ISTITUTO GASTALDI-ABBA -- anno scolastico 2015

ISTITUTO GASTALDI-ABBA -- anno scolastico 2015-2016
LEZIONI PROPEDEUTICHE AL PROGRAMMA DI GEOGRAFIA ECONOMICA
PER LE CLASSI 2^ - sezioni : AE – AI – BI – AC – BC – QG – SG
Docente : Alessandro Bonzano
1^ LEZIONE
-
METODI DI ANALISI – TERMINOLOGIA – CONCETTI
La lezione introduttiva verte sui concetti e sui metodi di approccio all’analisi dello spazio geografico, ed è
essenziale per entrare in contatto con la terminologia di base della disciplina. Circa il metodo, in Geografia
possiamo procedere per induzione e per deduzione.
Metodo induttivo - è tipico delle scienze sperimentali ( fisica, chimica, biologia, statistica, ecc. ), dove la
fase di partenza è costituita dall’osservazione dei fenomeni naturali ( geologici, morfologici, climatici .. ) o
antropici ( demografici, economici o sociali ) distribuiti sulla superficie terrestre o su parte di essa;
successivamente si passa a descrivere, rappresentare, classificare ( nel ns. caso con strumenti statistici e
cartografici ) e a interpretare i fatti oggetto di studio, per giungere a generalizzazioni ( teorie o modelli ).
In sintesi, potremmo definirlo con le parole ‘dal particolare alla legge’.
Metodo deduttivo - è tipico delle scienze astratte ( come le scienze matematiche ), dove si parte dai
fondamenti teorici, fissando ipotesi e avendo presenti postulati, assiomi, enunciati, per impostare una serie di
ragionamenti collegati tra loro, rispettando i canoni della logica formale, fino ad individuare una o più leggi
generali, ossia la tesi, la cui validità sarà quindi sottoposta a dimostrazione e verifica.
In ambito geografico,
infatti, diversamente dall’ambito delle scienze astratte, la teoria ha valore scientifico solo se è dimostrata
dalla realtà; in assenza di ciò ha solo valore teorico.
Rovesciando il concetto, potremmo definirlo con le
parole ‘dalla legge al particolare’.
A prescindere dal metodo in uso, occorre fissare alcuni cosiddetti ‘principi metodici’ indispensabili nelle
analisi geografiche. Ci si limita qui ad elencarne alcuni : osservazione, distribuzione spaziale, dinamicità
e sviluppo, causalità, interdipendenza, comparazione, conseguenzialità, finalità, ricordando che l’agire
metodico e sistematico può essere ricondotto a queste cinque domande : Who? What? Where? When? Why?
E’ opportuno quindi richiamare l’attenzione su una serie di concetti, tra i quali vi è spesso confusione
nell’erronea convinzione che siano sinonimi. Sono di fondamentale importanza in Geografia, per un corretto
approccio alle analisi spazio-temporali che si dovranno condurre.
Spazio Geografico - il termine è mutuato dalla Geometria, dove è inteso come un insieme di spazi/luoghi
geometrici astratti ( euclidei o cartesiani ).
In Geografia lo spazio diventa concreto, perché riferito alla
realtà del laboratorio naturale costituito dalla Terra, ed è analizzabile come vedremo a diverse scale
multidimensionalità ).
(
In Geografia Umana si fa spesso riferimento anche ad altre possibili concezioni di
spazio ( assoluto, relativo, relazionale ), e ai concetti di spazio di vita, spazio sociale e spazio vissuto.
Territorio - inteso come la porzione di spazio geografico che è stata radicalmente trasformata dall’azione
sociale dell’uomo.
Ne discende che non tutto lo spazio geografico è territorio.
Lo spazio va
‘territorializzato’ e in questo senso reso fruibile, non diversamente da quanto accade in Natura, dove un
predatore può territorializzare l’area di sua competenza per escluderla alla concorrenza dei suoi simili nella
lotta per il cibo e la sopravvivenza.
Ambiente - definibile come l’insieme dei fattori ( o cause ) di diversa natura ( fisica, climatica, politica,
giuridica, religiosa, culturale ) che spiegano perché i fatti umani assumono nel tempo una data distribuzione
o organizzazione spaziale.
Da una definizione di ambiente in senso solo fisico-naturale si è passati con il
tempo a significati via via più complessi.
Paesaggio - è l’insieme delle fattezze o forme sensibili che caratterizzano una porzione di spazio geografico
e che permettono di distinguerla dalle altre ( Vidal de la Blache ). Queste vengono a delinearsi e a
stratificarsi nel tempo, per effetto dell’incontro tra cultura e tecnologia da un lato e substrato fisico dall’altro.
