La prospettiva di San Satiro a cura di Giuliano Bovo L'illusione è perfetta. Si entra nella chiesa di Santa Maria presso San Satiro, a Milano, (è un nome complicato) e pare che, dietro l'altare, ci sia un grande spazio, un'abside regolare, ben completata da colonne e decorazioni. Invece no, non è così: ma l'illusione (l'inganno?) dura a lungo, e per accorgersi che si tratta solo di un'illusione ottica bisogna arrivare proprio vicino all'altare, quasi toccare con mano: dietro l'altare non si passa, c'è poco meno di un metro di spazio. Insomma, l'abside che vedete nelle foto nella realtà non esiste. L'artefice di questa meraviglia, o forse inganno (inganno prospettico) è uno dei nostri più grandi architetti, Donato Bramante. Come è intuibile, dietro a questo strano capolavoro c'è una necessità pratica: al momento di costruire la chiesa, la diocesi non ebbe i necessari permessi. Lo spazio ridotto, anzi annullato, avrebbe ormai richiesto un altro progetto oppure reso impossibile l'opera; Bramante invece accettò la sfida e riportò in scala le stesse misure che aveva previste in origine. E difatti la finta abside realizzata misura 97 centimetri invece dei 9 metri e 70 previsti nel disegno originale; e da questo impedimento Bramante è riuscito a trarre un capolavoro inaspettato. San Satiro era il fratello di Sant'Ambrogio (339-397 circa), e quindi contemporaneo di Sant'Agostino. A lui fu dedicata la chiesa originaria, fatta costruire probabilmente su un luogo di culto preesistente dall'arcivescovo Ansperto da Biassono, che fu a capo della diocesi di Milano dall'anno 868 all'anno 882. Al vescovo Ansperto si devono grandi lavori, la costruzione di nuove chiese, interventi sulla basilica di Sant'Ambrogio e sulle mura romane, e anche la basilica di San Satiro. Nel 1242 l'imma gine devozi onale della Madon na col Bambi no, conser vata da sempr e nella basilica , venne profan ata; le cronac he raccontano di un giovane (Massazio di Vigonzone) che pugnalò il Bambino, e del sangue che sgorgò subito da quell'immagine. Nella chiesa è ancora conservato il pugnale di Massazio, e l'immagine miracolosa divenne meta di pellegrinaggi. Per onorare quest'immagine miracolosa, si decise, nel 1480, di costruire la nuova chiesa. L'incarico verrà affidato al Bramante, e la chiesa prenderà il nome di Santa Maria presso San Satiro, inglobando l'antica basilica. Al centro dell'altare c'è ancora oggi l'immagine miracolosa. Bramante a Milano ha uno strano destino: ha costruito due capolavori ma spesso è come se non esistessero. San Satiro è proprio a due passi dal Duomo, seminascosta in via Torino, con una facciata anonima in pietra grigia (l'originale del Bramante non fu terminata e in seguito abbattuta); e Santa Maria delle Grazie è la chiesa del Cenacolo, e capita spesso che le comitive dei turisti che si recano da Leonardo non vadano oltre un'occhiata distratta alla bellissima Chiesa che è proprio lì di fianco. Ma, al di là della bellezza dell'opera, quello che mi piace particolarmente dell'opera di Bramante in San Satiro è l'aver accettato la sfida, il limite. Siamo di fronte all'opera di un grandissimo artista, e questo non va dimenticato; ma quanti sono gli artisti che avrebbero accettato di lavorare in queste condizioni? Accettare dei limiti, o lavorare su ordinazione, è per molti artisti moderni un'idea inaccettabile; e invece ai tempi del Bramante, e di Leonardo, era la norma. Capolavori assoluti sono nati da limiti e da imposizioni; il limite non è affatto un impedimento alla nascita di un'opera d'arte, e anzi si può tranquillamente affermare il contrario, cioè che molti artisti che ammiriamo sarebbero stati ancora più grandi se avessero accettato qualche compromesso, e accettato qualche limite. In campo