Fedele Iannone, economista dei trasporti e della logistica ORIGINI ED EVOLUZIONE DELLA LOGISTICA MODERNA: dalla logistica militare alla macrologistica 1. Premessa La logistica è uno dei più complessi ed affascinanti processi trasversali in cui devono essere tenuti presenti un numero elevato di fattori legati ai micro e ai macrofenomeni aziendali e territoriali che ruotano intorno alla produzione, al commercio e ai trasporti. Attualmente, quindi, il concetto di logistica è molto più ampio e diffuso rispetto alla concezione tradizionale del termine, riguardando da un lato le tematiche direttamente legate alla ottimizzazione della gestione interna ed esterna dell’impresa in relazione a fornitori e clienti, con una forte enfasi sull’utilizzo delle nuove tecnologie di informazione e comunicazione; dall’altro, i problemi e le decisioni che rientrano nell’ambito delle politiche pubbliche locali, nazionali e transnazionali in materia di infrastrutture e servizi logistici e di trasporto (ad esempio, l’Alta Velocità, i grandi corridoi europei, etc.), allo scopo di creare sistemi economico-territoriali ad elevate prestazioni, evitando le strozzature nei processi distributivi e rispondendo efficacemente alle esigenze della collettività in termini di rapidità, qualità e sicurezza. Le considerazioni appena fatte costituiscono il punto di partenza di questo lavoro, nel quale si analizzeranno le diverse fasi evolutive della logistica moderna, evidenziando le possibili soluzioni di sviluppo che essa potrà avere nell’ambito dei sistemi produttivo-distributivi e territoriali odierni. 2. Dalla logistica militare alla gestione della supply chain estesa La radice della parola “logistica” deriva dal verbo greco “legein”, che significa arte del calcolare, discutere, da cui “logos”, ovvero verbo, ragione, parola, discorso. Il “logista” era il “magistrato addetto a far di conto”, mentre nel greco moderno sta ad indicare il ragioniere contabile. Quindi, il termine logistica dovrebbe indicare essenzialmente un’attività basata sulla razionalità e sulla logica. La logistica, come vera e propria disciplina, si è inizialmente sviluppata nell’arte militare ed infatti il suo primo riconoscimento teorico va al fondatore dell’accademia militare di San Pietroburgo. Nel corso del secondo conflitto mondiale si sono dovute affrontare complesse esigenze di tipo logistico, risolvendo le quali, mediante le prime applicazioni della Teoria dei sistemi, è stato formulato il concetto moderno di logistica militare, la quale rappresenta l’insieme di attività che studia, organizza e coordina i movimenti di uomini, materiali e mezzi in un territorio nemico. Al termine della seconda guerra mondiale, le conoscenze e le tecniche accumulate in ambito militare furono trasferite nel contesto della gestione delle imprese industriali per l’organizzazione della produzione e per il flusso dei materiali. Il concetto di integrazione totale degli sforzi per il raggiungimento di specifici obiettivi militari si adattava perfettamente alla logistica industriale, la quale può essere definita come l’insieme delle attività che governano in un’azienda il flusso dei materiali e delle relative informazioni, dall’acquisto delle materie prime e dei semilavorati presso i fornitori, fino alle fasi di trasformazione, confezionamento, stoccaggio, trasporto, distribuzione ed assistenza post-vendita dei prodotti finiti sui mercati finali. In un senso ancora più ampio il concetto di logistica include anche la gestione dei flussi di ritorno dei materiali (resi, imballaggi, rifiuti) dai clienti ai fornitori o ai centri di raccolta opportunamente predisposti, in modo da realizzare contemporaneamente economie e rispetto dell’ambiente. E’ però ovvio che, differentemente da quella che si potrebbe definire logistica diretta, la logistica di ritorno o inversa non può essere gestita autonomamente dalle singole imprese: risulta infatti indispensabile il ruolo di coordinamento e di collaborazione dell’ente pubblico ai diversi livelli (regione, provincia, etc.), soprattutto per quanto riguarda le attività di raccolta differenziata, nonché lo smaltimento dei rifiuti pericolosi. L’evoluzione della