Può essere considerato ‘l’abito esteriore’ che può assumere lo spazio geografico e che più o meno
velocemente può modificarsi ( si può pensare a un deserto di sabbia, prima e dopo una tempesta, a un terreno
franoso prima e dopo una serie di alluvioni, o a una foresta prima e dopo un incendio ).
Scala - può assumere significati differenti - in senso cartografico abbiamo distinto i concetti di scala
numerica e scala grafica ( osserva la legenda delle carte geografiche, con la riduzione in scala ) mentre in
senso dimensionale si farà riferimento alle possibili scale a cui può essere analizzato un fenomeno ( locale micro - meso – macro - scala globale ).
Ubicazione - è la posizione geografica assoluta, topografica o astronomica, intesa in senso tridimensionale
( associare qui i concetti di latitudine, longitudine e altitudine ); in questo senso è un concetto statico,
nonostante negli anni ’20 del Novecento Closier proponga un concetto di posizione relativa, dove è
certamente utile il riferimento topografico ma acquista peso anche il ruolo e quindi la funzione svolta dal
luogo.
Localizzazione - il concetto diventa dinamico, perché si introducono il fattore tempo e i dati quantitativi,
mentre acquista maggiore significato anche la distribuzione spaziale dei fenomeni che si possono manifestare
in quel luogo, poiché essi sono soggetti a variabilità nel tempo, nella funzione e nell’utilità relativa.
Es. si
parla di “localizzazione del fenomeno turistico” nel corso del tempo in un dato luogo.
Relazioni verticali e orizzontali -
sono concetti fondamentali per inquadrare i fenomeni osservati in
rapporto allo spazio in cui si manifestano. Le prime hanno diretta attinenza con il rapporto Natura-Uomo,
come nel caso di un fenomeno naturale ( es. la neve ) che incide su un’attività antropica ( es. il turismo
bianco ).
Quindi, verticale è inteso in senso fisico ( sopra e sotto ).
intercorrono tra due o più luoghi sulla superficie terrestre.
Le seconde riflettono i legami che
Tipica è la mobilità spaziale, alimentata da
persone, beni e servizi nella loro reciproca interazione. L’interazione in questo caso può anche essere non
visibile ( cioè non osservabile - ricordare sempre i principi metodici ) come avviene oggi con un messaggio
SMS ), ma produrre comunque l’effetto della mobilità spaziale.
La Globalizzazione è la declinazione
geografica del concetto in senso estremo, in quanto rappresenta l’insieme delle relazioni che si verificano
sempre più intensamente tra persone, beni e servizi, ad una scala dimensionale sempre più ampia fino a
coinvolgere l’intero Globo.
Concetti di struttura e sistema - sono fondamentali ai fini della nostra analisi, in quanto ci permettono di
inquadrare le relazioni di cui sopra nella loro pienezza.
Una struttura può definirsi come un insieme di
elementi in relazione tra loro, dove sono evidenziate le funzioni svolte dai singoli elementi, e dove è nullo o
trascurabile il rapporto con elementi esterni.
Un sistema è invece un insieme di strutture collegate, dove
diventa significativo anche il rapporto tra elementi appartenenti a strutture diverse. Come terminologia, si
può anche definire la struttura come un ‘sistema chiuso’.
( es. ) fino agli anni ’60 del Novecento le regioni, come pure i paesaggi, erano considerate strutture.
La
Liguria era intesa come un sistema di relazioni chiuse e limitate ai luoghi interni ad essa. Questo oggi è
riduttivo, come forse anche ieri. Se prendo un treno a Genova e mi sposto in Piemonte a Novi Ligure, la
relazione non è molto diversa, ora come allora, da quella che si attiva se - restando in Liguria - andassi da
Genova ad Imperia, che tra l’altro sono più distanti. Ma diventando più critica, o articolata, o frequente la
funzione della ferrovia, ecco che la struttura si deve necessariamente aprire e diventare sistema, per poter
accogliere nella funzione esaminata relazioni sempre più complesse e rilevanti.
Ecco perché oggi si dice
“fare sistema”, ossia attivare, monitorare, codificare e gestire quelle relazioni ( prima non così in evidenza in
quanto non così critiche ) che denotano la presenza e/o la necessità di una organizzazione spazio-temporale
più completa. Anche in Geografia si supera il concetto di struttura e si parla di sistema.
