Maggio 1970 213. Riforma del diritto di famiglia 1 LA RIFORMA DEL DIRITTO DI FAMIGLIA ESIGENZA DI UN RINNOVAMENTO DELLA NOSTRA LEGISLAZIONE FAMILIARE L'urgente necessità di introdurre l'istituto del divorzio nell'ordinamento giuridico italiano viene spesso sostenuta con argomenti che fanno riferimento alla profonda evoluzione politico-sociale che ha caratterizzato lo sviluppo della nostra comunità nazionale negli ultimi decenni, e, in particolare, a lle radicali trasformazioni che dopo la conclusione della seconda guerra mondiale si sono verificate in ogni settore della vita civile del nostro Paese, evoluzione e trasformazioni che h anno inciso in misura notevole sui rapporti di famiglia, in quanto hanno portato a una progressiva emancipazione della donna s ul piano politico e sul piano economico-sociale, e in quanto, avendo accresciuto le esigenze economiche e le aspirazioni al benessere dei singoli e dei gruppi, hanno finito per imporre un ritmo molto più intenso allo svolgersi della vita del raggruppamento familiare. La famiglia in Italia - osservano i divorzisti - è sempre meno l'antica « istituzione », praticamente immobile, a carattere patriarcale, nella quale i componenti erano soggetti a norme di convivenza stabilite principalmente in f unzione del conseguimento del bene dell'istituzione stessa. Oggi - essi aggiungono - la realtà familiare, che si è ormai ridotta al suo « nucleo >> essenziale (i coniugi), anche da noi tende sempre più a diventare un « gruppo psicologico >>, una mera « companionship », in cui due individui convivono vincolati tra loro quasi esclusivamente da legami di affezione, di congenialità e di comuni interessi. Secondo i fautori del divorzio, quanto più l'unione coniugale nella società italiana si configura come « companionsbip » nel senso descritto, o, se si vuole, in ter· mini sostanzialmente individualistici, tanto più la nostra legislazion e, la quale vuole ch e unicamente la morte di uno dei due coniugi possa essere la causa dello scioglimento del vincolo matrimoniale, si dimostra carente e inadeguata. Nella Costituzione italiana del 1947 (art. 29) si parla della «famiglia» come di una "società naturale» alla quale debbono venir riconosciuti dei "diritti» originari. Il gruppo familiare, che si fonda sul matrimonio, viene considerato dal nostro costituente (artt. 29-3 1) come la prima e più spontanea espressione della naturale socialità della persona umana e , implicitamente, come "prin-387- cipium urbis et quasi seminarium reipublicae >> (Cicerom:, De Off., I, 17, 54), come «seminario, vivaio della nazione, per la procreazione fisica degli individtù e per la loro formazione morale>> (1). E' facile vedere come il popolo italiano nel momento in cui ha scelto il proprio ordinamento fondamentale, abbia chiaramente ribadito, sul piano del «dover essere», di voler ritenere la famiglia come una « istituzione •• comunitaria di pubblico interesse, la cui unità e stabilità devono venir garantite dalla legge e la cui struttura giuridica deve venir concepita in funzione della tutela e della promozione dei diritti delle persone (i coniugi e la prole) che la costituiscono. A nostro avviso, una legge divorzista come quella proposta dai deputati Fortuna e Baslini, con la quale si arriva ad ammettere il divorzio c. d. <<consensuale>>, appare chiaramente in contrasto con i principii riguardanti il matrimonio e la famiglia che sono affermati nella n ostra Carta costituzionale. Finchè r imangono in vigore i principii costituzionali sopra ricordati, una qualsiasi riforma del. nostro diritto matrimoniale non dovrebbe poter legittimamente portare alla creazione di norme le quali attribuiscano in definitiva ai coniugi il potere discrezionale di porre nel nulla il loro coniugio. Quale che possa essere la sorte riservata al disegno di legge Fortuna-Baslini, ora all'esame del Senato della Repubblica, il richiamo che i divorzisti fanno ai mutamenti in atto nella nostra società in materia di strutture familiari, - magari mutuando acriticamente da alcuni studiosi della realtà sociale -italiana