- "Formazione e deformazione dei giovani: quale è il ruolo della comunicazione mediatica?', in Dabbeni, G.; Palmisano, A.L. (a cura di) Atti del Convegno di Studi "Creatività e innovazione nella formazione dei giovani alle politiche comunitarie in relazione alle istituzioni di Alpe-Adria, Euroregione e ai GECT", Centro Studi Heliopolis. Trieste, 2009. Udine: Edizioni Goliardiche, 2010: 49-57 ISBN 978-88-7873-089-2 Formazione e deformazione d e i giovani; qual'è il ruolo della comunicazione mediatica? A n t o n i o L. P a l m i s a n o L'analisi di un programma televisivo non è sempre e soltanto interpretazione estetica del costume sociale o commento tecnico del gusto corrente. Nella prospettiva dell'antropologia, anche un fumetto o un cartone animato possono diventare fonte di conoscenza della nostra società, a condizione d i analizzarli con gli strumenti della teoria dell'informazione, contestualizzandoli nella società che li ha prodotti ed in cui vengono distribuiti e consumati. L'informazione rappresentata come merce Ogni sistema sociale si costituisce nel continuo processo interrelazionale d i scambio di informazioni fra persone e fra persone ed istituzioni. In questo processo è coinvolto ogni attore sociale, non escluso il 'critico televisivo', anche se non necessariamente in modo cosciente. L'informazione è fondatrice di nessi. Pur potendo essere scambiata con un'altra informazione, o con ciò che è ritenuto a secondo dei tempi e dei luoghi u n suo 'equivalente', non è una merce. E' facile constatare che lo scambio e la circolazione dell'informazione non seguono le dinamiche descritte dall'antropologia economica come specifiche dello scambio e della circolazione delle merci.' L'informazione non è agevolmente reificabile. Quando la nostra società occidentale effettua il tentativo di reificare I'informazione, questa stessa rappresentazione dell'informazione come merce ci fornisce una particolare informazione sulla struttura delle relazioni della società che la produce. Possiamo difatti considerare la rappresentazione dell'inforinazione ieificata come una retroazione positiva: la rappresentazione dell'informazione come merce costituisce una deviazione in uscita dal sistema sociale (reificazione delle relazioni sociali), reintrodotta come metainformazione nel sistema (anche I'informazione è una merce), per facilitare ed incrementare le modificazioni in quel determinato senso (la reificazione data come necessaria ed inevitabile di ogni forma di relazione).' ' Per un'analisi dello scambio e della circolazione delle merci in prospettiva socioantropologica. cfr. Firth, R. (ed.) Themes in Economic Anthropology, London: Tavistock Publications, 1967; Banton, M. (ed.) The Relevance of Models for Social Anthropology, London: Tavistock Publications, 1965. In quest'ultima raccolta, riveste particolare interesse il saggio "Sociology of primitive exchange" di Marshall Sahlins, presentato originariamente come comunicazione ad una Conferenza organizzata dalla ASA a Cambridge, nel giugno 1963. Sui concetti di retroazione positiva e di retroazione negativa nel sistema della comunicazione e sul rapporto fra informazione ed interazione, cfr. Watzlawick, P./Beavin, J.H./Jackson. D.I., Pragmatic of Human Communication, New York: Norton &Co., 1967; trad. it. Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio, Roma 1971.pg. 22 e ss. Sul concetto di metainformazione, cfr. op. cit., pg. 45 e S. L'informazione non è dunque una merce che circola: è una relazione. Ed è una relazione di modificazione e d i definizione reciproca, ossia d i formazione, all'interno del processo circolare della comunicazione umana: un processo, non da ultimo, di scelte. In questo processo anche la merce è una informazione, ma non viceversa. La riflessione che segue dal rifiuto dell'identità "informazione = merce" è che nel processo d i informazione non possiamo porci come