SOCIOLOGIA G. Lezioni del 30 aprile–2 maggio 2007
1. L’ Interazionismo simbolico, scenari, oggetto, autori
Con l’interazionismo simbolico si importa negli Stati Uniti una sensibilità già presente in Europa (
specie in Germania) per i processi simbolici come processi chiave della strutturazione sociale basata
sull’interazione su scala micro (vedi Simmel) e ci si attrezza per sferrare , negli anni’ 60 un forte
attacco al funzionalismo e alla sua veduta macro della società.
1.1. Gli Scenari
La corrente di pensiero che va sotto questo nome ha posto le proprie premesse negli anni 30 a
Chicago, negli Stati Uniti, si è fortemente indebolita durante il periodo dominato dal funzionalismo
(anni 40 –50) e ha ritrovato poi forza e diffusione, ponendosi in forte contrasto con il
funzionalismo, negli anni '60 e '70.
Negli anni ’30 e poi successivamente negli anni’ 60 l’eredità della tradizione sociale è parzialmente
raccolta egli Stati Uniti attraverso la mediazione della psicologia sociale e della filosofia pragmatista.
In Europa le leggi razziali prima e la guerra mondiale poi interrompono per gran parte l’attività dei
sociologi spingendo molti a emigrare negli Stati
In realtà il collegamento cruciale tra nascita delle scienze sociali negli Stati Uniti e vecchia sociologia
europea è quello che avviene in Europa ed è rappresentato da George Simmel, tedesco, amico di
Weber, le cui lezioni in Germania sono seguite a Robert Park, sociologo della città, americano ed
esponente della scuola di Chicago.
Al berlinese Simmel (1858-1918), uno dei precursori dell’interazionismo simbolico si deve l’aver
introdotto una sociologia formale o delle forme elementari della società in contrapposizione alla
sociologia sostantiva e si deve l’aver difeso una sociologia dei sistemi minori (diadi, triadi, cerchie
sociali) contrapposta a quella dei macro sistemi. Inoltre Simmel introdusse il principio di una società
che né sta perfettamente insieme, né si contrappone per grandi blocchi, ma si segmenta e si ricompone
innumerevoli volte attraverso cerchie sociali di persone che per certi aspetti sono in accordo, per altri
no.
1.2. L’oggetto
L’interazionismo simbolico si sviluppa anche in opposizione all’approccio comportamentista allora
molto diffuso in psicologia e che era interessato a rilevare i comportamenti sociali secondo il criterio
dello stimolo-risposta.
L’oggetto dell’interazionismo simbolico sono le impressioni e le rappresentazioni che gli individui
costruiscono e gestiscono come veicolo indispensabile dell’interazione sociale.
Secondo l’interazionismo simbolico gli individui sono soggetti attivi e creativi, capaci quindi di
frapporre tra loro e gli stimoli forniti dalla società la mediazione di una loro rielaborazione dei
messaggi.
Le impressioni che le persone si fanno le une delle altre costituiscono i fatti della società
La società è in altre parole un prodotto simbolico cioè un prodotto dello scambio sociale di
significati condivisi.
A differenza tra teoria dell’azione e interazionismo simbolico? l’interazionismo simbolico si
focalizza sulla relazione faccia a faccia e assume che l’obiettivo della interazione sia la gestione dei
significati condivisi attraverso rappresentazioni di sé in contesti di relazione, appunto, diretta.
La interpretazione del significato delle azioni reciproche costruisce l’impressione –immagine che
ciascuno degli attori dà all’altro. L’impressione si deve conformare ad aspettative.
Le situazioni di per sé no n esistono: esistono i modi più o meno concordati di definirle
VOCABOLARIO:
Simbolo : elemento dotato di significato. Nell’interazione sociale il significato è espresso in un
gesto verbale o non verbale (il gesto è il “marcatore” di un atto quando esso non è automatico, ma
culturalmente costruito: il gesto di saluto, il gesto di noia, di diniego, il gesto di congedo, ecc.)
Simbolo si può anche definire come uno ? ?stimolo la cui risposta è stata già data in precedenza.
