Mal di testa, nemico da conoscere

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26/03/2016
Pag. 19 Ed. Catanzaro
Mal di testa, nemico da conoscere
Anche una dieta mirata aiuta a combatterle. Farmaci? Per gradi
di FRANCESCO AMATO* Testa pesante, che pulsa? Dolore intenso, voglia di vomitare, insofferenza alla
luce? Consolatevi, non siete da soli. Anzi, a dirla tutta, i numeri sono davvero impressionanti: 7,2 milioni di
italiani soffrono di emicrania, ben il 12% della popolazione, una percentuale che sale al 18% se prendiamo
in considerazione soltanto le donne. In pratica è la più frequente malattia neurologica nei paesi sviluppati. E
l'emicrania è solo una delle tipologie di mal di testa - in termini medici cefalee - che ci possono condizionare
la vita. Per vincere il nemico bisogna conoscerlo. E nel nostro caso, questo vuol dire capire esattamente da
quale tipo di mal di testa siamo tormentati, perché da questa conoscenza discendono poi le soluzioni.
Nell'adulto esistono più di 150 tipi di mal di testa differenti. Fortunatamen te, alcuni sono più frequenti di
altri, il che permette ai medici di distinguerli in due grandi categorie: esistono le cefalee primarie, che sono
quelle estremamente più frequenti e si chiamano primarie perché non sono dipendenti da altre malattie, e
poi le cefalee secondarie che invece derivano da un'altra malattia che fa venire mal di testa. In questo
caso, le cause possono essere anche molto brutte, come tumori cerebrali, infarti cerebrali o una meningite.
Ma fortunatamente queste sono più rare. Nei casi più comuni siamo in presenza di una cefalea primaria. In
verità ci sono sostanzialmente quattro tipi di cefalee primarie, dalla più frequente alla più rara. Quella più
importante di tutte e più diffusa è l'emicrania, "la regina delle cefalee primarie", poi ricordiamo la cefaleadi
tipotensivo, lacefalea a grappolo e un gruppo simile dal nome più complesso di cefalee
autonomicotrigeminali e infine ci sono altre cefalee primarie molto rare, su cui si stanno conducendo ancora
degli studi. Le più diffuse sono la cefalea da emicrania e al limite la cefalea di tipo tensivo, ma sicuramente
quella che impatta di più nella popolazione è l'emicrania . L'emicrania è un problema sociale:a 35 annine
soffre una donna su 4. In media gli studi europei danno un 12% e l'Italia si allinea su questo dato. Ma se
andiamo su statistiche del Nord Italia, superiamo il 15%. Una vera spiegazione a questa percentuale in
crescita al nord, sembra non esserci. Gli studiosi ipotizzano si tratti semplicemente di una maggiore
capacità diagnostica o di una inclinazione maggiore nella popolazione a sottoporsi all'analisi medica per un
problema che spesso si spera di risolvere ricorrendo ai semplici antidolorifici, una strategia che però - come
vedremo più avanti - può essere controproducente. La prevalenza dell'emi crania nella donna è
estremamente più elevata che nell'uomo. «La percentuale media italiana delle donne che soffre di
emicrania è il 18%, contro solo il 6% dei maschi. Questo accade perché tutte le fluttuazioni degli ormoni
sessuali modulano l'emicrania. La cefalea tensiva rispetto all'emicrania è una cefalea più blanda. Mentre
l'emicrania è una cefalea che batte, che pulsa, che si accompagna alla nausea, al vomito, alla luce che dà
fastidio, la cefalea di tipo tensivo è come un caschetto, un cerchio sulla testa. E' una cefalea che dà una
situazione molto più gestibile. Chi ha una cefalea tensiva può lavorare regolarmente e spesso non prende
analgesici. Chi ha l'emi crania invece deve starsene a letto . Lacefalea a grappolo, invece, si manifesta con
attacchi di dolore intenso unilaterale, localizzato attorno all'occhio, in corrispondenza della tempia. L'attacco
dura da 15 a 180 minuti ed è accompagnato da almeno uno dei seguenti segni dalla stessa parte del dolore
: rossore dell'occhio, lacrimazione, secrezione nasale, abbassamento e gonfiore della palpebra,
restringimento della pupilla, agitazione. Durante i periodi di malattia (detti "clu ster"o"grappolo"in quanto le
crisi si presentano raggruppate dopo lunghi periodi di benessere) la frequenza con la quale si presentano le
crisi può andare da 1 ogni due giorni fino ad 8 al giorno, generalmente alla stessa ora. Tra un periodo e
l'altro i pazienti sono liberi dal dolore. Fortunatamente la cefalea a grappolo non è una malattia comune ,
colpisce prevalentemente il sesso maschile (rapporto 5:1 con il sesso femminile) ed in età relativamente
giovanile (25 anni la media), con una incidenza di 0,5-1 caso su 1000. L'assunzione di alcol può essere un
fattore scatenante, in particolare il vino rosso. Altri elementi scatenanti possono essere i vasodilatatori quali
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 29/03/2016
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FOCUS Più frequenti le cefalee primarie (che non dipendono da altre malattie)
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TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 29/03/2016
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l' istamina ed il il fumo di sigaretta. Le Cefalee AutonomicoTrigeminali sono denominate così secondo la
classificazione dell' IHS (International Headache Society IHS Newsletter - March 2016). Nel corso di una
crisi cefalagica il paziente ha una attivazionedelle vienocicettive afferenti al così detto sistema
"trigeminovascolare" cui segue un' at tivazioneriflessa delSNautonomico a livello endocranico. Le cefalee
richiedono anzitutto un'alimentazio ne mirata : consumare un cibo sbagliato può scatenare l'attacco, mentre
una dieta attenta aiuta a ridurre la forza e la frequenza dei sintomi. Si consiglia di suddividere i pasti in 5
spuntini giornalieri, abbondante apporto di fibre, bere molta acqua,dietacon ungiustoapporto di calcio e
magnesio, prodotti a base di soia, verdure a foglia verde e fagioli, noci, banane e germi di grano, qualora
non fosse possibile assumere questi alimenti per intolleranza, assumere un integratore di calcio e
magnesio, tre volte la settimana salmone o sgombro, pesci ricchi di grassi omega-3. Bisogna precisare che
la validità di una prescrizione dietetica sibasa propriosullavalutazione della sua adeguatezza caso per caso.