logistica produttiva e commerciale si è sviluppata secondo varie direttive di cui la gestione integrata è sicuramente uno degli aspetti più interessanti ed innovativi. Con il passare del tempo, infatti, si è avvertita la necessità di affidare tutte le attività aziendali legate al flusso dei materiali e delle informazioni alla “supervisione” di un unico responsabile, il logistico appunto, che in effetti sottrae alle 1 funzioni d’impresa tradizionali le attività che più delle altre (e anche più strategiche) governano il ciclo operativo dell’azienda. Per fare qualche esempio si potrebbe dire che sottrae la programmazione degli approvvigionamenti (quanto e quando acquistare) alla Funzione Acquisti, la programmazione della produzione alla Funzione Produzione, la gestione dell’ordine alla Funzione Commerciale, il controllo delle scorte alla Funzione Amministrazione. E l’elenco è allungabile a seconda delle esigenze, includendo, ad esempio, anche l’assistenza e la manutenzione post-vendita. Un unico ente aziendale che controlla e gestisce in modo integrato tutte le attività logistiche ottimizza l’insieme della catena produttiva dell’impresa (internal supply chain) e non i singoli elementi di questa, riuscendo meglio di chiunque altro a garantire otto “condizioni giuste”: il prodotto giusto, di qualità giusta, nella quantità giusta, nel luogo giusto, al momento giusto, al cliente giusto, al costo giusto e con le giuste informazioni. E’ evidente, quindi, come la logistica sia un processo di creazione di utilità di quantità, di tempo e di luogo e l’utilità consiste fondamentalmente nel fatto che un consumatore può ottenere ciò che desidera, quando lo desidera, dove lo desidera e con le informazioni appropriate. Razionalizzando i flussi logistici si riducono diverse voci di costo relative innanzitutto alle scorte, ai magazzini, ai trasporti (costi operativi). E un’impresa con costi logistici bassi è un’impresa che ha una buona parte di tutti i suoi costi bassi e quindi, tendenzialmente, ha buoni margini di profitto sui prodotti che vende. Un flusso logistico organizzato e veloce consente di ridurre il tempo di consegna dei prodotti ai clienti e di offrire ad essi un miglior servizio: un’azienda che fornisce un buon servizio è competitiva e destinata ad aumentare sia il fatturato che la redditività (Fig.1). Figura 1 – I principali vantaggi della logistica integrata La logistica è pertanto una funzione super partes, trasversale rispetto alle altre funzioni d’impresa e che persegue un obiettivo generale di ottimizzazione e razionalizzazione per tutta l’azienda. Una funzione che fa dell’integrazione il suo cavallo di battaglia e che può diventare l’elemento chiave della strategia competitiva. A tal proposito, anche mediante strumenti di analisi quali ad esempio i grafi o i diagrammi di Gantt1, occorrerà individuare ed analizzare i processi critici scovando inefficienze e scarsi collegamenti fra un processo e l’altro. Soprattutto nel caso in cui l’impresa terziarizza alcune fasi di lavorazione, è importante conoscere tutte le fasi del ciclo operativo per poter programmare correttamente e soddisfare le esigenze dei clienti. Bisogna cioè saper calcolare con precisione i tempi effettivi di produzione e le date di assegnazione dei lotti di produzione (anche dei terzisti) che consentano consegne puntuali ai destinatari a valle dell’impresa. Lo scopo della logistica integrata è quello di ottimizzare il trade-off tra efficienza ed efficacia, ovvero minimizzare il costo totale delle attività logistiche nel loro complesso, dato un obiettivo di livello di servizio da garantire. Di conseguenza, i parametri di valutazione dell’intero ciclo logistico sono il tempo (soprattutto in termini di velocità delle consegne) ed il costo, i quali assumono una diversa rilevanza a seconda delle caratteristiche dell’organizzazione. In linea generale è possibile suddividere i costi logistici in sei grandi gruppi: 2 ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ ¾ Costi di processazione ordini e dei sistemi informativi Costi di magazzinaggio Costi di mantenimento delle scorte Costi di trasporto e distribuzione Costi inerenti ai lotti Costi del