compratori o venditori di un prodotto già costituito indipendentemente dall'attore sociale (produttori, lettori, spettatori), ma sempre come attori che costruiscono e costituiscono il sistema d'informazione per quello che è, con tutte le responsabilità che ne conseguono. Watzlawick. Beavin e Jackson hanno evidenziato in modo impeccabile la logica circolare secondo cui si svolgono i processi d i modificazione e definizione reciproca, o w e r o d i comunicazione, fra due o più persone ed i s t i t ~ z i o n i .Se ~ A informa B d i qualcosa, la risposta d i B, ossia il suo atteggiamento, anche il silenzio, informano a loro volta A, inducendo A (per retroazione) ad eventuali modifiche d i A come pure del rapporto d i A con B. Lo stesso accade in B. La tautologia di queste osservazioni operate dai teorici della comunicazione può forse sconcertare. Più sconcertante. tuttavia, è dover rilevare che ogni informazione fornita più o meno coscientemente da A a B -comunque venga percepita da B- è una formazione di B e, per retroazione, anche d i A. A e B si modificano e si formano quindi reciprocamente nel continuumdi un immediato rapporto "faccia a f a ~ c i a " . ~ Ed è quanto accade più d i frequente nella vita d i tutti i giorni fra noi e i nostri vicini, colleghi, amici e parenti, così come fra persone e istituzioni in ogni paese democratico. Naturalmente, in quest'ultimo caso gli intervalli di tempo fra gli atti di comunicazione sono generalmente più lunghi che non quelli all'interno della relazione Se nel processo d i circolazione dell'informazione tanto l'informatore quanto il ricevente si formano modificandosi reciprocamente, gli stessi sistemi della rappresentazione -i veicoli dell'informazione simbolizzata- sono sottoposti a d assestamenti e trasformazioni, talvolta considerevoli, proprio nella continua interazione con l'attore sociale loro destinatario. Gli stessi miti, forma particolare d i rappresentazione del mondo e d i autorappresentazione della snrietà, si modificano corrispondentemente zila situazione storica. socio-politica ed economica in cui vengono raccontati, trovando nuova espressione in infinite variazioni sullo stesso tema.6 Lo stesso accade per le ideologie. ' Op. cit., pg. 39 E' quindi opportuno considerare non tanto la durata, più o meno breve, degli intervalli di tempo fra un atto comunicativo e l'altro in corso fra A e B quanto soprattutto la reciprocità effettiva delle modificazioni. Si tratta di quella stessa reciprocità che, fra l'altro, permette il mantenimento del rapporto fra A e B come pure di qualsiasi altra relazione. Sugli intervalli di tempo fra un atto comunicativo e l'altro come anche sulla punteggiatura della sequenza di eventi, cfr. op. cir.. pp. 47-52 Cfr. Palmisano 2001. Hans Blumenberg, ad esempio, ha proposto una approfondita analisi del mito di Prometeo e delle sue trasformazioni e variazioni attraverso il tempo e nei diversi contesti sociali, culturali ed economici; cfr. Blumenberg, H.. Arbeit am Mythos, Frankfurt am Main: Suhrkamp, 1979. Per le manipolazioni situazionali del mito, come per i processi mitopoietici di contestualizzazione, decontestualizzazionee ricontestualizzazione di costellazioni simboliche in atto nei sistemi della rappresentazione e della autorappresentazione, cfr. Palmisano, A.L., Mito e soggette ad un incessante processo d i contestualizzazione nelle diverse situazioni geoeconomiche e nazionali i n cui si diffondono.' Gli attori sociali, dunque, s i formano e s i trasformano reciprocamente nello scambio d i informazioni; e gli stessi sistemi della rappresentazione -veicoli specifici dell'informazione- si trasformano nell'interazione con gli attori sociali. La contestualizzazione d i tali sistemi nelle differenti realtà in cui s i trovano a d operare e la imprescindibile traduzione situazionale delle costellazioni d i simboli sono garanzia e d indice d i una possibile e realizzata interazione fra gli stessi sistemi della rappresentazione e l'insieme degli attori sociali destinatari. Significativo è il caso della ricezione della liturgia cattolica a l d i fuori dell'occidente. Per citare un esempio estremo, in alcuni paesi africani. la birra (bevanda tradizionale pregna d i profondi significati sociali e culturali ed equivalente funzionale del nostro Mentre da una vino) viene proposta come oggetto del processo d i transustanziazi~ne.