&DSLWROR9,
/$*(20(75,$,3(5%2/,&$
La geometria iperbolica può essere considerata la geometria non euclidea per eccellenza, infatti essa nasce sostituendo al postulato della parallela
la sua pura e semplice negazione e, pertanto si caratterizza per il fatto di postulare l’esistenza di almeno due parallele per un punto esterno ad una retta
data.
La geometria ellittica, invece, trae origine dalla negazione non già dell’unicità,
ma addirittura, dell’esistenza di rette parallele per un punto esterno ad una
retta assegnata. Essa, dunque, oltre a negare il V postulato deve modificare
qualche altro postulato.Se si vuole mantenere la definizione euclidea di parallelismo secondo cui due rette di un piano si dicono parallele se, indefinitamente prolungate, non si incontrano, possiamo fare le seguenti considerazioni.
Nella figura la retta V per $ incontra la retta U nel punto . e forma con la perpendicolare $+ ad U un angolo acuto D. Ora, se ruotiamo la retta Vattorno ad
$ in modo tale che D aumenti, il punto . si sposta verso destra allontanandosi da +. Per una certa ampiezza di D la retta V non incontrerà più Ua destra di +, perché, quando D sarà ottuso, il punto d’incontro .'
di U eV, cadrà
a sinistra di +. Ciò vuol dire che ad un certo punto la retta V cessa di incontrare Ua destra di +senza peraltro incominciare a incontrarla verso sinistra.
Sappiamo infatti che se D è retto Ued V non si incontrano ne a destra ne a
sinistra di +. Il V postulato di Euclide consiste nell’affermazione che questo
caso è l’unico.
Ora, però, SRLFKp QRQ q SRVVLELOH GLPRVWUDUH WDOH XQLFLWj, si può postulare
qualcosa di diverso e precisamente: V FHVVD GL LQWHUVHFDUH U D GHVWUD GL +
TXDQGR D SXU HVVHQGR DFXWR DVVXPH XQ FHUWR YDORUHD GHWWRDQJRORGL
SDUDOOHOLVPRDGHVWUD In modo simmetrico, possiamo anche definire l’angolo
D'di parallelismo a sinistra.
51
Tutte le rette passanti per $ e giacenti nell’angolo +$ˆ 0 incontrano la retta U in
un punto a destra di + e le chiameremo secanti a destra; le rette passanti per
$ e comprese nell’angolo +$ˆ 0 ′ saranno le secanti a sinistra; le rette passanti
per $ e comprese nell’angolo +$ˆ 1 costituiranno le non secanti.
Le rette $0 e $0’, intuitivamente, appaiono come elementi di separazione,
rispettivamente a destra e a sinistra, tra le secanti e le nono secanti.
Se teniamo ferma la definizione euclidea di parallelismo, il caso ora descritto
è il caso dell’esistenza di infinite rette parallele ad U e passanti per $.
Può sorgere ora qualche difficoltà dal fatto di aver individuato due elementi di
separazione tra la classe delle rette passanti per $ e secanti U e quella delle
rette passanti per $ e non secanti U. Tale difficoltà, però, si supera introducendo i “versi di parallelismo” e considerando le semirette uscenti da $ anziché le rette per $.
In tal caso possiamo affermare che:
1. la semiretta $0 è l’elemento di separazione (unico) tra la classe delle
semirette di origine $ secanti a destra e la classe delle semirette di origine $non secanti a destra;
2. la semiretta $0'
è l’elemento di separazione (unico) tra la classe delle
semirette di origine $ secanti a sinistra e quella delle semirette di origine $ non secanti a sinistra.
Possiamo allora senz’altro dare le seguenti definizioni.
1. Dicesi semiretta parallela ad U per $, a destra, la semiretta $0, elemento
di separazione tra le semirette secanti e le semirette non secanti a destra,
che forma con $+ l’angolo di parallelismo D .
2. Dicesi semiretta parallela ad U per $, a sinistra, la semiretta $0'
, elemento
di separazione tra le semirette secanti e le semirette non secanti a sinistra,
che forma con $+ l’angolo di parallelismo D .
Chiameremo, poi, iperparallele tutte le altre semirette per $, non secanti U a
destra e a sinistra che formano con la semiretta $+ un angolo maggiore
dell’angolo di parallelismo a destra e a sinistra (D e D'
).
52
Da quanto detto possiamo definire le parallele ad U per $ come le rette a cui
appartengono le semirette $0 e $0’ e chiamare la retta V, per $ e per 0,
parallela a destra e la retta V’, per $ e per 0’, parallela a sinistra.
Le infinite rette per$ comprese nell’angolo 0$ˆ 1 saranno leLSHUSDUDOOHOH.
Proviamo ora a dare un assetto razionalmente più rigoroso a quanto sin qui
presentato in modo piuttosto intuitivo. Alcune questioni che affronteremo sono contenute nell’opera “ 1XRYLSULQFLSLGHOODJHRPHWULDFRQXQDWHRULDFRP
SOHWDGHOOHSDUDOOHOH” (1836-38) di /REDþHYVNLM
Nei primi sei capitoli di tale opera egli espone i teoremi fondamentali della
geometria piana e solida indipendenti dal V postulato di Euclide (noi li chiameremo teoremi della geometria assoluta) e successivamente enuncia il seguente:
3RVWXODWRGL/REDþHYVNLM GDWLLQXQSLDQRXQDUHWWDHXQSXQWRHVWHUQRSHULO
SXQWRSDVVDQRDOPHQRGXHUHWWHFKHQRQLQFRQWUDQRODUHWWDGDWD
Esso sostituisce l’assioma IV.1 della parallela nella sistemazione Hilbertiana
della geometria.
Una conseguenza immediata dell’assioma di /REDþHYVNLM($/) è la seguente:
'DWL LQ SLDQR XQD UHWWD HG XQ SXQWR HVWHUQR OH UHWWH SHU LO SXQWR FKH QRQ
LQFRQWUDQRODUHWWDGDWDVRQRLQILQLWH.