personale necessario a tutte le funzioni coinvolte. La Figura 2 rappresenta il trade-off tra efficienza ed efficacia delle attività logistiche. Come si può osservare, i costi logistici crescono in misura esponenziale all’aumentare del livello di servizio offerto e, superato un certo livello, ogni miglioramento nel servizio provoca un incremento più che proporzionale dei relativi costi. Figura 2 – Relazione tra costi logistici, ricavi e livello di servizio offerto Costi e Ricavi Ricavi Costi Profitto Livello di servizio L1 Sullo stesso grafico sono riportati anche i ricavi associati ai livelli di servizio. La funzione dei ricavi ha un andamento a S, dato che per bassi livelli di servizio vi è una situazione di indifferenza, mentre successivi interventi di miglioramento comportano un incremento più che proporzionale del volume delle vendite. Infine, superata una certa soglia di livello di servizio, l’elasticità dei ricavi si riduce. La logistica crea valore economico attraverso il differenziale positivo tra il valore utile prodotto per il cliente, espresso dal livello di servizio conseguito, e il totale dei relativi costi. In proposito, si può ricordare come anche nello schema della catena del valore di Porter, la logistica in entrata e in uscita siano poste tra le funzioni primarie di un’impresa, tra quelle cioè direttamente generatrici del valore e, dunque, del vantaggio competitivo (Fig.3). Esse incidono in maniera determinante, da un lato, sui costi di approvvigionamento, di produzione e di distribuzione, rappresentando un elemento fondamentale per realizzare una strategia di leadership di costo; dall’altro, sul livello di servizio al cliente (flessibilità, tempestività, precisione delle consegne), consentendo l’attuazione di strategie di differenziazione. Figura 3 – Logistica e trasporto nella catena del valore Attività infrastrutturali Gestione delle risorse umane Attività di supporto Sviluppo della tecnologia Approvvigionamenti Attività primarie Logistica e trasporto in entrata Attività operative di trasformazione Logistica e trasporto in uscita Marketing e vendite Servizi 3 Il trasporto, in particolare, rappresenta la componente chiave delle due attività primarie generatrici di valore, svolgendo una duplice funzione: da un lato permette di legare tutte le attività che compongono il flusso del valore aggiunto, dall’altro di raccordare l’azienda ai suoi fornitori ed ai suoi clienti. L’attività di trasporto, nella sua accezione “interna”, costituisce il legame tra le diverse componenti del sistema aziendale: magazzini di materie prime e semilavorati, stabilimenti, depositi centrali, depositi periferici, etc.; nella sua accezione “esterna”, invece, rappresenta l’anello che lega le catene del valore che compongono quello che Porter definisce come il sistema del valore. E’ difatti grazie al trasporto che si instaura il legame fisico tra la catena del valore dei fornitori e la catena del valore dell’azienda e tra questa e le catene del valore dei distributori. L’analisi del processo decisionale in campo trasportistico, così come la progettazione organizzativa della funzione trasporto, non può quindi che prendere le mosse dall’accettazione dei citati principi di base. Attualmente, l’incidenza del trasporto sull’insieme dei costi logistici varia notevolmente da filiera a filiera, dipendendo dal tipo di merce, dai mercati ed in misura sempre crescente dalla qualità del servizio. L’incidenza maggiore si ha nella filiera delle merci deperibili e nel settore alimentare in genere. Il flusso fisico dei prodotti non può sussistere però senza il parallelo flusso delle informazioni sui fabbisogni, che a sua volta consiste nella raccolta e nel consolidamento delle informazioni che fluiscono ai diversi livelli aziendali. Anzi, è proprio il flusso informativo che guida il flusso fisico, sviluppandosi in direzione opposta ad esso, dai clienti, attraverso l’azienda, sino ai fornitori, e supportando il processo decisionale attraverso la pianificazione ed il coordinamento delle attività logistiche tramite un processo di interazione continua (Fig. 4). Figura 4 – Flusso fisico e flusso informativo Flusso delle scorte a valore