(ogni simbolo presuppone che il significato sia noto e cioè che la risposta ad esso sia in qualche
modo prevista, poiché il simbolo e la comprensio ne di quel simbolo sono inseriti dentro un certo
modello culturale).
1. 3. L’interazione situata
Il carattere situato, localizzato dell’interazione sociale e dunque sul carattere situato e localizzato delle
aspettative sociali (approvazioni, riconosciment i, consenso, ecc). Tutte le interazioni si svolgono in
un luogo particolare e hanno una specifica durata: entro questi spazi e queste durate vigono regole che
possono essere sospese quando quella determinata attività cessa. Le aspettative di conformità non si
riferiscono infatti soltanto a ruoli ( professionali, familiari, ecc) rigidamente definiti, ma a situazioni in
cui l’individuo può trovarsi anche provvisoriamente e che comunque impegnano le sue competenze
sociali. La vita sociale non è fatta solo del passaggio da un’attività strutturata a un’altra, è fatta anche
di incontri con “estranei” che richiedono di attivare particolari competenze sociali ( vedi anche il
concetto di coinvolgimento, ecc.).
-i valori si costruiscono a partire da interazioni sociali che in primo luogo selezionano e poi
rafforzano l’adesione e la condivisione di orientamenti relativi a ciò che si ritiene desiderabile o
preferibile in vista di un certo corso di azione
- entro tali situazioni si formano e vengono fatte rispettare regole (normeà prescrizioni o divieti) che
possono anche essere implicite e informali ma che non per questo hanno meno cogenza di norme
esplicite e formali ( tant’è vero che quando vengono trasgredite scattano sanzioni di vario tipo)
-il ruolo della vita quotidiana come serbatoio di modelli di comportamento di riferimento per la
costruzione di valori .
1. 4. Vita quotidiana e fondamento microrelazionale di norme e valori : i nuovi confini
dell’osservazione e dell’analisi della sociologia
Per l’interazionismo simbolico la vita quotidiana, insieme di attività ripetute e di routine, è un
repertorio molto importante di osservazione sociologica in quanto la routine della vita di tutti i giorni
rappresenta gran parte delle attività sociali ( alzarsi a una certa ora, fare un certo percorso per recarsi a
scuola, all’Università Università o al lavoro, sottoporsi a determinate attività per un determinato
numero di ore, ecc.). Lo studio delle interazioni sociali nella vita quotidiana getta luce sui sistemi
sociali di più ampie dime nsioni e sui valori e norme che li sostengono.
Accanto ai valori universali, di amplissima portata, risultato di grandi processi storici e culturali ( la
libertà, la pace, il valore della vita umana,) e quindi non soggetti, in sé, a controversia, seppure
diversamente interpretabili, esiste una quantità di valori particolari, soggetti a più rapidi cambiamenti
nel tempo, a conflitti, frutto di interessi e visioni del mondo di gruppi diversi.
Le società mature in cui viviamo possono quindi definirsi come pluraliste dal punto di vista dei valori e
mostrare diversi gradi di integrazione.
àPer l’interazionismo simbolico il problema della integrazione dei valori a livello dell’intera società
non è, però un problema come lo è per il funzionalismo (su questo le prossime dispense).
Così anche il fenomeno della devianza assume diverse connotazioni di gravità e significatività
nell’interazionismo simbolico rispetto al funzionalismo
1.5. Le definizioni della situazione come prodotto dell’interazione sociale
Nella prospettiva dell’interazionismo simbolico la società è costruita per così dire dal basso,
attraverso il continuo scambio di rappresentazioni di sé conformi ad aspettative.
E la costante verifica di condivisione di definizioni della situazione
cioè su modi concordi di percepire e trasmettere significati relativi a un certo contesto (il lavoro
qualificato richiede istruzione; in questo paese si vive abbastanza bene; le strade sono troppo
sporche; un lavoro autonomo è spesso rischioso; fare figli + sempre più costoso, ecc.; ma anche: -questa squadra non funziona; il nostro gruppo si sta disgregando, ecc.)