~ parte una simile ricezione può forse destare scandalo e venire classificata sbrigativamente come fenomeno d i sincretismo religioso "cattolico-animista", se non come vero e proprio sacrilegio, dall'altra testimonia l'avvenuta contestualizzazione del sistema delle rappresentazioni, attuata con una audace ma coerente traduzione delle costellazioni d i simboli. In particolare, con questa ricezione si conferma l'esistenza d i una intensa interazione fra un determinato sistema d i credenze 71Nuovo Testamento- e gli attori sociali suoi destinatari -il cittadino africano-, lasciando sperare in una altrettanto profonda e formativa interazione fra gli originari informatori e i nuovi destinatari. Nel caso specifico citato, il sistema delle rappresentazioni neotestamentarie viene immediatamente disgiunto dal suo produttore, ossia decontestualizzato. Successivamente, tuttavia, l'attore sociale lo ricontestualizza -in modo più o meno mediato, a d esempio tramite u n profeta- nel proprio ambiente sociale, trasformandolo. E ' proprio questa trasformazione a rendere il sistema della rappresentazione capace d i veicolare informazioni socialmente operative e d efficaci (nel senso d i una retroazione positiva), trasformando tanto lo stesso attore sociale ed il suo ambiente come, eventualmente, l'originario informatore insieme a tutto il suo mondo socio-culturale. Citando un altro esempio d i interazione afro-europea, ricordiamo pure quei molti rnissionaii che dopo ur?a !ung. interazinne con un universo sociale "altro", sotto molti società. Analisi della mitologia dei Lotuho del Sudan, Franco Angeli, Milano 1989; Ethnicity: The Beja as Representation, Berlin: Das Arabische Buch, 1991. Karl Mannheim ha operato un preciso distinguo Fra mito, ideologia ed utopia. Mentre il primo è per tutti attuale e presente, l'ideologia è una categoria-guida per la classe dominante, come l'utopia lo è per i diseredati (cfr. Mannheim. K., ldeologyand Utopia, London: Routledge & ' Kegan Paul, 1936). A voler condividere questa posizione, si potrebbe pertanto rilevare che il "Manifesto del Partito Comunista" del 1848, da uno stato originario di utopia generalizzata è passato ad essere oggi, in molti paesi, un'ideologia. E come ogni pensiero umano essa non è immune ai processi di contestualizzazione sociale, economica e culturale. Più in generale, sui processi di contestualizzazione situazionale dell'Antico e del Nuovo Testamento in Africa, come anche in altri continenti, cfr. Lanternari, V., Movimenti religiosi di libertà e di salvezza dei popoli oppressi. Feltrinelli, Milano 1960; Antropologia e imperialismo, Einaudi, Torino 1974; Festa, carisma, apocalisse, Sellerio, Palermo 1983. Per quanto riguarda invece i problemi collegati a particolari recezioni e interpretazioni della liturgia cattolica in Africa, cfr. il dibattito in corso da anni sulla rivista Nigriziadei Padri Comboniani di Verona. aspetti, da quello di provenienza, non hanno difficoltà ad accettare una simbolica differente, sotto altrettanti aspetti, da quella usuale occidentale, riuscendo così ad aprire le loro chiese (cattoliche) a gruppi di danzatori attivamente partecipi ai momenti più salienti delle liturgie domenicali. E non solo in Nigeria. Gli esempi finora citati considerano comunque un attore sociale, destinatario di informazione, che è perfettamente in grado di contestualizzare un determinato, estraneo sistema di simboli nel suo universo