dati di fatto e interpretazioni (2) -, deve in ogni caso venir tenuto presente dal legislatore. Il nostro diritto di famiglia, quanto a parecchi dei suoi contenuti e quanto alla sua fo rmulazione, risale a un'epoca storica del tutto diversa dalla nostra e in molte s ue parti riflette costumi e mentalità certamente superate. Tra l'altro, le norme attualmente vigenti: per la formazione della famiglia sembrano esigere nei nubendi soltanto una capacità fis iologica, e non invece quella capacità morale e quella maturità psicologica che sono indispensabili per dar vita a una vera ed efficiente comunità; non prevedono idonei strumenti per una preparazione adeguata dei nubendi stessi al matrimonio; considerano in pratica la donna come un essere di ridotte capacità intellettuali e morali; con cedono al marito alcuni privilegi assurdi; per la tutela della famiglia legittima mantengono in condizioni di grave inferiorità sociale i figli nati fuori del matrimonio; non configurano la famiglia come una vera so(l) A. TRABUCCHI, Istituzioni di Diritto civile, Padova 1959, XI ed .. p. 234. (2) Sul significato e sulla validità di certe moderne Interpretazioni in senso individualistico della. realtà famillare, v. A. ARDIGÒ, Sociologia della famiglia, in Questioni di Sociologia, vol. I, Brescia 1966, spec. pp. 641 ss. -388- Maggio 1970 213. Riforma del diritto di famiglia 2 cietà di per sone, nè per ciò che concerne il modo del suo governo, nè per ciò che concerne il regime dei beni appartenenti ai due coniugi; in materia di successioni patrimoniali danno la preferenza alla c.d. <<grande famiglia», tutelando pretesi diritti o interessi del <<casato» a scapito dei diritti e interessi della vera famiglia (coniugi e prole). E' indispensabile che quanto prima si ponga mano a una riforma legislativa, la quale adegui il nostro diritto familiare al dettato costituzionale e insieme alle esigenze della società italiana attuale. Tale riforma, oltre tutto, potrebbe ovviare al crearsi di alcune situazioni matrimoniali in rapporto alle quali da alcuni oggi si pensa al divorzio come a un n ecessario rimedio. Nel marzo del 1967 l'on. Oronzo Reale, allora ministro di Grazia e Gius tizia, il quale aveva da poco presentato un disegno di legge governativo contenente << modificazioni delle norme del Codice civile concernenti il diritto di famiglia e le successioni», rivolgendosi a qualche acceso divorzista che l'accusava di aver presentato tale d.d.l. come uno <<strumento per impedire il divorzio», in un pubblico dibattito osservava : <<Non tutto il diritto della famiglia consiste nello stabilire se i coniugi possano divorziare o no [ .. .]. Pur volendo considerare il problema del divorzio in tutta la sua importanza o, se si vuole, in tutta la sua urgenza (e voi sapete che io appartengo a una scuola politica e a un partito politico che è favorevole al divorzio [ ... ]), è certo che il momento del divorzio è un momento patologico della vita familiare, mentre la fami glia vive una vita che prima di arrivare a questo si svolge in tanti episodi, in tante attività, in tanti contrasti, in tanti bisogni a cui occorre a ogni modo provvedere» (3). Queste brevi note su quelle che pensiamo dovrebbero essere le grandi linee di una riforma organica del nostro diritto di famiglia, tengono conto, in particolare, delle cinque diverse proposte di legge sulla materia che sono attualmente all'esame del Parlamento (4). (3) Clt. In parte a senso da un resoc. stenografico pubblicato In Dibattito sttl Disegno di legge per la 1'iforma del diritto di famiglia, Circolo della Stampa dl Mllano, 3 marzo 1967, (fascicolo ciclostilato, s .d .), p. 16. (4) Alla Camera del Deputati nella legislatura In corso sono state presentate tre diverse « proposte di legge » per una riforma organica del diritto dl famiglia: una prima (n. 503), 1' 11 ottobre 1968, d 'Iniziativa dei deputati REALE OaoNzo, LA MALFA e altri ( « Modificazioni delle norme del codice civile concernenti i l diritto di famiglia e le successioni »); una seconda (n. 703), 11 19 novembre 1968, d'Iniziativa del