Venezia e l'architettura moderna
INDICE RASSEGNA STAMPA
Venezia e l'architettura moderna
Si parla di noi
Gazzettino
22/05/2013
p. 13
Venezia
1
Nuova Venezia
21/05/2013
p. 39
Venezia e l'architettura all'Ateneo veneto
2
Corriere Veneto Ve
23/05/2013
p. 11
Il Palais filmato Venezia ha già pronte tic «copie»: Macao, Rio Alice D'Este
de Janeiro e Cina
3
Nuova Venezia
23/05/2013
p. 17
«Basta piani urbanistici in città»
5
Sole 24 Ore Edilizia
E Territorio
21/05/2013
Indice Rassegna Stampa
Venezia, innovazione solo con il recupero
Enrico Tantucci
6
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VENEZIA - Ateneo Veneto campo S.Fantin Convegno luav «Venezia e l'architettura
moderna. Dall'ospedale di Le Corbusier a oggi».
Ore 9.30
Film
Io, pi,mo caki connu la crìsi
Si parla di noi
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VENEZIA E L'ARCHITETTO
ALL'ATENEO VENETO
INIE Domani alle 9.30 all'Ateneo
Veneto giornata di di confronto
su "Venezia e l'architettura
moderna. Sessant'anni di
incomprensioni dall'ospedale di
Le Corbusier all'oggi" convegno
a cura di Aldo Norsa e Guido
Zucconi con Elena Giacomello.
Un'intensa giornata di lavori, con
contributi di studiosi, liberi
professionisti di varie discipline
e studenti dello luav per
approfondire il difficile rapporto
fra Venezia e l'architettura
moderna dal Secondo
dopoguerra ad oggi.
Si parla di noi
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Città e architettura Al convegno di IuaV e Ateneo il nipote di Cardin annuncia che il progetto ha già mercato, purchè si realizzi in laguna
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Palacinema, progettisti pronti a tare ricorso
VENEZIA - Dovranno trovarsi a svariate ore d'aereo
l'uno dall'altro, per lasciare
ad ognuno il sapore della sua
unicità. Ma di Palais Lumiére
nel mondo, oltre a quello di
Venezia, ce ne saranno almeno altri tre. Rio de Janeiro, Macao, la penisola di Hainan, in
Cina. Pierre Cardin e il suo
staff non hanno ancora deciso in modo definitivo, ma le
richieste per avere «in casa» il
grattacielo più discusso degli
ultimi mesi sono già arrivate
e i primi contatti sono già stati presi. «A Macao vorrebbero
mettere una coppia di torri
uguali a quella del progetto
veneziano, in un'area di 7o ettari già libera» spiega Rodrigo Basilicata, direttore del progetto. A Rio si tratterebbe invece di una torre sola, che dovrebbe servire come ricettività per le olimpiadi del 2016.
«Con loro abbiamo già avviato un percorso - spiega Basilicata - e ipotizzato un accordo». Nella penisola di Hainan
la zona è ancora più ampia:
«Duecento ettari, nella capitale, per costruire una serie di
torri - spiega Basificati - la richiesta arriva dalla compagnia aerea di bandiera».
A tutti, Pierre Cardin e il
suo staff hanno detto di sì. Anche se stanno aspettando che
le cose si sblocchino in modo
definitivo prima a Venezia. «II
palais veneziano doveva essere il primo - spiega Basilicati una sorta di prototipo esportabile. A Venezia abbiamo i tempi stretti ma buoni contatti
con le banche. Noi ci siamo,
la città c'è? Anche se chiudiamo qui la cosa, non è un problema. Alla peggio Pierre Cardin non verrà più in questa
città, l'ha detto ironicamente
ma lo farà». Non c'è certo un
clima disteso, insomma, dalle
parti dello stilista nato a San
Si parla di noi
Biagio di Callalta. Si è aspettato molto per il progetto. Troppo, secondo i committenti. E
nell'iter burocratico mancano
all'appello ancora diversi punti.