simbolico e, soprattutto, di porsi a sua volta come informatore non trascurabile nel processo circolare della comunicazione. Ma cosa accade quando il sistema delle rappresentazioni, disgiunto dal suo produttore e quindi decontestualizzato, agisce profondamente ed incessantemente su un destinatario che non è attore sociale in grado di costituirsi come informatore in u n processo di retroazione che viene pertanto a mancare? Cosa accade all'attore sociale impossibilitato, perché trascurabile, a partecipare a l processo circolare di scambio dell'informazione e d i formazione reciproca? Cosa accade a chi è emarginato dal processo d i costruzione della realtà sociale? Cosa accade ad un bambino, ad un preadolescente, parcheggiato giornalmente per alcune ore di fronte ad un televisore che manda in onda cartoni animati che egli stesso chiama "giapponesi"? La realtà come causalità La strada che può condurci a fornire una risposta a queste domande inizia molto lontano, nel XVIII secolo. Nel Trattato sulla natura umana (1739-1740). David Hume ha fornito una interessante critica al concetto di causalità. La sua argomentazione può offrire un momento d i riflessione su alcuni fondamentali aspetti che riguardano i nostri giustificati interrogativi. L'esperienza, come rileva Hurne e come ben sappiamo, non attesta "connessioni necessarie" fra A (causa) e B (effetto). Non attesta cioè una connessione che faccia di B, I' "effetto", un'infallibile conseguenza di A, la "causa". Pertanto, è questa la tesi di Hume, il principio di causalità si manifesta come congettura: la sua "evidenza" non ha vaiidità "iogica", n?a psicologica. Il principio di causaiiti assume così vaiore su un piano molto diverso da quello logico. Sul piano psicologico, difatti, l'abitudine a percepire determinati eventi, analoghi e ricorrenti. come seguiti da altri eventi -anche parole, azioni e situazioni spesso, ma non necessariamente, simbolizzate- determina un sentimento di "credenza", di "fede", che rifugge da qualsiasi smentita. L'abitudine a percepire ricorrentemente una stessa sequenza fra due eventi, fra due azioni o situazioni qualsiasi, determina uno stato di aspettativa dalle vaste implicazioni psicofisiologiche, sostenuto sul piano logico-razionale dall'assunzione di un rapporto causale tra i due eventi: ci si aspetta che verificandosi un certo evento di un primo tipo, se ne verifichi un altro d i un secondo tipo. Fra i due eventi si stabilisce una "connessione necessaria": la percezione realizza il suo ordine logico-speculativo a posteriori, nell'ordinamento causale degli eventi. L'evento o l'azione del secondo tipo viene "percepita" come effetto dell'evento o dell'azione del primo tipo. In prospettiva antropologica, Marcel Mauss ha scritto che l'aspettativa è "toute une partie du Droit", intendendo probabilmente con questo che, come il diritto, anche l 4 I'aspettativa stabilisce un ordin9 Un ordine da rispettare: un ordine che, anche se stabilito fra due soli elementi, è in grado di strutturare la realtà. L'aspettativa ordina così la realtà. Nella prospettiva del bambino, I'aspettativa che sorge rispetto ad una determinata sequenza d i situazioni -il bambino è felice, poco dopo muore la madre; il bambino è contento, poco dopo è abbandonato dai genitori; il bambino è gioioso, poco dopo il fratellino precipita i n un burrone ecc.