Sia Ula retta data ed $ un punto non appartenente ad U; $5 la perpendicolare in $ad $+. Allora le rette $5ed U non si incontrano ( prop. 27 di Euclide).
Per A.L. esiste una ulteriore retta E passante per $, che non incontra U e che
forma con $+ l’angolo +$ˆ % acuto. Ogni retta $7 interna all’angolo %$ˆ 5 non
incontra U. Infatti se $7 incontrasse U nel punto 4, la retta E, interna
all’angolo +$ˆ 4 , dovrebbe incontrare il lato +4, cioè U, per l’assioma del
triangolo (assioma di Pasch nella sistemazione Hilbertiana della geometria).
Se prendiamo in considerazione nel semipiano di origine $+ contenente il
punto 5 la famiglia ) delle semirette di origine $ interne all’angolo +$ˆ 5 di tale semipiano, possiamo suddividere ) in due classi non vuote e disgiunte costituite, rispettivamente, dalle incidenti U e da quelle non incidenti. Se $; è
53
una semiretta qualsiasi della prima classe e $< una semiretta della seconda
deve risultare +$ˆ ; < +$ˆ < . Se fosse +$ˆ ; > +$ˆ < per l’assioma di Pasch, $< dovrebbe incidere U in un punto interno ad +4. Mentre il caso +$ˆ; = +$ˆ< è escluso dal fatto che $; e $< sono distinte in quanto le due classi sono disgiunte.
Le due classi sono, quindi separate e, per l’assioma di Dedekind ammettono
una ed una sola semiretta di separazione. Indichiamo con $0 tale semiretta
e con D l’angolo +$ˆ0 . La semiretta $0 deve appartenere alla seconda
classe (non incontra U) perché se incontrasse Uin 4, preso su Uun punto 6a
destra di 4si avrebbe +$ˆ4 < +$ˆ6 contro l’ipotesi che $0 è la semiretta di separazione delle due classi.
L’angolo acuto D0 = +$ˆ0 si dice DQJRORGLSDUDOOHOLVPR DdHVWUD per la retta U
ed il punto $.
Si ha pertanto che una semiretta $; di origine $, interna all’angolo +$ˆ5 :
• è incidenteU se e solo se +$ˆ; < D0 ;
ˆ; > D0.
• non incidente Use e solo se +$
Le stesse considerazioni valgono a sinistra.
Si dimostra che gli angoli di parallelismo destro e sinistro (D e D’) sono congruenti per cui le semirette di separazione tra le incidenti e le non incidenti a
destra e a sinistra risultano simmetricamente disposte rispetto alla perpendicolare $+ abbassata da $ su U.
54
Con riferimento alla figura, dimostriamo che D0 ≡ D’:
Se, per assurdo, D0 < D’0 allora esiste la semiretta $;’ incidente Uin 4’a sinistra di + tale che +$ˆ; ′ = α R < α R′ .
Sia 4 il simmetrico di 4’ rispetto ad +, dalla congruenza dei due triangoli
+$4’ e +$4 (1° criterio) si avrebbe +$ˆ4 ′ ≡ +$ˆ; ′ ≡ α o ≡ +$ˆ4 < +$ˆ0 ≡ α o cioè
D0 < D0 : assurdo.
Al fine di dare il concetto di verso di una retta, diamo la seguente definizione:
6LDUXQDUHWWD$H%GXHSXQWLGLU8QDVHPLUHWWDUGLRULJLQH$HXQDVHPL
UHWWD V GL RULJLQH % VL GLFH FKH KDQQR OR VWHVVR YHUVR VH OH GXH VHPLUHWWH
KDQQRLQFRPXQHDOPHQRXQSXQWRHVWHUQRDOVHJPHQWR$%,QFDVRFRQWUD
ULRVLGLFHFKHOHGXHVHPLUHWWHKDQQRYHUVRRSSRVWR.
Si può subito provare che, ponendo $≡ %, le due semirette di una stessa retta aventi la stessa origine $ sono di verso opposto.
Utilizzando gli assiomi di ordinamento e la definizione precedente si possono
dimostrare le seguenti proprietà:
1. Se una semiretta è contenuta in un’altra, allora le due semirette hanno
lo stesso verso;
2. Dati su una retta U una semiretta V ed un suo punto %, delle due semirette di U di origine % una ha lo stesso verso di V, l’altra ha verso opposto.;
3. Le due semirette $% e %$ hanno verso opposto (semiretta $%: semiretta di origine $contenente %);
4. Data una semiretta V ed un suo punto %, la semiretta di origine % e avente lo stesso verso di V è tutta contenuta in V;
5. Due semirette aventi lo stesso verso di una terza semiretta hanno lo
stesso verso.
55
Diamo adesso la definizione di semirette parallele:
'DWHQHOSLDQRGXHVHPLUHWWH$%H&'FKHJLDFFLRQRQHOORVWHVVRVHPLSLDQR
GL RULJLQH $& VL GLFH &' SDUDOOHOD DG $% VH WXWWH OH VHPLUHWWH GL RULJLQH &
ˆ
FRPSUHVHQHOO¶DQJROR $&' LQWHUVHFDQR$%PHQWUH&'QRQLQWHUVHFD$%
Si può osservare che mentre la definizione precedente stabilisce quando
&'  $%, nulla dice circa il parallelismo tra $% e &'. La proprietà simmetrica del parallelismo tra semirette non è quindi valida per definizione, ma dovrà
essere dimostrata.
• 3ULPDSURSULHWjGLFRQVHUYD]LRQHGHOSDUDOOHOLVPR
6HODVHPLUHWWD&'qSDUDOOHODDOODVHPLUHWWD$%DOORUD&'qSDUDOOHODDGR
JQLVHPLUHWWDGHOODUHWWD$%DYHQWHORVWHVVRYHUVRGHOODVHPLUHWWD$%
Sia s una semiretta della retta $%, avente lo stesso verso della semiretta $%
e sia $'
la sua origine.