Per quanto riguarda le terapie farmacologiche a tutti i pazienti dovrebbe essere proposto un approccio "a
gradini" che preveda il passaggio a strategie terapeutiche per tappe successive, nel caso di inefficacia delle
precedenti. Questa strategia, se seguita correttamente, permette di ottenere una cura individualizzata
piùappropriata edefficace e con miglior rapporto costo-beneficio. C'è da sottolineare che promettenti studi
(Pathophysiology of Migraine American Headache Society 2016) sono alla ricerca di individuare la migliore
caratterizzazione dei meccanismi molecolari e fisiologici che scatenano l'attacco acuto e ciò permetterà di
scoprire farmaci potenti che interferiscano direttamente con questi meccanismi. Anche la ricerca genetica
contribuirà a scoprire i fattori genetici presenti e offrirà eventualmente ulteriori possibilità di intervento. I
mezzi terapeutici attualmente disponibili permettono comunque già oggi una soddisfacente gestione delle
nella maggior parte dei casi di cefalee ma va sottolineato che essi dovranno essere impiegati in modo
razionale e da mano esperta. *Responsabile Centro regionale Hub Terapia del dolore Azienda ospedaliera
di Cosenza
Foto: Un'immagine che dà l'idea del "mal di testa"
27/03/2016
Sito Web
QS - QuotidianoSanita.it
Dolore . Per l'ostetoartrite diclofenac meglio di paracetamolo
Gli antinfiammatori non steroidei curano il sintomo del dolore e migliorano la funzionalità dell'articolazione.
Il paracetamolo sarebbe invece inefficace. Lo studio pubblicato da The Lancet.
27 MAR - (Reuters Health) - Diclofenac è il più efficace tra gli antiinfiammatori non steroidei per il
trattamento del dolore dell'osteoartrite a carico di ginocchio e anca, mentre il paracetamolo sarebbe inutile.
A dimostrarlo è stata una ricerca pubblicata su The Lancet. Gli antinfiammatori non steroidei sono il
trattamento di prima scelta per il dolore causato dall'osteoartrite, un'infiammazione che interessa le
articolazioni e causa dolore, soprattutto tra gli anziani. Ma pochi studi hanno paragonato la loro efficacia.
Condotto da Sven Trelle dell'Università di Berna, in Svizzera, lo studio, una metanalisi su ricerche
scientifiche già pubblicate, ha preso in considerazione 74 studi clinici randomizzati, per un totale di 58.556
pazienti, per verificare l'efficacia di ogni antiinfiammatorio non steroideo, del paracetamolo o del placebo
nel trattamento del dolore da osteoartrite a ginocchio e anca. Le evidenze I dati raccolti hanno mostrato che
solo tre antinfiammatori sarebbero efficaci per l'effetto analgesico: diclofenac, etoricoxib e rofecoxib. Mentre
solo due dosaggi, diclofenac 150 mg al giorno e rofecoxib 25 mg al giorno, avrebbero effetto anche sulla
funzionalità delle articolazioni. Il paracetamolo, alla dose di 2 e 3 grammi al giorno, invece, non è risultato
migliore del placebo nel trattare il dolore o nel migliorare la funzionalità di ginocchio e anca. "La nostra
analisi suggerisce che il paracetamolo è clinicamente inefficace e non dovrebbe essere raccomandato per il
trattamento dei sintomi dell'osteoartrite.- hanno concluso i ricercatori - Al contrario, il diclofenac, al massimo
dosaggio di 150 mg al giorno, è efficace e risulta anche migliore di altri antinfiammatori non steroidei, inclusi
ibuprofene, naprossene e celecoxib, alla massima dose".