Definire una situazione significa non soltanto darle dei significati ma far sì che questi significati
siano cogenti, esercitino sugli attori lo stesso peso, la stessa pressione, che eserciterebbe un fattore
strutturale. Definire una situazione come rischiosa fa sì che gli attori in essa coinvolti si regolino di
conseguenza. Succederà cioè che, più che accertare se essa è veramente rischiosa come sembra,
essi metteranno in atto atteggiamenti e comportamenti che rispondono effettivamente al fatto che
quella situazione è (perché così è stata definita), rischiosa. Lo stesso accade quando si etichetta una
persona come deviante, o come malato, o come inaffidabile. Le persone intorno a lui, e talora lui
stesso (specie nel caso della devianza) tenderanno a produrre e riprodurre risposte alla situazione
così definita piuttosto che essere capaci di ribaltare la definizione della situazione una volta che è
stata data e confermata come tale.
Definizione della situazione (Thomas, 1923): " se definisco come reale una situazione essa sarà tale
nelle sue conseguenze".
2. Autori e concetti del periodo fondativo e di quello successivo
2.1. Io, me sé.
Mead (1863-1931), psicologo sociale americano, e poi Blumer suo allievo (1900-1987) assumono
che il comportamento sociale (dall’apprendimento, all’esercizio di ruoli specifici) sia costituito non
già dalla sequenza stimolo -risposta, (dato uno stimolo rispondo in maniera più o meno automatica)
e nemmeno dall’adesione più o meno inconsapevole a valori trasmessi dalla società “lontana” (la
quale mi chiede di essere un lavoratore competente, uno studente assiduo, oppure un componente
attivo di un associazione), bensì dalla capacità dell’individuo di autoindicare a se stesso il
significato delle azioni degli altri rilevanti nei suoi confronti ovvero dalla capacità del Sé di
vedersi oggetto di una prospettiva esterna e di agire di conseguenza.
VOCABOLARIO essenziale della teoria di Mead
Sé: L’io riflesso che si vede dall’esterno àrisultato dell’interazione di un individuo con se stesso nel
momento in cui è consapevole dell’influenza degli altri .
Me: Prodotto della lettura che gli altri fanno del mio comportamento
Io. Frutto della risposta non organizzata, quindi spontanea, dell’individuo all’atteggiamento degli altri
Tra l’io spontaneo e il me socializzato è quest’ultimo a essere dominante , ma tutti quanti abbiamo la
capacità di infrangere le regole sociali e di violare le aspettative degli altri
La prospettiva dell’interazionismo simbolico è dunque più contingente e ravvicinata di quella del
funzionalismo, il quale suppone, invece che il conformarsi alle aspettative degli altri sia inscritto nella
definizione istituzionale dei ruoli
L’auto indicazione o impostazione della condotta è particolarmente evidente nelle situazioni
problematiche o aperte in cui la strutturazione dei ruoli non dice tutto.
Questa capacità di autoindicazione (che precede in qualche modo l’azione e la orienta) dipende
dall’interpretazione, ovvero dalla ricerca di significati contenuti del gesto (mossa) dell’altro.
2.2. Il concetto di socializzazione e il ruolo delle cerchie di riconoscimento
Socializzazione: attività incardinata nell’interazione sociale. La socializzazione a (cioè
l’interiorizzazione -assimilazione profonda di) norme e valori, avviene in
maniera completa attraverso l’estensione progressiva della cerchia dei nostri interlocutori sociali.
(vedi quanto spiegato a lezione a proposito della differenza tra rappresentazione e gioco)
L’assunzione del ruolo, un passaggio cruciale della socializzazione del bambino è una procedura
necessaria per vedersi con gli occhi degli altri )
La completa padronanza di valori e norme sociali assimilate dal bambino nella cerchia familiare si
ottiene con le attività di riconoscimento degli altri generalizzati (altri che vanno oltre le figure dei
genitori e degli adulti di riferimento per il bambino).
