Maria Montessori: nei dintorni dell`uomo nuovo

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Germana Recchia∗
Maria Montessori: nei dintorni dell’uomo nuovo
∗
Germana Recchia è dottore di ricerca in Metodologia della ricerca educativa; dopo la laurea in Lettere ha conseguito quella in Filosofia
presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, con una tesi su: L’opera di Maria Montessori nella biblioteca di filosofia della Facoltà
di lettere e filosofia della “Sapienza”. Ha collaborato con l’Opera Nazionale Montessori scrivendo anche per la rivista dell’Opera “Vita
dell’Infanzia”. Un estratto della sua tesi di laurea in Filosofia è stato pubblicato con il titolo: Maria Montesssori nella biblioteca della facoltà di
Filosofia dell’università degli studi di Roma “La sapienza”: bibliografia critica e indicazioni metodologiche, in “I problemi della pedagogia”, 1-3
(1997), pp. 173-194. La Montessori in biblioteca, è il titolo dell’articolo inserito nel volume: L’università, la didattica, la ricerca. Primi studi in
onore di Maria Corda Costa, a cura di Nicola Siciliani de Cumis, Caltanissetta, Sciascia editore, 2001, pp. 127/131. Il saggio: “Solo i poeti
sentono…”. Gli spunti letterari del Metodo della Pedagogia Scientifica di Maria Montessori, compare in “Ciascuno cresce solo se sognato”. La
formazione dei valori tra pedagogia e letteratura, a cura di Elisa Medolla e Roberto Sandrucci, Caltanissetta-Roma, Sciascia editore, 2003, pp. 85-98.
Antonio Labriola e Maria Montessori: un incontro possibile è stato pubblicato nel Catalogo Antonio Labriola e la sua Università. Mostra
documentaria per i settecento anni della “Sapienza” (1303 – 2003). A cento anni dalla morte di Antonio Labriola (1904 – 2004), a cura di
Nicola Siciliani de Cumis, Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Facoltà di Filosofia. Un altro scritto sulla pedagogista si intitola: Maria
Montessori: storia di una donna e di un metodo pedagogico. Dall’Italia al mondo, in “RIVISTA della Scuola superiore dell’economia e delle
finanze”, Anno II, numero 1 (gennaio 2005), pp. 146 – 160.
Montessori e i “classici” è stato pubblicato in “Laboratorio Montessori di Teoria e Storia dell’Educazione”, Annuario 2007, vol. I, a cura di
Furio Pesci e Paola Trabalzini, pp. 60 – 114, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2007. È stato pubblicato in “Laboratorio Montessori di Teoria e
Storia dell’Educazione”, Annuario 2007, vol. II, a cura di Furio Pesci e Paola Trabalzini, I Bambini di Makarenko e di Montessori: due
pedagogisti – educatori a confronto; Educare alla libertà: Sabina Spielrein e Maria Montessori è stato invece pubblicato in “Vita dell’infanzia”,
Anno LVII – N. 11/12, (Novembre / Dicembre 2008), pp. 13 – 23.
Indice
Introduzione
•
Maria Montessori nella biblioteca della Facoltà di Filosofia dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”:
bibliografia critica e indicazioni metodologiche, p.
;
•
Maria Montessori: storia di una donna e di un metodo pedagogico. Dall’Italia al mondo, p.
•
Montessori e Labriola: un incontro possibile, p.
•
Montessori e i “classici”, p.
•
I Bambini di Makarenko e di Montessori: due pedagogisti – educatori a confronto, p.
•
Educare alla libertà: Sabina Spielrein e Maria Montessori, p.
;
;
;
;
Introduzione
Questo volume raccoglie in forma antologica i miei principali scritti su Maria Montessori,
frutto delle indagini svolte negli anni più e meno recenti, maturati e ‘pensati’ a partire dalla tesi di
laurea in Pedagogia generale, dedicata appunto alla studiosa italiana. In tutti i casi, si tratta di saggi
già pubblicati (come di volta in volta segnalato in nota), magari in forma diversa, ridotta o parziale.
Ho voluto con questa ‘antologia’ trovare un ‘filo conduttore’ tra i contenuti proposti, che anche laddove
esaminano aspetti e contesti differenti, evidenziano sempre l’interesse per la pedagogista italiana con
l’intento di sottolinearne ancora oggi l’attualità e l’influenza del pensiero e del metodo pure in ambiti
meno noti e considerati.
D’altra parte, è sempre più evidente che la riflessione sull’educazione e la formazione dei bambini e
dei giovani resta in modo ricorrente al centro dell’attenzione sociale culturale e istituzionale.
Gli scritti vengono qui ripresentati, talora con qualche variazione e adattamento formale e strutturale,
in ordine cronologico di apparizione.
Una breve riflessione merita anche il titolo scelto, dapprima provvisoriamente si pensava a
“Maria Montessori e dintorni”, a evidenziare che i ‘dintorni’ di Montessori e montessorismo non
significano ‘marginalità’ o allontanamento dalle origini, ma la forza, magari involontaria, dell’influenza
di un pensiero e di un metodo: ieri oggi e – crediamo – anche domani.
Ma poiché ‘credere’ nell’uomo nuovo ed educarlo è stato un principio ispiratore fondamentale per
Montessori - considerando anche che ‘creare l’uomo nuovo’ o i presupposti per la sua nascita,
crescita, evoluzione, dovrebbe essere un principio e un valore fondante dell’educazione e dei sistemi
formativi civilizzati di tutti i tempi e di tutti i luoghi - alla fine, il titolo scelto “Maria Montessori: nei
dintorni dell’uomo nuovo”, sembrava più pertinente anche per il carattere degli saggi, che in qualche
maniera danno ragione a un concetto ispiratore che rifonda continuamente la riflessione e la relativa
applicazione da parte della scienziata.
Questa raccolta vuole essere dunque un ‘omaggio’ alla presenza oggi di Maria Montessori,
consapevoli oppure no, volenti o nolenti; alla validità generale e complessa del suo pensiero e
metodo, in un’epoca in cui il sistema formativo ed educativo sembrano non avere più punti di
riferimento a cui sorreggersi. Non si tratta di amplificare un ‘ricordo’, bensì di ‘completare’ un ciclo di
riflessioni già svolte, maturandole per procedere oltre.
“L’Opera Nazionale Montessori conserva caro il ricordo di una lettera scritta dalla sua
fondatrice in India, nel 1948, e indirizzata a madre Luigia Tincani. In essa Maria Montessori dice che il
consolidamento della causa del bambino deve mettere le proprie radici in Italia. In altri scritti e
messaggi ha professato la speranza di vedere nel nostro Paese il centro di propagazione del suo
patrimonio ideale, il nucleo permanente e stabile di ricerca e orientamento scientificamente penetranti
del suo messaggio. In Italia, nella sua Roma, dove si era formata da bambina la sua personalità
umana e intellettuale ricevendo preziosi doni di conoscenza da amici e compagni di studio e di lavoro,
nella sua Roma dunque era nato il nuovo bambino e quell’Opera Montessori che quasi ottantenne
volle far risorgere come momento insostituibile del suo nome e del suo pensiero. (…)”.1
E come scrive Trabalzini “Il metodo della pedagogia scientifica è individuato da Montessori
nel metodo dell’osservazione del bambino posto nelle condizioni ambientali di liberamente manifestare
bisogni, tendenze e poteri”.
Da questa educazione può nascere e formarsi l’uomo nuovo e libero padre di una nuova
umanità e generazione. “Il bambino rivelatosi a Montessori sulla guida dell’osservazione è infatti
l’esploratore dell’ambiente, e l’osservazione non costituisce solo il metodo della pedagogia scientifica,
ma è anche il suo fine. Si tratta infatti di formare bambini attenti osservatori, capaci di adattarsi e
riadattarsi all’ambiente. Ciò è reso possibile attraverso l’educazione sensoriale che aiuta a distinguere,
ordinare, classificare e comparare, coniugando attività mentale e motrice. I bambini mettono in tal
modo ordine nel caos delle percezioni e vengono organizzando l’intera personalità”.2
Il successo del libro in Italia e all’estero è senz’altro legato “anche all’aspetto sociale e potremmo dire
‘politico’ dell’esperimento montessoriano e dell’intera esperienza di lavoro che ne scaturirà. Esso si
caratterizza infatti per l’impegno in difesa dei diritti dei più umili, diritto alla intimità della vita familiare,
diritto all’istruzione, alla formazione, diritto alla cittadinanza non solo per l’adulto ma anche per il
bambino. Una società di cittadini, di uomini e donne liberi perché indipendenti e autonomi nel pensiero
e nell’opera, una società collaborativa e solidale, aperta alla diversità, quella che sottostà al progetto
di vita della casa dei Bambini”.3
Un pensiero e un metodo rivolti all’umanità nuova in generale, diretti all’intera società di cui i
bambini sono parte integrante e attiva.
Un recente contributo di Battista Quinto Borghi4 riesce a inquadrare la presenza e il
significato di Maria Montessori nel secolo scorso, le ragioni della ‘dimenticanza’ e l’attualità del suo
pensiero e dei suoi principi ispiratori e operativi.
“Se volgiamo uno sguardo al secolo appena concluso – scrive - possiamo affermare che il Novecento
è stato, in Occidente, un secolo di capolinea e di svolta per l’infanzia. Attribuiamo a questa
affermazione più significati. (…). Inoltre, il recente fenomeno della denatalità ha reso l’infanzia
particolarmente preziosa agli occhi delle nuove generazioni. La psicanalisi aveva, all’inizio del secolo,
posto al centro della vita dell’uomo la sua infanzia, mentre gli studi sulla mente e sulle intelligenze
hanno fatto la stessa cosa all’inizio di questo. Lo scorso secolo ha visto anche il fiorire di una nuova
pedagogia, tutt’ora in evoluzione, volta a valorizzare il bambino e le sue potenzialità”. 5
1
Bibliografia internazionale - International bibliography 1896-2000, a cura di Clara Tornar Con allegato CD-ROM
pp. 1.630 - E 92,96. Citato nel sito dell’Opera nazionale Montessori:
http://www.operanazionalemontessori.it/index.php?option=com_content&task=view&id=86&Itemid=48
2
P. Trabalzini, Maria Montessori: da Il Metodo a La scoperta del bambino, Roma, Aracne editrice, 2003, pp. 132 – 133.
3
P. Trabalzini, Maria Montessori, cit., Ibidem.
4
Dirigente Pedagogico dei servizi per l’infanzia e responsabile del Centro di Documentazione Pedagogica della città di
Torino.
5
Battista Quinto Borghi, Sono passati cento anni dalla fondazione
Ricordando Maria Montessori, in "Bambini pensati" - Anno II - N° 5 - Gennaio 2007.
della
prima
Casa
dei
Bambini.
“È stato anche – prosegue Borghi - il secolo che ha visto la presenza di una grande figura educativa
quale è stata Maria Montessori, che ha saputo offrire un contributo determinante sull’infanzia. (…) Al
di là di intenti celebrativi, se da un lato la figura della grande pedagogista marchigiana è
universalmente conosciuta, è necessario prendere atto che la sua lezione pedagogica è almeno in
parte ingiustamente dimenticata. (…) È legittimo perciò chiederci che cosa rimane oggi di
pedagogicamente valido ed attuale della lezione montessoriana. È altrettanto utile domandarci se a
distanza di tanto tempo possiamo ricavare indicazioni e suggerimenti validi anche per i servizi per
l’infanzia di oggi. Più precisamene ci domandiamo se si tratta solamente di materia per studiosi e
critici o anche per il normale lavoro pratico a scuola. (…) La risposta a tale domanda è senza dubbio
positiva. Molti degli scritti di Maria Montessori appaiono attuali e si rivolgono con efficacia anche ai
bambini ed agli insegnanti di oggi. Anche se occorre fare, a nostro avviso, una distinzione: possiamo
riconoscere sia una pedagogia montessoriana (una sorta di filosofia educativa che si basa su principi
e si muove alla luce di una particolare ed interessante concezione del mondo), sia una didattica (fatta
di azioni mirate e di procedure codificate)”.6
“Alcune proposte didattiche – conclude - (molto di ciò che diffusamente – ma anche acriticamente – è
riconosciuto come "metodo Montessori") sono percepite oggi come ‘datate’ e non sarebbero più
pienamente al passo con i tempi. (…) Tutto questo però non ci deve far dimenticare la grande lezione
pedagogica di Maria Montessori: si sa che le tecniche si rinnovano continuamente ed anche le
procedure – comprese quelle didattiche – sono destinate ad invecchiare ed hanno bisogno di continui
riaggiustamenti e aggiornamenti. Le idee forti invece non invecchiano. E le proposte pedagogiche di
fondo godono ancora di notevole attualità e freschezza. Il pensiero di Maria Montessori (le idee sul
bambino ed i suoi bisogni, sulla sua voglia di esplorare e di crescere, sull’importanza dello sviluppo
percettivo, sulla rilevanza del contesto, così come sul ruolo degli adulti e su molto altro ancora) ci
appare ancora molto attuale e valido per l’oggi. (…)”.7
Struttura della pubblicazione
Il primo saggio si intitola Maria Montessori nella biblioteca della Facoltà di Filosofia
dell’Università degli Studi di
Roma “La Sapienza”: bibliografia critica e indicazioni
metodologiche ed esce, in estratto, la prima volta nel 1997, due anni dopo la tesi di laurea, ne “I
problemi della pedagogia”. Lo stesso scritto, con il titolo La Montessori in biblioteca, è stato poi
pubblicato nel volume: L’università, la didattica, la ricerca. Primi studi in onore di Maria Corda Costa, a
cura di Nicola Siciliani de Cumis, Caltanissetta, Sciascia editore, 2001
Il lavoro, che nasce dalla più approfondita ricerca svolta per l’esame di laurea, si propone come un
contributo alla bibliografia montessoriana, nel tentativo di aggiornarla e arricchirla, ponendosi accanto
alle bibliografie montessoriane precedenti, nel tentativo di contribuire a integrarle, là dove si occupa dei
documenti in possesso della biblioteca di Facoltà, cioè di un ambito geograficamente circoscritto e mai
‘esaminato prima’, prima di quel momento in cui si colloca la nostra indagine: dal 1995 al 2001.
Il secondo articolo Maria Montessori: storia di una donna e di un metodo pedagogico.
Dall’Italia al mondo è nato per essere pubblicato nella “RIVISTA della Scuola superiore
dell’economia e delle finanze”, dove è apparso nel gennaio 2005.
Un contributo che non si propone di aggiungere nuove conoscenze al profilo già delineato della
pedagogista e agli studi già esistenti, ma intende ripercorrere le tappe del pensiero e dell’opera della
6
7
Battista Quinto Borghi, cit., Ibidem.
Ibidem.
studiosa e della loro diffusione a livello internazionale. Con la convinzione che questo tipo di
intervento possa risultare utile, proprio quando i temi educativi e pedagogici e quelli della centralità del
bambino, della scuola e della formazione scolastica, nonché di quella universitaria, sono centrali e
oggetto di riforme complessive e di riflessioni ricorrenti.
Montessori e Labriola: un incontro possibile è stato pubblicato la prima volta nel catalogo
della mostra Antonio Labriola e la sua università. Il gusto della filosofia. Mostra documentaria per i
settecento anni dell’Università di Roma “La Sapienza” 1303-2003 ad un secolo dalla morte di Antonio
Labriola 1904 – 2004, edito nel 2005.
Maria Montessori (1870-1952) e Antonio Labriola (1843 – 1904): quale possibile incontro storico e
formativo tra due studiosi e due personalità diverse e distinte? Pure se fugacemente e
involontariamente Labriola e Montessori si troveranno negli anni brevi in cui la pedagogista si
iscriverà a Filosofia e frequenterà le lezioni di Labriola senza poi conseguire la laurea. In questo
“contatto” occasionale abbiamo voluto indagare alla ricerca di una possibile interazione.
Montessori e i “classici” è forse il saggio più corposo e complesso, frutto di un esame accurato
dei testi montessoriani, alla ricerca di indizi letterari. Un estratto parziale è stato pubblicato dapprima col
titolo “Solo i poeti sentono…”. Gli spunti letterari del Metodo della Pedagogia Scientifica di Maria
Montessori, in “Ciascuno cresce solo se sognato”. La formazione dei valori tra pedagogia e letteratura, a
cura di Elisa Medolla e Roberto Sandrucci, nel 2003. Ma il contributo che qui si propone è invece quello
integrale, apparso con il titolo Montessori e i “classici” in “Laboratorio Montessori di Teoria e Storia
dell’Educazione”, Annuario 2007, vol. I, a cura di Furio Pesci e Paola Trabalzini.
Cosa leggeva Maria Montessori? quali libri di letteratura, di poesia, aveva nella sua biblioteca personale, quali
erano le sue preferenze? Sappiamo che conobbe e incontrò il poeta indiano Tagore a New York, nel 1925.
Queste “presenze” poetico - letterarie sono state per noi indicatori di un interesse in tale direzione; un
interesse che abbiamo enucleato e sottolineato, evidenziando infine una rilevanza “quantitativa” (numerica)
di tali presenze: quanti sono questi letterati, scrittori, poeti tra tutti gli altri nomi ricordati? A che periodo
appartengono? E poi, una rilevanza formale-sostanziale: di che tipo di citazioni si tratta?
Il penultimo ampio contributo si intitola: I Bambini di Makarenko e di Montessori: due
pedagogisti – educatori a confronto, pubblicato in “Laboratorio Montessori di Teoria e Storia
dell’Educazione”, Annuario 2008. Si tratta di uno studio pensato e costruito a partire dal libro di Nicola
Siciliani de Cumis: I bambini di Makarenko. Il Poema pedagogico come “romanzo d’infanzia”, Pisa,
Edizioni Ets, 2002. ed è nato con l’idea e il desiderio di diventare in qualche modo il “paragrafo” o il
“capitolo” che non c’era in quel volume “aperto”. Comprende una serie di articoli montessoriani
dedicati alla devianza minorile e ai metodi rieducativi, articoli usciti su giornali d’epoca montessoriana
e poco o per nulla conosciuti.
Infine Educare alla libertà: Sabina Spierlein e Maria Montessori è stato stampato nella
rivista dell’Opera Nazionale Montessori “Vita dell’infanzia”. Nel 2003 il regista Roberto Faenza
ricostruisce la storia umana, sentimentale e “scientifica” di Sabina Spielrein nel film Prendimi l’anima,
con Emilia Fox nel ruolo di Sabina e Iain Glen in quello di Carl Gustav Jung. Dal film è nata l’idea e la
riflessione che ha condotto a questo scritto - confronto, incentrato sì sulla vicenda personale e
psicoanalitica della Spielrein (oltreché sulla sua relazione con Jung), ma anche e soprattutto sulla
vicinanza di idee e di prassi educative tra due grandi donne ed educatrici nate e vissute tra XIX° e XX°
secolo, che nella vita reale non si sono mai incontrate né conosciute.
Roma, novembre 2011
Maria Montessori: nei dintorni dell’uomo nuovo
Maria Montessori nella biblioteca della Facoltà di Filosofia dell’Università degli Studi di
Roma “La Sapienza”: bibliografia critica e indicazioni metodologiche8
Introduzione
Il lavoro si propone come un contributo alla bibliografia montessoriana, nel tentativo di aggiornare
e arricchire le informazioni già acquisite e, quindi, l'intero e più ampio capitolo sulla "fortuna" di
Maria Montessori.
Tutte le bibliografie, anche quelle montessoriane - ricordiamo le rassegne di Bruno Maiorca9 e di
Massimo Grazzini10 come i principali punti di riferimento e di confronto per il nostro lavoro - hanno
un carattere aperto e dinamico, sicché sono passibili di integrazioni, correzioni e modifiche nel
tempo. Non si tratta quindi di elenchi eruditi di dati a sé stanti, bensì di strutture portanti e di
altrettanti controprove scientifiche per ricerche e ipotesi sostenibili.
Tra i vari modi di arricchire una bibliografia vi è, riteniamo, quello che potremmo definire
"topografico", il quale consiste nell'individuare e scegliere un "luogo" di ricerca, un contesto topogeografico e culturale. Luogo solo in apparenza circoscritto, da intendere invece come punto da
cui si diramano informazioni e sollecitazioni riconducibili a una riflessione più ampia e articolata.
È per questo che noi abbiamo scelto il riesame di un contesto istituzionale come la biblioteca di
Villa Mirafiori: ambito significativo per la fortuna di Maria Montessori, già in ragione delle sue
tradizioni filosofiche e scientifico-educative peculiari. Non possiamo esimerci, infatti, dal ricordare
i docenti di Pedagogia di Villa Mirafiori che, a partire da Antonio Labriola, si sono susseguiti in
questo ruolo. Parliamo, in particolare, di coloro che, a giudicare dalla documentazione in nostro
possesso, hanno dedicato un' attenzione specifica alla Montessori anche al di là dell'attività
didattica.
È noto che la cattedra di Pedagogia della nostra facoltà fu assegnata nel 1874 al Labriola, il quale
nel 1902 lasciò il posto a Luigi Credaro11. Per iniziativa e con la direzione di quest'ultimo dalla
stessa facoltà di Lettere e Filosofia fu istituita anche una "scuola pedagogica". Si trattava di un
corso di perfezionamento per i licenziati delle scuole normali dove, oltre Credaro, insegnarono
l'antropologo e psicologo Giuseppe Sergi, Sante De Sanctis, Gentile e la stessa Montessori
all'inizio della sua carriera. In tempi più recenti l'insegnamento della pedagogia fu affidato anche a
Valeria Benetti-Brunelli e poi ad Aldo Visalberghi12. Ma tra i docenti ricordati qui sopra i nomi che
8
Apparso dapprima in “I problemi della pedagogia”, 1-3 (1997), pp. 173/194; un estratto di questo stesso saggio, con il titolo La Montessori
in biblioteca, è stato poi pubblicato nel volume: L’università, la didattica, la ricerca. Primi studi in onore di Maria Corda Costa, a cura di Nicola
Siciliani de Cumis, Caltanissetta, Sciascia editore, 2001, pp. 127/131. Allo stesso lavoro fa ampiamente riferimento Giacomo Cives nel libro:
Maria Montessori: pedagogista complessa, Pisa, edizioni ETS, 2001, pp. 9-11.
9
B. MAIORCA, Bibliografia montessoriana, in "I problemi della pedagogia", 5-6(1972); 4(1974); 1(1976). La prima edizione dello scritto risale
infatti al 1972, con aggiornamenti al '74 e al '76, e comprende studi, opere e articoli comparsi su riviste negli anni dal 1910 al 1975. Il lavoro
è rappresentativo della situazione italiana, visto che si occupa soprattutto di periodici pubblicati nel nostro paese.
10
M. GRAZZINI, Bibliografia montessoriana, Brescia, La Scuola, 1965. Qui compaiono solo gli scritti della Montessori.
11
Si veda lo studio di Giacomo Cives: La "scuola" di pedagogia della Facoltà di Lettere e Filosofia della "Sapienza" a Roma. Da Labriola a
Credaro; Da Credaro a Visalberghi, in "Scuola e città" 45 (1994), n.12, p.513 e 46 (1995), n.1.
12
A giudicare dal materiale consultato nella biblioteca di Facoltà, Aldo Visalberghi non si è occupato molto della Montessori. Il suo nome lo
abbiamo trovato menzionato in tutto tre volte, se si escludono le tre Tesi di laurea da lui stesso assegnate su Maria Montessori e delle quali
ci occupiamo alle pagine precedenti di questo articolo. Ricordiamo in particolare: G. CIVES, La "scuola" di pedagogia ..., cit., vedi nota
ricorrono di più nella bibliografia del presente lavoro (nelle riviste e nei libri esaminati) sono quello
di Giuseppe Lombardo Radice (che insegnò pedagogia al Magistero di Roma) con numerosi
interventi, anche critici sulla Montessori, in "L'Educazione nazionale"; della Benetti-Brunelli di cui
abbiamo esaminato due monografie; di Giacomo Cives, docente di Storia della Pedagogia nella
nostra facoltà e studioso attento del pensiero e dell'opera di Maria Montessori.
Ricordiamo di seguito solo alcuni contributi di Cives alla riflessione sul montessorismo, mentre
per un elenco più completo rinviamo alla nota13: L'educazione in Italia. Figure e problemi 14; La
pedagogia scomoda. Da Pasquale Villari a Maria Montessori 15; Il giudizio sulla Montessori in
Italia dopo la seconda guerra mondiale, in La Pedagogia italiana del secondo dopoguerra, a c. di
Gastone Tassinari16; Centro studi Montessori 17; Senso e attualità de "La scoperta del bambino",
in Maria Montessori: il pensiero, il metodo (a c. dell' Opera Nazionale Montessori)18; La cultura
infantile nella "Casa dei bambini", in "Casa dei bambini" e nuova scuola degli orientamenti (a c. di
precedente; I. PESCIOLI, Il IX convegno Montessori su: Il Metodo Montessori e la scuola dell'obbligo, in "Scuola e Città", 18 (1967), n.11, p.
598 (qui si ricorda l'intervento al convegno del prof. Visalberghi); F. BIOLCATI RINALDI, Maria Montessori nel giudizio della pedagogia
italiana dal 1945 ai nostri giorni, Tesi di laurea assegnata dal prof. Giacomo Cives, cattedra di Storia della Pedagogia, a.a. 1985\'86, si veda
p. 5 del nostro articolo; qui si ricorda Visalberghi per essersi occupato della Montessori nei libri di scuola per maestri. Ci sono poi le tre Tesi
assegnate da Visalberghi e discusse da O. DI LELLA, A. LA ROCCA, R. SANTONI RUGIU sulle quali pure rinviamo alle pagine precedenti
del presente contributo. Infine, ricordiamo un contributo presente nella Bibliografia di Aldo Visalberghi, rassegna in corso di pubblicazione a
cura del Dipartimento di Ricerche Storico-Filosofiche e Pedagogiche della facoltà di Filosofia di Villa Mirafiori - Università di Roma "La
Sapienza": Arte e scienza nei programmi di studio dell'istruzione obbligatoria, in "Vita dell'infanzia", gen.\feb. (1968), pp. 11-20. Si tratta di un
intervento in occasione del IX Congresso Internazionale Montessori, svoltosi a Bergamo nel 1967, nel quale l'attenzione al montessorismo
sembra indiretta e motivata dal fatto che il contesto dell'intervento in esame è montessoriano a tutti gli effetti.
13
Due soli gli articoli di Giacomo Cives trovati in biblioteca: La scuola materna nel mondo, in "Riforma della scuola", IX(1963), n.3, pp.27\35;
Riflessioni su Maria Montessori, in "Scuola e città", XXXVI(1985), n.8, p. 335.
Offriamo di seguito, in ordine cronologico, una bibliografia degli scritti di Cives sulla Montessori, escludendo quelli menzionati nell'
Introduzione: Maria Montessori pedagogista per l'età tecnologica, in "Rassegna di cultura e vita scolastica", XXIII (nov.\dic. 1969), n.11-12,
pp. 9-10; Maria Montessori oggi, in "Vita dell'infanzia", XIX (luglio-agosto 1970), n. 7-8, nuova serie n. 10-11, pp. 3-4; Dibattito: Leggere (e
scrivere) nella scuola materna, in "Vita dell'infanzia", XIX (Sett. 1970), n.9, nuova serie n. 12, pp. 11-13; Nel centenario della nascita della
'scienziata' dell'educazione: Maria Montessori pedagogista del futuro, in "Avanti", 12 settembre 1970, p.3; Dibattito: Leggere (e scrivere)
nella scuola materna (conclusioni), in "Vita dell'infanzia", XX (sett. 1971), n.12, pp. 17-19; XXI (ott. 1971), n.1, pp.15-17; Maria Montessori e
l'integrazione educativa, in "Vita dell'infanzia", XXV (sett. 1976), n.12 (monografico su: M. Montessori e i problemi educativi del nostro
tempo), pp. 8-12; Il lavoro nella scuola superiore, in "Vita dell'infanzia", XXV (agosto-sett. 1977), n. 11-12 (monografico su: Il lavoro nella
scuola e nella pedagogia di oggi), pp. 20-25; Educazione ecologica. Educazione cosmica, in "Vita dell'infanzia", XXVI (agosto-sett. 1978), n.
11-12 (monografico su: Educazione alla difesa dell'ambiente), pp. 11-16; Educazione alla pace e educazione liberatrice, in "Vita
dell'infanzia", XXXII (luglio-agosto 1983), n. 11-12 (monografico su: Educazione alla pace), pp. 15-20; Per un mondo migliore. Educazione
alla pace e scienze dell'uomo, in "Vita dell'infanzia", XXXII (dic. 1983), n. 4, pp. 20-22; Maria Montessori educatrice alla pace, in "Scuola e
città", XXXV (genn. 1984), n. 1, pp. 33-38; La questione dell'anticipo a cinque anni, in "Vita dell'infanzia", XXXIII (sett. 1984), n. 1
(monografico su: o L'anticipdell'obbligo scolastico), pp. 13-17; Reflexions on Maria Montessori, in Enzo CATARSI, Tuentie Century preschool education times, ideas and portraits, Milano, Centro studi "Bruno Ciari", Angeli, 1985, pp. 38-53; L'innovazione della scuola
dell'infanzia e Maria Montessori, in "Vita dell'infanzia", XXXIV (sett. 1985), n.1, pp.3-6; Riflessioni su Maria Montessori, in "Scuola e città",
XXXVI (agosto 1985), n. 8, pp. 335-341, e in "Vita dell'infanzia", XXXIV (dic. 1985), n.4, pp.3-9; La lezione di Maria Montessori e la scuola
elementare d'oggi, in "Vita dell'infanzia", XXXV (sett. 1986), n.1 (monografico su: I nuovi programmi delle elemntari e il pensiero di Maria
Montessori), pp. 15-19; Maria Montessori in Italia dal dopoguerra ad oggi, in "Vita dell'infanzia", XXXVI (gen. 1987), n.5, pp. 3-9; Continuità
tra scuola materna e scuola elementare, in "Vita dell'infanzia", XXXVI (luglio-agosto 1987), n. 11-12 (monografico su: Presente e futuro della
scuola materna), pp. 11-14; Educazione ecologica, educazione cosmica, in "Vita dell'infanzia", XXXVIII (sett.1988), n.1 (monografico su: Il
bambino e il futuro della terra), pp. 14-20; La formazione degli insegnanti. Per le due prime scuole, in "Vita dell' infanzia", XXXVIII
(lug.\agosto 1989), n.11-12 (monografico su: Scuola materna, scuola elementare verso l'innovazione), pp. 49-54; La "pedagogia scientifica"
compie 80 anni, in "Vita dell'infanzia", XXXVIII (nov. 1989), n.3, pp. 14-16; Il metodo Montessori 80 anni dopo: conclusioni sull'attualità di
Maria Montessori, in "Vita dell'infanzia", XXXIX (sett. 1990), n. 1 (monografico su: Maria Montessori nel nostro tempo), pp. 54-57; Attualità
del pensiero di Maria Montessori, in "Vita dell' infanzia", XL (maggio-giugno 1991), n. 9-10, p. 27; La riscoperta della Montessori, in "Vita
dell'infanzia", XL (sett. 1991), n. 1, pp. 3-5; Maria Montessori pedagogista della libertà, in "Vita dell'infanzia", XL (Ott. 1991), n.2, pp. 3-6;
Maria Montessori e l'educazione familiare, in "Vita dell'infanzia", XLI (nov. 1992), n. 11, pp. 3-5; Senso e valore della lezione di Maria
Montessori, in "Vita dell' infanzia", XLII (luglio-agosto 1993), n.7-8 (monografico su: Maria Montessori: ieri, oggi e domani), pp. 9-13; Maria
Montessori: una pedagogista scomoda, in "Vita dell' infanzia", XLIII (dic. 1994), n.10, pp. 2-9; Montessori dall' antropometria alla pedagogia.
Una ricerca tra gli scolari di Roma, in "Vita dell'infanzia", XLIV (feb. 1995), n. 2, pp. 6-8; Le risposte di Maria Montessori ai problemi di oggi,
in "Vita dell' infanzia", XLIV (luglio-agosto 1995), n. 6, pp. 26-34; Programmazione e "Metodo Montessori", in "Vita dell' infanzia", XLIV (sett.
1995), n. 7, pp. 14-19; La Montessori dall' antropometria. I danni della miseria e dei cattivi metodi, in "Vita dell' infanzia", XLIV (marzo 1995),
n. 3, pp.8-10; Una sintesi efficace e esemplare (Commento all' articolo ripubblicato alle pp. 4-5 di M. MONTESSORI, L'educazione e il
bambino), in "Vita dell' infanzia", XLV (sett. 1996, n. 7, p. 5; L' insegnante montessoriano. Una figura trascurata quanto complessa, in
"Scuola e città", XLVII (31 agosto 1996), n. 8, pp. 323-334; Il Magistero di Roma e Maria Montessori, in "Vita dell' infanzia", XLV (nov. 1996),
n. 9, pp. 6-7; L' insegnante montessoriano. Sua formazione e indicazioni attuali, in "Scuola e Città", XLVII (ott. 1996), n. 10, pp. 417-424.
14
Napoli, Liguori, 1984, pp. 205-210, 255-295.
15
Firenze, La Nuova Italia, 1994, pp. 149-204.
16
Atti del convegno in onore di Lamberto Borghi, Firenze, Le Monnier, 1987, pp. 191-199;
17
Pubblicato in: Franco FRABBONI, Franca Pinto MINERVA, Giuseppe TREBISACCE, Scuola '92, Bari, Laterza, 1993, pp. 205-206.
18
Volume I°, Teramo, Giunti e Lisciani Editori, 1993, pp. 63-88.
Augusto Scocchera)19; L'apporto della Montessori alla figura e alla formazione dell'insegnante, in
La formazione del maestro in Italia (a c. di Giovanni Genovesi e Paolo Russo),20.
La ricerca rispetto allo “stato della questione” su Maria Montessori e sul montessorismo
Lo studio si pone accanto alle bibliografie montessoriane precedenti nel tentativo di contribuire a
integrarle, là dove si occupa dei documenti in possesso della biblioteca di Facoltà, cioè di un
ambito geograficamente circoscritto. Ci siamo quindi posti dei confini precisi, in considerazione
dei quali il lavoro si presenta come "laboratorio di ricerca" che, mentre tenta di fornire un altro
capitolo sulla circolazione del montessorismo, vuole anche essere uno stimolo a ulteriori e nuovi
approfondimenti.
I limiti di questa indagine possono essere quindi utilizzati come punto di partenza verso altre
analisi di tipo bibliografico che, avvalendosi dei medesimi strumenti interpretativi, completino
questo lavoro ove necessario, oppure si rivolgano ad altri contesti topo-geografici e in relazione
ad altri argomenti. Riteniamo, infatti, che analisi simili possano essere estese ad altre biblioteche,
soprattutto trattandosi di documentare la letteratura montessoriana - letteratura su e di Maria
Montessori - sparsa un po' ovunque nel mondo e risalente ad anni diversi della nostra storia.
Ma riprendiamo questa riflessione bibliografica su un tema già molto trattato in precedenza. Una
"fortuna" di Maria Montessori è attestata, infatti, non solo da esami specifici e specialistici del suo
pensiero e della sua opera, ma anche da quanto è stato pubblicato negli anni più lontani e in
quelli recenti e dalla continuità o meno di ristampe delle opere e di pubblicazioni antologiche,
saggistiche, critiche. L'analisi che abbiamo tentato si propone dunque come supporto sistematico
per un ulteriore approfondimento del montessorismo, ponendosi su un piano parallelo e
consequenziale rispetto alle altre bibliografie esistenti.
Rassegne "principali" di scritti montessoriani (nate cioè per diventare delle pubblicazioni a tutti gli
effetti, non per corredare e completare un libro o saggio) ce ne sono ben poche. Un ausilio
prezioso per noi si è rivelata la Bibliografia di Maiorca21, un contributo assai utile e importante,
che non abbiamo inteso criticare ma solo contribuire a integrare, con fini di comune utilità.
Questo catalogo di scritti riguarda gli studi sulla Montessori, ma anche opere e articoli comparsi
su riviste in cui vi sia un riferimento alla pedagogista nel periodo 1910-1975. Periodo di cui si offre
un quadro esauriente quanto ai testi montessoriani pubblicati in Italia. Oltre a questo elenco c'è
quello di Grazzini22, su cui torneremo più avanti; esiste, poi, un resoconto della stampa italiana in
occasione della morte di Maria Montessori23.
Ma è soprattutto Maiorca che ci ha soccorso nel tentativo di completare e arricchire la
panoramica degli studi montessoriani non solo italiani. Da un confronto "intrecciato" tra questa
preziosa fonte e la nostra ricerca sui documenti in possesso della biblioteca di Villa Mirafiori sono
emerse lacune in Maiorca ma anche nei dati da noi raccolti. Nel primo caso si tratta di assenze,
visto che l'autore considera i documenti usciti fino al 1975, mentre noi, seppure entro un
panorama meno vasto, abbiamo esaminato quanto prodotto fino ai primi anni '90. Maiorca, poi,
non include quei riferimenti minimi alla Montessori (pubblicità di opere, della rivista "Vita
dell'infanzia", avvisi di corsi e convegni montessoriani) che noi abbiamo ritenuto di dare con
l'intento di una maggiore completezza possibile. Infine, alcune segnalazioni fatte da Maiorca
sono risultate inesatte e comunque non riscontrabili; altre non verificabili per la mancanza dei
documenti indicati nella biblioteca presso cui abbiamo lavorato.
La "fonte" in esame si è offerta come stimolo per un aggiornamento e approfondimento sul tema
studiato; noi abbiamo tentato infatti una sorta di collazione tra la bibliografia indicata e quanto
andavamo via via reperendo: le segnalazioni comuni a Maiorca e a noi sono state quindi
controllate e altre nuove sono state aggiunte. Proprio nella parte finale del presente articolo
19
20
21
Roma, Anicia, 1995, pp. 103-124.
Atti dell' VIII Congresso Nazionale del CIRSE, Ferrara, Corso Editore, 1996, pp. 288-302.
B. MAIORCA, Bibliografia montessoriana, cit.
M. GRAZZINI, Bibliografia montessoriana, cit.
23
Pubblicata in "Vita dell'infanzia", n.5-6-7(1952).
22
daremo conto delle risultanze bibliografiche principali, per dire cosa c'è nella ricerca svolta, che
altrove non abbiamo trovato24.
E torniamo alla Bibliografia di Grazzini, bibliografia "verificata", secondo la definizione dello stesso
autore, nella quale compaiono anche le opere uscite prima in lingua straniera e poi disponibili in
italiano. Vengono presentati scritti pubblicati in inglese, francese, spagnolo, non tradotti ancora in
italiano, ma noti in Italia e utili a una più completa conoscenza del pensiero montessoriano. Infine
si segnalano brevi lavori mai dati alle stampe e riguardanti soprattutto l'educazione religiosa. Il
materiale è suddiviso in sette periodi: I(1896-1908) scritti precedenti la pubblicazione de Il metodo
della pedagogia scientifica; II (1909-1915) opere anteriori alla prima edizione de
L'Autoeducazione; III(1916-1929) anni che vanno fino alle ultime pubblicazioni de "L'idea
Montessori", il primo giornale montessoriano; IV-V-VI(1930-1939, 1940-1949,1950-1959); il VII
riguarda gli scritti degli anni 1960-1964.