deputati RUFFINI e MARTINI MARIA ELETTA (« Riforma del diritto di famiglia » ); una terza Infine (n. 1378), 11 30 aprile 1969, d 'Iniziativa del deputati loTTI LEONILDE, SPAGNOLI, GUIDI, LoNGO LUIGI e altri ( « Modificazioni delle norme del CO· dice civile conce1·nenti il diritto di famiglia e l e successioni»). Al Senato un «disegno di legge » dl riforma è stato presentato Il 2 luglio 1969 (n. 754: «Riforma del "diritto di famiglia" ») d'Iniziativa del senatore FALcuccx FRANCA, e un altro è stato presentato Il 16 marzo 1970 (n. 1151: «Disposizioni sullo stato delle persone e l'ordinamento della famiglia ») d 'Iniziativa del s enatori GATTI CAPORASO ELENA, PIERACCINI e a l tri. -389- r, - · INDICAZIONI PER UNA RIFORMA ORGANICA 1. Le norme che riguardano Il costituirsi della famiglia. Stabilito che la famiglia deve essere una « società di persone », la riforma dovrebbe innanzi tutto riguardare il « costituirsi » di tale società. a) Da alcuni si ritiene opportuno che il nostro Codice chiarisca preliminarmente, in termini sintetici, che cosa significhi e quali effetti produca nel nostro ordinamento l'atto che dà vita al coniugio. Si osserva che una tale premessa farebbe comprendere meglio a tutti, e in modo speciale ai direttamente interessati, che il matrimonio si costituisce soltanto con il consenso espresso coscientemente e responsabilmente dagli sposi. Viene suggerito che la norma abbia la seguente formulazione: «Il matrimonio si costituisce con la volontà, legittimamente espressa davanti al competente ufficiale di stato civile, di un uomo e di una donna, forniti dei requisiti fissati dalla legge, di prendersi reciprocamente in marito e in moglie, assumendo l'obbligo reciproco della coabitazione, della fedeltà e dell'assistenza morale e materiale» (5). b) Il Codice civile italiano nell'art. 84 dice che per contrarre il matrimonio l'uomo deve aver compiuto gli anni sedici, e la donna gli anni quattordici; aggiunge che per gravi motivi la competente autorità può accordare dispensa e ammettere al matrimo· nio « l'uomo che ha compiuto gli anni quattordici e la donna che ha compiuto gli anni dodici >>. La sempre più chiara presa di coscienza de ll'importanza indi· viduale e sociale dell'atto che fa nascere la famiglia e la constatazione che molto spesso i matrimoni contratti da giovanissimi finiscono p er falli re, fanno ritenere che sia indispensabile innalzare il limite minimo dell'età matrimoniale fissato dalla legislazione vigente. Un tempo forse era possibile ovviare ad alcuni degli inconvenienti derivanti dall'immaturità degli sposi mediante l'inserimento degli stessi nel contesto più vasto della famiglia patriarcale. Oggi i giovani che si sposano, tendono a formare dei nuclei fami· liari autonomi. Appare pertanto sempre più necessario che i nubendi, oltre che biologicamente maturi, siano psicologicamente sviluppati, pienamente capaci di comprendere gli scopi dell'istituto matrimoniale e seriamente preparati ai gravissimi compiti che li attendono. (Neppure allo scopo di « legit timare ,, figli nati da giovanissimi la legge dovrebbe consentire eccezioni in questa materia: è importante che non vengano a costituirsi nuclei familiari (5) P.d.l. RUFFINI-MARTINI, art. l . -390- Maggio 1970 213. Riforma del diritto di famiglia 3 instabili; è preferibile perciò piuttosto rassegnarsi a che dei figli restino privi, almeno temporaneamente, dello << status >> dei legittimi). Si potrebbe stabilire che l'età minima per contrarre il matrimonio coincida con la cosiddetta << maggiore età », cioè con l'età al compimento della quale il cittadino viene dalla legge considerato capace di compiere tu tti i più importanti atti giuridici. (Nulla vieta che in un quadro più ampio di riforma del nostro diritto privato e pubblico si prenda in serio esame l'opportunità di abbas· sare il limite oggi stabilito per il raggiungimento della maggiore età, dal compimento del vent unesimo anno al compimento del di· cio t tesimo). c) A giudizio di psicologi, medici e magistrati, il fallimento di parecchie unioni si spiega con il fatto che