Un sistema, oltre che nello spazio, inquadra ed esamina i fenomeni anche in rapporto al tempo, in modo sia
sincronico
( come un’istantanea fotografica )
che diacronico
( un filmato, con una sua trama e
svolgimento ). Per es. considerando il settore turistico e l’offerta alberghiera, avremo carte tematiche tabelle
o grafici che rappresentano i fenomeni oggi e/o nell’arco di tempo che ci interessa, quindi anche in modalità
evolutiva; l’approccio diacronico aiuta a mettere in luce le cause e le fasi susseguenti del fenomeno ( decollo,
sviluppo, crisi, stagnazione, rilancio, cambio di offerta … ). Avendo comunque sempre presente il principio
della distribuzione spaziale dei fenomeni.
L’analisi sistematica procede a diversi livelli :
1. livello elementare – si studiano gli elementi interni ad un sistema ( elementare non come sinonimo di
‘facile’ ) ed è quindi propedeutico ai livelli superiori. Nel nostro caso gli elementi sono soprattutto i luoghi,
dei quali analizzeremo gli attributi qualitativi e quantitativi; vedremo quindi quali sono i luoghi identificabili
come tali nel sistema e quali funzioni / ruoli essi ricoprono. Occorrerà poi stabilire il quantum, cioè il grado
di importanza, ossia il rango occupato da una certa funzione in un dato luogo, fino a determinare le gerarchie
spaziali dei luoghi nell’ambito del sistema, in rapporto alle funzioni e/o ai ruoli svolti.
Servirà a questo
scopo il dato statistico, per es. i dati di censimento della popolazione di un certo luogo, organizzati in tabelle,
grafici e cartogrammi.
2. livello strutturale – si attivano le relazioni interne al sistema, analizzando gli scambi di informazioni,
quindi operando ancora a livello di un sistema chiuso, ossia di una struttura, mettendo in evidenza le
funzioni, le criticità e le priorità del caso.
Si noti che fino ad ora è prevalente la dimensione sincronica
dell’analisi.
3. livello sistemico – si attivano le relazioni esterne, osservando i rapporti con gli altri sistemi, adiacenti e
non, analizzando i processi, intesi come lo svolgimento e le possibili varianti nell’evoluzione di un
fenomeno. Da ora in poi prevarrà la dimensione diacronica nell’analisi, introducendosi il fattore tempo.
Regione - al centro delle nostre analisi sta il concetto di regione, intesa come l’unità spaziale nella quale
suddividere un certo spazio geografico o territorio ( per es. l’Europa, divisa in aree macro-regionali ). Più
precisamente, per regione si intende una porzione di spazio geografico, distinta da quelle adiacenti, non solo
per caratteristiche sue proprie che la rendono omogenea al suo interno in base a un dato criterio, ma anche
per le relazioni di interdipendenza che essa evidenzia al suo interno e nei confronti di altre regioni, siano esse
confinanti o non confinanti.
Abbiamo diversi concetti di regione via via succedutisi nel tempo.
La regione naturale, proposta da
Buache in epoca illuministica, identificata dai deflussi fluviali di un territorio verso un corso d’acqua
principale ( es. la regione carpatico-danubiana ), costituita quindi prioritariamente da un bacino idrografico,
con gli elementi originari e derivati che contribuiscono a determinarla; questo concetto di regione sarà
ripreso a metà Ottocento da Ratzel nel suo determinismo fisico-ambientale. La regione geologica, proposta
negli anni ’20 e ’30 del Novecento, individua una porzione di spazio geografico caratterizzata da una
comune storia geologica, di cui i caratteri geo-morfologici ne costituiscono solo l’epidermide.
La regione
umanizzata di Vidal de la Blache, a concezione possibilistica, viene identificata sulla base delle peculiarità
riconducibili ai diversi stili o approcci umani nel tempo ( determinismo ambientale e possibilismo
rappresentano due correnti di pensiero relative ai problemi geografici, in buona parte opposte ).
Sempre
negli anni ’20 interviene la regione funzionale, proposta da Closier, nella quale un territorio si organizza
intorno ad un polo di elevato livello funzionale a cui si rapportano centri di rango inferiore fino ad una
periferia subordinata, da cui lo stesso Closier riprenderà il concetto di posizione relativa di un luogo; per
arrivare infine alla definizione di regione sistemica, ossia un sistema territoriale analizzabile sulla base dei
principi e dei livelli di intervento descritti sopra.
Il concetto di regione non va confuso con quello di regionalizzazione, termine legato e finalizzato alla
pianificazione territoriale, quindi alla divisione dello spazio in regioni secondo valenze politicoamministrative, stabilendo che il risultato a cui deve pervenire la regionalizzazione è “l’incastro delle unità
territoriali subalterne al potere centrale, all’interno del quadro geografico progressivamente esteso ”. Questo
rimanda alle politiche di decentramento che uno Stato può adottare ai vari livelli istituzionali ( federalismo ),
a cui si assiste anche attualmente, in Italia a partire dal 1970 quando vengono ufficialmente istituite le
Regioni.
