Bosone di Higgs: quei 5 sigma
che hanno commosso Peter
Higgs
di Marco Milano
La conferenza era stata già annunciata la scorsa settimana, la
notizia era nell’aria. Nel frattempo è poi cominciato l’ICHEP,
il più importante congresso di fisica delle alte energie. Poi
le indiscrezioni degli ultimi giorni, fughe di notizie, il
CERN che si lascia sfuggire qualche ora prima un video
premonitore sui sui canali social. Stamattina, durante il
“primo seminario scientifico seguito in diretta da milioni di
persone” è stato dato l’annuncio ufficiale: i ricercatori
ell’acceleratore LHC di Ginevra hanno finalmente isolato le
tracce di una nuova particella, un bosone molto simile a
quello previsto da Peter Higgs mezzo secolo fa: la particella
di Dio.
Cos’è il Bosone di Higgs
Il mondo – e quindi l’universo – così come lo conosciamo è
tenuto in piedi da quattro forze fondamentali : l’interazione
elettromagnetica, l’interazione debole, l’interazione forte e
l’interazione gravitazionale.
Queste possono essere pensate
come il ‘collante’ che tiene
unite
le
particelle
elementari, gli atomi, i
corpi nella loro interezza, i
pianeti e il loro moto nello
spazio, le galassie. In
fisica, c’è una teoria che
descrive tre di queste forze,
non trovando una precisa coerenza con la gravità: il Modello
standard. Questa formulazione matematica riesce a
caratterizzare bene le particelle elementari, ma non può si
può considerare come la teoria fondamentale ella fisica – le
teoria del tutto cercata da Albert Einstein – perché è ancora
priva di qualche tassello. Uno di questi è la spiegazione di
quale sia l’origine esatta della massa, come si mettono
insieme le particelle per creare la materia come la
conosciamo. Per tentare di risolvere il rompicapo, Peter
Higgs, con altri fisici teorici, ha formulato una sua
personale teoria negli anni ’60, la congettura di Higgs, che
prevede l’esistenza di una particolare particella, il bosone
omonimo, che giustifica la forma dell’universo come lo
conosciamo. Secondo Higgs, in pratica, senza il suo bosone non
ci sarebbe materia e tutte le particelle schizzerebbero via
alla velocità della luce. Niente Bosone di Higgs, niente
materia e niente universo conosciuto: la particella di Dio.
Quasi 20 anni fa, presso il CERN di Ginevra fu approvato
l’avvio degli esperimenti del Large Hadron Collider,
l’acceleratore di particelle più grande realizzato finora per
le ricerche sperimentali in fisica delle particelle. All’LHC
si riproducono condizioni fisiche di fenomeni che non
potrebbero altrimenti essere osservati, come le ipotetiche
condizioni iniziali dell’universo. Tra i progetti più
importanti ci sono il CMS e ATLAS, i due esperimenti che hanno
proseguito nella caccia del Bosone di Higgs, cercando le sue
tracce per via indiretta (studiando i residui di collisioni
subatomiche).
Dopo i promettenti risultati dello scorso dicembre,
la comunità scientifica ha potuto esultare.
metaforicamente, dal momento che il pubblico
scoppiato in un applauso spontaneo quando Fabiola
stamattina
Non solo
in sala è
Giannotti,
la ricercatrice italiana portavoce
dell’esperimento ATLAS, ha
annunciato i dati degli
esperimenti di quest’anno:
una nuova particella con
massa
di
126.5
GeV
e
significatività statistica di
5 sigma – per gli addetti ai
lavori – una particella molto
simile al bosone di Higgs, insomma. E’ stato proprio quel 5
sigma (la certezza statistica cercata dai ricercatori), il
numero magico che ha fatto commuovere anche Peter Higgs,
presente con altri tre fisici teorici come ospite d’onore alla
conferenza. E i dati sono coerenti con l’altro esperimento
parallelo, il CSM, che conferma l’eccezionalità della scoperta
Si tratta proprio del bosone previsto da Higgs? Non è detto,
in realtà è ancora presto per dirlo, nonostante la frenesia
della stampa nelle ultime ore. Ci vorrà ancora un po’ di tempo
e analisi più accurate per decidere e conoscere bene
l’identità di questo bosone. Come ha precisato proprio Fabiola
Giannotti “siamo a solo un terzo del lavoro per quest’anno. E’
solo l’inizio”. Si potrebbe trattare anche di qualcosa di più
interessante, insomma, che può aprire nuovi spiragli e
interrogativi più grandi sulle leggi di natura.
Di sicuro, per il momento, la scoperta sigla un successo
fondamentale per tutta la comunità scientifica che, in questo
campo, ha avuto il supporto fondamentale dei ricercatori
italiani. Oltre alla portavoce di ATLAS, bisogna infatti
ricordare Guido Tonelli del CMS e il direttore di ricerca
Sergio Bertolucci, i tantissimi giovani ricercatori italiani a
Ginevra e il contributo dell’Isituto Nazionale di Fisica
Nucleare.
Un evento storico, soprattutto perché arriva nelle ore in cui,
invece, si continua a tagliare fondi alla ricerca e
all’istruzione, mortificando il futuro del nostro Paese.