decq dubbeldam hadid jiricna pinos semin tagliabue terragni

I.P.
ODILE
DECQ
WINKA
DUBBELDAM
ZAHA
HADID
EVA
JIRICNA
CARME
PINOS
RENATA
SEMIN
BENEDETTA
TAGLIABUE
ELISABETTA
TERRAGNI
In collaboration with
REFLECTIONS ON
“TRANSFORMING TOMORROW”
WOMEN,
STEEL AND
ARCHITECTURE
Cover photo:
“Opus” Office Tower
Dubai, UAE
Zaha Hadid
Courtesy Zaha Hadid Architects
002
Sergio Luciano
Direttore, Economy
Al giorno d’oggi, e ormai da alcuni anni, il “fattore femminile” è una questione centrale della nostra
società e della politica: non c’è governo o parlamento, almeno in ambito europeo, che non si ponga
il problema di un equilibrio tra uomini e donne al proprio interno. Così è anche nel mondo imprenditoriale ed in tutte le realtà, fino a quella militare, un tempo esclusivo appannaggio maschile.
Quando Mike Nichols diresse nel 1988 il film “Donna in Carriera”, una delle più belle interpretazioni
di Harrison Ford, che lanciò Melanie Griffith nell’olimpo di Hollywood, la realtà era diversa ed il film
tutt’altro che banale. Anzi, fu un film sì di intrattenimento, ma impegnato sul tema delle donne e
della loro carriera nel lavoro. Riguardarlo oggi fa un po’ sorridere: la nostra società è cambiata ed
il fatto che la Griffith diventi manager da semplice segretaria non ha più nulla di insolito. “Il diavolo
veste Prada”, per continuare la metafora cinematografica, diretto da David Frankel nel 2006, con
una straordinaria interpretazione di Meryl Streep, ci racconta questo cambiamento degli equilibri,
estremizzandolo: l’uomo quasi scompare, il potere è donna.
Molti gli esempi illustri, da Angela Merkel cancelliere tedesco, in uno dei Paesi storicamente più
maschilisti come la Germania, alla nostra Emma Marcegaglia, fresca e benvenuta nuova presidente
degli industriali italiani. Il mondo dell’architettura non è scevro di questo avanzamento della nostra
civiltà e così molti sono i nomi illustri di architetti donna di fama mondiale. Da qui l’idea maturata
insieme al giornalista-creativo Andrea Pontiggia, che ha costruito le domande, di dare loro spazio
attraverso un’intervista, inusuale e a tratti provocatoria, che non fosse solo incentrata sui temi classici
dell’architettura ma anche su quelli più personali e intimi dell’io di un architetto.
Le domande quasi non vogliono essere tali, bensì dei punti di discussione, asserzioni istantanee di
un’idea da sviluppare in libertà nelle risposte, nel tentativo di ottenere un ventaglio aperto di opinioni
che insieme possano costruire un’argomentazione se non completa, certamente vasta. Anche per
questo l’idea generatrice del layout di questo volume pocket di The Plan è stata, nella sua semplicità,
di unire le risposte e non di raccogliere le interviste ad una ad una. Ogni domanda è seguita dal punto
di vista, ovvero la risposta, di ogni architetto: l’insieme genera così un punto di vista più completo
della prospettiva singola e dà uno spunto critico trasversale. Le donne architetto coinvolte sono state
scelte per la loro fama ma anche nel tentativo di aprire ad un panorama geograficamente il più
vasto possibile, dando spazio a grandi star insieme a nomi meno noti di talenti che saranno famosi
un domani. Un incrocio di paesi, culture, differenti generazioni, approcci al mondo dell’architettura
molto diversi e lontani hanno dato luogo ad un momento di riflessione sulla realtà dell’architetto e
della donna di oggi inserita nel mondo del lavoro e della carriera, raccontando uno spaccato importante della nostra realtà e della nostra civiltà.
Fare architettura contemporanea ed all’avanguardia significa creare, fare sperimentazione e ricercare. I mondi del design, dell’arte, della grafica e della moda si intersecano sempre più con quello
dell’architettura, così come l’innovazione nei materiali e nelle tecnologie aprono nuove, forse infinite
possibilità di creare. E’ anche per questo che il lavoro dell’architetto di oggi è indissolubilmente legato al mondo della produzione e dell’industria: un architetto che oggi voglia innovare non può farlo
senza l’appoggio delle aziende, siano esse produttrici di materiali o di sistemi edilizi. E’ in quest’ambito
che si inserisce benvenuta ArcelorMittal sponsor di questo progetto editoriale. Alle risposte dei nove
architetti donna si aggiunge, decima voce fuori campo quella di un’azienda leader mondiale nella
produzione di acciaio che presenta i propri prodotti come una possibile e credibile risposta reale a
domande importanti. L’acciaio non finirà mai di stupirci con le incredibili potenzialità che permette
nell’ambito delle strutture così come nelle soluzioni più all’avanguardia dei rivestimenti di facciata
ed in copertura.
Benvenuta è anche la sintonia con Economy, che “ospita” The Plan come nel 2007, dando prova di
riconoscere nell’architettura un grande volano dell’economia: l’architettura è produzione, è cultura,
è turismo ed è infine rinascimento urbano. Buona lettura
Nicola Leonardi
Direttore, The Plan
THE PLAN, bimestrale, è
una tra le più autorevoli riviste
internazionali di Architettura.
Nelle migliori edicole e librerie
www.theplan.it
003
editoriale
Il mondo salvato dalle donne? La provocazione intellettuale di The Plan con
Andrea Pontiggia - un volume dedicato agli architetti donna - non arriva a
tanto, non si spinge addirittura ad evocare un ruolo “salvifico” per la creatività femminile rispetto ad un panorama che indubbiamente, almeno in Italia
ma non solo, avrebbe tanto da guadagnare da una “trasfusione” di competenza architettonica, indipendentemente dal sesso. Ma è a questo che
ci piace pensare, che cioè il contributo femminile, creativo quanto quello
maschile ma forse veicolato da una sensibilità differente e da un differente
senso della politica (più orientato al servizio che al potere) possa sdoganare
il valore dell’architettura nel suo senso più vasto ed estensivo, il valore di una
competenza che è anche creatività e di una creatività che si nutre soprattutto di competenza, due ingredienti inscindibili e ugualmente necessari per
ottenere l’effetto voluto, cioè la riqualificazione del nostro tessuto urbano,
sia attraverso la ristrutturazione conservativa del bello antico sia soprattutto
attraverso l’ideazione qualificata del nuovo.
Un vecchio luogo comune, vecchio ma purtroppo sempre attuale, descrive
l’Italia come un Paese sventrato, deturpato dai geometri, oggettificando in
questa categoria professionale - peraltro piena di luminosi esempi di professionalità e di senso civico - la responsabilità delle tante, troppe brutture che
deturpano le nostre città e, forse soprattutto, le nostre campagne. Lo svolgersi a Torino del congresso internazionale dell’architettura acquisisce, sulla
scorta di simili luoghi comuni, un significato altamente simbolico, se si pensa
che mai come in questo momento tutte le principali città italiane, senz’altro
Milano ma anche Roma, Napoli, la stessa Torino, e poi Bologna, Genova e
molte altre, sono investite da piani pluriennali di riqualificazione che potrebbero ridisegnarne il volto e riqualificarne l’intera struttura urbanistica.
E’ assolutamente importante che questa congiuntura sia colta per quello
che è, cioè una grande, grandissima occasione sociale, prima che economica.
Affinché ciò avvenga è indispensabile che i piani vengano attuati nell’applicazione della migliore arte (e della migliore scienza) architettonica. Che
si proceda - come la migliore pratica impone - per gare internazionali, che
si apra ciascun intervento al contributo più vasto e significativo della professione, l’importante è che i risultati - al di là della fatale opinabilità estetica
di qualunque progetto - siano comunque ispirati alla qualità architettonica.
L’importante è che si rifugga dalle scorciatoie compiacenti, dalle mezze
misure, dai ripieghi. E purtroppo non sempre, non ovunque pare assodato
che sarà questo il processo. Anzi: in molte occasioni vanno registrate avvisaglie del ritorno a vecchi metodi, a deplorevoli criteri di subordinazione
della qualità a malintese “ragioni di Stato”, che spesso peraltro non sono
nemmeno ragioni economiche.
L’esempio della nuova Fiera di Milano, a Rho-Pero - disegnata da Massimiliano
Fuksas - conferma, non da solo ma certo autorevolmente, che un’opera
poderosa, di rilevanza internazionale, deve nutrirsi di un sapere “altro” rispetto a quello della pur eccellente industria edilizia che opera a Milano come in
tutta Italia. Un sapere che, appunto, può e deve essere trasfuso nel sistema
da un più vasto, consapevole e rispettoso impiego della risorsa professionale
rappresentata dagli architetti. Con tutta l’ambizione, civile prima che estetica, che questo approccio comporta.
Proprio Milano, con i tanti progetti legati all’Expo 2015, rappresenterà per
l’Italia il primo e più importante banco di prova di questo nuovo approccio.
Ma l’importante è che si configuri un medoto nuovo nella gestione delle
grandi opere urbanistiche da parte sia degli enti locali che delle autorità
centrali dello Stato e, naturalmente, dei privati. Se il contributo di grandi
firme femminili dell’architettura di tutto il mondo potrà utilmente contribuire
a inverare questo nuovo metodo, sarà stato raggiunto lo scopo più significativo di quest’opera editoriale. Auguri.
L’aspirazione alla leggerezza ed all’eleganza architettonica delle nostre
città è l’emblema della creatività visionaria contemporanea: ossature
snelle, superfici trasparenti, involucri a geometria complessa, impressione
di immaterialità. È l’acciaio la tecnologia costruttiva che meglio si adatta a
tradurre in realtà questa immagine. L’acciaio nelle strutture, nei rivestimenti
e in abbinamento con altri materiali, offre grande libertà compositiva, spazi
liberi e flessibili, rapidità di costruzione e risultati estetici inattesi.
ArcelorMittal, primo produttore siderurgico mondiale, accompagna e
segue con attenzione gli impieghi dell’acciaio in architettura e, in sinergia
con tutti gli attori della filiera delle costruzioni, si impegna nella ricerca di
soluzioni che sappiano sfruttare appieno le potenzialità del materiale e
siano in grado di generare innovazione. Per questo motivo in ArcelorMittal è
stato creato un team di specialisti dedicato alla costruzione, BCS - Building
& Construction Support.
Attiva in oltre 60 paesi nel mondo con oltre 320.000 persone, ArcelorMittal
è una società globale rappresentativa di diverse realtà e culture che
comprende figure professionali atipiche per il settore siderurgico: le donne
architetto. Professioniste capaci e competenti che si confrontano quotidianamente con i progettisti, per fornire un supporto tecnico e condividere
le competenze sull’acciaio maturate nel gruppo a livello mondiale. E’ una
sfida, perchè non è sempre semplice rendere noti ed accessibili a tutti i
vantaggi dell’uso dell’acciaio nelle costruzioni, che si tratti di paesi con
una lunga tradizione siderurgica, il Belgio ad esempio, o emergenti, come il
Brasile: una sfida impegnativa ma appassionante.
Christine Etzenbach, architetto con una specializzazione presso il centro di
ricerca ArcelorMittal di Liège nello sviluppo di nuove soluzioni in acciaio per
il residenziale, e Silvia Scalzo, responsabile dell’unità di supporto alla progettazione di São Paulo, ricordano come l’acciaio proponga opportunità uniche e straordinarie ad esempio per gli involucri degli edifici. Finiture di superficie che vanno dal brillante a specchio al patinato e lavorazioni, textures e
colorazioni diverse offrono una ricchezza di percezioni e di sensazioni.
Oltre alla valenza estetica e tecnica c’è un altro aspetto molto importante
da considerare, come suggerisce Marta Dziarnowska, architetto polacco e
rappresentante ArcelorMIttal presso le organizzazioni di promozione dell’acciaio: “Le costruzioni devono essere pensate come oggetti sostenibili, è un
dovere e una missione, sia nella scelta dei materiali sia nel contenimento dei
loro consumi energetici. La soluzione ‘acciaio’ presenta indiscutibilmente
numerosi vantaggi nel rispondere alle preoccupazioni ambientali in tutte le
fasi della vita di un edificio: partendo dalla fase di concept, l’acciaio grazie
al suo elevato rapporto resistenza meccanica/peso, consente di progettare
spazi con grandi luci e ridotti ingombri strutturali, guadagnando spazio
abitabile, o edifici a grande altezza, sfruttando al meglio il terreno. Le fasi
esecutive di cantiere permettono di risparmiare acqua ed energia. E a fine
vita, la costruzione in acciaio può essere decostruita ed i materiali recuperati: l’acciaio è un materiale riciclabile, e anzi di fatto quello utilizzato oggi
nelle costruzioni è già riciclato, essendo prodotto principalmente a partire
da rottame. Oggi, - conclude Dziarnowska - è importante pensare ed agire
guardando alle necessità delle generazioni future”.