Le lezioni che seguono riguardano le modalità con cui è possibile analizzare e suddividere lo spazio europeo
secondo i due criteri più largamente seguiti : quello morfologico-climatico ( lezione 2^ ) e quello etnolinguistico ( lezione 3^ ).
2^ LEZIONE
- CONFINI, MORFOLOGIA e CLIMA DELL’EUROPA
Lo spazio geografico europeo va inquadrato anzitutto nella sua estensione e ubicazione, e nei suoi confini,
ricordando che l’Europa resta in realtà una penisola di un continente molto più vasto di essa, l’Eurasia,
protesa verso occidente.
Da questa conformazione traggono origine le sue tre grandi fronti marittime
( mediterranea, atlantica e artica ) rispettivamente verso sud, ovest e nord, mentre da sempre più incerto è il
confine orientale e sud-orientale.
Non sarà inutile ricordare come la Russia, il Kazakhistan e la Turchia
siano di fatto stati transcontinentali nella continuità territoriale che presentano. Se questo è evidente per la
Russia, è opportuno ricordare che da sempre si riconoscono una Turchia europea ( Istanbul ) e una Turchia
asiatica - la penisola anatolica ( Ankara, la vera capitale di stato ) separate dal Mar di Marmara e dagli stretti
del Bosforo e dei Dardanelli.
Meno evidente il caso del Kazakhistan, vasto circa nove volte l’Italia e
ubicato quasi totalmente in Asia, eccetto la sua porzione a occidente del corso del fiume Ural. Includendo
nell’Europa la Novaja Zemlja, ubicata tra il Mar di Barents e il Mar di Kara, convenzionalmente la linea
degli Urali separa l’Asia dall’Europa, e l’Ural, continuandone il margine orientale dalle proprie sorgenti
poste negli Urali Selvosi ( a circa 55° lat. N ) fino alle foci nel Mar Caspio, attraversa prima le oblast’ di
Celijabinsk e Orenburg bagnando quindi la città di Ural’sk, in territorio kazakho. Attraversando le linee
mediane di separazione continentale nei bacini del Mar Caspio e del Mar Nero il confine geografico
seguirebbe idealmente la catena del Caucaso, separando in modo naturale l’Asia dall’Europa, ma occorre
dire che un confine - in special modo il confine euro-asiatico - è spesso la combinazione di elementi fisici e
politici.
Nel nostro caso il confine percorre il litorale occidentale caspico fino al Daghestan, escludendo
l’Azerbaigian ( fatto circa il quale ritroveremo coerenza analizzando l’Europa nella sua dimensione etnolinguistica e religiosa ) e la sua exclave* del Nakhicevan, mentre inserisce la Georgia ( risolvendo un
problema di continuità europea per il caso dell’Ossezia ) e l’Armenia ( pur sacrificando di diritto il Nagorno
Karabakh, exclave armena in territorio azero ), rientrando al Mar Nero lungo il confine turco-georgiano e
proseguendo quindi sulla costa fino al Bosforo. Contornando la penisola anatolica, si porrebbe ora il
problema se includere Cipro nei confini europei;
da un punto di vista storico-culturale non ne
mancherebbero gli elementi, essendo tra l’altro l’isola parte della Unione Europea dal Maggio 2004, ma la
questione resta controversa data la sua appartenenza geografica all’Asia. Cipro può forse configurarsi come
un ulteriore stato transcontinentale, considerando che in seguito alla guerra del 1974 l’esistenza
dell’autoproclamata Repubblica Turca di Cipro del Nord, peraltro riconosciuta dalla sola Turchia e non
anche dall’ONU, divide di fatto l’isola nelle porzioni greco-cipriota e turco-cipriota.
Complessivamente, i circa 38.000 chilometri di coste e i confini territoriali racchiudono poco più di 10
milioni di kmq., decisamente poco se si pensa che l’Africa, tre volte maggiore in estensione, ha uno sviluppo
costiero prossimo ai 30.500 km.
Basta questo dato per visualizzare l’Europa come continente molto
frastagliato, fatto che come vedremo incide in misura rilevante sul clima.
* una exclave rappresenta una porzione di territorio appartenente ad uno stato sovrano ubicata al di fuori
dei suoi confini ( in Europa l’esempio più rilevante è l’exclave russa di Kaliningrad ).