letterario, per esempio, nei limiti precisi del sonetto e dell'endecasillabo (solo per fare due esempi) hanno lavorato Dante e Petrarca, ma anche il Belli; in campo musicale, sulla "forma sonata" di Haydn hanno lavorato Mozart e Schubert, e anche Beethoven; nel Novecento, abbiamo l'esempio del blues, che con un giro di poche battute ha ispirato un grande numero di musicisti, e ha concesso loro di essere originali anche con questi pochi mezzi. Così anche noi nella nostra vita quotidiana siamo arricchiti (e spesso non ce ne accorgiamo) dalle nostre difficoltà o dai nostri dispiaceri. Chi ha sofferto qualcosa, insomma, è quasi sempre più completo (più serio e profondo) di chi ha avuto una vita facile e senza intoppi. Certo, di queste cose (intoppi e disgrazie, intendo) è meglio non averne troppe, ma ragionando da cristiano (e qui in San Satiro siamo in un luogo di culto, anche se spesso tendiamo a dimenticarlo), forse non è proprio un caso che la prospettiva del Bramante sia sorta intorno ad un'effigie miracolosa, come questa della Madonna con il Bambino in braccio. Basilica di San Nazaro in Brolo (in prato) Basilica dei Santi Apostoli e Nazzaro Maggiore Esterno La basilica dei Santi Apostoli e Nazzaro Maggiore o di San Nazaro Maggiore, è un luogo di culto cattolico del centro storico di Milano, situato nell'omonima piazza. Il complesso si compone della Basilica Apostolorum (in italiano: basilica degli Apostoli), fatta edificare da sant'Ambrogio da Milano nel IV secolo, della rinascimentale cappella Trivulzio e della cappella di Santa Caterina. Esterno: Cappella Trivolzio All'esterno la basilica di San Nazaro in Brolo si presenta con un doppio prospetto. Il prospetto principale, che dà sull'omonima piazza, è costituito dalla severa mole (della facciata) della Cappella Trivulzio. Essa, esternamente a pianta quadrata, presenta un paramento murario in mattoni rossi ed è suddiviso in due ordini sovrapposti da un cornicione, con lesene marmoree tuscaniche in quello inferiore e ioniche in quello superiore, rimasto incompiuto. In basso, si apre l'unico portale, con timpano triangolare marmoreo, affiancato da due porte murate. Sopra di esso, un bassorilievo raffigura al centro lo stemma Trivulzio, affiancato da due putti che sorreggono gli stemmi Colleoni (a sinistra) e Gonzaga (a destra), in onore delle casate delle sue due mogli. Al centro dell'ordine superiore, si apre una bifora. La cappella è sormontata da una lanterna ottagonale. Il secondo prospetto della chiesa, cioè quello che dà su largo Francesco Richini, è costituito dalla testata del transetto sinistro, ovvero una grande abside. Essa è decorata lungo il bordo superiore da una serie di archetti ciechi a tutto sesto, mentre nella fascia centrale, in basso, vi è una grande portale murato avente un piccolissimo protiro sorretto da due esili colonne. Di fianco all'abside del transetto sinistro si trova la cappella di Santa Caterina, opera di Antonio da Lonate (1456-1541), che la costruì su ispirazione delle opere del Bramante e che è caratterizzata dalla cupola con tamburo cilindrico e copertura conica. Dal transetto sinistro, attraverso una porta, salendo alcuni gradini, si accede alla cappella di Santa Caterina d'Alessandria, costruita su progetto di Antonio da Lonate nel 1540 circa, che si ispirò alle opere architettoniche del Brunelleschi e del Bramante. L'ambiente, a pianta rettangolare coperto da una cupola semisferica in cui si aprono alcune finestre a forma di piccoli rosoni, custodisce due opere: la statua dell'Addolorata, sull'altare, e l'affresco raffigurante il Martirio di Santa Caterina d'Alessandria, opera di Bernardino Lanino (15481549; in collaborazione con Giovan Battista della Cerva), che ricopre interamente una strombatura ad