VOC: La socializzazione è quindi un’attività incardinata nell’interazione sociale
Quando il bambino ormai adulto rispetta autonomamente le norme, ciò avviene perché ha
appreso a considerare queste norme come tramite della sua interazione sociale con altri. Le norme
vengono a far parte della sua identità
VOC: Identità duplice natura dell’identità come frutto di riflessività e scambio con l’esterno.Capacità
di riconoscere se stesso come distinto e insieme appartenente a specifici gruppi, assimilabile ad altre
categorie, ecc)
Il riconoscimento degli altri genera non soltanto effetti di stabilizzazione del sé, ma genera
altresì ordine sociale
VOCABOLARIO: L’ordine è la capacità di uso ricorrente delle stesse forme di interpretazione e
ridefinizione condivise (Definizione di ordine non politico statuale, ma interattiva, micro).
Se il nostro sé dipende dalle attività di riconoscimento degli altri, abbiamo bisogno di convalidare
questo sé attraverso esperienze che consentano di stabilizzare o di riprodurre queste attività di
riconoscimento. L’esperienza di sradicamento dell’immigrazione è anche un’esperienza di
sospensione o perdita, almeno per un certo periodo, delle cerchie di r iconoscimento e quindi
dell’identità. L’attività di socializzazione, dunque né ha un termine temporale, né si esaurisce alla
famiglia o alle altre agenzie ufficiali di socializzazione ( come la scuola)
2.3. Il processo di autoindicazione.
Con Blumer il ru olo di interprete che il soggetto ha nei confronti dei messaggi che riceve è fortemente
enfatizzato. I significati delle cose vengono gestiti e interpretati attraverso un processo riflessivo
attraverso il quale il soggetto si mette in contatto con se stesso. Attraverso questa manovra si coltivano
capacità di improvvisazione che vengono richieste da situazioni concrete che spesso sono senza
precedenti.
Se per Homans si potrebbe parlare di riduzionismo psicologico, per Blumer si potrebbe parlare di
riduzionis mo situazionale. È la situazione che in qualche modo pilota l’attività interpretativa e
riflessiva del soggetto.
3.Il concetto di devianza. Potremmo dire che per l’interazionismo simbolico la devianza è un
mancato riconoscimento di conformità che avviene da parte di gruppi e all’interno di situazioni
specifiche in cui siano prodotte e vengano fatte valere certe norme (vedi anche BAGNASCO, al
capitolo su Devianza e criminalità).
La devianza ha dunque un’estensione molto più ampia del reato.
devianza è dunque una qualità non intrinseca all’atto che viola le regole vigenti in un certo
contesto, ma che deriva dalle risposte, dalle definizioni e dai significati attribuiti a questi atti dai
membri di una collettività o di un gruppo Un atto è criminale perché urta la coscienza comune (
Già Durhkeim, 1893)
Concezione relativistica della devianza: incidenza e visibilità della devianza non sono la stessa cosa. Perché
un atto deviante sia conteggiato come tale occorre che qualcuno se ne accorga.
L’etichettamento: insie me di attività con le quali si trasferisce una certa qualità ( deviante) dall’atto
alla persona che lo commette.
3.1. Devianza e carriera deviante
Per l’interazionismo simbolico qualsiasi attività sociale non è data e definita una volta per tutte,
ma può modificarsi nel corso del tempo in funzione delle aspettative degli altri e degli adattamenti
attraverso i quali il soggetto, in relazione a tali aspettative, corregge il suo corso di azione e la sua
rappresentazione di esso.
Questo percorso in quanto si sviluppa nel tempo viene definito come carriera. Il concetto di carriera
in questo contesto, non fa riferimento all’esistenza di una progressione migliorativa lungo una
scala professionale ( concezione tradizionale di carriera lavorativa) bensì a una serie di
cambiamenti ( anche in senso orizzontale) di cui è importante rilevare la sequenzialità.