aggiunto AZIENDA CLIENTI Distribuzione fisica Supporto alla produzione Distribuzione Approvvigionamenti fisica FORNITORI Flusso delle informazioni sui fabbisogni Di conseguenza, per continuare a parlare di specifici aspetti organizzativi non si può fare a meno di mettere in evidenza una caratteristica della logistica, quella che sta alla base del suo sviluppo: la logistica è stata la prima funzione ad utilizzare appieno e in ambito gestionale la rivoluzione informatica che ha investito l’economia delle imprese. Alla base della logistica ci sono le varie gestioni delle scorte, degli ordini, dei trasporti, dei magazzini, della programmazione, delle previsioni, delle relazioni con i clienti. Per ottimizzare il tutto è però assolutamente necessario un impeccabile sistema informativo in tempo reale. Le informazioni devono correre rapide e veloci nell’azienda, ma sempre più, come vedremo, anche da e verso l’esterno, dato che la maggior parte del valore aggiunto dalla logistica risiede ormai proprio nell’acquisizione, elaborazione e distribuzione delle informazioni mediante le reti di telecomunicazione, al fine di fronteggiare una domanda sempre più complessa ed esigente. Ecco allora che, con l’avvento del ruolo preponderante delle nuove tecnologie e della rete Internet in particolare, alla catena tangibile del valore se ne associa un’altra intangibile, fatta di informazioni e caratterizzata, da una parte, da fenomeni di disintermediazione e/o reintermediazione tendenti ad accorciare e/o allungare il processo produttivo e distributivo a seconda dei casi, e dall’altra, dalla comparsa di comunità virtuali imperniate sul valore aggiunto della condivisione della conoscenza fra i membri. Di conseguenza, la possibilità di accedere ad una quantità enorme di informazioni con costi molto vicini allo zero e di creare unioni temporali di consumatori ha ovviamente trasferito agli utenti finali il potere negoziale, prima ad appannaggio di produttori e venditori. La centralità della catena del valore passa ora al consumatore finale. 4 La logistica industriale, sebbene è una disciplina ancora giovane, ha avuto quindi una significativa evoluzione nel tempo. Nata per occuparsi di aspetti dell’impresa che nessuno voleva o sapeva gestire (fondamentalmente trasporti e magazzini), è andata progressivamente consolidandosi nelle aziende, ottenendo considerevoli risultati attraverso l’integrazione e l’ottimizzazione della catena di fornitura “interna” o internal supply chain. Tale approccio, però, sebbene compiutamente realizzato solo da una parte delle aziende (in particolare in Italia), è tuttavia considerato tradizionale e concettualmente superato. Sia le mutate esigenze dei mercati, che le trasformazioni tecnologiche ed organizzative in atto nelle imprese, innovano radicalmente la concezione della logistica, allargandone gli orizzonti. Si assiste, infatti, ad una tendenza verso soluzioni “snelle” per quanto riguarda i processi produttivi e distributivi, e verso forme di intese, accordi o vere e proprie partnership su base contrattuale supportate dalla diffusa adozione di soluzioni di impresa-rete o extended enterprise, per quanto riguarda i rapporti con i fornitori esterni. Con l’avvento della Net Economy il successo della logistica si basa sulla extended supply chain collaboration, ossia sulla possibilità di stabilire una maggiore interazione tra l’azienda e i diversi soggetti coinvolti nella catena produttiva “estesa” o “esterna” (external supply chain). In sostanza, dopo essersi occupata di quasi tutti i temi aziendali, la logistica ha scoperto come sia utile uscire dai confini dell’impresa per gestire in maniera unitaria non più solamente il flusso di una singola azienda, ma anche quello che attraversa più aziende. Lungo il canale che collega la produzione al consumatore si svolgono infatti molteplici attività che riguardano di volta in volta chi produce, chi distribuisce, chi vende. Ciascuno di questi operatori, in diverso modo, ha cercato nel tempo di razionalizzare e rendere il più possibile efficienti le proprie attività. Quello che adesso resta da migliorare sono invece le cosiddette attività di interfaccia che legano