Giornalino dell’Associazione Astrofili Agordini “Cieli Dolomitici” anno 2006 N°7
La Luna spunta dal Sorapis innevato e illuminato dall’ultimo Sole. Uno dei fantastici spettacoli che
regalano i cieli dolomitici. ( Foto Claudio Pra dal Nuvolau )
Sommario:
Editoriale
di Claudio Pra pag. 2
Solitudine
di Alvise Tomaselli pag. 3
Quando i bambini fanno ooh!
di Eva Gabrieli pag. 5
Meteoriti ed estinzioni di massa
di Alberto Bertini pag. 6
La sfericità della Terra da Parmenide ad Aristotele
di Andrea Cibien pag. 7
Astrotest pag.8
Lo spazio...del sorriso pag. 8
Astrofili senza strumenti
di Claudio Pra pag. 9
Curiosando
di Alvise Tomaselli pag. 11
L’ombra e il tempo
di Tomaso Avoscan pag. 12
Astronomia in volo
di Mirco Nadalet pag. 14
Gli astrofili di “Cieli Dolomitici” pag. 15
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Claudio Pra:
e-mail : [email protected]
Telefono: 0437/523186
Indirizzo: via Saviner Di Calloneghe 22 32020
Rocca Pietore (Bl)
Sito internet dell’Associazione:
www.cielidolomitici.it
e-mail
[email protected]
WEBMASTER Andrea Cibien
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EDITORIALE
di Claudio Pra
Queste righe non vogliono essere esaustive o prendere posizione sulle ultime vicende burocratiche che hanno
“sconvolto” il sistema solare (per questo ci sono altre fonti molto più autorevoli da consultare), vogliono inveinvece rimarcare la gran confusione (come al solito quando si parla di astronomia) che si è creata seguendo
l’informazione data in proposito da gran parte di tv, radio e giornali.
Dunque, quanti di voi hanno capito qual è oggi il numero di pianeti che orbita intorno al Sole? Mi metto nei
panni di chi non segue con attenzione le vicende astronomiche documentandosi da fonti attendibili e quel poco
che sa lo ha sentito da tv, radio e giornali (che dovrebbero essere attendibili ma spesso non lo sono). Sicuramente ci sarà anche un cospicuo numero di persone assolutamente ignare di tutto, ferme ai nove pianeti di cui
ha sentito parlare a scuola (Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano, Nettuno e Plutone in rigoroso ordine di distanza dal Sole).
Così era fino a pochissimo tempo fa, poi la rivoluzione. Rivoluzione comunque annunciata da quando è stato
scoperto un corpo più grande (chiamato in seguito Eris) del pianeta nettamente più piccolo (Plutone). Il fatto
che Plutone fosse considerato pianeta era già tema di discussione da tempo perché in molti, per diversi motivi,
lo consideravano un asteroide. Ora è chiaro che se il confine da superare per diventare pianeta erano le dimensioni di Plutone (ed era così ) il nuovo oggetto scoperto doveva considerarsi pianeta per forza essendo più grande.
Già da diversi anni si stavano scoprendo asteroidi di dimensioni rilevanti oltre l’orbita di Plutone, inferiori
però, seppure di poco, al piccolo pianeta. Era nell’aria la scoperta, poi avvenuta, di qualcosa di dimensioni
maggiori e c’è chi scommette sull’ esistenza di corpi ancora più grandi non ancora individuati.
Così la scoperta di Eris ha riaperto la discussione sulla definizione di pianeta. Declassare Plutone ad asteroide
comunque significava mettere un freno al probabile proliferare di pianeti.
Sette grandi esperti sono stati incaricati di trovare una nuova definizione di pianeta e il documento, una volta
pronto, è stato discusso da astronomi di tutto il mondo riuniti in assemblea a Praga.
In pratica i sette saggi, con la definizione trovata, confermavano nel ruolo di pianeta tutti e nove quelli già definiti come tali fino ad ora, compreso quindi Plutone e al contempo ne promuovevano altri tre: Cerere
(l’asteroide maggiore della fascia principale), Caronte, (una luna di Plutone) e il responsabile della rivoluzione,
Eris, portando il totale (probabilmente provvisorio) a dodici.
I mass media hanno riportato come ufficiale la notizia dell’incremento di pianeti da nove a dodici, dando per
scontato che l’assemblea approvasse la risoluzione, invece a Praga si è deciso diversamente, molto diversamente. La grande maggioranza dei presenti ha rifiutato la nuova definizione votandone una diversa in base alla quale avevano i requisiti per mantenere il rango di pianeta Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano
e Nettuno. Declassato Plutone e bocciato Eris. I due corpi, insieme a Cerere venivano definiti pianeti nani e
andavano a costituire una nuova classe di oggetti differenti dai pianeti veri e propri. Caronte infine tornava una
Luna di Plutone.
A questo punto abbiamo quindi ufficialmente solo otto pianeti nel sistema solare, ma le polemiche non mancano e la vicenda promette ulteriori sviluppi.
Purtroppo alla importantissima, anzi storica conclusione della vicenda, non è stata data importanza o comunque
non è passata con l’enfasi riservata alla precedente a questo punto errata. Forse i giornalisti della disinformazione erano impegnati a chiedere all’astrologo di turno quali influenze avrebbero avuto sulla nostra vita i tre
nuovi corpi poi bocciati. Così saranno in moltissimi a credere che oggi i pianeti del sistema solare siano di più
(dodici) ignorando che sono di meno (otto).
Plutone, scoperto da
Clyde Tombaugh nel
1930, non è più un
pianeta bensì un pianeta nano, categoria
separata ed autonoma
(comprendente anche
Cerere ed Eris) che
non ha quindi niente
a che fare con i pianeti veri e propri .
A questo punto nel
sistema solare ci sono solo otto pianeti .
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SOLITUDINE
di Alvise Tomaselli
Carico tutto l’occorrente in macchina con automatismi che sono un’abitudine, non devo dimenticare
nulla, la torcia rigorosamente a luce rossa che non abbaglia, vestiti pesanti , il treppiedi con il binocolone 20 X 90 che ricorda molto quelli utilizzati nella prima guerra mondiale in prima linea per studiare
le mosse del nemico, poi carta e matita per gli appunti (la penna no, l’inchiostro congela dopo pochi
minuti), la macchina fotografica digitale con treppiedi nella la speranza di poter fare qualche foto interessante.
Arrivo nei pressi del sito osservativo, parcheggio l’auto e inizio a trasferire il materiale nel luogo dove
trascorrerò la nottata. Il cielo è già un brulicare di stelle, uno spettacolo. Non c’è mai una replica in
cielo…è sempre una prima visione.
A fondo valle luci diffuse spediscono in cielo scampoli di “civiltà”, il silenzio è interrotto da rombi di
motori, c’è chi si diverte a liberare tutti i cavalli di un’auto…inizio la ricerca di alcuni oggetti di facile
individuazione, qualche nebulosa famosa, ammassi globulari e ammassi aperti particolarmente belli
e brillanti: le Pleiadi, le Iadi nel Toro, la grande nebulosa di Orione, l’ammasso globulare M35 nei
Gemelli...
Un brivido mi corre lungo la schiena, la luce che arriva dentro gli oculari dello strumento è partita da
quegli oggetti centinaia o migliaia di anni fa…ogni puntino luminoso rappresenta un riferimento preciso della sia pur breve storia dell’uomo sulla Terra. La luce partiva da quel profondo buio quando Galileo osservava lo stesso cielo da Padova con il suo strumento autocostruito, e ancora prima, quando
l’imperatore Giulio Cesare partiva alla conquista dell’Europa e quando ancora l’uomo non aveva colonizzato il pianeta ma vi erano solo animali giganti che brucavano in foreste ormai estinte. Luce che
ha viaggiato per migliaia di miliardi di chilometri.