«A Venezia c'è una fortissima resistenza al cambiamento, non solo legata al patrimonio storico - aveva detto in
mattinata la soprintendente
Renata Codello - vi è un uso
diffuso di formule stereotipate sulla città». E a sentire i progettisti che ieri hanno partecipato al convegno «Venezia e
l'architettura moderna» organizzato all'Ateneo Veneto dai
docenti luav Aldo Norsa e Guido Zucconi, una cosa è sempre mancata: la convinzione,
il gesto politico, la volontà di
osare. E' questo, alla resa dei
conti, il sapore che rimane in
bocca anche a chi, come
Gianluca Peluffo, socio fondatore di «5+1AA», aveva vinto
con l'archistar francese Rudy
Ricciotti il concorso indetto
nel 2004 da Biennale per la costruzione del nuovo Palacinema, con un progetto che ormai non si farà più. «L'unica
domanda alla quale non mi
sono ancora risposto - dice è perché, in quel momento, i
politici non abbiano fatto di
tutto trovare i 75 milioni necessari. Sono state fatte partire opere molto più costose e
molto meno importanti per
l'Italia, ma forse i politici veneziani non sono stati capaci
di chiedere i finanziamenti o
forse non hanno voluto farlo».
Peluffo ne soffre ancora,
ma si aspetta anche che, se in
futuro si farà un «palazzetto»
del cinema più piccolo, lui e i
suoi siano coinvolti. Altrimenti, potrebbero partire dei ricorsi legali. Nel sequel di casi presentati ieri, analizzati (e criticati) da studenti e progettisti,
qualcosa che sembra aver funzionato, però c'è. Il progetto
dell'M9, su tutti, pronto a partire e nelle mani di Matthias
Sauerbruch. Uno spazio pensato in relazione stretta con la
città, creato adattandosi a
quello che gli sta intorno. Sia
negli esterni, più volte presentati anche in passato, sia negli
spazi interni, che mostrano
una copertura di vetro, sale
lettura, un sottotetto con ampi spazi espositivi, scale inter-
ne. «Certo è che se dobbiamo
far venire gli architetti da Berlino e noi italiani progettiamo
per le nostre città cose incomprensibili, qualche domanda
dobbiamo farcela» ha chiosato Norsa, facendo riferimento
all'unico concorrente italiano
dei concorso per l'M9.
Accanto al museo del Novecento, però, tra gli esiti positivi c'è anche l'ospedale dell'Angelo. Quantomeno perché è stato realizzato. Solo nel
piccolo, le cose sembrano
cambiare in meglio. E' stato
approvato proprio nelle scorse settimane il piano di recupero storico dell'Isola delle rose. E la proposta di Matteo
Thun per l'ex Sacca Sessola è,
come l'M9, un progetto che si
adatta all'esistente. A lavori finiti ci saranno 200 stanze,
spa, wellness, un'infinity pool sul tetto effetto cartolina.
Ma niente che turberà skyline
o fabbricati. Niente che dimenticherà la storia.
Alice D'Este
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Il futura
di Mestre
A sinistra, un'immagine inedita
degli interni del
progetto del museo M9, presentati ieri mattina
nel corso del
convegno luav
Promossi s
tutta la linea
Tra le opere e i
progetti riusciti,
il restauro di Sacca Sessola firmato da Thun e
l'Ospedale dell'Angelo di Ambasz
Si parla di noi
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«Basta piani urbanistici in città»
Al convegno luav, la ricetta del soprintendente Codello per favorire l'architettura contemporanea
di Enrico Tantucci
«Deregulation» urbanistica a
Venezia per favorire l'arrivo
dell'architettura contemporanea - in una città che la vede
ancora con ostilità - abolendo
il sistema di norme fissate dai
piani regolatori, ma stabilendo caso per caso, con le autorità competenti (Soprintendenza e Comune in prima fila) -cosa è ammissibile e cosa no. E
la ricetta-choc proposta dal soprintendente ai Beni Architettonici e Paesaggistici di Venezia Renata Codello al convegno che si è tenuto ieri all'Ateneo
Veneto
organizzato
dall'Iuav (curatori i docenti Aldo Norsa e Guido Zucconi) e
dedicato proprio al rapporto
tra Venezia e l'architettura
contemporanea, con l'esplicito sottotitolo "Sessant'anni di
incomprensioni". «C'è una fortissima resistenza da parte di
questa città - ha esordito l'architetto Codello - verso l'architettura contemporanea e non
certo principalmente per motivi di tutela. Ci si dedica alla finta polemica sul gabbiotto turistico installato in Piazza San
Marco o si polemizza sulla presenza di archistar per grandi
progetti, quando si tratta invece solo di casi limitati e lavorano anche tanti altri bravi architetti. C'è una grande rigidezza
che riguarda scelte grandi e
piccole. Per questo penso che
per Venezia non sia più possibile pensare alla costruzione
di un piano urbanistico con regole identiche per tutte le situazioni e i progetti. Servono
altri strumenti, con la possibili tàper gli architetti di dialogare
con gli organi decisionali per
stabilire per specifici edifici o
interventi qual è la metodologia più corretta da usare, senza
essere costretti da un sistema
di pianificazione urbana già
stabilito. É in questo modo che
sarà possibile in futuro concepire progetti di rigenerazione
della città che abbiano anche
una capacità di aggregazione».