le diverse imprese e che spesso sono fonte di inefficienze, sprechi e che non creano quindi alcun valore. Tutto ciò porta a considerare la classica catena del valore non più in modo statico e lineare, ma come una ragnatela fatta di relazioni, strategie cognitive ed interazioni. Si passa cioè al concetto di network del valore (Fig.5). Figura 5 – Un esempio di network del valore Fornitori Stabilimenti Depositi Consumatori Si potrebbe dire che reti “intelligenti” creano e creeranno sempre più ricchezza con un notevole risparmio di costi e di tempo, e che, mentre in passato la competitività era giocata singolarmente tra le aziende, già oggi, e presumibilmente sempre più in futuro, la competitività si giocherà fra network logistici che comprendono a monte i fornitori (di beni e servizi) ed a valle i clienti, ai diversi livelli (imprese di distribuzione, gruppi di acquisto, singoli punti vendita), con una forte attenzione ai consumatori finali, in un’ottica di terziarizzazione delle attività tanto spinta da sfociare in vere e proprie partnership contrattuali di tipo operativo (collaborative supply chain). Questo modello vale, tuttavia, solo in presenza di un channel leader; in caso contrario, i conflitti nella ripartizione del valore potrebbero ostacolare il coordinamento verticale. Si può quindi sicuramente affermare che se l’organizzazione scientifica del lavoro (taylorismo) è stata la base per lo sviluppo del modo di produzione cosiddetto fordista, la rivoluzione della logistica (Extended supply chain management) può essere considerata la base su cui si è sviluppato il modo di produzione convenzionalmente chiamato post-fordista o post-industriale, basato sul coordinamento operativo tra imprese sulla base di informazioni in tempo reale e non di dati storici. Ordini ed informazioni (finanziarie, revisionali, etc.) vanno “processati” in una logica di supply chain collaboration, in modo da raggiungere trasparenza nei processi e di pianificazione, ridurre i tempi di ciclo, prezzi e costi in genere, differenziare i prodotti e consolidarsi così in mercati di nicchia. 5 La caratteristica principale e distintiva del concetto di Supply chain management è che si considera il network come una entità unitaria piuttosto che un’insieme di responsabilità frammentate. L’intero processo deve quindi svilupparsi su più dimensioni: - interfunzionale, come superamento delle barriere organizzative; interaziendale, come strumento di competitività di tutta la filiera; internazionale, come risposta alle esigenze di globalizzazione. Si capisce, allora, come il Supply chain management sia un’attività di livello più strategico che operativo rispetto alla logistica tradizionale. E a tal fine sono nate soluzioni informatiche che consentono di mantenere una visione complessiva e centralizzata del processo e allo stesso tempo trattare i singoli problemi in maniera precisa sulla base di informazioni in tempo reale provenienti da ogni nodo del network del valore; inoltre, tali applicativi consentono di effettuare previsioni, simulazioni e pianificazioni su varie scale temporali (ad esempio, prevedere cosa succederebbe se si aggiungessero o si spostassero nodi). Comunque, l’acquisizione di un insieme di tecnologie di questo tipo è un’operazione piuttosto radicale, dato che per un buon funzionamento occorre una sua implementazione a livello capillare in tutta la filiera, allo scopo di consentire un’efficace condivisione e sincronizzazione dei dati tra le strutture coinvolte. Il motore-abilitatore dei suddetti cambiamenti è stato proprio Internet e la sua diffusione ad ampio spettro, in particolare sotto la recente forma dei marketplace, i quali nella gestione dei rapporti produttori-fornitori, ossia nell’e-procurement, hanno trovato il loro più fertile terreno di sviluppo, costituendo un importante stimolo per un ripensamento totale del modo di fare affari da parte delle imprese. I cosiddetti scambi business to business diventano il nuovo modo per gestire a monte la catena logistica, cioè gli approvvigionamenti. Mentre a valle assumono importanza le relazioni con i clienti ed i consumatori finali (business to consumer, e-fullfillment, customer