Ma tutte queste brillanti presenze non si fermano dentro i grandi tubi del binocolo, vanno oltre questo
pianeta, incontreranno altri spazi, altre galassie e forse prima o dopo andranno a formare immagini
dentro allo strumento di qualche abitante di chissà quale mondo…
Rumori inquietanti mi accompagnano, sono i fruscii della notte, qualche foglia che cade, un ramo
spezzato, furtivi e veloci animali notturni che
mi fanno sobbalzare, il sordo rumore di rocce
che cadono dalle vicine cime e rumoreggiano
in tetri canaloni. Non so se la solitudine ha un
sapore diverso per ognuno di noi ma non ha
paragoni quando si osserva verso l’esterno,
oltre il quotidiano orizzonte.
Ogni volta che osservo oggetti che ho già visto
decine di volte trovo sempre qualcosa di nuovo, di interessante, magari è sufficiente un
profilo di qualche cima in primo piano, una
boscosa forcella, una croce in vetta. Vorrei
condividere queste finestre sul cielo con le
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persone più care con gli amici più sinceri...
Le costellazioni che erano in alto e facevano mostra di se, ora, stanno tramontando oltre il profilo di
cime che hanno fatto la storia dell’alpinismo delle nostre valli. Alla base delle vette le luci gialle di
sonnacchiosi paesi…ma qualcuno cantava che lo spettacolo va avanti (show must go on...) e allora
volgo lo sguardo ad est ed ecco apparire nuova linfa per chi vuole scandagliare il cielo alla ricerca
dei frutti migliori…
Annoto con sintesi e precisione ciò che osservo, le mani sono gelate e fatico ad impugnare la matita,
ogni tanto devo riscaldarmi scuotendomi in maniera energica, anche i piedi iniziano a dare segni di
insofferenza. Quando mi avvicino agli oculari del binocolo il vapore del fiato si deposita sulle le lenti
così sono costretto a sospendere spesso le osservazioni. Forse è giunto il momento di interrompere
e caricare tutto in auto con attenzione per non dimenticare nulla e poi entrare in casa in punta di piedi per non svegliare nessuno. Anche questa volta ho portato a casa qualche pezzo di questo cielo
che ci avvolge, che ci fa girare incessantemente, nel buio denso di una notte di fine inverno….
ATTIVITA’ 2006
6/1 Caviola: LA BEFANA CON LA LUNA (osservazione telescopica del primo quarto di Luna)
22/3 S. Tomaso: SERATA DEDICATA AGLI ASSOCIATI
29/3 Istituto U. Follador di Agordo: OSSERVAZIONE DELL’ECLISSE (osservazione telescopica dell’eclisse
parziale di Sole)
27/5 Agordo: METEOROLOGIA E CAMBIAMENTI CLIMATICI (conferenza con il meteorologo Gianni
Marigo)
28/6 S. Tomaso: SERATA DEDICATA AGLI ASSOCIATI
2/8 Agordo: OSSERVAZIONE DELLA LUNA DAL BROI (annullata per cielo coperto)
5/8 Caviola: OSSERVAZIONE GIOVE E PROIEZIONI
29/8 Agordo: LE MERAVIGLIE DEL CIELO (conferenza con proiezioni)- CLIMBERS OF THE SKY
(proiezione)
27/9 S. Tomaso: SERATA DEDICATA AGLI ASSOCIATI
27/12 S. Tomaso: SERATA DEDICATA AGLI ASSOCIATI
LA BIBLIOTECA DELL’ASSOCIAZIONE
Tra le opportunità offerte ai soci di “Cieli Dolomitici”c’è quella di poter accedere alla biblioteca
dell’Associazione. Il 2006 è stato il primo anno in cui ciò è potuto avvenire grazie alla disponibilità di
Rosanna Avoscan che ha accettato di prendersi l’incarico di gestrice. Nella busta che avete ricevuto, in
cui era contenuta anche la tessera 2006, una lettera ricordava le varie opportunità offerte ai soci tra cui
appunto questa. Peccato che a tutt’oggi nessuno l’abbia sfruttata. La biblioteca è ben fornita (oltre a
molti libri e riviste ci sono anche videocassette e DVD) ed è auspicabile che in futuro un buon numero di
persone se ne servano. Ricordiamo che per accedere alla biblioteca bisogna contattare Rosanna allo
3288220252 per fissare un appuntamento oppure partecipare alle serate dedicate agli associati .
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QUANDO I BAMBINI FANNO OOH!
di Eva Gabrieli
Anche quest’anno, dal punto di vista meteo, la stagione estiva non è stata molto favorevole per noi astrofili e
molte serate organizzate dall’Associazione per osservare il cielo sono state annullate proprio perché le nuvole
la facevano da padrone. Ciò nonostante, qualcosa siamo riusciti a fare e io ci terrei a raccontare una bella esperienza vissuta in prima persona.
Tutto è nato da un’idea di Don Alberto Ganz, mio caro amico nonché responsabile dei campeggi estivi dei ragazzi delle elementari e delle medie.
Mi raccontò che capitava spesso, durante le calde serate estive trascorse in montagna, di uscire con i ragazzi e
di ritrovarsi tutti assieme a scrutare il cielo stellato. In quei momenti, inevitabilmente, gli venivano poste un
sacco di domande su quella miriade di puntini, quesiti ai quali talvolta, aveva difficoltà a rispondere.
Così, conoscendo la mia passione per l’astronomia e la mia attiva partecipazione in “Cieli Dolomitici”, mi propose di fare una serata per ogni turno di campeggio durante la quale avrei dovuto spiegare, molto semplicemente, ciò che si vede in una serena notte d’estate, quando si volge lo sguardo verso l’alto.
Se devo essere sincera la cosa mi spaventava non poco; non mi sentivo proprio all’altezza di fare la “maestrina”
di una materia che non avevo molto approfondito. Le mie conoscenze erano più che altro riferite
all’osservazione diretta del cielo.
D’altro canto, non mi andava di scaricare anche questo impegno ai sempre volenterosi Claudio ed Alvise. Facendomi coraggio decisi di “scendere in campo”, come si dice di questi tempi e mi presi la responsabilità di
condurre due delle tre serate, precisamente quelle dedicate ai bambini delle elementari.
Alberto mi tranquillizzò, dicendomi che non doveva essere una lezione impegnativa e complicata, ma una semplice descrizione delle stelle e delle costellazioni tipiche del cielo estivo.
La prima parte si sarebbe svolta all’interno, dove avrei illustrato quello che poi, tempo permettendo, si sarebbe
osservato fuori.
Preparai così un cartellone con disegnate le costellazioni del Cigno, dell’Aquila e della Lira. Poi il Grande e
il Piccolo Carro con la Stella Polare, per spiegare come individuarla facilmente. Speravo in questo modo di
riuscire a catturare l’attenzione, non volevo farla diventare una serata pallosa…
Arrivò il fatidico giorno e dopo le dovute presentazioni, iniziai. Contro ogni previsione i bambini rimasero in
silenzio ed attenti. Capii anche che l’argomento li aveva incuriositi molto dalle numerose domande intelligenti
e pertinenti che mi posero.
Ci furono anche momenti di ilarità come ad esempio quando scoprirono che c’è una stella che si chiama Arturo ed una bimba disse di avere un gatto con lo stesso nome; oppure quando, guardando il cartellone, constatarono che le costellazioni a tutto assomigliano tranne che all’oggetto o all’animale di cui portano il nome.
Entrambe le serate ebbero questo preambolo ma purtroppo, causa le solite nuvole, solo in una delle due i bambini poterono vedere con i loro occhi ciò di cui avevo lungamente parlato.
In quell’occasione ci fu grande entusiasmo, specie quando finalmente riuscirono a trovare la Stella Polare e
quando scoprirono che è possibile vedere facilmente ad occhio nudo Giove, uno dei pianeti del nostro Sistema
Solare.
Nei giorni seguenti Alberto mi raccontò che l’esperienza era piaciuta. Il cielo stellato, un patrimonio di tutti
purtroppo spesso dimenticato, aveva colpito.