In questa particolare prospettiva posiamo definire , con l’aiuto di un sociologo contemporaneo (
Abrams, 1983) il concetto di carriera come un sentiero “ lungo il quale scorrono una serie di status
e ruoli chiaramente definiti, ma nel corso del quale si sviluppano anche sequenze (tipiche) di
acquisizione/perdita di posizioni in particolari situazioni, e anche avventure, e, inoltre, lungo il
quale l’individuo vede la sua vita nel complesso e interpreta il significato delle sue
caratteristiche, delle azioni che compie e degli avvenimenti che gli succede di vivere”.
Quando si voglia sottolineare la dimensione soggettiva e percettiva (l’esperienza ) e dunque le
consegue nze che i vari adattamenti hanno anche per la autostima e la autorappresentazione che il
soggetto viene a costruire di sé nel corso di quella carriera si parla di carriera morale ( su questo
anche Bagnasco).
Carriera deviante: cammino lungo il quale una persona viene definita e confermata come deviante
Se la carriera è dunque un percorso, non necessariamente professionale, comunque non
necessariamente ascendente, il concetto di carriera si può applicare a diversi ambiti, di lavoro e non,
come è stato dimostrato dalla pluralità di ricerche condotte dagli anni ’20 -’30 agli anni’ 50 sulle
attività sociali e artistiche più svariate ( dal lavoro degli insegnanti, che per definizione non hanno
una carriera in senso tradizionale, alla attività di musicisti di jazz, alla costruzione di bande
criminali, ecc.). Infatti la scuola di Chicago, in polemica con una lettura troppo statica e rigida della
società quale è proposta in quegli anni dal funzionalismo (di cui si parlerà in seguito), va alla ricerca
di realtà sociali meno conosciute dalla sociologia ufficiale, quelle ad esempio che si sviluppano ai
margini della società, nelle periferie e negli slums delle grandi città. Queste realtà richiedono di
essere osservate da vicino, rilevate nel dettaglio, seguite nel tempo. In questa ottica anche
per la devianza si può dunque parlare di carriera.
In un celebre studio sui fumatori di marijuana (1963) il sociologo americano H. Becker
Evidenziò come non siano tanto i motivi devianti a produrre comportamenti devianti, quanto
l’esperienza deviante a produrre, nel corso del tempo, motivazioni che rafforzano e riproducono l’atto
deviante. In questo caso, come in molto altri casi, è il gruppo che definisce come piacevole e
opportuna quella determinata esperienza che sarebbe altrimenti ambigua e in taluni casi addirittura
spiacevole.
La carriera, sia essa di un consumatore di droghe o di una prostituta si compie non da soli, ma
“grazie” alla presenza di altri.
Nessuna carriera viene per così dire decisa in anticipo: sono le esperienze che via via si dipanano
nel corso del tempo e con il concorso degli altri che decidono via via della rotta di quella carriera.
In generale si può assumere un principio di inerzia o di fissazione per cui, ciascuna tappa “prepara”
quella successiva.
Se immaginiamo la carriera deviante come un corridoio con porte alcune porte chiuse e altre aperte,
si può dire che si può entrare ( porte aperte) dall’inizio ma anche a metà corridoio ( non è necessario
che si sia devianti fin dall’inizio, da ragazzi, per trovarsi in una carriera deviante: lo si può diventare
a un certo punto, per vari motivi). Tuttavia una volta entrati è molto difficile riuscire dal
famigerato corridoio ( porte chiuse) e arrestare la spinta a percorrerlo fino in fondo.
Tappe della carriera devia nte
1. produzione delle norme
2 . atto deviante
3 . designazione socia le dell’atto come deviante
4. etichettamento della persona che ha commesso l’atto come deviante
5 stigma (caratteristica di persona o gruppo considerata
come difetto e che mobilita tentativi di isolare, punire, degradare chi si pensa abbia tale
caratteristica).