Esiste una declinazione femminile dell’architettura? Secondo Lara Cappello,
impegnata sul fronte dello sviluppo del mercato in Italia, per fare architettura occorre una spiccata sensibilità e questo spesso è prerogativa delle
donne. Sensibilità vuol dire saper percepire lo spazio, ripensarlo e dargli una
forma: se unita alla conoscenza tecnica dei materiali si possono raggiungere risultati straordinari.
A conferma di queste considerazioni la decisione di ArcelorMittal di
promuovere Reflections on “Transforming Tomorrow”. Women, Steel and
Architecture, numero speciale di The Plan dedicato all’architettura contemporanea, dove trovano posto pensieri ed opinioni di alcune delle più
rappresentative donne architetto riconosciute a livello mondiale: un punto
di vista che coniuga poesia e concretezza, determinazione ed innovazione,
come solo il genio femminile sa esprimere.
Patrick Le Pense
Tommaso Tirelli
ArcelorMittal
Building & Construction Support
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editoriale
Steel in the city
LE PROTAGONISTE
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iabue Odile Decq Eva Jiricna Zaha Hadid Carme Pinós Renata Semin Elisabetta Ter
a Jiricna Winka Dubbeldam Benedetta Tagliabue Carme Pinós Zaha Hadid Renata
min Elisabetta Terragni Carme Pinós Winka Dubbeldam Eva Jiricna Odile Decq Rena
Pinós Renata Semin Elisabetta Terragni Winka Dubbeldam Benedetta Tagliabue C
Decq Zaha Hadid Carme Pinós Renata Semin Elisabetta Terragni Winka Dubbeldam
ODILE
DECQ
Architetto, designer e urbanista francese, Odile Decq ha
studiato all’UP6 e all’IEP di Parigi. Ha insegnato nelle
principali scuole di architettura del mondo, tra cui la Bartlett
a Londra e la Columbia University a New York. E’ attualmente
professore e direttore del Dipartimento di Architettura all’ESA
di Parigi. Membro dell’Accademia Francese di Architettura
e Cavaliere dell’Ordine delle Arti e Lettere di Francia, fonda
ODBC nel 1985 con Benoît Cornette.
Il loro lavoro è basato sulla visione dinamica dello spazio e
sul concetto di ipertensione sensuale. ODBC vince il DuPont
Benedictus Award® nel 1995 per la Banque Populaire de
l’Ouest e nel 1999 per due edifici universitari a Nantes.
Nel 1996 riceve il Leone d’Oro alla carriera alla Biennale
di Architettura di Venezia.
Tra i lavori completati: il viadotto dell’Autostrada A14 a
Nanterre, il piano urbanistico di Port de Gennevilliers e la
tribuna coperta dello stadio di rugby a Orléans, Francia. In
corso di realizzazione: l’estensione del MACRO a Roma e un
edificio residenziale commissionato dall’Immobiliare Novoli
a Firenze; il Museo Liaunig a Neuhaus, Austria; il FRAC
Bretagne a Rennes, Francia.
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WINKA
DUBBELDAM
Winka Dubbeldam, architetto olandese, vive e lavora a New York. Laureata all’Academy
of Architecture di Rotterdam nel 1990, successivamente consegue il Master alla Columbia
University di New York. È direttore del Post-Professional Program all’Architecture School
dell’Università della Pennsylvania a Philadelphia. Nel 1994 fonda Archi-Tectonics NY.
Da allora partecipa a varie esposizioni tra cui “The Unprivate House” e “Young Architects”
al MoMA (1999, 2001); all’Archi-Lab a Orléans (Francia) nel 2001. Ha partecipato
all’esposizione dei progetti per l’area del WTC a New York curata da Max Protetch e
presentata alla Biennale di Venezia del 2002. Ha ricevuto il premio “Emerging Voice”
dall’Architectural League NYC nel 2001. Nel 2006 Archi-Tectonics ha vinto l’ IIDA/Metropolis
Smart Environments Award. Nel 2007 pubblica AT-INdex, monografia concettuale del lavoro
di Archi-Tectonics. Tra I progetti in corso: un condominio ad Anguilla; Villa’s In the Sky,
edificio residenziale a New York; Q Tower e Unknot Tower a Philadelphia, oltre a vari progetti
di residenze private e negozi a New York.
EVA
JIRICNA
Eva Jiricna è nata a Zlin, nella Repubblica Ceca, ma vive e lavora da più di 30 anni a
Londra. La sua esperienza di architetto è iniziata nel 1968 con il Greater London Council,
e grazie al suo grande impegno e talento nel 1985 ha fondato uno studio suo, che oggi
ha una sede anche a Praga. Ha ricevuto molti premi - è stata nominata Royal Designer
for Industry, Royal Academician, C.B.E. - oltre al riconoscimento internazionale per la
professione e l’insegnamento. Il suo approccio progettuale olistico ha ispirato l’Hotel Josef
a Praga, ed un nuovo edificio universitario che verrà inaugurato a Zlin.
Nel Regno Unito ha lavorato, sia nel settore privato sia in quello commerciale, e
recentemente ha portato a termine varie commissioni prestigiose per l’importante gioielliere
Boodles, per Harrods, e per il Victoria & Albert Museum, in particolare la Jewellery Gallery,
appena completata, caratterizzata da una delle sue tipiche ed eleganti scale in vetro e
acciaio. Il lavoro dello studio è molto richiesto anche per gli allestimenti di mostre: in questo
momento è la volta della acclamata “Skin and Bones”, a Londra. EJAL ha seguito molti
progetti in luoghi di interesse storico sia nel Regno Unito che in altri paesi, tra cui il primo
edificio progettato a Praga, l’Orangery del Castello.
Carme Pinós, spagnola, si è laurata alla Escuela Técnica
Superior de Arquitectura di Barcellona nel 1979. Nel 1982
ha fondato uno studio con Enric Miralles, poi chiuso nel 1991.
Il loro lavoro ha ottenuto molti riconoscimenti, come il
Premio della Città di Barcellona per gli impianti che hanno
ospitato le gare del tiro a volo ai Giochi Olimpici del 1992.
Nel 1991 ha aperto uno studio suo. Uno dei suoi progetti più
importanti è la Cube Tower a Guadalajara, in Messico, il cui
modello è diventato parte dell’esposizione permanente delle
collezioni del MoMa. Attualmente sta lavorando a diversi
progetti, come il complesso residenziale Novoli a Firenze, il
quartier generale del Governo Catalano a Tortosa e la Piazza
Gardunya a Barcellona. Ha alternato il suo lavoro di architetto
con l’insegnamento in alcune delle università più prestigiose
degli Stati Uniti, come Harvard e la Columbia, ma anche
d’Europa, come l’ETSAB di Barcellona e la Kunstakademie
di Dusseldorf. Carme Pinós ha ricevuto molti premi, come il
Premio Nazionale di Architettura del Consejo Superior de los
Arquitectos de Espana nel 1995, ed il 1° premio della Biennale
Spagnola di Architettura nel 2007, per la Cube Tower.
CARME
PINÓS
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le protagoniste
ZAHA
HADID
Architetto, designer e insegnante nata in Iraq ma da anni
trasferitasi in Gran Bretagna, dove ha compiuto gli studi,
dal 1972 al 1977, alla Architectural Association di Londra.
Successivamente entra a far parte dell’Office for Metropolitan
Architecture fondato da Rem Koolhaas, che era stato uno
dei suoi insegnanti. In collaborazione con questo studio ha
lavorato all’ampliamento della sede del Parlamento olandese
(1978) a L’Aja. Nel 1980 apre il suo studio a Londra:
il primo progetto è un appartamento ad Eaton Place con
cui ha vinto una medaglia d’oro di Achitectural Design nel
1982. Dal 1980 al 1987 insegna presso la Architectural
Association. Nel corso degli anni Ottanta partecipa a diversi
concorsi di architettura, vincendo quelli di Hong Kong Peak
(1983), Kurfurstendamm (1986) a Berlino, e quello per
un centro di arti e media a Dusseldorf (1989). Il suo primo
lavoro significativo realizzato è stata la caserma dei pompieri
presso la sede del Vitra (1989-93) a Weil am Rhein, in
Germania. Continua ad insegnare in varie università in molti
paesi, come Harvard, a Cambridge, negli Stati Uniti, dove
ha avuto la cattedra che fu di Kenzo Tange alla Graduate
School of Design. Nel 2004 ha vinto il Pritzker Prize per
l’architettura.
Renata Semin, brasiliana, si è laureata nel 1982 alla Facoltà
di Architettura ed Urbanistica dell’Università di San Paolo,
in Brasile. Nel 1984 ha fondato la Piratininga Arquitetos
Associados insieme ad altri sette giovani architetti. Molti i
progetti dello studio nel corso degli anni ’80 e ’90 di cui
le è stata affidata la responsabilità: nuovi edifici urbani,
ristrutturazioni e restauri di luoghi di interesse storico, alloggi
sociali, progettazione di spazi e design d’interni per clienti
privati, società, multinazionali ed il governo. Tra i progetti
più importanti citiamo: un progetto urbano per un complesso
per lo sviluppo sociale ed economico della zona a Sud della
metropoli di San Paolo; il progetto per la riqualificazione del
centro di Fortaleza; le biblioteche - quella della Facoltà di
Architettura ed Urbanistica dell’Università di San Paolo, ed il
restauro e la ristrutturazione della Biblioteca Centrale di San
Paolo, Mario de Andrade. Altri progetti, per l’Università di San
Paolo e per alcuni committenti privati, sono stati realizzati
in collaborazione con l’architetto Paulo Mendes da Rocha.
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BENEDETTA
TAGLIABUE
Benedetta Tagliabue è nata a Milano e si è laureata
all’Università di Venezia nel 1989. Vive e lavora in Spagna
dal 1991 quando è entrata a far parte dello studio di Enric
Miralles, di cui è diventata un’associata. Il suo lavoro con
Miralles, con cui si è poi sposata, comprende una serie
di edifici e progetti di alto profilo a Barcellona: Parque
Diagonal Mar (1997-2002), la sede centrale del Gas Natural
(1999-2007), e il Mercato ed il Quartiere di Santa Caterina
(1996-2005), oltre a progetti in tutta Europa, tra cui la
Scuola della Musica di Amburgo (1997-2000) e l’edificio
del Municipio di Utrecht (1996-2000). Nel 1998, lo studio
ha vinto il concorso per la progettazione della nuova sede
del Parlamento scozzese. Più recentemente, nel 2007,
Benedetta Tagliabue ha vinto il concorso per la realizzazione
del Padiglione che rappresenterà la Spagna all’Esposizione
Universale di Shanghai nel 2010; sta inoltre lavorando
agli spazi pubblici del porto di Hafencity ad Amburgo, in
Germania, ad una stazione della metropolitana di Napoli e
al Retail Redevelopment di Leeds, nel Regno Unito, insieme
ad altri progetti. Ha ricevuto una laurea honoris causa
presso la Napier University nel 2004, il RIBA Stirling Prize
nel 2005, la medaglia del centenario della Edinburgh
Architectural Association, e il Premio Nazionale Spagnolo
di Architettura “Manuel de la Dehesa” per l’edificio
del Parlamento Scozzese nel 2005.
ELISABETTA
TERRAGNI
Elisabetta Terragni, italiana, dopo la laurea al Politecnico di Milano, comincia ad insegnare
presso varie università all’estero, all’ETH di Zurigo e come Visiting Distinguished Professor al
New York Institute of Technology. Oggi insegna regolarmente al City College di New York.
In Italia ha progettato residenze private, appartamenti, un loft ed una serra, che sono stati
tutti realizzati. Ha anche curato installazioni temporanee per fiere commerciali e mostre in
diversi musei, come il Centro Palladio a Vicenza e Castelvecchio a Verona.