molti contraggono il matrimonio senza avere nessuna conoscenza di ciò che è la vita matrimoniale e d i ciò che è necessario perchè essa abbia una impostazione armoniosa e durevole. Sembra opportuno che la legge favorisca la creazione di appositi istituti nei quali si promuova la cultura medica, giuridica, psicologica ed etica per una consapevole preparazione dei gim•ani al matrimonio. Il legislatore dovrebbe inoltre imporre a coloro che intendono sposarsi, una <<visita prematrimoniale »: essa dovrebbe avere lo scopo di mettere i due nubendi di fronte alla realtà e alla responsabilità del loro stato fisico e psichico di salute, anche con riguardo ai figli che potrebbero nascere dal coniugio. (In connessione con la <<visita prematrimoniale », potrebbe venire presa in considerazione anche l'ipotesi che dalla legge si suggerisca uno scambio tra i nubendi delle rispettive cartelle cliniche). 2. Il problema della validità del consenso. Se il matrimonio nasce dal « lib~:ru consenso>> dei due nubendi, è facile vedere quanto sia importante che il consenso stesso sia stato da loro espresso validamente. a) Di molte unioni si dice che sono mal riuscite, mentre esse in realtà non si sono mai neppure costituite a causa di difetti molto gravi che hanno viziato radicalmente la dichiarazione di volontà degli sposi nel momento della celebrazione delle nozze. E' necessario che in tali casi si possa dichiarare «nullo » il negozio giuridico con cui si è inteso porre in essere il coniugio. Si obietta che la legislazione italiana vigente, e più ancora la nostra prassi giurisprudenziale, in questa materia sono molto più rigorose che la legislazione e la prassi giurisprudenziale canoniche: si osserva ch e è molto più arduo ottenere una sentenza di nullità per «difetto di consenso» nel caso di un matrimonio che sia sta to celebrato con il rito civile o nel caso di un matrimonio che sia stato celebrato davanti a ministro di culto acattolico am- 391- messo dallo Stato, che non q ua ndo si tratta di un matrimonio « concordatario ». Si deve auspicare che il nostro legislatore affronti con decisione tutta la problematica che si riferisce alla « capacità di intendere e di voler e , dei nubendi in relazione a l libero consenso da loro richiesto perchè il matrimonio si costituisca, e nella ricerca di soluzioni adeguate tenga presenti gli studi più recenti degli psicologi e degli psichiatri sulla c.d. « infermità di m ente >> e su i « vizi di volontà "· Nella Chiesa cattolica attualmen te si sta lavorando per un rinnovamento del diritto canonico in materia m atrimoniale. Non è escluso che la riforma .della disciplina del matrimonio civile e quella della disciplina del matrimonio concordatario sul punto delle nullità per difetto di consenso possano alla fine giungere a conclusioni di notevole apertura analoghe o parallele. b ) Il Codice civile vigente, nell'art. 122, prendendo in considerazione tra le cause di nullità del matrimonio il c.d. «errore», precisa: «L'errore sulle qualità dell'altro coniuge non è causa di nullità del m atrimon io se non quando si risolve in errore sull'identità della persona ». La coscienza sociale e giuridica attu ale ritiene necessario che in tema di nu llità si dia rilevanza al fatto che al momento delle nozze il consenso può essere sostanzialmente viziato dalla non conoscenza, da parte di uno dei due nubendi, di « qualità » dell'altro o comunque di circostanze che possono rendere moralmente o mat.e rialmente intollerabile la vita coniugale. Per ovviare al pericolo che una dizione generica possa òare a l giudice poteri di valutazione talmeilte discrezionali da pregiudicare gravemente la stabilità della famiglia, sembra necessario che il legislatore enumeri tassativamente le ipotesi in cui l'errore dovrebbe considerarsi invalidante. In questo ordine di idee, tenuto conto di quanto è stat o già proposto da alcuni, la norm a potrebbe venir formulata, ad esempio, così: « L'errore sulle qualità dell'alt ro coniuge è causa di nullità del ma trimonio soltanto quando esso riguardi : l) l'esistenza di un precedente