Alle soglie delle celebrazioni per il 250° della nascita di Mozart, occasione planetaria per riproporre tutta l’opera del genio salisburghese, può essere interessante esporre qualche considerazione su alcuni aspetti della sua produzione ed anche scoprire insospettati punti di contatto con un altro musicista, a lui contemporaneo, ma certamente meno conosciuto. Uno tipo di strumento che Mozart imparò a conoscere fin dall’inizio del suo approccio con la musica fu quello a tastiera, nel quale, insieme al violino, raggiunse livelli di conoscenza tecnica e di abilità senza eguali all’epoca. Non va dimenticato che il padre Leopold, così importante, in ogni caso, per la sua formazione musicale, era un eccellente didatta ed un suo trattato di tecnica violinistica, “best seller” all’epoca, è ancora oggi un testo fondamentale per lo studio degli strumenti ad arco. Ho usato volutamente il termine “tastiera” perché, se per noi oggi è ovvio associare la musica mozartiana per strumento a tastiera al pianoforte, in realtà molte sue composizioni sono state concepite per il predecessore storico, il clavicembalo. E’ altrettanto ovvio che, trattandosi, come in tutta la produzione mozartiana, di musica assoluta, l’esecuzione sul pianoforte non comporta problemi espressivi, anzi, ne esalta le caratteristiche. Mozart visse “in diretta” il passaggio, nel gusto e nella pratica, da uno strumento all’altro. La sua prima composizione, catalogata K1 – di un bambino di 5 anni…-, è proprio un andante “per pianoforte”, ma in realtà concepita su un cembalo. La stessa “Marcia alla turca”, celebre ultimo movimento di una sonata, se eseguita su un cembalo con percussioni e sonagli, come all’epoca esistevano, assume un aspetto completamente differente. Anche se i primi pianoforti erano probabilmente meno affidabili di un ottimo cembalo, Mozart ne intuì immediatamente la potenzialità indicando anche nuove strade di tecnica esecutiva. E’ interessante notare come in alcuni concerti scritti nel 1782, primo anno di soggiorno a Vienna, come i K413/414/415, sia ancora presente il “basso continuo”, insieme alla parte del tutti orchestrale – quando il solista tace - , chiaro fossile di una prassi esecutiva barocca che prevedeva che il “konzertmeister” dirigesse e suonasse dal cembalo realizzando anche il basso continuo. Conseguenza inevitabile della grandezza del suo genio, Mozart superò poi il proprio tempo, anticipando, in alcuni concerti, come nell’adagio del K488, magia, atmosfere ed armonie del non ancora nato romanticismo. Un compositore contemporaneo a Mozart, ma sicuramente meno conosciuto, fu Simon Mayr (1763/1845). Nato a Mendorf in Baviera, visse e morì a Bergamo, considerandosi italiano d’adozione. Fu grande didatta, maestro di cappella al Duomo di Bergamo, e fondatore di Istituti educativi (Donizetti fu tra i suoi allievi) e di sostegno per i meno abbienti. Questo l’aspetto “ufficiale”. In realtà Mayr era anche un “Illuminato di Baviera”, cioè fece parte di un’organizzazione paramassonica, fondata da Adam Weishaupt nel 1766, che voleva sovvertire l’ordine politico divulgando principi di eguaglianza, libertà e fratellanza. Anche Goethe appartenne al quest’organizzazione, e recentemente è stato scoperto un melodramma, intitolato Verter, nel quale Mayr musica il testo goethiano utilizzando anche citazioni del Flauto Magico di Mozart, del quale Goethe aveva scritto la continuazione senza che nessuno la musicasse. Anche Mozart, alla luce di nuovi studi, era un illuminato. Si rivelano quindi legami insospettabili fra musicisti ed intellettuali dell’epoca, sotto il segno di un desiderio di affermazione di principi di libertà allora sconosciuti nella realtà. Mayr scrisse anche alcuni concerti per pianoforte ed il sottoscritto, insieme al musicologo Luca Bianchini, ne identificati due completi realizzando, per l’etichetta Tactus, un CD in prima registrazione moderna. Lo stile è mozartiano, ed anche in questo caso, come nei primi concerti di Mozart, è presente la numerazione del basso continuo. Di gradevole ascolto, rappresentano un aspetto della produzione di Simon Mayr pressoché sconosciuto ma da non sottovalutare. Piero Barbareschi