Nel 2003 ha vinto il concorso per la progettazione di un importante edificio scolastico
pubblico nella città di Altavilla Vicentina (Vicenza). La soluzione strutturale per il tetto
di questo edificio è stata sviluppata in collaborazione con l’ingegnere svizzero Juerg
Conzett (Chur), ed è caratterizzata da una lastra in tensione di 90 metri di lunghezza.
La costruzione all’interno comprende alcune corti ed aree ricreative, ed un perimetro
continuo in vetro e schermi scorrevoli.
011
le protagoniste
RENATA
SEMIN
L’INTERVISTA
1 L’INFLUENZA DELL’INNOVAZIONE E DELLA TECNOLOGIA SULL’ARCHITETTURA
6 L’ESPRESSIONE DI UNA SOCIETA’ CHE STA CAMBIANDO
2 NUOVE OPPORTUNITA’: GLI ORIZZONTI CONTEMPORANEI DELL’ARCHITETTURA
7 SOSTENIBILITA’: ETICHETTA, OBBLIGO O MISSIONE?
3 LE LEGGI DELLA FISICA: QUALI SONO I NUOVI CONFINI DEL “FATTIBILE”?
8 CITTA’ ALL’INTERNO DI MEGALOPOLI
4 L’ARCHITETTURA E’ LIBERTA’?
9 L’EGO DELL’ARCHITETTO IN UN MONDO DI GENII
5 L’ERA DELLA NON-STANDARDIZZAZIONE
10 PERCHE’ IL FUTURO HA BISOGNO DI ME?
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L’INFLUENZA DELL’INNOVAZIONE E DELLA
TECNOLOGIA SULL’ ARCHITETTURA
Odile Decq - Gli architetti sono sempre interessati alle innovazioni ed alla tecnologia. Non
esisterebbe l’architettura senza le tecnologie legate ai materiali, alla struttura e a tutte le
tecniche. L’innovazione non è soltanto una questione tecnica, ma è strettamente legata allo
stato dell’evoluzione e dello sviluppo della società. Come ha detto Hans Hollein alla Biennale
di Venezia nel suo titolo “Sensing the Future. Architects as Seismographs” (“Percepire il futuro.
Gli architetti come sismografi”), gli architetti cercano di catturare e riflettere, attraverso i loro
progetti, quello che succede e quello che succederà. Oggi sembra che gli architetti abbiano
un interesse sempre maggiore nei confronti delle innovazioni tecnologiche, ma a mio parere la
ricerca è un concetto molto più ampio, e coinvolge temi sociali, culturali ed umani, oltre alla tecnologia. Se noi, in quanto architetti, organizziamo un luogo dove gli esseri umani possano vivere, qualunque innovazione o trasformazione che inseriamo ci rende responsabili e ci coinvolge.
Winka Dubbeldam - La generazione di volumi e superfici modulate
è facilitata dall’uso dei software generativi e di modellazione come
Maya e Catia. La produzione FTF (file to factory) aiuta la costruzione
vera e propria di queste modulazioni.
La stessa prefabbricazione sta cambiando, e se una volta si poteva
definire la produzione dello stesso elemento ripetuta in continuazione,
oggi queste unità divengono una serie di elementi variabili, che vengono definiti dall’analisi della loro performance piuttosto che solo dalla
loro forma o dalla loro struttura.
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Carme Pinós - Parlare di tecnologia in architettura è parlare di tante
cose alla volta: gli strumenti che ci consentono di disegnare un progetto o calcolare una struttura, la tecnologia che modifica le sensazioni
sensoriali con le quali percepiamo lo spazio, la luce, la sonorità, gli
elementi legati al controllo climatico.
La tecnologia sta cambiando anche la elaborazione dei materiali
così come la loro successiva manipolazione. Vale a dire, la tecnologia
si inserisce realmente in tutto il processo architettonico e anche nel
suo utilizzo successivo. Quando parliamo di tecnologia applicata al
disegno e al calcolo dobbiamo ricordare che oggi essa ci offre delle
possibilità mai immaginate in altri tempi. Però possiamo arrivare ad un
punto nel quale tanta libertà ci opprime.
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Eva Jiricna - Inutile dire che, storicamente, i problemi associati alle
costruzioni hanno portato ad invenzioni e a nuove tecnologie che
hanno dato grandi opportunità a chi voleva esplorarle per ottenere
risultati migliori. Non è una sorpresa che gli esempi monumentali e più
importanti di edifici storici mettano in mostra la tecnologia portata ai
suoi limiti estremi e di conseguenza creino veri e propri miracoli, nati
dalle nuove possibilità e dalle nuove soluzioni. Se consideriamo le
potenzialità che abbiamo oggi, in confronto a chi ci ha preceduto,
ci sono possibilità di scelta molto più ampie, e di conseguenza, siamo
sempre più selettivi nel modo di usarle.
Per alcuni di noi è una vera tentazione, una sfida, seguire le scoperte
e le invenzioni più recenti, ed accettare i rischi legati ad una strada
del genere. Altri usano la propria creatività entro i limiti dei metodi
più conosciuti ed affermati, e arrivano all’eccellenza attraverso mezzi
diversi. Personalmente, sono sempre in cerca di nuove soluzioni tecniche. Lo trovo emozionante, stimolante e gratificante (anche se non è
sempre così per i clienti che devono inevitabilmente condividere con
noi i rischi e le conseguenze finanziarie).
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Zaha Hadid - La nostra ambizione di creare strutture fluide, dinamiche e quindi complesse, è
stata aiutata dalle innovazioni tecnologiche. La possibilità di creare modelli tridimensionali al
computer ha avuto un ruolo preciso nello sviluppo dei nostri progetti, facilitando l’applicazione di superfici a curvatura doppia. Mi piace molto lavorare con il concetto di fluidità, perché
penso che semplifichi visivamente la configurazione di un progetto e che dia la possibilità di
trattare una complessità maggiore senza affollare o ingombrare la scena visiva. I nostri progetti
esigono continui progressi nello sviluppo delle tecnologie costruttive, e l’industria continua a
rispondere fornendoci strumenti sempre più sofisticati.
Quando questi strumenti vengono realizzati, i nostri progetti a loro volta diventano più ambiziosi, perché ci rendiamo conto delle nuove possibilità create dalla tecnologia. I computer hanno
da un lato semplificato le cose, ma allo stesso tempo hanno reso possibile ottenere un grado
più elevato di complessità nel lavoro digitale. Oggi c’è una grande uniformità nel progettare,
ma quello che mi manca del periodo precedente all’avvento del computer sono i modelli reali
che offrivano qualcosa di diverso dal punto di vista del semplice disegno, che era ancora differente rispetto alla pianta o alla pittura. Oggi c’è più omogeneità e molte meno sorprese - non
ci sono diversi livelli per capire un progetto.
Renata Semin - La creazione architettonica è percepita come argomento di conoscenza, per soddisfare la richiesta di un committente
ed un’opportunità architettonica. Il progetto e le sue ramificazioni nel
mondo dell’industria e della tecnica sono legate ed esigono sistemi
innovativi. Progettare architetture è un modo per partecipare ad un
processo sempre innovativo.
Benedetta Tagliabue - E’ sempre molto importante. Penso che oggi la
tecnologia dia la possibilità di ottenere una maggiore complessità.
Questo è molto bello, perché sta dando agli architetti ed ai costruttori
molte nuove possibilità.
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1/2 ODILE DECQ - Edificio per residenze
e spazi commerciali
PROGETTo IN CORSO, Firenze
Courtesy ODBC architectes urbanistes
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WINKA DUBBELDAM - UNKNOT TOWER
PROGETTo IN CORSO, PHILADELPHIA, USA
Courtesy Archi-tectonics
ZAHA HADID
DUBAI BUSINESS BAY
SIGNATURE TOWERS
PROGETTo IN CORSO, Dubai, UAE
Courtesy Zaha Hadid Architects
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eva jiricna
Canada Water Bus Station
LONDRA, UK, 1999
© Richard Bryant
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BENEDETTA TAGLIABUE - PADIGLIONE PER
L’anniversario dei 100 anni della città
di Esch-Sur-Alzette, LUSSEMBURGO, 2006
© Pierre Engel
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Elisabetta TerragnI
Casa Bianchi, SERRA
Cernobbio, ITALIA 2002
© Brigitte Desrochers
019
018
Elisabetta Terragni - Mi viene in mente una battuta di Cedric Price: “La
risposta è la tecnologia. Qual’era la domanda?” Non c’è dubbio che
l’architettura sia sempre dipendente dalle innovazioni tecnologiche,
ma deve anche sapere resistere alla tirannia della tecnologia. Alcune
delle pratiche peggiori derivano dall’accettazione passiva di certi
prodotti che sembrano interessanti dal punto di vista economico (in
un determinato momento), ma magari non hanno nessun’altra caratteristica che li renda raccomandabili. Vi ricordate la gomma siliconica
e le finestre in alluminio anodizzato? La prima ha ucciso la precisione
e l’inventore delle ultime è stato messo da Woody Allen nei gironi più
bassi dell’inferno.
7
NUOVE OPPORTUNITA’: GLI ORIZZONTI
CONTEMPORANEI DELL’ARCHITETTURA
020
1
Carme Pinós - Sarebbe assurdo non prendere in considerazione l’innovazione dei materiali che ci offre la tecnologia al momento di fare
architettura. L’architettura deve rispondere alla domanda di ogni
momento e, in conseguenza, deve essere aperta a tutto ciò che il
mondo contemporaneo ci offre.
Altra questione è la manipolazione della percezione reale dello spazio
che la trasforma in mera scenografia. La tecnologia ci offre una vastità
di possibilità che ha come contropartita un allontanamento da ciò che
è tangibile e sensuale nella sua espressione più essenziale ed elementare, e questo a me sembra pericoloso.
2
021
Zaha Hadid - Lo stato attuale dell’architettura esige una grande collaborazione ed un atteggiamento di ricerca. Esiste un forte legame
reciproco, per cui le nostre visioni architettoniche più all’avanguardia
incoraggiano a continuare a sviluppare le nuove tecnologie digitali e
le nuove tecniche produttive, necessarie per trasformare quelle visioni
in realtà costruita; i nuovi sviluppi a loro volta ci ispirano ad estendere
ancora più lontano i confini della progettazione. Da questo modo di
lavorare possono nascere grandi cose.
Odile Decq - Paul Virilio una volta mi ha detto che oggi gli architetti
devono affrontare una sfida più complessa che mai: la questione della
soddisfazione del desiderio, della ricerca del piacere. L’orizzonte, per
definizione, è irraggiungibile. Continuiamo a muoverci verso di lui, e
attraversando il mare cerchiamo di scendere a compromessi con gli
elementi. Affrontando la sfida dal punto di vista di Virilio, le nuove linee
dell’orizzonte dell’architettura sono diverse e spesso contraddittorie:
il desiderio di vivere in un contesto urbano si scontra con la densità
delle città, l’aumento delle persone ricche con il problema sociale
della povertà, la mobilità della gente e la leggerezza costruttiva con il
risparmio energetico, la trasparenza e la fluidità degli spazi con i limiti
e la sicurezza, la velocità della comunicazione e degli scambi con la
presenza fisica ed il contatto visivo.
3
Renata Semin - L’obiettivo è ottenere condizioni migliori per la vita
urbana come situazione conseguente e sostenibile per le nostre città.
Uno degli atteggiamenti tipici contemporanei nei confronti della progettazione urbana è promuovere democraticamente l’accesso alle
informazioni più aggiornate riguardo a servizi, territorio, occupazione,
ambiente, salute, istruzione, sicurezza, progettazione.
Winka Dubbeldam - La nostra ricerca, per come si è evoluta nel corso
degli ultimi dieci anni, si concentra sul ri-pensare, ri-cercare e ri-valutare la domanda in questione, e sulla nascita di modelli volumetrici basati
sulle prestazioni. Prestazione nel senso tradizionale: rivestimenti che non
richiedono manutenzione, che offrono un uso di energia molto basso e
strutture “verdi”, ma ancora di più la creazione di ambienti stimolanti,
dove il confine tra intelligenza del design industriale e architettura non
sia così netto. Il tentativo è quello di minimizzare l’influenza dei pregiudizi e dei preconcetti nello sperimentatore quando mette alla prova
un’ipotesi o una teoria, per arrivare ad un certo livello di invenzione.
L’attenzione non si concentra sulla forma, ma sulla resa, non sull’estetica ma sull’intelligenza. Il nostro edificio di Greenwich Street a New
York cambia il modo in cui la città si pone nei confronti dello spazio
domestico e vice versa.