La ricerca di Grazzini è completata da quattro Appendici: una riguarda le opere della Montessori
non ancora tradotte in italiano; la seconda i contributi che, mai pubblicati, circolano manoscritti o
per canali privati; la terza films, periodici e scritti della Società Montessori; la quarta gli scritti
montessoriani ancora non tradotti o inediti. Ricordiamo che il lavoro di Grazzini è del 1965 e
riporta solo le opere della pedagogista, non saggi e studi su di questa.
Per documentare l' incidenza della studiosa, noi abbiamo seguito invece le vie possibili all'interno
di un percorso a più vasto raggio, ma comunque prestabilito nei suoi limiti. Sono stati esaminati,
infatti, non solo testi della Montessori, ma anche altri documenti in cui si affrontano tematiche
montessoriane o in cui sia presente qualche riferimento alla Montessori stessa.
Oltre ai due elenchi, a cui sin qui abbiamo fatto riferimento, un utile supporto alla nostra ricerca,
come ricognizione precedente sullo "stato della questione" montessoriana, è stato offerto in
particolare da alcune tra le Tesi di Laurea sulla Montessori da noi considerate e assegnate dal
Dipartimento di Ricerche Storico - Filosofiche e Pedagogiche della Facoltà di Filosofia
dell'Università degli Studi di Roma "La Sapienza". Pensiamo per esempio al lavoro di Anna Maria
Bianconi sulla Fortuna di Maria Montessori negli Stati Uniti tra 1909-1989 (relatore: Prof. Nicola
Siciliani de Cumis, cattedra di Pedagogia, a.a. '88\'89); a quello di Fabio Biolcati che si è
occupato della studiosa nella pedagogia italiana dal 1945 ai nostri giorni (relatore: Prof. Giacomo
Cives, cattedra di Storia della Pedagogia, a.a. '84\'85). Giuliana Di Egidio, poi, ha studiato Il
giudizio sulla Montessori in "Vita dell' infanzia" dal 1977 al 1987 (relatore: Prof. N. Siciliani de
Cumis, a.a. '88\'89); questa rivista non è stata oggetto di indagine approfondita da parte nostra,
perché non è in possesso della biblioteca in cui abbiamo lavorato. La tesi di Laurea di Rossella
Santoni Rugiu si sofferma su Maria Montessori nella letteratura critica italiana dal 1900 al 1930
(relatore: Prof. Aldo Visalberghi, cattedra di Pedagogia, a.a. '68\'69); Silvana Speranzoni, infine, si
è dedicata agli Orientamenti bibliografici su Maria Montessori dal 1960 al 1975 (relatore: Prof.ssa
Maria corda Costa, Cattedra di Pedagogia, a.a. '77\'78), ricerca utile sul piano bibliografico e ricca
nell'elenco finale, comprendente le opere della pedagogista passate in rassegna, le riviste
consultate e gli articoli sulla Montessori dal 1960 al 1975 tratti da "Vita dell'infanzia".
Com'è evidente i lavori segnalati documentano gli esiti dello studio svolto in contesti specifici e su
altrettanto specifici aspetti, anche se tutti in qualche modo connessi all'incidenza della
Montessori. La nostra Tesi, invece, dal titolo: L' opera di Maria Montessori nella biblioteca della
Facoltà di Filosofia dell' Università "La Sapienza" di Roma (relatore Prof. Nicola Siciliani de
Cumis, correlatore Prof. Giacomo Cives, a. a. '93\'94), non ha avuto confini di argomento,
all'interno di quello generale prescelto -relativo alla recezione del montessorismo a partire dalla
biblioteca di Facoltà - né ha avuto confini cronologici (dal momento che non si indagava sugli
scritti di alcuni anni più che su altri) o legati alla tipologia dei documenti da considerare
(pubblicazioni periodiche piuttosto che monografie, per fare un esempio).
24
Si veda l' ultimo paragrafo, p. 15-22.
Caratteristiche dello studio svolto
Nel corso di questo lavoro, derivante dalla nostra Tesi di Laurea, di cui - lo abbiamo già detto - è
stato relatore il professor Siciliani de Cumis, si è proceduto all'individuazione graduale di tre livelli
di indagine: a) livello quantitativo; b) livello qualitativo; c) livello critico - argomentativo.
In via preliminare abbiamo ritagliato il nostro ambito complessivo di indagine in mezzo a tutto il
materiale di cui la biblioteca dispone (livello quantitativo). Sono stati infatti individuati i documenti
di argomento pedagogico e storico - pedagogico, per avere una panoramica complessiva e
generale del lavoro che ci aspettava. Da questa prima ricognizione si è ricavata una lista ancora
lacunosa delle monografie utili.
In seguito, attraverso la consultazione del Catalogo dei periodici e grazie alla possibilità di
lavorare direttamente nel deposito della biblioteca, la rassegna iniziale si è andata arricchendo di
giorno in giorno. Da "indicatori" in questa fase della ricerca hanno fatto alcune "parole chiave", da
rintracciare anche nei titoli dei documenti e considerate "spie" di una trattazione pedagogica e
storico - pedagogica più diffusa. Idee ricorrenti sono state ritenute, ad esempio, le seguenti:
adolescenti, bambini, disciplina, educatori, educazione, fanciulli, formazione, giovani, infanzia,
insegnamento, istituti magistrali minori, pedagogia, scuola, università. Non ultimi, poi, i nomi di
studiosi e pedagogisti noti (ricordiamo Rosa Agazzi, Vincenzina Battistelli, Giovanni Maria Bertin,
Ovidio Dècroly, John Dewey, Federico Fröbel, Giovanni Gentile, Giovanni Maria Itard, Giovanni
Piaget, Giuseppe Lombardo Radice, Edoardo Seguin, Leone Tolstoj) e i titoli di opere famose,
con una maggiore frequenza degli scritti della Montessori stessa: Educazione e pace (edizione
Garzanti, 1949; Il Metodo della Pedagogia scientifica (di cui abbiamo trovato l' edizione Maglione
e Strini senza data, ma del 1926, un' altra, la prima, del 1909, un'altra ancora del 1913); L'
autoeducazione nelle scuole elementari (edizione Maglione e Strini, 1916).
All'interno di questo primo livello si apre quello che abbiamo definito qualitativo e che si dispiega e
si specifica in un sottolivello indicativo e in uno selettivo. Dentro il vasto panorama di partenza si è
trattato cioè di cogliere le tematiche montessoriane specifiche. E lo si è fatto individuando in
modo rapido i riferimenti più minuti e in apparenza poco significativi alla pedagogista (sottolivello
indicativo); ma anche attraverso la segnalazione ed estrapolazione dei dati più consistenti, per
lunghezza e per importanza, rispetto al tema da studiare.
Tutto quanto sin qui indicato assume connotati più netti e definiti a livello critico - argomentativo,
livello in cui deve poter emergere dalla "quantità" e dalla struttura organizzativa dell'indagine la
considerazione su "come" e "quanto" si parla della Montessori, "quando" se ne parla di più e quali
sono i nomi ricorrenti tra gli "autori" che si occupano di questo tema.
Il presente lavoro si è dunque strutturato attorno a una componente strumentale forte che, mentre
offre le chiavi per la valutazione e la verifica di quanto fatto, vuole essere anche mezzo di ulteriori
possibili approfondimenti nello stesso campo -vista la rilevanza del pensiero e dell' opera di Maria
Montessori nel mondo- oltreché di ricerche da svolgere su temi diversi e in altri contesti. Tale
componente strumentale trova voce nelle parti in cui il lavoro si è andato articolando: Apparato
documentario, Bibliografie, Indice delle Idee, dei Libri e dei Nomi, oltre ai tre capitoli iniziali relativi
alle "fonti" e in cui si riportano i contenuti dei documenti esaminati.
La ricerca si è via via delineata e sviluppata a partire dalla ideazione e costruzione di un Apparato
documentario, che rappresenta uno strumento di cui avvalersi nella consultazione del lavoro. È in
questa parte, infatti, che si offre un panorama completo del materiale esaminato e utile per una
verifica sul tema in questione. Si tratta, quindi, di un supporto metodologico - informativo che
permette una visione sintetica e schematica del tutto. Comprende l' Indice delle riviste di
argomento pedagogico e storico - pedagogico in possesso della biblioteca; quello dei libri della e
sulla Montessori, compresi volumi con brevi riferimenti alla pedagogista. Seguono gli Indici
segnaletici dei riferimenti più importanti trovati nei periodici, nelle monografie e nelle tesi di laurea.
In breve, l' Apparato vuole offrire tutti gli "indizi", i "particolari" montessoriani, che hanno
consentito la costruzione di un discorso più generale e ampio che, senza avvalersi di queste
"tracce sperimentali" risulterebbe però debole e poco scientifico. Ogni particolare, sia preso di per
sé, sia nella sua connessione con gli altri particolari giustifica, in qualche modo, la possibilità di
ritornare su un tema che tante trattazioni ha già avuto, come quello dell'opera e del pensiero di
Maria Montessori.
Struttura del lavoro
Facendo un bilancio "quantitativo" a lavoro concluso, ci sembra opportuno dare un'idea dei
documenti esaminati, della quantità delle fonti che hanno costituito il nostro "laboratorio di
ricerca".
Una sessantina sono state le riviste passate in rassegna, annata per annata, di cui la metà
italiane; nell'ordine delle centinaia i volumi, facenti parte di un Fondo di Pedagogia, (una sezione
del deposito della biblioteca occupata da volumi di argomento pedagogico e storico pedagogico), anche se solo una sessantina di testi sono risultati utili rispetto al tema che ci
interessava. Tra le monografie compaiono 20 scritti di Maria Montessori (comprese riedizioni di
una stessa opera). Dodici le tesi di Laurea prese in esame in totale, cinque delle quali, come già
indicato nel paragrafo precedente, utili come supporto bibliografico precedente al nostro.
Alla documentazione relativa alle riviste di Pedagogia e Storia della Pedagogia è stata dedicata la
prima parte del lavoro25. Vi compaiono articoli e recensioni di libri in cui si parla della Montessori e
del Metodo o di altri aspetti del montessorismo. I contributi sono riportati in elenco seguendo
l'ordine cronologico all'interno di ciascun periodico (Le riviste compaiono invece in ordine
alfabetico).
L'arco cronologico in cui le riviste si inseriscono spazia dai primi del '900 ("Rivista di filosofia,
pedagogia e scienze affini"), agli anni '20-'30 di "Levana" ed "Educazione Nazionale", agli anni '50
di "Pedagogia", agli anni '50-'60 ("Nuova rivista pedagogica" e "Rassegna di pedagogia"). Ci sono
poi riviste che abbracciano un arco di tempo più ampio: anni '50-'80 ("I problemi della
pedagogia"); anni '50-'90 ("Scuola e città"). Insomma, l'arco di tempo più documentato è quello
dagli anni '20 agli anni '90.
Dallo spoglio delle riviste emerge chiaramente la componente critico-interpretativa e, rispetto ai
temi generali, ci si muove tra approvazione e disapprovazione. Ma più numerosi sono gli appunti
nei confronti del Metodo e del pensiero di Maria Montessori. I temi salienti del montessorismo
emergono già dalle riviste, a partire dal Metodo stesso; dalla scuola-casa; dalla maestra-madre;
dalla "riscoperta" del bambino; dalle critiche alla pedagogista per aver negato il ruolo
dell'immaginazione e della creatività. Compaiono poi tre scritti della studiosa sul ruolo
dell'Università, sul problema dell'analfabetismo mondiale e dell'educazione per il nuovo mondo
(Temi ancor oggi di grande attualità). Non mancano riflessioni sull'importanza dell'educazione
linguistica e sull'influenza delle condizioni di famiglia sul livello intellettuale del bambino.
I rilievi critici nei confronti della pedagogia montessoriana sono numerosi, ma si bilanciano in
modo equilibrato con riflessioni più propositive, non consentendo di individuare una linea
interpretativa differente secondo il periodico in esame. Certo, rispetto a "L'educazione nazionale"
con 9 articoli risalenti agli anni 1922-1929 e di cui 4 sono di Giuseppe Lombardo Radice,
"Orientamenti pedagogici" (9 articoli degli anni dal 1962 al 1983) ha un atteggiamento di
maggiore, se non totale, approvazione per il montessorismo. Ne "I problemi della pedagogia" (22
articoli dal 1955 al 1986) si discute molto di libertà e illibertà e compaiono le critiche di Ugo Spirito
alle contraddizioni montessoriane presenti per suo avviso in merito. "Riforma della scuola" (15
articoli dal 1961 al 1970) pubblica resoconti di Congressi su temi montessoriani e problemi
inerenti la scuola materna. Argomenti di Convegni e recensioni sono anche in "Scuola e Città"
con 18 articoli dal 1952 al 1992.
E veniamo alle monografie (Il capitolo III della ricerca in esame), tra cui sono state selezionate
quelle che affrontano in modo specifico temi montessoriani o che dedicano uno spazio alla
25
Il lavoro si è sviluppato in due volumi, il primo comprendente: Introduzione; Parte Prima (Riviste); Parte seconda (Monografie); Parte Terza
(Tesi di laurea); il secondo dedicato all' Apparato Documentario con gli Indici completi dei documenti reperiti; gli Indici Segnaletici dei
riferimenti alla Montessori trovati nei documenti stessi, la Bibliografia generale; la Bibliografia di bibliografie; l'Indice delle idee ricorrenti dei
Libri e degli Articoli.
Montessori all'interno di trattazioni pedagogiche o storico - pedagogiche. Dal punto di vista
cronologico l'arco di tempo più rappresentato è quello degli anni '20-'30 di questo secolo, ma ci
sono anche volumi pubblicati nel corso degli anni '50.
Compaiono anche scritti della pedagogista, di cui non è stato nostro intento offrire un resoconto
dei contenuti, trattandosi di opere conosciute e molto studiate. Semplicemente abbiamo voluto
indicarne i riferimenti più importanti e offrire una visione di insieme di testi, la cui presenza in
biblioteca non poteva certo essere taciuta. In ordine di tempo la prima opera montessoriana in cui
ci siamo imbattuti è datata 1907; si tratta di La Casa dei bambini dell'Istituto romano di Beni
Stabili; a seguire l' Antropologia pedagogica del 191026 e L'autoeducazione nelle scuole
elementari del 191627. A due anni dopo, 1918, risale poi Il metodo della pedagogia scientifica
(sulla seconda edizione del quale si sofferma Giuseppe Lombardo Radice nel 1926)28, relativo ai
princìpi della nuova scienza e a quelli di un metodo, nato per i bambini anormali e poi esteso a
quelli normali. Delle caratteristiche della Casa dei Bambini la Montessori parla anche ne Il
manuale di pedagogia scientifica del 192129; un anno dopo, ne I bambini viventi nella chiesa30, la
studiosa si occupa dell'educazione religiosa. Del 1935 sono, poi, gli scritti Educazione e pace e
Formazione dell'uomo31 in cui si affronta il problema dell'educazione alla pace per il superamento
dei conflitti tra adulti e bambini. Arriviamo quindi al 1950 con Educazione alla libertà32, in cui si
rifiutano le costrizioni proprie dei sistemi educativi precedenti e si insiste sulla necessità di una
preparazione adeguata dei maestri.
Giungiamo così alla terza parte, quella che nel nostro studio è stata riservata alle Tesi di Laurea.
Dodici, lo avevamo già detto, quelle assegnate dal dipartimento di Ricerche Storico - Filosofiche e
Pedagogiche della Facoltà e che sono risultate interessanti per gli spunti di riflessione
sull'argomento trattato.
L'arco di tempo di queste ricerche spazia dalla fine degli anni '60 (la tesi della Santoni Rugiu è la
prima in ordine di tempo, essendo stata discussa -lo ricordiamo- nell'a.a. 1968-'69)33 alla fine
degli anni '80 con lo studio di Anna Maria Bianconi34. Sugli Aspetti psicologici dell'opera di Maria
Montessori si sofferma invece Maria Teresa Angelotti (Relatore: Prof. E. Giannattasio, a.a.
1977\'78). Ai lavori di Biolcati (Maria Montessori nel giudizio della pedagogia italiana dal 1945 ai
nostri giorni), della Di Egidio (che ha sottoposto ad accurato spoglio critico gli anni '77\'87 della
rivista "Vita dell'Infanzia") e della Speranzoni (Orientamenti bibliografici su Maria Montessori dal
1960 al 1975) abbiamo già fatto riferimento35.
E poi sono stati discussi Gli aspetti pedagogico - sociali della Montessori e del montessorismo
(Laureanda: Ornella Di Lella, Relatore: Prof. Aldo Visalberghi, a.a. '72\'73); L'età evolutiva nel
pensiero della Montessori (Laureanda: Anna La Rocca, Relatore: Prof. A. Visalberghi, a.a.
'72\'73); Lo sviluppo sociale del bambino nel pensiero di Maria Montessori (Laureando A.
Moccaldi, Relatore: Prof.ssa M. M. Corda Costa, a.a. '74\'75).
Anche nel caso delle Tesi di Laurea i temi che ricorrono sono quelli centrali per una riflessione sul
pensiero e l'opera della Montessori, temi già dibattuti nei volumi e negli articoli delle pubblicazioni
periodiche. D'altra parte il fine del nostro lavoro non era di entrare nel merito dei contenuti e del
significato degli insegnamenti montessoriani, quanto quello di tracciare le linee di un nuovo
capitolo sulla recezione del pensiero e dell'opera della pedagogista, attraverso il reperimento e
l'analisi di fonti in un contesto specifico.
26
Edizione Milano, Vallardi.
Edizione Roma, Maglione e Strini.
28
La biblioteca possiede tre copie di questa opera.
29
Due le copie possedute dalla biblioteca: una datata 1921 con prefazione di Arturo Labriola; l'altra è una riedizione del 1935 con prefazione
di Nazareno Padellaro.
30
Edizione Napoli, Morano, 1922.
31
Tutti e due gli scritti posseduti dalla biblioteca sono editi da Garzanti, 1949.
32
Edizione Bari, Laterza, 1950.
33
Delle Tesi di Laurea abbiamo già parlato a p. 5, 6, 12 di questo articolo.
34
Vedi nota precedente.
35
Vedi nota precedente.
27
Gli argomenti montessoriani individuati come "spie", "tracce" di un discorso più generale
La nostra indagine aveva per oggetto un limite, (un "qui" e un "ora") prestabilito e nell'ambito del
quale si è andata specificando una "totalità" possibile. Si tratta di un limite di spazio e tempo,
individuabile nella biblioteca presso cui abbiamo scelto di lavorare. Questo ambito di studio
potrebbe essere inteso come limitato e limitante, quasi una rinunzia di intenti e prospettive. Ma in
esso, date le ragioni formative montessoriane e di incidenza del contesto sul montessorismo, si è
voluta vedere tutta la Montessori e cercare un' immagine della pedagogista il più possibile
complessiva.
Ne risulta che il lavoro quanto più si presenta ricco sul piano dell'informazione, tanto più si
potrebbe considerare povero su quello dell'articolazione di carattere metodologico generale. Una
dicotomia solo apparente, in realtà consapevole, attraverso cui si è voluto dare un ritratto della
Montessori che è rivolto alla sua utenza. Come la studiosa ha posto al centro della sua riflessione
l'esame del bambino, così noi abbiamo inteso privilegiare il lettore. L'attenzione è così solo
indirettamente montessoriana perché porta alla luce l'interesse con cui altri lettori hanno valutato
il metodo e la sua utilizzazione. Abbiamo guardato ai lettori-studiosi a noi precedenti, e attraverso
essi ci rivolgiamo a quelli che in seguito vorranno occuparsi delle stesse tematiche o di altre
seguendo un procedimento di analisi simile.
Si può parlare perciò di "Paradigma indiziario", per usare la terminologia di Carlo Ginzburg36,
dove la giustificazione metodologica diviene alta e il metodo usato è tale per cui la citazione di
tanti dati e temi particolari trova un significato nella costruzione di un discorso più ampio e magari
già noto. Si è andati alla ricerca del tema generale nel particolare, anzi in tutti i particolari trovati
ed esposti, perché, se un singolo elemento, una singola informazione prese di per sé,
isolatamente, possono non avere senso, lo acquistano di diritto nella loro concatenazione con
altre notizie ed eventi. In questo senso Ginzburg parla di "Metodo indiziario"37 nel quale dati
semplici, in apparenza marginali in sé, diventano rivelatori di una realtà più ampia e generale;
risultano essere "tracce" "spie" "indizi" di un significato profondo, già noto in quanto tale, nel suo
aspetto più generale ed esteriore38.
Per tutto questo abbiamo tentato di avvalerci di un metodo filologico, dove la filologia media tra
storiografia (sguardo retrospettivo al "chi" e al "cosa" su Maria Montessori) ed educazione
(percorso formativo graduale che è tale non solo per i contenuti affrontati, ma anche per i metodi
di indagine i quali favoriscono una crescita progressiva del lavoro e una stimolazione continua e
senza che la meta sia prefissata)39. È così che "i fini da perseguire si identificano operativamente
con la natura procedurale degli stessi 'mezzi' adoperati per il loro conseguimento"40. Insomma,
operando su dati singoli e specifici, come nel nostro caso, bisogna guardare con particolare
attenzione al "procedimento", al "farsi e rifarsi di un contenuto di verità non preformato ma
genetico" e quindi al "livello euristico dell'approccio problematico"41.
Alcune riflessioni conclusive
La ricerca che abbiamo cercato di illustrare è risultata valida sul piano metodologico e come
nuovo percorso dinamico all'interno delle Bibliografie precedenti. Bibliografie che non si è inteso
mettere in discussione, tanto più che hanno rappresentato il fondamentale spunto "genetico" di
questa analisi, la quale si pone quindi, rispetto al passato, come contributo integrativo.
Attraverso la documentazione raccolta e segnalata nelle diverse parti della Tesi e poi
36
C. GINZBURG, Spie. Radici di un paradigma indiziario, in A. GARGANI, La crisi della ragione , a c. di A. Gargani, Torino, Einaudi, 1979,
pp. 59-106.
37
C. GINZBURG, Op. cit., p.61.
38
Ibìdem, p.65.
39
Per questo concetto di filologia, intesa come "Filologia educativa" ed "Educazione filologica", si veda: N. SICILIANI de Cumis, Filologia,
politica e didattica del buon senso, Torino, Loescher, 1980; Per il concetto di "mediazione" si veda: G. CIVES, La mediazione pedagogica,
Firenze, La Nuova Italia, 1973.
40
N. SICILIANI de Cumis, op. cit., p. 16.
41
Ibìdem, p.21.
schematizzata nell'Apparato documentario abbiamo provato a dare un'idea della quantità di
elementi trovati e utilizzati per un nuovo 'discorso' su Maria Montessori.
Sono questi elementi che sopra abbiamo definito "tracce" "spie" "indizi" di un contesto più
generale e complesso, la cui struttura si comprende, si giustifica e trova valore solo in quanto può
essere scomposta nei suoi minimi termini, che costituiscono altresì le fondamenta di base di
questo “edificio teorico”. In tal senso abbiamo già parlato della connotazione filologica del lavoro42
e di una funzione mediatrice della filologia, tra fonti e processo formativo.
Certo, non possiamo avanzare la pretesa di riferirci a un concetto di mediazione ampio come
quello che intende Giacomo Cives quando parla di "continua comprensione critica della realtà
senza esclusioni e della sua attiva composizione armonica, smascherando i preconcetti e
guardando a ciò che sta dietro di essi, rifiutando le mode non per partito preso ma per amore di
un'istanza di completezza, il cui ideale regolativo è l'aspirazione alla massima possibile totalità
(...)"43. La nostra è stata piuttosto un'opera di mediazione concepita come "sforzo di continua
vigilanza critica (...)" 44, nel tentativo di realizzare una valutazione riflessiva del problema posto in
partenza e aperta alla realtà, al contesto e ai contesti di riferimento per lo studio da svolgere.
In questa ottica la ricerca è quanto mai aperta e non-conclusa, rappresenta una tappa all'interno
di un cammino strutturale che potrebbe proseguire attraverso altri contesti tematici affini, a cui
applicare lo stesso criterio di ricerca, di studio, di selezione e valutazione dei dati disponibili.
Insomma, si è trattato di un momento di riflessione nuovo, non certo conclusivo, bensì dinamico e
orientato in partenza verso gli altri possibili itinerari montessoriani.
Le nostre "integrazioni" alle bibliografie montessoriane di riferimento45
Offriamo di seguito le aggiunte principali alle Bibliografie montessoriane (quelle di Maiorca e
Grazzini), che hanno costituito, come si è detto, la "fonte" e il momento di confronto principale per
avviare questo percorso sulla
Montessori. Le "integrazioni" riguardano soprattutto le
pubblicazioni periodiche, che sono elencate in ordine alfabetico e, all'interno di ciascuna, secondo
l'anno di uscita, sono segnalati i contributi riguardo ai quali abbiamo verificato assenze o
imprecisioni nella rassegna di riferimento (che poi è rappresentata soprattutto dallo studio di
Maiorca, che comprende quasi soltanto riviste) o nella nostra. Dopo l'indicazione bibliografica si
preciserà quindi se è stata trovata oppure no in Maiorca e se è stato possibile controllarla.
RIVISTE ITALIANE46
"L' Educazione Nazionale"
1) G. GENTILE, Il metodo Montessori , IV (1922), n.7.
Il riferimento compare in Maiorca, ma nella biblioteca di Facoltà mancano i fascicoli 7-8-9 del 1922;
2) R. AGAZZI, I metodi italiani. Gli asili e il metodo Agazi e Pasquali, inniziatosi nel 1898. A p. 19 dell'articolo c'è un
paragrafo dal titolo: Il prof. Pasquali e il metodo Montessori e, a p. 22-23, una Postilla di G.L. RADICE, VIII (1926), dic.,
pp. 5-23.
In Maiorca (ediz. '74) si dice che l'art. è nel n. VII del dic. 1926, ma a questo anno corrisponde il vol. VIII;
"Levana"
1) MOTZO DENTICE di Accadia, I bambini viventi nella chiesa, (recensione), 2 (1923), n.2, pp. 176-179.
Maiorca (ediz. '72) indica così un contributo che in realtà si intitola: Educazione religiosa...sperimentale;
2) Negli "Spogli bibliografici" della rivista, 2 (1923), marzo-aprile, pp.180-181, compare: G. GENTILE, Il metodo
Montessori (Relaz. al Ministro della P.I.), già pubblicato in "L'educazione nazionale", IV (1922), n.7.
Maiorca, si è già detto, lo indica ma noi non abbiamo potuto verificare perché il fascicolo manca in biblioteca;
42
Ricordiamo il concetto di "Educazione filologica" e di "Filologia educativa" già illustrato dal professor Siciliani de Cumis.
G. CIVES, La mediazione pedagogica, op. cit., Introduzione, p.X.
Ibìdem, p.XVI.
45
Vedi note 1) e 2).
46
Maiorca si sofferma soprattutto sulle riviste italiane, ma non mancano riferimenti ad articoli e scritti presenti in pubblicazioni straniere:
pubblicazioni allora non in possesso della biblioteca di Facoltà, dove, invece, abbiamo trovato numerose segnalazioni alla Montessori che
figurano in periodici francesi, inglesi e tedeschi non presi in esame nella Bibliografia di Maiorca.
43
44
" La nuova rivista pedagogica"
1) E. LIGUORI, Maria Montessori e l'educazione dell'infanzia, (recens. di Giovanni IMPEDOVO), V (1955), n.1-2, pp.7273.
Maiorca (ediz. '72) lo indica erroneamente nell' annata I (1955), mentre non è possibile trovarlo comunque nel vol. I;
2) Nella sezione "Riviste pedagogiche", VII (1957) n. 2-3, pp. 69-75, si ricorda "Orientamenti pedagogici" (anno IV1957, n.1) in cui c'è un art. di S. VALITUTTI, La 'casa dei bambini' e il metodo Montessori - estratto da "Vita
dell'infanzia", VI (1957), n.1.
Maiorca non ne fa menzione;
3) Nella "Rassegna delle riviste" - VIII (1958), n.2, p.84 - si segnala: M. MONTESSORI, Le due vite.
Maiorca non lo menziona;
4) Nella "Rassegna bibliografica", X (1960), n.5-6, pp.127\131, c'è: R. MAZZETTI, Giuseppe Lombardo Radice tra
l'idealismo pedagogico e Maria Montessori.
In Maiorca manca l'indicazione;
5) Nella "Rassegna bibliografica", XVII (1967), n.6, pp.61\64, c'è: M. PIGNATARI, Maria Montessori cittadina del
mondo.
In Maiorca l'indicazione manca;
6) Nella "Rassegna bibliografica", XIX (1969), n.1-2, pp. 80\84, c' è: A. LEONARDUZZI, Maria Montessori. Il pensiero e
l'opera (recens. di G. BROCCOLINI).
Maiorca lo segnala nell'anno V(1968), pp. 261 sgg., ma l'anno V della rivista corrisponde al 1958 e non è stato possibile
trovare il contributo né nel volume del '68 né in quello del '58;
"Orientamenti pedagogici"
Per questa rivista diamo l'elenco dei riferimenti nel seguente ordine: a) contributi presenti in volumi non in possesso
della biblioteca presso cui abbiamo lavorato (dal n. 1 al n. 4); b) contributi presenti in volumi che la biblioteca possiede
(dal 5 al 8).
1) A. FERRIERE, Maria Montessori et l'èucation nouvelle (recens. di P. Braido), 1 (1954), pp. 74\75.
Lo riporta Maiorca (ediz. '74) ma si trova in un volume non presente in biblioteca;
2) L. RAILLON, Le message de Maria Montessori (recens. P. Braido), 1 (1954), p.74.
In Maiorca non c'è;
3) C. PIZZONI, Il metodo Montessori di fronte al Cristianesimo (recens. L. Csonka), 1 (1954), n.2, p. 189.
In Maiorca non c'è;
4) R. TITONE, L'èsprit absorbant de l'enfant (segnalaz.), VI (1959), p.877.
Maiorca lo indica (ediz. '72) ma non è stato possibile trovarlo neppure negli indici della rivista in esame;
5) R. FINAZZI SARTOR, Maria Montessori, IX (1962), p.516.
Maiorca (ediz. '72) lo segnala come presente solo in "Pedagogia e vita", rivista di cui parleremo più avanti;
6) A. LEONARDUZZI, Maria Montessori. Il pensiero e l'opera (recens. V. Bolognari), XV (1968), p.261 sgg.
Maiorca (ediz. '72) lo indica nel vol. V (1968). Duplice inesattezza: al 1968 corrisponde infatti il vol. XV, ma l'articolo non
è reperibile neppure in questo luogo;
7) M. PIGNATARI (a c. di), Maria Montessori cittadina del mondo (recens. di B.M. Bellerate), XV (1968), n.3, p.591.
In Maiorca non c'è;
8) E. DE FALCO, Storia degli ideali educativi da Omero a Maria Montessori (recens. P.Braido), XXI (1974.II), n.5, p.
1028.
Maiorca (ediz. '76) lo indica come libro edito a Napoli da Ferraro nel 1972 e non come recens. presente in questo
luogo;
"Pedagogia e vita"
1) M. CASOTTI, La "lezione" di Maria Montessori, XIII (1952), n.4, pp. 321 sgg.
Maiorca (ediz. '72) lo menziona, ma il volume non si trova in biblioteca dove la pubblicazione inizia a essere presente
dal 1962;
2) M. CASOTTI, Sul metodo Montessori, XVI (1954\55), n.2.
Maiorca (ediz. '72) lo indica, ma il volume non è presente in biblioteca;
3) M. CASOTTI, La didattica montessoriana per gli altri ordini di scuole, XVI (1955), pp.334\335.
Maiorca (ediz. '72) lo indica ma il volume manca in biblioteca;
4) D. FERRARO, I due volti di Maria Montessori, XXI (1960), pp. 243\252.
Maiorca lo indica (ediz. '72) ma il volume manca in biblioteca;
5) R. FINAZZI SARTOR, Maria Montessori (recens. di A. Leonarduzzi), XXIII (1962), n.5, pp.471\473.
Maiorca (ediz. '72) lo segnala ma in questo luogo non c'è;
6) G. L. ZUCCHINI, La musica nelle istituzioni italiane per l'infanzia. Aporti, Agazzi, Montessori, XLIII (1981\1982), n. 6,
p.625.
Manca in Maiorca;
"I problemi della pedagogia"
1) E. LIGUORI, Maria Montessori e l'educazione del,l'infanzia (recens. L. Marconi), 2 (1956), n.6, pp. 411\412.
Maiorca (ediz. '72) lo indica nel vol. 1 (1955) pp. 411\412, ma si tratta di un errore;
2) M. MONTESSORI, La funzione dell' Università, 8 (1962) n. 1, pp. 1\10; Analfabetismo mondiale, ivi, n.2, pp. 201\237;
L'educazione per il nuovo mondo, ivi, n. 3, pp. 401\407.
Tutti e tre gli scritti mancano in Maiorca, sono invece nella Bibliografia di Grazzini a p. 6447;
3) D. FERRARO, Agazzi, Montessori, Kergomard e l'educazione infantile (breve segnalazione nella sezione "Spoglio di
libri), 19 (1973.II), n.4, p. 494.
Manca in Maiorca;
4) J. DYBIEC, Maria Montessori in Polonia (recens. di B. Maiorca), 32 (1986.II), n. 5-6, pp.771\773.
L'ultima edizione della Bibliografia di Maiorca è del '76, quindi il riferimento non può esserci;
"Rassegna di pedagogia"
1) M. L. LECCESE, Appunti montessoriani, 6 (1948), pp. 44\45.
Maiorca (ediz. '72) lo indica, ma i volumi della rivista presenti in biblioteca partono dal 1950;
2) G. A. ROGGERONE, L'VIII° congresso internazionale Montessori, 7 (1949), pp. 238\240.
Lo indica Maiorca (ediz. '72), ma i volumi in biblioteca iniziano dal 1950;
3) A. M. MACCHERONI, Come conobbi Maria Montessori (recens. di R. Sartor), 16 (1958), gen-marzo, p.100.
Maiorca (ediz. '72) lo indica solo in "Vita dell'infanzia" 1956, p.190;
4) S. VALITUTTI, L'educazione e la pace nel pensiero di Maria Montessori; Id., L'educazione sociale nel pensiero di
Maria Montessori (recens. R. Sartor), 16 (1958), gen-marzo, p.101.
Maiorca non li segnala come presenti in questa rivista;
"Riforma della scuola"
1) A. MARCHESINI, Gobetti recensisce il bambino in famiglia e Manuale di Pedagogia Scientifica, II (1956), n. 2,
pp.32\33;
2) D. BERTONI JOVINE, Congresso Montessori, III (1957), n. 10, p. 27;
3) G. HONNEGER FRESCO, Cinquantenario della prima "Casa dei bambini", III (1957), n. 11, pp. 9\11;
4) D. BERTONI JOVINE, Giuseppe Lombardo Radice e Maria Montessori (Un libro di R. Mazzetti), IV (1958), n.11,
pp.19\20.
Maiorca (ediz. '72) indica tutti e quattro i contributi, ma i volumi in biblioteca iniziano dal 1960;
"Scuola di base"
1) G. GOBBI, S. CAVALLETTI, Educazione religiosa, liturgia e metodo Montessori (recens. M. Giampietro), 9 (1962),
n.5, p. 116.
Maiorca (ediz. '74) lo indica, ma la rivista in biblioteca inizia dal 1966;
2) M. PIGNATARI, Il metodo Montessori nella scuola elementare, 12 (1965), n. 3-4, pp. 23\50.
Maiorca (ediz. '72) lo indica ma il volume non c'è in biblioteca;
3) A. LEONARDUZZI, Maria Montessori. il pensiero e l'opera (recens. L. Cannizzaro), 16 (1969), n. 1, pp.124\125.
Maiorca non lo segnala come presente in questo luogo;
4) M. MONTESSORI, Psicoaritmetica (recens. T. Frigeni), 19 (1972), n. 6, pp. 119\120.
Maiorca non lo indica;
"Scuola e Città"
1) ANONIMO, Segnalazione de La scoperta del bambino, I (1950), p.332.
Maiorca (ediz. '74) lo menziona ma i volumi in biblioteca iniziano dal 1952;
2) S. VALITUTTI, Libertà e autorità nel pensiero di Maria Montessori, IV (1953), pp. 8\9.
Maiorca (ediz. '72) lo segnala nell' 1 (1953), ma al vol. 1 corrisponde il 1950 anno in cui comunque il riferimento non
c'è;
3) M. PIGNATARI, Il movimento Montessori in Italia, IV (1953), pp. 8\9.
Maiorca lo segnala nell' 1 (1953) della rivista, ma si tratta come sopra di un errore;
4) Tra le "Novità" librarie, IV (1953), n.4, figura: T. DE SANTIS, L'autoeducazione nella concezione della Montessori e
nella pratica della scuola, con prefaz. di G. L. Radice.
Maiorca non lo menziona;
5) Nella sezione "Libri", VIII (1958), n.1, p. 40, c'è: E. LIGUORI, Maria Montessori e l'educazione dell'infanzia.
Maiorca non lo menziona;
6) S. VALITUTTI, L'educazione e la pace nel pensiero di Maria Montessori, VIII (1957), n.6, p.240; Id., L'educazione
sociale nel pensiero di Maria Montessori.
Maiorca non lo mette;
7) Nella sezione "Libri", X (1959), n. 7-8, p.372, compare: L. VOLPICELLI, La scoperta del bambino.
Maiorca non lo mette;
8) Resoconto e programma del VI Congresso nazionale dell' "Opera Nazionale Montessori" su: Valore educativo e
sociale della scuola materna, XII (1961), n.7\8, p.322.
47
Vedi nota 2).
Maiorca non lo mette;
9) G. CIVES, Riflessioni su Maria Montessori, XXXVI (1985), n. 8, p.335.
Maiorca non lo segnala perchè la sua Bibliografia arriva al '76;
10) A. SCOCCHERA, Maria Montessori. Quasi un ritratto inedito (recens. G. Cives), 43 (1992), n.2, pp. 94\96.
Maiorca non lo mette, perchè l'ultima ediz. della bibliografia, come già detto, è del '76;
11) F. CAMBI, Maria Montessori e la politicità della pedagogia: una doppia frontiera, 43 (1992), n.8, pp. 321\327.
Per Maiorca vedi quanto sopra;
12) E. CATARSI, La maestra di Maria Montessori, 43 (1992), n. 11, pp. 473\480.
Maiorca: vedi sopra.
Maria Montessori: storia di una donna e di un metodo pedagogico. Dall’Italia al
mondo48
Premessa
Il ruolo centrale e “rivoluzionario” sotto tanti punti di vista di Maria Montessori, pedagogista italiana di
fama internazionale, è stato studiato ed evidenziato sotto molti aspetti, con ricerche in Italia e
all’estero. Sono state approfondite le conoscenze sul Metodo montessoriano e sulla sua valenza
pedagogica, sociale, culturale, nonché le basi medico - scientifiche della formazione della Montessori
e della sua pedagogia. Sono state osservate e studiate le sue Case dei Bambini e le sue educatrici insegnanti, i suoi rapporti con altri scienziati e pedagogisti contemporanei. Il presente contributo non si
propone certo di aggiungere nuove conoscenze al profilo già delineato della pedagogista e agli studi e
alle indagini scientifici già svolti o eventualmente in corso, ma intende ripercorrere le tappe del
pensiero e dell’opera della studiosa e della loro diffusione a livello internazionale. Con la convinzione
che questo tipo di contributo possa risultare utile, proprio oggi che i temi educativi e pedagogici e
quelli della centralità del bambino, della scuola e della formazione scolastica, nonché di quella
universitaria, tornano prepotenti alla ribalta e sono oggetto di riforme complessive. Perché in questo
panorama, il pensiero e l’opera della Montessori appaiono ancora attuali e ricchi di spunti di
riflessione49.