1. Se $'è un punto della semiretta $% allora l’angolo $′&ˆ' è contenuto
nell’angolo $&ˆ' , quindi ogni semiretta di origine & interna ad $′&ˆ' risulta interna ad $&ˆ' e quindi incontra la semiretta in un punto della semiretta $’% = V (assioma di Pasch); ne consegue che &' è parallela ad
$'
%.
2. Se $
non è un punto della semiretta $% si ha : $′&ˆ' = $′&ˆ$ + $&ˆ' e
quindi ogni semiretta per & interna ad $′&ˆ' è interna ad $′&ˆ$ oppure
ad $&ˆ' ed incontra $’% in un punto interno ad $’$ nel primo caso o in
$% nel secondo caso. Risulta ancora &' $’% = V.
56
7HRUHPD 'DWHXQDVHPLUHWWD$%HGXQSXQWR&HVLVWHXQDHGXQDVRODVH
PLUHWWD&'GLRULJLQH&SDUDOOHODDG$%
Infatti, tracciata la perpendicolare &+ alla retta $%, indichiamo con &' e &'’
le semirette di origine & che in precedenza abbiamo considerato rispettivamente come le parallele a destra e a sinistra della retta U. Di esse una e una
sola è la semiretta richiesta e precisamente quella che giace nello stesso
semipiano di origine $& nel quale giace $%: la semiretta &'.
Si può anche provare che: se la semiretta&' è parallela a due semiretteV
ed V'di una stessa retta allora V ed V'hanno lo stesso verso.
Osserviamo, dunque, che: la semiretta D è parallela alla semiretta E se e solo
se la semiretta D è parallela ad ogni semiretta che giace sulla retta in cui giace b e che abbia lo stesso verso di E.
Da quanto visto precedentemente possiamo enunciare la seguente definizione di parallelismo tra semiretta e retta:
Se la semiretta D è parallela alla semiretta E di una retta U, si dice che D è parallela ad U nel verso di E (infatti è parallela a tutte e sole le semirette di U che
hanno lo stesso verso di E).
• 6HFRQGDSURSULHWjGLFRQVHUYD]LRQHGHOSDUDOOHOLVPR
6HXQDVHPLUHWWDD $&qSDUDOOHODDGXQDVHPLUHWWDE %'RJQLVHPLUHWWD
D
$
& GHOOD UHWWD $& FKH KD OR VWHVVR YHUVR GL D ULVXOWD SDUDOOHOD DOOD
VHPLUHWWDE
In simboli:
$&  %' ⇒ 1) $'
& %' e 2) $"& %'.
Il primo caso è quello per cui si verifica D'⊂ D, il secondo caso è quello per
cui D ⊂ D'
.
57
Esamineremo separatamente i due casi.
Sia $’ un punto della semiretta $& e quindi tale che $’& sia contenuto in $&.
Si deve provare che ogni semiretta di origine $'ed interna all’angolo %$ˆ′& incontra la semiretta %'.
Sia pertanto, $’; una tale semiretta; consideriamo un punto 4 della semiretta
$’& distinto da $’ e congiungiamolo con %. Per l’assioma di Pasch la semiretta $'
; incontrerà %4 in un punto ).
Si congiunga $ con ); la semiretta $), interna all’angolo %$ˆ& incontrerà la
semiretta %' in un punto 3, per l’ipotesi $&%', e il lato %$'del triangolo
%$$'in un punto.( per Pasch ).
La retta $'
;, a sua volta, entra nel triangolo %.3 attraverso il lato.3e, quindi deve incontrare uno degli altri due lati e precisamente, essendo $'
;distinta da $'
%, incontrerà il lato %3 che giace sulla semiretta%'.
Considerazioni analoghe provano la validità della tesi anche nell’altro caso.
Il risultato ora acquisito consente di dare la seguente definizione di UHWWHSD
UDOOHOH
'DWHGXHUHWWHUHGVVLGLFHFKHUqSDUDOOHODDGVVHHVLVWHVXUXQDVHPL
UHWWD&'FKHqSDUDOOHODDGXQDVHPLUHWWD$%GLV
Se &' è la semiretta di U parallela alla semiretta $% di V, allora noi sappiamo
che ogni semiretta di U avente lo stesso verso di &' risulta parallela ad ogni
semiretta di V avente lo stesso verso di $%.
Quindi il parallelismo tra le rette U ed V non dipende dalla scelta delle semirette sull’una e sull’altra purché si mantengano i versi.
7(25(0$'DWDXQDUHWWDUHGXQSXQWR$IXRULGLHVVDSHU$SDVVDQR
HVDWWDPHQWHGXHUHWWHSDUDOOHOHDGU
$0 risulta parallela ad +3 e quindi la retta a contenente la semiretta $0 è
parallela ad r ( nel verso di HP ). La semiretta $0'risulta a sua volta parallela
ad +3'e quindi D'contenente la semiretta $0'è parallela ad U ( nel verso di
+3').
58
Poichè le semirette +3 e +3'di U hanno verso opposto, le due rette D e D'
passanti per $ e paralele ad U si dicono parallele adU in versi opposti.
Possiamo quindi enunciare la seguente definizione :
6LDQRUHU
GXHUHWWHSDUDOOHOHDGXQDWHU]DUHWWDV6LGLFHFKHUHU
VRQR
SDUDOOHOH DG V QHOOR VWHVVR YHUVR VH U H U
VRQR SDUDOOHOH DG XQD VWHVVD
VHPLUHWWDGLV
7(25(0$ /D UHOD]LRQH GL SDUDOOHOLVPR q VLPPHWULFD VH OD UHWWD U q
SDUDOOHODDGVDOORUDODUHWWDVqSDUDOOHODDGU
Per la definizione di rette parallele esiste una semiretta di U, $5, ed esiste
una semiretta %6 di V tali che $5 // %6. Si consideri l'
angolo %$5 e la sua
bisettrice Eche, per l'ipotesi, dovrà incontrare la semiretta %6 in un punto &.