- ordina la realtà, costruisce la realtà: la mia felicità e la disgrazia delle persone cui sono affettivamente legato in modo profondo, sono collegate l'una con l'altra. E sono collegate in rgpporto di causalità: la mia gioia e d il mio benessere provocano la morte di chi amo. La situazione d i doppio legame in cui versano i bambini protagonisti d i queste storie ed Ego, lo spettatore-bambino che in essi si identifica, è evidente." La struttura di questi racconti animati lascia rilevare alcuni paradigmi elementari. Generalmente, si trovano rappresentate due o più persone -Ego e i suoi genitori, fratelli e amici: Ego e il mondo di Ego- coinvolte in una intensa relazione, con alto valore di soprawivenza psicologica e fisica per una d i esse, per alcune o per tutte. Ego è rappresentato spesso come estremamente debole, sempre materialmente dipendente, privo di diritti civili, addirittura fisicamente prigioniero, perennemente in fuga perché ricercato da una autorità perversa per gli attributi proposti. Ego si trova i n uno stato socialmente, psicologicamente e fisicamente marginale " i n sé", impossibilitato ad una integrazione nel mondo della scuola, in un mondo professionalmente ostile e letale. In questo contesto, Ego riceve un messaggio: "devi essere felice". Ed u n metamessaggio: "la tua felicità è la disgrazia per gli altri". Si tratta di una doppia asserzione escludente, perché la disgrazia degli "altri" è la disgrazia di genitori, parenti, amici. Ossia del mondo d i Ego; del mondo che Ego ama; del solo mondo in cui Ego può essere felice. Ego, a differenza d i quanto accade per chi è posto di fronte alla alternativa decisionale fra vino e birra come oggetto della transustanziazione, è impossibilitato ad uscire dallo schema stabilito da questo messaggio. Ego, difatti, non può metacomunicare s u l messaggio, né commentarlo. Questo sistema della rappresentazione non si modifica, perché Ego non è in grado d i trasformare per retroazione tale sistema, né d i informare l'informatore originario, scarsamente interessato. presumo. ad una eventuale revisìone delle proprie lucrative posizioni. La società giapponese attraversa una vioienta crisi di trasformazione e d i ripensamento dei valori tradizionali. I cartoni animati dicono: bisogna "essere felici" integrandosi nel mondo nuovo e diverso degli adulti. Ma questa integrazione i n un mondo di adulti dalle evidenti caratteristiche occidentali, significa "disgrazia" per i genitori, per i parenti e per gli amici di Ego: per il mondo che Ego ama; questa integrazione significa la distruzione della società tradizionale. Per "essere felici" bisogna "essere infelici": ecco il paradosso. Il mondo dei bambini è il mondo della tradizione, il mondo degli adulti è il mondo della modernità: ecco la metafora. Per Mauss, M., Sociologie et Anthropolog~e,PUF 1950, pg. 306 e S. Per la teoria del doppio legame, cfr. in particolare Watzlawick. P. e altri, op. cit., 1967:208212; Bateson, G., "Double bind", in Steps to an Ecologyofthe Mind, New York: Ballantine Books, 1972; Erickson, M./Rossi, E., "Varieties of double bind", in Am. Journal of Clinica1 Hypnosis, 1975 :143-157 'O essere moderni, occorre essere non tradizionali: ecco la tautologia. Paradosso, metafora e tautologia si intrecciano senza soluzione di continuità in questo genere d i cartoni animati. Il doppio legame costituisce il modello predominante di tale forma d i comunicazione. Ciò significa che i messaggi così trasmessi non solo asseriscono qualcosa. ma asseriscono qualcosa sulla propria asserzione e -fondamentale per le situazioni di doppio legame- le due asserzioni si escludono a vicenda. In questo modo il ricettore del messaggio è impedito ad uscire dallo schema prestabilito del messaggio. Difatti, il messaggio, anche se illogico, è una realtà pragmatica. I l ricettore può agire adeguatamente ad esso, generalmente, con la fuga o con I'enunciazione d i ulteriori paradossi, ovvero rompendo con le regole del gioco. Ogni altra reazione è inadeguata, perché lascia il ricettore nella situazione di doppio legame, dunque in una irrisolvibile conflittualità fra logica ed affetti, con angoscia, frustrazioni e perfino sentimenti di colpa. E' probabile che in Giappone il ricettore di questi messaggi possa uscire dalla situazione di doppio legame metacomunicando su di esso, all'interno del dibattito sulle trasformazioni socio-economiche e culturali del proprio paese, presumibilrnente in atto in molte