Introduzione
La pedagogia di Maria Montessori
Per sintetizzare il significato complessivo della pedagogia montessoriana nel panorama scientificoculturale dei suoi tempi, considerandone anche il successo fuori dai confini nazionali ed il valore fino
ai nostri giorni basterebbe forse parlare, usando l’espressione di Giacomo Cives, di una “pedagogista
complessa”50. A confermare e a far riflettere su questa complessità - come scrive Cives – due
48
Pubblicato in “RIVISTA della Scuola superiore dell’economia e delle finanze”, Anno II, numero 1 (gennaio 2005).
Per avere un’idea complessiva e generale, degli studi sulla pedagogista, basti consultare: Montessori. Bibliografia internazionale
(International Bibliography): 1896 – 2000, a cura di Clara Tornar (con cd-rom allegato), Roma, Edizioni Opera Nazionale Montessori, 2001.
Si tratta di un’accurata rassegna critica, che comprende oltre un secolo di letteratura Montessori, abbracciando un periodo che va dal primo
scritto del 1896 ai nostri giorni. Comprende 14 mila voci bibliografiche riferite a 55 diversi paesi distribuiti nei cinque continenti, a
documentare la straordinaria diffusione della pedagogia di Maria Montessori nel mondo. Un’indagine che consente di ricostruire l’evoluzione
del dibattito internazionale sull’attività e sul pensiero della pedagogista. Tra gli studi più recenti ricordiamo inoltre: G. Cives, Maria
Montessori: pedagogista complessa, Pisa, edizioni ETS, 2001; A. Matellicani, Maria Montessori alla “Sapienza” di Roma tra didattica e
ricerca: 1890/91 – 1917/18, tesi di laurea in Pedagogia generale, a. a. 2000-2001, Facoltà di Lettere e Filosofia, relatore: prof. Nicola Siciliani
de Cumis, correlatore: prof. Furio Pesci (la Matellicani ha svolto una preziosa e accurata ricerca rendendo noti documenti inediti relativi ai
corsi e agli esami che la Montessori frequenta e sostiene alla Facoltà di Scienze fisiche matematiche e naturali dell’Università di Roma, alla
Facoltà di Medicina e chirurgia e per il Corso di perfezionamento in polizia sanitaria) e M. Montessori, Il Metodo della Pedagogia Scientifica
applicato all’educazione infantile nelle Case dei Bambini, edizione critica a cura di Paola Trabalzini, Roma, Edizioni Opera Nazionale
Montessori, 2000; P. Trabalzini, Maria Montessori: da Il Metodo a La scoperta del bambino, Roma, Aracne editrice, 2003.
50
G. Cives, Maria Montessori: pedagogista complessa, Pisa, Edizioni Ets, 2001.
49
importanti e recenti iniziative dell’Opera Nazionale Montessori, realizzate dal suo Istituto Superiore di
Ricerca e Formazione, che «hanno messo in chiara evidenza la sua articolata, variegata incidenza
nello spazio e nel tempo in una dimensione che si svolge per la sua realizzazione in tutta la prima
metà del Novecento e per quello che riguarda la riflessione su di lei in un arco temporale che va dalla
fine dell’Ottocento ad oggi in un orizzonte internazionale che raggiunge ogni parte del mondo»51. Le
due iniziative sono l’edizione critica de Il Metodo della Pedagogia Scientifica di Maria Montessori52 e la
Bibliografia internazionale dal 1896 al 200053. Come opportunamente sottolinea Cives, l’edizione
critica de Il Metodo, mostra come il testo sia un’opera viva, legata all’esperienza in evoluzione
espressa in altre opere della studiosa e anche ne La scoperta del bambino, dove si fa riferimento alla
concezione della “mente assorbente”, uno dei concetti più avanzati della concezione montessoriana
dell’età evolutiva. Ma l’edizione critica de Il Metodo testimonia anche il susseguirsi di eventi storici
politici e culturali: dall’età liberale e giolittiana, con le prime rivendicazioni dei diritti del bambino e della
donna, all’inquietudine propria del periodo tra le due guerre, alle dittature, al fascismo per cui la
Montessori sarà costretta a lasciare l’Italia «per divenire nel nome della speranza del bambino
sostenitrice di una nuova cultura di pace»54, all’affermazione della democrazia «per cui la Montessori
si farà banditrice di un bambino nuovo e un uomo nuovo, inseriti in un mondo nuovo, oltre che di vera
pace, unito, di libertà e di giustizia»55.
Anche nella Bibliografia internazionale, a cui si faceva riferimento, emerge innanzi tutto «una profonda
fiducia nei poteri mortificati del bambino, da consentire di svolgersi contando sulla sua spinta
autoeducativa in un ambiente organizzato scientificamente ma insieme liberale e tollerante, contando
sulla capacità formativa della mente e del carattere del fare in primo luogo sensoriale e manuale
intelligente»56.
Ed è così che «il discorso sulla Montessori, snodandosi per oltre un secolo e nei più diversi paesi, non
è semplicemente ripetitivo ma coglie la sua lezione secondo la propria diversa sensibilità culturale e
storica, interpretandola a proprio modo, cogliendone gli accenti e gli sviluppi attraverso cui si è svolta
nel tempo, e riuscendo così sorprendentemente a saldare tra loro le analisi positive dell’Occidente con
quelle dell’Oriente. Ove, non si dimentichi, si è svolta una parte importante della elaborazione
pedagogica della Montessori, esattamente in India negli anni della guerra mondiale e dopo»57.
La crescita della considerazione della Montessori nella nostra pedagogia, secondo Cives, unita al
successo internazionale e alla accresciuta disponibilità per un’educazione non direttiva ma
emancipatrice del bambino, ha consentito all’Opera Nazionale Montessori di svolgere la sua attività
scientifica di divulgazione e di promozione e di realizzare quindi due imprese importanti come
l’edizione critica de Il Metodo e la Bibliografia Internazionale.
Così, la valorizzazione nuova dell’apporto montessoriano ha portato a queste due “imprese”, le quali a loro volta – hanno permesso e permettono ancora «di meglio intendere il denso spessore della
riflessione della Montessori. Il risultato è la conferma dell’accresciuta consapevolezza della stimolante
complessità della pedagogia montessoriana»58.
La nascita e la prima formazione59
Maria Montessori nasce a Chiaravalle, un piccolo paese in provincia di Ancona il 31 agosto 1870,
figlia unica di Renilde Stoppani e Alessandro Montessori. Nella sua formazione intellettuale la
figura della madre Renilde ebbe un posto di grande rilievo. La Stoppani proveniva infatti da una
G. Cives, cit. Introduzione. La complessità della Montessori, pp. 11 – 12.
Parliamo dell’edizione critica a cura di Trabalzini, cit., vedi nota 1.
53
Montessori. Bibliografia internazionale (International Bibliography): 1896 – 2000, cit.
54
G. Cives, cit. Introduzione, p. 13.
55
Ibìdem.
56
Ibìdem.
57
Ibìdem, pp. 13 – 14.
58
Ibìdem, p. 15.
59
Per la ricostruzione della vita, dell’opera e del pensiero di Maria Montessori ci siamo rifatti specialmente allo studio di Anna Matellicani,
Maria Montessori alla “Sapienza” di Roma tra didattica e ricerca: 1890/91 – 1917/18, tesi di laurea in Pedagogia generale, cit.
51
52
famiglia di proprietari terrieri, aveva convinzioni liberali e cattoliche e univa elementi della scienza
moderna ad una profonda fede religiosa. Una importante influenza sulla giovane pedagogista la
ebbe anche lo zio della madre Antonio Stoppani, letterato, sacerdote liberale e rosminiano. Il
padre, Alessandro Montessori, era bolognese, studioso di matematica e retorica, aveva
intrapreso la carriera statale. Maria fu così educata secondo regole severe, basate sulla disciplina
e sull’impegno; anche la madre era una donna di forte personalità. La severità e fermezza della
famiglia si mostrò anche di fronte alla scelte scolastiche della Montessori, inclusa quella non
approvata da entrambi i genitori di frequentare una scuola superiore di indirizzo matematico,
piuttosto che classico e poi quella successiva di iscriversi a una facoltà scientifica
tradizionalmente, a quei tempi, rivolta agli uomini.
L’epoca e gli studi svolti
Maria Montessori nacque dunque in quella fase storico - culturale in cui in Italia si era da poco
compiuta l'Unità (17 marzo 1861) ed il Paese attraversava un periodo estremamente importante
per l'affermazione e lo sviluppo delle nuove istituzioni democratiche e per il consolidamento della
vita nazionale. Il panorama economico, politico e sociale, come quello culturale - caratterizzato
dalla prima affermazione del Positivismo - in quegli anni era in continuo cambiamento.
È in questo clima che la famiglia Montessori, nel 1875, si trasferisce a Roma dove il padre di
Maria era stato chiamato ad occupare un posto di rilievo al ministero delle Finanze, e sarà qui che
crescerà e si formerà la giovane pedagogista.
Un anno dopo l’arrivo a Roma (1876-1881), essa cominciò a frequentare la scuola elementare di
via di San Nicolò da Tolentino e iniziò a pensare di iscriversi alla Regia Scuola Tecnica. Dovette
dunque superare l’ostilità dei genitori, che ritenevano più consoni per la figlia studi umanistici, per
entrare nel 1883 nella Regia Scuola Tecnica Michelangelo Buonarroti, da sempre ambiente
maschile. Fu senz’altro un’esperienza dura, ma nel 1886 ottenne il diploma e nello stesso anno
volle continuare gli studi di matematica e di scienze frequentando il Regio Istituto Tecnico
Leonardo da Vinci (equivalente all’odierno Liceo Scientifico) dove, nel 1890, conseguì la licenza
Fisico - matematica. Dopo lunga riflessione, la Montessori, decise quindi di studiare medicina60.
Anche in questo caso dovette combattere una battaglia sia all’interno della sua famiglia,
soprattutto con il padre, sia all'interno di un ambiente universitario precluso alle donne. Tant’è che
la Montessori, non potendosi iscrivere alla Facoltà di Medicina, nell’anno 1890-91, si iscrisse alla
Facoltà di Scienze fisiche matematiche e naturali dell’Università di Roma conseguendo nel 1892,
dopo il primo biennio, la licenza in Scienze naturali. Quindi chiese l’iscrizione a Medicina che le
venne accordata.
Negli anni dell’università seguì lezioni di Clinica psichiatrica con il professor Clodomiro Bonfigli, il
quale tenne pure un corso sul rapporto tra educazione infantile e pazzia, ricercando tra i fattori
sociali della follia la genesi delle lacune formative, che poi avrebbero influito sullo sviluppo del
carattere e sulla costruzione del senso morale. Seguì quindi Clinica pediatrica con il professor
Luigi Concetti. La Montessori si laureò infine il 10 luglio 1896 e com’è ormai parere concorde fu
una delle prime donne a laurearsi in Medicina e chirurgia.
Itard e Séguin
Già dall’anno precedente la laurea, a Parigi, nel reparto guidato da Bourneville, Montessori aveva
scoperto i lavori di Itard e Séguin. Nell'inverno del 1898 si recò a Londra dietro incarico
ministeriale per svolgere studi e ricerche sulle scuole per i fanciulli deficienti e tenne nel 1899, in
Italia, dei Corsi di Conferenze sulla psicologia e la pedagogia speciale per i fanciulli deficienti,
svolgendole nelle tre Scuole Normali di Roma. Ebbe così l'incarico dal Ministro e suo maestro
60
Probabilmente questa scelta, come racconta la sua discepola Anna Maria Maccheroni nel libro Come conobbi Maria Montessori, fu dovuta
a quella che Montessori definì una “chiamata misteriosa”.
Guido Baccelli di dirigere la Scuola Magistrale Ortofrenica, con l'aiuto di Giuseppe Montesano. La
Scuola fu inaugurata il 7 aprile 1900 e guidata da Montesano e dalla Montessori che vi insegnava
Igiene. In seguito venne aperto, in via dei Volsci, l'Istituto Medico - Pedagogico, che era
preordinato a ricevere i primi cinquanta bambini fino ad allora ricoverati nel manicomio romano.
L'inaugurazione dell'Istituto avvenne il 24 aprile 1900. In questi anni la Montessori, oltre al nuovo
incarico ottenuto presso l'Istituto Superiore Femminile di Magistero, continuò a dirigere per altri
due anni la Scuola Magistrale Ortofrenica dove formò i maestri di Roma impartendo loro metodi
speciali, appresi a Parigi e Londra, per l’addestramento e l’educazione dei bambini ritardati. Essa
stessa si dedicò in prima persona ad insegnare ai bambini senza mai fermarsi e acquisendo –
come disse - «il primo vero titolo in fatto di pedagogia». Le lezioni di quegli anni nella Scuola
Magistrale Ortofrenica furono raccolte in dispense e poi pubblicate come Riassunto delle lezioni
di didattica date in Roma nella Scuola Magistrale Ortofrenica l'anno 190061.
La Montessori si accosta dunque al mondo dei piccoli deficienti con un interesse scientifico e
morale, come racconta la Maccheroni, sua allieva e autrice di un biografia dal titolo: Come
conobbi Maria Montessori. Nel periodo in cui prestava servizio presso la clinica romana, la
pedagogista ebbe il primo incontro con i piccoli minorati. Nel cercare materiale utile per i suoi
studi sull’educazione dei bambini ritardati, studiò per la prima volta due libri fondamentali nella
sua formazione: il Traitement moral, hygiène et éducation des idiots, del medico francese
Edouard Séguin62, pubblicato nel 1846, che le fornì la base per il suo metodo educativo e lo
studio di Jean Marc Gaspard Itard: Des premiers développements du jeune sauvage de
l’Aveyron, che le indicò il metodo dell’osservazione attraverso la comunicazione narrativa,
efficace come nessun altro linguaggio, simbolico o scientifico che fosse. Dunque per la
Montessori non esisteva niente prima del bambino ed è nel bambino che si concentra la presenza
dei caratteri psichici naturali, nei quali doveva avere fondamento l’educazione. Da ciò prende le
mosse il suo metodo educativo63. L’importanza che la Montessori attribuiva al materiale
sensoriale, apparve come una chiave segreta, fondamentale per aprirle la porta ad una serie di
esperimenti didattici (efficacissimi) per la rieducazione degli anormali.
L’iscrizione a Filosofia
È nelle lezioni di didattica date in Roma nella Scuola Magistrale Ortofrenica, sopra ricordate, che
Montessori rivela come la questione dei bambini anormali sia contemporaneamente sia medica sia
pedagogica. La Montessori sosteneva l'importanza del maestro nell'educazione e gli riconosceva un
alto grado di responsabilità nella formazione del bambino e a tale scopo riteneva fondamentale che il
maestro conoscesse la psicologia, la psichiatria e la pedagogia. Il merito della studiosa è quindi
specialmente quello di aver per prima intuito che la deficienza del bambino è un fatto sociale e la sua
educazione è possibile con ambienti e materiali adeguati.
Dopo l'esperienza alla Scuola Magistrale Ortofrenica, Montessori decise di iscriversi alla Facoltà di
Filosofia dell'Università di Roma e venne immatricolata il 16 luglio 1903 al terzo anno di Filosofia.
Sappiamo che frequentò le lezioni - senza però sostenerne gli esami - di Filosofia teoretica, Storia
della filosofia e Filosofia morale. E in particolare seguì l'insegnamento di Filosofia teoretica col
professor Antonio Labriola, il quale – con Regio Decreto 7 luglio 1902 – fu trasferito dalla cattedra di
Filosofia morale e Pedagogia a quella di Filosofia teoretica dell’Università di Roma a partire dal 1
novembre 1902.
In una lettera di questi anni la Montessori esprime l'ingiustizia subita dalle istituzioni universitarie
riguardo alla sua domanda di professore straordinario, tenuta dal Ministro in sospeso proprio sino al
1904, quando poi riuscì ad ottenere finalmente la libera docenza in Antropologia nella Facoltà di
M. Montessori, Riassunto delle lezioni di didattica, Roma, Laboratorio Litografico Romano, 1900, poi inserito nell'Appendice presente in
L'Autoeducazione nelle scuole elementari, Roma, Milano, Garzanti, 2000 (I edizione 1916), pp. 639-675.
62
Eduard Séguin, nato nel 1812 e morto nel 1880, medico e iniziatore della pedagogia ortofrenica, è fautore della nascita di istituzioni
speciali per minorati mentali. Egli fu allievo e collaboratore di Itard giacché entrambi ritengono che per lo sviluppo delle idee e delle
sensazioni vi sia un’organizzazione neurologica da attivare.
63
M. Montessori, Il segreto dell’infanzia, Garzanti, 1950, pp. 190-191.
61
Scienze fisiche matematiche e naturali dell'Università di Roma. Era un periodo in cui la studiosa era
particolarmente sensibile: da pochi anni era nato suo figlio Mario ed ella soffriva per la storia
sentimentale definitivamente conclusa con Giuseppe Montesano; ma era anche stanca di continue
lotte per vedersi riconoscere il suo operato scientifico, pedagogico, culturale. La sua decisione di
iscriversi a Filosofia fu dovuta quasi certamente anche alla prospettiva di un avanzamento
accademico. Ciò è testimoniato dallo scritto del 1903: L'Antropologia Pedagogica64dedicato
all'Onorevole Luigi Credano, professore di Pedagogia all'Università di Roma.
La Scuola pedagogica e la nascita delle “Case dei bambini”
Nel dicembre 1904 fu istituito per legge il “Corso di perfezionamento per i licenziati delle scuole
normali” detto “Scuola pedagogica”, di cui era relatore il professor Credaro e che fu costruita sul
modello del Museo di istruzione ed educazione fondato da Antonio Labriola65. Nella "Scuola
pedagogica" oltre a Credaro insegnavano Sergi, De Sanctis e la Montessori, la quale dopo aver
conseguito la libera docenza universitaria in Antropologia, scrisse le Lezioni di antropologia
pedagogica. In questo scritto colpisce il richiamo della Montessori alla soggettività del bambino
per valorizzarne la specificità e l'evoluzione. L’antropologia pedagogica ha quindi il dovere di
studiare gli anormali, per aiutare i maestri nella loro attività educativa.
In questi stessi anni, le idee e i progetti educativi della Montessori cominciavano a prendere una
forma concreta e il 6 gennaio 1907 venne inaugurata la prima “Casa dei Bambini” a Roma nel
quartiere San Lorenzo, il "quartiere dei poveri". Montessori conobbe così personaggi di un certo
spessore sociale e tra gli altri Anna Maria Maccheroni con la quale collaborerà alla «Società
Umanitaria» e stabilirà rapporti che portarono all'apertura anche a Milano, nel 1908, della prima
“Casa dei Bambini”. L'eco di queste esperienze si estese presto in tutta Italia, contribuendo
all’incontro di personalità di una certa fama, come i baroni Leopoldo e Alice Franchetti. Questi
credevano nel progetto della studiosa marchigiana e nel 1909 la Montessori accolse l'invito a
trascorrere un periodo di tempo nella loro tenuta "La Montesca" a Città di Castello, perché
scrivesse un libro con le sue attente considerazioni sull'educazione dei bambini. Si deve proprio
ai baroni Franchetti la pubblicazione dell'opera in cui la pedagogista raccoglie e spiega le sue
osservazioni e gli esperimenti condotti sui bambini contenuti ne Il Metodo della Pedagogia
Scientifica66 e dedicato ai baroni suoi amici. In quegli anni il nome della Montessori si propagava
in Europa e negli Stati Uniti e nel 1913 venne inaugurato a Roma il primo Corso Internazionale
per la formazione degli insegnanti, per il quale si riunirono un centinaio di insegnanti ed educatori
di paesi diversi, tutti conquistati dalle teorie montessoriane. A questo seguirono altri Corsi,
nazionali ed internazionali, diretti sempre dalla Montessori che per i ricorrenti viaggi fu costretta
suo malgrado a interrompere l'insegnamento all'Istituto di Magistero di Roma.
Ne Il Metodo Maria Montessori esprime stupore verso i bambini minorati che in seguito a cure
loro rivolte potevano presentarsi agli esami di licenza primaria con bambini normali senza
rimanere inferiori nel confronto. Tali metodi andavano sempre più maturando man mano che si
approfondivano i suoi studi, che la porteranno a dar vita a un’opera educativa in grado di essere
positiva e creatrice di grandi valori umani. La questione della educabilità dei bambini anormali
continuava però a essere sottovalutata dalla legislazione, soprattutto quella relativa alla scuola e
bisognerà attendere il 1900 perché divenga una vera “questione sociale”. La Montessori aveva
avuto parole ironiche nei confronti di coloro che incolpavano la scuola di non essere capace di
M. Montessori, Lezioni di antropologia pedagogica, Regia Università di Roma, anno 1905-1906, Litografia Sabbadini. Su questo scritto non
reperibile, si veda M. Grazzini, Bibliografia Montessori, Brescia, La Scuola Editrice, 1966, p. 21.
65
Il Museo comprendeva una vasta documentazione relativa a indagini didattiche, alla legislazione scolastica e alla storia della pedagogia,
ma era anche sede di conferenze, illustrazioni didattiche, lezioni e corsi per i dirigenti scolastici e per insegnanti sull'ordinamento, i contenuti
e i metodi dell'insegnamento primario e secondario, con supporto di riferimenti applicativi e pratici. Con il nome di Museo Pedagogico verrà
poi ricostruito nel 1906 da Luigi Credaro che ne sarà direttore, succedendo al Labriola dal 1902 nell'insegnamento della Pedagogia alla
"Sapienza".
66
Vedi: M. Montessori, Il metodo della Pedagogia Scientifica applicato all’educazione infantile nelle Case dei Bambini, edizione critica a c. di
Paola Trabalzini, cit.
64
educare e di accogliere questi bambini svantaggiati e non perdeva occasione, soprattutto nelle
circostanze pubbliche, di ribadire e diffondere le sue idee a sostegno dell’educazione dei bambini
anormali. Nel 1902 a Napoli fu organizzato il secondo Congresso Pedagogico Nazionale dove
essa, a differenza del primo incontro nazionale del 1898 tenutosi a Torino, si preparò con una
relazione (che sarà pubblicata negli atti del Comitato Ordinatore del Congresso) sul tema: Norme
per una classificazione dei deficienti in rapporto ai metodi speciali di educazione67 nella quale
evidenziava la convinzione che ogni azione diretta a normalizzare o a mettere in movimento la
vita corporea si legittima pedagogicamente come stimolo al risveglio dello spirito, che ha un ruolo
decisivo negli stessi processi vitali dell’uomo in formazione.
“Case dei bambini” e Pedagogia scientifica
Maria Montessori manifestava con sempre maggiore attenzione il suo interesse particolare per la
dimensione sociale dell'educazione. Con l’inizio del nuovo secolo approfondiva infatti i suoi studi
nel campo dell'Antropologia pedagogica, continuava l’attività di libera docenza in Antropologia
all'Università di Roma e l’insegnamento all'Istituto Superiore Femminile di Magistero. Furono
proprio la pratica medica, l’insegnamento e l’attività educativa che contribuirono insieme ad
avviarla verso il progetto più grande della sua vita: le Case dei Bambini. Era il 1906, quando
Montessori - tornando da Milano dove era stata eletta nella giuria per l'assegnazione dei premi
all'Esposizione Internazionale, nella sezione della Pedagogia Scientifica e Psicologia
sperimentale – grazie a Edoardo Talamo, direttore generale dell'Istituto Romano dei Beni Stabili,
conobbe il progetto di creare una "scuola nella casa", una specie di asili infantili nelle case
popolari da realizzare nel quartiere di San Lorenzo.
Il quartiere era cominciato a nascere tra il 1884 e il 1888, all'epoca dell'imponente incremento
edilizio, ma poi i finanziamenti vennero meno e scoppiò l’inevitabile crisi che portò all'incompleta
costruzione della zona. Nel suo Discorso inaugurale per l'apertura della Casa dei Bambini
Montessori definisce San Lorenzo celebre, intanto perché il 7 aprile 1907 venne inaugurata la
“Casa dei Bambini”, di cui fu la studiosa ad assumere la direzione, potendo così sperimentare con
i bambini normali il metodo educativo applicato ai bambini anormali. L'istituzione della “Casa dei
Bambini” consentì quindi di favorire un'educazione ispirata ai principi razionali della pedagogia
scientifica, che si fondava sullo studio antropologico dell'allievo da educare e che doveva infatti
cercare di migliorare le nuove generazioni tenendo conto tanto del singolo individuo quanto
dell'ambiente sociale e familiare.
Il 18 ottobre 1908, come abbiamo già detto, s'inaugurava la prima “Casa dei Bambini” a Milano,
segno del successo dell’impegno concreto e continuo della pedagogista. Anche questa Casa
venne aperta nel quartiere operaio dell'Umanitaria e con tale esperienza si avviò quello che fu
definito “il moto rivoluzionario del bambino” che da lì a poco si sarebbe diffuso in tutti i paesi del
mondo.
Montessori iniziò dunque a lavorare per creare un materiale adatto allo scopo educativo delle
Case dei bambini: importanti erano infatti il materiale utilizzato, il metodo, la preparazione dei
maestri, l'ambiente e la disciplina. Questo metodo rivoluzionario fa emergere proprio il rapporto
tra il maestro e il bambino: il maestro deve infatti lasciare libero il bambino di agire secondo le sue
tendenze naturali, senza alcun vincolo fissato o programmato, giacché la sua posizione deve
essere quella di disporre i bambini per osservarli allo stato naturale.
La riforma educativa a cui la pedagogista aveva lavorato era ormai matura e con la pubblicazione
de Il Metodo della Pedagogia Scientifica applicato alle Case dei Bambini Maria Montessori aveva
raggiunto l'apice della fama68.
67
68
M. Montessori, Un metodo per la classificazione dei deficienti, in «Vita dell’Infanzia», a. XI, n. 9, settembre 1962, pp. 3-12.
Sul Metodo della Pedagogia scientifica, si veda l’edizione critica a cura di P. Trabalzini, cit.
La diffusione del Metodo nel mondo
A quest’opera – che fu ripubblicata nel 1950, per desiderio dell'Autrice, con il nuovo titolo La
scoperta del bambino - seguirà nel 1916, L'autoeducazione nelle scuole elementari69, che
rappresenterà la base del suo progetto di una riforma educativa per l'istruzione primaria.
L’interesse per l'educazione dei bambini non si fermò ai più piccoli, ma si estese all'istruzione
elementare. In questo periodo Il Metodo veniva tradotto in varie lingue e nel 1912 uscì la prima
traduzione in inglese. Nello stesso anno Montessori perse sua madre, Renilde Stoppani, proprio
mentre con le sue allieve preparava il primo Corso internazionale del Metodo montessoriano, che
si sarebbe svolto all’inizio dell’anno seguente. Intanto, Il Metodo si diffondeva anche in Germania,
Giappone e Australia. Venne poi inaugurata la prima “Casa dei Bambini” in Scozia, in Russia e in
Australia. Nel 1914 continuavano ad aprirsi nuove Case dei Bambini anche a Milano ed in varie
città italiane. Inoltre, venne organizzato sempre a Roma, il secondo Corso internazionale, al quale
presero parte ben 15 Paesi. Subito dopo uscì a New York un testo scritto in inglese dal titolo Dr
Montessori's Own Handbook, che venne tradotto in italiano solo nel 1921.
Furono questi anni fecondi di operosità e di iniziative per Montessori, ma furono anche gli anni
della prima guerra mondiale. Il 25 novembre 1915 la pedagogista perse il padre Alessandro, che
qualche mese prima aveva lasciato alle cure della sua amica e collaboratrice Anna Fedeli, per
partecipare con una classe all'Esposizione internazionale a San Francisco.
Due anni dopo, Maria Montessori, si recò per la prima volta in Olanda, ad Amsterdam, dove
venne aperta la prima “Casa dei Bambini” e dove incontrò il biologo Hugo De Vries, che aveva
osservato nelle specie animali e vegetali la presenza di particolari sensibilità. Dopo la morte di
entrambi i genitori, la studiosa non tornò in Italia, visse dapprima in Spagna a Barcellona, scelta
probabilmente dovuta a suo figlio Mario, il quale – dopo aver divorziato dalla moglie americana
sposata nel 1917 a soli 17 anni - aveva raggiunto sua madre in Spagna dove vissero per qualche
anno.
La diffusione ed il successo de Il Metodo portarono nel frattempo Maria Montessori a viaggiare
per il mondo, presa da impegni nazionali ed internazionali continui. E proprio mentre si stava
programmando un suo viaggio in Africa, il 6 maggio 1952, Maria Montessori morì a Noordwijk aan
Zee in Olanda, dove fu sepolta.
Il primo Congresso pedagogico nazionale
Maria Montessori, grazie alle molte iniziative e progetti scientifici riguardanti l’educazione dei
bambini deficienti, coinvolse i suoi contemporanei in una riflessione nuova dettata anche dai
sentimenti e dal forte coinvolgimento umano e personale. La prima occasione venne nel 1897
quando a Torino si svolse il primo Congresso Nazionale di Medicina, al quale partecipò
denunciando le responsabilità della società nei confronti della delinquenza minorile,
responsabilità che la studiosa individuava nella mancanza di cure e assistenza.
Solo un anno dopo, sempre nella città di Torino, Montessori ebbe l’opportunità pubblica di
"mettere in piazza" il problema della degenerazione e lo fece proprio in occasione del primo
Congresso Pedagogico nazionale, tenutosi tra l’8 e il 15 settembre 1898. Intervenne infatti come
rappresentante della scienza medica accusando i pedagogisti della loro chiusura riguardo la
questione, ormai sociale, dei degenerati. Durante il Congresso mise anche in evidenza lo stato in
cui questi bambini degenerati erano costretti a vivere perché disconosciuti dalla società. Il
discorso pronunciato dalla Montessori ebbe molto successo, tant’è che la sua proposta di
introdurre le classi aggiunte e di dare ai bambini minorati un’educazione speciale fu accolta da
tutti i partecipanti. Essa chiedeva una scuola aperta, perché una scuola chiusa che rifiutava i
bambini disprezzati e trascurati dalla società era una scuola malata che poteva procedere solo
69
M. Montessori, L'autoeducazione nelle scuole elementari, Milano, Garzanti, 2000 (I edizione 1916; I edizione Garzanti 1962).
verso l’incivilizzazione. In quella occasione Montessori affermò con insistenza la necessità di un
corpo insegnante preparato, che avesse una formazione a livello scientifico capace di seguire lo
sviluppo psichico e morale dei bambini ritardati. Lo stesso anno del Congresso Pedagogico di
Torino, la pedagogista pubblicò un saggio dal titolo Miserie sociali e nuovi ritrovati della scienza70,
nel quale riassumeva il suo pensiero circa la possibilità di educare i deficienti, così come avveniva
in altri paesi europei, e lo faceva riproponendo con fermezza l’esigenza di istituire degli Istituti
speciali in cui doveva esserci una forte collaborazione tra il medico e il maestro. La studiosa
partiva proprio dalla necessità da parte dei governi di istituire scuole speciali adatte a realizzare
interventi didattici individualizzati. Creare queste scuole, ove accogliere ed educare bambini
deficienti, comportava per lo Stato una forte spesa, ma la questione dei frenastenici era ritenuta
da Maria Montessori questione sociale primaria, per cui lo Stato doveva a suo avviso farsene
carico. Essa proponeva anche le “classi aggiunte”, da istituire in ogni scuola elementare accanto
alle classi normali e lo Stato riteneva questa via più percorribile rispetto agli Istituti medico
pedagogici. Le "classi aggiunte" presentavano infatti aspetti positivi sia per i bambini sia per i
maestri e se in una classe comune vi erano tre o quattro bambini che restavano indietro rispetto
agli altri, il maestro non doveva ripetere la lezione solo per loro, ma poteva inviarli nella "classe
aggiunta". Pochi anni dopo Maria Montessori sperimenterà personalmente i risultati che potevano
raggiungere i bambini handicappati se trattati con specifici metodi. Ne La scoperta del bambino
ricorda come era riuscita a far leggere e scrivere correttamente alcuni bambini deficienti del
manicomio, i quali poi poterono presentarsi a un esame nelle scuole pubbliche insieme ai bambini
normali e superarne la prova.
Ma in questi anni, Montessori, era ben abituata a essere oggetto sia di contestazioni sia di
approvazione e i giornali parlavano continuamente di lei contribuendo, nel bene e nel male, a
darle notorietà. La decisione di inviarla al Congresso di Londra del 1899 fu anche il frutto della
risonanza che il suo lavoro cominciava ad avere, in particolar modo all'interno del mondo della
scuola, tanto che un giornale, "Italia Femminile", presentava questa sua designazione scrivendo:
«essa difenderà al congresso la causa delle maestre elementari e specialmente delle maestre
rurali che, abbandonate nella campagna, languiscono nella miseria dello stomaco e dell'intelletto,
in preda alle angherie ed alle seduzioni»71.
70
M. Montessori, Miserie sociali e nuovi ritrovati della scienza, in «Il Risveglio educativo», a. XV, n. 17, 10 dicembre 1898, pp. 130-132 e n.
18, 17 dicembre 1898, pp. 147-148; ripubblicato in «Vita dell’Infanzia», a. XLIV, n. 4, aprile 1995, pp. 4-9.
71
Movimento femminile, in «Italia Femminile», a. I, n. 24, 25 giugno 1899, p. 187. «Italia Femminile » (Milano 1899-1904), giornale istituito
da Emilia Mariani e per un anno diretto da Rina Faccio Pierangeli (nota con lo pseudonimo di Sibilla Aleramo).
Per i riferimenti bibliografici si veda anche:
Opere di Maria Montessori
- L’Autoeducazione nelle scuole elementari. Continuazione del volume: Il Metodo della Pedagogia scientifica applicata
all’educazione infantile nelle Case dei Bambini – ripubblicato nel 1950, per desiderio dell’Autrice, col nuovo titolo “La
scoperta del bambino”, Milano, Garzanti, 1992;
- Il bambino in famiglia, Milano, Garzanti, 1991;
- Come educare il potenziale umano, Milano, Garzanti, 1992;
- Educazione e pace, Milano, Garzanti, 1970;
- La Formazione dell’uomo, Milano, Garzanti, 1993;
- Dall’Infanzia all’adolescenza, Milano, Garzanti, 1994;
- La Mente del bambino: Mente assorbente, Milano, Garzanti, 1992;
- Psicoaritmetica. L’aritemtica sviluppata secondo le indicazioni della psicologia infantile durante venticinque anni di
esperienze, Prefazione di Maria Montessori, Milano, Garzanti, 1994;
- Il segreto dell’infanzia, Milano, Garzanti, 1992;
- Il metodo della Pedagogia Scientifica applicato all’educazione infantile nelle Case dei Bambini.
Altri testi consultati e citati in questo articolo
- G. Cives, Maria Montessori: pedagogista complessa, Pisa, edizioni ETS, 2001;
- A. Matellicani, Maria Montessori alla “Sapienza” di Roma tra didattica e ricerca: 1890/91 – 1917/18, tesi di laurea in
Pedagogia generale, a . a. 2000-2001, facoltà di Lettere e Filosofia, relatore: prof. Nicola Siciliani de Cumis, correlatore: prof.
Furio Pesci
- Montessori. Bibliografia internazionale (International Bivliography): 1896 – 2000, a cura di Clara Tornar (con cd-rom
allegato), Roma, Edizioni Opera Nazionale Montessori, 2001
Montessori e Labriola: un incontro possibile72
Maria Montessori (1870-1952) e Antonio Labriola (1843 – 1904): quale possibile incontro storico e
formativo tra due studiosi e due personalità diverse e distinte? Pure se fugacemente e
involontariamente Labriola e Montessori si troveranno negli anni brevi in cui la pedagogista si
iscriverà a Filosofia e frequenterà le lezioni di Labriola senza poi conseguire la laurea. In questo
“contatto” che senz’altro presenta il carattere dell’occasionalità abbiamo voluto indagare alla ricerca
di una possibile interazione, di eventuali legami, influenze e distanze o anche solamente per
descrivere i fatti da cui nessuna relazione professionale e teoretica o reciproca influenza sarebbe
scaturita.
In un nostro scritto precedente73 abbiamo esaminato un contesto istituzionale come la biblioteca di
Villa Mirafiori della Facoltà di lettere e filosofia della “Sapienza”, ambito significativo per la fortuna di
Maria Montessori, già per le sue tradizioni filosofiche e scientifico-educative peculiari. Pensiamo per
esempio ai docenti di Pedagogia di Villa Mirafiori che, a partire proprio da Antonio Labriola, si sono
susseguiti in questo ruolo dedicando poi più e meno direttamente ed esplicitamente una attenzione
specifica alla Montessori anche al di là della loro attività didattica.
È nostro interesse in questa sede verificare possibili e perfino presupposte vicinanze di pensiero e
anche solo contingenti tra Labriola e Montessori, magari involontarie, partendo dal primo e
affiancandogli per ipotesi e magari suggestioni la pedagogista marchigiana.
Più complicata risulterebbe invece una disamina accurata degli scritti e del pensiero pedagogico di
Antonio Labriola74, esame dal quale certo non possiamo prescindere, per ‘mettere in controluc per
così dire gli Scritti pedagogici e individuare punti eventuali di contatto (anche nel disaccordo) con la
Montessori degli stessi anni. Anche se questo tipo di analisi si presenta un po’ come forzatura,
consapevole però e volontaria.
La Scuola Pedagogica della Facoltà di Lettere e Filosofia e Maria Montessori
Sappiamo che la cattedra di Pedagogia nella facoltà di Filosofia della Sapienza a Roma fu
assegnata nel 1874 al Labriola, il quale nel 1902 lasciò il posto a Luigi Credaro75. Proprio per
iniziativa e con la direzione di quest’ultimo dalla stessa facoltà di Lettere e Filosofia fu istituita
anche una “scuola pedagogica”. Si trattava di un corso di perfezionamento per i licenziati delle
- P. Trabalzini, Maria Montessori: da Il Metodo a La scoperta del bambino, Roma, Aracne editrice, 2003.
Sull’Opera Nazionale Montessori e la sua rivista
Importanti approfondimenti si possono trarre dal sito dell’Opera Nazionale Montessori (www.montessori.it) dove si trovano informazioni utili
sull’attività dell’Opera, sulla Montessori e il suo Metodo, sulle scuole Montessori in Italia e nel mondo, sull’editoria: la rivista “Vita
dell’infanzia” e le pubblicazioni su Maria Montessori a cura dell’ONM.
Ricordiamo solo che L’Opera Nazionale Montessori, con sede a Roma, è erede e titolare di una definita tradizione educativa e pedagogica di
carattere scientifico e si configura come organizzazione nazionale di ricerca e sperimentazione, di formazione e aggiornamento, di
assistenza e consulenza, di promozione e diffusione con riferimento ai principi ideali, scientifici e metodologici montessoriani. Organo del
Movimento Montessoriano Italiano e organo scientifico dell’ONM è la rivista “Vita dell'Infanzia". Voluta e ispirata da Maria Montessori, dopo il
suo rientro in Patria, si è distinta nella seconda metà di questo secolo per il suo elevato contributo scientifico e culturale nel dibattito
educativo, pedagogico e scolastico del nostro Paese.