Se consideriamo la bisettrice dell'
angolo $%&, essa, per l'
assioma di Pasch,
deve incontrareil lato $& del triangolo $%& in un punto 0. Se da 0
mandiamo la perpendicolare 0+ ad V , 0. ad U , 06 ad $%, notiamo che
0+ = 0. = 0/ e che la semiretta .5 è // alla semiretta +& ( per la
conservazione del parallelismo tra semirette con lo stesso verso ). I punti +,
0, ., non possono essere allineati perchè se lo fossero +.5sarebbe retto,
mentre l'angolo di parallelismo è acuto. Il triangolo +0. è un triangolo
isoscele su +. e pertanto 0+. = 0.+ , ne consegue +.5 = .+6 come
differenze di angoli congruenti. Faremo vedere che +6 // .5 e cioè che ogni
semiretta di origine + , interna all'angolo KHS incontra la semiretta .5 . Sia,
dunque, +; una tale semiretta; risulta allora .+; < .+6 e cioè :
.+; < +.5 .
Esiste allora una semiretta .< interna all'
angolo +.5 tale che +.< = .+;.
Poichè .5 // +& , essa incontrerà la semiretta +6 in un punto (.
Possiamo individuare sulla semiretta .5 il punto ) tale che .) = +(;
congingiamo + con ) e consideriamo i triangoli +.) e +.( che, per il
59
1°criterio, risultano congruenti, per cui : .+) = +.( = +.< . Osservando
che +.<= .+;per costruzione, si ottiene .+)= .+;, per cui la semiretta
+; coincide con la semiretta +)che incontra U in ) per costruzione.
Proveremo ora che la relazione di parallelismo tra rette è transitiva . All'
uopo
premettiamo due lemmi.
/(00$VHGXHUHWWHUHVVRQRSDUDOOHOHHJLDFFLRQRGDSDUWLRSSRVWHGL
XQDWHU]DUHWWD&DOORUDVLDUFKHVVRQRSDUDOOHOHD&QHOORVWHVVRYHUVR
Per l'ipotesi U // Vesiste una semiretta .5 su U e una semiretta +6 su V tali
che .5 // +6.
Sempre per ipotesi + e . sono punti che stanno da parti opposte rispetto alla
retta F e quindi il segmento .+ incontra la retta & in un punto 0. Se .; è
una retta di origine .ed interna all'angolo +.5essa incontrerà la retta HS
in un punto 3 che si troverà dalla parte opposta, rispetto alla retta F, a quella
in cui si trova .. La retta .; incontrerà la retta F in un punto &. Ogni retta di
origine . interna all'
angolo 0.5 incontrerà , così , la retta 0&, mentre
quest'
ultima non incontra la retta .5 , per l'
ipotesi. Sarà quindi .5 // 0&.
Analogamente si prova che +6 // 0&.
/(00$ VH GXH UHWWH U HG V VRQR SDUDOOHOH QHOOR VWHVVR YHUVR DG XQD
WHU]D UHWWD &DOORUD GXH GL TXHVWH WUH UHWWH VWDQQR GD SDUWL RSSRVWH ULVSHWWR
DOODWHU]D
Se U ed V stanno da parti opposte rispetto alla retta F, non c'è nulla da
dimostrare.
Siano perciò Ue V dalla stessa parte di F. Faremo vedere che V sta tra U eF
oppure U sta tra V e F.
60
Sia ) punto di Fe consideriamo la retta )& in maniera tale che U ed V siano
parallele a F nel verso )&. Preso un punto arbitrario ( su V e un punto
arbitrario ' su U , consideriamo il più piccolo dei due angoli
()&e ')&(nella figura ')&). Essendo U la parallela a F nel verso )& , ogni
retta ); di origine ) interna all'angolo ')&dovrà incontrare la retta r in un
punto 3 e la retta V in un punto 4, risultando essa interna anche all'
angolo (
)&. I tre punti distinti ), 4, 3 risultano disposti in uno dei due modi :
1) 4 sta tra ) e 3 ( come in figura ) e quindi la retta V sta tra F ed U;
2) 3 sta tra ) e 4 e allora la retta U sta tra F e V.
7(25(0$ 'XH UHWWH U H V SDUDOOHOH DG XQD WHU]D UHWWD & QHOR VWHVVR
YHUVRVRQRSDUDOOHOHWUDORURLQTXHOYHUVR
Siano U, V e F tre rette. Se U e V stanno dalla stessa parte rispetto a F, per il
lemma 2, V sta fra U e F ( oppure U sta tra V e F ). Essendo per l'ipotesi U
parallela a F e risultando U e F da parti opposte rispetto ad V , per il lemma 1 ,
deduciamo che U e F sono parallele ad V nello stesso verso e quindi U // V
nello stesso verso di F.
Disponiamo ora U ed V da parti opposte rispetto alla retta F. Siano . un punto
di V e + un punto di U . Il segmento +. incontrerà & in un punto '.
Scegliamo un punto 6 su V , distinto da . , ed un punto 5 su U , distinto da +
ed un punto & su F distinto da ' in modo tale che .6 // '& e +5 // '& (cosa
sempre possibile per l'
ipotesi ).
61
Ogni semiretta di origine . ed interna all’ angolo +.6 = '.6 incontrerà la
semiretta '& in un punto (, essendo .6 // '& .Per la conservazione del
paralellismo +5 è parallela ad (&; piochè la semiretta .( è interna all'
angolo +(&, essa incontrerà la semiretta +5 in un punto ). Risulta quindi
.6 // +5 nello stesso verso rispetto alla retta F.
5LDVVXPHQGR possiamo dire che nel piano iperbolico la posizione di due rette
U ? V può essere di tre tipi :
a)U // V ( U
V = 0 ) e non si incontrano
b)Ued V ( con U
c) U
V = un punto ) incidenti
V = 0 ma non sono parallele ; le chiameremo iperparallele .