arco a tutto sesto sulla parete sinistra della cappella. Esso si articola in più scene: al centro è raffigurata la scena del miracolo della ruota, a sinistra, dall'alto, Caterina che cerca di convertire l'Imperatore e il processo di Caterina; a destra, dall'alto, la decapitazione di Caterina e la sua morte. Lungo la parete destra, sopra la porta che collega la cappella all'esterno, si trova una vetrata policroma dipinta opera di Luca da Leida raffigurante Scene della vita di Santa Caterina d'Alessandria. Bernardino Lanino Martirio di S. Caterina d’Alessandria La basilica di San Nazaro in Brolo o San Nazaro Maggiore, anche nota come basilica apostolorum, è una basilica milanese, che si trova nell’omonima piazza, fatta edificare da sant’Ambrogio da Milano nel IV secolo. Storia Dopo il 386, il vescovo Ambrogio promosse, a Milano, la costruzione di una serie di nuove basiliche, dedicate ciascuna ad una diversa tipologia di santi, (non esisteva ancora l’usanza di intitolare le chiese a un santo solo). Furono così costruite una basilica per i profeti (dedicata poi a San Dionigi, della quale si conosce solo la localizzazione vicino ai bastioni di Porta Venezia), una per i martiri (martyrium), che in seguito ospitò le sue spoglie e divenne la basilica di Sant’Ambrogio), una per le vergini (futura basilica di San Simpliciano) ed una per gli apostoli, san Nazaro in Brolo appunto. Con il ritrovamento del corpo di Nazaro nel 397, si creò una nuova abside, in modo da creare un sacello per la sepoltura del Santo rivestito da marmi donati dalla nipote dell’imperatore Teodosio I, Serena, che provvide ad abbellire anche il resto della chiesa. L’interno della cappella Trivulzio L’interno della basilica è preceduto dalla Cappella Trivulzio, mirabile opera architettonica di Bartolomeo Suardi, detto Bramantino, costruita sull’area dell’antico quadriportico della chiesa. Il Mausoleo, ideato per raccogliere le spoglie della famiglia Trivulzio, è a pianta ottagonale e si può suddividere in tre fasce sovrapposte: fascia inferiore: delle nicchie al livello del calpestio, in cui rimangono le tracce di alcuni affreschi; fascia mediana: delle nicchie all’altezza di circa 4-5 metri contenenti i sarcofagi delle spoglie di alcuni membri della famiglia Trivulzio; fascia superiore: in cui si aprono le grandi bifore sorrette ognuna da una colonnina dorica al centro. La rilevanza dell’opera architettonica del Bramantino è dovuta al fatto che l’estrema sobrietà e l’essenziale eleganza del Mausoleo anticipano le esigenze di austerità dell’epoca della controriforma. Tale intenzione di solennità e di semplicità è dimostrata dall’iscrizione posta sotto all’arca di Gian Giacomo Trivulzio: “Qui nunquam quievit, quiescit. Tace” (“Colui che non ebbe mai requie, ora riposa: silenzio!”). Inoltre, la struttura architettonica della cappella parrebbe ispirata al vicino sacello di Sant’Aquilino in San Lorenzo alle Colonne, una citazione classicistica rivisitata in stile rinascimentale che può essere paragonabile alla sobrietà delle Cappelle Medicee in Firenze, anch’esse realizzate in piena epoca di controriforma. L’aggiunta di un mausoleo all’ingresso della chiesa di San Nazaro come vestibolo rende la Cappella Trivulzio un unicum nella storia dell’arte. All’interno della cappella doveva essere ospitata una grande statua equestre ad opera di Leonardo Da Vinci, che però non fu mai realizzata. L’altare maggiore All’interno dell’abside maggiore, sopraelevato di alcuni gradini rispetto al piano di calpestio della navata, si trova l’imponente altar maggiore, opera in stile barocco. Realizzato in marmi policromi (soprattutto in marmo nero), è costituito dalla mensa, con paliotto aureo, dal tabernacolo e dal baldacchino sorretto da colonne corinzie