72
Pubblicato la prima volta nel catalogo della mostra Antonio Labriola e la sua università. Il gusto della filosofia. Mostra documentaria per i
settecento anni dell’Università di Roma “La Sapienza” 1303-2003 ad un secolo dalla morte di Antonio Labriola 1904 – 2004, Roma, Aracne
editore, 2005, pp. 217 – 223.
73
G. Recchia, Maria Montesssori nella biblioteca della facoltà di Filosofia dell’università degli studi di Roma “La sapienza”: bibliografia critica
e indicazioni metodologiche, in “I problemi della pedagogia”, 1-3 (1997), pp. 173-194. Lo scritto è riportato all’inizio di questa raccolta, vedi
nota 1.
74
Si veda: Scritti pedagogici di Antonio Labriola, a cura di Nicola Siciliani de Cumis, Torino, Utet, 1981 e in particolare l’Introduzione, pp. 1172.
75
Si veda lo studio di Giacomo Cives: La “scuola” di pedagogia della Facoltà di Lettere e Filosofia della “Sapienza” a Roma. Da Labriola a
Credano; Da Credano a Visalberghi, in “Scuola e città”, 45 (1994), n. 12, p. 513 e 46 (1995), n. 1, p. 3.
scuole normali dove, oltre Credaro, insegnarono l’antropologo e psicologo Giuseppe Sergi, Sante
De Sanctis, Gentile e la stessa Montessori all’inizio della sua carriera. “L’interesse per la
formazine dei maestri – scrive Paola Trabalzini –, costante nella studiosa, ritorna anche
nell’insegnamento di antropologia pedagogica che le viene affidato nel 1906 dal consiglio direttivo
della Scuola Pedagogica di Roma, in seguito al parere favorevole di Sergi. La ‘scuola pedagogica’
di Roma, istituita presso la facoltà di lettere e filosofia, raccoglieva alcuni tra i più autorevoli
professori del tempo con i quali Montessori aveva già collaborato come De Sanctis e Credaro”. 76
Nel 1902, anno in cui come si è detto la cattedra di Pedagogia passò da Labriola a Credaro,
Montessori “una volta lasciata la Scuola Magistrale Ortofrenica si iscrive alla facoltà di filosofia
dell’università di Roma. La studiosa viene ammessa ‘in via eccezional dal ministro della pubblica
istruzione Nasi al terzo anno del corso di laurea in filosofia. Montessori stessa chiede al preside
della facoltà, che invia la domanda al ministro, di essere ammessa a sostenere la tesi di laurea in
filosofia dopo aver sostenuto solo gli esami nelle materie filosofiche; come equipollenti agli altri
esami consigliati dalla facoltà chiede che le siano riconosciuti i titoli da lei già posseduti, data
soprattutto l’intenzione di ‘dedicarsi alla Pedagogia e scegliere in questa materia la tesi di laurea’.
Il ministro, considerati i titoli e appurato il parere favorevole del consiglio di facoltà, consente che
la studiosa venga ‘ammessa al 3° anno del corso di laurea in filosofia con dispensa dell’esame di
letteratura italiana’. Montessori frequenta, senza sostenere gli esami, le lezioni di Labriola,
Barzellotti e Ragnisco77, oltre che i corsi di psicologia con De Sanctis e pedagogia con Credaro,
non conseguendo però la laurea in filosofia. Avanziamo l’ipotesi che gli incarichi universitari
assunti e il successivo impegno nell’esperimento della Casa dei Bambini, abbiano condotto la
studiosa a porre in secondo piano il conseguimento della laurea in filosofia”.78
Ma su questo percorso universitario di Maria Montessori, dopo la laurea in Medicina, un percorso
che incontra la persona e il nome di Antonio Labriola intendiamo ancora soffermarci, indagando
nel fascicolo personale di Maria Montessori, menzionato anche dalla Trabalzini79. Anna
Matellicani nella sua tesi di laurea80 svolge una preziosa e accurata ricerca rendendo noti
documenti inediti relativi ai corsi e agli esami che la Montessori frequenta e sostiene alla Facoltà
di Scienze fisiche matematiche e naturali dell’Università di Roma, alla Facoltà di Medicina e
chirurgia e per il Corso di perfezionamento in polizia sanitaria. La Matellicani documenta anche le
lezioni frequentate alla facoltà di Filosofia dal 1902-1904 i soli due anni in cui si trovino
documentazioni riguardanti gli eventuali esami sostenuti o l’eventuale ottenimento della laurea in
Filosofia da parte della Montessori. “L’unica cosa che dalla nostra ricerca è emersa riguardo alla
Facoltà di Filosofia - scrive Matellicani nell’Introduzione alla sua tesi81 - è stata la frequenza dei
corsi di Filosofia teoretica, Storia della filosofia, Filosofia morale, Pedagogia, Psicologia e altre
discipline, impartite da docenti come Antonio Labriola, Luigi Credano, Sante De Sanctis ed altri;
personaggi con i quali la pedagogista fu anche legata da rapporti professionali”. Nell’Appendice al
suo lavoro, Anna Matellicani, inserisce copia dei documenti che attestano gli esami sostenuti e
superati dalla “studentessa” Montessori, considerando anche per ogni esame il probabile
programma seguito e i testi sui quali avrebbe studiato.
Il rilancio dell’università di Roma dopo Porta Pia e quindi il passaggio dalla capitale dello Stato
pontificio a quella del Regno porta a un’importante trasformazione degli studi per la sede
romana.82 “Ebbene, per l’apertura all’innovazione e al futuro - scrive Cives - non poteva essere
più incisiva la nomina nel 1874 a professore di ruolo di filosofia morale e pedagogia nella Facoltà
di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma di Antonio Labriola (Cassino 1843 – Roma 1904),
76
P. Trabalzini, Maria Montessori: da Il Metodo a La scoperta del bambino, Roma, Aracne editrice, 2003, p. 68 e n. 133.
Come spiega Trabalzini, cit., p. 59 n. 108, si trattava dei docenti di filosofia teoretica, storia della filosofia e filosofia morale.
P. Trabalzini, cit, p. 59 e sgg.
79
Fascicolo personale di Maria Montessori, posizione RS 212, vedi Paola Trabalzini, cit, n. 107.
80
A. Matellicani, Maria Montessori alla “Sapienza” di Roma tra didattica e ricerca: 1890/91 – 1917/18, tesi di laurea in Pedagogia generale, a
. a. 2000-2001, facoltà di Letere e Filosofia, relatore: prof. Nicola Siciliani de Cumis, correlatore: prof. Furio Pesci.
81
A. Matellicani, cit., p. XXIX.
82
Su questo aspetto si sofferma Giacomo Cives, La “scuola” di pedagogia (…),cit., in “Scuola e città”, 45 (1994), n. 12, p. 514.
77
78
risultato tormentato vincitore, con delibera del Consiglio Superiore della PI (cfr. al riguardo
LABRIOLA, 1981, pp. 619-646)” 83. “Labriola – prosegue Cives – seguiterà a insegnare filosofia
morale e pedagogia alla “Sapienza”, sarà qui anche incaricato di filosofia della storia dal 1887 al
1903, e si trasferirà alla cattedra di filosofia teoretica nel 1902”84. Labriola fu dunque giornalista e
filosofo, scrive ancora Cives, “moralista e studioso politico, ma dunque soprattutto educatore: in
aggiunta a quel che si è detto va ricordata la forza di stimolo e suggestione delle sue «scapigliate
ma geniali lezioni»”85. Esplicita l’ispirazine herbartiana in Labriola secondo cui “La pedagogia è
una scienza essenzialmente filosofica e pratica, la quale assume certi concetti direttivi e si
propone di applicarli. Essa ha per iscopo l’educazione, e piglia i criteri filosofici dalla psicologia e
dall’etica (…)”. E ancora “Il punto centrale della pedagogia è nel metodo, e questo ha il processo
della mente che impara. Il metodo intuitivo e oggettivo si dice che sia il trionfo della pedagogia
moderna (…). La metodica naturale diventa il fondamento della pedagogia. Essendo la
pedagogia una scienza filosofica da tradursi in pratica, il maestro sarà docile ai portati della
scienza per saperli adattare all’insegnamento”86. Ma Labriola aveva anche aggiunto: “La scuola
popolare obbligatoria è una questione sociale, è un problema di politica pratica”87. Una questione
che affronterà anche nella conferenza del 1888 Della scuola popolare a riconferma del legame da
lui sempre prospettato tra scuola e società.
In questa università, in questa impostazione filosofico-culturale ed educativa, si inserisce la
Montessori, la quale quasi certamente decise di iscriversi a Filosofia per approfondire lo studio
dell’infanzia anche in seguito all’istituzione della psicologia empirica sostenuta da Antonio
Labriola nelle sue lezioni di pedagogia. Ottenuta quindi, come abbiamo visto, l’iscrizione al 3°
anno di Filosofia frequentò – lo ribadiamo – senza sostenere esami i corsi di Filosofia teoretica
(del prof. Labriola) Storia della filosofia (prof. Giacomo Barzellotti ) Filosofia morale (prof. Pietro
Ragnisco). Le lezioni scelte dalla pedagogista le consentivano un approfondimento di tematiche a
lei già note. “Il Barzellotti – spiega Matellicani – come il Labriola nelle loro lezioni di Storia della
filosofia e Filosofia teoretica, consideravano in particolare il ruolo della psicologia empirica e della
ricerca scientifica. In quegli anni, infatti, Labriola nelle sue lezioni ‘scapigliate ma geniali’, non solo
mostrava un interesse per la psicologia sperimentale, ma esortava gli studenti a prendere parte
attiva alla discussione in aula, e non mancava di far intendere la sua percettibilità democratica e
progressista su temi che riguardavano l’analfabetismo e il bisogno di una scuola poplare. Inoltre è
da sottolineare l’attenzione del Labriola alla pedagogia di Herbart che aveva per lui il merito di
suggerire una costruzione scientifica del sapere educativo. Herbart veniva considerato dai
pedagogisti italiani, tra cui anche Credaro, come l’iniziatore della pedagogia positiva, disciplina
autonoma lontana dalla filosofia”88. Alle lezioni di filosofia la Montessori visse dunque una
condizione un’atmosfera culturale più aperta e assai diversa da quella della facoltà di Medicina89.
È probabile, tra l’altro, che la scelta di iscriversi a Filosofia fosse maturata in seguito all’impegno
assunto nella Scuola Magistrale Ortofrenica, inaugurata nel marzo 1900. Qui la Montessori svolse
una decina di lezioni di Antropologia e si occupò della classe di tirocinio annessa alla Scuola. Un
incarico che testimonia anche un lento distacco dalla psichiatria per l’antropologia, insegnamento
a cui si dedicava già all’Istituto Superiore di Magistero Femminile90. È dunque ipotizzabile che
l’iscrizione a Filosofia si legasse anche alla prospettiva di un avanzamento accademico, come
testimonia la sua Antropologia pedagogica del 190391 dedicata all’Onorevole Luigi Credaro
professore di pedagogia nell’Università di Roma che la incaricò di tenere una conferenza agli
studenti di Filosofia sul tema dell’Antropologia pedagogica.
83
Ivi, pp. 514-515.
Ivi, Labriola, studioso preparato e anticonformista, p. 515.
85
Ivi, Lezioni geniali e antideologiche, p. 518.
86
Scritti pedagogici di Antonio Labriola, cit., p. 554-555.
87
Ivi, p. 537.
88
Anna Matellicani, Maria Montessori alla “Sapienza” di Roma, cit., pp. 144 – 145.
89
Ivi, p. 146.
90
Ivi, pp. 437-438.
91
M. Montessori, L’Antropologia pedagogica. Conferenza tenuta agli studenti di Filosofia dell’Università di Roma. Milano, Vallardi, 1903.
84
Le lezioni del professor Labriola
Come bene ha documentato e ricostruito Anna Matellicani92, Maria Montessori frequentò le lezioni
di Filosofia teoretica presso la Scuola n. 5 il lunedì, martedì, mercoledì e venerdì dalle 16 alle 17.
Labriola, ordinario di Filosofia teoretica, era anche incaricato di Filosofia della storia nella stessa
Facoltà e per le conferenze di Filosofia teoretica nella Scuola di Magistero in Filosofia e Lettere.
“La scelta da parte della Montessori di frequentare le lezioni del professor Labriola,
probabilmente, nasceva dai suoi interessi per una pedagogia non dogmatica, aperta alla storia,
alla società, alla scienza tendenzialmente diretta allo sviluppo civile e all’innovazione culturale. La
Montessori, probabilmente, ammirava in Labriola (uomo polemico, censorio, pronto alla battuta
tagliente) questa illimitata dedizione al dovere accademico. Il carattere aspro, lo stile sarcastico
del filosofo erano rinomati presso i suoi stessi contemporanei e ancora nei suoi libri, articoli e
lettere. La giovane dottoressa era affascinata da quel suo essere stato così profusamente
dibattuto. Presumibilmente Maria Montessori conosceva già alcuni libri e sicuramente aveva
sentito parlare di quel tanto disputato discorso pronunciato in occasione dell’inaugurazione
dell’anno accademico 1895-96 su L’Università e la libertà della scienza”93.
“Il Labriola rappresentava un modello di quotidiana e assidua operosità, sia verso i colleghi sia
verso gli studenti. Prova di ciò si manifestò quando nel 1900-1901 fu costretto a interrompere le
sue lezioni orali a causa dell’aggravarsi di un cancro laringeo; ma nonostante tutto egli continuò a
tenere le sue lezioni anche nell’anno accademico 1902-1903, con l’aiuto di appunti letti da uno
scolaro. In quell’anno svolse un corso sui rapporti fra storia, sociologia, filosofia della storia e
materialismo storico; ma dopo un secondo intervento chirurgico alla gola, si spense il 2 febbraio
1904. Nelle sue lezioni svolte alla Facoltà di Filosofia, il Labriola spiegava il suo punto di vista
riguardo la storia, la sociologia, la filosofia della storia e il materialismo storico”94.
“Per quanto riguardava i corsi di pedagogia, la sua prefazione era sempre caratterizzata da due
punti peculiari: il primo punto si basava sull’educazione che doveva rivolgersi sempre al futuro
uomo che è nell’educando, utilizzando mezzi che sono atti a sviluppare in lui il pieno esercizio
della libertà; il secondo punto stabiliva che tale educazione non doveva prescindere dalle
differenze di classe e dal particolare sviluppo delle attitudini, poiché queste devono liberamente
svilupparsi da certe inclinazioni. Egli manifestava nelle sue lezioni di avere tanta fede nell’arte
‘insegnativa’; la sua opera filosofica era legata alla sua opera pedagogica, in quanto alla scuola
egli comunicò sempre gl’intimi travagli dell’animo suo. L’interno dialogo del filosofo diventava
nella scuola e per la scuola il discorso, l’insegnamento del maestro. 95 Sembrerebbe facile
supporre che nelle sue lezioni svolgesse quei temi che, in forma più coincisa, divennero oggetto
delle sue opere e che agitasse il problema della libertà morale, che trattasse dei rapporti tra
morale e religione e che tentasse una costruzione scientifica dell’etica prendendo a guida
l’Herbart e gli herbartiani, Strümpell, Hartenstein, Tepe, Thilo e altri. Fu proprio sotto
l’influsso diretto di quei due grandi sistemi, forgianti la cosiddetta filosofia classica, che si venne a
formare l’educazione del Labriola; questi due sistemi, cioè quello di Herbart e di Hegel, portarono
al materialismo storico di Karl Marx e alla psicologia empirica che entro certi limiti divenne anche
sperimentale, comparata, storica e sociale”96.
Dunque, Labriola fu studioso, giornalista e filosofo, politico, ma soprattutto fu educatore e nelle
sue lezioni sostenne sempre la libertà accademica impegnandosi nel risveglio delle coscienze
anche attraverso le sue conferenze e gli incontri ai maestri e agli operai.
“La Montessori conobbe questo Labriola tramite i testi da lui scritti e i giornali; poiché già nel
corso dell’anno 1902-1903 il Labriola non era più lo stesso, consumato a poco a poco dalla
92
Anna Matellicani, Maria Montessori alla “Sapienza” di Roma, cit., pp. 439 e sgg.
Ivi, p. 441.
Ivi, p. 442.
95
Ivi, pp. 444-446.
96
Ivi, pp. 445-446.
93
94
malattia”97.
La pedagogia di Labriola e la pedagogia di Montessori: alcuni spunti a confronto
Così, il Labriola docente di Morale e di Pedagogia per circa un trentennio all’Università di Roma
“(…) non fa mistero della sua propensione a ritenere non distinguibili, relativamente agli ‘sviluppi’
e al ‘risultato’ della propria attività scientifica e professionale, il piano ‘filosofico’ da quello ‘eticopolitico’: ed entrambi i piani da quello ‘educativo’, ‘formativo’, sia in senso stretto, sia nel
significato più articolato e largo delle parole”98. Quello etico-pedagogico fu un po’ il leit-motiv,
come dice Siciliani, il filo conduttore della riflessione teorica e dell’impegno culturale politico e
didattico di Labriola. D’altro canto, “ogni rapporto” era per Labriola “socialmente scuola” e tutto
risultava per lui “scuola” “allo stesso modo in cui tutto era politica”99. Ma innanzi tutto, secondo
Labriola, «”il complessivo atteggiamento umano” deve essere inteso come una “formazione”, cioè
come un processo di strutturazione variabile nel tempo; e la pratica educativa, “in senso ampio,
come processo di costituzione umana”, ovvero “formazione” e “autoformazione”, consente non
solo il confronto attivo con le “cose”, ma anche la critica e il ridimensionamento di ogni filosofia, di
ogni morale o pedagogia “intesa come attuazione di un’astratta regola o norma valida per ogni
tempo e luogo: il che significa pure l’eliminazione, o quanto meno il controllo, di “ogni spontaneità
di realizzazione umana che prescinde dalle condizioni storiche in cui opera”»100.
L’ambito dell’educazione, in Labriola, “finisce con l’estendersi metodologicamente ad un
‘concetto’ (ad un ‘fin), che sarà il più comprensivo possibile, in quanto attinge all’universalità
dell’umano, per ciò stesso trascendendo il ‘particolar, sicché ora subisce ora riesce ad
esorcizzare le estreme conseguenze della propria non irreversibile formalizzazione”101. Per
questo, riguardo a Socrate102, Labriola ritiene di ricostruirne prima “l’immagine” nella sua funzione
di educatore e che l’attività speculativa è solo un “momento” (una disposizione “tecnica”) “del
complessivo atteggiamento mentale e morale di Socrate. Il quale è volto soprattutto a sollecitare,
ad aiutare da buon ‘maestro’, e dunque mediante lo stesso rigore delle proprie enunciazioni
concettuali, la ‘formazione buona’ della coscienza dei suoi concittadini”103. Poiché come Socrate
insegna “sapere è potere”, Labriola non può che combattere contro l’analfabetismo del suo Paese
dove “(…) si spendono circa 128 milioni per armarsi, se ne spendono soli 15 per istruirsi:
proporzione molto più forte di tutte le altre in Europa”104.
Il senso di una “filosofia dell’educazione” diventa sempre più quello di un progetto di adesione alla
“cose”, “che sia insieme ‘parte del monso’, e tuttavia capace di rimettere in discussione ‘se
stessa’, oltre che il ‘mondo’ com’è. Ed anzitutto, quindi, il ‘mondo della scuola’ e il suo ‘pessimo
stato’. Il che vale per uomini e cose”105.
Ma l’azione educativa, secondo Labriola, non comincia mai “ab origine”, “dato che ‘ha innanzi a
sé l’animo dell’educando che è già in una certa misura preformato…, così per rispetto
all’esperienza delle cose circostanti, come per rispetto alla partecipazione simpatetica per quella
fra esse che sien capaci di muovere il sentimento’ ”106.
Infine, “Al di là della ‘teoria’ pedagogica, al di là della stessa ‘art dell’educatore – la quale è
tuttavia come privilegiata sulla prima, giacché ‘non è la pedagogia ma sì il pedagogo che educa’ –
ciò che più conta per Labriola è la ‘direzion dell’insegnare, e cioè il ‘fin etico-politico che ogni
insegnamento (non solo della storia) comporta. E ciò anche indipendentemente dai ‘modi’ e dalle
97
Ivi, p. 446.
Scritti pedagogici di Antonio Labriola, cit., Introduzione, p. 13, e nota 2.
Ivi, p. 14.
100
Ivi, p. 22.
101
Ivi, p. 28.
102
A. Labriola, La dottrina di Socrate secondo Senofonte, Platone ed Aristotele, in Il Socrate ed altri scritti: 1870-1882, in Scritti pedagogici di
Antonio Labriola, cit, pp. 87 sgg.
103
Scritti pedagogici di Antonio Labriola, cit., p. 28.
104
Ivi, p. 42.
105
Ivi, pp. 43-44.
106
Ivi, p. 56.
98
99
‘tecniche didattiche. ‘Insomma, le forme che più propriamente diconsi metodi, ossia, l’indicare, il
mostrare, l’ammaestrare, il catechizzare, e poscia il dar la spinta al dialogo per via
dell’interrogazione, e il convertir questa in istimolo di ricerca, in quanto mezzi diversi che vogliono
esser subordinati al medesimo fine, sono da adoperare tutte, o alternativamente, o
successivamente, secondo che porti il caso’. La ‘pedagogica’ che importa al Labriola, ‘in quanto
disciplina sceintifica’, si trova ad essere, come egli afferma, sostanzialmente ‘estranea’ ‘a coteste
minute discussioni pratich; quel che conta è il ‘perfezionamento del caratter (che è affermazione
generale, quanto in verità generica), anzitutto nella ‘sfera’ della socialità-moralità”107.
***
In seguito alla nascita nel 1907 e poi alla diffusione delle prime Case per i Bambini l’attività di
Montessori inizia a essere sempre più polarizzata intorno allo studio e all’osservazione delle
reazioni psichiche degli alunni all’uso dei materiali scientificamente strutturati e compaiono le
prime pubblicazioni sui risultati ottenuti nell’esperimento di San Lorenzo, risultati che anticipano
quanto la pedagogista esporrà più sistematicamente ne Il Metodo della Pedagogia Scientifica
applicato all’educazione infantile nelle Case dei Bambini, pubblicato la prima volta nel 1909 a
Città di Castello e divenuto un po’, attraverso le nuove stesure ed edizioni, il “manifesto” del
pensiero pedagogico e scientifico e del metodo Montessori. Già nell’edizione 1909 del Metodo,
Montessori volge la sua attenzione sul dibattito riguardante lo “status” epistemologico della
pedagogia. «Da circa venti anni, osserva Montessori, si auspica la nascita di una scienza
dell’educazione da formarsi seguendo la via delle scienze sperimentali, ma essa deve ancora
sorgere. Per realizzare la pedagogia scientifica esiste, secondo l’autrice, una guida: “il fanciullo
da educare”, l’anima individuale infantile da osservare e rispettare con il “criterio di aiutare
ragionevolmente lo sviluppo dell’individualità umana”» 108.
Nel Metodo la studiosa espone i criteri che guidano la sua esperienza, elaborati durante lo
svolgimento dell’esperienza stessa, osservando in modo continuo e diretto il comportamento dei
fanciulli. Da qui matura l’importanza della libertà del bambino che deve essere lasciato libero,
appunto, di esprimersi e di muoversi, non impedito nei movimenti, non oppresso da una disciplina
rigida o da insegnanti invadenti. L’ambiente deve essere a misura di bambini e la libertà è la
“condizione adatta allo sviluppo dell’individuo nei suoi aspetti fisici e psicologici”109. “Disciplinato è
per la pedagogista il bambino attivo, padrone di sé, che nel fare misura le proprie capacità e
possibilità, rendendosi indipendente. Inoltre l’uomo che così verrà formandosi non necessiterà di
premi esterni per il suo operato, in quanto avrà nella coscienza delle proprie capacità e nella sua
autonomia il vero e unico premio”110.
“Un cardine fondamentale della Pedagogia Scientifica – scrive Montessori in Il Metodo – deve
essere perciò la ‘libertà degli scolari’, tale che permetta lo svolgimento delle manifestazioni
spontanee individuali del bambino. Se una pedagogia dovrà sorgere dallo ‘studio individuale dello
scolaro’, sarà dallo studio inteso in questo modo – cioè tratto dall’osservazione di bambini liberi”.
E ancora “Il metodo pedagogico dell’osservazione ha per base la libertà del bambino e libertà è
attività”.
Insomma, “Il metodo della pedagogia scientifica è individuato da Montessori nel metodo
dell’osservazione del bambino posto nelle condizioni ambientali di liberamente manifestare
bisogni, tendenze e poteri”111. Da questa educazione può nascere e formarsi l’uomo nuovo e
libero padre di una nuova umanità e generazione. “Il bambino rivelatosi a Montessori sulla guida
dell’osservazione è infatti l’esploratore dell’ambiente, e l’osservazione non costituisce solo il
metodo della pedagogia scientifica, ma è anche il suo fine. Si tratta infatti di formare bambini
107
Ivi, p. 59-60.
P. Trabalzini, cit., p. 78.
Ivi, p. 121.
110
Ibidem.
111
Ivi, pp. 132-133.
108
109
attenti osservatori, capaci di adattarsi e riadattarsi all’ambiente. Ciò è reso possibile attraverso
l’educazione sensoriale che aiuta a distinguere, ordinare, classificare e comparare, coniugando
attività mentale e motrice. I bambini mettono in tal modo ordine nel caos delle percezioni e
vengono organizzando l’intera personalità”112.
Il successo del libro in Italia e all’estero è senz’altro legato “anche all’aspetto sociale e potremmo
dire ‘politico’ dell’esperimento montessoriano e dell’intera esperienza di lavoro che ne scaturirà.
Esso si caratterizza infatti per l’impegno in difesa dei diritti dei più umili, diritto alla intimità della
vita familiare, diritto all’istruzione, alla formazione, diritto alla cittadinanza non solo per l’adulto ma
anche per il bambino. Una società di cittadini, di uomini e donne liberi perché indipendenti e
autonomi nel pensiero e nell’opera, una società collaborativa e solidale, aperta alla diversità,
quella che sottostà al progetto di vita della casa dei Bambini”113.
Un grande coraggio espressivo e libertario si manifesta nell’impegno e nella dedizione teorica e
applicativa del metodo Montessori, un coraggio che ci ricorda il fervore di Labriola e delle sue
lezioni “scapigliate ma geniali”. La fede del professore e dell’uomo Labriola negli studenti
universitari come fondamenta di un’Italia e di un’umanità nuova, libera, progredita, alfabetizzata
assomiglia - per vie diverse - alla fede di Maria Montessori nel bambino “padre dell’uomo” e di
una nuova umanità affrancata nell’espressione e nel giudizio da tutti i gravami ideologici e
verbalistici del passato, emancipata da pregiudizi mentali e pedagogici, aperta a percorsi formativi
democratici, accessibili a tutti senza distinzioni di genere di ceto di condizione. Partendo proprio
da un impegno, da una dedizione pedagogico-educativa, quasi spontanea e naturale, che
percorre trasversalmente il pensiero e l’agire, l’impegno didattico teorico e quotidiano che diventa
forma mentis, impostazione metodologica nel vivere e nell’operare di ogni giorno, oltreché nella
pratica professionale.
In questo spirito e in questa mentalità aperta a un’evoluzione e a un progredire senza confini né
vincoli personali o strutturali, esteriori, ci sentiamo di cogliere - senza sistematicità alcuna spiragli di affinità tra Montessori e Labriola, le cui strade si sono casualmente incrociate per un
brevissimo periodo delle loro esistenze. Il loro operato, il loro impegno e la loro dedizione poggia
sulla base di una fede “ottimistica” e lungimirante nell’uomo e nelle sue potenzialità di crescita e
di miglioramento a beneficio dell’intera comunità organizzata.
Montessori e i “classici”114
Parte Prima115
Gli “spunti letterari” de Il metodo della Pedagogia Scientifica116 e il loro significato nella
formazione dei valori
112
Ivi, p. 154.
Ivi, p. 156.
114
Un estratto parziale è stato pubblicato dapprima col titolo “Solo i poeti sentono…”. Gli spunti letterari del Metodo della Pedagogia Scientifica di
Maria Montessori, in “Ciascuno cresce solo se sognato”. La formazione dei valori tra pedagogia e letteratura, a cura di Elisa Medolla e Roberto
Sandrucci, Caltanissetta-Roma, Sciascia editore, 2003, pp. 85-98.
Il contributo che qui si ripropone è invece apparso con lo stesso titolo Montessori e i “classici” in “Laboratorio Montessori di Teoria e Storia
dell’Educazione”, Annuario 2007, vol. I, a cura di Furio Pesci e Paola Trabalzini, pp. 60 – 114; Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2007.
115
La Parte Prima di questo articolo, con qualche integrazione, è la versione originaria e completa da cui è stato tratto un estratto
pubblicato con il titolo “Solo i poeti sentono…”. Gli spunti letterari del Metodo della Pedagogia Scientifica di Maria Montessori, nel
volume “Ciascuno cresce solo se sognato”. La formazione dei valori tra pedagogia e letteratura, a cura di Elisa Medolla e Roberto
Sandrucci, Caltanissetta-Roma, Sciascia editore, 2003, pp. 85-98.
116
M. Montessori, Il metodo della Pedagogia Scientifica applicato all’educazione infantile nelle Case dei Bambini, edizione critica a c.
di Paola Trabalzini, Roma, Edizioni Opera Nazionale Montessori, 2000.
113
Premessa
Il presente contributo è frutto di una ricerca, che si propone di aggiungere nuove conoscenze al
profilo già delineato della pedagogista e questo studiandone gli interessi specificamente
letterari.117 Si tratta di un lavoro che vorrebbe porsi come la fase iniziale di un percorso da
proseguire, avendo magari l’opportunità di esaminare la biblioteca personale della Montessori
che ci risulta conservata ad Amsterdam presso la sede dell’Ami (Associazione Montessori
internazionale).
Cosa leggeva Maria Montessori? - ci siamo chiesti - quali libri di letteratura, di poesia, aveva
nella sua biblioteca personale, quali erano le sue preferenze? Sappiamo che conobbe e incontrò
il poeta indiano Tagore118 a New York, nel 1925, e che questi le lasciò una dedica autografa:
«Alla Dr. Maria Montessori in ricordo del mio incontro con Lei a New York e come prova della
mia ammirazione. 11 novembre 1925»119. Sappiamo che Il metodo della Pedagogia
Scientifica120 contiene alcune citazioni letterarie (a volte con l’indicazione dell’autore e non
dell’opera) esemplificative rispetto a un concetto pedagogico, educativo121. In particolare, tra gli
Autori citati, ricordiamo: Carducci, Dante, Goethe, Gorkij, Hugo, Tagore, Tolstoj (figlia),
Wordsworth; senza dimenticare le Sacre Scritture.122
Su queste citazioni intendiamo soffermarci, come primo elemento di esame e di analisi per una
conoscenza dell’argomento proposto. Indicheremo, di volta in volta, l’autore, il luogo del Metodo
in cui compare (e in quale edizione)123, chi sia questo autore, quale sia la citazione e come si
inserisca nel contesto, perché sia stata fatta. Di grande utilità, per tale tipo di analisi, è risultata
una Tesi di Laurea - conservata presso la Biblioteca dell’Opera Nazionale Montessori - dedicata
proprio a una ricognizione di tutti gli Autori che compaiono nel Metodo124.
Queste “presenze” poetico - letterarie, sono per noi indicatori di un interesse in tale direzione da
parte della Montessori; un interesse che qui ci proponiamo di enucleare e di sottolineare. Non è
casuale che la studiosa marchigiana li menzioni, proprio loro e non altri: si tratta di “tracce”,
“indizi” di una conoscenza (li aveva letti? Ne conservava le opere tra i suoi libri di lettura?), forse
di una predilezione, magari per il fatto che riflettevano nel modo più giusto, in questo contesto, le
sue tematiche pedagogico - educative. Cercheremo anche di evidenziare una rilevanza
“quantitativa” (numerica) di tali presenze: quanti sono questi letterati, scrittori, poeti tra tutti gli
altri nomi ricordati? A che periodo appartengono? E poi, una rilevanza formale-sostanziale:
viene segnalata l’opera da cui si trae la citazione, oppure è quasi una menzione “a memoria”?
Sono citazioni accurate, insomma, testo alla mano, oppure fatte in modo approssimativo?
Queste citazioni rivelano già le preferenze e la “formazione “ letteraria della pedagogista?
117
Per un quadro complessivo e generale degli studi sulla pedagogista si veda più sopra la nota 50 e la nota 72. Sulla bibliografia,
vedi più oltre la nota 380.
118
Sui singoli Autori menzionati ne Il metodo, cit., ritorneremo più avanti, dedicando a ciascuno uno spazio apposito, per fornire
qualche informazione su di loro, e indicare dove siano menzionati e come.
119
La dedica del poeta indiano Rabīindranāth Tagore, premio Nobel per la Letteratura nel 1913, è riportata in “Il Quaderno
Montessori: per i genitori, per gli educatori, per i bambini”, Castellana: Il Quaderno Montessori – 10 (estate 1993), n. 38, pp. 4-5. In
queste pagine è inserita la foto del poeta con dedica datata appunto 11 novembre 1925. Si rinvia, inoltre, a: Tagore Rabīindranāth,
An adress, in “Around the child”, Calcutta, The Association of Montessorians, n. 6 (1961), p. V, Discorso in occasione dell’apertura
della Rajghat Montessori School a Banaras, India, nel dicembre 1934.
120
M. Montessori, Il metodo della Pedagogia Scientifica (…), cit.
121
Anche sulle citazioni ritorneremo più avanti, riportandole testualmente e cercando, ove possibile, di contestualizzarle.
122
Vedi nota 3.
123
Il metodo della Pedagogia Scientifica, cit., ha avuto cinque edizioni a partire dalla prima del 1909, per proseguire con quella del 1913,
1926, 1935 e, infine, 1950. Noi faremo riferimento alla recente edizione critica dell’opera, curata da P. Trabalzini. Vedi nota 1.
124
Un aiuto in questa direzione c’è stato fornito dalla seguente Tesi di Laurea:, Monica Chirio, Opere ed autori citati e discussi da Maria
Montessori nelle diverse edizioni de Il Metodo della Pedagogia Scientifica applicato all’educazione infantile nelle Case dei Bambini,
Università di Torino – Facoltà di Magistero, a. a. 1992/1993, relatore prof. Remo Fornaca. Si tratta di una ricognizione meticolosa di tutti gli
autori menzionati e delle citazioni fatte per ciascuno.
Metodologia adottata e prospettive del lavoro
Il lavoro ha preso le mosse dalla lettura del Metodo125 finalizzata alla individuazione e alla
“schedatura” degli autori identificabili come poeti, letterati e scrittori. In primo luogo sono state
esaminate le Tavole dell’Indice dei nomi del volume126; sono quindi state predisposte delle
schede cartacee per ogni autore, per appuntare il nome dell’autore, il luogo in cui è richiamato,
eventuali notizie su di lui e sulle opere, il testo ricordato e la segnalazione dell’opera da cui è
tratto e del significato che rivela in quel contesto.
All’interno delle Tavole, comunque, comparivano nomi incerti, ovvero non immediatamente
identificabili come appartenenti a una delle categorie sopra elencate (scrittore, poeta, letterato).
È stato quindi necessario fare chiarezza su queste “identità”, in primo luogo leggendo le
citazioni stesse della Montessori, che solitamente qualifica le persone a cui fa riferimento,
in seconda istanza avvalendosi della Tesi di Laurea sopra ricordata127.
Partendo da questo primo lavoro, si è inteso innanzi tutto giungere alla delineazione di un profilo
letterario della pedagogista, che emerge - come si vedrà - strettamente connesso alla
formazione di valori pedagogicamente rilevanti.
Non risulta una conoscenza “letteraria” della Montessori, lo abbiamo già sottolineato, né dei suoi
rapporti con i testi letterari, sia in ambito nazionale sia internazionale. Non si sa quali fossero le
sue letture preferite, i libri che conservava e leggeva, che non fossero di contenuto medico,
scientifico o pedagogico. È questo un “capitolo” che manca negli studi sulla pedagogista italiana,
un “capitolo” non banale o di secondaria importanza. Esaminare tali citazioni potrebbe essere un
primo passo per arricchire e ampliare le conoscenze già acquisite. I risultati della ricerca
completerebbero un quadro generale e, magari, offrirebbero nuovi spunti “operativi” per
l’applicazione del Metodo montessoriano, diffuso sia in Italia sia all’estero (in paesi europei ed
extraeuropei). Si tratta, quindi, di un punto di partenza, che – come si è detto - varrebbe la pena
approfondire attraverso lo studio della biblioteca personale di Maria Montessori, della quale si
potrebbe in primo luogo redigere una sorta di catalogo-inventario dei testi letterari, per poi
valutare (in seconda battuta) se queste letture abbiano influenzato la stesura di altre opere della
Montessori e in che modo e se esista un collegamento con le citazioni del Metodo, ovvero se le
citazioni, alle quali è dedicato il presente contributo, rivelino in qualche modo le predilezioni e la
“formazione“ letteraria della pedagogista.
Gli Autori presenti nell’opera
Il primo Autore che incontriamo, seguendo l’ordine alfabetico dei cognomi, è Giosuè Carducci
citato a p. 137 rigo 459 dell’edizione 1909 (E1) e 1913 ((E2).128 La Montessori nel Discorso
inaugurale pronunziato in occasione dell’apertura di una “Casa dei Bambini”129 ai Prati di
125
Op. cit., vedi nota 1.
Op. cit., pp. 812-821.
127
Vedi nota 9. Solo due nomi sono rimasti in sospeso: P.G.F. Le-Play autore di una non meglio specificata monografia sulla famiglia, che
riteniamo di non poter esaminare; U. NOTARI, al quale si attribuisce il libro dal titolo Mio zio miliardario, che in realtà riguarda l’educazione di
questo zio, ma sembra essere pur sempre un romanzo biografico o qualcosa di simile.
126
128
Da questo momento in poi indicheremo le edizioni del 1909, 1913, 1926, 1935 e 1950 rispettivamente con le seguenti sigle: (E1) (E2)
(E3) (E4) (E5). Così, infatti, vengono indicate nell’edizione critica de Il Metodo, curato da P. Trabalzini, cit. Segnaleremo la pagina in cui
ciascun Autore compare e il rigo (r.) all’intero della stessa pagina o la nota (n.), che talvolta inizia nelle pagine precedenti quella in cui
compare la citazione stessa.
129
M. Montessori, Il metodo della Pedagogia Scientifica applicato all’educazione infantile nelle Case dei Bambini, edizione critica a c. di
Paola Trabalzini, cit., p. 136.
Castello e tenuto il 4 novembre 1908130, mentre menziona soltanto l’Asilo dei Poveri di Massimo
Gorkij131, subito dopo si sofferma sui frammenti della poesia carducciana Per raccolta in morte
di ricca e bella signora del 1862, tratta da Levia Gravia.