relationship management). Anzi, sono proprio quest’ultimo tipo di relazioni la base di partenza per la programmazione ed il controllo dell’intera filiera (Demand-driven chain management) secondo modelli strategici ed operativi del tipo “V-A-C” (VenditaApprovvigionamento-Consegna). Considerando, poi, le non trascurabili difficoltà che scaturiscono dalla crescente esigenza di integrare i diversi contributi lungo la supply chain, è possibile affermare che spesso un importante aiuto alla gestione dell’integrazione, della comunicazione e del coordinamento è rappresentato proprio da un fornitore di servizi logistici. Tali provider dovranno sempre più sviluppare un’offerta specializzata per i diversi settori industriali ed inoltre dovranno sempre più sostenere questo ruolo con nuove competenze di Information e Communication Technology (ICT) da affiancare alle tradizionali competenze nelle operation logistiche. In definitiva, il Supply chain management appare sempre più come uno dei fattori della modernizzazione dei sistemi economici ed industriali, in quanto: 9 è un settore trasversale che può generare nuova imprenditorialità diffusa sul territorio, interessando tutti gli altri settori, dall’agricoltura ad ogni tipo di industria, dal commercio al turismo, alla pubblica amministrazione; 9 consente ampi margini di crescita in termini di innovazione e Ricerca & Sviluppo, ad esempio sia sul piano della costruzione dei sistemi e dei mezzi per la movimentazione dei materiali, che su quello della programmazione, automazione e gestione dei relativi flussi informativi; 9 l’interfaccia economica che tali attività di servizio costituiscono tra le pianificazioni strategiche adottate dal sistema articolato delle produzioni e la programmazione di attività di trasporto innovative dovrebbe contribuire efficacemente al superamento dei vincoli tecnici, economici ed organizzativi che, allo stato, ostacolano l’introduzione e lo sviluppo dei sistemi intermodali e combinati. 2. Macrologistica e conseguenze gestionali Un importante effetto del passaggio all’integrazione della external supply chain è dato dall’estensione della sfera territoriale di intervento della logistica. Infatti, mentre l’integrazione della internal supply chain coinvolge sostanzialmente solo le strutture aziendali ed è quindi in buona misura dominabile dall’azienda stessa, l’integrazione della external supply chain coinvolge progressivamente strutture nazionali e sopranazionali, favorendo significativi fenomeni di internazionalizzazione ed estendendosi così ad altri sistemi territoriali, con i quali si possono costruire reti di alleanze esterne particolarmente significative. In altri termini, assumono un ruolo rilevante sia l’efficienza interna del sistema-territorio (diffusione e funzionalità di infrastrutture materiali ed immateriali, snellezza, efficienza ed equità dei regolamenti, delle 6 procedure e della burocrazia, accesso al credito, etc.), sia il grado di integrazione economica e trasportistica del territorio stesso con i suoi mercati di riferimento. Le relazioni che esistono tra logistica, trasporti e territorio sono quindi molto forti. Il fattore centralità, inteso sia come baricentricità degli impianti di logistica rispetto ad una certa area, sia come misura del grado delle loro connessioni con la rete stradale o ferroviaria, incide fortemente sulla possibilità che un’area o un distretto ha di proporsi come zona con una vocazione logistica. È possibile, cioè, in funzione della localizzazione degli impianti logistici, delle infrastrutture di trasporto e dei servizi offerti, misurare la “risorsa distributiva” di un territorio a diverse scale geografiche, soprattutto al fine di stimolare nuovi investimenti. Alla luce di quanto appena detto, è chiaro che l’ambito aziendale non è che uno degli ambiti di azione della logistica. Pertanto, accanto agli specialisti che si occupano di gestione dei flussi aziendali, è opportuno che si inizi a consolidare anche il contributo degli specialisti di pianificazione pubblica e di marketing territoriale della logistica e del trasporto merci. Con riferimento all’Italia, per lungo tempo i problemi pubblici legati al trasporto