matrimonio, anche se non fornito di effetti civili; 2) l 'esistenza di prole legittima o naturale riconosciuta o dichiarata; 3) Io stato di gravidanza causato da persona diversa dal soggett o c.aduto in errore; 4) l'esistenza di grave m alattia fisica o psichica che renda impossibile l'ordinato svolgimento della vita familiare ovvero costituisca grave os tacolo all'esercizio dei diritti e all'adempimento dei doveri che nascono dal matrimonio; 5) l'esistenza di deviazioni sessuali clinicamente accertabili che costituiscano ostacolo al normale svolgimento della vita coniugale; -392- Maggio 1970 213. Riforma del diritto di famiglia 4 6) l'appartenenza a religione diversa da quella che si riteneva da parte del coniuge caduto in errore; 7) l'esistenza di una dichiarazione di delinquenza abituale, professionale o per tendenza, emessa con sentenza passata in giudicato; 8) l'esistenza di una condanna non ancora eseguita a pena detentiva non inferiore a cinque anni, o non inferiore ai due anni se si tratta di reati contro la morali tà pubblica o il buon costume o concernenti la prostituzione; se l'azione di nullità del matrimonio viene proposta prima che si sia formato il giudicato sulla condanna, il giudice civile sospende il processo in attesa dell'esito del giudizio penale » ( 6). c) L'istituto mat rimoniale dovrebbe venir salvaguardato di fronte alla disonestà di chi con artifici o raggiri, cioè «dolosamente >>, tragga in inganno una persona e la vincoli a sè con un legame che essa certamente non accetterebbe se fosse a conoscenza della verità. Poichè il nostro Codice civile non prevede tra le cause di invalidità del matrimonio il «dolo», sembra opportuno che in esso si aggiunga una norma nella quale si stabilisca che « il matrimonio può essere impugnato da quello degli sposi il cui consenso sia stato provocato con dolo dall'altra parte su un presupposto di natura grave falsamente denunciato, tale che in mancanza di esso quel consenso non ci sarebbe stato» (7). 3. Parità del coniugi e autorità sociale nella famiglia. Se l'unione formata dalle d ue persone che hanno contratto il matrimonio è un'autentica «società», ai due «membri» che la costituiscono la legge dovrebbe riconoscere una sostanziale ed effettiva parità di diritti e di doveri soprattutto per ciò che si riferisce a llo svolgersi della vita interna della società stessa. a) Secondo la concezione accolta nella nostra Carta costituzionale, la famiglia è una << società di persone » composita, che consta di due società semplici: la «società coniugale», di cui sono membri i coniugi, e la « società parentale », di cui sono membri i geni tori e i figli. « Società di persone » è l'unione morale e stabile di due o più individui in vista di un fine comune da conseguire. Ora, perchè vi sia una unione morale e stabile tra i membri di una società, deve necessariamente esistere un principio attivo, permanente, che abbia il potere di obbligare efficacemente i singoli ad agire con(6) Cfr. l'art. 13 del d.d.J. FALCUCCI e l'art. 8 della p.d.J. RUFFINI- MARTINI. (7) Ctr. l'art. 8 (ultimo comma) della p.d.l. 15 del d.d.l . FALCUCCI. -393- RUFFINI-MARTINI e l'art. cordemente in ordine a l conseguimento del fine comune. Tale principio si chiama « au torità sociale », e può definirsi come il diritto di obbligare i membri della società a tendere con i loro atti liberi al fine comune. In ogni società, nasca essa da una esigenza della natura umana o unicamente da un atto libero di volontà dei contraenti, l'autorità, in via di principio, risiede nell'unione dei soci. Anche quando viene eserci tata da uno solo dei soci o da alcuni soltanto di loro, essa si considera delegata espressamente o tacitam ente dalla società a color o che la esercitano. I due r aggruppamenti sociali che vivono in seno a lla famiglia devono reggersi come «società»; in esse pertanto esiste necessariamente una autorità sociale. Nella societ à coniugale (quella formata dai d ue coniugi) e nella società parentale (quella formata dai genitori e dalla p role) unico titolare dell'esercizio dell'autorità