E precisamente:
[...] Se in quest’ora noi fossimo in una delle belle sale da conferenze che ci
offre la città romana altamente intellettuale, e un oratore grande ci facesse
gustare qualche scena dell’ “Asilo dei Poveri” di Massimo Gorcki, e finisse
col citare anche il Carducci, che In morte di ricca e bella signora canta il
più profondo dolore umano; dolore cupo, che non è la distruzione di una
bella donna
«dolori altri secreti / conosco, altre sventure»
ma è la vita delle genti povere nei loro covili oscuri; e strappa al genio del
poeta il grido umano
«Apritevi,/ de la miseria antri nefandi, a me»
e una voce di sogno avesse mormorato alle nostre anime rabbrividite di
terrore: Recatevi sul luogo spaventoso. Colà sono nascenti oasi di felicità,
di nettezza, di pace: i poveri vanno acquistando una casa propria, ideale;
colà si sta compiendo un’opera di redenzione morale, si liberano le
coscienze del popolo dai torpori del vizio, dalle tenebre dell’ignoranza; i
bimbi stessi hanno la loro “Casa”. Le nuove generazioni vanno incontro ai
nuovi tempi, ai tempi dove non si compiange più la miseria, ma si
distrugge; dove gli antri nefandi si respingono nel passato e di essi più
nemmeno traccia ne resta tra i vivi, se non il canto ispirato dei poeti
immortali. [...]132
Come risulta evidente, la Montessori ricorre ai versi di Carducci per esprimere la sua
disapprovazione forte e risoluta contro la sorte della gente povera ed emarginata dalla vita, con
la speranza che un sogno si avveri: la nascita di oasi felici e di pace per i poveri, in segno di
rinnovamento morale e di riscatto dall’ignoranza.
Dante Alighieri compare, insieme a Goethe133 e a Shakespeare134, a p. 82 (r. 240) in tutte e
cinque le edizioni. La citazione è la seguente:
[...] Chi è iniziato solo all’esperimento bruto – è come colui che compita il
senso letterale delle parole in un sillabario; e a tale livello lasciamo i
maestri, se limitiamo la loro preparazione al meccanismo.135
130
Per queste notizie si veda: Monica Chirio, Opere ed autori citati e discussi da Maria Montessori nelle diverse edizioni de Il Metodo (...),
cit., p. 105.
131
Maksim Gorkij, pseudonimo di Aleksej Maksimovič Peškov, scrittore sovietico (1868 – 1936). Nei racconti e nei drammi rivelò,
idealizzandolo, il mondo dei vagabondi, la loro aspirazione alla libertà e la loro insofferenza a ogni forma di ingiustizia. Tra le sue opere
ricordiamo: I vagabondi (1892 – 1897); I coniugi Orlov (1897); Racconti. Numerosi sono i romanzi, tra i quali: I tre (1901); La madre (1907);
La confessione (1908); Infanzia (1913); Tra gente estranea (1915).
132
M. Montessori, Il metodo, cit., pp.137-138.
133
J. W. Goethe compare soltanto a p. 82 (r.240) in tutte le edizioni, ci occupiamo quindi di lui in questa stessa sede.
134
W. Shakespeare, oltre che in questo punto, è menzionato nella pagina precedente, p. 81 r. 231, nello stesso contesto:
Ora chi compitasse potrebbe leggere a rigore le parole del sillabario, come quelle di un’opera di
Shackspeare, purché in quest’ultima la stampa fosse abbastanza chiara.
135
Fin qui abbiamo riportato il testo da p. 80 (r. 235) de Il metodo, cit., per meglio contestualizzare la citazione oggetto del nostro esame.
Dobbiamo invece renderli interpreti dello spirito e colti dello spirito della
natura; similmente a colui che pur avendo un giorno imparato a compitare,
giunge a leggere a traverso i segni grafici il pensiero di Shackspeare, o di
Goethe, o di Dante. [...]136
Si osserva che i tre poeti sono qui semplicemente menzionati, non vi è citazione di loro opere o
versi. La Montessori prendendo posizione contro un metodo di insegnamento meccanicistico e
verbalistico, afferma che bisogna dare ai bambini gli strumenti attraverso i quali essi possano,
poi, arrivare a leggere e a comprendere il pensiero di questi tre grandi letterati di fama mondiale.
Così facendo, il maestro, avrà appunto reso i suoi allievi “interpreti dello spirito e colti dello
spirito della natura”.
Più avanti, a p. 219 de Il Metodo (r. 6) E1 E2 (r. 3 E3 E4), la pedagogista torna a menzionare
Dante aprendo il capitolo Come la maestra deve far lezione con il seguente richiamo:
... Le parole tue sien conte.» [Dante, Inf., canto X.]
citazione che riprenderà a p. 221 (r.30 - E1 E2) all’interno del paragrafo Caratteri
delle lezioni individuali: concisione; semplicità; obiettività. Qui scrive:
Le lezioni sono individuali. La loro caratteristica deve essere la “brevità” -:
Dante fa lezione a questi maestri quando dice:
“ ... Le parole tue sien conte.”
Il canto X dell’Inferno è quello in cui Dante, camminando tra le arche degli eretici del sesto
cerchio, accompagnato da Virgilio, incontra gli epicurei (vv. 1 –21), Farinata degli Uberti e
Cavalcante dei Cavalcanti. In un concitato colloquio, Dante apprende da Farinata il suo futuro
esilio (vv. 22-93) e come i dannati conoscano il presente e il futuro (vv. 94 – 114). Virgilio indica
quindi altri eretici e conforta il suo discepolo (vv. 115 – 136). Il verso citato dalla Montessori si
riferiscono alle parole di Virgilio (Inf., canto X, v. 39) nel mostrare Farinata. Dante scrive:
... E l’animose man del duca e pronte / mi pinser tra le sepolture a lui, /
dicendo: “Le parole tue sien conte”.137
Virgilio spinge quindi Dante invitandolo a raccogliere la proposta del colloquio senza esitazioni.
Lo invita poi a usare parole “chiare”. Alla franchezza di Farinata deve corrispondere il pensiero
preciso di Dante e quindi un linguaggio adatto alla circostanza e alla nobiltà della figura che
grandeggiava nell’animo del poeta.
Il messaggio di Maria Montessori è che una lezione sarà tanto più perfetta, quante più parole
saprà risparmiare; per questo occorrerà grande cura nel prepararla, “contando e vagliando le
parole da pronunciare”.138 Il Maestro dovrà usare, come Dante è invitato a fare da Virgilio,
“parole conte”.
136
Il Metodo, cit., p. 82, r. 240.
Dante, Inferno, canto X, vv. 37-39.
138
Il Metodo, cit., p. 221.
137
Nel Discorso inaugurale pronunziato in occasione dell’apertura di una “Casa dei Bambini”139 - lo
stesso in occasione del quale menziona Gorkij e Carducci, di cui ci siamo occupati sopra - la
Montessori si sofferma sulla condizione di emarginazione dei poveri all’interno della società e
afferma:
[...] Spettacoli tanto estremi di bruttura, più profonda assai della barbarie –
sono possibili qui alle porte d’una città cosmopolita, madre di civiltà, e
regina delle arti belle – per un fatto nuovo, che i passati secoli non
conobbero: “l’isolamento delle masse povere”.140
Poco più avanti, a tale proposito, viene ricordato Victor Hugo:
Nel medioevo si isolavano i lebbrosi; i cattolici isolarono nei ghetti gli ebrei;
ma non fu mai la povertà considerata come un pericolo e un’infamia tali da
doversi isolare. Anzi i poveri vissero mescolati ai ricchi – e fu argomento
sfruttato della letteratura fino a noi, fino a Victor Hugo – fino ai tempi della
nostra infanzia nelle scuole, il contrasto tra il povero e il ricco: tra il palazzo
che toglie luce ai vicini tuguri, tra il dramma delle soffitte e le feste di ballo
del primo piano. [...]141
La menzione di Victor Hugo, celebre romanziere e drammaturgo francese (1802 – 1885), ci fa
venire subito in mente uno dei suoi romanzi più conosciuti: I miserabili (1862), in cui tuttavia il
divario tra classi sociali, tra poveri e ricchi, pare incolmabile. È vero, però, che questo tema è
presente nel poeta francese e nella sua vastissima opera letteraria, dominata da una visione
drammatica e insieme fantastica della vita.142
Il capitolo I metodi pedagogici usati nelle “Case dei bambini”143 dedica un paragrafo al tema:
Disciplina alla libertà144. In questo contesto la Montessori richiama - a p. 195 r.420 (E1 E2) Umberto Notari e il suo romanzo Mio zio miliardario. Scrive:
Il Notari nel suo romanzo Mio zio miliardario, che è una critica dei costumi
moderni, fa risaltare, con la vivezza che gli è propria, un esempio molto
eloquente degli antichi metodi di disciplina. Lo zio, quando è bambino,
dopo aver commesso una quantità di storditezze così straordinarie da
mettere a soqquadro una città – viene chiuso per disperazione in una
scuola. Qui lo Zio, cioè il bambino Fufù, ha il primo moto di gentilezza e la
prima commozione, quando, vicino alla gentile Fufetta, si accorge che la
bambina è mesta e senza colazione-.
[...] “Aveva visto per la prima volta due occhi buoni, pieni di lacrime
dolorose, ed aveva sentito una subitanea commozione ed insieme una
gran vergogna: la vergogna di mangiare, vicino a un essere che non
mangiava. [...]”.145
139
Cit., vedi nota 15.
Il Metodo, cit., p. 142, r. 570.
141
Ivi, r. 575.
142
Tra le poesie di V. Hugo ricordiamo: Odi e ballate (1821-26); Le orientali (1829); Foglie d’autunno (1831); Le contemplazioni (1856); La
leggenda dei secoli (1859-1883). Tra i suoi drammi: Cromwell (1827); Ernani (1836); Il Re si diverte (1830); Ruy Blas (1838). Infine, i
romanzi: oltre a I miserabili già ricordati, I lavoratori del mare (1866); L’uomo che ride (1869); Novantatré (1878).
143
Il Metodo, cit., p. 167.
144
Ivi, p. 191.
145
Monica Chirio, Opere ed autori citati e discussi da Maria Montessori..., p. 309, cit., vedi nota 9, dice che il passo citato è tratto da U.
Notari, Fufù, Società anonima Notari, s.d., pp. 106 – 108.
140
Il racconto prosegue con la nascita di un’amicizia affettuosa fra i due bimbi, bruscamente
interrotta dall’intervento della guardiana che li chiama in classe con metodi bruschi. Insomma, si
tratta di un romanzo autobiografico e pedagogico, incentrato sull’educazione di un bambino e
utilizzato come elemento di confronto per l’educazione dei bambini nelle “Case”, dove è
importante mettersi all’ascolto dei piccoli, osservarli con delicatezza e attenzione, a distanza se
occorre, e senza interrompere il manifestarsi di interessi e di sentimenti importanti nel processo
della loro crescita e formazione umana, spirituale.
L’incontro con il poeta indiano Rabindranath Tagore
Il poeta indiano viene semplicemente richiamato dalla pedagogista nell’Introduzione alla III
edizione (p. 64 n. 3 E3 E4); insieme a lui sono menzionati Tatiana e Leone Tolstoi. A Tagore
dedichiamo questo spazio, perché la Montessori lo incontrò e lo conobbe personalmente a New
York nel 1925, come abbiamo già avuto modo di raccontare. 146
Maria Montessori parlando del successo ottenuto in diverse parti del mondo dal Metodo e della
sua traduzione in molte lingue straniere, scrive:
[...] Alcuni libri sono scritti da professori di Università: altri da romanzieri
che hanno trovato nella nuova vita dei bambini un argomento più
interessante che le creazioni della fantasia; altri anche da sacerdoti
cattolici, infine da maestre, da madri, e fra queste ultime cito anche, a titolo
di gratitudine, Tatiana Sukotine Tolstoi, figlia prediletta di Leone Tolstoi, la
quale volle vedere nelle Case dei bambini la realizzazione di un sogno che
tanto aveva fatto palpitare il cuore del suo grande padre. Il famoso poeta
indiano Rabindranath Tagore, ha voluto unire al suo concetto poetico la
praticità del mio metodo, diffondendo nell’India e nell’Isola di Giava le
scuole Tagore – Montessori.
Non si tratta quindi di rimandi poetici o letterari, né per Tolstoi figlia, né per Tagore. Comunque,
per quanto riguarda quest’ultimo, ricordiamo che la Montessori, dal 1925 al 1926, compì due
viaggi nel continente americano proprio per avviare scuole e tenere lezioni. Nel ’25 si recò
infatti negli Stati Uniti e nel ’26 in Argentina. L’incontro con Tagore fu molto cordiale. L’anziano
poeta bengalese (nacque nel 1861 a Calcutta da una famiglia benestante e morì nel 1905 a 92
anni), fu un intellettuale a metà strada tra Asia ed Europa (dopo aver studiato in India, a
diciassette anni andò in Inghiletrra a perfezionare l’inglese e studiare giurisprudenza), tra
poesia e filosofia; egli poteva quindi cogliere gli aspetti creativi del lavoro montessoriano. Per
queste ragioni, espresse più volte – a quanto pare – il suo desiderio di fondere il rispetto del
bambino (ideale montessoriano) con gli ideali di bellezza e di libera epsressività da lui proposti
nella sua scuola indiana “Shanti Niketan” (Asilo di pace), ai fini della liberazione e della
ricostruzione del proprio paese. Tagore fu poeta, musicista, drammaturgo, pensatore e durante
la sua giovinezza scrisse canti bengalici, traducendoli in prosa inglese. Nel 1913 a Tagore,
celebrato anche dal poeta irlandese Yeats, fu consegnato il premio Nobel. Tagore proseguì il
pensiero di altri pensatori del Medioevo indiano, come Caitanya e Kabir, ma nel contempo
stimò l’opera e il pensiero di Garibaldi e di Mazzini, lesse la poesia inglese di Wordsworth,
Shelley, Keats, Browning e accrebbe l’importanza del bengali, sua lingua natale. Viaggiò molto
e conobbe l’Europa, l’America, il Giappone. Nel 1925-26 venne in Italia, invitato dal governo
italiano, e fu accolto prima con simpatia, poi con critiche da parte dei circoli internazionali
antinazionalistici e pacifisti.
146
Di Tagore abbiamo già parlato, si vedano anche le note 3 e 4.
Proseguendo nell’opera, all’interno del paragrafo dedicato a La lezione del silenzio147, la
Montessori cita William Wordsworth (p. 427 r. 901- E1/E5):
[...] Dietro alla piccina sembra rimanere un fascino che avvolge le anime:
nulla è più dolce in natura, che il silenzio di un respiro di neonato. Al
paragone impallidisce l’espressione di Wordsworth sulla silente pace della
natura: “che calma, che quiete! unico suono, il gocciolar del remo
sospeso”.
E anche i fanciulli sentono la poesia del silenzio di una pacifica vita umana
nascente!
Nella parte finale del testo, Conclusioni e impressioni148, William Wordsworth viene ripreso per
la seconda volta (p.683 r. 167 - E1/E5):
[...] Io intendo il grande poeta inglese Wordsworth, che, innamoratosi della
natura, cominciò a sentire la misteriosa voce dei suoi colori, e dei suoi
silenzi e le domandò il segreto della vita tutta quanta. Finché, come un
veggente, ne ebbe la rivelazione: il segreto di tutta la natura sta nell’anima
del fanciullo.
Egli ci scopre la sintesi vera della vita, che risiede nello spirito
dell’umanità. Ma quello spirito che “avvolge la nostra infanzia” è poi
oscurato “dalle ombre della carcere, che comincia a chiudersi al di sopra
del crescente fanciullo”: e l’uomo “lo vede morire lontano e svanire nella
luce del giorno consueto”. [...]
La prima citazione, secondo Monica Chirio, potrebbe essere tratta da Sonnets on the River
Duddon (1919-20)149; la seconda, invece, presente in tutte le edizioni de Il Metodo, sarebbe
estrapolata da un poema filosofico scritto da Wordsworth su suggerimento del poeta Coleridge
(che incontrò la prima volta nel 1795) e intitolato The Recluse, incentrato sull’uomo, sulla natura
e sulla vita umana150.
Citazioni sacre
Ci soffermeremo ora sulle numerose volte in cui la Montessori rimanda alle Sacre Scritture,
richiamando Cristo, Dio, Ezechiele, San Giovanni, San Paolo, San Francesco, Isaia, Saul, il
Vangelo in generale. Si tratta anche in questi casi di citazioni ispirate ed estrapolate dalle letture
della pedagogista; hanno quindi una rilevanza letteraria in senso lato e, d’altra parte - come le
menzioni di brani specificamente poetici e letterari - hanno la funzione pedagogicamente
rilevante di esplicitare e di supportare le teorie educative della pedagogista, che trovano poi
applicazione concreta nelle “Case dei Bambini”.
147
Il Metodo, cit., p. 425.
Il Metodo, cit. p. 675.
149
Monica Chirio, Opere ed autori ..., cit., p. 286.
150
Ivi, p. 283 sgg.
148
Nelle Considerazioni critiche de Il Metodo151 troviamo il primo rinvio a Cristo (p. 86 r. 314 E1/E5;
p. 86 r. 319 E1 E2). I maestri, sostiene la Montessori, devono diventare osservatori dell’umanità,
preparare lo spirito come i primi seguaci di Gesù Cristo, che Lo sentivano parlare
di un Regno di Dio alto, grandioso al di là di quanto possa concepirsi sulla
terra. E ad uno dei discepoli vien fatto di pensare come mai potranno
essere i grandi, in questo Regno. E lo chiede con ingenua curiosità:
“Maestro, e come sarà il più grande di tutti, nel Regno dei Cieli”? – A cui
Cristo, carezzando il capo di un piccolo bambino che lo fissava incantato –
rispose: “Chi potrà farsi simile a questo fanciullo, quegli sarà il più grande
nel Regno dei Cieli”.
Ecco, per la Montessori, colui che sa guardare e osservare il bambino in tutte le sue
manifestazioni, con rispetto, amore, sacra curiosità e aspirazione al “Regno dei Cieli”, costui è il
“nuovo educatore” da formare.
Il richiamo a Dio (p. 123 r. 301/306 E1/E5) è legato alla narrazione di una profezia di Ezechiele
(p. 122 r.298 E1/E4):
[...] Un giorno una delle mie maestre nell’Istituto dei deficienti, mi fece
leggere una profezia di Ezechiele – che le aveva fatto profonda
impressione, perché le sembrò la pofezia dell’educazione dei deficienti:
“In quei giorni: fu sopra me la mano del Signore e mi menò fuora – e mi
posò in mezzo di un campo, che era pieno di ossa, e mi fece girare intorno
ad esso – e disse a me: Figliuol dell’uomo, pensi tu che queste ossa sieno
per riavere la vita? Ed io dissi: Signore Dio, tu lo sai. Ed ei disse a me:
profetizza sopra queste ossa e dirai loro: Ossa aride, udite la parola del
Signore: io infonderò in voi lo spirito e avrete vita. E farò sopra di voi
nascere i nervi, e sopra di voi farò crescere le carni, e sopra di voi
stenderò la pelle; - darò a voi lo spirito, e vivrete. E profetai com’ei mi
aveva ordinato; e nel mentre che io profetava, udissi uno strepito, ed ecco
un movimento, e si accostarono ossa ad ossa, ciascuno alla propria
giuntura. E mirai, ed ecco sopra di esse vennero i nervi e le carni, e si
distese sopra di esse la pelle, ma non avevano spirito. Ed ei disse a me:
Profetizza allo spirito, profetizza, figliuol dell’uomo: dai quattro venti vieni,
o spirito, e soffia sopra questi morti. E profetai com’egli mi aveva
comandato – ed entrò in quelli lo spirito, e riebbero vita e si stettero sui
piedi loro, e dissero: È perita la nostra sepranza: noi siamo come rami
troncati...”.
Le parole “infonderò in voi lo spirito e avrete vita”, secondo la Montessori, sembrano proprio
riferirsi all’opera individuale del maestro che chiama, aiuta, incoraggia l’allievo preparandolo
all’educazione.
In un paragrafo dell’opera dedicato al tema: Ambiente, arredamento scolastico152 la
pedagogista parla dei quadri nelle “Case dei Bambini” di Roma e, tra questi, si sofferma su uno
in particolare, raffigurante la Madonna della Seggiola di Raffaello153. Le “Case” rappresentano
infatti, per la Montessori, l’evoluzione dell’umanità, l’elevazione materna, il progresso delle
151
Il Metodo, cit., p. 69.
Ivi, p. 182.
153
Ivi, p. 186 – 187.
152
donne e la protezione della posterità. Scrive ancora riferendosi anche a San Giovanni (p. 187
r.263 – 264 E1/E2):
[...] La Madonna ideata dal divino Raffaello è non solo bella e dolce come
una sublime madre col suo bambino adorabile e migliore di lei; ma accanto
a così perfetto simbolodella maternità viva e reale, sta la figura di
Giovanni, che rappresenta l’umanità. A quel Giovanni alludeva il Cristo,
allorché rivolgendosi a Maria pronunciava le parole: “Madre, ecco il tuo
figlio” con le quali parole il Cristo additava a sua madre l’adozione di tutta
l’umanità.
Raffaello, secondo la Montessori, ritrae quindi l’umanità che rende omaggio alla maternità: la
madre è legata al proprio figlio e all’umanità intera e per tale ragione l’opera si addice
particolarmente alle sue Case dei Bambini.
Nella sezione La disciplina nelle Case dei Bambini154 la Montessori si sofferma sul concetto di
“ordine” richiamando San Paolo (p. 672 n.114 E2/E5):
[...] ove era un primitivo caos proviene tutto il quadro dei fenomeni di
disciplina e di sviluppo intellettuale che dall’interno si espande come una
“creazione”. Da tali anime ordinate ove fu separata “la luce dalle tenebre”
– nascono sentimenti e conquiste intellettuali improvvise, che ricordano la
creazione biblica del mondo. [...] Si sentono già i primi fiori di gentilezza,
d’amore, di spontaneo desiderio del bene, che mandano il loro profumo
dalle anime di questi fanciulli – e che promettono i “frutti della vita
spirituale” di San Paolo: “frutto dello spirito si è la carità, il gaudio, la
pazienza, la benignità, la bontà, la mansuetudine, la modestia”.
Così, i bambini diventano “virtuosi” esercitando la “pazienza”; ripetendo gli esercizi diventano
“mansueti” cedendo al comando; godendo del bene altrui esercitano la “bontà”; fanno il bene
nel “gaudio” e nella “pace” e sono assai “laboriosi”.
San Francesco da Assisi è richiamato la prima volta (p. 76 r. 133, 137 – 138 e p. 77 r. 148 E1
E2) a proposito della rivelazione ricevuta di dover ricostruire la Chiesa. Egli credé che si
trattasse della chiesetta del suo paese crollata e iniziò a ricostruirla trasportando le pietre. Poi,
comprese che la sua missione era quella di rinnovare la Chiesa cattolica con il suo spirito di
povertà. Il secondo richiamo (p. 309 n. 56 E3/E5) compare nel capitolo su La Natura nella
educazione155 a proposito dell’importanza di iniziare il fanciullo all’osservazione. Scrive la
Montessori:
[...] Solo i poeti sentono il fascino di un fino rivoletto di acqua sorgiva tra i
macigni, come lo sente il piccolo bambino, che si entusiasma e ride, e vuol
fermarsi a toccarlo con la mano come per accarezzarlo. Nessuno che io
sappia, fuori di S. Francesco, ha ammirato l’insetto modesto o il profumo di
un’erbicciuola senza attrattive, come uno di questi piccolini. [...]
Nella parte in cui tratta della Storia dei Metodi156, troviamo un rimando al profeta Isaia (p. 131 n.
214 E5):
154
Ivi, p. 659 sgg.
Ivi, p. 295sgg.
156
Ivi, p. 107 sgg.
155
Isaia, capitolo 60. «Sorgi e risplendi; perché la tua luce è venuta, e la
gloria del Signore è spuntata sopra di te.
«Perché, ecco le tenebre copriranno la terra e l’oscurità i popoli, ma il
Signore risplenderà sopra di te e la Sua gloria si vedrà in te.
«E le genti cammineranno alla tua luce, e i re allo splendore che nascerà
da te.
«Alza i tuoi sguardi in giro e guarda: tutti costoro si sono raccolti intorno a
te; sono a te venuti; i tuoi figli verranno di lontano e le tue figlie sorgeranno
da ogni lato.
«Allora tu vedrai e guarderai e per l’affluire della gente resterai
meravigliato, il tuo cuore si allargherà quando a te si rivolgerà la
moltitudine e la schiera delle genti a te sarà venuta».
La Montessori, a proposito delle parole di Isaia, aggiunge: «Forse (...) questa Casa dei Bambini
può diventare una nuova Gerusalemme e, moltiplicandosi fra il popolo diseredato porterà luce
nell’educazione». Parole che furono criticate dai giornali in quanto riferite a un’impresa tanto
modesta.
Nello stesso contesto nel quale cita Isaia, Maria Montessori, parlando dell’efficacia degli
esperimenti didattici di Edouard Séguin nell’educazione degli idioti, menziona Saul157 (p. 121 r.
271 E1/E5), volendo sottolineare l’importanza di un metodo che, oltre gli stimoli esterni, possa
trasmettere qualcosa che è dentro l’animo umano dell’educatore: l’incoraggiamento, il conforto,
l’amore, il rispetto. Scrive quindi:
[...] Senza ciò lo stimolo esterno più perfetto passa inosservato, come il
sole innanzi a Saul, che esclama: “questa? ... è caligin densa!”
Infine, arriviamo al riferimento al Vangelo (p. 66 n. 3 E3 E4), nell’Introduzione alla III Edizione già
ricordata, che è quello sull’ingresso nel “Regno dei Cieli” del quale ci siamo occupati a proposito
del richiamo a “Cristo”:
[...] Il bambino, colla sua elevazione, ci ha aiutati a comprendere una delle
verità del Vangelo, che era rimasta oscura: “Chi vuole essere grande nel
Regno dei Cieli, si faccia simile al piccolo bambino”.
Alcune riflessioni
L’Indice dei nomi di questa edizione de Il Metodo da noi consultata158 comprende, in ordine
alfabetico, 115 voci, tra le quali dieci sono dei letterati/poeti/scrittori sui quali ci siamo soffermati;
otto sono “nomi sacri” e poi c’è il rinvio al Vangelo; due sono pittori - Giotto di Bendone e
Raffaello Sanzio - quest’ultimo ricordato in riferimento a San Giovanni. A loro si aggiungono, nel
testo, scienziati, medici, pedagogisti, insegnanti, psicologi e altre “categorie” ancora da noi non
prese in considerazione.
157
Saul, primo re di Israele (XI sec. a.C.), consacrato re dal giudice Samuele perché organizzasse la riscossa antifilistea. Ma l’ostilità del
clero, il conflitto di sentimenti verso David suo successore designato e la grave sconfitta da parte dei filistei lo indussero a togliersi la vita.
158
Indice dei nomi, in Il Metodo, cit., vedi nota 11.
A conclusione di questo percorso possiamo osservare che i richiami fatti dalla Montessori sono
precisi e accurati, non approssimativi né a memoria, fanno dunque parte della sua formazione
letteraria e culturale, qui messa a disposizione della teoria e della pratica pedagogica, a cui è
dedicato Il Metodo della Pedagogia Scientifica. Certo, non siamo in grado di dire con sicurezza
se questi Autori e le loro opere (quali, poi, oltre presumibilmente a quelle menzionate) facessero
parte della sua biblioteca personale e insieme a quali altri volumi; possiamo presumere che così
fosse in base alla valutazione degli “indizi” raccolti nell’opera, che abbiamo cercato di illustrare in
queste pagine.
Dalla contestualizzazione dei singoli rinvii agli Autori e alle rispettive citazioni, emerge
comunque una conoscenza accurata di testi letti, che sembrano essere stati interiorizzati in
modo profondo e questo anche quando l’Autore è solamente menzionato rapidamente, come
abbiamo indicato di volta in volta. Il panorama in cui la pedagogista spazia risulta
prevalentemente poetico e non solo italiano (Carducci, Dante, Goethe, Shakespeare, Tagore,
Wordsworth); compare inoltre il mondo sovietico (Gorkij, Tolstoi), e francese (Hugo). Ma
potrebbero essere solo pochissimi indizi rispetto agli interessi e alle conoscenze
montessoriane. Grande peso rivestono inoltre le citazioni sacre, visto che da un punto di
vista numerico equivalgono quasi alle altre (sono nove in tutto, incluso il Vangelo).
Complessivamente, possiamo riflettere sul fatto che la Montessori mostra di conoscere bene
opere e Autori ricordati, i quali sembrano far parte delle sue letture e forse delle sue preferenze
letterarie. I brani poetici e letterari servono sempre ad esplicitare le sue idee e teorie
pedagogiche sulla natura del fanciullo e sul modo più adeguato di comprenderla e di educarla. I
richiami a poeti e scrittori sono spunti di riflessione che assumono ulteriori significati e valori, per
la Montessori, quelli specificamente pedagogici, connessi alla formazione dei valori umani, a
partire proprio dall’infanzia e dai metodi educativi seguiti dalle maestre e dagli adulti di
riferimento per i bambini.
Parte Seconda
Gli “spunti letterari” presenti ne L’Autoeducazione e nelle altre opere di Maria Montessori
Questa seconda parte del lavoro rappresenta in qualche modo la naturale e necessaria
continuazione di quella precedente. Alla luce dei documenti a noi accessibili e consultabili si è
voluto verificare quale linea di continuità o discontinuità vi fosse nella citazione di autori (poeti,
letterati, scrittori) e intellettuali più in generale (filosofi, musicisti, pittori) e nelle citazioni sacre
presenti negli altri scritti della pedagogista di Chiaravalle pubblicati in volume.
In questa ottica, utilizzando lo stesso metodo di studio già sopra illustrato, ci siamo soffermati sui
libri di seguito indicati, che prenderemo in esame, via via, seguendo l’ordine alfabetico dei titoli:
L’Autoeducazione nelle scuole elementari; Il bambino in famiglia; Come educare il potenziale
umano; Educazione e pace; La formazione dell’uomo; Dall’infanzia all’adolescenza;
Psicoaritmetica; Il segreto dell’infanzia; La scoperta del bambino. Solo in due testi non abbiamo
trovato alcuna citazione o semplice menzione di scrittori: I bambini viventi nella chiesa. La vita in
Cristo, la santa messa spiegata ai bambini159 e La mente del bambino: mente assorbente160.
159
M. Montessori, I bambini viventi nella chiesa. La vita in Cristo, la santa messa spiegata ai bambini, Milano, Garzanti, 1970. In realtà,
all’interno di questo testo compaiono una serie di citazioni dai Vangeli che accompagnano il racconto degli eventi principali della vita di
Cristo. Si tratta quindi di riferimenti funzionali al contenuto del testo e non di citazioni propriamente letterarie.
160
M. Montessori, La mente del bambino: mente assorbente, Milano, Garzanti, 1982.
L’Autoeducazione161
Si tratta del contributo più organico e sistematico di Montessori al discorso pedagogico; qui la
studiosa traccia la sua visione della scuola, dalle elementari all’università, nella prospettiva della
formazione “permanente” dell’uomo. Nella prima parte162 si delinea la figura dell’insegnante, che
deve essere anche spirituale, capace cioè di osservare e orientare la vita interiore dell’uomo. La
seconda parte163 ha più un carattere pratico e illustra i test che sono alla base dell’educazione
progressiva e della istruzione programmata, centrali nel Metodo.
La comparsa di “figure illustri” è in questo testo piuttosto consistente, soprattutto paragonata agli
altri scritti della pedagogista che prenderemo in esame successivamente. Incontreremo
infatti letterati e poeti, con una prevalenza della presenza dantesca, seguita da citazioni
sacre e poi da filosofi, pittori e musicisti. Queste figure inaugurano già le pagine iniziali della
prima parte; nel paragrafo intitolato Nell’uomo la vita del corpo deve dipendere dalla vita dello
spirito164 la studiosa si sofferma su come la salute del corpo dipenda da quella dello spirito e
viceversa, sottolineando anche che nel bambino occorre sempre considerare i bisogni interiori.
Per esemplificare questo aspetto, Montessori parla della pena detentiva e “del cellulare”
sostituito alla pena di morte appena abolita. Si tratta appunto - spiega - di una “cella” stretta e
grigia dove il detenuto avrebbe tutto per la sopravvivenza fisica, ma gli manca la “vita”, è
oppresso dal “vuoto dell’anima” che è mortale. Scrive la pedagogista:
Fu proclamata infatti come una grande crudeltà questa morte lenta,
sostituita alla ‘morte violenta’. Morir di fame in nove giorni come il conte
Ugolino è più crudele che morir bruciato in mezz’ora come Giordano
Bruno; […]165
La prima reminiscenza riconduce dunque proprio a Dante: il conte Ugolino è ricordato
nell’Inferno nel cerchio dei traditori politici166; la seconda rievocazione ci porta al filosofo
Giordano Bruno, domenicano, panteista, abbracciò la concezione copernicana del mondo e fu
condannato per eresia e arso vivo a Roma nel 1600.
Più avanti, nella stessa parte, Montessori si sofferma sull’odierna educazione e sui Criteri che
informano l’educazione morale e l’istruzione167. «C’è una tecnica per ottenere che il fanciullo
raggiunga quelle finalità che l’adulto si propone per lui: essa è molto semplice. Bisogna ridurre il
bambino a fare ciò che vuole l’adulto …». «È per il bene del bambino che bisogna fare ciò.
Altrimenti non lo si potrebbe condurre. È un primo passo cardinale che si chiama “educare la
volontà del bambino” e che permetterà all’adulto di parlare ormai di sé come Virgilio parlava di
Dio»168:
Vuolsi così colà dove si puote / Ciò che si vuole, e più non dimandare.
161
M. Montessori , L’Autoeducazione nelle scuole elementari. Continuazione del volume: Il Metodo della Pedagogia scientifica applicata
all’educazione infantile nelle Case dei Bambini – ripubblicato nel 1950, per desiderio dell’Autrice, col nuovo titolo “La scoperta del bambino”,
Milano, Garzanti, 1992.
162
Ivi, pp. 3 – 243.
163
Ivi, pp. 315-621.
164
Ivi, p. 23.
165
Ivi, p. 25.
166
Inferno XXXII, 124 – 139 e XXXIII, 1 – 90.
167
M. Montessori , L’Autoeducazione cit., Parte prima, p. 27 sgg.
168
Ivi, p. 28.
Il verso citato rinvia ancora all’Inferno di Dante169: Virgilio ripete qui la risposta già data a
Caronte170 e più volte usata, avvalendosi del medesimo argomento della volontà divina che così
ha disposto per la salvezza di Dante. Dunque, Virgilio è l’adulto e Dante il bambino di cui parla
Montessori nell’utilizzare questo riferimento. «Dopo questo passo – spiega infatti Montessori –
l’adulto studierà in se stesso quali sono le cose più difficili per lui e quelle imporrà per tempo al
fanciullo perché si abitui alle difficili necessità della vita dell’uomo».171
A proposito dell’importanza dell’attenzione Montessori torna a Dante: «La scuola più moderna di
psicologi spiritualisti, tra cui il James, riconosce nel concomitante dell’attenzione, un fatto
collegato con la natura del soggetto, una “forza spirituale”, uno dei “misteriosi fattori della vita”»:
…là onde vegna lo intelletto / Delle prime notizie uomo non sape,/ Né dei
primi appetibili l’affetto,/ Che sono in voi, sì come studio in ape/ Di far lo
mèle…” [Dante]172
Nell’educazione del bambino, poi, conta molto esercitare la volontà con impegno e anche a tal
proposito si rimanda alla Commedia e all’episodio di Paolo e Francesca: «Chi sa di dover lottare
nel mondo – si legge – si prepara in forza e in abilità, al pugilato e al duello; non istà con le mani
in mano, perché sa che altrimenti è perduto, ovvero che dovrebbe “dipendere” come un’ombra
dal corpo, da qualcuno che lo difendesse a passo a passo, per tutta la vita, cosa che nella
pratica è impossibile:
Ma solo un punto fu quel che ci vinse173
racconta Francesca nell’Inferno di Dante.»174
Dante torna poco più avanti, dove Montessori tratta dell’immaginazione175, semplicemente
ricordato tra «poderosi misteri, miracoli d’intelligenza, che non possono collegarsi col semplice
osservare e ragionare» insieme a Milton, Goethe, Raffaello e Wagner: «In opere letterarie
eccelse, come è la “Divina Commedia”, noi ammiriamo il continuo riportarsi della mente
dell’altissimo Poeta a cose materiali e sensibili che illustrano col confronto le cose
immaginate:»176
Quali colombe dal disìo chiamate, / Con l’ali aperte e ferme, al dolce nido/
Volan, per l’aer; dal voler portate / Cotali uscîr dalla schiera ov’è Dido, / A
noi venendo per l’aer maligno…[Canto V, Inferno]
La pedagogista continua qui con ampie citazioni, le più lunghe di Dante, tratte dal Canto I (sei
versi) e III (sedici versi) dell’Inferno. «Le similitudini di Dante sono continue e meravigliose»,
scrive spiegando come ogni scrittore e grande oratore unisca continuamente all’osservazione
della realtà l’immaginazione.177 E Dante soccorre ancora ampiamente la studiosa nella
spiegazione del ruolo educativo dell’immaginazione; in questo caso a essere citata è la Vita
Nuova: «Certo avrà fatto una grande impressione sul cuore di Beatrice, il sublime sonetto di
169
Inferno, Canto V, 22-24.
Inferno, Canto III, 95 – 96.
171
M. Montessori , L’Autoeducazione, cit., Parte prima, p. 29.
172
Ivi, Attenzione, p. 141.
173
Inferno, Canto V, 132.
174
M. Montessori , L’Autoeducazione, cit., Parte prima, Volontà, p. 160.
175
Ivi, Immaginazione, Anche l’immaginazione artistica si basa sul vero, p. 214.
176
Ivi, p. 217-218.
177
Ivi, p. 218.
170
Dante»178 e inserisce l’intero componimento Tanto gentile e tanto onesta pare. [Vita Nuova,
XXVI]
Con il grande poeta della Commedia la parte dedicata all’immaginazione si chiude pure «È su
tale principio che venne il primo rinascimento letterario italiano, quando con Dante sorse il “dolce
stil nuovo” come spontanea espressione del sentimento»:
…Io mi sono un che, quando / Amore spira, noto, ed a quel modo / Che
detta dentro, vo significando. /179
Ai versi danteschi la pedagogista ricorre poi nella parte dedicata alla Questione morale,
descrivendo il sollievo del convertito per essere scampato a un grande pericolo e l’ansietà per
essersi liberato dal male che l’opprimeva; il ricordo del periodo precedente della sua vita lo
spaventerà ancora a lungo, proprio come accade a Dante all’inizio del suo viaggio
quando, sebbene già fuori dalla selva, continua a sfuggirla per paura, tanto era l’orrore che gli
aveva ispirato e l’animo suo si volge tuttavia indietro a guardare il pericolo scampato 180:
E come quei, che con lena affannata / Uscito fuor del pelago alla riva , / Si
volge all’acqua perigliosa e guata: / Così l’animo mio, che ancor fuggiva, /
Si volse indietro a rimirar lo passo / Che non lasciò giammai persona viva.