sono stati affrontati soprattutto sotto tre aspetti: infrastrutturale, normativo ed ambientale. Sembra quindi essere mancata la comprensione della natura dello sviluppo della logistica come processo di industrializzazione del trasporto, nonchè fattore di competitività territoriale, basato sull’ottimizzazione dell’intero ciclo forniture-ordiniconsegne mediante infrastrutture dedicate e tecnologie informatiche e telematiche di rete, e capace perciò di integrare non solo le diverse modalità di trasporto, ma anche il proprio servizio nel processo produttivo dell’industria manifatturiera. Tale situazione sembra però che stia gradualmente mutando. Il recente Piano Generale dei Trasporti e della Logistica (PGTL), infatti, ha posto per la prima volta l’esigenza di guardare al mondo della logistica in un senso più ampio di quello tradizionale, interfacciandolo quindi con la politica economica dei trasporti, soprattutto a motivo delle notevoli ricadute che il settore ha in termini di PIL ed occupazione. Pertanto è possibile parlare oramai anche di macrologistica, o meglio di logistica pubblica, intendendo alternativamente: - la logistica per il settore pubblico o per tutti gli enti pubblici con problemi di gestione dei flussi; - la logistica come risorsa del sistema-Paese, e quindi sfera di interesse e competenza di Stato e Regioni. Il ruolo principale della logistica pubblica è comunque quello di creare le condizioni affinché la logistica delle imprese sia efficiente, competitiva, socialmente ed ambientalmente sostenibile. In tal senso potrebbe essere sicuramente interessante ed attuale studiare i legami tra regolamentazione pubblica e logistica, e cioè le opportunità (o meno), le modalità e gli effetti dell’intervento pubblico nei mercati dei servizi logistici e di trasporto, e di riflesso anche nei mercati produttivi, considerando cioè le conseguenze della regolamentazione o deregolamentazione sugli aspetti gestionali delle imprese (management in the regulation-deregulation). Nel settore della logistica pubblica il problema della regolamentazione si pone, ad esempio, lì dove esistono caratteristiche di monopolio naturale2; l’esempio più evidente è ovviamente quello del trasporto ferroviario, ma anche quello della politica del procurement relativo alla costruzione di grandi infrastrutture, la cui duplicazione è economicamente inefficiente (ponti, strade, etc.). L’approccio tradizionale della teoria economica è quello che quando un mercato è caratterizzato da monopolio naturale la regolamentazione appare opportuna al fine di introdurre meccanismi pro-concorrenziali diretti a migliorare i risultati delle performance in termini di efficienza tecnica ed economica. Inoltre è stato dimostrato che anche quando non sia possibile la concorrenza all’interno di un mercato si può egualmente avere concorrenza per il mercato. È questo il caso della concorrenza à la Demsetz, ossia una concorrenza per il diritto ad operare in un mercato. Un esempio potrebbe essere la raccolta locale di rifiuti, dove più di un’azienda può partecipare alla gara per l’assegnazione del servizio. Il punto di partenza per l’esame del tema della regolamentazione è la constatazione che le esperienze empiriche a livello internazionale, supportate da rilevanti contributi teorici, hanno fatto emergere importanti ragioni per ritenere che modelli basati sulla completa liberalizzazione dei mercati o, al contrario, sull’intervento pubblico non rispondono sempre al buon soddisfacimento degli interessi della collettività. La preferenza per la regolazione, rispetto alla liberalizzazione, non dipende però solo dalla constatazione della presenza del monopolio naturale. Accanto a ciò occorre sempre tener presente come la stessa regolazione possa essere suscettibile di fallimento, dati i notevoli problemi di asimmetria informativa tra gli agenti. D’altro canto, alla concorrenza tra le imprese vengono spesso associati degli effetti benefici, quali quelli di sostenere i processi di innovazione e sviluppo industriale, di selezionare nel mercato le imprese migliori e di incentivare le imprese a ridurre i costi, e che la fanno preferire alla regolazione anche in