Questo non poteva che rendermi felice, felicità che andava ad aggiungersi a quella già grande mista a soddisfazione che avevo provato nelle due serate passate nel campeggio leggendo la curiosità e l’interesse sul viso di
quei bambini.
Inoltre, ulteriore motivo di gioia, è anche la consapevolezza di essere stata di aiuto alla nostra Associazione ed
è anche per questo motivo che ho voluto raccontare questa esperienza.
Mi piacerebbe inoltre, che potesse servire d’esempio a tutti quegli associati che vorrebbero rendersi utili in
qualche modo, ma che per vari motivi ( timidezza o paura di non essere all’altezza), non si fanno avanti.
Non serve avere chissà quali capacità, basta un pizzico di coraggio e un po’ di buona volontà. L’Associazione
non può continuare ad esistere solo grazie all’impegno di tre o quattro elementi.
E’ con la collaborazione di tante persone che si realizzano i grandi progetti.
SI VOTA IL NUOVO DIRETTIVO
A breve la nostra Associazione voterà il nuovo direttivo. Basandosi anche sull’esperienza di altre associazioni temiamo che questo tipo di appuntamenti, per molti associati, sia un passaggio noioso a cui dare
scarsa importanza. Non è così, essendo l’elezione del gruppo guida uno dei passi fondamentali che segnerà il futuro. Chiaro anche che un ampia partecipazione al voto non potrà che responsabilizzare e stimolare chi sarà eletto. Invitiamo quindi tutti i soci a non disertare questa importantissima scadenza valutando anche se presentare la propria candidatura. Nel caso vi invitiamo a contattarci per tempo in modo
da essere inseriti nella lista.
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METEORITI ED ESTINZONI DI MASSA
di Alberto Bertini
Da anni geologi ed astronomi di tutto il mondo cercano di studiare le cause delle grandi estinzioni, chiamate
estinzioni di massa, che hanno coinvolto molte specie marine e terrestri sul pianeta Terra.
Tra queste ricordiamo le più importanti che sono note a moltissime persone perché sono spesso chiamate in
causa per aver provocato la fine dei dinosauri e di altri esseri viventi e sono quelle frequentemente descritte da
documentari, articoli su riviste scientifiche, ecc.: la prima risale a circa 251-250 milioni di anni fa, al passaggio
tra il periodo geologico chiamato Permiano ed il successivo, il Triassico. La seconda è avvenuta circa 65 milioni di anni fa al confine tra il Cretaceo e l’era cenozoica. Sono le due più studiate perché con la prima scomparve forse il 90% delle specie viventi e con la seconda si estinsero, tra gli altri, i dinosauri e le ammoniti, fossili
conosciuti da tutti.
Tralasciando quindi gli studi sulle altre grandi estinzioni succedutesi nelle ere geologiche passate, soffermeremo la nostra attenzione su queste due, cercando di capire come si è arrivati a formulare teorie che chiamano in
causa corpi dallo spazio, meteoriti o comete scontratesi con il nostro pianeta.
Estinzione Permiano-Triassico ( circa 250 milioni di anni fa).
Si tratta della più grande estinzione della storia: si calcola che furono distrutte dal 70 al 90-95% delle specie
viventi sia sulla terraferma che marine. Sulla causa di questo avvenimento si dibattono da decenni schiere di
geologi e di astronomi. Sono state pubblicate varie spiegazioni che consistono sia in cause interne alla Terra
che esterne, come l’impatto di meteoriti.
Per anni si è pensato che il frammentarsi dei continenti ( fenomeno poi interpretato come “Tettonica a zolle”)
con riduzione di spazi vitali e nuovi margini continentali e la successiva ridistribuzione delle terre possa aver
provocato l’estinzione di molti generi e specie di organismi.
E’stato chiamato in causa anche l’idrogeno solforato ( per capirci quello che puzza di uovo marcio nelle sorgenti sulfuree) che deriverebbe dalla decomposizione di organismi marini morti in acque profonde che si sarebbero mescolate con quelle superficiali che non avrebbe lasciato scampo agli animali che sfruttano l’ossigeno
per vivere.
Recentemente, però, si è fatta strada l’ipotesi che a provocare questa grande estinzione possa essere stato un
meteorite. Come si è arrivati ad una tale affermazione?
Qui entra in gioco una molecola scoperta nel 1983 da tre scienziati, che riceveranno nel 1986 il Premio Nobel
per i loro studi: essi vaporizzarono un pezzetto di grafite ( si tratta di una comune forma di carbonio) con il
laser per studiare gli effetti del carbonio in condizioni estreme e scoprirono una forma particolare di quella sostanza formata da 60 atomi di carbonio disposti in una struttura a pentagoni ed esagoni simile a quella delle
coperture di campi da tennis, stadi, padiglioni, ecc. Ebbene questa molecola, a cui venne dato il nome di Fullerene, resiste a condizioni estreme di pressione e temperatura ed è stata scoperta per la prima volta nel 1969 in
un meteorite di circa cinque miliardi di anni fa e successivamente in altre formazioni geologiche terrestri. Una
caratteristica sorprendente è che al suo interno possono restare intrappolati gas di origine extraterrestre ( come
l’argo o l’elio) che possono poi essere studiati in laboratorio. Proprio queste due sostanze sono state trovate
negli anni scorsi in rocce aventi un’età di circa 250 milioni di anni, e quindi perfettamente correlabili all’evento
catastrofico che segna la fine dell’era paleozoica e l’inizio di quella mesozoica.
Certo un meteorite tale da provocare una estinzione di tale portata doveva avere dimensioni gigantesche: oggi
sappiamo che i continenti a quei tempi erano in posizioni completamente diverse da oggi, in particolare erano
tutti uniti a formare un unico supercontinente chiamato Pangea ed iniziavano proprio in quel periodo a suddividersi in due continenti, uno settentrionale detto Laurasia, ed uno meridionale il cui nome era Gondwana. Nonostante le successive trasformazioni operate dalla tettonica a zolle o dall’erosione, oggi dovremmo comunque
avere delle tracce di questa collisione. Per anni gli scienziati hanno cercato prove, analizzando rocce, minerali,
foto da satellite ecc. alla ricerca del grande cratere. Alcuni anni fa venne ipotizzato il luogo dell’impatto in una
struttura circolare nel continente australiano, compatibile per dimensioni ed età, a detta degli scopritori, con un
evento alla fine del periodo permiano. Dopo varie ed accese discussioni, gli studiosi non giunsero ad alcun risultato definitivo.
E’ di giugno del 2006 la notizia di un'altra località, precisamente sotto il continente antartico, dove potrebbe
essere caduto il meteorite killer. Il diametro del cratere dovrebbe essere di circa 450-480 chilometri e secondo
l’autore della scoperta, Ralph Von Frese dell’Università dell’Ohio, questo impatto potrebbe essere stato il responsabile della separazione dell’Australia dal supercontinente Gondwana. E’ interessante capire come uno
scienziato possa aver scoperto una tale struttura sepolta sotto migliaia di metri di ghiaccio. Bisogna rifarsi alla
geologia planetaria ed ai dati inviati dai satelliti in orbita attorno ai corpi del sistema solare: i dati che ci riguardano derivano dal satellite della Nasa Grace. Gia da tempo si sa, studiando le fluttuazioni del campo gravitazionale messe in luce dai satelliti, che esistono delle formazioni geologiche sepolte a differente densità rispetto
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alla crosta: sono chiamate “mascons”. Ad esempio sulla luna varie sonde spaziali hanno trovato queste “ concentrazioni di massa”, appunto i mascons, in seguito a piccole variazioni dell’orbita delle stesse. Grace ha rivelato l’esistenza di rocce del mantello, la parte intermedia della Terra profonda circa 2900 chilometri separante il
nucleo dalla crosta, che sarebbero risalite in seguito all’impatto dell’asteroide. La densità delle rocce che formano il mantello terrestre è superiore a quelle della crosta e questo potrebbe aver creato quella anomalia della
forza di attrazione gravitazionale riscontrata sotto l’Antartide, nella zona chiamata Wilkes Land. Svelata quindi
l’origine della “madre di tutte le estinzioni”, come viene chiamata quella della fine del Permiano?