[Dante, Inferno, Canto I]181
Ma poi, pian piano, la gioia per la nuova condizione prevale e liberati dal male lo spirito si
rinfranca, come succede a Dante in Paradiso, dove lo spettacolo di esultanza dei beati appare
come una rivelazione di gioia (“riso”) di tutti gli spazi celesti (“universo”):
Ciò che io vedeva mi sembrava un riso / Dell’universo… [Dante, Paradiso,
Canto XXVII]182
Anche l’ultima parte dell’Autoeducazione, dedicata allo studio della metrica183, ospita versi
danteschi utilizzati per esemplificare le regole della poesia, del ritmo, della misurazione dei versi,
della posizione degli accenti e della scansione sillabica. Secondo la studiosa l’esperienza
mostra che «i bambini riconoscono prima l’accento nei versi “lunghi” e “parisillabi”, in cui gli
accenti siano regolari e ben marcati; e passano a riconoscere, nelle loro graduali difficoltà, gli
accenti secondo il seguente ordine […]»184. Al quarto posto, in ordine di complessità, colloca
l’endecasillabo e come esempio offre tre versi danteschi:
Per me si va nella città dolente / Per me si va nell’eterno dolore / Per me si
va tra la perduta gente. [Dante, La Divina Commedia, Inf.]185
178
Ivi, p. 221.
Ivi, p. 240.
180
Ivi, Parte prima, La Questione Morale, p. 305.
181
Inferno, Canto I, 22 – 27.
182
Paradiso, Canto XXVII, 4 – 5.
183
M. Montessori , L’Autoeducazione, cit., Parte seconda, Lo studio della metrica nelle scuole elementari, pp. 609 e sgg.
184
Ivi, p. 613.
185
Inferno, Canto III, 1 – 3. La terzina è ripresa più avanti a p. 619 ed è completata con i successivi quattro versi danteschi.
179
Alighieri in questo libro risulta dunque il più citato in assoluto (circa 13 menzioni) anche tra gli
altri poeti e scrittori presenti. A lui sono dedicate le citazioni e gli spazi più estesi. Sembra che
Dante, oltre a essere Poeta sommo, sia per Montessori maestro di vita e di principi morali,
educativi; la pedagogista lo richiama sempre a proposito e pare conoscere molto bene la sua
opera, ne ripropone di frequente passi – specialmente dalla Divina Commedia – che si adattano
accuratamente al contesto pedagogico e teoretico da spiegare con esempi. La Commedia è
senz’altro un testo letto e studiato, forse abitualmente, e crediamo molto amato dalla
pedagogista marchigiana che del Poeta conosce pure altre opere tra le quali la Vita Nuova di cui
ripropone alcuni passi186.
Altri letterati e poeti presenti
Torniamo un momento indietro nella lettura del testo montessoriano in esame e precisamente al
luogo in cui si parla dell’odierna educazione187. Viene qui richiamato Tolstoj il quale nel 1862
fece alcune ispezioni nelle scuole in Germania e descrisse poi tra gli scritti pedagogici della
Iasnaja Poljana una lezione che è riproposta in questo contesto.188 Montessori intende quindi
riferirsi al celebre scrittore russo con particolare riguardo alla sua notevole attività di educatore;
Tolstoj nella natia Iasnaja Poljana fondò infatti e diresse una scuola per l’infanzia.
Vittorio Alfieri, poeta e drammaturgo, compare invece dove Montessori tratta dell’attenzione
ricordando “il potere di concentrazione” di bambini di genio, come Archimede e Newton, o come
appunto Vittorio Alfieri «che, scrivendo una poesia, non sente il rumoroso corteo di nozze che
passa tra grida e squilli, dinanzi alle sue finestre».189 Nessun maestro, secondo la pedagogista,
potrebbe mai provocare questi caratteri sia pure con l’arte più fine. Ma Alfieri è anche esempio di
“volontà” e determinazione, e la volontà deve esistere, essere sviluppata e forte, alcune pagine
avanti si legge: «Uno degli esempi che usiamo dare ai nostri bambini per far loro amare la forte
volontà è quello di Vittorio Alfieri, il quale a tarda età cominciò a istruirsi, superando con grande
sforzo la noia dei principii. Egli, prima uomo di mondo, si mise a studiare la grammatica latina e
persisté fino a diventare un letterato, e, per suo geniale impulso, uno dei nostri più grandi poeti.
La frase che dette per spiegare la sua trasformazione, è appunto la frase che hanno udito
ripetere dai loro maestri tutti i bambini d’Italia: “volli, sempre volli, fortissimamente volli” ».190
Alfieri, ancora nella pagina successiva, è assunto come modello di determinazione e volontà: «E
così il bambino dovrebbe essere un forte come Vittorio Alfieri per salvarsi: ma troppo spesso
non può»191.
Nella parte dedicata all’immaginazione, sul quale ci siamo già soffermati per le ampie menzioni
di Dante192, la pedagogista esamina la centralità di questa facoltà creativa che non va mai
scissa però dalla realtà. Per esprimere tale principio si avvale innanzitutto di riferimenti a poeti e
scrittori, quasi l’immaginazione fosse una loro speciale prerogativa, oltre Dante, Goethe e
Milton solamente elencati a proposito dell’immaginazione artistica che si basa anch’essa sul
vero193, assieme a pittori e musicisti (come Raffaello e Wagner)194; quindi compaiono Manzoni,
186
Dante viene menzionato dalla Montessori anche nel volume Educazione e pace, Milano, Garzanti, 1970, La pace, ivi, p.6. Qui parlando
della guerra e della situazione che si stabilisce tra vincitori e vinti, l’autrice dice: «i primi infieriscono, gli altri imprecano come i demoni ed i
dannati nell’Inferno di Dante. Lontani gli uni e gli altri dal dvino influsso dell’amore […] ».
187
M. Montessori , L’Autoeducazione, cit., Parte prima,Uno sguardo all’odierna educazione, p. 42-43.
188
Ibidem.
189
M. Montessori , L’Autoeducazione, cit., Parte prima, Attenzione, p. 142.
190
Ivi, Parte prima, Volontà, cit., p. 167. La menzione di Alfieri prosegue alla pagina successiva.
191
Ivi, p. 168.
192
Su Dante e l’immaginazione si vedano le note 61 – 65. Quello dedicato all’Immaginazione è il paragrafo 9 della Parte prima, pp. 211 –
241.
193
M. Montessori , L’Autoeducazione, cit., Parte prima, Immaginazione, cit. p. 214.
194
Vedi nota 61.
Guinizelli, Carducci e infine richiami sacri, dei quali tratteremo più oltre nella parte a essi
specificamente destinata.
Evidenziando ancora come ogni “scrittore elevato”, “ogni grande oratore” “riattacca di continuo il
frutto dell’immaginazione alla osservazione della realtà”195, a tal proposito si ricorda quindi
l’autore dei Promessi Sposi:
Come un branco di segugi dopo avere inseguita una lepre, e con le code
ciondoloni, così in quella scompigliata notte, tornavano i bravi al palazzotto
di Don Rodrigo [Manzoni, I promessi sposi]196
Stralci del romanzo manzoniano vengono riportati ancora nella Parte seconda dove Montessori
parla della Grammatica e dell’analisi del periodo197, per esemplificare i vari tipi di proposizione e
passi più lunghi compaiono ancora avanti, a proposito della Lettura da far fare a più voci.198
Si tratta dunque di brani scelti con cura, presumibilmente avendoli selezionati libro alla mano da
una testo classico della letteratura italiana e ben noto alla studiosa. Questo vale ugualmente per
la menzione di versi del Manzoni, da differenti liriche, nelle pagine in cui si tratta dello studio
della metrica nelle scuole elementari. Si cita qui La Battaglia di Maclodio e Italiani e
Longobardi.199
Per rievocare il Guinizelli dobbiamo tornare a trattenerci sull’immaginazione200 nel punto in cui
Montessori, dopo aver citato la Vita nuova di Dante201, scrive: «Ben diverse impressioni
sull’amor proprio e sulla sensibilità di un’anima femminile deve fare quest’altro sonetto, che è
goffo e ampolloso perché pieno di figure improprie ed esagerate»:
Lo vostro bel saluto e il gentil sguardo / Che fate, quando v’incontro,
m’ancide; / Amor m’assale e già non ha riguardo / S’egli face peccato,
ovver mercede; / Ché per mezzo lo cor mi lancia un dardo, / Che d’oltre in
parti lo taglia e divide; / Parlar non posso, che in gran pena io ardo / Sì
come quello che sua morte vide. / Per gli occhi passa, come fa lo trono, /
Che fêr per la finestra della torre, / E ciò che dentro trova, spezza e fende.
/ Rimango come statua d’ottono, / Ove vita né spirto non ricorre, / Se non
che la figura d’uomo rende. [Guinizelli, 1300]202
I versi menzionati, insomma, devono sembrare alla pedagogista troppo estranei alla
osservazione della realtà e, in qualche modo, fuorvianti anche là dove si parli appunto di
immaginazione. E Guinizelli, nelle sue rime più esemplari, pone in primo piano appunto il
“valore” della donna e lo stupore per il suo manifestarsi. “L’apparizione della donna – scrive
Giulio Ferroni – ha una forza benefica che elimina ogni cattivo pensiero: essa spande attorno a
sé splendore e ‘chiarità’; ma la sua luce di ‘stella’ in ‘figura umana’ riduce l’amante
195
M. Montessori , L’Autoeducazione, cit., Parte prima, Immaginazione, cit. p. 218.
Ivi, p. 218-219.
197
M. Montessori, L’Autoeducazione, cit., Parte seconda, Grammatica, p. 410-415.
198
Ivi, Lettura, p. 448 - 450. I Promessi Sposi sono solo menzionati tra i romanzi usati per gli esercizi di lettura a p. 547.
199
Ivi, Lo studio della metrica nelle scuole elementari, cit., p. 613 e 617.
200
Vedi nota 77.
201
Vedi nota 64.
202
M. Montessori, L’Autoeducazione, cit., Parte seconda, Immaginazione, cit., pp. 221-222. Sul poeta Guido Guinizelli si
hanno poche e scarse notizie, nacque intorno al 1240 e morì in esilio nel 1276. Considerato il caposcuola dello stil novo
espose la sua dottrina d’amore nella canzone Al cor gentile.
196
all’immobilità”.203 Un aspetto questo che ben si evidenzia anche nei versi qui citati da
Montessori; tuttavia non comprendiamo l’indicazione fornita a margine della citazione stessa
[Guinizelli, 1300].
L’elenco di poeti e scrittori si chiude, qui, con Giosuè Carducci, preso a esempio della libera
composizione scritta, quella che nasce dall’ispirazione e quindi dall’immaginazione, dalla libertà
di manifestare il proprio valore e non già dalle pressanti richieste, impositive, di un maestro che
può opprimere l’allievo angustiandolo. Scrive Montessori: «Gli scolari non possono rispondere
come il maggiore poeta dei nostri tempi, il Carducci, quando gli fu chiesto di scrivere
un’ode in occasione della morte di un personaggio: “È un’ispirazione, non un’occasione, che può
farmi scrivere un’ode”».204
Per concludere, facciamo un altro salto indietro nel testo, per ricordare la francese M.me de
Héricourt205, autrice del libro La femme affranchie, un brano del quale è ripreso dalla
Montessori dove tratta della Questione Morale a proposito del ruolo educativo e dell’importanza
delle madri.206
La pedagogista riporta ancora, nel luogo in cui parla della lettura207, lunghi brani di Fucini,
esemplificativi di “Letture alla cui interpretazione occorrono due o più persone. Scenette,
dialoghi”208. Crediamo che si tratti di Renato Fucini (1843 – 1921) scrittore noto anche con lo
pseudonimo di Neri Tanfucio. Nella sua opera il verismo vive sul piano dell’aneddotica e del
bozzetto campagnolo. Scrisse, tra l’altro, Le veglie di Neri (1884) e All’aria aperta (1887).
Infine, compaiono in questo stesso contesto e con uguale finalità altri poeti. Spiega Montessori:
“Abbiamo messo insieme alcune poesie, facendo un librettino: i bambini le leggono mentalmente
e ad alta voce, o le imparano a memoria e le recitano”209. E “dal libricino delle poesie” cita ad
esempio alcuni componimenti di Lina Schwarz come Il pesce, Quel che possiede un bambino e
Il buon odore210 e la Ninna-nanna di Natale di Ada Negri211.
Poco oltre, dove tratta delle “Audizioni”, la Pedagogista si sofferma sull’importanza delle letture
ad alta voce fatte dalle insegnanti ai bambini, magari mentre disegnano, e ricorda così le favole,
dicendo tra l’altro: “Le letture che sono state fatte, furono molteplici e varie. Favole, novelle,
aneddoti, romanzi, racconti storici”. E tra questi, in particolare, ricorda “le Favole di Andersen,
alcune novelle del Capuana, il Cuore di De Amicis, episodi della vita di Gesù Cristo, Fabiola, I
Promessi Sposi, La Capanna dello zio Tom, La storia del Risorgimento italiano, L’educazione
del Selvaggio dell’Aveyron di Itard”.212
Nella parte poi dedicata alla metrica, sono ripresi altri autori e poeti sempre a titolo
esemplificativo213:
Prati 214 di cui qui si citano alcuni versi come esempio di dodecasillabi:
203
G. Ferroni, Storia della letteratura italiana. Volume primo: Dalle origini al quattrocento, Milano, Elemond editrice, 1991, p.
142.
204
M. Montessori, L’Autoeducazione, cit., Parte seconda, Immaginazione, cit., p. 237.
205
Crediamo si tratti di Hericourt, Jenny P. D' (1809-1875), scrittrice e attivista sostenitrice dei diritti femminili; scrisse tra
l’altro La Femme affranchie: réponse MM. Michelet, Proudhon, E. de Girardin, A. Comte et aux autres novateurs modernes.
206
M. Montessori, L’Autoeducazione, cit., Parte prima, La questione morale, cit., p. 255.
207
M. Montessori, L’Autoeducazione, cit., Parte seconda, Lettura, cit., p. 448-449.
208
Ivi, p. 448.
209
Ivi, p. 451.
210
Ivi, pp. 451 – 452. Lina Schwarz, nata a Verona nel 1876 e morta a Milano nel 1943, è autrice di poesie che hanno
accompagnato generazioni di bambini in ogni momento della loro vita.
211
Ivi, p. 452. Ada Negri (1870 – 1945), scrittrice e poetessa, è considerata la prima scrittrice italiana proveniente dalla
classe operaia. Insegnante di scuola elementare a Pavia dal 1888, è autrice di poesie, romanzi e anche orazioni.
212
Ivi, Parte seconda, cit., Le Audizioni, pp. 453 – 454.
213
M. Montessori, L’Autoeducazione, cit., Parte seconda, Lo studio della metrica (…), cit. pp. 614 – 619.
214
Giovanni Prati (1814-1884) poeta, autore di rime, novelle in versi e poemi.
Ruello, Ruello, divora la via, / Portateci a volo, bufere del ciel. / È presso alla morte la vergine mia, /
Galoppa, galoppa, galoppa, Ruel. [Prati, Galoppo notturno]
Per gli ottonari viene ripreso il Rolli:
Solitario bosco ombroso, / A te viene afflitto cor, / Per trovar qualche riposo / Fra i silenzi in
quest’orror. [Rolli, La lontananza]
Per i senari Zanella:
Pur baldo di speme / L’uom, ultimo giunto, / Le ceneri preme / D’un mondo defunto; / Incalza di secoli /
Non anco maturi / I fulgidi auguri. [Zanella, La conchiglia fossile]
Per i settenari Metastasio
215:
Già riede Primavera / Col suo fiorito aspetto, / Già il grato zeffiretto / Scherza tra l’erbe e i fior.
[Metastasio, Primavera]
Per i quinarii si cita Mazzoni:
Vivace simbolo / De la famiglia, / Le dié la tremula / Madre a la figlia, / Le dié la suocera / Buona a la
nuora / Ne l’ultim’ora. [Mazzoni, Per un mazzo di chiavi]
Per i novenarii si riporta Cavallotti:
Te triste! Che a valle ti aspettano / I giorni di cantici privi; / Oh no, non dai morti, che t’amano, / Ti guarda,
fratello, dai vivi. [Cavallotti, Su in alto]
E dopo Dante, già ricordato216, Schwarz è inserita per i quinarii piani e gli sdruccioli alternati:
In cima a un albero / C’è un uccellino / Di nuovo genere… / Che sia un bambino? [L. Schwarz, Uccellino]
Si può supporre che per esemplificare queste regole metriche di scansione sillabica e
accentazione la Montessori abbia consultato e ripreso gli esempi da qualche manuale a sua
disposizione; d’altra parte, ci pare meno credibile - non certo per un fatto di cultura bensì di
competenze diverse - che essa abbia realizzato e studiato personalmente questi casi
dedicandosi alla metrica e cercando tra le sue letture versi adatti a ogni differente situazione
metrica. Tra l’altro, i componimenti sono menzionati in modo piuttosto generico con il cognome
del poeta e il titolo della poesia e non sempre è facile individuarli in modo esatto e
contestualizzarli.
215
Brani dell’opera del Metastasio vengono inoltre ampiamente ripresi da Montessori nella Parte seconda, dove si occupa
della Grammatica, e in particolare nella sezione VI Versioni da eseguirsi sulla tabella, con la striscia (pp. 415 – 418), per
spigare e illustrare la versione in prosa di passi poetici e con il Metastasio sono citati Giulio Carcano (p. 416); Giacomo
Zanella (p. 416 e 417) menzionato già in precedenza; Giuseppe Capparozzo (p. 417); Antonio Peretti (p. 418).
216
Vedi nota 71.
Citazioni sacre
Le citazioni sacre sono, per ricorrenza “quantitativa”, le più importanti dopo quelle letterarie e
poetiche sulle quali ci siamo soffermati sin qui. Innanzi tutto compare il “poverello di Assisi” e a
proposito della Preparazione della maestra, della sua capacità di “veggenza” che dovrebbe
essere “esatta” come quella dello scienziato e “spirituale come quella del santo”, viene citato
San Francesco217: «Lo scienziato moderno - scrive Montessori – sa che è mirabile ogni essere
vivente e che i più semplici e primitivi rivelano più facilmente le leggi naturali, le quali poi aiutano
a interpretare gli esseri più complicati. Ma anche San Francesco lo sa»:
T’accosta, o sorella
«egli dice alla cicala che canta sul fico vicino alla finestretta della sua cella»
nelle più piccole creature rivelasi meglio la potenza e la bontà del Creatore.
Ogni più piccola cosa è dunque degna di osservazione per lo scienziato ma anche per il santo;
anche San Francesco si sofferma sui particolari e ne riceve “un sentimento di gioia spirituale e
ne fa un inno”:
“Chi, chi mi diede questi leggeri pieducci forniti di salde ossicine
pieghevoli, per saltellare spedita di ramo in ramo, di frasca in frasca?
Quegli mi diede ancora gli occhi, globetti cristallini che volgonsi e
guardano innanzi e indietro, per ispiare tutti i miei nemici, il predace
nibbio, il nero corvo, la ghiotta papera. E mi diede l’ale, molle tessuto
d’oro verde azzurro, che riflette il colore del cielo e degli alberi miei”.
S. Francesco è ricordato anche nella parte dedicata alla questione morale, dove si dice “furono i
figli di S. Francesco che predicarono la pace”.218 Con lui si ricordano i benedettini
“rappresentarono la élite intellettuale e sociale: (…) curarono i manoscritti e tesaurizzarono
l’arte” e i seguaci di S. Bernardo: “che esercitarono l’agricoltura”. «Ovvero – spiega Montessori –
si potrebbe dire che la società moderna, guidata dallo studio positivo delle leggi della vita e
dalle cure nel salvarla, si è incontrata con le leggi religiose che rivelavano le vie della vita; e va
realizzando una forma di civiltà, che ricorda in certo modo e riproduce le antiche oasi dello
spirito».219
Numerosi richiami sacri si inseriscono proprio dove si parla della questione morale, alla quale
evidentemente risultano molto funzionali. E sono ancora insegnamenti morali, netti e precisi,
quelli che la pedagogista intende offrire qui ricorrendo a citazioni scelte con cura.
L’uomo è responsabile della “rigenerazione” dei suoi simili, ma solo i santi compresero tale
verità offrendo i loro meriti a beneficio degli altri e addossandosi le colpe di tutti: «Voi renderete
conto – dice S. Giovanni Crisostomo – non della vostra salute solamente, ma di quella
universale: chi prega deve sentirsi carico degli interessi dell’intero genere umano».220
217
M. Montessori, L’Autoeducazione, cit. Parte prima, La preparazione della maestra, p. 121. Tutte le citazioni di San
Francesco sin qui riportate si trovano in questo luogo. Il Santo è già menzionato ne Il Metodo..., cit.; vedi qui Parte Prima, p.
9.
218
M. Montessori, L’Autoeducazione, cit., Parte prima, La questione morale, cit., p. 252.
219
Ibidem.
220
Ivi, p. 250. Il Santo è ricordato anche nella parte dedicata all’immaginazione (cit., p. 235): «San Giovanni, nel deserto,
“raddrizzava le vie del Signore” e purificava gli uomini dai più grossi errori. Così un metodo che dia interno equilibrio e
E a proposito della via della salvezza Montessori menziona Cristo che indica agli uomini la
strada, perché le cause del male sono troppo sottili e non direttamente visibili:
Udrete con i vostri orecchi e non intenderete: mirerete coi vostri occhi e non
vedrete.221
Eppure, l’uomo può salvarsi: «Nel giudizio finale, dice S. Matteo, saranno separati i perduti dai
salvi e il Re chiamerà questi ultimi alla sua destra dicendo:
“Venite, o eletti dal padre mio, a godere il regno che vi fu preparato fin
dall’eternità. (…)“ Allora dirà a quelli della sinistra: “Andate, maledetti, alla
perdizione eterna, perché ebbi fame e non mi rifocillaste; ebbi sete e non mi
deste da bere; infermo e carcerato, non mi visitaste. (…)”.222
La società moderna , fatta di benessere e di comodità, ha incontrato le leggi religiose che
“rivelano le vie della vita” e che riproducono in qualche modo le “antiche oasi dello spirito”. I
monaci e i conventi, in particolare, «rappresentarono – secondo Montessori – la élite intellettuale
e sociale: furono i benedettini che curarono i manoscritti e tesaurizzarono l’arte; furono i seguaci
di S. Bernardo che esercitarono l’agricoltura; furono i figli di S. Francesco che predicarono la
pace».223 E riguardo alla “carità” cristiana la pedagogista richiama San Paolo: «Quando
distribuissi ai poveri tutte le mie facoltà e quando sacrificassi il corpo ad essere bruciato, se non
ho la carità nulla mi giova. […]».224
Anche riguardo al rapporto adulti-bambini, al ruolo educativo dell’adulto, Montessori ricorre a
citazioni sacre. L’adulto ormai – sostiene la pedagogista – fa tutto al bambino, al quale non resta
più nulla neppure da mettere in bocca un po’ di pane. Ma il bambino non deve essere vestito o
nutrito materialmente, il suo scopo è “fare”. «Il diavolo fu meno crudele quando tentò Cristo nel
deserto, mostrandogli tutti i regni del mondo nella loro magnificenza: “Tutto questo io ti darò se
prostrato mi adorerai”. Ma il bambino non ha la potenza di Cristo nel rispondere:
225
“Va via, Satana; ché sta scritto: Adora il Signore Dio tuo e servi lui solo».
Se l’adulto, sembra dire Montessori, si sostituisce al bambino non gli rende un buon servizio né
gli consente di crescere, di imparare facendo, conquistando il suo mondo come Dio stesso
insegna. E dovrebbe conquistare il mondo nei suoi “fini d’elevazione, non nelle magnificenze e
comodità esterne”.226
L’amore stesso che lega madre e figli è stato additato - dalla religione prima ancora che dalla
biologia - come “forza che mantiene la vita”. «Non basta esser creati, bisogna ancora essere
amati, per vivere. Questa è la “legge” di natura. “Chi non ama è nella morte”». E qui è citato ad
allontani i più grossolani errori che soffocano le energie spirituali, prepara a ricevere la verità e a far riconoscere le “vie della
vita”».
221
Ivi, La Questione morale, cit., p. 251. Cristo è menzionato ancora, in questa stessa parte, a p. 302 e 304 e nella parte
dedicata all’Intelligenza (M. Montessori, L’Autoeducazione, cit., Parte prima, Intelligenza, p. 203-204 dove si menzionano i
miracoli e le parabole di Cristo).
222
Ivi, p. 251.
223
Ivi, p. 252.
224
Ivi, p. 253.
225
Ivi, p. 267.
226
Ibìdem.
esempio Mosè,227 che sarà ripreso anche più avanti dove si legge «Ma non bisogna dimenticare
che le lezioni morali sono brevi; e che Mosè, il padre dei sapienti, per moralizzare non un
bambino ma una stirpe, diede con semplicità dieci comandamenti, che al Cristo sembrarono
superflui. È vero però che in testa c’era la “legge” dell’amore; e che il Cristo ha dato invece del
decalogo un ampliamento della legge, che comprende in sé tutte le legislazioni e tutti i codici
morali».228
Di Santa Teresa, Montessori racconta che quando le si accostava qualche cattiva persona ella
soffriva “come se sentisse un cattivo odore” era questa “la sofferenza di un vero incomodo
interno che non poteva tollerare”. 229 Viene quindi narrata la vicenda di alcuni padri della Chiesa
che vivevano nel deserto e a cui appare d’un tratto una delle più belle ballerine di Antiochia,
coperta d’oro e di perle. Appena fu passata, il padre dei monaci disse: “Io ho provato un grande
piacere a guardarla; perché Iddio l’ha destinata a giudicarci un giorno”. E infatti, qualche giorno
dopo, quella donna, dette ai poveri i suoi beni, si vestì di cilicio e si chiuse in una cella sul Monte
Oliveto.230
La pedagogista sembra insomma voler dire che se l’uomo e la gioventù perdono la luce che
porta a un modo migliore, cadono poi in un abisso “al di sotto di tutti gli animali creati” e per
rafforzare tale visione ricorda proprio l’espressione di David
231
“Il Dio tuo, dov’è?”.
«Poiché l’uomo, alle forze proprie, può aggiungerne altre che lo spingono verso l’alto, all’infinito:
innanzi a lui, dormiente, c’è l’invisibile scala di Giacobbe percorsa da angeli che l’invitano verso
il cielo, cioè verso la vita soprannaturale. Sì, essere più che uomo. Questo è un sogno per chi
non ha fede, ma è la meta realizzabile, lo scopo della vita in chi ha la fede».
Ma le citazioni sacre compaiono, pure meno frequenti ma significative, nella parte del volume
dedicata alla Volontà dove si fa riferimento, tra le altre figure già ricordate, a Giovanna
D’Arco232: «”Nessuno s’inganni: Giovanna d’Arco non è l’istrumento cieco e passivo d’una
potenza soprannaturale. La liberatrice di Francia possiede tutta la sua personalità: essa ne dà la
prova con l’agire indipendente nelle sue decisioni e nei suoi atti”». «Io credo – spiega quindi
Montessori – che l’opera dell’educatore consista prima di tutto nel difendere le forze e dirigerle
senza perturbarle nella loro espansione: e poi nel mettere a contato l’uomo con lo spirito che è
in lui e che dovrà servirsi di lui».233
E viene ancora ricordato, poco più avanti, a proposito della fede San Tommaso234: «Incredulità
più grande di quella di S. Tommaso che disse: “Se io non tocco non credo”. Qui invece esistono
pezzi di ferro di dieci, di quaranta chili, che si possono toccare: ma l’erudito dice: “anche se
tocco, non credo”. Non basta dunque vedere per credere; bisogna credere per vedere. La fede è
che conduce la vista; non la vista che produce la fede. […]».
227
M. Montessori, L’Autoeducazione, cit., Parte prima, La questione morale, cit., p. 289.
Ivi, p. 296.
229
Ivi, p. 300. Santa Teresa è menzionata ancora in questo luogo, poco avanti a p. 302, dove Montessori scrive “Troppo
siamo lontani dal soffrire il cattivo odore di Santa Teresa, e dal godere per la visione della bianca colomba nascosta sotto le
sudice penne!”. Montessori fa riferimento alla Santa anche nella parte dedicata alla Volontà (M. Montessori,
L’Autoeducazione, cit., Parte prima, Volontà, p. 169) e in quella dedicata all’Immaginazione (M. Montessori,
L’Autoeducazione, cit., Parte prima, Immaginazione, p. 216).
p. 216) dove riposta le parole della Santa sulle rivelazioni avute da Dio.
230
Ivi, p. 301. La storia della ballerina è attribuita da Montessori al Montalembert, Les Moines d’Occident, vol. I, pag 86 citato
in questo luogo. Montalembert (1810 – 1870), filosofo giornalista e storico, nel 1860 scrisse infatti Le moines d’Occident
depuis saint Benoît jusqu’à saint Bernard, in 7 volumi.
231
Ivi, p. 302. David è citato anche nella parte dedicata all’Immaginazione, p. 233.
232
M. Montessori, L’Autoeducazione, cit., Parte prima, Volontà, p. 169.
233
Ibidem.
234
M. Montessori, L’Autoeducazione, cit., Parte prima, Intelligenza, p. 202.
228
A proposito, infine, dell’Immaginazione creatrice della scienza235 si fa riferimento a Dio e più
avanti, nel paragrafo dal titolo Anche l’immaginazione artistica si basa sul vero si ricorda Beato
Raimondo da Capua236.
Dio rappresenta per Montessori la creazione stessa che si genera dal pensiero divino «Dio
237
pensa – scrive – ed ecco la luce, l’ordine del creato, gli esseri viventi».
E l’uomo che “vuol
fare da sé”, emanciparsi da Dio e creare non può che cadere nell’impotenza, nella
schiavitù, nell’infelicità.238 «Un peccato simile – dice ancora Montessori – commette l’uomo con
l’intelligenza, allorché impiega la sua attività creativa del pensiero in se stessa, senza poggiarla
sulla verità: egli si crea allora un mondo irreale pieno d’errori, e distrugge la possibilità di creare
realmente, come un Dio, producendo opere esteriori».239 In ogni caso, prosegue la pedagogista
“l’uomo che non è religioso non è certo una persona mancante di immaginazione, ma piuttosto
mancante di equilibrio interiore: egli è, rispetto all’uomo religioso. meno sereno, meno forte alle
sventure, non solo, ma anche più barcollante nelle proprie idee. Egli è più debole e più infelice; e
invano si aggrappa alla sua immaginazione per farsi un mondo fuori della realtà. Qualche cosa
in fondo a lui grida con David:
“Dio, Dio mio, di te ha sete l’anima mia”».
240
Filosofi Pittori Musicisti241
In minor numero le citazioni di filosofi, pittori e musicisti che abbiamo quindi riunito in un unico
paragrafo.
Dove tratta dell’intelligenza, Montessori, fa riferimento a Leibniz, il primo dei due filosofi
menzionati dalla pedagogista (l’altro sarà Nietzsche), «[…] il quale applica anche all’anima i
principî della generazione. “Così io penserei” – dice il Leibniz – “che le anime che un giorno
saranno anime umane, sono state presenti nel seme, che hanno sempre esistito in forma di
corpi organizzati nei loro progenitori fin d’Adamo, cioè fin dal principio delle cose”»242.
Nietzsche è invece ripreso là dove si discute della questione morale nell’educazione dei
bambini. «Per Federico Nietzsche – scrive la pedagogista – il superuomo è un’idea senza
conseguenza pratica, strana, erronea anche innanzi alle stesse teorie dell’evoluzione alle quali
s’ispira. Essa non ha dato alcun aiuto a vincere i mali dell’umanità: anzi come una catena
verrebbe a trattenerne l’uomo in basso, cercante sulla terra i mezzi per creare da sé stesso
l’uomo superiore a sé stesso: e lo fa smarrire nell’egoismo, nella crudeltà, nella follìa»243.
L’immaginazione è invece il “regno” di pittori e musicisti. Raffaello è infatti ricordato a proposito
dell’immaginazione artistica che si basa sul vero244, e così l’opera del celebre artista è un
mistero, un “miracolo dell’intelligenza” che non può collegarsi col semplice osservare e
ragionare. «Nessuno però – spiega Montessori – può dire che l’uomo crei i prodotti artistici dal
235
M. Montessori, L’Autoeducazione, cit., Parte prima, Immaginazione, cit., p. 211
Ivi, p. 216.
237
Ivi, p. 211.
238
Ivi, p. 212.
239
Ivi, p. 213.
240
Ivi, Favola e religione, p. 233. Sul riferimento a David ci siamo già soffermati, vedi nota 110.
241
Per completare questa “ricognizione” sulle citazioni letterarie di Montessori ricordiamo infine che la pedagogista menziona
pure, anche solo di passaggio, Ippocrate, Plinio, Celso e Galeno nella parte dedicata all’Intelligenza, cit., p. 200.
242
M. Montessori, L’Autoeducazione, cit., Parte prima, Intelligenza, p. 205.
243
M. Montessori, L’Autoeducazione, cit., Parte prima, La Questione Morale, cit., p. 304.
244
M. Montessori, L’Autoeducazione, cit., Parte prima, Immaginazione, cit., p. 214. Raffaello compare insieme a Dante,
Milton, Goethe, Wagner.
236
nulla. […] L’immaginazione di Michelangelo, non seppe figurare Dio altro che sotto le forme di
un augusto vecchio con la barba bianca»245.
È evidente però che «l’artista, quando crea, non compone certo mettendo insieme le parti a
formare il tutto come in un mosaico: nello slancio dell’ispirazione egli vede in sé la figura nuova,
nata dal suo genio; ma i particolari accumulati vanno a nutrirla, come il sangue va a nutrire
l’uomo nel seno materno»246. E così, Raffaello girava per Trastevere in cerca di ispirazione, lì
erano le più belle donne di Roma e lì conobbe la Fornarina e le sue modelle, «ma la
Madonna egli la dipinse riproducendo “l’immagine del suo spirito”»247; di Michelangelo si dice
invece che passasse le serate guardando lontano, nel vuoto, e a chi gli chiedeva che cosa
guardasse egli rispondesse:
Io vedo una cupola
e fu dietro questa forma creatasi mirabilmente in lui, che sorse la famosa cupola di S. Pietro in
Roma248.
Tra i «poderosi misteri, miracoli d’intelligenza, che non possono collegarsi col semplice
osservare e ragionare» si collocano anche i musicisti e quindi, per primo, Wagner249 ricordato
poi – insieme al Bellini – dove a proposito della “Questione morale” la pedagogista si sofferma
sulla diffusa insensibilità umana: «Nessuno dice che tutti dobbiamo divenire degli esteti
miracolosi come gli scultori greci, o sensibili come dei santi; ma, se ammettiamo che passare
accanto alla bellezza dell’arte senza avvedersene sia una cosa rozza, e che confondere le
orribili goffaggini e la mostruosità con le bellezze ideali, non distinguere lo stridore delle ruote del
tram o il chiasso assordante di istrumenti stonati, da le musiche di Bellini o di Wagner, sia
qualche cosa che la civiltà non può comportare, sia una insensibilità che ciascuno, vergognoso,
nasconderebbe arrossendo, perché non ci accorgiamo che siamo appunto così, per la sensibilità
morale? Eccoci ad avere confuso tra loro delle persone virtuose e dei delinquenti, senza nulla
avvertire»250.
Dunque, secondo Montessori, la musica e l’educazione musicale hanno un posto importante
nella vita dell’uomo e nella formazione dell’individuo e questo sin dalla fanciullezza. Tant’è che
proprio all’educazione musicale viene dedicato un apposito spazio nella seconda parte
dell’Autoeducazione. E qui, terza e ultima tra le citazioni “musicali”, si accenna a Chopin
affermando che nel suonare occorre tutta espressione richiesta dalla melodia: «è necessario
suonare con esattezza, con sentimento, cioè con una interpretazione quanto è possibile, buona.
Ne risulta allora un “tempo musicale” che come ognuno sa, non è il “tempo meccanico” del
metronomo. Se è semplicemente assurdo suonare col metronomo un notturno di Chopin, è
(certo assai meno, ma sempre assai) antipatico suonare col metronomo anche un ballabile»251. I
bambini – spiega la pedagogisa - sentono il ritmo della musica con sentimento musicale,
seguono il tempo e non solo col passo ma anche con l’andatura. «Una bambina di 10 anni –
racconta – danzava al suono di un valzer di Chopin suonato con le più larghe concessioni ai
“rallentando” o “affrettando” e alle corone»252; questo perché i bambini hanno una intima
corrispondenza con la musica che va ascoltata e accondiscesa.
245
Ivi, p. 215.
Ivi, p. 220.
247
Ibìdem.
248
Ibìdem.
249
Vedi nota 123.
250
M. Montessori, L’Autoeducazione, cit., Parte prima, La Questione morale, p. 302.
251
M. Montessori, L’Autoeducazione, cit, Parte seconda, Educazione musicale, p. 577.
252
Ibìdem.
246
Anche nel caso de L’Autoeducazione dobbiamo osservare che le citazioni inserite dalla
Montessori sono lunghe e attente, sembrano riprese da libri che aveva sotto gli occhi e che
erano comunque ben presenti nella sua vita e nella sua formazione. Tuttavia, quasi mai
vengono fornite indicazioni bibliografiche precise sul luogo da cui sono tratte, sull’edizione
dell’opera o del volume eventualmente consultato. Sono come sempre richiami finalizzati a
esemplificare le sue teorie pedagogiche ed educative, come per dare loro maggiore nerbo e
determinatezza.
Altre opere di Maria Montessori
Il Bambino in famiglia253
Questo scritto raccoglie i testi di una serie di conferenze, tenute dalla Montessori nel 1923 a
Bruxelles, dove si indicano proposte per una “scuola dei genitori”. Il libro rappresenta dunque
una guida di igiene mentale per genitori ed educatori, affinché non si creino le condizioni –
anche involontariamente – di una futura incomprensione tra genitori e figli.
Non possiamo parlare, in questo caso, di vere e proprie citazioni letterarie, ma soltanto di un
paio di richiami “sacri”, se così si possono definire. L’Autrice, nell’esemplificare le caratteristiche
del bambino e le sue naturali propensioni, che l’educazione deve in qualche modo assecondare,
si riferisce a Cristo. Nel primo caso, paragona le parole di Cristo che insegnano la carità «”Non
spegnere la candela fumigante”, cioè: “Non finire di spegnere la luce che sta per estinguersi”» a
un principio fondamentale dell’educazione: «”Non cancellare i disegni che il bambino fa nella
sua cera molle interiore”»254, perché è questa la responsabilità principale dell’adulto – genitore o
educatore – verso il bambino che si sta costruendo. Più avanti, Montessori si sofferma
sull’attenzione e la cura dell’adulto nel comprendere l’anima infantile e nell’avere riguardo verso
il mondo dei piccoli. «Finora – scrive – quasi ci compiacevamo di far la parte dei giudici senza
pietà di fronte ai bambini, i quali apparivano pieni di difetti, in confronto a noi ricolmi di ogni virtù.
Ormai dobbiamo accontentarci di una parte assai più modesta. Essa corrisponde
all’interpretazione che Emerson255 dà del messaggio di Gesù: “l’infanzia è l’eterno Messia, che
continuamente ritorna nelle braccia dell’umanità decaduta per pregarla di ritornare in Cielo”».
L’abbondanza di citazioni religiose sembra così volutamente sottolineare e ribadire la sacralità
del bimbo e dell’educazione dell’infanzia, come valore da rispettare e da sostenere (Il bambino è
“padre” dell’uomo e dell’umanità,d’altra parte), senza coazioni sorde ai bisogni del fanciullo. Un
aspetto questo che si troverà ribadito più avanti, anche ne “Il segreto dell’infanzia”.