istituzioni: nella famiglia, nella scuola, nelle associazioni sportive e ricreative e così via. Questa metacomunicazione può modificare senz'altro il sistema della rappresentazione e dell'informazione, come anche gli stessi informatori originari (registi e produttori di cartoni animati). In Europa, invece, il ricettore di questi messaggi è escluso dal contesto della società giapponese e si trova in una società dove non sono in corso analoghi dibattiti: Ego vive -in una società ormai tradizionalmente moderna che non esperimenta come trauma il passaggio fra tradizione e modernità. A ciò va aggiunto che le costellazioni di simboli di queste rappresentazioni sono estranee e prive di significato, oppure acquisiscono significati del tutto nuovi e assolutamente inaccettabili, quando operano nel contesto di una società tradizionalmente moderna. I sovrumani allenamenti di pallavolo, d i pallone, di baseball, di tennis e di altri sport ai quali i giovani protagonisti si sottopongono, sono improntati, almeno agli occhi della media e piccola borghesia, alle logiche del bushido, il codice dei samurai. Ma in una società tradizionalmente moderna, la simbolizzazione dell'attività fisica come ia via per ii raggiungimento di G X I perfezione piu o meno interiore si manifesta, tanto per la violenza e l'assurda durezza degli allenamenti quanto per l'asprezza delle punizioni che seguono inesorabilmente ad ogni errore commesso, come esaltazione della più esasperata competitività e selettività meritocratica. Le costellazioni di simboli dei cartoni animati "giapponesi", una volta decontestualizzate, propongono messaggi difficilmente accettabili in un altro contesto sociale. Ma, tanto nella società giapponese quanto in quella tradizionalmente moderna, la situazione di doppio legame non perde la sua efficacia ed il giovane spettatore è intrappolato. Nella nostra società, inoltre, il bambino non ha la possibilità di metacomunicare sulla situazione di doppio legame, commentandola in pubblico: il dibattito su quei temi, svolti nei cartoni animati per insieme di metafore, è naturalmente inesistente in Occidente. Ma, come hanno ampiamente mostrato gli studi di Bateson, lackson, Haley, Weackland (1956) ed altri, non si può non reagire al messaggio paradossale implicito gia. Paradosso, p e s t o genere d i tale forma d i olo asseriscono amentale per le i questo modo il del messaggio. ?ttore può agire ione d i ulteriori le è inadeguata, una irrisolvibile o sentimenti d i ;sa uscire dalla ?I dibattito sulle bilmente in atto ve e ricreative e sistema della originari (registi do della società battiti: Ego vive come trauma il ~ nd i simboli d i e acquisiscono nel contesto d i lolo, d i pallone, )pongono, sono he del bushido, iimboiizzazione l e più o meno gli allenamenti ad ogni errore e selettività 5I f 1 t nel doppio legame. Ego, il bambino della società tradizionalmente moderna, dunque reagisce. La sua reazione, in sintonia con la paradossalità del messaggio, è una reazione altrettanto paradossale e certamente non adeguata. L'esperienza i m i t a t i v a Come reagisce allora il bambino o il preadolescente alla situazione d i doppio legame in cui viene a trovarsi? Spunti d i riflessione per rispondere a questa domanda ci vengono offerti, ancorawna volta, dai nostri classici. I n La costruzione del mondo storico nelle scienze dello spirito (iglo), Wilhelm Dilthey sostiene che I'esperienza vissuta (Erlebnis), trova il suo compimento nella sua espressione {Ausdruck), ossia nella espressione che è intellegibile agli altri membri della società tramite le varie Forme del linguaggio, ivi compresa I'azione. Nell'espressione dell'esperienza -e per Dilthey l'espressione è un atto creativo d i retrospezione- la stessa esperienza viene ad essere completata: s i realizza tout court. Gli innumerevoli protagonisti d i questi cartoni animati, bambini o d adolescenti simpatici e d