Le cose non sono però così semplici: infatti recenti studi effettuati da geologi europei ed americani nella zona
del Gartnelkofel nelle Alpi Carniche austriache e nella Val Badia mettono in discussione la teoria dell’asteroide
come causa dell’estinzione. Mancano quelle particelle, chiamate isotopi, di elio-3, di sicura fonte extraterrestre.
Gli autori spiegano poi che l’alta concentrazione di alcuni elementi di origine spaziale, l’iridio l’osmio ed il
platino, potrebbe essere messo in relazione alla natura dei sedimenti, depositati in condizioni di scarsa ossigenazione ( ambienti anossici) rilevati nelle due sezioni geologiche studiate.
La parola fine alle dispute sulle estinzioni non è quindi ancora stata scritta.
FINE PRIMA PARTE
GRANDI ASTRONOMI DEL PASSATO
LA SFERICITA’ DELLA TERRA DA PARMENIDE AD ARISTOTELE
di Andrea Cibien
Fu Parmenide (520-440 a.C.), seguace di Pitagora (571-496 a.C.), a ritenere per la prima volta che la Terra fosse sferica. Le sue motivazioni si basavano sull'idea che l'unica forma adatta a rimanere naturalmente in equilibrio fosse quella sferica. In quel tempo cominciava ad essere immaginabile che le stelle e gli altri corpi celesti
potevano continuare a percorrere orbite circolari sotto la Terra anche dopo il loro tramonto.
L'idea di una Terra sferica non venne però generalmente accettata fino all'epoca di Platone (427-348 a.C.). Egli
ne diede una dimostrazione filosofica: la Terra è sferica perché la sfera è la forma più perfetta per un corpo,
possiede la massima simmetria; perciò la Terra, che sta al centro dell'universo, deve essere sferica, sostenendo
anche che la Luna ricevesse luce dal Sole. Nonostante l'inconsistenza di questa dimostrazione, l'idea della sfericità della Terra fu universalmente accettata proprio per la grande fama che aveva Platone.
Aristotele (384-322 a.C.) dimostrò definitivamente che la forma della Terra è sferica facendo notare che, durante l'eclisse di Luna, l'ombra che la Terra proietta sul nostro satellite ha un contorno circolare.
Calcolo del raggio terrestre di Eratostene:
Il raggio della Terra è la distanza del centro della Terra dalla sua superficie al livello medio del mare. La Terra
non è una sfera perfetta ma piuttosto uno ellissoide appiattito in corrispondenza del Polo Nord e Sud, perció
chiamato anche sferoide oblato. La forma non perfettamente sferica della Terra comporta che il suo raggio varia a seconda di dove venga misurato.
Il matematico, geografo ed astronomo Eratostene (III secolo a. C.), era direttore della grande biblioteca di Alessandria d'Egitto quando formulò il metodo per calcolare le dimensioni della Terra nel 240 AC - 230 a.C. Dai
suoi studi era venuto a conoscenza del fatto che a Syene (l'attuale Assuan), a mezzogiorno del solstizio d'estate,
il Sole si trovava proprio sullo zenit, tanto che il fondo di un pozzo profondo ne veniva illuminato, perciò un
bastone piantato verticalmente in un terreno perfettamente pianeggiante non avrebbe proiettato alcuna ombra in
terra.
Invece ad Alessandria questo non succedeva mai, gli obelischi proiettavano comunque la loro ombra sul terreno.
Ciò era già una dimostrazione pratica della rotondità della Terra (come ampiamente dismostrato da Aristotele).
Eratostene perciò, per procedere con i suoi calcoli, ipotizzò la Terra perfettamente sferica ed il Sole sufficientemente distante da considerare paralleli i raggi che la investono. Inoltre assunse che Alessandria e Syene si trovassero sullo stesso meridiano.
Durante il solstizio d'estate calcolò l'angolo di elevazione del Sole ad Alessandria, misurando l'ombra proiettata
proprio da un bastone piantato in terra, ricavando approssimativamente un valore di 1/50 di circonferenza (cioè
7° 12'). La distanza tra le due città, basata sui trasferimenti delle carovane, era stimata in 5.000 stadia (circa 800
Km, tuttavia il valore preciso dello stadium, usato a quell'epoca ad Alessandria, non è attualmente conosciuto).
Perciò la circonferenza della Terra doveva essere di 50 * 5.000 = 250.000 stadia (circa 40.000 Km, valore straordinariamente vicino a quello ottenuto con metodi moderni: 40.075 Km). Una volta stabilito un valore per
essa, il raggio terrestre si ricavava dalla nota relazione che lega la circonferenza ed il suo raggio.
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Questo si che è un telescopio...
di marca
Vinette di Silvano Ganz
LO SPAZIO... DEL SORRISO
Risposte
1) Vero. Le quattro lune principali di Giove (Io, Europa, Ganimede e Callisto) e la maggiore di Saturno
(Titano) hanno dimensioni maggiori di Mercurio
2) Falso. La posizione del Sole si situa in un braccio della nostra galassia ed è quindi piuttosto decentrata rispetto al centro galattico
3) Falso. Non c’è nessuna relazione tra un determinato periodo e la presenza di comete, luminose o meno
4) Vero. Diventa però la terza se si prende in esame anche l’emisfero australe dove ci sono due stelle che la
battono: Sirio, e Canopo, le stelle alfa di Cane Maggiore e Carena
5) Falso. E’ Giove a possederne di più, esattamente 63. Saturno ne ha “solo” 56. Ma la lotta continua a colpi di
scoperte…
6) Falso. E’ stato un sovietico. Yuri Gagarin il 12/4/1961 orbitò intorno alla Terra a bordo della capsula Vostok
1 per un ora e quarantotto minuti
6) Il primo uomo a volare nello spazio è stato un americano
5) Saturno è il pianeta che possiede più lune
vero
vero
falso
falso
4) La rossa stella alfa del Bovaro, Arturo, è la più luminosa dell’emisfero boreale
3) Il periodo natalizio è il più favorevole per l’osservazione di comete luminose
2) Il Sole occupa una posizione centrale all’interno della Via Lattea
1) Nel sistema solare ci sono lune più grandi del pianeta Mercurio
vero
vero
vero
vero
falso
falso
Barra la casella che ritieni veritiera e poi controlla le risposte sotto
ASTROTEST
falso
falso
ASTROFILI SENZA STRUMENTI
di Claudio Pra
E’ possibile essere definiti astrofili se si osserva il cielo senza strumenti? Ancora; senza strumenti è pensabile
osservare qualcosa di interessante e appagante lassù? La risposta a entrambe le domande è un si convinto.
D’altro canto il cielo è stato osservato con profitto e meraviglia per un tempo lunghissimo a occhio nudo, ben
più di quei “miseri” quattrocento anni circa che ci hanno visto e ci vedono scrutarlo dapprima con rudimentali
cannocchiali e poi con telescopi sempre più sofisticati.
Dirò di più: anche il più evoluto astrofilo, quello che ha visto “tutto” o quasi, che è passato attraverso diversi
telescopi e magari ora ne possiede uno grande e sofisticato con cui ammira oggetti lontanissimi e debolissimi,
ecco, anche costui ogni tanto dovrebbe lasciare tutto in magazzino e uscire a guardare la volta stellata solo con i
propri occhi.
Sicuramente sono almeno due i vantaggi dell’osservazione senza strumenti: la comodità (non serve portarsi
niente, se non se stessi) e la possibilità di osservare amplissime zone di cielo, cosa che già con un piccolo binocolo ci è negata.
Naturalmente l’osservazione a occhio nudo dovrebbe anche essere quella che avvicina il potenziale appassionato al cielo, che glielo fa conoscere. Se son rose…sarà telescopio dopo qualche tempo!