Visioni radicalmente opposte
sulla città nello stesso conve-
gno hanno espresso il rettore
dell'IuavAmerigo Restucci e il
presidente di Arsenale Venezia spa Roberto D'Agostino.
Per Restucci ciò che manca in
questi anni per l'architettura a
Venezia è proprio una visione
generale degli interventi, che
ne favoriscano anche il senso
di appartenenza da parte dei
cittadini. Anche per D'Agostino si è ormai persa la visione
generale dei progetti architettonici necessari alla città e si
procede in modo estemporaneo, accettando progetti proposti da committenti privati
sulla base delle loro esigenze.
Come esempio emblematico,
D'Agostino ha citato il progetto del Palais Lumiére di Pierre
Cardin a Marghera. «Un pro-
getto che probabilmente non
sarà mai realizzato, per i suoi
costi esorbitanti - ha cotnmentato - ma che se lo fosse diventerebbe il più grande condominio d'Europa per oligarchi russi». Al convegno è intervenuto
anche Rodrigo Basilicati, nipotedi Pierre Cardin, proprio per
parlare del progetto. «Tra pochi giorni - ha spiegato - la Re-
gione deciderà se è necessaria
una Valutazione d'impatto
ambientale del progetto, su
cui c'è già un accordo di programma siglato. Se fosse ritenuta necessaria, penso che abbandoneremo definitivamente l'iniziativa perché i tempi e i
costi aumenterebbero troppo».
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Fontego, il lucernario sarà pavimento
e perderà parte della sua trasparenza
I i lucernario che ora copre la corte del Fontego diventerà un solaio
per consentire la realizzazione della nuova sala convegni che sarà
ricavata nella parte superiore dell'edificio , recuperando un piano.
Sarà, di fatto, il pavimento della nuova area per gli incontri prevista
dal progetto di Rem Koolhaas per il gruppo Benetton , legato
appunto alla trasformazione dei Fontego in un grande magazzino
"targato" Rinascente. È una delle novità della nuova versione dei
progetto - definitivamente approvata dalla Soprintendenza - i cui
lavori dovrebbero iniziare nei prossimigiorni con gli sgomberi e le
demolizioni e la realizzazione di un'area di cantiere sulla riva
d'acqua. La trasformazione dell 'attuale lucernario in pavimento
determinerà naturalmente un cambiamento dell'illuminaziome
interna della Corte del Fontego, perché pur essendo intenzione dei
progettisti mantenere un certo grado di trasparenza della
pavimentazione per il filtraggio della luce verso il basso , essa potrà
essere, per molti motivi , solo parziale. È possibile che si vada da una
superficie simile per caratteristiche e opacità ai gradini di vetro
opaco usati sul pontedi Calatrava a una più trasparente, ma che
comporterà comunque una consistente riduzione della luminosità
maturale della corte e quindi, probabilmente, l'uso della luce
elettrica all'interno dell'edificio sin dal mattino . Una "scoperta"
che si farà solo a lavori conclusi. (e.t.)
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Una veduta aerea dei Ila città con il Canal Grande e Punta della Dogana
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