4
Benedetta Tagliabue - Viaggi e comunicazioni senza limitazioni di
distanza: questo è un aspetto rivoluzionario rispetto alle opportunità di
un architetto anche solo vent’anni fa, e ritengo sia il cambiamento più
importante che abbiamo vissuto.
023
022
Elisabetta Terragni - Ci sono tante opportunità: nuovi materiali, nuovi
processi produttivi, nuove sensibilità. Queste ultime secondo me sono
più importanti delle prime. Arrivando a comprendere meglio il nostro
modo di agire e di interagire, diventeremo sempre più selettivi e più
sensibili nei confronti di ciò che ci circonda.
3
5
1
ZAHA HADID - MAXXI: Museo nazionale
delle arti del XXI secolo
PROGETTO IN CORSO, ROMA
Courtesy Zaha Hadid Architects
2
CARME PINóS - CUBE TOWER
Guadalajara, Mexico, 2005
3/4
5
Courtesy Estudio Carme Pinós
ZAHA HADID - London Aquatics Centre
PROGETTo IN CORSO, LONDRA, UK
Courtesy Zaha Hadid Architects
eva jiricna - Boodles, New Bond Street
LONDRA, UK, 2007
© Richard Bryant
6
ELISABETTA TERRAGNI - ASILO E SCUOLA
PRIMARIA - TEATRO
Altavilla Vicentina, 2008
© Mike Dolinski
025
024
Eva Jiricna - Attraverso le tecnologie legate al computer la globalizzazione è diventata un dato di fatto, e non solo il processo creativo può
attingere alla conoscenza collettiva su scala veramente globale, ma
gli utenti finali sono ugualmente ben informati e pretendono che gli
architetti portino le proprie capacità ben oltre l’immagine territoriale
dei loro paesi d’origine. Oggi viviamo in un mondo senza confini, dove
le regole possono cambiare in qualunque momento. Le nuove tecnologie ci permettono di portare la nostra immaginazione al di là del
“possibile”, di riuscire ad esplorare il “proibito”, e ci danno la possibilità
di realizzare i nostri sogni.
D’altro canto, ci poniamo nuovi obiettivi e nuovi limiti, legati alle nostre
responsabilità nei confronti del pianeta e della specie umana. Non c’è
niente che possa limitare il processo creativo, ma dobbiamo tenere a
mente il fatto che vivere significa anche fare vivere gli altri.
6
Eva Jiricna - Le leggi della fisica non cambiano, soltanto la nostra interpretazione può cambiare, grazie alle maggiori conoscenze in questo campo. Attraverso la comprensione della scienza
possiamo trovare un modo per estendere i confini del fattibile, e permetterci di ampliare l’area
in cui ci muoviamo.
1
Zaha Hadid - Il nostro linguaggio architettonico è guidato dalla nuova progettazione digitale e
dagli strumenti produttivi che consentono la creazione di forme fluide e organiche invece della
ripetizione di parti meccaniche separate. Anche la recente possibilità degli ingegneri strutturali
di calcolare geometrie complesse e sistemi strutturali composti ha un ruolo nel progresso delle
nuova, emozionante architettura moderna.
026
Renata Semin - La progettazione architettonica conta su queste leggi come strumento, proprio
come nel caso del progetto della Biblioteca Centrale Campinas. I travetti sospesi in acciaio
(travi composte) - 3,75 metri di altezza per 71 metri di lunghezza - sorreggono i piani più bassi
degli scaffali per i libri. La sfida dal punto di vista dell’ingegneria aveva come obiettivo, e lo ha
centrato, la fattibilità tecnica, economica e costruttiva.
Odile Decq - La fisica e le sue leggi restano le stesse, ma è vero che il
fattibile ha raggiunto nuovi confini. Peter Rice una volta mi spiegò che
gli strumenti per il calcolo danno all’ingegneria campi di esplorazione
sempre nuovi: una volta quello che era facile da progettare e concepire non era altrettanto facile da calcolare. Oggi, siamo in grado
di realizzare costruzioni a sbalzo estremo, strutture e forme dotate di
grande fluidità, volumi destabilizzati, oggetti galleggianti sconnessi, e
così via. Questa evoluzione tecnica dà agli ingegneri ed agli architetti
nuove responsabilità nelle loro relazioni. Spero sempre di vivere finché
non sarà inventato il “teletrasporto”! Scherzi a parte, ogni giorno mi
interesso a tutti i nuovi sviluppi della fisica, dell’astrofisica e delle scienze biologiche. Quindi, chissà?
2
Elisabetta Terragni - Dipende dalla fisica a cui ci si riferisce: le cose fattibili sono di più delle cose per cui siamo riusciti ad immaginare un uso.
Mi riferisco ai materiali leggeri rispetto a quelli pesanti, al familiare trattato in modo fantasioso. Più di qualunque altra cosa, abbiamo bisogno
di trovare le idee giuste e di abbinarle ai materiali giusti. I tessuti sintetici
ed i nuovi rivestimenti assicurano leggerezza e durevolezza dove una
volta erano necessari una certa pesantezza e costi onerosi. Ma il fatto
che una cosa sia possibile non significa che ci sia veramente l’esigenza di farla. I limiti che riconosco sono limiti dei nostri sensi (e di quanto
possa avere un senso), tanto quanto sono limiti di prestazione.
027
LE LEGGI DELLA FISICA: QUALI SONO
I NUOVI CONFINI DEL “FATTIBILE”
3
1
2
ZAHA HADID - “OPUS” OFFICE TOWER PROGETTo IN CORSO, DUBAI, UAE
Courtesy Zaha Hadid Architects
3
BENEDETTA TAGLIABUE
MERCATO DI SANTA CATERINA
BARCELLONA, SPAGNA, 2005
Courtesy EMBT Arquitectos
odile decq - TERMINAL MARITTIMO PROGETTo IN CORSO, TANGERI, MAROCCO
Courtesy ODBC architectes urbanistes
029
028
Benedetta Tagliabue - Il regno della fisica al giorno d’oggi è molto più
sfaccettato e complesso. Sono stata invitata ad alcune tavole rotonde
sulla fisica, che avevano come tema la comprensione, ad esempio, di
come si elabora un progetto, come si crea un edificio. Comprendere
la nostra complessità e riuscire ad avere una scienza capace di descriverla è una possibilità meravigliosa.
L’ARCHITETTURA E’ LIBERTA’?
1
030
Benedetta Tagliabue - No, l’architettura non è libertà. L’architettura è
fatta di limiti, ed occorre sapere come tenere conto dei limiti con cui si
lavora e come farli coesistere tra di loro e con te.
Renata Semin - La pratica è libertà. Il cinquanta per cento della mia vita è stato dedicato alla
pratica professionale, insieme ad una squadra di soci di talento e a collaboratori fondamentali.
Recentemente, il nostro studio ha promosso delle collaborazioni innovative. Questa squadra
a più largo raggio si concentra sugli approcci speciali all’urbanistica, come la sostenibilità, la
progettazione ed il restauro di edifici e spazi pubblici. La libertà è il riconoscimento e l’enfasi
posta sui valori architettonici di ogni progetto.
2
3
Elisabetta Terragni - Per molti di noi architetti è soprattutto una necessità. Se affermo di cercare la libertà in architettura, devo accettare di lavorare alle condizioni necessarie, che variano
moltissimo da una cultura all’altra, da un luogo all’altro.
L’architettura sembrerebbe concedere soltanto una libertà limitata, ma è anche vero che
posso ripensare ogni lavoro che mi viene commissionato e cercare ogni volta di proporre una
soluzione diversa da quella che il cliente potrebbe aspettarsi. Posso inventare un altro modo
per distanziare le finestre e per illuminare gli spazi, posso scegliere colori e superfici diverse,
creare un’atmosfera e proporre un’esperienza unica. Se l’architettura è libertà, dipende dalla
nostra capacità di investire quella libertà nei nostri progetti.
031
Carme Pinós - In risposta alla domanda se la architettura è libera, direi
che tutto l’atto deve essere libero se intende la sua responsabilità.
In questo senso l’architettura risponde anche ad altra domanda:
necessitiamo dell’ego di tutti se assumiamo la nostra responsabilità,
vale a dire, la consapevolezza della ripercussione delle nostre azioni.
Odile Decq - L’architettura sta diventando sempre più libera, ed i limiti
alla sua libertà sono la richiesta della società, la realtà delle esigenze
delle persone e del committente, il rispetto del budget e, prima di tutto,
l’etica dell’architetto.
032
Winka Dubbeldam - Sì, in un certo senso, se si considerano i limiti oggettivi come una sfida progettuale, come facciamo noi, ci si può sentire
liberi . . .
5
Eva Jiricna - L’architettura non è libertà, e non sarebbe divertente se
fosse così. Nella vita, come nell’architettura, esistono delle limitazioni, e
noi dobbiamo definire i nostri limiti. L’abilità sta nel superare tutti questi
ostacoli senza scendere a compromessi. Vorrei citare Charles Eames,
che nella sua ultima lezione, a Londra, quando gli venne chiesto a
quanti compromessi era stato costretto a scendere nella sua vita,
rispose: “Non ho mai accettato di scendere a compromessi, perché ho
sempre capito la necessità di avere dei limiti.”
033
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6
1/2
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034
4
BENEDETTA TAGLIABUE - PADIGLIONE
SPAGNOLO EXPO Shanghai 2010
PROGETTO IN CORSO, Shanghai, CINA
Courtesy EMBT Arquitectos
winka dubbeldam - GREENWICH STREET PROJECT
NEW YORK, USA, 2004
Courtesy Archi-tectonics
5
eva jiricna - Fine Jewellery
Room Renovation - Harrods
London, UK, 2006
© Richard Bryant
6
ZAHA HADID - Abu Dhabi Performing Arts Centre
PROGETTO IN CORSO, Abu Dhabi, UAE
Courtesy Zaha Hadid Architects
ODILE DECQ - Macro - Museo d’Arte
Contemporanea, PROGETTO IN CORSO, Roma
Courtesy ODBC architectes urbanistes
035
Zaha Hadid - Secondo me l’architettura può essere un mezzo per
affrontare alcuni problemi sociali molto importanti, evidenti nella complessità della vita delle persone che vivono nel 21° secolo.
L’ERA DELLA NON-STANDARDIZZAZIONE
1
2
Winka Dubbeldam - La standardizzazione varrà sostituita dalla produzione su misura; stiamo lavorando alla residenza Cibani insieme ad un
progettista di automobili, per far diventare la facciata un prototipo!!!
036
Odile Decq - In questa libertà generale, è emersa l’idea di “non-standard”, aiutata dalle nuove macchine industriali guidate da programmi
informatici specifici per la costruzione e l’ottimizzazione dei materiali.
Questo è vero per alcuni singoli progetti, ma per altri è più difficile,
come nel caso dell’edilizia abitativa, finché si continuerà a vivere sul
piano orizzontale. La modalità “Funzione obliqua” non è ancora arrivata dappertutto!
Zaha Hadid - L’architettura della ripetizione che ha caratterizzato il 20°
secolo è stata superata dalla costruzioni di edifici che siano versatili,
e che incoraggino questa versatilità. L’architettura tradizionale, con i
suoi scarni blocchi dalle forme pure e con le sue griglie cristalline, è in
antitesi con queste nuove esigenze di varietà e di grande integrazione
con gli schemi di vita contemporanei.
3
Carme Pinós - Non si tratta di fare qualunque cosa sia possibile, ma
sapere cosa vogliamo, cosa è che chiediamo all’architettura e, soprattutto, che modello di città corrisponde ai nostri desideri e alle necessità
della vita. Vale a dire, in quale spazio architettonico - interno o esterno
- vogliamo vivere e rapportarci.
In una società dove le strutture cambiano costantemente e dove predomina l’individualismo, è molto difficile trovare modelli di convivenza
che non siano quelli dettati dal mercato con la sua chiara tendenza
all’astratto e tendenti a convertirci tutti in statistica e numeri.
Qualsiasi modello stabile e duraturo non interessa alla nostra società
che si basa sulla produttività e sul consumo, ed è il cambiamento che
la caratterizza, non la stabilità.
037
Renata Semin - Il problema non è standardizzazione o non-standardizzazione. Le decisioni che vanno prese nel corso del processo progettuale portano alla soluzione appropriata o alle specifiche tecniche di
ogni problema. La possibilità di riproduzione su larga scala è preziosa
in situazioni come componenti e prodotti costruttivi, per arrivare a
risultati più accurati, per impiegare operai qualificati e per ottenere
servizi migliori.