sociale è, secondo la legislazione familiare vigente nel nostro Paese, il marito, il c.d. « capo della famiglia », il quale di regola esercita appunto rispettivam ente e la «potestà maritale» e la «patria potestà>>. (Va notato che, trattandosi di due società di per sone, H « capo della famiglia » almeno in teoria dovrebb e in ogni caso esercitare tali potestà non già in nome proprio, bensì sempre in nome e per conto delle società che governa, facendosi di volta in volta interprete delle esigenze degli altri soci, e tenendo soprattutto conto delle esigenze e delle aspirazioni della comparte nel coniugio) . Nel mondo attuale la donna prende sempre più coscienza della su a dignità di persona, dei suoi diritti di libertà , della sua eguaglianza nei confronti dell'uomo. La famiglia, d'altra parte, è una piccola comunità di persone in cui ( non dimentichiamo che i coniugi sono persone che per d efinizione devono comprendersi ed amarsi ) dovrebbe essere facile e comunque è certam ente necessar io un accordo costante tra i soci. Sembra giusto pertanto che nella famiglia la donna giunga finalmente a partecipare di pieno diritto, alla pari con l'uomo, all'esercizio dell'autorità sociale. Una riforma del nostro di ritto di famiglia che tenga conto di queste esigenze, dovrebbe prevedere: l ) norme che facciano partecipa re a tutti gli effetti la moglie al governo della socie tà ch e essa for ma con il m arito; 2) norme che attribuiscano la «patria potestà » congiuntam ente a entrambi i genitori. b) La donna per il nostro Codice civile è un essere debole che il marito ha il dovere, oltre che di proteggere, di mantenere dal punto di vista economico. Un'attività della moglie ordinata a l mantenimento del marito è presa in considerazione dalla legislazione vigente sol tanto per il caso in cui il marito non abbia mezzi sufficienti per vivere. Se si vuole che la donna nel nucleo familiare sia veramente uguale all'uomo, è necessario ch e il legisla tore stabilisca chiaramente che ambedue i coniugi devono provvedere insieme, con il - 394- Maggio 1970 213. Riforma del diritto di famiglia 5 loro lavoro professionale e casalingo e con le loro sostanze, ai bisogni della vita familiare. c) Perchè la vita familiare abbia un carattere più genuina· mente comunitario e perchè nella società coniugale la donna si senta nel senso più pieno <<consorte, del marito, la n ostra legi_s lazione dovrebbe disporre che il r egime patrimoniale legale della famiglia sia <<costituito dalla comunione dei beni acquisiti dopo il matrimonio dall'uno o dall'altro coniuge ''• facendo eventualmente eccezione per i beni << derivanti da donazione, da successione, dal reimpiego delle somme ricavate da lla vendita di beni ch e appartenevano in proprio a uno solo dei coniugi, o dall'esercizio di un'impresa, (8). Sempre in tema di rapporti patrimoniali sembra importante, ancora sulla base del principio ch e l'unione dei coniugi costituisce una vera << società di p er sone», modificare altresì la legislazione vigente in materia di successione ereditaria e di donazioni; in particolare sembra oppor tuno: l) stabilire la successione << legittima» del coniu ge nella <<piena proprietà» (non soltanto nell'<< usufrutto ») di una quota del patrimonio; 2) abolire l'anacronistico divieto delle donazioni tra coniugi, di cui nell'art. 7c:H del Codice civile ( divieto che il legislatore del 1939 nella Relazione al Re [ a l n. 147] diceva di ritenere << n ecessario per m antenere integra la solidarietà morale e materiale della famiglia,). 