Come educare il potenziale umano256
La pedagogista espone in questo testo il suo programma per un’educazione cosmica. Nella
prima parte svela il segreto del successo del suo metodo educativo: capacità di stimolare
intelligentemente l’immaginazione creatrice del fanciullo, per risvegliarne l’interesse, e di far
germogliare i semi della scienza sempre correlati a un’idea centrale e ispiratrice: quella del
Piano Cosmico. In questo Piano tutti si ritrovano e si riconoscono nello scopo della vita:
253
M. Montessori, Il bambino in famiglia, Milano, Garzanti, 1991.
Ivi, L’educazione nuova, p. 50.
255
Ivi, Del mio metodo in generale, p. 55. L’Emerson di cui parla Montessori è, con ogni probabilità, Ralph Waldo (Boston
1803 – Massachussets 1882), filosofo, saggista e poeta statunitense, studiò alla Scuola teologica di Harvard. Nel 1829
divenne ministro della chiesa unitariana. Qualche anno dopo si avvicinò al pensiero dell’idealismo romantico tedesco e nel
1835 fondò il trascendentalismo.
256
M. Montessori, Come educare il potenziale umano, Milano, Garzanti, 1992.
254
“lavorare insieme per tutti”. Seguono cinque capitoli in cui l’autrice spiega come rivelare al
fanciullo il Piano cosmico (attraverso la storia della terra, la comparsa dell’uomo, lo sviluppo
delle prime civiltà); mentre nei tre capitoli finali si insiste sulla preparazione necessaria agli
insegnanti.
Nella parte iniziale, l’autrice esamina – tra le altre cose – la psicologia dell’inconscio e nel
sottolineare l’importanza dell’impulso ad agire per uno scopo, come fattore vitale dell’intelligenza
umana, richiama il principio di “slancio vitale” proposto dal filosofo Bergson «che ha dato questo
nome all’impulso vitale che spinge ogni creatura vivente a compiere delle esperienze per
accumulare engrammi. Questa forza induce i bambini delle nostre scuole a lavorare
spontaneamente, persistendo a ripetere la stessa esperienza finché non siano completamente
soddisfatti»257.
Un’ampia citazione è dedicata al poeta americano Oliver Wendell Holmes, il quale prendendo
spunto dall’esempio del “nautilo”, simbolo dell’evoluzione, ingiunge a se stesso:
Costruisciti dimore più grandiose, o anima mia, / Mentre il tempo passa
veloce! / Lascia il tuo passato dall’angusta volta. / Che ogni nuovo tempio,
più nobile del precedente, / Ti ripari dal cielo con una cupola più vasta, /
Fino a quando finalmente sarai libera, / E potrai abbandonare la conchiglia
ormai inutile / Nel mare infaticabile della vita.258
Secondo Maria Montessori il “potenziale umano” si educa e cresce attraverso la conoscenza,
con la curiosità e la voglia di scoprire il mondo e tutte le sue realtà. A tale proposito, fa infatti
riferimento al mondo e alla grande cultura greca antica, ricordando in particolare il caso di
Erodoto che partì alla scoperta di tutto quanto sentiva narrare sui popoli barbarici fuori dal suo
Paese. Dopo diciassette anni ritornò e scrisse quello che aveva visto, divenendo il “padre della
storia”, perché – spiega Montessori – il suo fu il primo libro del genere.259
Più avanti, la pedagogista passa in rassegna le prime grandi civiltà della storia fino ad arrivare
ad arrivare all’India, anello di collegamento tra le civiltà più antiche e le più recenti e anche punto
di scontro fra esse per le differenze inconciliabili. Molte notizie storiche si confondono poi con la
leggenda, mentre notizie più sicure si hanno sulla vita del Buddha, «il nobile Gautama, i cui
seguaci appartengono a una delle più grandi religioni esistenti, come pure sugli indù Sri
Sankaracharya e Sri Ramaujacharya, che fecero forse altrettanto per dare alla civiltà indiana
una impronta di spiritualità […]».260 Lo spirito ellenico è considerato comunque il creatore
dell’Europa, Montessori si sofferma sulle imprese di Alessandro ricordandone la voglia di
conquistare e conoscere nuove terre e paesi e la sua corrispondenza regolare con il filosofo
Aristotele.261
Dall’infanzia all’adolescenza262
Il volume si inserisce all’interno del complesso progetto pedagogico montessoriano che intende
accompagnare lo sviluppo del bambino in tutte le fasi della vita. Qui, in particolare, si segue il
percorso scolastico del bambino delineandone il passaggio dalla fanciullezza all’adolescenza e
poi alla vita universitaria.
257
Ivi, La nuova psicologia dell’inconscio, p. 38.
Ivi, Il dramma dell’oceano, p. 58. Montessori indica qui in una nota di aver citata da: Oliver Wendell Holmes, The Autocrat
of the Breakfast-Table. Boston and New York, Houghton Mifflin Company. Vol. I.: The Chambered Nautilus, versi 29 – 35.
259
Ivi, L’uomo che crea e scopre, p. 116 – 117.
260
Ivi, Le prime grandi civiltà, p. 127.
261
Ivi, Lo spirito ellenico creatore dell’Europa, p. 160 – 161.
262
M. Montessori, Dall’infanzia all’adolescenza, Milano, Garzanti, 1994.
258
Montessori evidenzia come per il fanciullo sia indispensabile avvertire la sicurezza dell’adulto,
disporre di un campo di proprie attività in tutti i periodi della vita, guidato opportunamente
dall’adulto, ma aiutato soprattutto a conquistarsi la sua libertà. Al bambino di 7 anni, per
esempio, profondamente cambiato nel corpo occorre – secondo la studiosa – preparare “dei
buoni piedi”263. Perché un tempo, al pellegrino, si offriva innanzi tutto il conforto e la cura dei
piedi stanchi e questo, ricorda, è detto anche nella Genesi:
Prendete un po’ d’acqua e lavatevi i piedi e riposatevi sotto l’albero. Io poi
recherò un boccon di pane e voi ristoratevi; poi potrete proseguire.264
«Stimoliamo la nostra immaginazione – scrive Montessori – intorno a queste basi fondamentali
della storia dell’umanità. Gabriele d’Annunzio ha detto queste parole simboliche:
265
“Io bacio i tuoi piedi che vanno…”».
Dunque la pedagogista cita qui d’Annunzio e in particolare l’atto III, scena ultima de La figlia di
Jorio e l’atto II, scena IV:
[…] ti bacerò i tuoi piedi / che sanno le vie […]
Tutto questo perché l’insegnante deve capire che il fine da perseguire non è quello immediato,
la passeggiata, ma “rendere l’essere spirituale” guidandolo in maniera tale che poi trovi da solo
la sua strada.266
Psicoaritmetica267
Il volume, pubblicato per la prima volta in lingua spagnola nel 1934, non è semplicemente un
corso di aritmetica sviluppato in conformità alle indicazioni della psicologia infantile. Esso traccia
una linea metodologica su come sia possibile costruire e sviluppare le strutture logiche della
mente del bimbo. Si tratta dunque di un piano per l’educazione matematica presentato in chiave
psicologica, con un’analisi dei fenomeni psichici in relazione al problema della conoscenza delle
strutture aritmetiche. Maria Montessori dopo aver individuato l’esistenza della “mente
matematica” ha valutato realisticamente quanto lontano possano giungere i bambini e come
possano arrivare precocemente nel mondo dei numeri e delle strutture matematiche, ma questo
purché siano aiutati a sviluppare le loro potenzialità e a seguire il loro interesse. Questo è “early
learning”: apprendimento precoce, una scoperta attualissima.
Qui, nella parte in cui la studiosa affronta il tema delle misure di valore, dei mezzi dello scambio
e quindi del baratto usato anticamente, fa riferimento all’antichità classica, ai Romani che
263
Ivi, cap. IV I bisogni del fanciullo dai sette ai dodici anni, p. 31.
Genesi 18, 4 – 5.
265
M. Montessori, Dall’infanzia all’adolescenza, cit., cap. IV I bisogni del fanciullo dai sette ai dodici anni, cit., p. 31.
266
Ivi, p. 33.
267
M. Montessori, Psicoaritmetica. L’aritmetica sviluppata secondo le indicazioni della psicologia infantile durante venticinque
anni di esperienze, prefazione di Mario Montessori, Milano, Garzanti, 1994.
264
usavano la pecora come mezzo di scambio (da pecus infatti deriva pecunia)268. A proposito
invece dei Greci che usavano come unità di valore il bue, Montessori ricorda Omero dove dice
che le armi di Diomede valevano molti buoi:
[…] Aveale [le armi] Glauco d’oro / Dïomede di bronzo: eran di quelle /
Cento tauri il valor, nove di queste.269
Montessori evidenzia poi come il sistema del baratto «non potrebbe venire usato fra gente che
viaggia, fra persone che hanno differenti abitudini e necessità» perché potrebbero venire a
trovarsi nella situazione di Alì Said nella favola che viene raccontata come esempio. Si tratta in
buona sostanza della storia di un certo Alì Said che aveva assolutamente bisogno di una barca
e si rivolse quindi a un arabo chiedendo cosa volesse in cambio. Questi rispose che non
avrebbe accettato altro che avorio. Alì Said aveva sentito dire che un tale di nome Mohamed
cercava invece della tela in cambio di avorio, ma egli non aveva neppure la tela. Un certo
Gererib, però, dava tela in cambio di fil di ferro. Ed Alì aveva fil di ferro. Così si fece lo scambio:
diede il suo fil di ferro in cambio della tela e la sua tela in cambio dell’avorio e, finalmente,
l’avorio in cambio della sospirata barca.270
Viene poi affrontata la questione delle “misure del tempo”271 e riguardo alla suddivisione della
settimana in sette giorni Montessori rinvia a Mosè che calcola appunto la creazione di 6 giorni a
cui segue il riposo. Da qui l’anno liturgico comune a tutta la cristianità suddiviso in settimane:
[…] E Dio ebbe per finita, nel settimo giorno, l’opera da Lui fatta; […].272
Per le relazioni fra misure di tempo e di valore si usa poi l’ora e le sue suddivisioni. Da qui il
calcolo del tempo necessario per compiere qualsiasi impresa e l’espressione «il tempo è
denaro» che trova nelle misure la sua giustificazione. Ed è un modo proverbiale che - come si
ricorda – appartiene al Guicciardini (Ricordi) ma con altro significato e invece nell’accezione di
questo contesto a B. Franklin (Remember that Time is Money).273
Il segreto dell’infanzia274
Il misterioso lavoro del bambino nei primi tre anni di vita e l’incarnazione dello spirito umano nel
fanciullo diventano nel segreto dell’infanzia una verità acquisita, una rivelazione a cui ognuno
può attingere suggerimenti per orientare meglio il processo formativo. Così, genitori ed
educatori, potranno conoscere più adeguatamente il mondo in cui si ambienta il metodo
montessoriano e la sua pratica pedagogica.
268
M. Montessori, Psicoaritmetica, cit., Le misure di valore, p. 419. A proposito del valore di scambio della pecora, viene qui
ripreso nella nota 30, un passo di Leopardi: “In una economia primitiva la pecora è comodo oggetto di scambio: il vendere e
comperare a pecore, non a oro e argento”.
269
Ibidem, nota 31. Si cita qui Omero, Iliade, canto VI, trad. Monti, vv. 288 – 290.
270
Ibidem, pp. 420 – 421, in particolare si veda la nota 35.
271
Ivi, Le misure del tempo, pp. 423 e sgg.
272
Ibidem, vedi soprattutto nota 45 in cui si rinvia al passo citato, tratto da Bibbia, Genesi, 1, 2.
273
Ivi, p. 425, nota 46.
274
M. Montessori, Il segreto dell’infanzia, Milano, Garzanti, 1992.
Montesssori afferma nella parte iniziale del libro, che è lo spirito del bambino che potrà
determinare ciò che sarà forse il progresso reale degli uomini e magari l’inizio di una nuova
civilizzazione. E a tal proposito ricorda che era stato già profetizzato dalla scrittrice e poetessa
svedese Ellen Key che il nostro secolo sarebbe stato il secolo del bambino.275 Su questa idea
si trovano poi “singolari coincidenze” nel primo discorso della corona pronunciato dal re d’Italia
Vittorio Emanuele III nel 1900, al principio del nuovo secolo appunto, appena successe al padre
assassinato. Il re infatti, riferendosi alla nuova età che cominciava col secolo, la definì “il secolo
dell’infanzia”.276
E forse proprio in virtù della “rivelazione” della natura e dell’animo del fanciullo a cui fa
riferimento la studiosa, le citazioni presenti in questo libro sono quasi esclusivamente – dopo
quella della Key e Dante – citazioni sacre: da Giovanni Battista, a Cristo, alla Bibbia a Erode e
Pilato.
Ed ancora con citazioni sacre Maria Montessori esemplifica il concetto di “responsabilità” da
parte degli adulti nei confronti dei bambini e della loro formazione ed educazione. Di fronte alla
«voce del giudizio finale: “Che facesti, dei bambini che ti avevo affidato?”» l’adulto, che si sente
“accusato”, si difende affermando di dedicarsi alle cure dei più piccoli in ogni modo. Ma l’accusa
che arriva dall’alto è «Denuncia degli errori inconsci: e perciò ingrandisce, conduce alla scoperta
di se stessi. E ogni ingrandimento vero viene dalla scoperta, dalla utilizzazione dell’ignoto».277
Perché ogni uomo è offeso dall’errore consapevole e attratto, invece, da quello ignoto che
«contiene il segreto del perfezionamento al di là dei limiti conosciuti e ambiti, ed eleva in un
campo superiore».278 Così, si spiega come Giona riuscì a riunire una moltitudine a Ninive
accusando tutti di essere tremendi, peccatori e affermando che se non si fossero convertiti
Ninive sarebbe stata distrutta. Giovanni Battista, dal canto suo, riunì le folle in riva al Giordano
appellando i convenuti come «“Razza di vipere”».279 «Ecco – spiega Montessori – il fenomeno
spirituale: persone che accorrono per sentirsi accusare: e accorrere è consentire, riconoscere
(…)».280 Per trattare quindi il bambino diversamente – prosegue – occorre modificare l’adulto, il
quale, affermando di fare tutto il possibile per il bambino, dichiara di trovarsi di fronte
all’insuperabile. E d’altra parte è anche vero che l’ignoto esiste per il bimbo stesso e che c’è una
parte della sua anima sempre rimasta sconosciuta.281 Più oltre, nella parte del testo dedicata al
neonato282, Montessori sottolinea ancora l’ignoranza da parte dell’adulto nei confronti dei più
piccoli e del neonato in particolare: «Il neonato, noi non lo sentiamo: per noi non è un uomo.
Quando arriva nel mondo nostro, non lo sappiamo ricevere, benché il mondo che abbiamo
creato sia destinato a lui, affinché lo continui, e lo faccia avanzare verso un progresso superiore
al nostro.»283
Tutto ciò ci ricorda le parole di San Giovanni Evangelista:
Egli venne al mondo / e il mondo fu creato per Lui, / ma il mondo
non lo riconobbe. / Venne nella sua stessa casa. / e i suoi non lo
ricevettero.284
275
M. Montessori, Il segreto dell’infanzia, I. Il secolo del bambino, p. 4. Nello stesso anno in cui Montessori si laureò in
Medicina, nel 1896, la femminista svedese, Ellen Key, pedagogista progressista, ne L’uso errato del potere delle donne
critica l’egualitarismo delle donne della classe media che perseguono le stesse ambizioni degli uomini, e in Psicologia delle
donne e logica femminile riabilita le specificità femminili.
276
Ibidem.
277
M. Montessori, Il segreto dell’infanzia, cit., II. L’accusato, p. 12.
278
Ibidem.
279
Ivi, p. 13.
280
Ibidem.
281
Ibidem.
282
Ivi, IV. Il neonato, pp. 32 – 33.
283
Ivi, p. 33.
284
Ibidem.
E ancora con l’esempio di San Giovanni Battista la pedagogista torna a ribadire l’importanza
dell’ambiente nel suo metodo educativo e il ruolo dell’adulto e del maestro nell’educazione del
bambino: «Anche la figura nuova del nostro maestro ha suscitato interesse e discussioni: il
maestro passivo, che toglie innanzi al bambino l’ostacolo della propria attività, della propria
autorità, affinché si faccia attivo il bambino; e che è soddisfatto quando lo vede agire da solo e
progredire senza attribuirne a se stesso il merito. Deve ispirarsi ai sentimenti di San Giovanni
Battista: “Conviene ch’egli cresca e che io diminuisca”.»285
Non solo, «Senza il bambino che l’aiuta a rinnovarsi, l’uomo degenererebbe. Se l’adulto non
cerca di rinnovarsi, una dura corazza si va formando attorno al suo spirito e finisce col renderlo
insensibile: e in questo insensato modo il suo cuore si perderà! Questo ci fa pensare alle parole
del giudizio finale, quando Cristo, rivolgendosi ai dannati, a coloro che mai hanno utilizzato i
mezzi di rinascita incontrati durante la vita, li maledice:
- Andate, maledetti, perché m’incontraste malato e non mi curaste!
Ed essi rispondono:
Ma quando mai, Signore, t’incontrammo malato?
Tutte le volte che incontraste un povero, un malato, ero io. Andate,
maledetti, perché mi trovavo in carcere e non mi visitaste.
Oh, Signore, quando mai ti trovasti in carcere?
286
In ogni carcerato ero io. »
Una scena evangelica che, secondo Montessori, dovrebbe essere applicata pure al bambino
perché così «vedremmo che Cristo aiuta tutti gli uomini sotto le sembianze del bambino».287
Io t’ho amato, son venuto a svegliarti la mattina, e tu mi respingesti.
Ma quando mai, o Signore, sei venuto a casa mia la mattina, a
svegliarmi, e io ti respinsi?
Il figlio delle tue viscere che venne che venne a chiamarti, ero io.
Colui che ti pregava di non lasciarlo, ero io!288
Dunque, spiega in conclusione Montessori, «era il Messia che veniva a svegliarci e ad
insegnarci l’amore! E noi pensavamo che si trattasse d’un capriccio infantile e così perdemmo il
nostro cuore!».289
E alla Bibbia rinvia anche l’immagine montessoriana del bambino “costruttore” dell’uomo. «Il
lavoro infantile è di specie e potenzialità molto diverse, potremmo quasi dire opposte: è un
lavoro incosciente, realizzato da un’energia spirituale che si sta sviluppando, un lavoro creatore
che ricorda la simbolica descrizione della bibbia, dove, parlando dell’uomo, la scrittura dice
soltanto che “fu creato”. Ma come fu creato? Come ricevette, cotesta creatura vivente, gli
285
M. Montessori, Il segreto dell’infanzia, cit., Parte Seconda, XVIII. L’educazione del bambino, p. 147.
M. Montessori, Il segreto dell’infanzia, Parte Prima, cit., XVII. Intelletto d’amore, pp. 141 – 142.
287
Ivi, p. 142.
288
Ibidem.
289
Ibidem. E ancora al Cristo è dedicata la più ampia citazione sacra (M. Montessori, Il segreto dell’infanzia, Parte Prima,
cit., IV. Il neonato, cit., p. 23), sulla quale Montessori non fornisce indicazioni bibliografiche, anche se subito dopo fa
riferimento a Giovanni Evangelista.
286
attributi dell’intelligenza e del potere su tutte le cose della creazione, benché procedesse dal
nulla? Possiamo osservare e ammirare questo fatto, in tutti i suoi particolari, nel bambino, in
tutti i bambini. Tutti i giorni i nostri contemplano il meraviglioso spettacolo (…)».290
E ancora a proposito dell’educazione del fanciullo Montessori scrive: «Si ripete così per il
bambino la drammatica situazione di Cristo, mandato e rimandato da Erode a Pilato,
palleggiato fra due poteri, ognuno dei quali vorrebbe abbandonarlo alla responsabilità dell’altro.
Nessuna voce si alza in sua difesa, anche se c’è una voce che dovrebbe difenderlo, quella del
sangue, quella che rappresenta il potere della vita: l’autorità umana dei genitori. Quando la
coscienza dei genitori si risveglierà, essi non faranno come Pilato, che per difendere il Messia
ne negò la divinità, lo fece flagellare e lo umiliò per primo dicendo: “Ecce Homo”».291 Dunque,
prosegue la pedagogista, «Il bambino passerà attraverso la Passione di Cristo. Ma l’inizio di
tutto sta in quell’ecce homo. Qui l’uomo non porta Dio in sé, è come svuotato, ed è stato già
umiliato e flagellato dall’autorità superiore che l’avrebbe potuto difendere. Poi fu trascinato dalla
moltitudine, dall’autorità sociale. La scuola è stata luogo di profonda desolazione per il bambino.
Quegli enormi edifici sembrano essere stati edificati per una moltitudine di persone adulte. Ivi
tutto è proporzionato all’adulto: finestre, porte, lunghi corridoi, aule nude e uniformi. E lì dentro,
nel succedersi di molte generazioni, il bambino ha vestito l’uniforme nera, di lutto, durante tutta
l’infanzia. La famiglia lo lasciava solo, abbandonato, sulla soglia di quell’edificio (…)».292
A tale proposito, dunque, Montessori cita ancora Dante, come abbiamo visto tra gli autori più
frequentati nei suoi scritti e prosegue: «(…) quella porta infatti era una difesa, una separazione
netta di due campi e di due responsabilità. E il bambino, piangente e privo di speranza, col
cuore oppresso dal timore, pareva leggesse sopra quella porta l’iscrizione dantesca: “Per me si
va nella città dolente…”, nella città abitata da gente perduta, abbandonata dalla Grazia! Una
voce severa e minacciosa li invitava a entrare insieme con molti sconosciuti compagni,
considerati tutt’insieme come esseri cattivi che debbono essere castigati:
Guai a voi, anime prave!
E dove dovrà andare? Andrà dove vorrà colui che ordina e comanda. È già stato classificato, e
qualcuno farà da Minosse che, attorcigliandosi la coda attorno al corpo, indicava all’anima
maledetta il luogo a cui essa era destinata: in Prima, in Seconda, in Terza o in Quarta, dove si
soffrono pene eterne e non c’è possibilità di sfuggire. (…)».293
Così, il povero bambino, una volta entrato in classe è solo, “la maestra chiude la porta”. «Da
quell’istante essa è padrona e signora, e comanderà a quel gruppo di anime senza testimoni e
senza appello. La famiglia e la società hanno consegnato il bambino alla sua autorità».294
E qui la pedagogista si sofferma sulla “violenza” di un metodo che costringe i bambini ad
obbedire alla maestra, limitati in ordine sotto i banchi, immobilizzati come Cristo in croce,
impossibilitati ad esprimere le proprie idee e la propria creatività: «(…) la piccola testa umiliata
dalla sottomissione sembrerà sanguinante come per una corona di spine. Quel cuore pieno
d’amore sarà trafitto dall’incomprensione del mondo come da una spada, e amaro gli sembrerà
290
M. Montessori, Il segreto dell’infanzia, cit., Parte Terza, XLIV. Le caratteristiche delle due specie di lavoro, p. 272.
M. Montessori, Il segreto dell’infanzia, cit., Parte Terza, XLVIII. I Diritti del bambino, p. 304.
292
Ivi, p. 305.
293
Ibìdem.
294
Ibidem.
291
quel che la cultura gli offre per spegnere la sua sete. È preparato il sepolcro per l’anima sua
(…)».295
Il percorso del fanciullo è quindi paragonato al calvario di Cristo nell’incomprensione e
nell’ingratitudine dell’umanità.
Ma fortunatamente il bambino risuscita sempre e torna a vivere tra gli uomini fresco e sorridente:
«Il bambino è l’eterno Messia, che sempre ritorna tra gli uomini decaduti, per condurli nel regno
dei Cieli».296
La scoperta del bambino297
“La scoperta del bambino” rappresenta un po’ la sintesi e il coronamento degli scritti in cui Maria
Montessori ha delineato il suo metodo pedagogico, basato sul lavoro creativo cui è chiamato
l'insegnante. Il volume segue lo sviluppo psicologico del bambino da quando, dopo il segreto
travaglio dell'apprendimento del linguaggio, si volge al mondo che lo circonda, fino agli anni
dell'insegnamento elementare. Sottolineando l'incessante interazione tra le percezioni del
bambino, i suoi atti e la mente che acquisisce, illustra il materiale montessoriano e il suo uso
negli esercizi pratici e sensoriali. Centrali sono anche il tema della formazione dell'insegnante e
la polemica contro i pregiudizi che pesano sullo sviluppo della mente infantile.
Per spiegare le sue teorie la studiosa si avvale di riferimenti vari: dai poeti Shakespeare,
Goethe, Dante; alle citazioni sacre di Gesù Cristo, Saul, Isaia, Ezechiele; alla menzione di
Rousseau, Victor Hugo e Raffaello.
Bisogna «far nascere nella coscienza del maestro “l’interesse alla manifestazione dei fenomeni
naturali” in genere, fino al punto che egli ami la natura e conosca l’aspettativa ansiosa di chi ha
preparato un esperimento per attenderne la rivelazione (…). Gli strumenti sono come l’alfabeto e
bisogna saperli manovrare per poter leggere la natura (…). Ora chi compitasse potrebbe leggere
a rigore le parole del sillabario, come quelle di un’opera di Shakespeare, purché in quest’ultima
la stampa fosse abbastanza chiara. (…) Dobbiamo invece renderci interpreti dello spirito della
natura; similmente a colui che pur avendo un giorno imparato a compitare giunge a leggere
attraverso i segni grafici il pensiero di Shakespeare, o di Goethe, o di Dante».298
Dall’acquisizione degli elementi di base, come le lettere dell’alfabeto, si può arrivare alla lettura
di opere importanti; così pure avviene di fronte alla natura rispetto alla quale Montessori ritiene
necessario che «i maestri, abbastanza iniziati nello spirito dello scienziato”, si confortino nel
pensiero che ben presto dovranno provare, diventando osservatori dell’umanità»299 e questo
attraverso l’educazione del fanciullo. E per dare un’idea di questa preparazione dello spirito, la
studiosa suggerisce di interpretare «l’anima schietta dei primi seguaci di Gesù Cristo, i quali
sentivano da Lui parlare di un regno di dio alto, grandioso al di là di quanto possa concepirsi
sulla Terra». Al discepolo che gli chiede:
Maestro, come sarà il più grande di tutti, nel regno dei Cieli?
risponde:
295
Ivi, p. 306.
Ibidem. A proposito di quest’ultima citazione, la Montessori cita Emerson: Ralph Waldo Emerson (Boston 1803 –
Massachussets 1882), filosofo, poeta saggista e predicatore.
297
M. Montessori, La scoperta del bambino, Milano, Garzanti, 1950. Si veda qui , a proposito de L’Autoeducazione, cit., la
nota 47.
298
M. Montessori, La scoperta del bambino, cit., p. 6. Il concetto è già espresso ne Il Metodo, cit., vedi qui p. 4 e nota 22.
299
Ivi, p. 8.
296
Chi potrà farsi simile a questo fanciullo, quegli sarà il più grande nel regno dei Cieli300.
Un’azione fondamentale per l’educazione è quella dell’incoraggiamento, del conforto, dell’amore
e rispetto: leve dell’anima umana come le chiama Montessori. «Senza ciò lo stimolo esterno più
perfetto passa inosservato, come il sole innanzi a Saul, che esclama:
301
Questa?... è caligin densa!»
A tal proposito si cita anche una profezia di Ezechiele che aveva fatto profonda impressione a
una delle maestre montessoriane dell’istituto dei deficienti, perché le era parsa la profezia
dell’educazione dei deficienti. La citazione compare già, con lo stesso significato, ne Il Metodo e
l’abbiamo ripresa qui nella Parte Prima302.
E più avanti nel testo - dove si parla della Storia della scoperta di una educazione scientifica per
bambini normali303 - compare un’ampia citazione da Isaia (capitolo 60)304 anche questa già
utilizzata ne Il Metodo.
Insomma, attraverso la scuola e l’educazione il bambino deve sorgere a nuova luce e vita
esprimendo la sua libertà.
«È necessario che la scuola “permetta il libero svolgimento dell’attività del fanciullo” perché vi
nasca la pedagogia scientifica: questa è la riforma essenziale. Nessuno potrà osare
l’affermazione che tale principio sia già acquisito alla pedagogia e alla scuola. È vero che
qualche pedagogista – auspice il Rousseau – espresse fantastici principi e vaghe aspirazioni di
libertà infantile: ma il vero concetto di “libertà” è affatto sconosciuto ai pedagogisti».305
Restrittivi restano i metodi educativi e disciplinari che costringono il bimbo a comportarsi secondo
modelli stabiliti dagli adulti, che reprimono così l’espressivvità e la creatività infantile. A proposito
infatti di “Disciplina e libertà” nell’educazione dei fanciulli306 Montessori cita il romanzo di Notari
Mio zio miliardario, già ripreso ampiamente e negli stessi termini ne Il metodo della Pedagogia
Scientifica applicato all’educazione infantile nelle Case dei Bambini, di cui ci siamo occupati qui
nella Parte Prima. Ricorda quindi la critica da parte di Notari ai costumi di quel tempo che faceva
risaltare in senso negativo un esempio di antichi metodi disciplinari. 307
Molto importante inoltre è l’ambiente in cui il bambino vive, perché il metodo di osservazione è
stabilito sulla base del fatto che i più piccoli possano liberamente esprimersi, rivelando bisogni e
attitudini che altrimenti restano nascosti e repressi se l’ambiente è inadatto a permettere la loro
attività spontanea.308 E così Montessori descrive gli arredi e gli ambienti delle sue “Case dei
bambini” ricordando ancora - come già ne Il metodo della Pedagogia Scientifica309 - un quadro
grande a colori che riproduce la Madonna della Seggiola di Raffaello, scelto proprio a figurare
300
Ibidem.
Ivi, p. 29. Stessa citazione presente ne Il Metodo e qui riportata nella Parte Prima, vedi p. 10 e nota 43.
302
Ibidem. Vedi qui Parte Prima, p. 8.
303
Ivi, p. 36.
304
Anche per la citazione da Isaia: ivi, pp. 37 – 38. Abbiamo riportato la citazione nella Parte Prima, p. 10 e nota 42.
305
Ivi, p. 10.
306
M. Montessori, La scoperta del bambino, cit., Disciplina e libertà, ivi, pp. 53 - 54.
307
Si veda in particolare la parte prima di questo saggio, p. 6, nota 31.
308
M. Montessori, La scoperta del bambino, cit., L’ambiente, ivi, pp. 50 309
Si veda ancora la parte prima di questo saggio, p. 9, nota 39.
301
come emblema e simbolo delle “Case”, che rappresentano un progresso sociale e dell’umanità e
che sono strettamente collegate con l’elevazione materna e il progresso della donna.
“La scoperta del bambino” si chiude con il Discorso inaugurale in occasione dell’apertura di una
“casa dei bambini” nel 1907 quando Montessori, inaugurando appunto la seconda “Casa” in un
quartiere povero come quello di San Lorenzo spiega l’importanza di una grande opera di
risanamento avviata già dall’Istituto Romano di Beni Stabili e sancita dalle Case per i Bambini
sorte non a caso in una zona di Roma prima abbandonata alla sua miseria e desolazione. A tal
proposito, la studiosa ricorda come i tempi siano cambiati rispetto a quando Victor Hugo
raccontava la vita dei poveri mescolati ai ricchi e non segregati in “ghetti”, ignorati da tutti senza
misericordia né attenzione umana o civile. E torna a ribadire l’importanza di vivere in ambienti
puliti, imparando a rispettarli e custodirli per condurre una vita più sana, acquistando il senso
della casa e della pulizia e accogliendo un nuovo orgoglio collettivo per il quartiere in cui si
vive.310
Dall’educazione del fanciullo può dipendere una vita nuova e una nuova umanità, perché nel
bimbo vi sono i principii sani e le radici di un’esistenza incontaminata che va solo orientata nella
giusta direzione, lasciando poi che il bambino cammini da solo verso l’uomo che può diventare.
Alcune riflessioni
I richiami fatti dalla Montessori, anche negli scritti esaminati in questa seconda parte, spaziano
dalla poesia e letteratura, alla filosofia, pittura e musica, alla religione. Sono puntuali e accurati,
fanno dunque parte di un bagaglio intellettuale messo a disposizione della dottrina pedagogica e
della pratica educativa.
I rinvii agli Autori e le rispettive citazioni evidenziano un’accurata conoscenza dei testi ricordati,
che risultano come sempre fatti propri dalla pedagogista e questo anche quando l’Autore è solo
menzionato rapidamente.
Il panorama al quale la pedagogista volge l’attenzione si conferma dunque quello poeticoletterario italiano e straniero, moderno e classico: Omero, Dante, Virgilio, Alfieri, d’Anunzio,
Manzoni, Guinizelli, Carducci, Ada Negri, Lina Schwarz, Guicciardini; Oliver Wendell
Holmes, B. Franklin, Ellen Key, Victor Hugo, Shakespeare, Goethe.
Montessori mostra di conoscere bene opere e Autori ricordati, i quali sembrano essere parte
delle sue letture e forse delle sue preferenze. I brani poetici e letterari servono sempre ad
esplicitare le sue idee e teorie pedagogiche sulla natura del fanciullo e sul modo più adeguato di
comprenderla e di educarla. I richiami sono spunti di riflessione che assumono una dimensione
pedagogica, connessa alla formazione dei valori umani, partendo dall’infanzia e dai metodi
educativi adottati per rimandare alle maestre e agli adulti di riferimento.
Dante risulta ancora il più presente anche tra tutti i poeti e gli scrittori presenti. A lui sono
dedicate le citazioni e gli spazi più estesi. Sembra che, oltre a essere Poeta sommo, sia per
Montessori maestro di vita e di principi morali, educativi. La pedagogista lo richiama con
puntualità e pare conoscere molto bene la sua opera, ne ripropone di frequente passi,
specialmente dalla Divina Commedia, un’opera che crediamo molto amata dalla pedagogista
marchigiana, che del Poeta conosce pure altri scritti come la Vita Nuova di cui ripropone dei
passi.
310
M. Montessori, La scoperta del bambino, cit., Discorso inaugurale in occasione dell’apertura di una “casa dei bambini” nel
1907, ivi, pp. 364 sgg.
Grande peso rivestono poi le citazioni sacre, abbondanti e assai ricorrenti: da San Francesco, a
San Giovanni Cristostomo e Battista, a San Paolo, Mosè, Santa Teresa, David, Giacobbe,
San Tommaso, Saul, Isaia, Ezechiele e altre ancora.
Numerosi di questi richiami si inseriscono per esempio dove si affrontala questione morale, alla
quale evidentemente risultano assai funzionali. E sono ancora insegnamenti morali, netti e
precisi, quelli che la pedagogista intende offrire ricorrendo a citazioni scelte con cura.
L’abbondanza di riferimenti religiosi sembra così volutamente sottolineare e ribadire la sacralità
del bimbo e dell’educazione dell’infanzia; il bambino è “padre” dell’uomo e dell’umanità, va
guidato verso la luce, verso l’espressione della sua libertà senza coazioni sorde ai suoi bisogni
da parte dell’adulto. Solo guidato nell’espressione di sé e della ricchezza che ha dentro, il
bambino potrà costruire una nuova umanità. Aspetti che la pedagogista sostiene in tutta la sua
opera avvalendosi altresì, come abbiamo di volta in volta sottolineato, delle stesse citazioni di
autori e testi.
Ci sono inoltre filosofi, pittori e musicisti: Leibniz, Nietzsche, Giordano Bruno, Rousseau,
Aristotele, Bergson, Erodoto, Chopin, Bellini, Wagner, Raffaello utilizzati per valorizzare
uno stesso contesto pedagogico.
Anche nel caso de L’Autoeducazione (la prima opera su cui ci siamo soffermati in questa
seconda parte e la più ricca di citazioni) e degli altri scritti montessoriani passati in rassegna,
dobbiamo osservare che i riferimenti scelti dalla Montessori sono attenti e mirati, ben presenti
nella sua formazione e nel suo panorama formativo. Sono diverse le volte in cui non vengono
fornite indicazioni bibliografiche precise sul luogo da cui sono tratte, sull’edizione dell’opera o del
volume eventualmente consultato. Si tratta però sempre di richiami tesi a esemplificare la sua
pedagogia, che sembra così acquistare maggior nerbo, impreziosendosi di esempi culturali di
spessore presi a prestito dal mondo intellettuale italiano e straniero di epoche differenti.
Non è pedanteria quella della Montessori né erudizione fine a se stessa o tanto meno
esibizione di sapere, perché essa utilizza i riferimenti con grande disinvoltura e con un
linguaggio discorsivo che talvolta pare tipico del suo discorrere abituale, ma certo non per
questo inconsapevole o casuale.311
I Bambini di Makarenko e di Montessori: due pedagogisti – educatori a confronto312
Questo contributo è stato pensato e costruito a partire dal libro di Nicola Siciliani de Cumis dedicato ai
bambini di Makarenko e al Poema pedagogico313; ed è nato con l’idea e il desiderio di diventare in
311
Elenco degli Autori citati: Ada Negri; Alfieri, Alì Said, Aristotele, Beato Raimond, da Capua, Bellini, Bergson, Buddha,
Carducci, Cavallotti, Celso, Chopin, D’Annunzio, Dante, David, Dio, Erode, Erodoto, Ezechiele, Franklin, Fucini, Galeno,
Gesù Cristo, Giacobbe, Giona, Giordano Bruno, Giovanni Battista, Giotto, Giovanna D’Arco, Goethe, Gorkij, Guicciardini,
Guinizelli, Holmes, Hugo, Ippocrate, Isaia, Key, Leibniz, Leopardi, Lina Schwarz, M.me de Héricourt, Manzoni, Mazzoni,
Metastasio, Michelangelo, Milton, Mosè, Nietzsche, Notari, Omero, Pilato, Plinio, Prati, Raffaello, Rolli, Rousseau, San
Francesco, San Giovanni, San Giovanni Crisostomo, San Giovanni Evangelista, San Matteo, San Paolo, Santa Teresa, San
Tommaso, Saul, Shakespeare, Tagore, Tolstoj, Virgilio, Wagner, Wordsworth, Zanella.
312
In corso di pubblicazione in “Laboratorio Montessori di Teoria e Storia dell’Educazione”, Annuario 2007, vol. II, a cura di
Furio Pesci e Paola Trabalzini.
313
Nicola Siciliani de Cumis, I bambini di Makarenko. Il Poema pedagogico come “romanzo d’infanzia”, Pisa, Edizioni Ets,
2002. Il volume, dopo la Premessa e l’Introduzione dedicata al Poema e all’infanzia/e di cui tratta, si divide in tre parti: la
Parte Prima, in quattro capitoli, è incentrata sull’analisi accurata del Poema Pedagogico di Makarenko e in particolare su: Il
“Poema pedagogico”, “romanzo di formazione” (pp. 49-61); La colonia “M. Gor’kij” e le sue “infanzie” (pp. 63-80); I “piccoli”
della “seconda generazione” (pp. 83-91); I bambini del “Poema”, tra “pedagogia” ed “antipedagogia” (pp. 95-107). La Parte
qualche modo il “paragrafo” o il “capitolo” che ancora non c’era in quel volume “aperto”, un volume
che si pone come un laboratorio di studi e di ricerche in fieri.