75,$1*2/,$3(57,
'HILQL]LRQH6LGLFHWULDQJRORDSHUWRODILJXUDFRVWLWXLWDGDGXHVHPLUHWWH
SDUDOOHOHHGDOVHJPHQWRFRQJLXQJHQWHOHRULJLQLGLTXHOOHVHPLUHWWH
Il segmento $% si dice lato finito del triangolo aperto. Gli angoli &%$ e '$%,
adiacenti al lato finito, si dicono angoli del triangolo aperto.
Vogliamo enunciare e dimostrare qualche teorema riguardante i triangoli aperti che generalizzano proprietà analoghe dei triangoli chiusi euclidei.
62
7HRUHPD,QXQWULDQJRORDSHUWRXQDQJRORHVWHUQRqPDJJLRUHGHOO¶DQJROR
LQWHUQRDGHVVRQRQDGLDFHQWH.
Supponiamo, per assurdo, (%' < %$& ;allora esiste %; tale che
(%' + '%; = %$&. Risulta %; interna ad $%' e, per l’ ipotesi %' parallelo
ad $&, %; incontra $& in un punto ). Allora nel triangolo chiuso $%), si ha:
(%) = (%' + '%;= %$& = ASSURDO.
Supponiamo che (%' = %$&. Dal punto medio 0 di $% conduciamo la perpendicolare 0+ alla retta %' e la prolunghiamo sino ad incontrare $& in ..
Dall’eguaglianza dei triangoli 0+% e $0. (II criterio), si deduce che l’angolo
$.0è retto come l’angolo .+'. Ma l’angolo .+'è l’angolo di parallelismo
tra le rette +' e .& e, come tale, non può essere retto.
63
7HRUHPD 6H GXH WULDQJROL DSHUWL KDQQR FRQJUXHQWL LO ODWR ILQLWR H XQR GHL
GXHDQJROLDOORUDKDQQRFRQJUXHQWHDQFKHO¶DOWURDQJROR
ip: AB = A’B’ ; Aˆ ≡ Aˆ
Si supponga $%' > $’%’'’ e sia %; una retta (che deve incontrare $& per
l’ipotesi: $& parallelo a %', e quindi, %' parallelo a $&) tale che
$%) = $’%’'’. Si costruisca $’)’= $); dall’eguaglianza dei triangoli chiusi
$%) e $’%’)’ si trova:
$%) = $’%’)’, che è ASSURDO.
7HRUHPD6HGXHWULDQJROLDSHUWLKDQQRFRQJUXHQWLJOLDQJROLDOORUDKDQQR
FRQJUXHQWLDQFKHLOODWRILQLWR
Si assuma $%'= $'
%'''
, %$&= %'$'&'
. Se fosse $% ? $'
%'e, per e’
sempio, $'
%'> $%, allora esisterebbe un punto %" tra $'e %'tale che $'
%" =
$%. Considerata la retta %";'per %" parallela a %'
''nel verso di $'
&'(per la
transitività del parallelismo, qualora si conserva il verso) per il I teorema di
congruenza, si dedurrebbe la congruenza dei triangoli aperti $%&' e
$'
%'
&'
;'
, e di conseguenza $'
%";'= $%'= $'
%'
''
; ciò è ASSURDO perché
per il triangolo aperto %"%'
;'
''vale il teorema dell’angolo esterno.
64
$QJROLGLSDUDOOHOLVPR
Sia U una retta e 3 un punto non appartenente ad U. In geometria euclidea una (la) retta per 3 parallela ad U forma con la retta 3+ perpendicolare
ad U in + un angolo retto. In geometria LSHUEROLFDuna retta parallela ad U per
3 forma con la retta 3+un angolo di SDUDOOHOLVPRDFXWR
Caso euclideo
Caso iperbolico
Ma quanto vale l’angolo di parallelismo?
/¶DQJRORGLSDUDOOHOLVPRqIXQ]LRQHGHOODOXQJKH]]DGHOVHJPHQWRGLSHUSHQ
GLFRODUH3+
Cominciamo con l’osservare che:
GDWDXQDUHWWDUHGXQSXQWR3QRQDSSDUWHQHQWHDUHXQ¶DOWUDUHWWDU
HXQ
SXQWR 3
HVWHUQRDU
WDOLFKH3+ 3
+
O¶DQJRORGLSDUDOOHOLVPRUHODWLYRD3
HG U H TXHOOR UHODWLYR D 3
HG U
VRQR XJXDOL SURSULHWD¶ GL LQYDULDQ]D
GHOO¶DQJRORGLSDUDOOHOLVPR
Tale proprietà è immediata conseguenza del teorema 2 sui triangoli aperti.
Vale anche il contrario, cioè se = ’ ? 3+= 3'
+'(questo è conseguenza del
teorema 3 sui triangoli aperti)
'XQTXHGDWL3HGUH3
HGU
VLKD ↔ 3+ 3
+
65
Conseguenza del risultato precedente è che se 3+ ≠ 3'
+'
, allora ? 'e viceversa.
Dunque, detta S la lunghezza di 3+ si ha I3
Vogliamo studiare tale funzione:
,35235,(7$¶33"I3I3FLRqODIXQ]LRQHqVWUHWWDPHQWH
GHFUHVFHQWH
La dimostrazione è una banale conseguenza del teorema 1 enunciato sui
triangoli aperti.
Dunque I è LQLHWWLYD
,,35235,(7$¶ILVVDWRXQDQJRORDFXWR HVLVWH3 ,5WDOHFKH I3
FLRqqVXUJHWWLYDVXOODIDPLJOLDGHJOLDQJROLDFXWL
Pertanto I : ,5+!> @ èLQYHUWLELOH e GHFUHVFHQWH
&252//$5,2GDWRXQTXDOVLDVLDQJROR HVLVWHXQDUHWWDSDUDOOHODDGHQ
WUDPELLODWLGHOO¶DQJROR
Sia l’angolo (vedi figura) e sia S la lunghezza del segmento tale che
/2 =I(3); sia 3+ la bisettrice di di lunghezza S. La retta U per +, perpendicolare a 3+è la parallela cercata.