Quando una
exclave è ubicata all’interno di un altro stato sovrano, dal punto di vista dello stato ospitante si parla di
enclave ( es. le enclave spagnole di Ceuta e Melilla, situate in Marocco )
Rimandando alla carta ogni dettaglio circa le coste e le penisole, può essere utile qualche breve riferimento
morfo-geologico, per interpretare correttamente il rilievo europeo e rendersi conto di come esso possa
influenzare il clima e contribuire all’individuazione di macro regioni.
In Europa il rilievo trae origine
inizialmente dalle due grandi orogenesi paleozoiche ( caledoniana ed ercinica ), ed agli effetti di queste
ancora oggi visibili sul territorio.
Praticamente tutto il Nord Europa, in un immenso arco spaziale da sud
ovest a nord est è stato modellato dai sollevamenti caledoniani ( il termine deriva da Caledonia, il nome
latino con cui i Romani chiamarono la Scozia ) durante l’era paleozoica o primaria, a partire dal tardo
periodo Ordoviciano ( circa 440 milioni di anni fa ) e per circa 60 milioni di anni fino a buona parte del
Devoniano ( ** ) ; dai monti Cambrici, all’Irlanda, alla Scozia, ai rilievi scandinàvi fino allo scudo balticosarmatico, bassopiano a lento scorrimento per i grandi fiumi della Russia subartica, e agli Urali. Nei periodi
Carbonifero e Permiano ( gli ultimi due periodi dell’era paleozoica ) il corrugamento ercinico proseguirà
questa grandiosa trasformazione ( da circa 330 a 260 milioni di anni fa ) su un arco di circonferenza
sostanzialmente simile al precedente ma a latitudini e a raggio inferiori, sollevando i Cantabrici, i rilievi
armoricani e molti rilievi della mitteleuropa, fino ai Sudeti.
Molto tempo dopo, nell’era cenozoica o
terziaria ( nell’arco di circa 20 mln. di anni, da 60 a 40 mln. di anni fa ), l’orogenesi alpina interverrà nella
parte centro-meridionale del continente, procedendo in linea ideale dall’Atlante e lungo i Pirenei, le Alpi e i
Carpazi, fino al Caucaso ed oltre, così delineando, insieme ai bacini idrografici di riferimento, le grandi
regioni naturali ( Buache ) attualmente presenti sul territorio.
( ** )
i termini con cui sono denominati i periodi geologici della storia della Terra derivano dai luoghi o
dalle regioni storiche in cui vennero identificati i primi affioramenti appartenenti a quei periodi. Una breve
rassegna schematica delle ere geologiche e della loro articolazione è utile in Geografia per orientarsi
correttamente nello spazio e nel tempo, e verrà ricordata in aula.
Dall’orogenesi complessivamente intesa, che può ricordare a grandi linee gli effetti e il progressivo
espandersi delle onde prodotte da uno tsunami, può già intuirsi abbastanza della struttura e dell’orientamento
dell’idrografia europea, con un ideale spartiacque a suddividere i deflussi verso nord-ovest e sud-est,
quindi con un sostanziale perpendicolarismo rispetto alle linee orogenetiche, pur con le molte e peculiari
eccezioni rilevabili.
Riguardo al clima, premesso che nonostante il rilevante sviluppo in latitudine ( circa 36° ) l’Europa è
interessata da un sostanziale clima temperato, coerentemente con la sua collocazione astronomica, è
essenziale ricordare che l’Europa può essere divisa in due grandi porzioni continentali, demarcate dalla linea
ponto-baltica e da una sua ideale prosecuzione da San Pietroburgo fino al Mar Bianco. Si individuano così,
a occidente e a oriente di questa linea, le prime due grandi aree climatiche dell’Europa : relativamente
marittima, beneficiata dalla Corrente del Golfo complici le numerose e profonde ramificazioni della costa,
più piovosa e a moderate escursioni termiche la prima, decisamente continentale, più arida e a forti
escursioni la seconda.
Determinante agli effetti è la Corrente del Golfo, a lambire e mitigare le coste
occidentali e settentrionali fino a Murmansk, che a quasi 70° lat. N e già sulla fronte del Mar di Barents ha
un porto sempre libero dai ghiacci.