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 29/03/2016
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Scienza e Farmaci
27/03/2016
Pag. 25
diffusione:41008
tiratura:49333
Endometriosi, spauracchio per le donne
na piaga che si estende sempre più a macchia d'olio. Una delle malattiespauracchio per le donne, causa
frequente - tra le altre cose - di infertilità. L'endometriosi è solo apparentemente patologia di dominio
pubblico: in quanti la conoscono veramente? E, soprattutto, quante donne italiane hanno la concreta
percezione della sua diffusione a livello nazionale e internazionale? A fare chiarezza ci pensa Luciano
Cherchi, ginecologo, partendo dalla definizione e dalle caratteristiche cliniche dell'endometriosi:
«Cominciamo col precisare che si tratta di una malattia cronica complessa, originata dalla presenza
anomala del tessuto che riveste la cavità dell'utero, ossia l'endometrio, in altri organi quali ovaie, tube,
peritoneo, vagina e intestino. Ciò provoca sanguinamenti interni, infiammazione cronica dei tessuti
interessati, esiti cicatriziali con aderenze e, spesso, infertilità. Tengo a sottolineare che l'endometriosi
colpisce prevalentemente donne in età riproduttiva, mentre tende a regredire dopo la menopausa». Quali
sono i sintomi più eclatanti attraverso cui la malattia si manifesta e che, dunque, consentono di riconoscerla
facilmente? «Questa patologia è spesso dolorosa, e può diventare perfino invalidante. Il sintomo principale
è il dolore pelvico cronico, che si acutizza soprattutto nel periodo mestruale. Altri sintomi sono la
dispareunia, ovvero il dolore intenso avvertito dalla donna durante il rapporto sessuale, e l'infertilità. Proprio
a causa di tutte queste conseguenze, estremamente penalizzanti per la donna, l'endometriosi è ritenuta
una malattia sociale». Traducendo i concetti in cifre, il quadro che emerge è effettivamente allarmante.
Basterà constatare che, secondo le statistiche, nel Vecchio Continente dal 30% al 40% dei casi di infertilità
femminile è dovuto all'endometriosi. Gli effetti della malattia possono dunque compromettere in molti casi
non solo la salute, ma anche la vita di coppia e la progettualità futura delle pazienti. Come si può guarire?
Partendo dal presupposto che ogni cura va rigorosamente "tarata" e calibrata in base alle caratteristiche
individuali della donna affetta, «si può optare per tre strade: la prima è quella della terapia del dolore, la
seconda consiste nella terapia medica ormonale e la terza, infine, è quella della terapia chirurgica». Ma
quest'ultima soluzione va contemplata solo in extrema ratio ed esclusivamente in casi ben specifici: «Si
ricorre alla chirurgia soltanto quando il medico lo ritiene strettamente necessario. Inoltre, la terapia
chirurgica dovrà essere preferibilmente di carattere conservativo». L'endometriosi, come già detto, ha uno
spettro di diffusione molto ampio. Soltanto nel Belpaese, le donne che ne sono affette sono almeno 3
milioni. Tuttavia l'aspetto positivo è che, al giorno d'oggi, attorno a questa patologia c'è una
consapevolezza decisamente superiore rispetto a quanto accadeva quindici o venti anni fa: «Grazie alle
campagne di sensibilizzazione, a una significativa presa di coscienza da parte della popolazione femminile
che si sottopone a controllo ginecologico e alla maggiore attenzione diagnostica specialistica, si può
affermare che anche in Sardegna la percentuale delle donne che hanno ricevuto una diagnosi di
endometriosi è in costante aumento», afferma Cherchi. E c'è di più: «Proprio per tale motivo, la malattia è
stata oggetto di una proposta regionale che la contempla tra le patologie con diritto alla esenzione a carico
del servizio sanitario regionale». Matteo Bordiga RIPRODUZIONE RISERVATA
Foto: In Italia soffrono di endometriosi almeno tre milioni di donne
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 29/03/2016
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. P ATOLOGIA IN CRESCITA IN SARDEGNA GINECOLOGIA
29/03/2016
Pag. 20
diffusione:42564
tiratura:50797
Esodo friulano in Veneto le cure le paga la Regione
Esodo friulano in Veneto
le cure le paga la Regione
Privati esclusi, decine i pazienti già operati a Monastier
di Alessandra Ceschia Decine di friulani in Veneto per curare il dolore cronico. E intanto, paga la Regione
Friuli Venezia Giulia. Da quando la giunta regionale il 5 febbraio 2016 ha deliberato la rete di terapia del
dolore escludendo i privati convenzionati dai centri Hub and Spoke, limitati alle sole strutture pubbliche, i
friulani stanno emigrando in Veneto per i trattamenti. Una ventina quelli che si sono già sottoposti a
interventi a Monastier o a San Donà di Piave e una quarantina quelli in lista di attesa. Persone affette da
dolore cronico in forma di mal di schiena, o mal di testa dovuti a neuropatie invalidanti di tipo non
oncologico e lombosciatalgie. Il costo dei trattamenti, che vanno dalle semplici infiltrazioni alla
radiofrequenza pulsata, all'elettrostimolazione, oscilla da un minimo di qualche centinaio di euro a un