tortili, all’interno del quale si trova la statua in marmo bianco del Cristo Risorto. Mentre nel transetto sinistro si trova il solenne altare di Sant’Ulderico, le cui statue in legno chiaro risaltano sopra l’ancona in marmi scuri, nel transetto sinistro si trova la bellissima Crocifissione di Bonino da Campione. Questo piccolo bassorilievo, databile nel XIV secolo, raffigura con estrema chiarezza e veridicità Cristo morto in croce con ai lati Maria, sua madre, e Giovanni Evangelista, inginocchiati. La Cappella di Santa Caterina d’Alessandria Dal transetto sinistro, attraverso una piccola porta, si accede alla Cappella di Santa Caterina d’Alessandria, costruita su progetto di Antonio da Lonate nel 1540 circa, che si ispirò alle opere architettoniche del Brunelleschi e del Bramante. L’ambiente, a pianta rettangolare coperto da una cupola semisferica in cui si aprono alcune finestre a forma di piccoli rosoni, custodisce due opere: la statua dell’Addolorata, sull’altare, ed il bellissimo affresco raffigurante il Martirio di Santa Caterina d’Alessandria, mirabile opera di Bernardino Lanino. In controfacciata, sopra l’ingresso ad arco che mette in comunicazione la cappella con la basilica, vi è un piccolo Organo a canne costruito da Paolo Chiesa nel 1833 e restaurato dalla Ditta Mascioni di Cuvio nel 1986. Testo da: http://it.wikipedia.org/wiki/Basilica_di_San_Nazaro_in_Brol o La basilica di S. Nazaro Maggiore, la Cappella Trivulzio e la Cappella di Santa Caterina, costituiscono un unico complesso. S. Nazaro Maggiore è una delle basiliche della Milano romana imperiale che furono fondate «extra moenia» – da cui l’altro nome con cui è conosciuta: S. Nazaro in Brolo, cioè “al prato” – alla fine del quarto secolo, per volere del vescovo Ambrogio. Originariamente intitolata ai Santi Apostoli, la chiesa fu poi dedicata a S. Nazaro, martire cristiano ai tempi di Nerone. Dotata fin dalle origini paleocristiane di planimetria a croce – probabilmente uno dei primi edifici in Occidente basati su questa struttura – fu ricostruita nell’undicesimo secolo, e fatta trasformare a partire dal 1571 da Carlo Borromeo. Fu profondamente danneggiata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, e il suo assetto attuale risale ai lavori ricostruttivi condotti tra 1946 e 1963. Davanti alla chiesa di S. Nazaro Maggiore, si trova il corpo quadrato della Cappella Trivulzio, aggiunta fra 1512 e 1550. La cappella Trivulzio era stata commissionata al Bramantino, che la lasciò incompiuta, come mausoleo di famiglia dal condottiero Gian Giacomo Trivulzio (1441-1518). Il sarcofago di Gian Giacomo sta in alto di fronte all’ingresso. Una secca epigrafe latina («Qui numquam / quievit quescit / tace») ingiunge di rispettare in silenzio il riposo di chi in vita non aveva riposato mai. Nel transetto destro spicca la Crocifissione, piccolo ma intenso bassorilievo di Bonino da Campione (XIV secolo); dal transetto sinistro si accede alla cinquecentesca cappella di S. Caterina d’Alessandria, dove si ammira un bell’affresco di Bernardino Lanino, il Martirio della santa (1546). Visita della Cà Granda Il progetto, affidato da Francesco Sforza all'architetto toscano Antonio Averlino detto il Filarete (1400-1469), fu da questi illustrato nel Trattato di Architettura quale esempio di architettura pubblica nel più ampio contesto di una città ideale, la Sforzinda, in cui era adombrata la Milano Sforzesca. La pianta proposta dal Filarete, basata sul quadrato, aveva chiari riferimenti simbolici religiosi. Lo schema che sottende l'edificio è un rettangolo formato da dieci quadrati uguali, tra i quali si colloca in posizione centrale la Chiesa. Le parti laterali, costituite da costruzioni con pianta a croce ("crociera") quasi a ricordare