4. Ervin Goffman (1922-1982) e l’approccio drammaturgico
Canadese, laureato nel celebre dipartimento di sociologia di Chicago, docente di sociologia in
California negli anni della contestazione studentesca, Goffman è il rappresentante più conosciuto e
l’utilizzatore più provocatorio dell’approccio definito interazionismo simbolico, approccio che offrirà
ai nemici del funzionalismo un consistente appiglio teorico e metodologico. Da questo approccio
uscirà un’immagine nuova della società ma anche degli individui, capaci, questi ultimi, di riflessività
e altresì in grado di manipolare l’ambiente in un contesto in cui la gestione e il controllo delle
impressioni sono importantissimi.
Si è solito individuare tre grandi ambiti della teorizzazione goffmaniana.
Un primo ambito riguarda la attenzione prestata alle pratiche concrete di resistenza che gli individui
oppongono alla pressione degli apparati che ne regolano l’esistenza in maniera più o meno cogente
(problematica emersa soprattutto nei suoi scritti anti-istituzioni-totali, come Asylums, o Stigma, dove
fa una attenta ricognizione di come anche là ove gli spazi i libertà individuali sono minimi, come negli
ospedali psichiatrici o nelle carceri, gli individui cerchino di creare spazi di manovra, zone d’ombra,
che consentono loro di sottrarsi all’occhiuta vigilanza di sorveglianti e custodi). Goffman così vuol
dimostrare che le persone riescono a preservare un senso del sé anche nelle condizioni più avverse
Un secondo ambito riguarda la costruzione di un vocabolario e di una prospettiva di tipo
drammaturgico, attraverso cui Goffman teorizza la capacità degli individui di entrare e uscire dai ruoli
che la società loro assegna.
La società, dice Goffman, consiste nelle rappresentazioni che la gente produce nella propria vita di
relazione e non in qualche realtà strutturalmente data.
Le metafore della società come teatro serve a dare l’idea del carattere convenzionale della realtà sociale
costruita dall’uomo. Essa è popolata di soggetti che recitano delle parti. In base a questo modello
teatrale la realtà sociale è poggiata sulla collaborazione di molti recitanti che possono a un attimo
all’altro far crollare l’instabile palcoscenico.
Un terzo ambito riguarda la individuazione degli elementi che contribuiscono a produrre un particolare
ordine sociale, definito ordine interattivo
Il titolo del lavoro finale di Goffman “The interactive order” è un po’ l’etichetta del suo lavoro nel
campo dell’interazione diretta dove due o più individui sono presenti fisicamente uno all’altro.
Le unità di base dell’ordine interattivo sono
le persone, i contatti, gli incontri ( dove le persone si riuniscono in piccoli gruppi per partecipare a
un’azione comune vedi anche più sotto il vocabolario), le performance da palco (dove l’attività è svolta
di fronte a un pubblico vero e proprio, ufficiale, come avviene per una conferenza, un’esecuzione
musicale, ecc.), le occasioni celebrative (il raduno di più persone in occasione di una circostanza
comune nella quale i partecipanti arrivano e se ne vanno in maniera coordinata)
In tutti questi casi gli individui si trovano inestricabilmente legati nel gioco dell’interazione e
nell’obbedienza a regole delle quali spesso non sono pienamente coscienti. Nella relazione faccia a
faccia e attraverso le sue regole si creano i tasselli per la costruzione sociale dell’ordine organizzativo,
istituzionale, ecc. che in ultima analisi rimane sempre comunque fondato su rapporti diretti.
Ecco qui di seguito un po’ di VOCABOLARIO
4.1.Comunicazione verbale e non verbale
Non verbale: ogni volta che un individuo può essere osservato direttamente una grande quantità di
informazioni diventa direttamente accessibile. Accanto alle informazioni trasmesse verbalmente si
pongono le informazioni trasudate o emesse con atteggiamenti, vestiario, posizione nello spazio,
ecc. le quali sono altrettanto eloquenti delle prime, anzi, talora rivelatrici di qualcosa che le parole
nascondono.
Una parte fondamentale dell’essere umano deve dimostrare continuamente agli altri la propria
competenza e abilità nelle attività di routine.
gli individui controllano continuamente se stessi, ma per farlo mascherano una parte dei loro sé
e ne accentuano altre
Incontri: l’unità principale di osservazione dell’interazionismo simbolico.