massimo di settemila, costi che la sanità friulana deve comunque sostenere rifondendo le spese alla
Regione Veneto. Fino a poco più di un mese fa quei pazienti ricorrevamo al Città di Udine, dove i ricoveri
sono stati sospesi in via prudenziale. L'unico altro centro che si era dotato di un'équipe dedicata era a
Trieste, che pure ha cessato i ricoveri. Alla Casa di cura di Udine lo scorso anno, fa sapere l'ad Claudio
Riccobon, sono stati effettuati oltre 200 interventi e seguiti una quarantina di malati la settimana. I pazienti
che erano in trattamento alla Casa di Cura Città di Udine si stanno riunendo in un comitato e hanno iniziato
a sporgere reclami, già una ventina quelli pervenuti alla struttura, la quale sta elaborando un'informativa
che sarà inviata alla Regione. Fra loro c'è Giuseppe Sapia, udinese di 65 anni, costretto a emigrare in
Veneto per curarsi. «Mio marito è un militare in pensione - spiega la moglie Luciana - che ha alcuni
problemi di salute. Da un anno, in seguito a una neuropatia, ha iniziato ad accusare dolori alla schiena che
gli impedivano anche di camminare. Abbiamo vagato da un ambulatorio all'altro sperimentando vari
trattamenti, abbiamo atteso sei mesi per una visita all'Unità spinale dell'ospedale di Udine. Dopo aver
sperimentato infiltrazioni, ozonoterapia, inutilmente - racconta -, abbiamo sentito parlare dei trattamenti che
venivano effettuati alla Casa di cura Città di Udine e ci siamo andati. Lì abbiamo trovato persone che
venivano dalla Puglia, dalla Sicilia, dal Veneto, e in poco tempo mio marito ha cominciato a stare meglio,
finchè si è profilata la possibilità di ricorrere all'elettrostimolazione. Ma quando ci siamo presentati
all'ambulatorio ci hanno detto che gli interventi erano stati sospesi e che per sottoporci al trattamento
dovevamo andare in Veneto. Siamo stati costretti ad andare a Monastier, dove un'équipe della Casa di
cura Città di Udine continua a operare. Tanti altri hanno dovuto fare come noi. Ma com'è possibile - si
interroga la signora - che in Friuli si taglino le spese per curare la sofferenza delle persone e poi si paghino
i conti a un'altra regione?». E sull'argomento la giunta Serracchiani sarà chiamata a rispondere a
un'interrogazione presentata dal consigliere regionale Pdl Roberto Novelli. Il documento spiega che «con la
delibera 165/16 la giunta regionale ha stabilito che la rete di terapia del dolore sarà costituita da centri Hub
e Spoke limitando l'offerta alle sole strutture pubbliche ed escludendo anche i privati già operanti nel
settore». Novelli segnala però che «non è dato sapere, visto il blocco delle assunzioni, quando e in che
modo le strutture di Udine, Pordenone e Trieste potranno usufruire delle necessarie dotazioni - e precisa che i tempi di attesa sono tali (sei mesi per una prima visita per il dolore cronico all'Hub Santa Maria della
Misericordia di Udine) da indurre i pazienti a cercare altri erogatori per rispondere ai propri bisogni di
salute». «Vi sono - aggiunge Novelli - già decine di pazienti che hanno scelto, non trovando risposte in loco,
di recarsi in Veneto», con questi presupposti Novelli sollecita una soluzione e chiede perché siano state
escluse strutture che non costavano un euro in più rispetto al solo rimborso delle prestazioni rese creando
«un danno per i pazienti e per le finanze locali». ©RIPRODUZIONE RISERVATA
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 29/03/2016
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Esodo friulano in Veneto le cure le paga la Regione Privati esclusi, decine i pazienti già operati a Monastier
29/03/2016
Pag. 21
diffusione:8500
Meno ore di sonno? La schiena vi punirà
L'ora legale è arrivata ormai da qualche giorno ma i suoi effetti, potete giurarci, li state avvertendo ancora:
sonno arretrato, senso di affaticamento e... mal di schiena.
Sì, il cambio dell'ora può avere effetti negativi anche sulla postura e aggravare i sintomi da mal di schiena.
A rivelarlo è il professor Alessandro Napoli, docente all'Università di Roma La Sapienza.
Se si soffre di mal di schiena, la mancanza di sonno tenderà infatti ad aggravare i sintomi per diversi motivi.
Mentre dormiamo, avviene gran parte della riparazione dei tessuti. Inoltre, la mancanza di sonno provoca
squilibri chimici a livello cerebrale e si abbassa la soglia di sopportazione del dolore. Le persone che non
dormono abbastanza soffrono più di dolore cronico, tra cui, appunto, il mal di schiena.
E quali sono le conseguenze? Per l'esperto, l'affaticamento dei muscoli della schiena influenza
negativamente la colonna vertebrale con conseguente cattiva postura. Quando la colonna vertebrale non è
in allineamento corretto, i muscoli, i dischi e le articolazioni della colonna vertebrale sono sottoposte a
maggior stress. I muscoli di una schiena affaticata sono più facilmente contratti.
Nulla è perduto perché, con qualche piccolo accorgimento, la situazione potrebbe migliorare:
1) Alimentazione ricca di antiossidanti: ad esempio in questo periodo favorire gli estratti a base di finocchio
e carote, l'uso di prodotti freschi come gli asparagi, il carciofo e limitare zuccheri e alcool.