Lo stesso Mar di Norvegia non può definirsi un mare freddo : se a
Bergen e Stavanger la media annua sulle coste, a latitudini prossime ai 60°, oscilla tra 7°C e 8°C, anche
salendo fino ad Hammerfest e a Vadso, entrambe sopra i 70° N, non si scende sotto una media annua di
2,5°C. Per un confronto rapido ma attendibile basterà pensare che sulle coste atlantiche nordamericane la
Corrente del Labrador comporta differenze negative dell’ordine dei 10°C rispetto a questi valori. Ad Halifax
( Nuova Scozia ) ritroviamo la media annua di 7,2°C osservabile a Bergen, ma ad una latitudine inferiore di
15°, assimilabile a quella di Genova, che però ha una temperatura media annua circa doppia rispetto ad
Halifax. Non deve ingannare il fatto di essere passati sul Mediterraneo: a Biscarrosse ( situata in Acquitania
sull’Atlantico, circa alla latitudine di Genova ) la temperatura media annua è inferiore di meno di un grado
rispetto a quella di Genova.
Per un quadro di sintesi, si può proporre una suddivisione spaziale dell’Europa in cinque tipologie
climatiche, con gli opportuni riferimenti alla classificazione di Koppen (*) dove significativo : clima
oceanico (c3) - ( o temperato oceanico - o atlantico ), clima mediterraneo (c1) - ( o temperato secco ),
clima di transizione ( nell’Europa centrale e danubiana e in parte dell’Europa adiacente al Mar Baltico ),
clima continentale (d1) - ( prevalente in Russia ) e clima sub-polare (e1), individuabili nelle aree rispettive
e declinabili negli elementi fisici e nelle differenti forme arboree osservabili in rapporto alla latitudine e al
regime pluviometrico.
(*) vedi le tavole della classificazione di Koppen per i vari tipi di clima
3^ LEZIONE
- DISTRIBUZIONE DELLE LINGUE in EUROPA
La lezione successiva riguarda il tema del popolamento dell’Europa e la distribuzione delle diverse etnie sul
territorio, con il progressivo diffondersi dei ceppi e delle famiglie linguistiche, fino ad arrivare
all’articolazione di queste in gruppi, sottogruppi e lingue nazionali, delle confessioni religiose, delle
tradizioni e dei tratti locali.
Se da un lato si presenta affascinante per le sue molte valenze storiche e
culturali, dall’altro è impensabile farne una trattazione completa nel nostro ambito, per cui sarà limitata a un
quadro sintetico delle grandi suddivisioni spaziali che questi fatti hanno comportato, ferma restando
l’importanza delle conseguenze che hanno prodotto ad ogni livello sull’attività umana e sulle prospettive in
Europa.
Tra gli elementi etnico, linguistico e religioso predominante appare quello linguistico, non solo perché la
lingua resta il pilastro centrale su cui costruire una identità nazionale ma anche perché, pur vivendo oggi il
mondo l’esperienza di una Globalizzazione culturale, oltre che economica, dovranno probabilmente passare
ancora molti secoli prima che siano eventualmente abbattute le barriere linguistiche fra i popoli.
Se la
religione può considerarsi spesso un fatto privato e il non riconoscimento di molti Stati può perpetuare
situazioni di negazione etnica ( possiamo pensare al Kurdistan ), la lingua è ancora la prima e più importante
forma di comunicazione e perciò anche di divisione.
Durante il popolamento dell’Europa, pre-esistono sul territorio alcune lingue confinate a regioni abbastanza
ristrette e non collegate fra loro. E’ il caso del basco, nelle aree atlantiche della Spagna settentrionale o di
alcune minoranze linguistiche localizzate nel Caucaso, come l’osseto.
Queste lingue restano isolate ancora
oggi, trattandosi di minoranze locali con storia e peculiarità proprie, e come tali non sono riconducibili a un
gruppo o ad una famiglia specifica.
FAMIGLIA URALO–ALTAICA
Dall’Asia centro settentrionale e orientale, da territori che in epoca medioevale saranno dominio dell’impero
mongolo di Gengis Khan, affluiscono in Europa le lingue della famiglia uralo-altaica, a cui appartiene il
gruppo principale delle lingue ugro-finniche che comprende almeno 4 sottogruppi : le lingue dei Finni
occidentali ( estone, finlandese, lappone, careliano ), l’ungherese - la lingua dei Magiari - le lingue dei Finni
orientali, come il samoiedo e le molte varianti delle lingue sami, e le lingue dei Finni del Volga che
includono gli idiomi parlati nel medio corso della Volga e nel basso corso della Vjatka e della Kama ( vedi
carta geografica ); la rilevanza di quest’ultimo sottogruppo sta anche nel fatto di individuare alcune distinte
unità amministrative autonome della Federazione Russa, come la Rep. dei Komi, degli Udmurti, dei Mari-El
e dei Mordvini, oltre a territori con status di autonomia intermedio ( come il kraj* di Perm ). Come si può
notare, questo gruppo è confinato - a parte il caso dell’Ungheria - a latitudini settentrionali o mediosettentrionali e orientali, comunque orbitanti sul bassopiano sarmatico.