Ma cosa si può osservare con i nostri occhi? Molto! Qui mi limito a ricordare alcune cose tralasciandone molte
altre per questioni di spazio e...memoria.
Voglio cominciare con le costellazioni, quelle figure formate da allineamenti immaginari tra stelle che con molta immaginazione (proprio molta) antichi osservatori (i nostri avi astrofili) hanno creato, ognuna con la sua
storia. Memorizzarne molte è difficile ma alcune, una volta riconosciute, non si scorderanno più e saranno,
oltre che fondamentale punto di riferimento per orientarsi, amiche che si incontreranno sempre volentieri e che
scandiranno lo scorrere delle stagioni.
Cinque pianeti del sistema solare sono tranquillamente visibili, chiaramente non dissimili dalle stelle. Alcuni
molto più luminosi della più luminosa stella (Venere, Giove e Marte in certe circostanze) e quindi piuttosto
facilmente riconoscibili. Mercurio non è facilissimo da localizzare, nascosto quasi sempre tra i bagliori del Sole
da cui emerge in rari momenti. Sono poche le occasioni in cui si può scorgerlo senza molte difficoltà e andranno sfruttate. Saturno non raggiunge mai la luminosità degli altri, ma con esperienza lo si saprà comodamente
rintracciare.
Bello e suggestivo sarà anche seguire i movimenti tra le stelle di questi corpi, non a caso chiamati “erranti”
dagli antichi (termine da cui deriva pianeta). Alcuni saranno veloci, altri meno. In ogni caso li vedremo sfilare
attraverso o nei pressi delle costellazioni zodiacali, seguendo un sentiero ben preciso.
Bellissimo osservare l’incontro fra due di loro (più raro che l’appuntamento si estenda a tre o più, ma è possibile). Venere quasi unito a Giove, Marte che quasi tocca Saturno. Incontri fugaci e poi ognuno per la sua strada.
Se la cornice è poi all’altezza (cosa che succede spesso tra le nostre Dolomiti) ci si riempirà gli occhi di bellezza e l’anima di poesia.
Gli incontri sono meno occasionali con la Luna, veloce a percorrere quello stesso sentiero, lo Zodiaco. Così
non sarà un impresa assistere al passaggio del nostro satellite naturale nei pressi di Mercurio, Venere e
company. A volte i corpi si sfioreranno, in altre occasioni l’appuntamento sarà meno “affettuoso” e comunque
la fase del nostro satellite sarà diversa a seconda della posizione in cielo del pianeta rispetto al Sole.
A proposito di fasi lunari, osservare il progredire e poi l’arretrare dell’illuminazione sul globo del nostro satellite sarà elementare. Di giorno in giorno l’aspetto risulterà diverso e sarà molto suggestivo cercare la Luna tra le
luci del crepuscolo (mattutino o serale) quando è ridotta a una minima falcetta con un adeguato sfondo che disegnerà un quadro stupendo.
Quando la fase è ridotta sarà anche possibile “intuire” la parte di disco ancora al buio, che quindi dovrebbe
essere invisibile. Questo grazie al nostro pianeta, la Terra. Cosa centra la Terra con l’illuminazione della Luna?
Se potessimo osservare per più giorni il nostro pianeta dalla Luna ci accorgeremmo che mostra le fasi esattamente come fa il nostro satellite naturale (vedi l’articolo LA TERRA DALLA LUNA su Cieli Dolomitici numero 3 ). Così, quando la Luna si mostra come una falce, la Terra vista dal nostro satellite è invece illuminata
quasi per intero. Una buona quantità di luce che arriva dal Sole, centrando il nostro pianeta, viene riflessa nello
spazio andando a colpire proprio la Luna, illuminandone debolmente la porzione al buio. A sua volta la Luna
ci rimanda indietro una piccola quantità di quella luce . Ecco quindi che potremo vedere, sia pure a fatica, anche la parte del satellite che in realtà dovrebbe essere invisibile. Il fenomeno prende il nome di luce cinerea, In
definitiva il riflesso di un riflesso.
Anche quei giochi di ombre chiamati eclissi saranno elementari da osservare (quelle di Sole tramite un apposito
filtro però).
Una cosa piuttosto rara (purtroppo) ed imperdibile è l’osservazione delle grandi comete, quelle che raggiungono una luminosità tale da permettere di osservarle senza strumenti in tutta la loro magnificenza. Anzi, è proprio
in tali casi che gli strumenti saranno limitati fortemente perché mai riusciranno a contenere nel loro campo que9
sti astri per intero. Con binocoli o meglio telescopi si potranno indagare particolari fini ma mai resteremo stupefatti come nel poter vedere contemporaneamente la testa (chioma) e l’intera lunga coda di una cometa molto
luminosa. Che grandioso spettacolo vista da un posto realmente buio! Seguita per più giorni mostrerà il suo
veloce spostamento tra le stelle e l’evoluzione della sua luminosità che raggiungerà un massimo per poi calare
con il suo allontanamento. Sempre possibili outburst, ossia aumenti improvvisi di luminosità legati al disgregamento di parti consistenti del suo nucleo. Chi ha avuto la fortuna di osservare una grande cometa sicuramente
l’ha riposta in un cassetto della memoria come uno tra i regali più belli che il cielo regala. Ormai sono quasi
dieci anni che gli appassionati ne aspettano una accontentandosi nel frattempo delle molte non certo appariscenti che annualmente solcano la volta celeste.
Un osservazione particolare è quella delle stelle variabili. Molte stelle variano la propria luminosità nell’arco
di tempi che possono essere lunghi, lunghissimi o anche corti. Due facili esempi alla portata di tutti sono Algol,
la stella beta del Perseo e Mira, la stella omicron della Balena.
La prima è una variabile a eclisse. In parole semplici ha una compagna (invisibile all’occhio e agli strumenti
data la sua vicinanza alla stella principale) di dimensioni inferiori e meno luminosa che le orbita attorno. Nel
momento in cui si frappone fra noi e Algol impedisce che parte della luce di quest’ultima ci arrivi. Il risultato è
un calo di luminosità ben visibile. Algol tornerà a brillare al massimo delle sue possibilità non appena la compagna si sarà spostata e questo succede dopo poche ore. La discesa al minimo e il ritorno alla normalità durano
globalmente dieci ore ma la fase tra la risalita dal minimo al massimo si compie in poco più di quattro ore. Occorrerà conoscere quindi i momenti in cui osservare (consultando riviste o siti internet) e fare confronti con
stelle nei dintorni negli istanti del minimo e massimo. Impossibile non accorgersi della sua variabilità dopo un
po’ di allenamento.
La luce cinerea, ovvero il riflesso della Terra che illumina la
parte buia della Luna
La rossa Mira, il secondo esempio che voglio citare, è anche più impressionante pur se i tempi sono più lunghi. Questa debole stella è nella fase terminale della propria vita e a scadenze regolari ha dei sussulti che la portano
ad “accendersi” diventando piuttosto luminosa, quasi non volesse abbandonare la scena. In pratica passa da dimensioni ridotte a molto maggiori e
questo si trasforma appunto in una grande variazione di luminosità tanto
che da stellina anonima osservabile con uno strumento nemmeno troppo
piccolo si trasforma in una stella tranquillamente visibile a occhio nudo.
Una nuovo puntino in cielo che scomparirà con il passare del tempo per
tornare molti mesi dopo. Proprio per questa sua caratteristica venne definita
“la meravigliosa” .
Credete che per vedere lo Space Shuttle (STS) ci sia bisogno di andare a
Cape Canaveral o che la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) la vedrete
solo in TV grazie alle immagini provenienti dallo spazio? Sbagliate!