- Attività fisica: Una buona e costante tonicità muscolare è il rimedio migliore per prevenire disturbi cronici
della zona lombare; non importa la tipologia di attività importa la costanza ed un carico di lavoro gentile
specie all'inizio. Chiaramente nella fase di dolore acuto è necessario ripristinare una condizione di assenza
di dolore per poi mantenere lo stato di benessere con della ginnastica posturale. •
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 29/03/2016
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Ora legale
30/03/2016
Pag. 26 N.4 - aprile 2016
diffusione:60906
tiratura:118320
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IL TUO CORPO
SCACCIA IL MAL DI TESTA SENZA FARMACI
Scopri le terapie alternative, dall'agopuntura allo shiatsu, in grado di prevenire e di curare gli attacchi
Testo di Paola Arosio
Avverti un peso sulla fronte, ti sembra che le tempie stiano per scoppiare, non sopporti la luce e i rumori.
Se soffri abitualmente di mal di testa, sappi che sei in buona compagnia. Questo disturbo colpisce, infatti,
circa 12 milioni di persone in Italia e due miliardi e mezzo nel mondo. Non tutti però sono afflitti dallo stesso
dolore. La cefalea più diffusa è quella tensiva, che interessa la fronte, la parte posteriore del capo e la
nuca. Seguono l'emicrania, che colpisce una sola metà della testa, e la cefalea a grappolo, caratterizzata
da dolori lancinanti concentrati nella zona oculare e dello zigomo. In tutti i casi, un disturbo per niente
banale, che a volte rischia di diventare davvero invalidante. Sono molti i farmaci a disposizione per
contrastarlo, ma in alcuni casi possono non sortire gli effetti sperati, senza contare che l'abuso di medicinali
rischia di causare nel tempo la cronicizzazione del disturbo. Esistono anche metodi non farmacologici che
aiutano a combattere il mal di testa e che il medico potrebbe considerare come integrazione o come
alternativa alle cure tradizionali. Ecco una guida a quelli che hanno dimostrato scientificamente un'efficacia
nei confronti delle cefalee. AGOPUNTURA Già nel 1997 l'agopuntura è stata ufficialmente approvata dal
National Institutes of Health, il più prestigioso ente scientifico americano, come terapia per alcune forme di
dolore. Tra queste, anche il mal di testa. «Indicata per l'emicrania e la cefalea di tipo tensivo, l'agopuntura
permette di aumentare i neurotrasmettitori contro il dolore, di allentare le contrazioni muscolari, di indurre
un rilassamento», spiega Giovanni Battista Allais, past president della Società italiana di riflessoterapia,
agopuntura e auricoloterapia e responsabile del Centro cefalee della donna del dipartimento di discipline
chirurgiche dell'Università di Torino. «Gli aghi, che possono essere collocati in testa, ma anche in altre parti
del corpo, come braccia o gambe, provocano una stimolazione delle terminazioni nervose nei punti in cui
vengono inseriti. Probabilmente vengono prodotte correnti elettromagnetiche debolissime, che però
determinano un effetto sul sistema nervoso». Si tratta di un rimedio naturale, non doloroso, privo di
controindicazioni e di effetti collaterali. Contro il mal di testa occorrono in genere dieci sedute, ciascuna di
circa 30 minuti. Per trovare gli esperti, consulta il sito della Federazione italiana delle società di agopuntura
(www.agopuntura-fisa.it). PSICOTERAPIA Psicologi e psicoterapeuti a indirizzo cognitivo-comportamentale
possono aiutare chi soffre di mal di testa con varie tecniche. Ecco quali. Tecniche di rilassamento. Poiché
spesso il mal di testa è causato da tensioni e stress, imparare a rilassarsi con tecniche specifiche può
risultare molto utile per controllare il disturbo. In base ai dati della letteratura scientifica, le tecniche più
efficaci sono: rilassamento muscolare, training autogeno, respirazione addominale, meditazione e
immaginazione guidata. «Il rilassamento determina una diminuzione del grado di contrazione muscolare e
dell'ansia e una riduzione dell'attività del sistema nervoso simpatico, il nostro sistema di allerta», spiega
Piero Barbanti, direttore dell'unità per la cura e la ricerca su cefalee e dolore dell'Irccs San Raffaele Pisana
di Roma. «Ciò riduce lo stress, il principale fattore scatenante del mal di testa». Le tecniche di rilassamento
possono essere utilizzate sia nella profilassi sia nella terapia sintomatica della cefalea. Il protocollo
terapeutico prevede un minimo di dieci sedute. Biofeedback. È un training, un allenamento grazie al quale
è possibile imparare a ridurre l'eccessiva tensione emotiva che fa spesso scatenare il mal di testa. Efficace
per l'emicrania e per la cefalea tensiva, è indicato anche per bambini e adolescenti. Attraverso un apposito
macchinario dotato di elettrodi è possibile controllare una funzione corporea automatica, come per esempio
l'attività muscolare. L'apparecchiatura amplifica quanto monitorato e lo «restituisce» al paziente sotto forma
di segnali acustici e visivi. In questo modo, il paziente recepisce in tempo reale le informazioni sul suo
stato. Diventando consapevole di quanto gli accade, può adottare strategie di controllo per evitare che la
muscolatura si contragga troppo a causa di stress o ansia, innescando la cefalea. Il protocollo prevede ottoTERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 30/03/2016
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30/03/2016
Pag. 26 N.4 - aprile 2016
diffusione:60906
tiratura:118320
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 30/03/2016
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dieci sedute. Terapia cognitivo-comportamentale. È una forma di psicoterapia breve, pratica, concreta,
adatta ai pazienti con cefalee ricorrenti, soprattutto di tipo tensivo, psicogeno, cronico. «Durante la terapia i
pazienti imparano a riconoscere i fattori cognitivi e comportamentali che provocano la comparsa della
cefalea o il suo peggioramento e a gestirli», spiega Barbanti. Questo tipo di trattamento, che in genere
richiede da tre a 12 o più sedute, viene di solito associato alle tecniche di rilassamento e al biofeedback.