4. Il problema della separazione dei coniugi e quello dei figli adulterini. Problemi di revisione del nostro diritto di famiglia ci si presentano anche quando prendiamo in considerazione le norme rela tive alle situazioni patologiche in cui possono venire a trovarsi la comunità coniugale o la comunità familiar e. a) La stabilità dell'unione coniugale è fondamentale perchè la comunità familiare possa svolgere in maniera adeguata il suo ruolo. << Solo la stabilità consente infatti una donazione totale e incondizionata; solo la stabilità garantisce quella sicurezza psicologica che fa s uperare i momenti di stanchezza o di egoismo che inevitabilmente compaiono in una lunga vita in comune ; solo la stabilità permette alla fragile personalità del minore di u sufruire di quell'ambiente sereno, amoroso, sicuro che è indispensabile per un progressivo e armonico sviluppo della sua personalità adolescenziale in personalità matura , (9). In una società come la nostra, nella quale a tutela di tale s tabili tà viene sancita· dal diritto l'indissolubilità del vincolo matrimoniale, possono prodursi fatti o condizioni obiettive partico(8) P .d .l . RUFFINI-MARTINI, R elazion e, p. 19. ( 9) A. C. Moao, Riforma d el diritto di famiglia, In Matrimonio e famiglia oggi in Italia, di Autori vari, Borla ed., Torino 1969, p. 394 . -395- lari che rendono la convivenza di due coniugi gravemente pregiudizievole per la vita della famiglia o per l'educazione della prole. Il nostro Codice civile come rimedio per questi casi prevede l'istituto della «separazione personale» dei coniugi: tale separazione può aversi o in seguito a pronuncia del giudice, quando sia chiesta da uno dei coniugi, il quale denunci una determinata " colpa » dell'altro coniuge, o per il consenso di ambedue i coniugi e con l'omologazione di tale consenso da parte del tribunale. Si osserva che secondo le norme vigenti « di fronte alla crisi della comunità familiare l'intervento del potere pubblico nella regolamentazione dei diritti e dei doveri dei suoi membri è subordinato [ ... ] o all'accordo pieno dei coniugi, non solo sulla separazione, ma anche s ui dettagli economici e sull'affidamento della prole, o all'individuazione di una colpa, p eraltro soggetta a valutazioni tassative e aprioristiche, con la possibilità addirittura di rigetto delle istanze contrapposte dei due coniugi ,, (lO). Si precisa: <<La crisi della famiglia, intesa come comunità non solo socialmente, ma anche giuridicamente rilevante, è un fatto grave, che compromette inevitabilmente i più elementari diritti di tutti i suoi membri, fatto del quale, pertanto, il potere pubblico non può in alcun modo disinteressarsi >>. « Rispetto a tale pre· ciso dovere, - si soggiunge -, ha rilievo certamente secondario la valutazione della colpa di uno o di entrambi i coniugi, così come non puo assumere valore assoluto, vincolante anche rispetto agli altri membri della comunità familiare, la determinazione delle condizioni della separazione concordate tra i due coniugi)) (11). Ciò posto, sembra ragionevo le proporre una riforma del no· stro diritto familiare, la quale configuri "un'ipotesi generale di separazione "ope iudicis" (cosiddetta "legale"), prospettando in seno ad essa la valutazione della colpa dei coniugi solo come eventuale metro sussidiario per la determinazione delle condi· zioni >> (la separazione dovrebbe poter venire richiesta da uno o da entrambi i coniugi: - quando risultino sussistenti circostanze .o situazioni che rendano la convivenza impossibile ovvero gravemente pregiudizievole all'ordinato svolgersi della vita della comunità coniugale o familiare; - quando ci si richiami a colpe dell'altra parte), e conservi, "accanto a tale figura generale, quella della separazione consensuale, investendo però per tale ipotesi il Tribunale per la famiglia (12) del potere non solo di vagliare, (10) D.d.l. FALCUCCI, Relazione, p. 15. (11) Ibidem. ( 12) Per la conoscenza di tutte le controversie sia civili sia penali Interessanti la comunità familiare da molte parti oggi cl sollecita l'Istituzione di un « Tribttnale p e1· la famiglia (e per i minorenni] », cioè di un organo giudiziario specializzato a cui dovrebbero venir demandati, oltre che l compiti di natura declsorla, a nche funzioni di carattere conciliativo, consultivo e di chiarificazione dl situazioni familiari. Trattandosi di controversie di estrema complessità e delicatezza, si ritiene Infatti indlspen- - 396- Maggio 1970 213. Riforma del diritto di famiglia 6 in sede di omologazione, la congruità delle condizioni concordate, ma anche, ove ne sia il caso, di modificarle » (13). b) La comunità familiare, nel nostro ordinamento, tra i suoi compiti is tituzionali ha quello fondamentale di preparare nel suo seno i nuovi esseri che vengono all'esistenza, a inserirsi degnam ente nella vita associata. La Carta costituzionale del 1947, dopo aver riconosciuto nell'articolo 29 i diritti della « famiglia, come società naturale fon· data s ul matrimonio>>, stabilisce, nel primo comma dell'art. 30, che «è dovere e diritto dei gen itori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio>>; aggiunge, nel terzo comma del medesimo articolo, che « la legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti della famiglia legittima >>, Il legislatore del 1939 si era sentito soprattutto obbligato a difendere i diritti della famiglia legittima. E' per questo che il nostro Codice civile, mentre consente al genitore naturale di « riconoscere>> ·i figli concepiti e nati prima del suo matrimonio (art. 250), i figli adulterini il cui concepimento sia avvenuto prima del suo matrimonio, e i figli adulterini concepiti in costanza del suo matrimonio, ma nati dopo la morte dell'altro· coniuge (art. 252, primo e secondo comma), considera inammissibile qualsiasi forma di riconoscimento, da parte del genitore naturale, dei figli adulterini concepiti e nati in costanza del suo matrimonio. Oggi comunemente si giudica necessario eliminare tutto ciò che in qualunque modo costituisce una (( deminutio )) obiettivamente ingiusta per i figli adulterini, per delle << persone >>, cioè, che non sono per nulla responsabili della loro particolare situazione e che hanno certamente il << diritto >> di essere inseriti in una «famiglia>> il più possibile di tipo naturale (14). Una seria riforma del nostro diritto di famiglia deve tener conto di questi orientamenti della coscienza sociale. Nel grande quadro di detta riforma si potrebbe, in tale sen so, sablle che 1 giudici che le devono risolvere: a) siano specificamente preparati sul plano psicologico e soclologlco; b) s iano In grado di assicurare Interventi tempestivi, di seguire procedure più snelle e più Idonee all'accertamento della verità, e di servirsi, oltre che delle normali prove processuall, anche dell'austilo di esperti In servizi e assistenza sociali (cfr. la p.d.l. RUFFlNI-MARTINI, Relazione, pp. 23 S., e il d.d.l. FALCUCCI, Relazione, pp. 32 ss.). (13) D.d.l. FALCUCCI, Relazione, p. 15. ( 14) Il fatto che al bambino debba venir riconosciuto un «diritto» ad essere Inserito In un nucleo familiare Il più possibile di tipo naturale, è stato uno del principali motivi lsplratorl della legge 5 giugno 1967, n. 431: Dell'adozione speciale. V., in proposito: ATTI CAMERA DEP., IV Legislatura, Proposta di legge n. 1489 ( « Legittimazione per adozione a favore di minori in stato di abbandono»), presentata Il 20 giugno 1964, d'Iniziativa del deputati DAL CANTON MARIA PIA, BONTADE MIIRGHERITII, e altri, spec. nella «Relazione»; e G. PERICO - F. SIIN'rANERII, Adozione e prassi adozionale, ed. Centro Studi Sociali, Milano 1968, spec. pp. 37 ss. e 98 ss. -397- prevedere una norma, la quale consenta al genitore che al tempo del concepimento era unito in matrimonio, di << riconoscere "• mediante una dichiarazione resa davanti al giudice tutelare, <<la procreazione del nato fuori del matrimonio» (15). Da questa dichiarazione dovrebbero automaticamente conseguire: l) l'assunzione, da parte del genitore, degli obblighi patrimoniali relativi al mantenimento, all'istruzione e all'educazione del figlio; 2) l'assunzione, da parte del genitore nei confronti del figlio, dei poteri .e degli obblighi derivanti dalla << patria potestà ». A tutela dell'unità della famiglia legalmente costituita, si potrebbe stabilire che, anche in presenza della << dichiarazione di procreazione», occorra il consenso del coniuge del genitore naturale perchè il figlio adulterino possa assumere il cognome del padre, e, più ancora, perchè esso possa venir inserito nel nucleo familiare legittimo. Luigi Rosa ( 15) Per la dizione <<dichiarazione di procreazione», v. d.d.l. FALCUCCI, art. 72. -398-