la sofferenza umana, erano destinate ai malati. Al centro della "crociera" quattrocentesca (i cui bracci misurano metri 90 di lunghezza, metri 9 in larghezza metri 9 in altezza) in corrispondenza del tiburio si trovava un altare che poteva essere visto da tutti. Ad ogni letto corrispondeva un piccolo armadio a muro con ribaltina, che faceva da tavolo; inoltre per tutta la lunghezza dei bracci della crociera furono creati corridoi nei quali erano collocati servizi igienici (chiamati "destri'') con soluzioni avveniristiche per l'epoca. La costruzione ebbe inizio dal lato destro rispetto all'entrata del cortile. Dal quadrilatero tra la Chiesa di S. Nazaro, la via Festa del Perdono e la via Francesco Sforza. Entro tale quadrilatero sono quattro cortili risultanti dalla intersezione dei bracci della crociera secondo il progetto del Filarete, che lasciò i lavori nel 1465. Della facciata si deve al Filarete il piano terreno (1460-1465), mentre il piano superiore è da ritenere opera del successore Guinforte Solari (1465-1481), anche se l'idea iniziale delle bifore potrebbe essere restituita al Filarete. All'Amadeo (1447-1522) e alla sua scuola si deve il compimento dell'ala verso il cortile centrale: in sostanza l'Amadeo avrebbe ideato il doppio portico, ma non è noto fino a quale punto egli giungesse nella costruzione. Questo loggiato, rimasto incompiuto, fu trasformato e ultimato da G.B. Pessina un secolo e mezzo dopo (1625-1634). Il Pessina ebbe infatti l'incarico di rivedere il vecchio progetto: con lui furono F.M. Richini, Fabio Mangone, G.B. Crespi detto il Cerano. Comunque il Richini è ritenuto l'effettivo ideatore del grande cortile barocco, composto da una sequenza a doppio ordine di arcate su colonne: tale cortile è infatti correntemente definito cortile centrale o del Richini; sempre al Richini si deve la corrispondente fronte secentesca verso la via Festa del Perdono. La seconda crociera, a sinistra del cortile centrale, compreso il cortiletto a colonne, fu costruita dal 1686 al 1701 e fu destinata alle donne. La fronte verso il Naviglio e le altre costruzioni furono attuate da Attilio Arrigoni; nel 1797 fu completato il perimetro esterno da Pietro Castelli. Il complesso architettonico ha rappresentato per secoli in Italia e in Europa un esempio di avanzata struttura ospedaliera. Esso è stato adibito ad ospedale fino alla seconda guerra mondiale, durante la quale fu quasi completamente distrutto dai bombardamenti (1943). Alla fine della guerra l'edificio venne assegnato all'Università degli Studi di Milano; i lavori di ricostruzione iniziarono nel 1949 e l'Ateneo vi pose ufficialmente la sua sede nel 1958. L'opera di restauro e di ristrutturazione venne eseguita, recuperando con amore tutto il possibile materiale autentico e accostando con misura il moderno all'antico, da una équipe di tecnici, fra i quali ricordiamo gli architetti Ambrogio Annoni, Piero Portaluppi e Liliana Grassi. A Liliana Grassi si deve buona parte del restauro dell'edificio soprattutto della "crociera" quattrocentesca, condotto con il rigore scientifico che le derivava dalla profonda ed estesa conoscenza dell'architettura del Quattrocento lombardo nei suoi aspetti tecnici e formali, e in pari tempo con la sensibilità ai valori spaziali ed estetici, restituiti al pubblico in una forma che conserva intatta l'atmosfera di austerità e di emozione per cui quei luoghi erano stati creati. Come già detto, questo prestigioso monumento è la sede centrale dell'Università. Più precisamente qui si trovano: il Rettorato, alcuni Uffici amministrativi e due Facoltà umanistiche (Giurisprudenza, Lettere e Filosofia). Frequentemente diventa sede di manifestazioni culturali e di congressi scientifici nazionali e internazionali.