Ipnosi. Se pensi che sia praticata solo dai maghi in televisione ti sbagli. Da molti anni, infatti, è stata provata
la sua efficacia nel contrastare alcuni disturbi tra i quali il mal di testa. «Vari studi hanno dimostrato che
attraverso l'ipnosi si riesce a resistere meglio al dolore, probabilmente grazie a un aumento delle endorfine,
gli analgesici naturali prodotti dall'organismo», spiega Allais. Le sedute, il cui numero varia in base al tipo di
problema e alla reazione alla terapia, durano circa 45 minuti e sono a cadenza settimanale. Puoi trovare gli
specialisti sul sito della Società italiana di terapia comportamentale e cognitiva (www.sitcc.it). Per l'ipnosi,
l'unica struttura pubblica in Italia con ipnoterapeuti specializzati in mal di testa è il Centro interdipartimentale
di ricerca per lo studio e per la terapia del dolore del Policlinico di Milano (tel. 02.55035518).
MANIPOLAZIONI Le manipolazioni risultano efficaci nella terapia della cefalea di tipo tensivo, in particolare
nella forma cronica. Spesso vengono prescritte nella profilassi dell'emicrania, quando accompagnata da
dolori al collo. Ecco le principali tecniche. Osteopatia. «La disciplina considera l'organismo nella sua
globalità e non si concentra solo sulla parte dolorante», dice Saverio Colonna, direttore della scuola
Osteopathic Spine Center Education di Bologna e presidente dell'Associazione medici osteopati italiani.
«Grazie a manipolazioni dolci, viene favorito il ripristino della mobilità generale e localizzata, in particolare
della regione cranio-cervicale. Questa tecnica non si limita al miglioramento dei sintomi, ma concorre a
risolvere le cause disfunzionali delle cefalee». Le sedute, di numero variabile, durano un'ora circa e hanno
frequenza settimanale o quindicinale. Per avere i nominativi degli osteopati puoi contattare l'Associazione
medici osteopati italiani ([email protected]). Shiatsu. È un'antica tecnica giapponese che prevede una pressione
forte ma non dolorosa per mezzo delle dita o dei palmi delle mani su precise parti del corpo, ed è efficace
anche per il mal di testa dei bambini. «Lo shiatsu aiuta ad allentare le tensioni nei muscoli contratti del capo
e della parte superiore del collo e a ossigenare meglio i tessuti», dice Fulvio Palombini, docente di
fisioterapia all'Università La Sapienza di Roma e titolare dello Studio Palombini, che ha portato in Italia lo
shiatsu nel 1979. Per avere effetti duraturi occorrono almeno dieci sedute, della durata di 30-60 minuti a
seconda del tipo di trattamento. Per scegliere un professionista qualificato, telefona all'Ais, Associazione
italiana shiatsu (tel. 06.3201908; 06.3201822) o consulta il sito della Federazione italiana shiatsu
(www.fis.it).
Lo yoga riduce l'intensità del dolore Secondo recenti studi, praticare lo yoga fa salire i livelli di un
neurotrasmettitore cerebrale chiamato Gaba, che migliora la resistenza allo stress, spesso causa del mal di
testa. «Lo yoga è utile soprattutto contro le cefalee tensive», spiega Fulvio Palombini, docente di
fisioterapia alla Sapienza di Roma. «Per prevenire gli attacchi, si possono praticare tecniche di
rilassamento e respirazione che aiutano a decontrarre la muscolatura e a sbloccare il diaframma, spesso
rigido in reazione all'ansia». Diverso il caso dell'emicrania. «I risultati empirici dimostrano che il corretto
equilibrio neurovascolare favorito dallo yoga può, in alcuni casi, ridurre il dolore, ma ancora non è chiaro il
meccanismo tramite il quale ciò avvenga», dice Palombini. Durante un mal di testa molto forte, però, è
opportuno non eseguire alcun tipo di attività. Se l'attacco è di media intensità, meglio evitare movimenti
troppo vigorosi, specie quelli che implicano posizioni a testa in giù. Lo yoga, proposto sotto forma di gioco,
è adatto anche per combattere il mal di testa dei piccoli. Per trovare gli operatori, consulta i siti www.
yogaitalia.org e www. iyengaryoga.it.