66
3URSULHWjGHOOHUHWWHLQFLGHQWLSDUDOOHOHLSHUSDUDOOHOH
,5HWWHLQFLGHQWLDate due rette U, Vincidenti nel punto $, la distanza di un
punto $1 della retta V dalla retta Uaumenta indefinitamente quando il punto si
allontana da $su V
A2B2 > A1B1
,, 5HWWHSDUDOOHOHSiano U ed V parallele. La distanza di un punto di Uda V
cresce indefinitamente se il punto si sposta su U nel verso opposto a quello
del parallelismo, mentre decresce indefinitamente se il punto si sposta su U
nel verso del parallelismo. Le rette parallele hanno, dunque, comportamento
asintotico nel verso del parallelismo e sono divergenti nel verso opposto.
Il fatto che la distanza diminuisca nel verso del parallelismo ed aumenti nel
verso opposto è banale. Occorre, invece, dimostrare il comportamento asintotico nel verso del parallelismo.
Allo scopo si consideri un punto & arbitrario su U e sia'il piede della perpendicolare condotta da & su V e sia &;// '<. Preso comunque un segmento , piccolo a piacere, dimostreremo che esiste un punto su &; la cui distanza da V è minore di .
Se &' è minore di , l’assunto è provato.
Se &' è maggiore o uguale a , allora esiste sul segmento &' un punto (
tale che (' < . Conduciamo da ( le rette parallele alla retta V, nei due versi
di parallelismo, (5 ed (5'indicando con (5 la semiretta parallela ad s nel
verso di '< : (5 // '<.
Per la transitività del parallelismo risulterà (5 // &; e di conseguenza la retta
(5'prolungata incide con &; in un punto ). Se prendiamo sulla semiretta );
il punto * tale che () )* e conduciamo da ) e da * le perpendicolari )3 e
*4 alla retta V, otteniamo i triangoli congruenti ()3 e 3)* ( ()3 3)*
67
perché )* // 34 e quindi 3)* è l’angolo di parallelismo relativo a )* ed V,
mentre()3 è l’angolo di parallelismo nel verso opposto ).
Risulta pertanto:
1) (3 3* ; (3) )3* ; '3( 43* ( differenze di angoli congruenti )
2) la congruenza dei triangoli rettangoli ('3 e 34* da cui discende (' *4 e quindi *4 < .
,,, 5HWWHLSHUSDUDOOHOHSiano U e V due rette perpendicolari ad una stessa retta F, allora, come sappiamo, U ed V non si incontrano, ma non possono essere parallele perché l’angolo di parallelismo nel piano iperbolico è acuto,dunque sono iperparallele.
Valgono le seguenti proposizioni:
3URSRVL]LRQH Se due rette hanno una perpendicolare in comune sono iperparallele.
3URSRVL]LRQHSe due rette sono iperparallele allora hanno una e una sola
perpendicolare comune.
Dalle due proposizioni precedenti discende:
- due rette U e V sono iperparallele se e solo se hanno una e una sola perpendicolare comune.
Si possono dimostrare le seguenti ulteriori proprietà delle coppie di rette iperparallele.
a) Siano U e V due rette iperparallele e sia . il piede della perpendicolare
comune su U.
Se $ e % sono disposti su U simmetricamente rispetto a N allora $ e % sono
equidistanti da V : $$' %%'i triangoli rettangoli %+. e .+$ sono, come è
evidente, congruenti e pertanto si ha:
%+ $+ ; % . +.$; %
% $' $
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Anche i triangoli %’+% e $’+$ sono congruenti, per cui, $$’ %%’.
b) Se U e V sono rette iperparallele ed $ è un punto variabile suU la distanza
di $ da V aumenta allorché il punto $ si allontana dal piede . (su U) della
perpendicolare comune a U e a V. Cioè: se .$'> .$ allora $'
%'> $%
5LDVVXPHQGR
Date due rette U e V nel piano iperbolico si possono considerare i seguenti
casi:
I) U e V incidenti: non hanno perpendicolare comune e sono divergenti.
II) U e V parallele: non hanno perpendicolare comune, non sono incidenti,
hanno comportamento asintotico nel verso del parallelismo, sono divergenti
nel verso opposto (verso di divergenza).
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III) U e V iperparallele : hanno una ed una sola perpendicolare comune; il
“segmento “ di questa perpendicolare avente per estremi i piedi rappresenta
il segmento di minima distanza.
Da quanto detto discende che:
Nel piano iperbolico non esistono rettangoli. Se esistessero, dovrebbero avere due lati opposti su due rette iperparallele che, a loro volta, dovrebbero avere almeno due perpendicolari comuni.
IV) Criterio di congruenza dei triangoli.
Se due triangoli hanno congruenti i tre angoli, essi sono congruenti. Se i due
triangoli non fossero congruenti, l’esistenza di triangoli simili non congruenti
(ipotesi di Wallis indebolita) implicherebbe il V postulato di Euclide, ma ciò è
assurdo.
6RPPDGHJOLDQJROLLQWHUQLGLXQWULDQJRORHGLIHWWRDQJRODUH
La somma degli angoli interni di un triangolo è minore di due retti e
quella di un quadrilatero minore di quattro retti.
6 ”5LQJHRPHWULDDVVROXWD, ma 6 = 2R 9SRVWXODWRGL(XFOLGHHTXLQGLè
assurdo e pertanto deve essere: 6 < 2R:
Chiameremo GLIHWWRDQJRODUH d = 2R – 6 > 0
Il difetto angolare è additivo nel senso che:
Se un triangolo è diviso in due “sottotriangoli” mediante una trasversale passante per uno dei vertici, il difetto angolare del triangolo dato è uguale alla
somma dei difetti angolari dei due “sottotriangoli”.
Si può dimostrare che la proprietà di additività del difetto angolare riguarda,
più in generale, la suddivisione di un triangolo in sottotriangoli ottenuti mediante trasversali qualsiasi (non necessariamente passanti per uno dei vertici) ed in un numero qualsiasi.