In Brasile, questo è un argomento da affrontare e discutere con attenzione, a causa della nostra elevata necessità di nuove abitazioni.
4
Elisabetta Terragni - L’architettura moderna ha giocato la carta della
standardizzazione e del risparmio fino alla fine, e questo può averci
stancato e deluso. Le geometrie non-standard suggeriscono un’altra
idea di cosa sia il mondo e di come funzioni. Certamente è molto più in
sintonia con le nostre sensibilità.
039
038
Benedetta Tagliabue - Oggi abbiamo potenzialità tecniche che
interagiscono con la complessità. Se ne occupano molte discipline,
compresa la fisica. La standardizzazione è una sorta di forzatura, che
era legata ad una tecnologia con più limitazioni. Oggi, concedendo
maggiori possibilità alla complessità, ci si riavvicina ad un modo di
lavorare più simile all’artigianato. Fare buon uso di queste potenzialità
sarà, secondo me, una delle grandi sfide del futuro.
5
1/2
Courtesy Archi-tectonics
3
ZAHA HADID - Museo mediterraneo
dell’arte nuragica e dell’arte
contemporanea, CAGLIARI, 2006
Courtesy Zaha Hadid Architects
4
BENEDETTA TAGLIABUE - PADIGLIONE PER
L’anniversario dei 100 anni della città
di Esch-Sur-Alzette, LUSSEMBURGO, 2006
© Pierre Engel
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040
winka dubbeldam - Q TOWER e CIBANI
PROGETTI IN CORSO, USA
eva jiricna - RESIDENZA PRIVATA
LONDON, UK, 2004
© Richard Bryant
ZAHA HADID - BERGISEL SKI JUMP
INNSBRUCK, AUSTRIA, 2002
© Hélène Binet
041
Eva Jiricna - Vivendo in condizioni di lusso sempre maggiori, chi ha denaro da spendere o da
investire vuole qualcosa di speciale, un pezzo “unico”. Ma questo è solo un lato della medaglia. L’altro è il fatto che l’industria delle costruzioni non ha mai trovato una vera risposta alla
non-standardizzazione. Standardizzare vuol dire creare un oggetto in serie ed usarlo come
tale. Anche se ci sono stati molti tentativi di standardizzare varie componenti degli edifici (finestre, porte, pannelli per soffitti, lampade), il processo di metterli insieme è ogni volta diverso.
Esistono problemi di sostituzione degli elementi e, soprattutto, non ci piace l’uniformità.
Varie dittature sono state tentate ed hanno fallito. Il mondo intero vuole più libertà. È comunque sempre pericoloso fare questi commenti generici. Le unità abitative standard nei paesi
sottosviluppati sarebbero una benedizione, e le tende o gli ospedali standard, ad esempio,
aiuterebbero a risolvere i problemi più immediati nelle zone disastrate. In certe situazioni, sarebbero utili più buon senso e meno ego.
6
L’ESPRESSIONE DI UNA SOCIETA’
CHE STA CAMBIANDO
1
042
Odile Decq - Come potrebbe l’instabilità del mondo, più che il cambiamento della società, rimettere in discussione l’architettura in termini
di forme e sviluppo urbano, e di nuovi rapporti sociali e politici che possano influenzare la nostra visione dello spazio architettonico? Spesso
mi pongo queste domande, ma non so rispondere a nessuna di loro.
Niente è definitivo: ogni soluzione e ogni proposta sono transitorie.
Eva Jiricna - La società sta cambiando per motivi politici, economici, culturali e per svariate
ragioni complesse. Gli architetti possono reagire ai cambiamenti e contribuire ad evitare alcuni
degli effetti indesiderati che possono presentarsi. Sono state proposte diverse idee utopistiche
per risolvere i problemi del futuro, ed anche vari mega-progetti arbitrari, nati in tempi remoti e
meno remoti. Esistono esempi di architetti famosi che hanno progettato città (Louis Kahn, Le
Corbusier, Oscar Niemeyer, altri ancora), ma anche i creatori dei “Canary Wharfs” e dei villaggi del Principe Carlo. Le città devono crescere naturalmente, soddisfacendo requisiti sempre
diversi e la comprensione reciproca di tutte le parti della società. C’è molta strada da fare.
2
Zaha Hadid - Una delle grandi sfide dell’architettura contemporanea del 21° secolo è il fondamentale allontanamento dal concetto “Fordista” dei blocchi ripetitivi della società industriale
di massa: grandi fabbriche squadrate che contengono lunghe file di assemblaggio, postazioni
di lavoro simili, con ognuno che ripete lo stesso gesto ora dopo ora, come i blocchi squadrati e
ripetitivi delle case, degli uffici e dei grattacieli tradizionali del 20° secolo.
La direzione è verso una società “post-Fordista” di specializzazione flessibile, con il suo nuovo
ordine di differenziazione del lavoro e dei processi vitali, ed un nuovo livello di fluidità e di
dinamismo nella carriera delle persone, nelle istituzioni e nelle organizzazioni corporative. La
vita più complessa che conduciamo nel 21° secolo si sovrappone e si integra agli aspetti vitali
del lavoro, dell’istruzione, del mondo dello spettacolo e della casa, e non è separata da tutto
questo. Il principio moderno dello zoning funzionale, la suddivisione in griglie regolari, è stata
superata da priorità come la ricerca di stratificazione negli sviluppi ad uso misto.
043
Elisabetta Terragni - La nostra società cambia più in fretta di quanto
non faccia la nostra architettura. In realtà, la nostra architettura è cambiata pochissimo, e sentiamo ancora le solite lamentele dei nostri nonni
tutte le volte che succede qualcosa che esce dalla loro mentalità.
Sembra che l’Italia sia un paese dove il modernismo e il kitsch che ne è
derivato siano sopravvissuti straordinariamente bene. Significherà che
la nostra società è anche lenta a cambiare?
Winka Dubbeldam - Oggi la società è totalmente globale, con solo
qualche traccia di locale, come ha detto Saskia Sassen! Stiamo
costruendo la torre Un-Knot, un hotel con residenze della GHM, che
viene occupato quasi esclusivamente da viaggiatori permanenti . . . Il
servizio è cruciale e di livello molto alto.
Benedetta Tagliabue - L’architettura esprime sempre la situazione e
le esigenze di una società in un determinato momento e in un luogo
preciso. E’ stato così nel passato e sarà sempre così nel futuro.
E’ questo che rende così interessante l’architettura, il fatto che sia
sempre in evoluzione, insieme alle persone, agli utenti, alla società,
all’epoca, e così via.
5
044
Renata Semin - L’ampiezza di questa espressione mi porta ad affiancare gli estremi, le situazioni di contrasto che oggi convivono come
mai in precedenza: l’accesso a tutto il mondo, la cultura regionale, le
tradizioni locali, la nanotecnologia, la robotica, l’artigianato, l’alta tecnologia industriale, uno stile di vita naturale, il restauro, la distruzione, la
memoria, la mancanza di memoria. La nostra squadra di progettazione, dal punto di vista professionale, ha affrontato con successo varie
sfide, come la creazione di alloggi sociali, la progettazione di spazi per
grandi industrie, laboratori chimici, costruzioni in campagna, siti tecnologici, biblioteche, edifici per la sanità, progettazione urbana, spazi
pubblici, e qualunque aspetto legato alla nostra esistenza.
1/2 ZAHA HADID - MAXXI: Museo nazionale
delle arti del XXI secolo
PROGETTO IN CORSO, ROMA
5
BEnEDETTA TAGLIABUE - UNIVERSITà Di VIGO
AULE E PONTE DI COLLEGAMENTO
VIGO, SPAGNA, 2003
Courtesy EMBT
6
eva jiricna - Fine Jewellery
Room Renovation - Harrods
London, UK, 2006
© Richard Bryant
Courtesy Zaha Hadid Architects
3
Renata semin - università cattolica
di campinas - biblioteca centrale
campinas, brasile
Courtesy Piratininga
4
ELISABETTA TERRAGNI - ASILO E SCUOLA
PRIMARIA - CORRIDOIO, Altavilla Vicentina, 2008
Courtesy Elisabetta Terragni
045
6
SOSTENIBILITA’: ETICHETTA,
OBBLIGO O MISSIONE?
Odile Decq - Il dibattito sulla sostenibilità è un nuovo interrogativo, o
solo un’altra funzione da risolvere? E’ una nuova definizione del nostro
modo di vivere o una ri-definizione fondamentale dell’architettura? Per
quanto mi riguarda, nell’ambito dello studio dell’architettura negli anni
Settanta, durante il movimento hippy e la prima crisi del petrolio, l’architettura bioclimatica solare e l’idea di ambiente autosufficiente sono
idee che hanno posto questioni e suscitato dibattiti fondamentali nel
mondo universitario. Quindi, considero l’argomento e le responsabilità
che ne derivano, un limite evidente e fondamentale per un progetto,
mai una “missione” (detesto questa parola: ha un che di religioso). In
ogni caso, se oggi venisse usata come etichetta, potrebbe dare alle
persone più consapevolezza in merito.
Renata Semin - E’ in assoluto una missione, una presa di posizione.
Continuando a fare riferimento alla Biblioteca, le premesse per l’idea
del progetto erano la ventilazione e l’illuminazione naturali, un basso
consumo energetico, un design universale che fosse accessibile a tutti
ed una manutenzione a basso costo. Queste premesse sottolineano la
qualità dell’architettura.
1
2
047
046
Benedetta Tagliabue - Sostenibilità è un nome, una parola. A volte
cerco semplicemente di capire quale sia il reale significato di questa
parola, oltre a farti credere che tutto quello che fai è accettabile.
Penso che il suo significato sia legato al vivere bene in un luogo, in
armonia con le persone e con l’ambiente, e che non sia una novità per
noi: abbiamo sempre cercato di arrivare a questo, di creare architetture attente al posto dove sorgeranno, alle persone che le vivranno o che
le guarderanno, attente alla loro durata o alla loro esistenza nel tempo.
Quasi sempre l’architettura tradizionale è molto sostenibile: sarebbe
utile esserne consapevoli.
Eva Jiricna - La sostenibilità è la condizione della sopravvivenza
dell’uomo su questo pianeta.
Proprio come le persone accettarono di usare i servizi igienici come
parte del progresso civile, dovranno accettare di buon grado la sostenibilità come fattore che gioca a loro favore.
Elisabetta Terragni - Sostenibilità è uno slogan. Ci sono dei motivi, ed alcuni sono importanti ,
ma per niente nuovi. Vi ricordate che la maggior parte delle case una volta aveva due serie
diverse di finestre, una veniva tolta durante l’estate e rimessa quando tornava il freddo? E vi
ricordate che il nostro abbigliamento era composto da capi di pesantezza diversa prima che
l’aria condizionata e il riscaldamento creassero un clima artificiale nelle case? Le scelte ragionevoli, messe alla prova dai secoli, hanno permesso di fare molta strada verso la sostenibilità.
L’uso delle pompe di calore, di un isolamento migliore, delle cellule fotovoltaiche, dell’energia
eolica e simili, non solo è ragionevole, ma anche necessario.
Winka Dubbeldam - Questa missione è un obbligo.
3
1
Elisabetta TerragnI - Casa Bianchi - SERRA
Cernobbio, ITALIA 2002
© Brigitte Desrochers
2
Renata semin - università cattolica
di campinas - biblioteca centrale
campinas, brasile
Courtesy Piratiningaa
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eva jiricna - hotel josef
PRAGA, REPUBBLICA CECA, 2002
© Ivan Nemec, Berlino, Praga
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Elisabetta TerragnI
APPARTAMENTO IN EngadinA,
Samedan, SVIZZERA, 2005
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© Vaclav Sedy
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ELISABETTA TERRAGNI
ASILO E SCUOLA
PRIMARIA - CORRIDOIO
Altavilla Vicentina, 2008
Courtesy Elisabetta Terragni
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048
Zaha Hadid - Ci sono molti architetti che usano sistemi sofisticati per il
condizionamento dell’aria e per la progettazione di interni, per migliorare l’equilibrio ecologico di un edificio, mentre a me interessa l’idea di
adattare nuovi materiali e nuovi metodi produttivi che siano legati a un
paradigma totalmente nuovo di articolazione e di creazione dello spazio. Alla fine, questi approcci diversi allo sviluppo - la sostenibilità e la
sperimentazione sull’applicabilità di nuovi materiali - si riconcilieranno,
trovando la soluzione di moltissimi problemi.
