elisabetta, parente di Maria ed incinta
del Precursore Giovanni Battista, i pastori e i Magi, che portarono doni quando Gesù
nacque nella grotta di Betlemme, poi c’è il vecchio Simeone, che profetizzò sul
Bambino e menzionò anche di una spada di dolore che avrebbe trafitto l’anima di
Maria e Giuseppe, che insieme alla sua santissima Sposa si mise a cercare il fanciullo
Gesù quando si perse per le strade di Gerusalemme ed insieme, Maria e Giuseppe,
dopo tre giorni di forsennate ricerche, lo ritrovarono nel tempio mentre insegnava ai
dottori.
Il numero cinquantotto della Lumen gentium, che narra dell’infanzia di Gesù, si
conclude infine con la frase dell’evangelista Luca: «E la Madre sua conservava
meditabonda tutte queste cose in cuor suo» (Lc 2,19). Tale affermazione, mette in
evidenza come Maria si comportava ed agiva nella vita di Gesù, ed il motivo per cui
la stessa Maria non era strumento passivo nelle mani di Dio ma cooperatrice attenta
ed ubbidiente al Signore.
In questa frase ci sono due verbi: conservare e meditare (qui esposti all’infinito).
Cosa si conserva? In genere si mette da parte qualcosa di caro e di prezioso, lo si
pone in uno scrigno (il cuore di Maria) e lo si custodisce al riparo da ladri e da
malintenzionati ed è appunto questo che Maria faceva di ogni episodio, ogni
accadimento che riguardava la vita del Figlio di Dio. Tuttavia, da parte sua, non era
solo un riporre da parte e basta ma ogni cosa che riguardava il Figlio Divino era
motivo di meditazioni e riflessioni.
Continuando a leggere il documento conciliare si può notare che Maria viene
descritta quale protagonista anche nella vita pubblica di Gesù, come lo era stata della
sua infanzia. Già dalle nozze di Cana di Galilea Maria interviene in modo mirabile a
favore degli uomini presso Dio. Durante il famoso banchetto di nozze, nel quale
erano presenti anche Gesù e Maria, venne a mancare il vino, bevanda molto
importante a quell’epoca nei festeggiamenti e Maria, informata di questo e sollecita
nei confronti di una nuova famiglia che si formava in quel momento, chiese al Figlio
Suo un miracolo che avrebbe evitato una situazione penosa e di dolore.
Volendo continuare, Maria compare anche quando Gesù proclama beati coloro
che compiono la volontà del Padre Suo che è nei cieli.
Maria non si sottrae neanche alle sofferenze. Quando Gesù accetta volontariamente
la Passione, la Vergine Maria compie fino in fondo la sua missione di Madre,
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rimanendo sotto la Croce accanto al Figlio ed «associandosi con animo materno al
sacrificio di Lui21».
Per cui il Redentore ha voluto che la sua diletta Madre divenisse Madre dell’umanità
intera, bisognosa della sua intercessione presso Dio.
Nel Nuovo Testamento, dopo la morte di Gesù, la Sua gloriosa Resurrezione e la
Sua Ascensione al cielo, Maria rimane con gli Apostoli. Il Concilio ha voluto citare
anche il fatto che Maria prega con gli Apostoli affinché venga lo Spirito Santo a dare
inizio alla predicazione del Vangelo e a dare i natali alla Chiesa.
Alcune teorie affermano che la Vergine Maria non facesse parte dei Dodici Apostoli
tuttavia è chiamata regina degli Apostoli e lo è per Grazia particolare22, cioè per dono
gratuito di Dio agli uomini.
Come conclusione della parte seconda si è voluto citare la gloriosa Assunzione in
anima e corpo di Colei che fu la Madre del Redentore. Le Sacre Scritture non dicono
nulla a riguardo: l’ultimo episodio del Nuovo Testamento in cui Maria viene citata è
il giorno di Pentecoste, giorno in cui scende lo Spirito Santo a santificare la Chiesa
nascente.
Neanche i Vangeli apocrifi riportano notizie relative l’Assunzione di Maria ma già i
Padri della Chiesa facevano ipotesi sul termine ultimo della vita terrena della
Vergine Maria.
La Lumen gentium non cita tutti gli argomenti teologici che nel corso dei secoli sono
stati prodotti in riguardo all’Assunzione della Vergine Maria, ma semplicemente
mette in evidenza l’accadimento che la Vergine Maria viene esaltata da Dio come
Regina dell’Universo affinché fosse più pienamente conformata al Figlio Suo nella
gloria, così come Ella stessa si era conformata al Suo Figlio nella vita e soprattutto
nella Passione.