30/03/2016
Pag. 21
LIGURIA SANITA'
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L'intervista
"È la frontiera del disagio serve una rete sul territorio"
Moscatelli, presidente della Medicina di Ermegenza: "Vengono anziani e persone sole"
(g.filetto)
I pronto soccorso sono diventati l'ultima frontiera. O meglio, l'avamposto della sanità. «La situazione attuale
soffre alcuni aspetti - spiega Paolo Moscatelli, primario all'ospedale San Martino di Genova, nonchè
presidente della Società Italiana Medicina di Emergenza ed Urgenza fino allo scorso 31 dicembre - il primo
è la crescita sui pronto soccorso del carico socio-assistenziale; o di pazienti con problemi di salute e
difficoltà nella gestione domiciliare, sia di tipo economico, sia sociale». Ovvero? «O sono soli in casa,
oppure in famiglia vi sono altre persone che hanno problemi e non sono in grado di farsene carico, quindi
questi problemi gravano sulle strutture di emergenza e talvolta è difficile intercettarli». Qual è il rimedio? «In
questo momento la priorità è di rafforzare gli interventi sul territorio, in modo da evitare che i tanti problemi
di salute gravino sulle strutture di emergenza. Che già per quanto riguarda ictus, infarto e traumi sono ai
massimi livelli europei». In che modo bisogna rafforzare gli interventi? «Per i malati dimessi dagli ospedali
si crei un supporto tale da evitare che ritornino ai pronto soccorso». Quale? «Da un lato bisognerebbe che
la rete delle strutture post-acute fosse rafforzata sul territorio: le Rsa post-acuti, tutte le strutture residenziali
con minore intensità di cura (tipo l'ex ospedale di Recco, del quale si sta decidendo quale sarà la funzione
futura: se mantenere la sua vocazione sanitaria, oppure riconvertirla al sociale), le strutture di
convalescenza». Questo è il primo aspetto. Il secondo qual è? «L'integrazione a livello di territorio nella
gestione dei malati terminali (che sono tanti e su un bacino molto disperso), attraverso il rafforzamento
delle cure palliative a domicilio. Infatti, c'è un versamento di pazienti oncologici, che sopravvivono sempre
di più. Esistono già ottime strutture sia a livello delle Asl, sia pubbliche-private (tipo la Gigi Ghirotti), ma
occorre ulteriormente rafforzarle». Rimane la corsa agli ospedali nei fine settimana. «Non tanto il sabato e
la domenica, quanto il lunedì assistiamo ad un massiccio afflusso, tanto che al "San Martino" abbiamo
rafforzato la presenza assistenziale proprio ad inizio settimana. Talvolta i pazienti riferiscono difficoltà di
comunicazione con il medico di base, spesso, però, non viene neppure contattato». Dal venerdì sera al
lunedì mattina il medico di famiglia non c'è... «Il lunedì il medico riprende servizio. Vuol dire che
bisognerebbe presentare i problemi di salute prima al medico di famiglia, piuttosto che all'ospedale».
Foto: MOSCATELLI Paolo Moscatelli primario a San Martino e presidente di Simeu
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 31/03/2016
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31/03/2016
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diffusione:7210
tiratura:15808
Endometriosi, anonimato e pregiudizi
La Commissione pari opportunità propone l'istituzione di un registro sulla malattia
ROSALBA CORONATO
"PREVENIRE è meglio che curare". Tante volte si sente pronunciare questo aforisma a proposito di
malattie note come ilcancro, il diabete e altre patologie. Ma cosa accade quandosi parla di unmale, solo
femminile, e poco noto a medici e pazienti, quale l'endometriosi? Ciò è quello di cuisi è discusso, mercoledì
30 marzo, alla presenza di Angela Blasi (Presidente della Commissione regionale per le parità e le pari
opportunità tra uomo e donna) e Flavia Franconi (Assessore alla Salute e Sicurezza), presso la Sala A del
Consiglio regionale. L'endometriosi consiste nella formazione e crescita di tessuto endometriale al di fuori
dell'utero, in particolare nella cavità pelvica e nelle ovaie (sebbene possa verificarsi anche in altre parti del
corpo), causando gravi crampi con sanguinamento irregolare. I sintomi principali sono il dolore cronico
durante il ciclo mestruale, che si riesce a placare esclusivamente con potenti antidolorifici. Molte donne si
accorgono di soffrire di questa patologia solo quando desiderano una gravidanza e non ci riescono. Pur
essendo, infatti, una malattia molto diffusa - colpisce tre milioni di donne solo in Italia - in poche sanno di
esserne affette. Si parla, non a caso, di un ritardo di nove anni tra la comparsa dei primi sintomi e la
diagnosi. «Per questo motivo, il 19 marzo 2016 - sot tolinea Blasi -si è celebrata la terza Giornata Mondiale
sull'Endome triosi, tra pregiudizio e scarsa conoscenza. Si parla, infatti, di una malattia progressiva e
invalidante, per la quale molte pazienti non riescono a ricevere una diagnosi corretta e a essere
adeguatamente assistite». A ciò si aggiunge un'al tra aggravante: il Senato ha riconosciuto questo male,
poco noto a molti, come malattia sociale ma non invalidante (la proposta è ancora all'esame dell'ufficio
legislativo del Ministero della Salute per un approfondimento tecnico). Al momento, quindi, tutte quelle
donne che hanno avuto la fortuna di avere una diagnosi precoce e tempestiva devono pagare esami e
farmaci, senza alcun aiuto economico da parte dello stato. «Per questo preciso motivo, la Crpo -sottolinea
Blasi - propone di istituire un Registro Regionale dedicato all'endo metriosi. La raccolta e l'analisi dei
daticlinicie socialipermetterà,infatti, di stabilire appropriate strategie di intervento, di monitorarne
l'andamento e la ricorrenza, di rilevare le eventuali complicanze e di mettere in atto strategie di prevenzione
primaria. Il Registro - ag giunge l'assessore Franconi - ri porterà i casi di endometriosi, il numero di nuovi
casi registrati annualmente e rappresenterà statisticamente l'incidenza della malattia sul territorio regionale,
anche in rapporto alle aree geografiche».