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CITTA’ DENTRO LA MEGALOPOLI
1
Winka Dubbeldam - New York ne è un esempio. Le culture di nicchia
descritte da Alvin Toffler negli anni Sessanta stanno diventando una
forza importante . . . in città e su Internet.
050
Eva Jiricna - Questo è un argomento troppo teorico, con scarsissime
conseguenze pratiche.
Odile Decq - Nelle megalopoli vive più della metà della popolazione
mondiale. Non capisco quale sia la differenza tra città e megalopoli:
la megalopoli è una città. Se la domanda si riferisce alle città storiche,
si tratta semplicemente di alcuni posti dove vive una piccola parte di
mondo in condizioni urbane privilegiate. Se invece si fa riferimento a
zone all’interno della megalopoli che potremmo definire città, allora si
tratta dell’idea di quartiere. Ancora una volta, nel secondo caso, è un
aspetto sociale dello sviluppo urbano, e si potrebbe sviluppare come
rete di nuclei urbani - sia in orizzontale che in verticale.
2
Elisabetta Terragni - Le megalopoli sono un’astrazione. Nessuno “vive”
in una megalopoli, tutti vivono nei dintorni, e la cosa che spesso rende
le grandi città tanto interessanti è il fatto che ne ospitano di più piccole.
L’East Village di New York mi fa venire in mente Porta Ticinese a Milano,
con la differenza che là la mescolanza di negozi e di opportunità è
molto più densa, complessa e variegata.
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Benedetta Tagliabue - Non è facile rispondere brevemente su un argomento tanto vasto. Penso che la megalopoli sia il più importante tema
di oggi: per esempio, è il tema del prossimo EXPO 2010 di Shanghai,
dove costruiremo il padiglione spagnolo. “Come vivere bene nelle
grandi città”: l’architettura del nostro padiglione sarà una risposta a
questa domanda.
Zaha Hadid - La civiltà umana si è sempre affidata alle strutture architettoniche ed alla loro
disposizione nelle città più o meno grandi per costruire e stabilizzare l’ordine sociale. Le città
esigono infrastrutture e sviluppi sempre più complessi, sovrapponendoli uno strato sull’altro e
crescendo sempre di più. Solo in questo modo è stato possibile strutturare una società con
processi vitali ed istituzioni sufficientemente forti e complessi. L’epoca moderna ha creato una
nuova serie di infrastrutture, sistemi che si integrano, si mettono alla prova e si estendono al di là
dell’architettura tradizionale. Questi sistemi comprendono le reti di trasporto meccanico (treni,
automobili, aerei) e vari sistemi di telecomunicazioni (la stampa, le trasmissioni radiotelevisive,
il telefono ed internet). L’ordine sociale e la complessità del funzionamento della società contemporanea del 21° secolo dipendono da questi sistemi tecnici di comunicazione tanto quanto
dipendono dagli schemi degli ambienti costruiti.
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WINKA DUBBELDAM - UNKNOT TOWER
PROGETTo IN CORSO, PHILADELPHIA, USA
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Courtesy Archi-tectonics
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odile decq - TERMINAL MARITTIMO 4
PROGETTo IN CORSO,
TANGERI, MAROCCO
Courtesy ODBC architectes urbanistes
carme Pinós - PROGETTO PER plaza Gardunya
PROGETTO IN CORSO, BARCELLONA, SPAGNA
© Estudio Carme Pinós
odile decq - Archipel
PROGETTO IN CORSO,
LIONE, FRANCIA 2007
Courtesy ODBC architectes urbanistes
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Renata Semin - San Paolo, la città dove vivo, è diventata una delle megalopoli mondiali. Si
tratta di una definizione che ha in sé un valore insieme ad un problema con cui fare i conti.
La diffusione sul territorio che supera le irregolarità naturali del terreno, l’occupazione non
programmata, la costruzione di reti stradali e le infrastrutture che non bastano mai, la costante
attrazione esercitata dalle lusinghe della vita in città, esigono nuove strategie per affrontare i
problemi spaziali, sociali, economici e culturali.
Gli studi interdisciplinari condotti preso le università, i professionisti, la società civile ed il governo
dovranno, al più presto, unire i propri intenti e le proprie azioni per discutere democraticamente, per creare una piattaforma di strategie politiche e cercare di applicarle, ognuno con la
propria responsabilità, in questa megalopoli globale. L’esempio di San Paolo potrebbe ripetersi
facilmente nei casi di altre megalopoli, come Città del Messico, Mumbai e Johannesburg, non
per i suoi privilegi, ma per le sfide che presenta.
L’EGO DELL’ARCHITETTO
IN UN MONDO DI GENII
Elisabetta Terragni - In una recente intervista, Dan Graham ha affermato, con un accenno di ironia: “Gli architetti vogliono fare gli artisti, e gli
artisti vogliono fare gli architetti. Credo di essere stato io il primo.” Non
dimentichiamo però che ciò che ha reso gli architetti rinascimentali
tanto splendidi e pieni di fantasia era il fatto che le figure più grandi,
da Brunelleschi a Giulio Romano, passando per Alberti e Michelangelo,
non erano architetti nel senso professionale del termine. Penso che una
sensibilità artistica o un’inclinazione scientifica abbiano tutti i motivi per
essere protagonisti nell’architettura di oggi.
Winka Dubbeldam - Non è per niente interessante.
Eva Jiricna - Un surplus inutile.
Odile Decq - Non ho commenti da fare a questa domanda. Non è interessante.
Zaha Hadid - Tutto esigerebbe un maggior rigore, ma penso che gli
architetti, in generale, facciano veramente molta fatica nel loro lavoro.
Questo vale per qualunque architetto con cui tu ti trovi a parlare, non
importa quanto successo abbia ottenuto, vale anche per i “grandi”.
Renata Semin - Questa affermazione è l’opposto del processo creativo dell’architettura in cui credo. La responsabilità, ed una squadra
eclettica di professionisti capaci provenienti da varie discipline: sono
queste le basi della progettazione.
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Benedetta Tagliabue - L’ego è un problema per tutti gli esseri umani!
Ed è certamente presente in tutte le professioni. Semplicemente, nel
mondo dell’architettura c’è l’esigenza di essere visibili, dovuta al fatto
che dobbiamo lavorare in un mondo complesso.
In questa estesa rete di comunicazioni, ritengo sia molto importante
usare bene la nostra immagine e la nostra visibilità, ma è altrettanto
importante cercare di mantenere il nostro ego entro certi limiti, proprio
come dovrebbero fare tutti.
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ZAHA HADID - PHAENO SCIENCE CENTER WOLFSBURG, GERMANIA, 2005
© Werner Huthmacher
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ODILE DECQ - Greenland
Furniture Centre
Shangai, CHINA, 2007
BENEDETTA TAGLIABUE - NUOVA SEDE DELLA Gas Natural
BARCELLONA, SPAGNA, 2008
© Romain Piro
Courtesy ODBC architectes urbanistes
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PERCHE’ IL FUTURO
HA BISOGNO DI ME?
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Odile Decq - Ditemelo voi!
Eva Jiricna - Non saprei. E, non sapendolo, continuerò a fare del mio
meglio e a correre il rischio che potrebbe essere tutto quanto inutile.
Zaha Hadid - Perché credo che, attraverso la nostra architettura,
potremo dare alle persone un’idea di un mondo diverso, entusiasmandoli, facendoli emozionare con le idee.
Renata Semin - Perché faccio parte di una squadra di progettisti dedita
alla ricerca, alla progettazione, allo sviluppo ed all’applicazione della
nostra conoscenza per conquistare condizioni di vita migliori nelle
nostre città. L’attenzione va concentrata su un processo virtuoso e
giusto.
Benedetta Tagliabue - Il futuro non ha mai bisogno di nessuno di noi,
questo è certo. La vita è crudele! Ma a me piace molto occuparmi del
presente. Il presente mi dà tanti progetti da realizzare nel futuro, progetti che spero contribuiranno a dare la felicità a molte persone.
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Winka Dubbeldam - Probabilmente il futuro non ha bisogno di me!
ODILE DECQ - Macro - Museo d’Arte
Contemporanea, PROGETTO IN CORSO, Roma
Courtesy ODBC architectes urbanistes
4/5/7 winka dubbeldam - GREENWICH STREET PROJECT
NEW YORK, USA, 2004
Courtesy Archi-tectonics
BEnEDETTA TAGLIABUE - UNIVERSITà DI VIGO
EDIFICIO PER LO SPORT, VIGO, SPAGNA, 2003
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eva jiricna - Canada Water Bus Station,
LONDRA, UK,1999
Courtesy Benedetta Tagliabue
© Richard Bryant
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renata semin - Biblioteca Mario de Andrade
São Paulo, BRASILE, 2006
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Courtesy Piratininga
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Elisabetta Terragni - Che il futuro abbia bisogno di me o no, io continuo
a lavorare. Sto affinando le mie sensibilità e le mie sensazioni sui temi
che abbiamo davanti a noi. Insegno agli architetti del futuro. Dopo
un lungo periodo in cui l’architettura è sembrata rigida, spietata e
addirittura brutale, cerco di trattarla con un tocco più delicato. Per me
(e ovviamente per i miei clienti) è importante che il mio lavoro susciti
reazioni emotive, che suggerisca sfumature, che apra zone di silenzio e
spazi di equilibrio. Il massimo della felicità per me è creare architetture
con meno “cose” possibile. Spero di regalare un’esperienza tanto più
effimera e gradevole quanto più riuscirò, in un mondo dove dominano
la velocità, la simulazione e l’angoscia.
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L’INFLUENZA DELL’INNOVAZIONE E DELLA
TECNOLOGIA SULL’ ARCHITETTURA
TRAVI ANGELINA™: SENSUALI E INTELLIGENTI
La trave Angelina™, è un’ingegnosa ed innovativa soluzione che ArcelorMittal ha saputo mettere
a punto trasformando un proprio prodotto industriale standard in una combinazione di resistenza,
leggerezza, trasparenza, flessibilità ed economicità capace di offrire un impatto architettonico altamente valorizzante.
Frutto della collaborazione tra architetti e industria, vincitore della medaglia d’oro al Batimat Design
Trophies 2007 di Parigi, è un prodotto che offre grande flessibilità ed ottime prestazioni meccaniche.
Angelina™ viene realizzata a partire da profili laminati standard H tagliati lungo l’anima seguendo
una linea sinusoidale con tecnologia brevettata e senza sfrido; le due porzioni di trave a T vengono
poi traslate di mezzo modulo fino a divenire speculari tra loro e quindi saldate nei punti di contatto.
Il prodotto finito presenta una serie di fori dalla forma morbida e allungata di grandi dimensioni,
comunque variabili e personalizzabili a seconda delle esigenze che, se da un lato consentono a parità di inerzia della trave una diminuzione del materiale impiegato con una conseguente riduzione del
peso e dei costi della struttura, dall’altro agevolano il passaggio degli impianti tecnologici, completamente integrati nello spessore della trave prospettando così una nuova dimensione architettonica.
Angelina™ ha un’altezza di sezione fino a 1,5 volte quella del profilo standard di partenza, e consente
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Courtesy Vasconi Architects
la realizzazione di impalcati di solaio a grande portata fino a 18 m. Le aperture a forma di labbra che
conferiscono leggerezza al sistema possono raggiungere i 2 m di lunghezza e consentire il passaggio
nella sezione della trave di cavi e condotte di ventilazione, anche di forma rettangolare e di dimensioni industriali fino a 40x70 cm, minimizzando così l’altezza finale dell’impalcato: per gli edifici multipiano si guadagna così un piano ogni sei. L’ottimizzazione dei carichi strutturali propri risulta davvero
significativa se si pensa che ne è primaria conseguenza la riduzione del numero complessivo di travi
e pilastri dell’edificio, incidente a sua volta sulla morfologia delle fondazioni, che in termini economici
si traduce in un considerevole abbattimento dei costi dell’intera costruzione nel rispetto costante di
un approccio eco-sostenibile.
I tecnici ArcelorMittal sono a disposizione per il supporto nella progettazione e l’ottimizzazione del
prodotto.
La trave Angelina™ è fornita con lunghezza a misura e sono possibili i consueti trattamenti superficiali
e le lavorazioni quali la centinatura; ove si renda necessario, in particolare nelle sezioni soggette a
forte sollecitazione di taglio, le asole possono essere chiuse a saldatura.