Il percorso della ferrovia
Transiberiana, mentre procede verso oriente a una latitudine media prossima ai 55°N, sembra invece
individuare il limite settentrionale ( in Europa ) di un secondo gruppo della famiglia, quello delle lingue
turco-altaico-mongole, che includono il turco propriamente detto e molte fra le lingue parlate in altre
repubbliche autonome** della Federazione Russa, quali il Tatarstan, la Rep. dei Baschiri, la Rep.dei Ciuvasci
e più a sud la Rep.dei Calmucchi per restare in Europa, ma fino a comprendere l’azero, il turkmeno, l’uzbeko
e il kirghiso, ormai in Asia centrale, dove nelle caratteristiche della lingua diventa via via meno sensibile
l’influenza turca e più evidente quella mongola.
(*) il termine kraj ( territorio ), come già il termine oblast ( provincia ) sono traslitterati dal Russo, e
indicano entità territoriali amministrative proprie dell’ordinamento statale russo.
Data l’estensione della
Russia, esistono anche gli okrug ( circondari autonomi - regioni distanti, molto estese, ubicate ai margini
settentrionali e orientali del territorio ).
(**) Le repubbliche autonome della Russia rappresentano l’entità
territoriale amministrativa col più alto grado di autonomia ( concetti di regionalizzazione e federalismo –
vedi sopra ), rispetto al potere centrale
FAMIGLIA INDO-EUROPEA
Ma la famiglia dominante, da cui discendono gli idiomi parlati da oltre il 90% della popolazione in Europa, è
la famiglia indoeuropea, che proviene dall’Asia indogangetica e dall’altopiano iranico. Comprende tre
gruppi principali di lingue : neo-latine, germaniche e slave.
Al gruppo neo-latino appartengono buona parte delle lingue parlate nell’orbita del Mediterraneo.
Tra
queste il portoghese e lo spagnolo, o più propriamente il castigliano, inteso come la lingua maggiormente
parlata nella penisola iberica, che funge da elemento nazionalista e unificatore in seguito alla dominazione
araba. Non è un caso se alcune delle lingue che hanno resistito a questo processo ( come il gallego e il
catalano ) siano dislocate in aree periferiche, e rivendichino a loro volta un ruolo di identità nazionale, come
avviene in Catalogna. Il sentimento di identificazione nazionale con la lingua è ancora maggiore nel caso
della Francia, che da sempre tenta di eliminare le allofonie presenti sul territorio. Un tratto tipico, che si
ritrova nelle politiche demografiche e nei modelli di convivenza francesi, basati sull’assimilazione, dove si
cerca di fare acquisire appena possibile agli immigrati la cittadinanza e l’identità francesi, trasmettendone i
valori. Peraltro anche il Belgio vallone parla francese e la continuità del gruppo neolatino si estende di fatto
alle Fiandre, dove la popolazione ha diritto a usare questa lingua nonostante ufficialmente qui si parli
fiammingo.
Diversamente dal francese, l’italiano riflette il caso delle minoranze linguistiche ( patois,
ladino, friulano ), che sopravvivono non solo per la loro localizzazione geografica ma anche per un processo
di unificazione nazionale basato appunto sul superamento di ‘una maggioranza di minoranze linguistiche’.
Affine al ladino è il romancio, parlato ancora in Svizzera nel Cantone dei Grigioni. Completano il gruppo il
romeno e il moldavo, eredità della colonizzazione romana ad opera di Traiano, per quanto in Moldavia ( ora
Rep. Moldova ), a seguito della sua pregressa appartenenza alla Unione Sovietica, rimanga oggi l’alfabeto
cirillico. I due Paesi rappresentano in ogni caso una linea di frattura importante nella continuità territoriale
delle lingue neolatine.
Al gruppo germanico appartengono le lingue localizzate nella parte nord occidentale dell’Europa. Oltre al
fiammingo e all’olandese, parlati nelle Fiandre e nei Paesi Bassi, per maggiore chiarezza possiamo
distinguere il sottogruppo tedesco, ulteriormente divisibile nel medio e alto tedesco, parlato in Germania al di
sopra di una linea ideale che unisce Westfalia, Bassa Sassonia, Sassonia-Anhalt e Brandeburgo, e basso
tedesco parlato a sud di questa linea fino a comprendere la Svizzera e l’Austria; il sottogruppo anglo-sassone
che comprende essenzialmente l’inglese e il sottogruppo scandinàvo, che comprende il danese, lo svedese, il
norvegese e l’islandese. Tutte queste lingue sono parlate in Europa nei Paesi di rispettiva appartenenza.