La parte terza della Lumen gentium risulta sicuramente piuttosto innovativa per la
mariologia. Come ho citato precedentemente, il Concilio ha voluto mostrarci la
Vergine Maria non solo da una prospettiva cristotipica ma anche da un punto di vista
ecclesiotipica, ovvero ha voluto vedere Maria alla luce della Chiesa.
All’inizio del capitolo viene citato San Paolo. “«non vi è che un solo Dio, uno solo
anche è il Mediatore tra Dio e gli uomini, l’Uomo Cristo Gesù, che per tutti ha dato
sè stesso quale riscatto» (1Tm 2,5-6)
Quindi Mediatore tra Dio e gli uomini è Gesù e questo è fortemente ribadito nella
Lumen gentium affinché non ci sia alcun dubbio a riguardo.
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Il ruolo di Maria è quello di facilitare questa mediazione, di renderla ancora più
efficace e tale ruolo non nasce per necessità della salvezza, ma per il beneplacito di
Dio stesso. Prima di vedere Maria alla luce della Chiesa, il concilio ha voluto mettere
in chiaro che Maria è Madre per Grazia e la sua azione materna non si ferma solo al
Suo amato Figlio ma, a poco a poco che Ella cooperava nell’opera della salvezza, si è
estesa all’Umanità intera. Inoltre il Concilio mette in evidenza che la cooperazione di
Maria alla salvezza degli uomini avvenne attraverso l’obbedienza e attraverso le tre
virtù teologali che sono la Fede, la Speranza e la Carità.
La Vergine Maria, assunta in cielo, continua ad ottenerci Grazie e continua la Sua
opera di intercessione. Infatti è salutata dai fedeli «con i titoli di Avvocata,
Ausiliatrice, Soccorritrice e Mediatrice23».
Dopo aver messo in chiaro la missione salvifica di Maria ecco che Ella è
presentata nel documento quale modello della Chiesa. Infatti l’unione che Maria
aveva con Suo Figlio nella vita terrena, basato sulla sua maternità, rappresenta
l’unione dei fedeli e modello della Chiesa nascente.
Quindi il Concilio fa un parallelismo tra Maria e la Chiesa. Maria è Vergine e
Madre per Grazia e analogamente la Chiesa è Madre e Vergine per opera dello
Spirito Santo. Con il Battesimo e la predicazione del Vangelo la Chiesa genera a vita
nuova i suoi figli quindi è Madre ed è anche Vergine in quanto pratica e custodisce le
tre virtù teologali, che sono la Fede, la Speranza e la Carità, che abbiamo prima
citato, e, sull’esempio della Vergine Maria, rimane integra al Suo Sposo che è Cristo
Gesù.
Quindi la Vergine Maria viene vista come modello di tutti i cristiani.
La Chiesa, società spirituale e soprannaturale voluta da Gesù sulla terra, è costituita
di uomini. Infatti il termine Chiesa etimologicamente vuol dire assemblea, ma coloro
che si riuniscono in tale assemblea sono solo uomini quindi essi inciampano
continuamente e sono soggetti ad errare.
Per cui occorre alzare gli occhi verso la Vergine e praticare l’imitazione delle sue
virtù.
Il comportamento morale del cristiano è fondato sul mistero e non può trascurare la
conoscenza delle verità della salvezza. Contemplando la Vergine Maria, il suo
mistero, la Chiesa si avvicina alla fonte di ogni vita spirituale. La Vergine Maria
dirige i nostri sguardi verso il Signore e ci rende sempre più conformi alla Sua
dolorosa Passione e alla sua gloriosa Resurrezione. Gesù ci trasforma nel suo proprio
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corpo e la luce che emana da lui ci penetra sempre più a fondo. Lo studio della
Rivelazione che riguarda la Vergine Maria porta al punto centrale della nostra fede.
La predicazione e il culto della Santa Vergine, se ben concepiti, costituiscono un
appello costante a riconoscere ed adorare Gesù e a seguirlo generosamente fino al
Calvario24.
All’interno della parte quarta del capitolo della Lumen gentium dedicato a Maria
vengono esposti chiarimenti riguardo al culto che la Chiesa deve alla Madre di Dio e
qui occorre precisare che l’assemblea dei credenti «onora» la Vergine Maria.
Ella, nella Comunione dei Santi, occupa un posto speciale, il più vicino al punto
centrale che è Gesù Cristo.