Courtesy ArcelorMittal
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strutture
Questo è il nostro obiettivo; offrire servizi e soluzioni che migliorino
istantaneamente l’architettura e l’efficienza dei costi con il massimo
della flessibilità.
LE LEGGI DELLA FISICA: QUALI SONO
I NUOVI CONFINI DEL “FATTIBILE”
TRAVI HISTAR ®
Gli acciai strutturali Histar ®, adatti per le strutture di edifici a grande altezza come la torre Gas Natural
(Fig. 1) di Benedetta Tagliabue, costituiscono una tipologia di acciaio laminato bassolegato con
elevata resistenza allo snervamento e migliorata saldabilità. Prodotti con il trattamento termico innovativo “in-line” QST (Quenching and Self Tempering - tempra ed auto-rinvenimento), hanno caratteristiche meccaniche tali da risultare ideali nella concezione di edifici multipiano. Poiché più resistenti
degli acciai da costruzione convenzionali consentono, a parità di carichi agenti, di ridurre il peso ed il
costo della struttura e di semplificare le operazioni di saldatura e montaggio (dato il basso contenuto
di carbonio equivalente non richiedono generalmente il preriscaldamento). Offrono ottime prestazioni se utilizzati nelle costruzioni composte acciaio-calcestruzzo, nelle strutture con colonne sottoposte
a forte compressione, nelle zone sismiche e nelle strutture offshore. Gli acciai S355 e S460 sono disponibili per sezioni HE con un’altezza h ≥ 260 mm e per sezioni IPE con h ≥ 500 mm.
Courtesy EMBT
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COSTRUZIONI COMPOSTE ACCIAIO-CALCESTRUZZO: STRUTTURE
Utilizzata nel progetto del Phaeno Science Center (Fig. 3) di Zaha Hadid e del Museo Macro (Fig. 2) di
Odile Decq, la costruzione mista acciaio-calcestruzzo unisce e sfrutta al meglio le proprietà dei due
materiali tradizionali della costruzione. In un edificio multipiano, le travi in profili laminati in acciaio che
compongono la struttura sono collegate alla soletta (lamiera grecata in acciaio e getto collaborante
in calcestruzzo) tramite connettori saldati sull’ala della trave, così da rendere solidale la struttura in
tutte le sue parti, e garantendo migliori performance anche in caso di sisma. La soletta in calcestruzzo
quindi non è solo una semplice partizione orizzontale, ma è l’elemento compresso nella sezione composta: questa tipologia costruttiva presenta notevoli vantaggi quali l’aumento della resistenza e della
rigidezza, diminuzione della freccia, riduzione dell’altezza dell’impalcato. La soluzione composta
acciaio-calcestruzzo per i pilastri (colonna in acciaio e calcestruzzo armato tra le ali) rappresenta un
ulteriore vantaggio sia in termini di resistenza che di sicurezza al fuoco, oltre che offrire una riduzione
nell’ingombro del pilastro rispetto alla soluzione tradizionale in solo calcestruzzo armato.
Nella costruzione di strutture ad ossatura metallica, è possibile utilizzare diversi tipi di profili laminati a
caldo, da quelli più tradizionali ad H o a I, fino alla gamma più innovativa.
COSTRUZIONI COMPOSTE ACCIAIO-CALCESTRUZZO: FIBRE IN ACCIAIO
ArcelorMittal offre un’ampia gamma di fibre d’acciaio per rinforzare il calcestruzzo. Le fibre metalliche
sono un’alternativa alle armature tradizionali. Il calcestruzzo rinforzato con fibre d’acciaio diventa
un materiale composto con specifiche proprietà e vantaggi, consentendo in diverse applicazioni
un’ottimizzazione di costi e tempi di costruzione. Le applicazioni tipiche sono i pavimenti industriali
con e senza giunti, solai in calcestruzzo fibrorinforzato, solai collaboranti, calcestruzzo spruzzato per
tunnel stradali e ferroviari. Prodotte a partire da filo in acciaio ad alta resistenza meccanica, le fibre
in acciaio sono disponibili in diverse lunghezze da 20 a 40 mm, con un rapporto lunghezza diametro
ottimizzato e forme specifiche, che garantiscono un’aderenza perfetta con il calcestruzzo.
© Pierre Engel © Hélène Binet
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COSTRUZIONI COMPOSTE ACCIAIO-CALCESTRUZZO: SISTEMI DI SOLAIO
Arval, gruppo ArcelorMittal, offre un’ampia gamma di sistemi di solaio con lamiere in acciaio zincato o zincato/preverniciato. Questi profili, quando accoppiati con altri materiali quali calcestruzzo,
isolanti termici ed acustici, gesso o legno, costituiscono un sistema costruttivo avanzato adatto per
ogni tipo di struttura. Tutti i sistemi uniscono resistenza meccanica, facilità e sicurezza di installazione,
compatibilità con elementi strutturali ed impianti tecnologici; una volta in opera, presentano una
faccia inferiore finita e pulita che può essere lasciata a vista.
Cofraplus ® e Cofrastra ® : sono soluzioni di solaio composte, ovvero la soletta in calcestruzzo e la lamiera grecata in acciaio sono interdipendenti e lavorano insieme per dare la resistenza composta del
solaio. La lamiera in acciaio è disponibile in spessori da 0.75 mm e può essere dimensionata per luci
fino a 4.50 m senza necessità di puntelli in fase di getto e per spessori di soletta da 10 a 28 cm.
Cofradal ® : è un sistema di solaio composto e prefabbricato, pronto da posare, che integra uno
speciale profilo in acciaio con uno strato isolante termoacustico, una rete saldata ed uno strato di
calcestruzzo. E’ disponibile in elementi della larghezza di 1.20 m e lunghezze fino a 7 m, e combina
leggerezza, isolamento termico ed acustico, resistenza al fuoco. Questo sistema è la soluzione ideale
per una posa in opera rapida senza puntelli.
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strutture
Ogni giorno ampliamo i confini dell’architettura
L’ESPRESSIONE DI UNA SOCIETA’
CHE STA CAMBIANDO
L’ACCIAIO INOSSIDABILE: NUOVA PELLE PER LE COSTRUZIONI
L’acciaio inossidabile è un materiale che si presta ad innovative applicazioni in architettura, dall’involucro edilizio all’interior design. Apprezzato da architetti e progettisti, che ne lodano le inusuali
caratteristiche estetiche e le diverse possibilità di finitura superficiale, garantisce un’ottima resistenza
alla corrosione grazie ad un alto contenuto di cromo (min. 10,5%) presente in lega. Il cromo infatti
reagisce con l’ossigeno nell’atmosfera creando una fine patina superficiale autoprotettiva. L’acciaio
inossidabile è caratterizzato da un’estrema duttilità, da elevate proprietà meccaniche ed è rispettoso dell’ambiente, perché non inquinante e, come tutti gli acciai, è riciclabile al 100%.
KARA ® : SOLUZIONI ARCHITETTONICHE INNOVATIVE
Rappresenta la nuova serie di acciai inossidabili ferritici di ArcelorMittal. La lega di questa famiglia di
acciai ha un elevato contenuto di cromo, che garantisce la resistenza alla corrosione, ma non contiene nichel: tale caratteristica restituisce all’acciaio le proprietà magnetiche senza tuttavia inficiarne il
processo di autoprotezione e quindi la durabilità.
KARA® si inserisce pertanto nella fascia di mercato dei prodotti ad elevata resistenza alla corrosione
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© Pawlowicz - courtesy ArcelorMittal
offrendo caratteristiche tecniche altamente performanti ad un prezzo estremamente competitivo e
molto stabile in quanto svincolato dalle oscillazioni di mercato legate al nichel.
Per gli involucri esterni in architettura, laddove si presentino condizioni ambientali mediamente
aggressive tipiche ad esempio di nuovi insediamenti industriali, della gamma KARA® è indicato il
K36, un acciaio corrispondente al 436 della normativa AISI internazionale: profilabile, trasformabile e
facilmente saldabile secondo le tecniche convenzionali.
Le ottime caratteristiche meccaniche consentono una riduzione dello spessore della sezione resistente e quindi permettono un considerevole alleggerimento del peso dell’intera facciata o copertura.
Grazie alle varie finiture disponibili (opaco, a specchio, etc.). KARA® garantisce un impatto architettonico di grande effetto, lasciando posto ad una flessibilità nell’espressione spaziale totalmente libera
con oneri di manutenzione pressoché nulli.
In funzione della tipologia scelta, KARA® è disponibile in spessori che vanno dal 0,4 mm al 3 mm con
una larghezza massima di 1500 mm.
Lo staff di consulenti e tecnici esperti ArcelorMittal è in grado di indirizzare il progettista verso la
migliore scelta del tipo di acciaio per soddisfare le specifiche esigenze.
© Pawlowicz - courtesy ArcelorMittal
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involucri
Involucri
L’innovazione non è mai fine a se stessa
NUOVE OPPORTUNITA’: GLI ORIZZONTI
CONTEMPORANEI DELL’ARCHITETTURA
SOLUZIONI ARVAL®
Le soluzioni Arval, azienda del gruppo Arcelor Mittal specializzata in sistemi
completi per facciate, coperture, pavimenti, soffitti e rivestimenti interni,
sono il risultato di una nuova ricerca tecnica ed estetica. I progettisti sono
accompagnati durante tutta la fase di progettazione fino alla posa in opera
dell’involucro stesso. Arval offre la possibilità di personalizzare le soluzioni sia
per quanto riguarda la scelta del materiale (acciaio inossidabile, preverniciato, zincato, etc) sia per la scelta della tipologia del sistema di facciata (a
© Paul Robin - courtesy ArcelorMittal
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cassetta, a scaglie, a doghe, brises-soleil, etc.). Di concezione modulare e
semplici da posare, le soluzioni Arval riuniscono in un unico sistema tutte le
risposte necessarie alle esigenze dei progettisti: estetica, resistenza al fuoco,
tenuta all’acqua, comfort termico ed acustico. Caïman ®, è un sistema di
facciata a scaglie, di dimensioni personalizzabili, adatto agli edifici con
forme organiche ed in grado di dialogare con l’ambiente circostante, grazie
ai vibranti giochi di luce che rendono “vivo” l’edificio. Mascaret ®, profilo ad
onde oblique perforato, e ST Lumiere 300 ®, profilo con fori tondi e oblunghi in
rilievo, sono soluzioni utilizzate per sovracoperture e brise soleil per facciate,
che possono essere posate sia in orizzontale che in verticale. Offrono una
visuale dinamica all’edificio, conferendo trasparenza o filtrando la luce. I
sistemi a cassetta ST Evolution ®, sono adottati nel rivestimento di facciate sia
in caso di nuova edificazione che in interventi di recupero. Di posa agevole
e rapida e di planarità ottimale, sono disponibili in moduli di diverso formato,
adattandosi alle più svariate condizioni d’impiego.
SISTEMA OXYGEN ®
Il sistema Oxygen ® è l’ultima novità proposta da ArcelorMittal nell’ambito dei
rivestimenti di facciata per esterni: si tratta di moduli in acciaio inox microforato spessore 10/10 sagomati in positivo e in negativo con sfere di varie
dimensioni, assemblati tramite incastri e fissati su un sistema di ancoraggio
costituito da montanti verticali e cursori orizzontali intermedi. I pannelli
Oxygen ® sono caratterizzati da una elevata facilità di posa che determina una velocizzazione dell’intero processo di rivestimento della facciata,
© Ch. Wood - courtesy ArcelorMittal
© Eric Avenel - courtesy ArcelorMittal
nonché da modalità di manutenzione estremamente facilitate: l’acqua
piovana è sufficiente per la pulizia ordinaria, mentre si consigliano interventi
periodici per rimuovere sedimenti vegetali e per prevenire la corrosione
dovuta a fattori esterni.
La tridimensionalità delle lastre microforate conferisce alla facciata un
aspetto destrutturato che cattura la luce esaltandone al contempo le profondità, producendo un impatto architettonico di alto valore estetico.
Ogni pannello ha una sagomatura costituita da 15 sfere positive, 8 sfere
negative, 12 semi sfere negative sui bordi e 4 quarti di sfere sugli angoli
in modo che una volta accostati la continuità globale sembri non avere
soluzione. I risvolti sui bordi e i rinforzi orizzontali, unitamente alla contrapposizione di bombature positive e negative, aumentano l’inerzia trasversale
dell’elemento rispetto ad un modulo non deformato di pari dimensioni,
garantendo così la massima stabilità del sistema.