Il gruppo slavo comprende le lingue parlate in Europa orientale, ed è il più rappresentato sia in termini
demografici che spaziali.
Esiste un’area slavofona occidentale, a forte compattezza e omogeneità
geografica, comprendente ceco, slovacco e polacco e un’area slavofona orientale dove si parla soprattutto
russo ( il ‘grande russo’, effetto del processo di russificazione che a partire dal tempo di Pietro il Grande ha
diffuso la lingua dal bassopiano sarmatico fino al Pacifico ). Come già per la Spagna e per la Francia, anche
in Russia la posizione centrica della capitale gioca a favore della diffusione della lingua sul territorio, grazie
al passaggio delle principali via di comunicazione; non a caso il bielorusso e l’ucraino, pure facenti parte del
gruppo, sono dislocati in aree limitrofe, peraltro oggi riconosciute come Stati sovrani. In ogni caso, come
visto, data la sua estensione la Russia non è al suo interno linguisticamente uniforme ( in Russia non si parla
soltanto russo ), mentre lo stesso russo è parlato in varia misura all’interno di molti Paesi ex-sovietici ( si
parla russo anche fuori dalla Russia ).
Non è invece completamente corretto parlare di un’area slavofona
meridionale, quanto piuttosto di un ‘sottogruppo meridionale delle lingue slave’, per le tante soluzioni di
continuità territoriale linguistica osservabili in quell’area. Il sottogruppo meridionale comprende le lingue
slave più antiche, in quanto ancora oggi simili alle forme in uso per la Chiesa ortodossa, e segnatamente lo
sloveno, il serbo-croato, il montenegrino, il macedone e il bulgaro.
La famiglia indoeuropea comprende inoltre i gruppi : celtico, baltico, albanese e greco.
Greco e albanese fanno parte della famiglia ma identificano col gruppo già una lingua nazionale. Il greco è
una lingua oggi molto differente dal greco classico e letterario, e viene parlato in Grecia, a Cipro sud e nelle
comunità locali dove sopravvive ( come alcune aree del Salento e della Calabria ), mentre l’albanese oltre
che in Albania è parlato anche nel Kosovo ( mussulmano, anche se ancora ufficialmente parte della Serbia
ortodossa ).
Lingue baltiche sono il lettone e il lituano, parlati in Lettonia e in Lituania, oggi nuovamente Stati sovrani
dopo la caduta dell’Unione Sovietica.
Nondimeno, questi due Paesi risentono ancora fortemente del
processo di russificazione, essendo ubicati in una zona cruciale sul Mar Baltico, dove non a caso sopravvive
la exclave russa di Kaliningrad; questo è vero specialmente per la Lettonia, dove tuttora quasi il 40% della
popolazione parla russo, a fronte di una componente etnica russa non superiore al 27%.
Più congrua la
situazione in Lituania, dove circa l’85% della popolazione parla lituano e con esso convivono minoranze
linguistiche russe e polacche dell’ordine del 5% rispettivamente.
Infine il gruppo delle lingue celtiche,
idiomi propri delle popolazioni che pre-esistevano sul territorio europeo rispetto alla successiva
colonizzazione romana, che comprende il bretone, il gallese, il gaelico scozzese, il gaelico irlandese ( o erso )
e il manx ( parlato sull’isola di Man ). Queste lingue non individuano demarcazioni rilevanti nello spazio
geografico europeo, essendo poco rappresentate in termini numerici e confinate all’estrema periferia nordoccidentale del continente, orbitanti quindi sul gruppo delle lingue germaniche.
Da quanto sopra ritroviamo dunque un secondo criterio di suddivisione dell’Europa, che insieme a quello già
visto nella lezione 2^ ci consente di arrivare ad una suddivisione più significativa, che rappresenta il
compromesso tra elementi naturali e antropici; il valore aggiunto che dobbiamo ottenere sta nel confronto
dei due approcci considerati, evidenziando le aree di sovrapposizione, le similitudini, le coerenze, le
discrepanze e le linee di frattura spaziale, attraverso l’uso di apposite carte tematiche e/o di carte mute da
compilare a seconda delle necessità. Avremo quindi :
a ) l’Europa sud-occidentale o neo-latina
b ) l’Europa nord-occidentale o germanico-sassone
c ) l’Europa nord-orientale o slava
d ) l’Europa sud-orientale o ‘delle isole linguistiche’