70
Il concetto di difetto angolare si può estendere anche ad una regione poligonale con più di tre lati. Suddividendo quella regione poligonale in triangoli, si
può dimostrare che la somma dei difetti angolari dei triangoli della suddivisione è indipendente dalla particolare suddivisione ed è data da
d = 2 (n – 2) R – 6, dove n è il numero dei lati della regione poligonale ed 6
la somma degli angoli del poligono. L’additività del difetto angolare vale anche per le regioni poligonali.
&HQQLVXOODWHRULDGHOO¶DUHDQHOSLDQRLSHUEROLFR
La funzione AREA $e relativa all’insieme 3e delle regioni poligonali del
piano euclideo ha le seguenti proprietà:
$e: 3e ,5 (,5: insieme dei numeri reali)
I) $e(3) > 0 3 3e
II) Se 71, 72 sono triangoli congruenti, allora $e(71) = $e(72)
III) Se 31, 32 3e, 31, 32 quasi disgiunte (si incontrano al più nei lati e nei
vertici, cioè non hanno
punti interni comuni) allora: $e( 31 U 32) = $e(31) + $e(32)
IV) Se R 3e, R è un rettangolo e si ha: $e(R) = b · h (base per altezza).
Si può provare che da queste proprietà si possono dedurre tutte le proprietà
dell’area delle regioni poligonali del piano euclideo; pertanto le proprietà precedenti sono caratteristiche della funzione “Area Euclidea”. Abbiamo osservato come sia possibile associare ad un triangolo e poi, più in generale, ad
una regione poligonale qualsiasi, il suo difetto angolare.
Ora se pensiamo il difetto angolare come numero reale, per esempio prendendo la sua misura in radianti, possiamo definire la funzione d che associa
ad ogni regione poligonale 3 del piano iperbolico il difetto angolare d (3).
Nasce così la funzione d: 3i ,5, dove 3i indica l’insieme delle regioni poligonali del piano iperbolico.
Si verifica facilmente che d soddisfa le proprietà I), II), III), IV).
Infatti:
I)
d (3) > 0
3 3i
II) Se 71 e 72 sono triangoli congruenti, allora hanno gli angoli congruenti e
risulta: 61 = 62 per cui d (71) = 2R – 61 = 2R – 62 = d(72).
III) 31, 32 3i, 31, 32 sono quasi disgiunti; per la proprietà di additività del difetto angolare si ha: d (31 U 32) = d (31) + d (32).
71
IV) Non può che essere IDOVR perché nel piano iperbolico non esistono rettangoli.
Allora possiamo osservare che il difetto angolare fornisce una soddisfacente
funzione area nel piano iperbolico.
In geometria euclidea se due triangoli 71 e 72 hanno basi congruenti e altezze congruenti, allora $e(71) = $e(72).
Questa proprietà nel piano iperbolico non è valida. La funzione area in geometria iperbolica non può assomigliare a quella euclidea: i concetti di base e
altezza per l’area iperbolica non hanno senso (si pensi al fatto che non esistono rettangoli).
Senza addentrarci ulteriormente nell’argomento, ci limitiamo ad osservare
che ogni possibile funzione area del piano iperbolico è del tipo kd, dove k è
un numero reale positivo: le possibili “funzioni area” sono tutte e sole quelle
del tipo kd. Una scelta opportuna della costante k consente in piccole regioni
del piano iperbolico in cui si può pensare valida la geometria euclidea, di avere una perfetta identità numerica tra area iperbolica ed area euclidea.
Si può infine osservare che, a differenza di ciò che accade per la funzione Ae
(area euclidea), l’area iperbolica $i (3n) di una regione poligonale di n lati
(n •è limitata, precisamente: $i (3n) < k (n – dove k è la costante prescelta per definire la funzione $i (area iperbolica) uguale a kd.
Infatti da G Q5±6 si ricava GQ5 e passando alle misure in radianti GQ .
)DVFLGLUHWWHQHOSLDQRSURLHWWLYR
Come sappiamo nel piano euclideo si hanno due tipi di fasci di rette:
il fascio costruito dalle rette per un punto assegnato: fascio proprio;
il fascio costituito dalle rette parallele ad una retta data: fascio improprio.
Nel piano iperbolico si hanno, invece, tre tipi di fasci corrispondenti alle tre
possibili posizioni di due rette:
1) )DVFLR GHO SULPR WLSR: è costituito dalle rette passanti per un punto
(centro del fascio);
2) )DVFLRGHOVHFRQGRWLSR: è costituito dalle rette perpendicolari ad una
retta assegnata (asse del fascio);
3) )DVFLR GHO WHU]R WLSR: è costituito dalle rette parallele nello stesso
verso ad una retta assegnata.
72
3URSULHWD¶: (VLVWHXQRHGXQVRORIDVFLRGLUHWWHDFXLDSSDUWHQJRQRGXHUHW
WH DVVHJQDWH GXH UHWWH GLVWLQWH GL XQ IDVFLR SHUWDQWR OR LQGLYLGXDQR XQLYR
FDPHQWH
Infatti:
1)se le due rette sono incidenti il fascio è del primo tipo;
2)e sono parallele il fascio è del terzo tipo;
3) sono iperparallele allora hanno una e una sola perpendicolare comune ed
il fascio è costituito dalle rette ad essa perpendicolari.
3URSULHWD¶:'DWRXQIDVFLR)GLUHWWHSHURJQLSXQWRGHOSLDQRGLVWLQWRGDO
FHQWURGL)VH)qGHOSULPRWLSRSDVVDXQDHGXQDVRODUHWWDDSSDUWHQHQWH
DG)
$VSHWWLSURLHWWLYL
Nel piano euclideo si introduce, com’è noto, il concetto di punto improprio per dare anche al fascio improprio di rette il suo centro. Punto improprio
è sinonimo di direzione per cui due rette di un fascio improprio, che sono parallele, hanno in comune lo stesso punto improprio. Si introduce anche una
nuova retta convenzionale: la retta impropria, come il luogo dei punti impropri.