Sapendo quando e come basterà uscire di casa e alzare gli occhi al cielo. Beh! Non aspettatevi di vedere le ali
dello Shuttle o i pannelli solari e i vari moduli della stazione spaziale. Quel che si osserva è un puntino talvolta
molto brillante che si muove veloce in cielo. Per la ISS i transiti sono frequenti mentre per lo Shuttle bisogna
attendere una missione e osservarlo prima che attracchi alla ISS o prima che la missione abbia fine. Sempre che
l’orbita preveda il passaggio sui nostri cieli. Moltissimi satelliti possono essere osservati e identificati. Impressionanti da vedere sono i flare (brillamenti) degli Iridium, flotta dedicata telefonia satellitare. Le tre antenne di
cui dispongono sono molto riflettenti e se ci troviamo lungo la linea in cui si la riflessione si propaga potremmo osservare un lampo in cielo. Alcuni raggiungono una tale luminosità da proiettare ombre al suolo. Sicuramente chi non sa cosa possa essere quel lampo rimarrà impressionato e magari parlerà di UFO. Arrivano appena visibili o addirittura invisibili, aumentano di luminosità fino a raggiungere un massimo e poi calano rapidamente tornando alle condizioni iniziali. Un sito che riporta il transito della ISS, dello Shuttle e di moltissimi
satelliti e che prevede i flare degli Iridium è www.heavens-habove.com Una volta collegati basterà scegliere
nel data base il proprio sito osservativo (ci sono anche i paesi dell’Agordino) e poi mettersi a caccia.
Come dimenticare le meteore meglio conosciute come “stelle cadenti”? Delle stelle non hanno niente, sono
semplicemente pezzettini infinitamente piccoli, polvere di comete quasi sempre, che entrano ad altissima velocità in atmosfera incendiandosi e disegnando scie multicolori che danno vita a uno spettacolo incredibile (vedi
l’articolo STELLE CADENTI: FRA SCIENZA E CREDENZE POPOLARI su Cieli Dolomitici numero 1).
Prese una per una si tratta di osservare quasi sempre qualcosa che dura pochi istanti, ma se capiterà di osservarne molte in poco tempo sarà come assistere a uno spettacolo pirotecnico. Alcune volte non è proprio un granello quello che viene a contatto con l’atmosfera, ma un bel “sassone” definito bolide. Chi ha la fortuna di osservarne uno non potrà che rimanere a bocca aperta vista la luminosità raggiunta e la durata maggiore dello
“spettacolo”. Il momento giusto per questo tipo di osservazioni è dettato dal passaggio della Terra tra i detriti
rilasciati da una cometa. Il materiale liberato da questi corpi, presente in gran quantità in alcuni punti
dell’orbita terrestre, entra in contatto con la Terra e lo show è assicurato con numerosi avvistamenti. In questi
casi si parla di sciame di meteore. Gettonatissimo quello delle Perseidi, le famose lacrime di S. Lorenzo, poco
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di ferragosto. Ma non c’è solo quello (anzi) sebbene per tv e giornali sia così. Comunque meteore, pur
non associate a sciami, possono essere viste in qualsiasi momento in maniera sporadica.
Voglio terminare questa carrellata di esempi di osservazione a occhio nudo ricordando due fenomeni che si
ripetono ogni giorno e che visti dal posto giusto non possono lasciare indifferenti: sto parlando dell’Alba e del
tramonto. Incredibili colori che cambiano in poco tempo si rendono visibili in cielo e se sarà presente anche
qualche nuvoletta sulla scena l’osservazione non potrà che guadagnarne.
Mi fermo qui. Chi lo vorrà, oltre a questi, troverà altri mille spunti per dare uno sguardo al cielo con uno strumento che non ci complica la vita e non ci costa soldi ; i nostri occhi.
CURIOSANDO
di Alvise Tomaselli
La misura del tempo è sempre stata, fina dall’antichità, una componente importante nelle attività umane. Le esigenze di conteggiare il trascorrere del tempo scaturivano principalmente dai
ritmi delle attività lavorative ed in particolare dalle esigenze legate all’agricoltura, quindi semina, raccolto etc.
Il riferimento principale fin dalle prime misurazioni fu
l’osservazione del movimento degli astri ( Luna , Sole,
altre stelle ). Gli antichi abitanti della Terra avevano intuito che esisteva una certa ciclicità fra il comparire di
certi astri ( stelle) e il trascorrere delle stagioni, e conoscevano anche che i ritmi (fasi) della Luna e soprattutto il sorgere e il tramontare del Sole potevano essere
buoni punti di riferiento temporali.
Purtroppo, la discordanza fra i cicli degli astri e le attività umane, nel lungo periodo, portava a
degli errori determinanti sulla misura del tempo. Ne è la prova il ciclo della Luna che essendo di
circa 29,5 giorni (ciclo sinodico) portava alla lunga, ad un inevitabile sfasamento rispetto all’anno
solare. Lo stesso capitava con il Sole, il cui anno è un po’ più lungo dei canonici 365 giorni e per
questo si rendeva necessario, dopo alcuni anni, aggiungere dei giorni.
Se ne erano accorti nell’antico Egitto dove decisero di aggiungere un giorno ogni 4 anni introducendo , di fatto, la prima forma di anno bisestile.
Il calendario romano invece, nel settimo secolo avanti cristo, divideva l’anno in 10 mesi, partendo
dal mese di marzo, ma anche in questo caso la gestione appariva molto approssimativa e poco
corretta. Ci pensò Giulio Cesare a modificare le cose e nel 46 a. C. decise di riformarlo
(calendario giuliano) introducendo l’anno di 365 giorni, con l’aggiunta di un giorno ogni 4 anni. Furono inoltre i romani a ad introdurre i nomi dei mesi, così il settimo mese devenne “julius”, in
onore di Giulio Cesare e l’ottavo “augustus” in onore ad Augusto,
Anche questo calendario aveva però delle inesattezze che a lungo comportava lo sfasamento fra
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stagioni effettive e calcolate tanto che nel 1582 l’imprecisione aveva raggiunto livelli tali che le
date erano sfasate di circa 10 giorni. Papa Gregorio XIII decretò perciò che quell’anno al 4 ottobre sarebbe seguito il 15 ottobre, e per evitare errori stabilì che fra gli anni centenari
(multipli di 100) sarebbero stati bisestili solo quelli multipli di 400 ( calendario gregoriano).
Tale calendario è quello utilizzato tutt’ora, anche se presenta uno sfasamento di circa 6 giorni
ogni 10000 anni!
E oggi? Ormai viviamo nell’era tecnologica in cui il trascorrere del tempo è scandito da sistemi
sempre più sosfisticati e addirittura a certi livelli, non vengono più presi in considerazione gli
astri ma ci si affida agli orologi atomici che registrano la frequenza di risonanza degli elettroni
di alcuni elementi chimici . L’errore in questi casi si riduce a pochi secondi ogni millenio!
Non esiste più il pericolo si addormentarsi la sera e svegliarsi al mattino dieci giorni più vecchi..... per decreto!
L’OMBRA E IL TEMPO
di Tomaso Avoscan
A tutti sarà capitato di osservare in alcune località dell’agordino la presenza di orologi solari comunemente conosciuti con il nome di meridiane.
Si tratta in realtà di opere gnomoniche talora antiche, affascinanti testimonianze delle conoscenze
astronomiche dei nostri avi.
Come tutte le discipline anche la scienza che si occupa della costruzione degli orologi solari possiede un gergo tecnico, una micro lingua specifica.
Si parla in questo caso di arte gnomonica derivando questo termine da gnomone l’elemento fondamentale nella costruzione di un orologio solare, ovvero lo stilo, il bastone, l’asta inserita nella parete
di riferimento la cui ombra fornisce informazioni importanti sulla misura del tempo e su altre interessanti questioni astronomiche.
L’ombra, fenomeno tanto comune quanto misterioso, inquieta messaggera del mondo delle tenebre.
Resta attaccata al corpo ma è impossibile da catturare, si allunga, si accorcia, compare e svanisce
fino a ricongiungersi con la notte.