presenza di un monopolio naturale, sebbene però in molti casi vi potrebbero essere degli eccessi di concorrenza, con conseguenze socialmente non desiderabili quali ad esempio l’eccesso all’entrata in un 7 mercato. In qualche modo, quindi, la concorrenza e la regolazione del monopolio possono essere dei potenziali sostituti, ma ciò che è più vero è che l’analisi empirica non deve limitarsi alla semplice applicazione di astratti schemi teorici. A titolo di esempio si potrebbe prendere il caso delle ferrovie in Italia. Come è generalmente noto, si parla tanto di separazione tra gestione della rete e gestione dei servizi, nonché della possibilità di ingresso sulle tracce orarie a nuovi operatori, e soprattutto a coloro che hanno la merce, non quindi solamente ai vettori proprietari dei mezzi di locomozione. In questo contesto occorrerà appunto una forte regolamentazione per favorire i nuovi entranti, ovvero c’è bisogno di “più Stato” per le ferrovie, ma non ovviamente in senso proprietario, ma nel senso che c’è bisogno di una nuova politica dei trasporti per le ferrovie. Sotto alcuni aspetti, sembra quasi che lo Stato voglia che siano solamente le forze del libero mercato a trovare la soluzione efficiente alla liberalizzazione e alla privatizzazione. Questa posizione potrebbe però rischiare di portare ad un sistema ferroviario debole ed in gran parte colonizzato da interessi stranieri pubblici e privati. 3. Considerazioni conclusive A completamento delle argomentazioni contenute in questo lavoro, si può sicuramente evidenziare la necessità di un nuovo approccio interdisciplinare, scientifico ed operativo, alle problematiche riguardanti la logistica, al fine di valorizzarne il ruolo e sfruttarne le potenzialità di sviluppo della competitività, sia a livello aziendale che a livello di sistema economico. Occorrerà considerare la logistica come dimensione e strumento di integrazione di processi non solo a livello microeconomico aziendale-interaziendale, ma anche a livello macroeconomico-territoriale, ovvero di integrazioni tra aree-sistema a livello regionale, nazionale, europeo ed intercontinentale, valutando attentamente i costi e i benefici dei futuri network in chiave di sviluppo sostenibile. L’ottica dovrà essere quella di una filiera produttivo-distributivo-istituzionale-territoriale estesa. Quindi, la supply chain ed in essa i servizi logistici dovranno operare all’interno di un quadro di integrazione dei processi economici, regolamentativo-istituzionali e territoriali. NOTE 1 Un grafo è la rappresentazione di una rete mediante nodi (vertici) ed archi; un diagramma di Gantt è un diagramma a barre che mostra le singole parti di un progetto in forma di barre su una scala temporale orizzontale. Molti software per la pianificazione di progetti producono diagrammi di Gantt. 2 Il concetto di monopolio naturale è strettamente legato alla presenza di economie di scala, ossia alla situazione in cui i costi medi diminuiscono al crescere della produzione. Definizioni più recenti, invece, legano tale configurazione di mercato non tanto alla presenza di economie di scala quanto al concetto della subadditività dei costi. Definito in quest’ultimo senso, un monopolio naturale esiste quando il regime dei costi di produzione è tale da rendere meno costoso fronteggiare l’intera domanda con una sola impresa che non con più imprese operanti nel mercato. I due concetti di economie di scala e subadditività sono collegati ma non identici; la differenza tra i due appare significativa nel caso di processi produttivi di più beni o servizi. BIBLIOGRAFIA Aguiari G., Marini G. B. (1999), La logistica nell’economia senza frontiere, Franco Angeli, Milano. Bologna S. (1998), “Trasporti e logistica come fattori di competitività di una regione”, in Perulli P. (a cura di) Neoregionalismo. L’economia-arcipelago, Bollati Boringhieri, Torino. Borghesi A., Buffa A., Canteri R. (1997), Manuale di Logistica – I trasporti, Cedam, Padova. Boscacci F. (a cura di) (2003), La nuova logistica: un’industria in formazione tra territorio, ambiente e sistema economico, Egea, Milano. Bowersox D.J., Closs D.J. 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