Su ogni retta, pertanto, si hanno infiniti punti propri ed un punto improprio.
Si può allora enunciare la proposizione:
3HUGXHSXQWLGLVWLQWLGHOSLDQRHXFOLGHRDPSOLDWRSDVVDXQDHGXQDVRODUHW
WD
Se i due punti sono propri, la retta è quella passante per i due punti; se uno è
proprio e l’altro improprio, la retta è quella condotta per il punto appartenente
al fascio improprio individuato dal punto improprio; se, infine, i punti sono
ambedue impropri, la retta è la retta impropria.
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In base a quanto ora detto, due rette distinte hanno sempre un punto in comune: proprio se le rette sono incidenti, improprio se sono parallele.
Volendo estendere analoghi concetti nel piano iperbolico, bisogna introdurre
convenzionalmente due tipi di punti:
3XQWR LGHDOH: comune alle rette di un fascio del II tipo e quindi individuato
dall’asse D del fascio: a.
3XQWRLPSURSULR: comune alle rette di un fascio del III tipo e quindi individuato
da una retta e da un suo verso: = (U, +5)
Su una retta U del piano iperbolico così ampliato si hanno:
infiniti punti ordinari (Punti Propri) se U appartiene ad infiniti fasci del I tipo;
due punti impropri se r appartiene a due fasci del III tipo;
infiniti punti ideali se U appartiene ad infiniti fasci del II tipo aventi ciascuno
asse perpendicolare adU.
Fissata una retta U, ampliata nel senso prima precisato, ed un punto proprio
$ ∉ U, si stabilisce una corrispondenza biunivoca tra i punti di U e il fascio )($)
del I tipo avente centro in $.
Basta infatti associare:
ad ogni punto proprio 3 U, la retta $3;
ad un punto improprio = (U, +5) di U, la retta per $ // ad UQHOYHUVRGL ad un punto ideale D di U(D perpendicolare ad U) la retta per $ perpendicolare ad D.
Vale ovviamente la seguente proprietà:
'XH UHWWH GLVWLQWH GHO SLDQR LSHUEROLFR DPSOLDWR KDQQR VHPSUH XQ SXQWR FR
PXQH(proprio se sono incidenti, improprio se sono parallele, ideale se sono
iperparallele).
Se andiamo ad esaminare la validità nel piano iperbolico della proposizione:
per due punti passa una ed una sola retta, ci accorgiamo che, esaminando
tutti i casi possibili, si hanno due eccezioni:
1) se i due punti sono uno ideale DHGXQRLPSURSULR D, +$) appartenente ad D
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2) se i due punti sono ambedue ideali D, E con D e E incidenti oppure D e E
parallele:
Per rinnovare queste eccezioni si danno le seguenti definizioni che introducono, convenzionalmente, ulteriori rette.
'HILQL]LRQH : sia $ un punto proprio. Si dice retta ideale passante per $ il
luogo dei punti ideali ciascuno dei quali è individuato da un fascio del II tipo
avente come asse una retta per $ (sostanzialmente è il fascio del I tipo con
centro in $).
= (r, HR) un punto improprio. Si dice retta impropria pas'HILQL]LRQH: sia
VDQWHSHU O¶LQVLHPHFRVWLWXLWRGD HGDLSXQWLLGHDOLFLDVFXQRGHLTXDOL
è individuato da un fascio del II tipo avente come asse una retta per
(sostanzialmente è il fascio del III tipo).
Adesso è immediato osservare che il caso 1) è risolto dalla retta impropria
SHU PHQWUHLOFDVRFRQD eE incidenti, è risolto dalla retta ideale per
$ = D E, e il caso 2), con D e E parallele, è risolto dalla retta impropria passante peU (D, +$) = (E, .%).
A questo punto si può affermare che, anche nel piano iperbolico, due punti
distinti individuano sempre una retta e due rette distinte hanno sempre in
comune un punto. Dopo aver osservato che, con l’introduzione dei punti ideali ed impropri, i fasci del I tipo hanno centro proprio, quelli del II tipo hanno centro ideale e quelli del III tipo hanno centro improprio, si possono intuitivamente visualizzare i tre tipi di fasci nel modo seguente:
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&HQQRVXOOHOLQHHIRQGDPHQWDOLGHOSLDQRLSHUEROLFR
Fissato un fascio ) di rette nel piano iperbolico, si dice che due punti $
e % sono corrispondenti rispetto ad ) se $ e % sono simmetrici rispetto ad
retta del fascio.
Sia ) un fascio fissato e 3 un punto; il luogo dei punti corrispondenti di P rispetto ad ) è una linea che risulta:
- un cerchio se ) è del I tipo (3 $);
- una linea equidistante dall’asse del fascio LSHUFLFOR se ) è del II tipo e 3 non
appartiene all’asse del fascio;
- una linea detta RULFLFOR (curva limite) se ) è del III tipo.
L’iperciclo rivela che il luogo dei punti equidistanti da una retta non è una retta (si dimostra, infatti, che tre punti distinti di un cerchio o di un iperciclo o di
un oriciclo, non sono mai allineati).
E’ facile verificare che due punti corrispondenti rispetto ad un fascio del I tipo
sono equidistanti dal centro del fascio, due punti corrispondenti rispetto ad
un fascio del II tipo sono equidistanti dall’asse del fascio e, infine, due punti
corrispondenti rispetto ad un fascio del III tipo sono simmetrici rispetto alla
bisettrice della striscia compresa tra le rette del fascio passanti per i punti dati.
Vale il seguente teorema:
)LVVDWLFRPXQTXHWUHSXQWLQRQDOOLQHDWLQHOSLDQRHVLVWHVHPSUHXQRHGXQ
VRORFHUFKLRRLSHUFLFORRGRULFLFORFKHOLFRQWLHQH
Notiamo, infine, che così come la trigonometria del piano euclideo si fonda
sul cerchio, quella iperbolica si basa sull’oriciclo.
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