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involucri
Involucri
Perché ogni sfida è un’opportunità ed ogni soluzione ha la sua forma migliore
L’ ARCHITETTURA E’ LIBERTA’?
strutture
Libertà come espressione di luce che specchiandosi diventa espressione di libertà
TRAVI ALVEOLARI ACB ® (ARCELORMITTAL CELLULAR BEAMS)
Le travi alveolari ACB ® (ArcelorMittal Cellular Beams) sono soluzioni in acciaio leggere per coperture
o solai che consentono di guadagnare spazio, offrendo funzionalità, estetica, leggerezza, flessibilità,
risparmio e, poiché prefabbricate, rapidità di esecuzione. A partire da un profilo laminato di base
ad H o ad I tagliato lungo l’anima, secondo una tecnica brevettata, si ottengono due elementi a T
che vengono poi tra loro risaldati: si ottiene alla fine una trave con aperture circolari e con altezza e
rapporto inerzia/peso aumentati rispetto a quella di partenza.
Courtesy ArcelorMittal
Courtesy ArcelorMittal
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A seconda delle esigenze progettuali, sono possibili un’infinità di configurazioni (scelta del diametro
e dell’interasse delle aperture, centinatura, etc.) con aperture di diametro fino all’80% dell’altezza
finale della trave. Le luci che possono coprire variano in funzione dell’utilizzo: per le coperture fra i 10
e i 45 m, per le travi di solaio fra gli 8 ed i 25 m. Le travi alveolari consentono una riduzione di 25-40
cm dell’altezza finale di ogni impalcato grazie al passaggio degli impianti nelle aperture delle travi
ed un risparmio in peso del 25-30% rispetto a profili in acciaio laminati tradizionali, da cui consegue
un risparmio economico ed una maggiore facilità nel trasporto e montaggio.
L’ERA DELLA NON-STANDARDIZZAZIONE
ARCEO: INNOVAZIONE TECNOLOGICA ED ESTETICA
Nata all’insegna dell’innovazione nella ricerca e lo sviluppo del gruppo ArcelorMittal, Arceo è una
linea prototipo di rivestimento al plasma sottovuoto che consente di rivestire con particelle finissime
di scala nanometrica nastri in lamiera d’acciaio. Gli innovativi prodotti della linea Arceo sono acciai
luminosi, antibatterici, in grado di captare o riflettere l’energia e con proprietà autopulenti. Resistenti
alla corrosione e di alto valore estetico, disponibili in una gamma esclusiva di aspetti superficiali e
colorazioni quali oro e champagne, sono adatti alle soluzioni di interior design per controsoffitti, porte,
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Courtesy ArcelorMittal
muri divisori (Ambient ®), ai sistemi di illuminazione d’interni per uffici e edifici industriali (Luminance ®)
o per facciate ed accessori in edilizia (Duraclean).
Lo sviluppo degli acciai rivestiti con plasma sottovuoto è guidato dal principio chiave del rispetto per
l’ambiente: Arceo non utilizza né bagni né preparazioni chimiche e non genera alcun effluente liquido o gas residuo da sottoporre a trattamento, dato che nel processo sottovuoto, tutte le particelle si
depositano sulla lamiera in acciaio.
Courtesy ArcelorMittal
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involucri
La tecnologia al servizio dell’estetica
CITTA’ DENTRO LA MEGALOPOLI
SOLANO ® RESISTENZA ALLA CORROSIONE E FLESSIBILITÀ DI UTILIZZO
Solano ®, l’innovativa tecnologia ArcelorMittal che propone lamiere d’acciaio pre-rivestite da un
sottile film di materiale organico, in architettura è sinonimo di estetica e di protezione per ogni tipo di
facciata o copertura grazie all’estrema durabilità ed alla rafforzata resistenza alla corrosione garantite perfino in ambienti marini ed industriali.
Si tratta di un prodotto che unisce l’eccellente resistenza meccanica e l’estrema versatilità dei sistemi
in lamiera d’acciaio, disponibili in varie tipologie di profilo e facilmente assemblabili in cantiere sia
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© Emiel Verhasselt - courtesy ArcelorMittal
© Emiel Verhasselt - courtesy ArcelorMittal
in copertura sia in facciata, alla durabilità della protezione superficiale della lamiera, che mantiene
inalterato nel tempo il suo aspetto senza che fenomeni di invecchiamento (come il deterioramento
del colore da raggi UV o la delaminazione da corrosione e abrasione) modifichino l’originale aspetto
architettonico dell’edificio. I prodotti Solano ® sono totalmente riciclabili, non contengono metalli
pesanti né ftalati in accordo con la politica di ecosostenibilità di ArcelorMittal.
La linea Solano ® offre una scelta di diversi livelli di prestazioni in funzione dei vari gradi di combinazione del supporto metallico in acciaio zincato, rivestito da film protettivo, con vernice termoplastica in
PVC, bordi compresi, per poter soddisfare tutte le esigenze relative alle caratteristiche ambientali proprie del sito di costruzione. Sono disponibili svariati pattern di stampa, dal laccato liscio allo spazzolato, dall’effetto pelle a quello legno o con imprimitura del logo Solano ® su una gamma di 19 colori.
I prodotti Solano ® sono disponibili in tre categorie, Solano ® 10, Solano ® 20, Solano ® 30, a seconda della
copertura temporale della garanzia ArcelorMittal (fino a 30 anni!), strettamente dipendente dalla
latitudine del sito di applicazione.
Solano ® è disponibile in fogli con spessori da 0,3 a 1,8 mm e larghezze da 600 a 1550 mm.
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L’ACCIAIO PREVERNICIATO
L’acciaio preverniciato utilizzato ad esempio nel padiglione per l’anniversario dei 100 anni della città di Esch-Sur-Alzette (Fig. 1, 2) di Benedetta
Tagliabue, è un prodotto tecnologico, ecologico ed economico. Il supporto
in acciaio zincato viene rivestito da due strati di vernice: il primer e lo strato
di finitura. Il processo produttivo è in continuo, quindi permette di avere una
produzione controllata dando così un’alta qualità al prodotto finale, sia in
© Pierre Engel
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© Pierre Engel
termini estetici che in termini economici. Tutti questi strati concorrono per
un’eccellenza delle caratteristiche meccaniche e di resistenza alla corrosione dell’acciaio stesso, oltre a garantire una buona resistenza all’abrasione,
resistenza al fuoco, elasticità, malleabilità e lavorabilità. Questi tipi di acciai
in edilizia sono utilizzati per rivestimenti sia per parti interne (controsoffittature, porte, etc.) che per parti esterne (pannelli sandwich, rivestimenti di facciate). Gli acciai preverniciati, prodotti dal gruppo ArcelorMittal, possono
avere uno strato di verniciatura diversificato a seconda delle destinazioni
d’uso (spessore finale della lamiera da 0,17 a 3 mm) e sono disponibile in
fogli e nastri di larghezza da 600 a 1 850 mm.
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Involucri
Sicurezza, durabilità e protezione; per essere presenti oggi e domani
PERCHE’ IL FUTURO HA BISOGNO DI ME?
ARSOLAR ® : COPERTURA INNOVATIVA AD ALTA EFFICIENZA
Arsolar ® è un valido sistema a pannelli modulari che ArcelorMittal propone per coperture a soluzione
fotovoltaica integrata e ventilata. Il sistema Arsolar ® da un lato infatti espleta la funzione di componente edile come elemento di copertura metallica, dall’altro assicura la funzionalità legata alla
produzione di energia elettrica direttamente a partire dalla radiazione solare.
L’energia prodotta dal sole, non inquinante e copiosamente offerta dalla natura, è variabile sulla
terra in funzione di latitudine, tanto che in Europa sono state identificate 7 zone d’insolazione necessarie alla determinazione delle caratteristiche di installazione dei pannelli, in termini di superficie e di
inclinazione. La condizione ideale per il funzionamento del sistema Arsolar® prevede che i pannelli
siano montati su una superficie con almeno il 10% di inclinazione, considerando tuttavia che l’angolo di inclinazione ottimale è di circa 60° oppure di 30°. Una superficie di 25mq di copertura Arsolar ®
Courtesy ArcelorMittal
Courtesy ArcelorMittal
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(3000 Wc) equivale ad evitare il rilascio in atmosfera di 30 tonnellate di CO2, quantità corrispondente
all’inquinamento che un’automobile produrrebbe in un percorso di 160.000 Km.
Per massimizzare le potenzialità di Arsolar ® e garantire il successo del progetto fotovoltaico
ArcelorMittal offre uno specifico supporto ai progettisti, alle imprese edili, alle maestranze e agli
utilizzatori finali, garantendo una produzione di energia elettrica su 25 anni pari all’80% della potenza
nominale, e fornendo una garanzia sul supporto metallico di copertura per un periodo di 20 anni.
Essendo un sistema di copertura fotovoltaico integrato gode degli incentivi statali per la produzione
di energia elettrica pulita.
ArcelorMittal è in grado di offrire una gamma completa di componenti ed accessori tali da garantire
la realizzazione di un sistema di copertura completo con stratigrafia a secco, comprensivo dell’isolamento termico. Il supporto dei moduli Arsolar ® può essere costituito da cassette e grecate in lamiera
d’acciaio ancorate a travetti di sostegno, entro le quali è posta la coibentazione in fibra di lana
minerale con barriera al vapore; alternativamente si possono utilizzare i pannelli sandwich in acciaio
Traditherm ® portanti e coibentati, di spessore di 120 mm. In entrambi i casi, i moduli Arsolar ® insisteranno sul supporto poggiando sugli appositi distanziatori ad omega forati concepiti per soddisfare le
esigenze di tenuta meccanica e di ventilazione. È necessario infatti uno spessore di 8 cm d’aria per
assicurare il rendimento elettrico (che diminuirebbe con l’innalzarsi della temperatura se il tetto non
fosse ventilato), con punti di presa in gronda e rilascio al colmo.
Arsolar ® viene prodotto in pannelli a profilo grecato in acciaio zincato preverniciato, disponibile
in tre colori standard: bianco, azzurro e antracite. Sul pannello la superficie occupata dalle celle
fotovoltaiche in silicio cristallino è per i moduli singoli di 1050x1495 mm mentre per i moduli doppi di
1050x2990mm e la potenza nominale al mq è compresa fra 65 e 75 Wc.
Courtesy ArcelorMittal
ALUZINC ®
Lamiera d’acciaio rivestita da alluminio e zinco legati insieme in parti quasi uguali, con cui si realizzano
coperture ed involucri di facciata. L’acciaio conferisce la resistenza meccanica, mentre il rivestimento metallico, oltre a dare alla superficie del prodotto un interessante aspetto con stellature brillanti
argentate, garantisce un’eccellente resistenza alla corrosione atmosferica, grazie appunto all’azione
protettiva combinata dell’alluminio e dello zinco. Garantito per un periodo di 20 anni contro la perforazione dovuta alla corrosione, Aluzinc ® mantiene a lungo il suo colore naturale e la sua brillantezza.
Funge da scudo termico dell’edificio, grazie ad un’elevata capacità di riflessione del calore e della
luce, offrendo un eccellente rapporto qualità/prezzo. Aluzinc ®, lamiera in acciaio al carbonio (EN
10215), rivestita da lega di alluminio (55%), zinco (43,4%) e silicio (1,6%), è prodotto da ArcelorMittal,
e si usa in spessori di 0,5-0,7 mm per le coperture e 0,7-0,8 mm per le facciate. E’ disponibile in fogli di
larghezza da 700 a 1500 mm. Oltre alle già menzionate proprietà, presenta caratteristiche di resistenza
all’abrasione, resistenza al fuoco, elasticità, malleabilità, lavorabilità ed eco-compatibilità.
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coperture
Rispetto dell’ambiente, efficienza e risparmio energetico
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NICOLA LEONARDI
Art Director and Editorial Co-ordinator
CARLOTTA ZUCCHINI
The Plan thanks Locomia
Comunicazione Integrata
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Managing Editor
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Creative Director
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FELIX FREY, SWITZERLAND
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ArcelorMittal has set up a team of professionals dedicated to the construction market: BCS (Building &
Construction Support). This team supports developers, architects, engineers and contractors throughout
their projects from design to completion. In a market where the decision-making chain is a long one,
BCS is the link between the steel industry and the construction industry professionals.
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