emarginati, vivono la loro situazione d i doppio legame e compiono esperienze. Queste esperienze, interiorizzate da Ego nella società tradizionalmente moderna tramite processi d i immediato ed emozionale identificarsi (Einfuhlungj," possono essere portate a compimento in quella che è l'espressione p i ù immediata e completa in un bambino: I'azione. Con I'azione imitativa, I'esperienza introiettata, la Erlebnis, trova il suo compimento e la sua realizzazione. La realizzazione della Erlebnis conferma a Ego la sua percezione delle sequenze d i situazioni, parole ed azioni rappresentate nei drammi sociali ed individuali del cartone animato, nei termini d i rapporti causaleffetto. La percezione d i ogni relazione fra due o più situazioni ricorrenti come relazione causale, rinforza stati di aspettativa anche nei confronti d i quelle esperienze che non possono trovare espressione nella vita d i tutti giorni. Le disgrazie che travolgono l'immediato mondo dei piccoli protagonisti -morti atroci d i genitori, fratelli, parenti e amici; ma anche punizioni totali nei riguardi dell'intero gruppo d i appartenenza d i Ego- percepite da Ego come effetto dell' "essere felici" dei piccoli protagonisti, sono tanto più attese da Ego quanto più la propria esperienza. acquisita per tln.ilrhlung, n.nn r!esce a trevare espressione, dGnque compimento, nella \:!t2 .i!tu??! giorni. L'aspettativa della disgrazia e dell'annichilimento delle persone amate come effetto della propria felicità ed innocenza si rinforza, pendendo sul capo come una spada d i ", una volta altro contesto lente moderna, le spettatore è possibilità d i in pubblico: il ? naturalmente ickson, Haley, ssale implicito " Per il processo di interiorizzazione, ossia il processo per cui Ego "capisce" non solo i processi soggettivi momentanei dell'altro -ad esempio, il protagonista del cartone animato-, ma lo stesso mondo in cui l'altro vive, e che diviene il mondo di Ego, cfr. Berger, P.L./Luckman, T., The Social Construction of Reality, New York: Doubleday &Co, 1966; trad. it. La realtà come costruzione sociale, Il Mulino, Bologna 1969, pp. 179-235. Analogamente, per un approfondimento dei processi di esteriorizzazione e oggettivazione della realtà sociale, o di costruzione della stessa -strettamente collegati al processo di interiorizzazione della stessa-, cfr. Berger, P.L./Luckman, T. op. cit., in particolare il Il cap. Infine, il concetto di EinMhlung, già operativo in Wilhelm Dilthey ed in Max Weber, è stato riproposto operativamente e con una trattazione organica da Edmund Husserl in Cariesianische Meditationen und Pariser Vorirage, Den Haag: Nijoff, 1950. Damocle, mentre i l doppio legame, "devi essere felice, e la tua felicità è la disgrazia delle persone con le quale puoi essere felice", tiene sempre più saldamente. Proprio per la differenza del contesto socio-culturale in cui si trova ad interagire, Ego, impossibilitato a metacomunicare sul paradosso interiorizzato, non smentibile dai fatti come è del resto ogni altro buon paradosso, reagisce altrettanto paradossalmente. Stati di angoscia e sensi di colpa nei confronti dell'immediato mondo dei suoi affetti, s i instaurano dunque agevolmente. Questa interpretazione del cartone animato "giapponese" e della sua interazione con un Ego escluso dall'attiva partecipazione al processo di circolazione dell'informazione -almeno nel sistema della rappresentazione offerta da quel tipo d i cartone animato- e invece pienamente coinvolto in una situazione di doppio legame, s i basa sulla visione di un centinaio di cartoni animati e sulle espressioni grafiche e comportamentali di alcuni bambini e preadolescenti, seguite alla visione di numerosi episodi. Troppo poco, forse, per non invitare ad ulteriori ricerche, ma quanto basta per avallare la posizione di chi preferisce spegnere il televisore, se privato della possibilità di metacomunicare, ovvero di dibattere