Addomesticare le ombre è da sempre stato il cruccio di molti pittori; le ombre sono state spesso la
chiave per risolvere problemi astronomici e matematici.
Il bicchiere di vino bevuto in compagnia a casa od al bar, “l’ombra”, ci riporta a tempi passati quando
le botti per la mescita venivano conservate all’aperto nei luoghi che godevano di ombra e quindi di
frescura.
In Piazza S. Marco a Venezia i commercianti di “ombre”, al trascorrere del tempo seguivano con le
loro bancarelle di mescita di vini l’ombra proiettata dal campanile di S. Marco.
Un orologio solare è fondamentalmente realizzato con il contributo di due anime, la prima di natura
scientifica permette di disegnare gli elementi essenziali dell’orologio solare e si basa su specifiche
conoscenze astronomiche e su calcoli matematici.
La seconda, non meno importante, consente di abbellire l’orologio solare e riguarda la vena artistica
di pittori, scultori e poeti.
Quasi tutti gli orologi solari sono infatti inseriti in un contesto più o meno complesso con decorazioni
pittoriche, cornici, elementi artistici di varia natura che cercano di valorizzare “l’orologio” di per sé
piuttosto semplice e scarno nella sua realizzazione.
Non va sottaciuta inoltre la presenza di motti, massime, talora seriose e sagge che inducono il passante a meditare sull’inesorabile fluire del tempo e sulla nostra mortale caducità.
Ovviamente un orologio solare serviva e…. serve ancora per misurare il tempo.
Il tempo è un concetto difficile da definire. Non passa mai se stiamo facendo cose noiose e passa in
un attimo se siamo occupati in attività piacevoli. Forse è in realtà uno stato d’animo.
L’uomo non ha un vero e proprio apparato sensoriale per percepire il trascorrere del tempo (come
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l’ udito, la vista, il tatto, ecc.). Lo avverte invece attraverso fenomeni naturali ripetitivi che è in grado
di osservare, come l’alternarsi del giorno con la notte, il susseguirsi delle stagioni, il continuo rinnovarsi dell’onda del mare sulla spiaggia.
L’uomo primitivo ha cominciato ad osservare che le ombre delle cose, delle piante, delle montagne
variavano in lunghezza e direzione con lo spostarsi del sole durante il suo percorso dall’alba al tramonto.
Di mattina e di sera le ombre diventano smisuratamente lunghe, c’è un momento nella giornata in cui
sembrano invece quasi scomparire; per tutta una stagione il sole non arriva più nella valle o nel vicolo stretto tra le case, poi torna di nuovo a superare la cima di una montagna illuminando nuovamente le zona rimasta in ombra durante l’inverno.
Tutti questi eventi osservati ed attesi dall’uomo diventano un preciso riferimento temporale.
In montagna esistono inoltre tutta una serie di precisi riferimenti come le cime delle montagne che
permettono di stabilire l’ora del giorno mediante la posizione del sole rispetto alle stesse.
Tutti siamo a conoscenza nelle nostre vallate di qualche cima conosciuta come “sass de medodì” o
“spiz de medodì”.
Le valli denominate “val de medodì” sono in genere valli molto strette con pareti alte e ripide posizionate in direzione nord-sud che solo in coincidenza con il mezzogiorno vedono i raggi del sole illuminarle mentre per tutto il resto della giornata restano in ombra.
E’ del tutto evidente l’importanza che l’uomo ha dato al momento definito “mezzo giorno”, importante
momento in base al quale pianificare molte delle attività lavorative svolte in passato perloppiù
all’aperto.
Alcune persone che vivono a contatto con la natura come i contadini, i pastori, i marinai, conservano
ancora la capacità di stimare il tempo ad occhio, basandosi sull’altezza del sole e sulla lunghezza
delle ombre.
Un bastone piantato nel terreno è probabilmente stato il primo componente rudimentale di un orologio solare; successivamente qualche segno tracciato sulla sabbia servì come indicazione di particolari momenti della giornata.
Questo primitivo strumento di misura venne continuamente migliorato e perfezionato, incontrando poi
una grande diffusione presso la gran parte delle antiche civiltà.
In passato venivano pure usati altri mezzi per la misurazione del tempo, come gli orologi ad acqua o
a sabbia (clessidre), candele tarate che ardevano a velocità costante, oppure lampade ad olio con
durata predeterminata.
Caldei, Assiro-Babilonesi, Egizi, e poi Greci e Romani svilupparono enormemente le scienze matematiche ed astronomiche e contribuirono al perfezionamento tecnico dell’orologio solare, costruendone di ogni tipo e dimensione.
Spesso gli obelischi ebbero anche la funzione di proiettare l’ombra su enormi quadranti tracciati direttamente sul selciato delle piazze.
L’uso dell’orologio solare quale elemento principale nella misura del tempo si protrasse fino al medioevo, quando si diffusero gli orologi meccanici, installati sulle torri e sui campanili. L’orologio meccanico, pur con l’imprecisione dovuta alla rudimentale tecnica costruttiva, aveva l’indubbio vantaggio di
essere indipendente dal movimento solare, e quindi poteva funzionare anche durante la notte e nei
giorni in cui il sole è coperto.
Tuttavia nel 1600/1700 si manifesta la riscoperta e la rivalutazione della antica scienza gnomonica
da parte degli studiosi, che collegava le scienze matematiche ed astronomiche alla teologia ed alla
filosofia per mezzo dell’arte figurativa e dei simbolismi pittorici.
L’epoca barocca considera poi l’orologio solare un emblema di continuità, precisione ed infallibilità,
da contrapporre alla nascente e ancora imprecisa tecnologia delle macchine, rappresentata dagli
orologi meccanici. Spesso veniva realizzata sulle torri e sui campanili una meridiana accostata ad un
orologio meccanico, che pur sofisticato necessitava però di una costante e giornaliera messa a punto
e regolazione che teneva come base l’indicazione della meridiana stessa.
Ci occuperemo prossimamente dei primi elementi che ci introdurranno all’arte gnomonica trattando di
un gnomone verticale infisso in un piano orizzontale e deducendo dall’ombra proiettata dallo stesso
alcune importanti considerazioni.
Vi invitiamo a collaborare alla realizzazione del giornalino. Inviate il vostro materiale a Claudio Pra:
e-mail : [email protected]
Indirizzo: via Saviner Di Calloneghe 22 32020 Rocca Pietore (Bl)
Telefono: 0437/523186
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ASTRONOMIA IN VOLO
di Mirco Nadalet
Il racconto che segue è la sensazione provata durante un volo notturno con il parapendio
Il parapendio, un mezzo estremamente versatile che ti permette di partire da un fazzoletto di terra e ritornarci
anche dopo svariate ore di volo immersi totalmente nel silenzio del fruscio dell’aria che attraversa i cordini che
sostengono il “seggiolino” a cui siamo comodamente seduti. Il rumore dal basso ci disturba, ma non troppo.
Siamo quassù sopra a tutto, in un mondo che non ci appartiene e dove le aquile i falchi e le poiane trovano la
loro dimensione. Un mondo fatto di spazi immensi dove la vista si perde senza trovare nessun ostacolo.
Non è proprio così “paradisiaca” la vita del parapendista però l’effetto libertà assoluta c’è eccome!
Voi penserete: cosa c’entra tutto questo con l’astronomia?
Ore 19.30 di un giorno di gennaio. Ci ritroviamo tutti (la banda) al rifugio, per passare una serata in compagnia
e parlare di volo, gastronomia,……….donne e anche un po’ di astronomia. Si perché i miei amici sanno che
sono un appassionato di questa bellissima scienza e molte volte, scendendo dal rifugio, in una piazzola a lato
della strada trovano uno strano personaggio che, con un tubone bianco, una pila rossa in mano e una risma di
carta sulla quale ci sono dei puntini neri, osserva quelle luci su nel cielo, cercando di farle combaciare con
quelle stampate sui fogli.