Gli incontri sono interazioni focalizzate, interazioni in cui scorre attenzione.
Gli incontri costruiscono diversi sé situati nello spazio e nel tempo.
Ogni incontro va gestito con la necessaria competenza (conoscere i confini, avvertire i segnalatori
dello “spazio sociale” disponibile per l’incontro, del tempo opportuno, decidere l’intensità de l
coinvolgimento, ecc.).
Rappresentazioni: attività individuali che servono a influenzare il pubblico durante gli incontri,
attraverso il controllo delle impressioni.
Ribalta : luogo delle rappresentazioni di sé secondo l’esercizio dei ruoli (parti recitate e) “ufficiali”:
il bravo cameriere, lo studente modello, il lavoratore affidabile ecc., il sindacalista coerente, ecc., il
partner tollerante, il politico non opportunista, ecc.
Qualsiasi attività, anche quella svolta nei grandi apparati della politica e dell’economia si presta a
essere letta nei termini dell’alternanza della ribalta e del retroscena.
Retroscena : ruolo delle attività preparatorie o di sostegno per la ribalta. Luogo in cui è possibile
applicare la distanza (uscita provvisoria) dal ruolo ufficiale.
Le cosiddette istituzioni totali ( dalle caserme agli ospedali psichiatrici) sono tali in quanto regolano
nel dettaglio tutti gli ambiti di azione e di relazione umana, sottraendo la possibilità di usufruire di
retroscena.
Equipe: gruppo che coopera per mantenere la definizione della situazione proiettata durante la
rappresentazione. ( può essere lavoro d’équipe anche quello della coppia che trasmette un
impressione di tranquillità e accordo ai figli, pur senza che tale accordo effettivamente ci sia).
Facciata. Equipaggiamento espressivo di tipo standardizzato che l’individuo impiega intenzionalmente o
involontariamente durante la propria rappresentazione
Ambientazione: comprende mobilio , ornamenti, l’equipaggiamento fisico, tutti quei dettagli che forniscono
lo scenario e gli arredi per l’azione che si rappresenta al suo interno
Esercitare un ruolo : recitare una parte in un contesto delimitato nel tempo e nello spazio
ancora vocabolario
Regole. Linee guida di indirizzo (più o meno ampio e dettagliato) del comportamento
Cerimoniali: linee guida che dirigono la condotta in ambiti che hanno significato secondario, ma
che sono strategici per rinforzare la fiducia reciproca e la sicurezza di sé nell’interazione
Coinvolgimento: prestare o negare attenzione agli altri in situazioni date, con attenzione ai
segnalatori.es: la disattenzione civile (o civile noncuranza) conferma la necessità di procedure
condivise per gestire la vita di relazione in situazioni complesse. L’estraneo in ascensore si può
salutare con un cenno, oppure educatamente ignorare: invece, è certamente da sanzionare il silenzio
accompagnato da uno sguardo insistente oppure la chiacchiera intima, assolutamente inadeguata al
contesto e ai ruoli reciproci.
In contesti urbani e metropolitani siamo bersagliati da una quantità di stimoli che non possiamo
gestire tutti con la stessa attenzione e con lo stesso coinvolgimento.
Per ripararci da questo eccesso di stimoli e concentrarci su alcuni di questi dobbiamo applicare
condotte che ci consentano di sottrarci e defilarci, senza che questo trasmetta segnali di ostilità.
( Il comportamento blasé descritto da Simmel)
Altri comportamenti che fanno capo alla necessità di mantenere un contegno:
-non incorrere in smascheramenti, non sfigurare, mantenere la buona o correggere la cattiva
impressione di incontri precedenti
-cercare di riparare (azioni cosiddette di riallineamento) gaffe o errori che consistono
in:spiegazioni ex post” (“quello che volevo veramente dire…”, “sono stato frainteso…”, ecc),
oppure in attività di diniego anticipato circa la falsa impressione che si potrebbe trasmettere con
certe parole (“tengo a dire che non sono…”, “non crediate che …come potrebbe sembrare da quello
che dirò…”)