insieme a bambino e preadolescente i temi affrontati metaforicamente dai cartoni animati.'' L'interruzione unilaterale della comunicazione è infatti un atto di comunicazione in grado di informare l'originario informatore; ma soprattutto un'adeguata risposta al doppio legame. Inoltre, questa specifica informazione mostra la differenza intercorrente fra l'informazione e la merce, rendendo manifesto tanto il carattere di scelta implicita in ogni informazione come pure la necessità di operare delle scelte. Il rapporto fra televisione e bambino è particolarmente asimmetrico. Quest'ultimo non ha la possibilità di stabilire un feed-back con il sistema delle rappresentazioni nei programmi televisivi. Con quest'analisi non s'intende quindi proporre a genitori ed educatori la rivendicazione del ruolo di censori, ma l'assunzione della promozione di un sistema di rappresentazioni influenzabile dal bambino; di un sistema che sia in grado di recepire le reazioni del bambino e che, così informato, possa corrispondentemente modificarsi. Compito specifico di genitori ed educatori è infatti fare in modo che i programmi televisivi per bambini siano indotti ad acquisire una "piospettiva u e r i i e " , iniziancio con una attività di contestualizzazione delle costellazioni di simboli e, soprattutto, rifiutando sempre e comunque la prassi del doppio legame come strumento del dialogo. Come ogni processo di acquisizione di prospettive "altre", anche quest'ultimo interessa I'antropologo e l'antropologia, permettendo a quest'ultima, ancora una volta, di riflettere su se stessa e intendersi come antropologia applicata.I3 l 2 Una ricerca estensiva sulle interazioni in corso fra questo genere di cartoni animati e gruppi di Ego di differente età potrebbe offrire un contributo alla comprensione dei processi di ricontestualizzazione delle costellazioni di simboli proposte nei sistemi della rappresentazione. come pure alla comprensione dei processi di risposta a situazioni di doppio legame stabilitesi per Einfuhlung. Per le problematiche connesse ai processi di acquisizione di prospettive "altre" all'interno delle scienze sociali. cfr. studi classici dell'antropologia sociale, quali i lavori di Bronislaw Malinowski e di Meyer Fortes. Su questioni epistemologiche all'interno dell'antropologia e sulla sua posizione nel campo delle scienze sociali secondo l'analisi della applied anthropology, cfr. Sol Tax, uno dei suoi massimi esponenti. Bibiiografia Banton, M. (ed.) - The Relevance of Models for SocialAnthropology. London: Tavistock.1965 Bateson, G. - Steps to an EcologyofMind. New York: Ballantine Books, 1972 Berger, P.L./ Luckmann T. - The Social Construction of Reality. New York: Doubleday, 1966 Blumenberg, H. - Arbeit am Mythos. Frankfurt am Main: Suhrkamp, 1979 Erickson, M./ Rossi, E. - "Varieties o f Dou ble Bind", in American lournal o f Clinica1Hypnosis, 1975 :143-157 Firth, R. (ed.) - Themes in EconomicAnthropology. London: Tavistock, 1967 Husserl, E. - Cartesianische Meditationen und Pariser Vortrage. Den Haag: Nij hoff, 1950 Lanternari, V. - Movimenti religiosi di libertà e di salvezza dei popoli oppressi, Feltrinelli, Milano, 1960 - Antropologia e imperialismo, Einaudi, Torino, 1974 - Festa, carisma, apocalisse, SeJerio, Palermo, 1983 Mannheim, K. - Ideologyand Utopia. London: Routledge and Kegan Paul, 1936 Mauss, M. - Sociologie etAnthropologie. Paris: QuadrigeIPUF, 1950 Palmisano, A.L. - Mito e società. Analisi della mitologia dei Lotuho del Sudan, Franco Angeli, Milano, 198s - Ethnicity: The Beja as Representation, Occasiona1 Papers No. 29. Berlin: Das Arabische Buch, l g g l - "I due volti della parola. Un approccio antropologico alla fondazione del mito", in Etnostoria, 1-2, 2001 Watzlawick, P./Beavin, J.H.1 Jackson, D.I. - Pragmatic of Human Communication. New York: Norton, 1967 Zoletto, Davide - l1 doppio legame. Bateson, Derrida. Bom piani, 2003