Alcuni di loro, dopo avermi “esplorato” con gli abbaglianti dall’interno delle loro calde auto, non resistono alla
sfrenata curiosità di sapere cosa si possa osservare con quel tubone bianco.
In quella bella serata, dopo una cena a base di pesce di mare, di vino bianco e perché no di qualche buona birra,
mi è stato chiesto di fare una mini conferenza per capire perché il cielo stellato incuriosisca l’uomo da migliaia
di anni.
Bene, tutti con la testa al cielo come bravi scolari ad ascoltare il “guru” delle stelle, con il solo permesso di
abbassare la testa per sorseggiare l’ennesima birra. Molti avranno pensato: -ma quante ne sa questo-. I più maligni invece: -chissa quante p…e dice questo- e quelli più moderati semplicemente: -tanto se racconta fandonie
non sono in grado di ribattere-.
A metà conferenza, tra i brusii vari, qualche “mentecatto” pronunciò la frase “volo notturno”. Subito il “guru”
riprese “l’indemoniato” che ebbe quella brutta ed insana idea, ma dopo varie consultazioni tra commissione
piloti, persone normali e menefreghisti in preda all’alcol, la proposta tendente al suicidio di massa venne presa
in seria considerazione e dopo i rilievi del caso accettata all’unanimità…….amen.
Ok briefing al decollo:
1- Pericoli nessuno (tanto anche se ci sono non si vedono visto che è tutto buio he he he ….)
2- Visibilità buona (non ottima, chissà perché he he he….)
3- C’è la neve che schiarisce tutto e in caso di decollo abortito attutisce l’impatto al suolo (bene he he he )
4- La zona d’atterraggio dall’alto si vede bene (speriamo he he he ) e quindi via tutti e cinque a prendere le
vele.
Sono il quarto alla partenza ma divento il terzo dopo lo schianto iniziale del secondo il quale, come da briefing,
cade nella neve e ci vorrà circa un quarto d’ora per recuperare il pilota, la vela e tutto l’occorrente. Tutti i
“pezzi” comunque in perfetta efficienza. Siamo quindi in quattro a partire.
La magia ha inizio.
Ora che tutto il trambusto e rimasto alle spalle, posso godermi questo volo immerso in un bolla di tranquillità
assoluta. In questa magia notturna inizio ad osservare le stelle.
A sud il Toro con la mitica Aldebaran e un po’ sopra le Pleiadi. Le vedo perfettamente e provo anche a contarle; si, ci sono tutte, bellissime, di un blu intenso. Più sotto, la bellissima costellazione di Orione, con
l’arancione Betelgeuse; questa stella ha proporzioni bibliche, con un diametro 275 volte superiore a quello della
nostra cara stella, il Sole. Al suo fianco Bellatrix, un'altra bellissima stella azzurrina. Più in basso, Rigel, un
sole la cui luce proviene da molto molto lontano, 773 anni luce. Ritorno per un’attimo alla realtà; quanto ci
vorrebbe con il mio favoloso mezzo che corre alla “insignificante velocità” di 38 chilometri all’ora (riportata
dal GPS), ad arrivare fino a lì? Eppure è praticamente davanti a me e se vado dritto
prima o poi ci arrivo….prima o poi, prima o poi, prima o poi…….
Rientro nel mio sogno ed osservo la cintura di Orione e poi la spada e mi convinco; da quassù la Grande Nebulosa di Orione si vede meglio…..cribbio se si vede meglio!
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Dietro di me l’Orsa Minore con la Stella Polare e poco più in là, ad est, l’Orsa Maggiore. Tutto questo è bellissimo. Resto con la testa all’indietro, appoggiata sul mio seggiolino e per un po’ osservo le costellazioni polari.
Poi via a sud, verso Sirio, la stella più luminosa di tutto il cielo; si…, seguo lei perché mi porta giusto fino alla
meta.
Oramai ci siamo! Iniziano le manovre per l’atterraggio. La quota però, è ancora sufficiente per fare un’ultimo
giochino. Inizio una lenta ma continua spirale per diminuire la quota. Questa manovra permette al mio parapendio di occultare più volte Castore e Polluce, le due stelle principali della costellazione dei Gemelli. Mentre gioco con esse, nel buio una voce esclama; -Mirko ma che stella è quella?-. Lo Sapevate che le voci provenienti
dal cielo hanno una tonalità particolare? Sarà perché tutto attorno è vuoto o per chissà quale motivo ma il suono
si perde lentamente e in quelle condizioni sembra essere magico.
In verità la voce appartiene a uno dei matti decollati che è leggermente sotto a me e probabilmente ha intravisto
il mio parapendio. Forse osservando le stelle ne ha vista sparire una improvvisamente, occultata dal sottoscritto; chissà….. Con grande calma e professionalità, vista la fase calda del volo, gli rispondo: -Zitto! Guarda avanti e concentrati perché altrimenti di stelle ne vedrai moltissime fra poco...
Una massima:
Da quando l’uomo è andato nello spazio, la Terra inizia ad essere più piccola. Però quando si precipita è ancora
molto difficile evitarla.
GLI ASTROFILI DI “CIELI DOLOMITICI”
La consueta rubrica che ci fa conoscere meglio gli astrofili di “Cieli Dolomitici” da spazio in questo numero a
Olivio Gnech, uno di quei soci che se c’è da dare una mano non si tira indietro. Agli appuntamenti organizzati
dall’Associazione Olivio non manca mai e in breve, acquisite le nozioni fondamentali grazie alla sua assiduità,
ha deciso di fare il “grande passo” acquistando un telescopio.
Quale motivo ti spinge ad alzare gli occhi verso il cielo?
In una notte serena, guardando il cielo è impossibile non rimanere affascinati da uno degli spettacoli più appaganti che si possa vedere con i propri occhi. Ci sono centinaia di punti più o meno luminosi che si muovono col
passare delle ore, alcuni nascono altri tramontano. La voglia di conoscere il nome di quei punti brillanti, che
unendo con linee immaginarie formano le costellazioni, sapere che lassù si possono trovare stelle doppie, pianeti e galassie. Tutto questo non può che stimolare la curiosità e l’interesse da parte mia e di qualsiasi osservatore.
Ti è stato di aiuto frequentare l' Associazione ?
Si molto, in quanto sono state organizzate diverse serate di conoscenza e approfondimento in sede. Unica pecca il tempo: alcune serate di osservazione infatti sono state “oscurate” dalle nuvole, ma niente di grave poiché
sono inconvenienti che un astrofilo deve mettere in conto.
La domanda mi permette inoltre di ringraziare tutte quelle persone che, con passione, si stanno prodigando per
il buon operare dell’Associazione.
Ritieni ad oggi di possedere conoscenze sufficienti per fare attività osservativa per conto tuo?
Si, grazie anche all’acquisto di una guida delle stelle e dei pianeti , che mi è stata consigliata dagli esperti di
“Cieli Dolomitici”, che mi ha permesso di iniziare a fare autonomamente i primi passi nell’osservazione della
volta celeste.
Hai a disposizione solo cinque minuti in cui puoi scegliere di osservare un solo oggetto del cielo: che cosa
decidi di osservare?
Senza ombra di dubbio scelgo il nostro satellite: la Luna. Tale scelta è dovuta al fatto che oltre ad essere il corpo celeste a noi più noto e fisicamente più vicino, ci permette l’osservazione di molti particolari tra i quali montagne, pianure, mari, crateri e colate.
Hai acquistato il tuo primo telescopio recentemente. Hai avuto modo di usarlo? Se si, hai trovato delle
difficoltà?
Di recente ho acquistato un riflettore poco più che amatoriale da 114 mm, per me più che sufficiente. Con esso,
tempo permettendo, passo alcune serate osservando direttamente ciò che prima potevo solo vedere in foto su
riviste. All’inizio ho trovato alcune piccole difficoltà nel montaggio e puntamento dello strumento, ma le ho
presto superate brillantemente grazie all’ aiuto di Mirko e Claudio.
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