Foto: La conferenza di ieri (Mattiacci)
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 31/03/2016
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Blasi: «Malattia invalidante. Molte pazienti non riescono a ricevere una diagnosi corretta»
01/04/2016
Pag. 23 Ed. Agrigento
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tiratura:33816
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CONVEGNO DELL'AUTO MUTUO AIUTO
Un convegno nazionale sulla medicina palliativa
Il tema dei lavori è «Accogliere, ascoltare, accompagnare per rinascere insieme»
Accogliere, ascoltare, accompagnare per rinascere insieme. E' questo il titolo del XIV convegno nazionale
dell'Ama (auto mutuo aiuto) sulla medicina palliativa che quest'anno si terrà ad Agrigento. L'appuntamento
è in programma oggi, domani e domenica al Grand hotel Mosè. Del coordinamento nazionale Ama, da due
anni, fa parte anche l'associazione Pallium di Agrigento, presieduta da Gerlando Amato, che si occupa di
contribuire a lenire le sofferenze fisiche, psichiche e spirituali degli ammalati terminali e assiste fino
all'ultimo istante i parenti continuando anche dopo la morte con un gruppo di auto-mutuo aiuto per
l'elaborazione del lutto. Il convegno vuole affrontare temi che riguardano la perdita di un caro e come poter
superare il momento critico. «Ai partecipanti - spiega Gerlando Amato -viene offerta un'occasione di
approfondimento, per comprendere, riflettere sui fattori che facilitano l'espressione del dolore, necessaria
per poter elaborare e superare un lutto. Il convegno è un'occasione per rinsaldare i rapporti tra persone e
associazioni che da tempo si incontrano per condividere esperienze e bisogni». Alla tre giorni parteciperà,
tra gli altri, il direttore dell'unità operativa «Hospice» dell'ospedale «San Giovanni di Dio» di Agrigento,
Geraldo Alongi. «Occorre un impegno persistente e quotidiano - afferma Alongi - affinché la visione delle
cure palliative come quell'insieme di trattamenti mirati solo a un effimero sollievo nella fase cosiddetta della
terminalità sia definitivamente superata. Guardando al futuro e alle nuove frontiere da valicare insieme,
numerose sono le sfide che ci attendono». VALENTINA ALAIMO
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 01/04/2016
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01/04/2016
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Nasce una rete nazionale per la terapia del dolore e delle cure palliative
PONTEVICO (bnj) Ha mantenuto la parola data Giacomo Bazzoni, dopo essere stato nominato tesoriere di
Federsanità Anci, il quale aveva affermato di voler portare avanti il prestigioso incarico conservando
sempre la massima attenzione verso Pontevico. Il primo documento ufficiale firmato da Bazzoni in qualità di
nuovo tesoriere consiste in un accordo attraverso il quale Federsanità si fa promotrice di un network per la
costituzione di una «Rete nazionale per la terapia del dolore e delle cure palliative». Una collaborazione
capitanata appunto da Federsanità, ma sostenuta in modo integrato dalle realtà attive sul territorio e dalle
risorse disponibili. Tutto questo per promuovere diverse attività e sostenere le persone che si trovano a
vivere un momento del tutto particolare come quello del dolore. «Si tratta di un progetto che potrà aiutare
tante persone che soffrono e le loro famiglie» ha raccontato il tesoriere Bazzoni e ha aggiunto: «Quando si
ha a che fare con questa fase della vita e con la necessità di offrire cure che saranno solamente palliative
entrano in campo tanti fattori che devono essere vicine ai pazienti nel modo più completo. Proprio per
questo è necessario fare un gioco di squadra. Questo lo sa molto bene Federsanità che ha voluto
concludere questo accordo. Posso dire che la mia voglia di ricordarmi di Pontevico anche in questa nuova
veste nazionale ha trovato la sua testimonianza più eloquente già da questo primo atto che ho seguito
come tesoriere. Un documento naturalmente di carattere nazionale ma che ha avuto subito un riflesso
positivo specifico anche sulla comunità pontevichese».
TERAPIA DEL DOLORE - Rassegna Stampa 01/04/2016
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PONTEVICO A firmare il documento è il tesoriere di Federsanità Giacomo Bazzoni, l' accordo avrà come
protagoniste le realtà del territorio
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