Viene qui ricordato il Concilio di Efeso, quando Maria fu proclamata finalmente
Madre di Dio, la Theotokos, e con questo titolo è stata amata e venerata dal «Popolo
di Dio» fino ai giorni nostri, così come Ella stessa profetizzò dicendo. «Tutte le
generazioni mi chiameranno beata perché grandi cose mi ha fatto l’Onnipotente»
(Cfr. Lc 1,48-49). Occorre concettualizzare però che il culto di venerazione dato alla
Vergine Maria è differente da quello di adorazione dato al Verbo Incarnato e questo
il Concilio lo sottolinea bene.
Alla fine della parte quarta il Concilio lascia alcune indicazioni da seguire
affinché si voglia ben venerare la Vergine Maria.
La prima norma riguarda il fatto che viene privilegiato il culto liturgico, in quanto si
trova sotto la direzione immediata della Chiesa che lo protegge da ogni strettoia
individualistica. Comunque il Concilio accetta anche le pratiche di devozione
largamente diffuse.
Per quanto riguarda la venerazione delle immagini di Cristo, della Vergine e dei
Santi, il documento conciliare ricorda le prescrizioni dei concili precedenti. Si
ricordi, tra le altre cose, che l’onore reso all’immagine si rivolge alla persona di colui
che il ritratto rappresenta.
Oltre a quanto esposto, vengono richiamate alla memoria anche le norme per una
sana predicazione mariana che non vogliono né falsa esaltazione né ristrettezza di
spirito.
Poi vengono riportati alcuni consigli rivolti a tutto il popolo di Dio riguardo alla
devozione nei confronti della Vergine Maria. Tale devozione va praticata ma non è
importante la quantità delle formule da recitare ma la qualità della nostra adesione a
Dio25.
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Infine, in fondo all’ottavo capitolo, è presente la quinta parte dello stesso, in cui la
Vergine Maria diventa segno di certa speranza.
Viene messo in evidenza il significato che ha per la Chiesa il fatto che Maria sia
gloriosa in cielo in anima e corpo. Ella è immagine e inizio di quello che sarà la
Chiesa nella sua forma compiuta. Quindi Maria è l’icona escatologica della Chiesa.
Tuttavia Maria non è venerata solo dai cristiani cattolici: il Concilio mette in
evidenza il fatto che anche tra i fratelli separati molti venerano la Vergine Maria con
«ardente animo devoto26».
L’ultimissimo
numero
della
Lumen
gentium
rappresenta
un
contributo
all’ecumenismo: tale numero termina con una sorta di preghiera per l’unità di tutte le
famiglie cristiane affinché siano riunite in pace e concordia in un solo Popolo di Dio.
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MONS. A. MERCATI - MONS. A. PELZER, «chiesa», in Dizionario Ecclesiastico, Unione
Tipografico Editrice Torinesi, I, Torino 1953, p.590.
MONS. A. MERCATI - MONS. A. PELZER, «concilio», in Dizionario, op.cit., I, p.691.
MONS. A. MERCATI - MONS. A. PELZER, «teologia pastorale», in Dizionario, op.cit., III, p.
1087.
L. SARTORI, La “Lumen gentium”, Messaggero Padova, Padova 2011, p.7.
J.-M. MAYEUR (a cura di), Crisi e rinnovamento dal 1958 ai giorni nostri (Storia del
Cristianesimo, 13), Borla Città Nuova, Roma 2003, p. 29.
MONS. A. MERCATI - MONS. A. PELZER, «ecumenismo», in Dizionario, op.cit., I, pp. 237-238.
MONS. A. MERCATI - MONS. A. PELZER, «costituzione», Dizionario, op.cit., I, pp. 753-754.
J.M. MAYEUR (a cura di), Crisi e rinnovamento, op.cit., p. 90.
MONS. A. MERCATI - MONS. A. PELZER, «chiesa», Dizionario, op.cit., I, p. 590.
J.-M. MAYEUR (a cura di), Crisi e rinnovamento, op.cit., p. 90.
Ibidem.
Ivi, p. 91.
L. SARTORI, La “Lumen gentium”, op.cit., pp. 89-90.
J.-M. MAYEUR (a cura di), Crisi e rinnovamento, op.cit., p. 92.
L. SARTORI, La “Lumen gentium”, op.cit., p.114.
MONS. A. MERCATI - MONS. A. PELZER, «mariologia», Dizionario, op.cit., II, p. 855.
L. Sartori, La “Lumen gentium”, op.cit., p. 115.
Lumen gentium, 52.
Ivi, 53.
Ivi, 54.
Ivi, 58.
GÉRARD PHILIPS, La Chiesa e il Suo Mistero, storia, testo e commento della Lumen gentium,
Jaca Book, Milano 1982, p. 552.
Lumen gentium, 62.
G. PHILIPS, La Chiesa e il Suo Mistero, op.cit., p. 570.
Ivi, p. 575.
Lumen gentium, 69.
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