Siciliani de Cumis, spiegando la struttura del libro, dice: “(…) Di qui la stessa tripartizione del volume:
1) sul testo del Poema pedagogico, in quanto scrittura ed azione educativa compiutasi nel suo tempo;
2) su alcuni dei possibili usi didattici dell’esperienza storica rappresentata, ma in tempi e luoghi pur
diversi dall’allora; 3) sulle circostanze più o meno prossime, geopolitiche ed etico-sociali, in cui è
avvenuta l’operazione di rilettura del Poema pedagogico, benché alla distanza. Sarà quindi possibile –
si chiede Siciliani – per analogia e per differenza, ritrovare nel presente, le fila di una proposta
educativa (quella di Makarenko nel Poema pedagogico), proprio in quanto può ‘servir o ‘non servir,
proprio in quanto risulta ‘superata’ ed al tempo stesso ‘nuova’?”.314
“Quale l’infanzia”, si chiede quindi de Cumis, “di cui Makarenko discorre nel Poema pedagogico?
Quanti e quali, i ‘piccoli’ che si trovano descritti in questo ‘romanzo di formazion? Quali e quanti i
bambini che, anche al di là delle pagine del Poema e ben oltre i limiti storici dell’esperienza
professionale ed artistica di Makarenko, convergono attualmente nello stesso ordine di problemi in cui
viene ad iscriversi questa lettura del romanzo come ‘romanzo d’infanzia’? Può in qualche modo, il
fenomeno dell’abbandono dei minori, così drammaticamente presente e crescente nei paesi dell’ex
URSS e nel resto del mondo odierno, trovare una qualche chiave di interpretazione e di intervento
315
nell’antipedagogia di cui Makarenko rende da par suo straordinaria testimonianza? (…)”.
“(…) Il testo di Makarenko risulta popolato, oggettivamente, da bambini di tutte le età (da quella
prenatale a quella da zero a due anni, a quelle via via successive fino ai dieci-dodici anni); e che
d’altra parte, nell’intero Poema, il bambino, i bambini non solo sono largamente presenti e
pedagogicamente influenti, ma – a ben guardare – essi sono i veri protagonisti della vicenda narrata
316
ed i reali destinatari del modello educativo sperimentato”.
“(…) I bambini.” sono “anche e
soprattutto l’elemento umano primario e la realtà poetico-educativa vivente del proposito pedagogicoletterario di Makarenko. I bambini, come laboratorio del disegno rivoluzionario, geniale, che è nel
Poema: di mettere in scena l’uomo nuovo, nell’attimo stesso del suo ‘venire al mondo’, sia come
destinatario sia come mittente di un’infanzia ‘altra’. I bambini, come misura (tra quantità e qualità)
della operatività non velleitaria del virtuale. I bambini coautori essi stessi, in qualche modo, del Poema
317
pedagogico come ‘romanzo d’infanzia’ “.
Il Poema pedagogico si rivela insomma “come documento del suo tempo, negli anni Venti-Trenta del
secolo scorso; il Poema pedagogico come documento del nostro tempo, negli anni della svolta del
318
millennio. E guardando al futuro”.
Da tutte queste riflessioni è sorto un immediato confronto con Maria Montessori e un ragionamento sul
possibile “collegamento”– con vicinanze e differenze - tra la pedagogista italiana e il pedagogista
russo.
seconda, in un unico capitolo, tratta de “Il Poema pedagogico” di Anton S. Makarenko, e dintorni (pp. 113-161) facendo
riferimento alle giornate di studio a L’Aquila dedicate ai temi makarenkiani e comprendendo dieci schede didattiche con
immagini fotografiche e notizie storiche su Makarenko e sul Poema, sui suoi “bambini”, sui bambini abbandonati in URSS
negli anni Venti e su quelli di oggi, sull’abbandono dell’infanzia nel mondo. La Parte Terza, in quattro capitoli, è dedicata a
L’erranza come scuola della “prospettiva” (pp. 169 –173) e quindi ad esperienze vicine a quella di Makarenko in altri contesti
spazio-temporali: dall’Ipm Casal del Marmo a Roma (pp. 179 sgg.), al confronto tra Makarenko e altre importanti figure della
nostra cultura e storia moderna e contemporanea: da Dickens, a Tolstoj, da Yunus a Dewey, a Volpicelli.
Il libro si conclude con la sezione dedicata alle Appendici: la I ospita documenti su Bambini abbandonati nell’Europa dell’Est
post-comunista (pp. 257-274); la II si intitola I bambini di Makarenko, l’Infanzia di Gor’kij (pp. 285-290). Infine, l’Indice dei
nomi (p. 295) e quello delle tematiche ricorrenti (pp. 299 sgg.).
314
Nicola Siciliani de Cumis, I bambini di Makarenko, cit., Premessa, p. 13. Si veda qui la nota 1.
315
Ivi, p. 12.
316
Ibidem.
317
Ivi, p. 12-13
318
Ivi, Introduzione, pp. 17-18.
Abbiamo così scoperto che Montessori si era occupata, con molto anticipo, di tali temi pubblicando
degli articoli – sui quali ci soffermeremo più avanti - dedicati proprio alla devianza minorile in Italia, ai
carceri per minorenni e all’educazione dei minori reclusi; articoli scritti a inizio ‘900 che ci risultano tra
319
l’altro poco se non per nulla conosciuti e divulgati.
Questa nostra “indagine” si sviluppa quindi attraverso un esame ulteriore del volume di Siciliani, per
320
poi passare al Poema pedagogico di Makarenko . Infine, ci dedicheremo proprio agli scritti di
Montessori e tenteremo un confronto - per prossimità e discordanze - con il pedagogista russo.
Se dunque il libro di Siciliani ci ha offerto lo “spunto” di partenza per la ricerca, la nostra attenzione si
rivolge soprattutto alla Montessori, sia in ragione del fatto che alla studiosa ci siamo dedicati
variamente, frequentandone aspetti diversi, sia per esserci occupati variamente degli Istituti penali per
321
i minorenni italiani, tra legislazione e procedure di intervento.
1) Sui bambini di Makarenko di Nicola Siciliani de Cumis
322
Breve profilo di Makarenko
323
Come si legge nel libro di Siciliani de Cumis , Anton Semënovič Makarenko nasce a Belopol’e
(Ucraina) nel 1888 da famiglia operaia. Si diploma in un corso magistrale accelerato e diventa
maestro a 17 anni; in seguito frequenta l’Istituto pedagogico ucraino diventando ‘maestro principal
(direttore didattico). Durante la rivoluzione è ammiratore di Maxim Gor’kij, celebre autore socialista da
cui proviene il primo invito a diventare “educatore” piuttosto che narratore, sua iniziale aspirazione: “la
324
rivoluzione ha bisogno più di educatori che di scrittori” . Nel 1920 a Makarenko viene affidata la
direzione di un istituto di rieducazione per ragazzi traviati o abbandonati ed è da questa esperienza
che trarrà le sue opere più conosciute: il Poema pedagogico e Bandiere sulle torri. I suoi principi
pedagogici si sviluppano proprio nel corso di questa sperimentazione vissuta.
“Nel suo universo ideale – si legge nel libro di de Cumis – troviamo delle opposizioni polemiche: alla
pedagogia accademica, alla visione spontaneistica dello sviluppo, e alla scienza positiva del bambino
(pedologia) che pretende di fornire indicazioni sufficienti alla pratica educativa. Makarenko mostra,
invece, un’adesione incrollabile ad una prospettiva pedagogica in armonia con la linea marxistasovietica. Ciò traspare nei motivi fondamentali del suo pensiero. Vi troviamo, infatti, una profonda
saldatura tra teoria e prassi, nel senso che bisogna estrarre la teoria dalla somma dei fenomeni reali.
È evidente in Makarenko anche una quasi identità tra atto politico e atto pedagogico, giacché entrambi
sono connessi all’idea di trasformazione: la politica è il campo che offre all’educazione i fini concreti,
strettamente legati alle necessità sociali, alle aspirazioni del popolo sovietico, e agli obiettivi della
rivoluzione. L’uomo non è chiuso da nessun determinismo precostruttivo, non c’è un sistema
319
Ecco gli articoli sui quali ci soffermiamo: M. Montessori, A proposito dei minorenni corrigendi, in “La Vita”, 2 (3 giugno
1906), n. 153, p. 3; M. Montessori, Gli odierni riformatori pei minorenni corrigendi. (La riforma Doria), in “La Vita”, 2 (6 giugno
1906), n. 156, p. 3; ?????? Rossana, A proposito delle case di correzione, in “La Vita”, 2 (12 giugno 1906), n. 162, p. 3; M.
Montessori, Sulla questione dei minorenni corrigendi, in “La Vita”, 2 (16.06.1906), n. 166, p.3; M. Montessori, Per i minorenni
delinquenti. L’organizzazione nel Riformatorio di S. Michele, in “La Vita”, 2 (14.07.1906), n. 194, p.3; M. Montessori, Ancora
sui minorenni delinquenti. L’amore, in “La Vita”, 2 (6.08.1906), n. 217, p.3; M. Montessori, Lottiamo contro la criminalità. (È
necessario salvare l’uomo a traverso il fanciullo), in “La Vita”, 2 (8.09.1906), n. 249, p. 3. Il testo degli articoli lo abbiamo
trascritto dagli originali e lo riportiamo qui in Appendice, integralmente.
320
A. Makarenko, Poema pegadogico, Traduzione in italiano, Edizioni Raduga, 1985.
321
Germana Recchia ha conseguito il dottorato di ricerca in “Metodologia della ricerca educativa”, con una tesi su: Esigenze
formative dei minori detenuti e metodologie educative dell’Istituto penale per i minorenni, tra legislazione e procedure di
intervento. Un estratto del lavoro è stato pubblicato in “I quaderni di legislazione minorile”, 1 (1999), pp. 128 – 170, col titolo:
Aspetti educativi del DPR 448/88 e del Decreto Legislativo 272/89: Messa alla prova e Mediazione penale. Anche all’interesse
per questi temi si lega in qualche modo la presente indagine su Montessori e i minori corrigendi.
322
Nicola Siciliani de Cumis, I bambini di Makarenko, cit., vedi nota 1.
323
Nicola Siciliani de Cumis, I bambini di Makarenko, cit, Parte Seconda, Profilo di Makarenko, pp. 125 – 130.
324
Ivi, p. 126.
normativo da rispettare, né potenzialità innate dell’individuo da sviluppare; esiste solo un uomo nuovo
da creare. L’ordine soggettivo viene sostituito in questo contesto da un ordine oggettivo; nella
coscienza deve essere radicato un profondo senso della partecipazione ad un’oggettività storico325
politica che trascende il singolo.”
L’organo deputato alla realizzazione di questo progetto pedagogico è il collettivo: “un gruppo di
326
lavoratori uniti da un fine unitario, un gruppo d’organi dipendenti disciplinati e responsabilizzati.”
“Makarenko ha organizzato le colonie da lui dirette nella forma del collettivo, caratterizzata da alcuni
tratti fondamentali: vita in collegialità; convivenza d’educatori, ragazzi e personale esecutivo e
amministrativo; organizzazione in reparti e gruppi di lavoro; autosufficienza economica; auto327
amministrazione”.
Questo collettivo non è un nucleo chiuso, bensì aperto alle mete sociali e
politiche, aperto al futuro. L’intervento educativo sul singolo, al suo interno, è sempre mediato
attraverso il coinvolgimento del gruppo. Tutte queste caratteristiche non sono presenti sin dall’inizio,
spesso sono evoluzioni e trasformazioni dovute al difficile lavoro e all’evoluzione in corso
dell’esperienza.
È un po’ l’idea dell’uomo nuovo di Maria Montessori, su cui si sofferma anche Paola Trabalzini: «Il suo
pensiero di fiducia nelle qualità dell’uomo, nelle risorse umane, nelle possibilità, ma anche nella
necessità, di costruire una scienza della pace fondata sull’unicità del bambino, indipendentemente da
appartenenze religiose, razziali, sociali, culturali, nella sua funzione biologica di adattamento
all’ambiente, costituisce nel 1950 sia la testimonianza di una ricerca che non si è mai arrestata, sia
l’indicazione di un percorso che avendo a fondamento le leggi della vita permette di dischiudere
quanto c’è al di sotto delle azioni di ciascuno, di prendere coscienza di quella ‘Nazione unica’ che è
328.
l’umanità»
Così, il bambino non solo è costruttore di sé ma anche conservatore e innovatore
329
dell’umanità .
Il “progetto educativo-pedagogico” di Makarenko
Emerge chiaramente come, nella pedagogia di Makarenko, si conferma “il privilegio da lui accordato
alle finalità oggettive e sociali, l’importanza del lavoro e dell’organizzazione in ogni dimensione
sociale.”330
«“In questo senso il Poema pedagogico, come romanzo d’infanzia dell’ “uomo nuovo”, della
“prospettiva”, del “collettivo” ecc., non solo rientra a pieno titolo nel novero di quei romanzi “di
educazione” nei quali “il divenire dell’uomo” acquista “un altro carattere”; ma anche porta con sé le
ragioni della sua propria, sperimentale “eccentricità”. La quale va d’altra parte ben oltre il pur
“grandioso”, ma generico, “tentativo di costruire l’immagine dell’uomo che cresce” nel “movimento
visibile del tempo storico”, secondo una determinata “visione del tempo” (…)».331
«(…) la maggior parte dei rieducandi delle tre colonie “M. Gor’kij”, “Trepke” e “Kuriaž” via via
menzionati individualmente sono tra i 15 e i 18 anni: anche se la loro età viene com’è ovvio
325
Ivi, pp. 128 – 129.
Ivi, p. 129.
327
Ibidem.
328
P. Trabalzini, Maria Montessori: da Il Metodo a La scoperta del bambino, Roma, Aracne editrice, 2003, Introduzione, pp.
11 – 12.
329
Ibidem, p. 12.
330
Ivi, p. 130.
331
Nicola Siciliani de Cumis, I bambini di Makarenko, cit, Parte Prima, Capitolo Primo: Il “Poema pedagogico”, “romanzo di
formazione”, p. 57.
326
modificandosi con il passare del tempo, nel corso degli anni Venti (periodo relativo alla storia
raccontata da Makarenko nel Poema)».332
Ma il processo educativo messo in scena da Makarenko è continuo e ricorrente volto a fare l’uomo
nuovo, lì, e in prospettiva. Aspetto ricorrente nella pedagogia montessoriana e nel concetto stesso di
“uomo nuovo” su cui ci siamo già soffermati.
E ancora: «dai ragazzi “moralmente deficienti” (…) messi in scena da Makarenko possono venire fuori
esempi concretamente plausibili di uomini nuovi. A certe condizioni, s’intende: ed anzitutto in quanto l’
“ottimismo della volontà”, e cioè la positiva convinzione che la educabilità umana nella direzione di
una umanità prevedibilmente inedita, se esige una prospettiva pedagogica presumibilmente
omogenea, comporta al tempo stesso una considerazione realistica delle alternative in campo ed una
concreta sperimentazione della diversità: e quindi la consapevolezza delle difficoltà e del limite, tra
libertà e disciplina, spontaneità e sforzo, ed effettivamente una lotta e delle scelte educative a rischio.
(…)».333
Dunque «L’ “uomo nuovo” di Makarenko ha il suo laboratorio nell’infanzia: ed è per l’appunto
l’infanzia, l’uomo nuovo “da piccolo”, il luogo naturale, originario, deputato alla nascita e alla crescita
della creatività in ipotesi; e la prima sede storica, formativa, dell’ “esperimento” in corso. Che tuttavia
non riguarda soltanto i bambini, ma tutti, in prima persona e collettivamente, adulti compresi».334
«Pedagogia della “lotta” e del “rischio”, questa di Makarenko nel Poema pedagogico, che vive sì
dell’invenzione dell’uomo nuovo, già nell’infanzia e mediante l’infanzia: e che tuttavia, in tanto se ne
nutre davvero, in quanto gli stessi elementi su cui si esercita l’educabilità dell’essere umano non sono
dati a priori, ma vengono via via rintracciati alla luce della prospettiva intergenerazionale, cioè
sperimentati nel loro essere radicalmente “nuovi” alla luce di problemi assolutamente inediti».335
Pedagogia della padronanza: «Makarenko vuol sottolineare nel suo racconto il valore formativo della
dimensione estetica; e dunque rilevare l’inutilità relativa del “pedagogico”, se staccato dalla
concretezza di un coinvolgimento esistenziale dell’individuo nel gruppo. (…) Ciò che per altro
consente (…) di prescindere dalle astrattezze della “scienza pedagogica” e magari di intravedere (…) i
termini di un’antipedagogia: nel senso, qui, di un prevalere del fare sul conoscere, della vita reale sulle
rappresentazioni fittizie di essa, delle complessità e difficoltà del collettivo sulle semplificazioni
edificanti di qualsiasi tipo».336
2) Ancora su Makarenko e sul Poema pegadogico337
Per altri spunti di riflessione
Sono molte le occasioni di analisi e approfondimento offerte dal Poema Pedagogico (e dal volume di
Siciliani de Cumis) e numerosi sono anche i temi che propongono un collegamento immediato con
l’opera e il metodo montessoriani. Non possiamo affrontarli in modo esaustivo e nemmeno esauriente
- non è questo lo scopo del nostro intervento - intendiamo invece evidenziare alcuni motivi di studio e
di confronto.
Un tema importante nella riflessione di ambedue i pedagogisti è per esempio quello del gioco338.
332
Ivi, Parte Prima, Capitolo Secondo: La colonia “M. Gor’kij” e le sue “infanzie”, p. 63.
333
Ivi, p. 68.
334
Ivi, Parte Prima, Capitolo Terzo: I “piccoli” della “seconda generazione”, p. 87.
335
Ivi, p. 89.
336
Ivi, Parte Prima, Capitolo Quarto: I bambini del “Poema”, tra “pedagogia” ed “antipedagogia”, p. 100.
337
A. Makarenko, Poema pegadogico, cit., vedi nota 11.
338
Nicola Siciliani de Cumis, I bambini di Makarenko, cit, Introduzione, pp. pp. 28-46.
“(…) È del resto da ritenere, secondo Makarenko, che come a ciascun bambino, nel corso
dell’infanzia, deve essere garantita la giusta dose di gioco che l’età esige, così ad ogni adulto, nel farsi
della vita, e nel lavoro, deve essere dato il diritto di praticare intelligentemente, qualitativamente, le
sue proprie, irrinunciabili attività ludiche. Tanto nell’interesse della ‘persona’, quanto nell’interesse del
‘collettivo’ “.339
Ma come già abbiamo avuto modo di dire, c’è anche, costantemente, molta ironia sulla pedagogia
come ”sistema” di metodi e di valori acquisiti e imperturbabili, come insieme di norme prestabilite
verbalisticamente altrove, laddove invece il sistema di Makarenko nasce e si modifica adattandosi via
via alle esigenze dell’esperienza quotidiana, anche e specialmente attraverso il superamento di
problemi e situazioni critiche.340
E quanto alla disciplina, pure fondamentale nel ‘sistema Makarenko’, si afferma: “(…) Nella mia
relazione sulla disciplina mi ero permesso di avanzare dubbi sulla validità delle concezioni allora
comunemente accettate, le quali sostenevano che il castigo educa alla schiavitù e che era necessario
dare il massimo spazio alla creatività del ragazzo e che bisognava soprattutto far conto
sull’autoorganizzazione e sull’autodisciplina. Mi ero permesso di esprimere la mia ferma convinzione
che fintanto che non si è formato un collettivo completo dei suoi organi, fintanto che non si è formata
una tradizione e non si sono inculcate le primarie abitudini di lavoro e di vita, l’educatore ha il diritto e il
dovere di non rinunciare alla costrizione. Sostenevo anche che non si può fondare tutta l’educazione
sull’interesse, che l’educazione al senso del dovere spesso si trova in contrasto con l’interesse del
ragazzo soprattutto nella forma in cui lui stesso lo intende. Io rivendicavo l’educazione di un uomo
temprato, saldo, capace di sopportare anche un lavoro sgradito o noioso quando questo rispecchi gli
interessi della collettività. Di conseguenza finivo col sostenere la linea della creazione di un collettivo
forte, se necessario anche rigido, entusiasta e solo in un collettivo di questo genere riponevo le mie
speranze. Invece i miei oppositori mi sventolavano sotto il naso gli assiomi della pedagogia e
intonavano la solfa del ‘bambino’ “.341
Insomma, “niente messaggi educativi edificanti dal Poema pedagogico. Solo problemi, sempre nuovi
problemi, a scanso della stasi. L’educazione, anzi, vive delle sue stesse questioni e dei suoi propri
rischi. Delle sue esplosioni e dei suoi scoppi. E l’infanzia, i bambini, nelle situazioni descritte, sono
parte essenziale del ‘gioco’: perché, con tutte le conseguenze, stanno su una linea di confine, tra il
‘vecchio’ e il ‘nuovo’. Il futuro, la prospettiva, che essi pur rappresentano, naturalmente e
culturalmente, sono tuttavia la vita stessa come possibilità e realtà. (…) Una pedagogia ‘della lotta’. Al
limite, un’˝antipedagogia˝: che però, come si accennava più sopra, è pur sempre una pedagogia. Una
esperienza educativa concreta, che tuttavia non si esaurisce in se stessa, e che aspira d’altra parte a
tradursi in una tecnica. Dal ‘negativo’ al ‘positivo’, insomma; e dalla ‘quantità’ alla ‘qualità’, ma pur
sempre mediante una lotta e senza alcuna garanzia a priori di successo, né di qualsivoglia uscita di
sicurezza nel farsi dell’opera e per l’appunto del ‘poema’ (nei suddetti numerosi e diversi significati del
termine), come romanzo di formazione e di infanzia (nei modi intanto indicati da Michail M. Bachtin
(…).”342
Come abbiamo scritto altrove:
«Un cardine fondamentale della Pedagogia Scientifica – scrive Montessori in Il Metodo – deve essere
perciò la “libertà degli scolari”, tale che permetta lo svolgimento delle manifestazioni spontanee
individuali del bambino. Se una pedagogia dovrà sorgere dallo “studio individuale dello scolaro”, sarà
339
Ivi, p. 35 Si veda anche il testo Il gioco di Makarenko qui riportato alle pp. 36-45.
A. Makarenko, Poema pegadogico, cit., cap. 14 “I calamai del buon vicinato”, pp. 89 – 94.
341
A. Makarenko, Poema pegadogico, cit., cap. 17 “La punizione di Šarin”, p. 108. Sui castighi vedi anche, ivi, p. 313 e sulle
punizioni p. 331.
342
Nicola Siciliani de Cumis, I bambini di Makarenko, cit, Parte Prima, p. 109.
340
dallo studio inteso in questo modo – cioè tratto dall’osservazione di bambini liberi». E ancora «Il
metodo pedagogico dell’osservazione ha per base la libertà del bambino e libertà è attività»343.
Insomma, «Il metodo della pedagogia scientifica è individuato da Montessori nel metodo
dell’osservazione del bambino posto nelle condizioni ambientali di liberamente manifestare bisogni,
tendenze e poteri». Da questa educazione può nascere e formarsi l’uomo nuovo e libero padre di una
nuova umanità e generazione. «Il bambino rivelatosi a Montessori sulla guida dell’osservazione è
infatti l’esploratore dell’ambiente, e l’osservazione non costituisce solo il metodo della pedagogia
scientifica, ma è anche il suo fine. Si tratta infatti di formare bambini attenti osservatori, capaci di
adattarsi e riadattarsi all’ambiente. Ciò è reso possibile attraverso l’educazione sensoriale che aiuta a
distinguere, ordinare, classificare e comparare, coniugando attività mentale e motrice. I bambini
mettono in tal modo ordine nel caos delle percezioni e vengono organizzando l’intera personalità».344
Il successo del libro in Italia e all’estero è senz’altro legato «anche all’aspetto sociale e potremmo dire
“politico” dell’esperimento montessoriano e dell’intera esperienza di lavoro che ne scaturirà. Esso si
caratterizza infatti per l’impegno in difesa dei diritti dei più umili, diritto alla intimità della vita familiare,
diritto all’istruzione, alla formazione, diritto alla cittadinanza non solo per l’adulto ma anche per il
bambino. Una società di cittadini, di uomini e donne liberi perché indipendenti e autonomi nel pensiero
e nell’opera, una società collaborativa e solidale, aperta alla diversità, quella che sottostà al progetto
di vita della casa dei Bambini».
Un grande coraggio espressivo e libertario si manifesta nell’impegno e nella dedizione teorica e
applicativa del metodo Montessori, un coraggio che ci ricorda il fervore di Labriola e delle sue lezioni
accademiche. La fede del professore e dell’uomo Labriola negli studenti universitari come fondamenta
di un’Italia e di un’umanità nuova, libera, progredita, alfabetizzata assomiglia - per vie diverse - alla
fede di Montessori nel bambino “padre dell’uomo” e di una nuova umanità affrancata nell’espressione
e nel giudizio da tutti i gravami ideologici e verbalistici del passato, emancipata da pregiudizi mentali e
pedagogici, aperta a percorsi formativi democratici, accessibili a tutti senza distinzioni di genere di
ceto di condizione. Partendo proprio da un impegno, da una dedizione pedagogico-educativa, quasi
spontanea e naturale, che percorre trasversalmente il pensiero e l’agire, l’impegno didattico teorico e
quotidiano che diventa forma mentis, impostazione metodologica nel vivere e nell’operare di ogni
giorno, oltreché nella pratica professionale.
In questo spirito e in questa mentalità aperta a un’evoluzione e a un progredire senza confini né
vincoli personali o strutturali, esteriori, ci sentiamo di cogliere - senza sistematicità alcuna - spiragli di
affinità tra Montessori e Labriola, le cui strade si sono casualmente incrociate per un brevissimo
periodo delle loro esistenze.345
Sul concetto di Ravvedimento Makarenko scrive: “(…) Per noi non si trattava di ‘redimer un uomo, ma
di educarlo in modo nuovo, perché diventasse non solo un membro non pericoloso della società, ma
perché fosse in grado di concorrere all’edificazione della nostra nuova epoca. E come si poteva
educarlo se quando aspirava a entrare nel Komsomol lo si rifiutava, ricordandogli per di più i vecchi
crimini, commessi comunque in giovanissima età? (…)”.346
E sui ragazzi della colonia afferma: “(…) Allora mi sembrava che centoventi ragazzi della colonia non
fossero solo centoventi ragazzi abbandonati che avevano trovato una casa e un lavoro. No, erano
cento sforzi etici, cento energie tese in un accordo musicale, cento piogge benefiche che perfino
quella donna grandiosa e bizzosa che è la natura aspettava con gioia impaziente”. 347
343
G. Recchia, Antonio Labriola e Maria Montessori: un incontro possibile è stato pubblicato nel Catalogo Antonio Labriola e
la sua Università. Mostra documentaria per i settecento anni della “Sapienza” (1303 – 2003). A cento anni dalla morte di
Antonio Labriola (1904 – 2004), a cura di Nicola Siciliani de Cumis, Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Facoltà di
Filosofia.
344
Ibidem.
345
Ibidem.
346
A. Makarenko, Poema pegadogico, cit., Parte Prima, cap. 27 “La conquista del Komosol”, p. 185.
347
A. Makarenko, Poema pegadogico, cit., Parte Terza, cap. 1 “I Chiodi”, p. 366.
Contro il pedagogismo Makarenko si espone apertamente, in tutto il Poema e in tutta la sua opera
educativa: contro il pedagogismo imperante, lo scolasticismo dogmatico, verbalistico, fatto di leggi
preconcette, di carte bollate, di atti burocratici e amministrativi. Rea, questa pedagogia, di avere
anche trattato giovani abbandonati, poveri, sfortunati, come delinquenti, idioti, minorati. 348
E sulla disciplina cosciente dice: “Si discuteva anche sulla disciplina. La base teorica di questo
argomento erano due parole che s’incontravano spesso in Lenin: ‘disciplina coscient. Per qualunque
persona sensata queste due parole comprendono un pensiero semplice, comprensibile e
praticamente necessario: la disciplina deve essere accompagnata dalla consapevolezza della sua
necessità, utilità e importanza di classe. Nella teoria pedagogica l’interpretazione era un’altra: la
disciplina deve nascere non dall’esperienza sociale, non dalla pratica azione di un collettivo di
compagni, ma dalla pura coscienza, dalla nuda convinzione intellettuale, dal vapore dell’anima, dalle
idee. Poi i teorici andarono ancora oltre e decisero che la disciplina cosciente non serve a nulla se
nasce sotto l’influenza dell’adulto. In tal caso non si tratta più di un’autentica disciplina cosciente, ma
bensì di una sostanziale violenza sul vapore dell’anima. Non occorre una disciplina cosciente, ma
un’autodisciplina. Nello stesso identico modo non serve ed è anzi pericolosa qualsiasi organizzazione
dei ragazzi, è necessaria l’autorganizzazione”. 349
E quale può essere la gioia di domani?: “L’uomo non può vivere se non vede davanti a sé qualcosa di
piacevole da raggiungere. Il vero stimolo della vita umana è la gioia di domani. Nella tecnica
pedagogica questa gioia di domani è il principale mezzo di lavoro. Innanzitutto bisogna suscitare
questa gioia, darle corpo e concretezza. In secondo luogo bisogna costantemente trasformare le
forme più semplici di questa gioia in altre più complesse e umanamente più significative. Si forma così
una linea interessante: dalla soddisfazione primitiva dello zuccherino al più profondo senso del
dovere”.350
3) Sugli scritti di Maria Montessori
Insomma, nonostante le differenze spazio – temporali, tra Montessori (Chiaravalle 1870 – Paesi Bassi
1952) e Makarenko (Bielopolje, Ucraina, 1888 - Mosca, 1939), i temi affrontati dal pedagogista russo
sono molto vicini a quelli montessoriani e viceversa. Noi ne abbiamo enucleati solo alcuni tra i più
significativi e ricorrenti.
Ma gli argomenti cari al Makarenko del Poema Pedagogico ritornano soprattutto negli articoli in cui la
studiosa marchigiana si occupa della devianza minorile, non ultimo come fatto di attualità degli anni in
cui scriveva.
A questi articoli ci dedicheremo in questa parte del nostro contributo.
Sono sei in tutto gli articoli di Maria Montessori pubblicati su “La Vita” e riguardanti i minorenni
corrigendi, a questi va aggiunta la replica di ROSSANA (?), interlocutrice della studiosa e con essa in
aperta polemica sul tema in esame351. Esattamente un secolo fa, tra giugno e settembre 1906, dunque
in un arco di tempo breve che coincide con il periodo estivo, si sottoponeva all’attenzione pubblica una
questione importante e delicata: l’educazione dei minorenni corrigendi. Gli articoli di Montessori
aprono, tra l’altro, un dibattito sulla realtà dei “carceri minorili” – che la pedagogista disapprova – e
questo avviene a breve distanza di tempo dall’emanazione (3 luglio 1904) del decreto reale sul nuovo
“Regolamento organico per il personale di educazione e di sorveglianza dei riformatori governativi”, la
348
A. Makarenko, Poema pegadogico, cit., Parte Terza, cap. 4 “Tutto bene”, pp. 410 sgg.
A. Makarenko, Poema pegadogico, cit., Parte Terza, cap. 10 “Ai piedi dell’Olimpo”, pp. 483 – 484.
350
A. Makarenko, Poema pegadogico, cit., Parte Terza, cap. 10 “Ai piedi dell’Olimpo”, pp. 491 – 492.
351
Vedi nota 7.
349
cui applicazione si avvia al principio del 1905. A un anno di distanza, quindi, si spalanca la ”querelle” –
tra Montessori e ROSSANA – sulle pagine della rivista.
Le riflessioni sollevate ei temi affrontati via via, che qui di seguito passeremo in rassegna attraverso
una sorta di indice tematico analitico, risultano di grande attualità nel panorama della devianza minorile
e della tanto dibattuta “rieducazione” dei minorenni detenuti. E tutto questo anche in considerazione
della riforma del Codice di procedura penale minorile (DPR n. 448/ 1988), delle leggi a esso collegate e
delle norme di attuazione (D.L.vo 272/89) che introducono una nuova filosofia dell’intervento nei
confronti dei minori sottoposti a procedimento penale, nonché grandi cambiamenti nell’organizzazione
dei Servizi minorili. Cambiano altresì le modalità di intervento degli operatori minorili, che assumono il
ruolo di “attivatori di risorse” con maggiori responsabilità sui minori loro affidati. Cambiamenti che,
molto tempo prima negli articoli in questione, sono auspicati e caldeggiati da Montessori. Come pure si
auspicava da parte di ROSSANA l’istituzione di un Tribunale ad hoc per i minorenni, istituzione che
avverrà con Regio Decreto nel 1934, trent’anni dopo circa la “querelle” di questi scritti.
Insomma, Montessori e ROSSANA, pure con punti di vista diversi, mostrano sensibilità e grande
lungimiranza dimostrandosi antesignane sui temi della giustizia e devianza minorile e Montessori, da
studiosa e pedagogista, affronta naturalmente la questione con un interesse particolare, soffermandosi
su aspetti che ci ricordano il Makarenko del Poema Pedagogico scritto nel 1928, e dunque
appartenente a un contesto geografico, culturale, sociale e temporale differente e distante, anche se
non troppo.
Temi ricorrenti negli articoli
Abbiamo esaminato gli articoli in ordine cronologico di uscita e nello stesso ordine compaiono qui
nell’Appendice. Nel primo scritto, A proposito dei minorenni corrigendi352, Montessori inizia a
soffermarsi appunto sui minorenni corrigendi353 e sui Riformatori (carceri dei fanciulli) e quindi
richiama subito con entusiasmo la Riforma Doria. Montessori sottolinea come ci si avvii finalmente
verso “veri istituti di educazione fondati sui principi della pedagogia scientifica”. Il grido della studiosa
era già stato, sei anni prima, “togliamo i fanciulli dalle carceri e dai manicomi” perché in quei luoghi e
negli istituti per deficienti sono rinchiusi spesso i “bambini bisognosi”. Montessori plaude quindi al
nuovo “Regolamento organico per il personale di educazione e di sorveglianza dei riformatori
governativi” emanato, come già abbiamo ricordato, il 3 luglio 1904 e la cui applicazione si avvia al
principio del 1905.
Più avanti, nel medesimo articolo, Montessori parla di gioventù traviata e di delinquenza giovanile
evidenziando che “gli istituti destinati a raccogliere le infelici creature non devono essere né
assomigliare a un carcere”, un principio moderno, proprio della nuova “filosofia” dell’intervento nei
confronti dei minori sottoposti a procedimento penale (lo dicevamo più sopra) che è l’anima del nuovo
Codice di procedura penale minorile. Questo stesso principio – contrario al carcere per i minorenni – è
alla base del progetto di riforma del Doria e la pedagogista sottolinea l’importanza, anche nei contesti
detentivi e soprattutto qui, dell’opera educativa dei minorenni che è “opera di missionario”. “Sacra è
sempre l’infanzia: – dice ancora – è sacra la creatura incolpevole anche quando il carcere
l’ospitava!”.354 Gli adulti hanno quindi sbagliato a non voler vedere, né udire quei bambini rinchiusi,
dimenticandoli lì.
352
Vedi nota 1 e Appendice.
Il grassetto è nostro per evidenziare i temi ricorrenti incontrati nei testi.
354
La sacralità del bambino è un tema importante nel pensiero e nell’opera educativa montessoriana ed è emerso anche in un
altro nostro saggio su Montessori e la letteratura, là dove – dalle citazioni letterarie a cui la studiosa ricorre nei suoi libri –
spesso, tra l’altro, citazioni sacre – si evidenzia il valore sacro dell’infanzia. Si veda: G. Recchia, “Solo i poeti sentono…”. Gli
spunti letterari del Metodo della Pedagogia Scientifica di Maria Montessori, in “Ciascuno cresce solo se sognato”. La formazione dei
valori tra pedagogia e letteratura, a cura di Elisa Medolla e Roberto Sandrucci, Caltanissetta-Roma, Sciascia editore, 2003, pp. 85-98;
G. Recchia Il posto della letteratura in Maria Montessori: gli “spunti letterari” de Il metodo della Pedagogia Scientifica e degli
altri scritti montessoriani e il loro significato nella formazione dei valori,incorso di pubblicazione.
353
Il fatto dunque che la riforma Doria elimini i carceri per i fanciulli in Italia è “una delle più sante
conquiste di civiltà”: “Non più carceri per i fanciulli” grida Montessori.
La pedagogia scientifica, perciò, segue una via nuova di trionfo umano, nel quale ha largo spazio “la
redenzione di tutti i reietti: deficienti intellettuali e morali”. Sulla redenzione dei reietti la studiosa si
sofferma ancora in questo primo articolo e sulla necessità di uno studio individuale dell’educando
(Montessori sostiene infatti che si potrà “guidare “ e “correggere” solo quando “conosceremo”
l’educando. Dunque l’antropologia deve essere la base della pedagogia).
Nell’articolo Gli odierni riformatori pei minorenni corrigendi. (La riforma Doria)355 c’è una riflessione
sulla realtà carceraria minorile (carceri, riformatori) e sui corrigendi (detenuti, ricoverati) in base a
quanto commesso (atto criminoso). Prima della riforma Doria, dice Montessori, i carcerieri erano le
“guide educative” scelte tra il “personale di rifiuto” delle carceri per adulto che chiama luoghi di
“vendetta sociale”. La riforma Beltrami – Scalia (del 1891) aveva distinto i corrigendi in tre categorie:
traviati e ribelli alla autorità paterna; oziosi e vagabondi, mendicanti; colpevoli di delitti comuni. Sul
sistema carcerario di Beltrami – Scalia interviene però la riforma di Alessandro Doria, plaudita da
Montessori come “movimento ardito di innovazione”. Il carcere – dice infatti – diventa un “istituto di
pedagogia scientifica”; ai carcerieri si sostituiscono i “maestri elementari” a cui si affida l’opera
redentrice e la prevenzione: è questo il nuovo personale di educazione (educatori).
Dunque Doria, con la sua riforma, si fa promotore di un progetto educativo, che il maestro deve
realizzare come progetto sperimentale e con metodo sperimentale. Per questi speciali educatori
occorre quindi un’istruzione speciale: perché occorre uno studio psico-fisico degli educandi. Così,una
pedagogia nuova sarà per la prima volta applicata in Italia; Montessori parla di scuola pedagogica: alla
“brutalità cieca di antica vendetta” si sostituisce l’applicazione di scienze moderne come l’antropologia
e la psicologia; scienze che “promettono redenzione e perfezionamento dell’umanità”. La ”clinica
pedagogica” sostituisce insomma il carcere. Perché dove si “cura” si “educa”, si elabora un materiale
scientifico colossale. Dunque, studio antropologico dell’individuo associato alla sua educazione: ecco
che la pedagogia scientifica entra a far parte della riforma Doria. La giustizia va sostituita con la
misericordia e la civiltà sale grazie a questi principi innovativi. Ma la vera crescita di civiltà avverrà
applicando la pedagogia scientifica a “tutti gl’individui normali” perché “le nostre ricchezze (...) ci
verranno dall’umanità normale”.
A quanto sin qui affermato con vigore dalla Montessori replica ROSSANA nel terzo articolo: ??????
Rossana, A proposito delle case di correzione356. L’interlocutrice della Montessori (Rossana appunto,
non meglio identificata, ex direttrice di una scuola di educazione civile) ritiene che “gli entusiasmi non
devono farci velo ed è opportuno ricondurre la questione nei suoi veri termini”. Vale a dire che la
riforma Doria – secondo Rossana – è stata “formale” quanto quella Beltrami-Scalia è stata burocratica.
Dunque, manca molto per una reale e generale riforma delle case di correzione e nel frattempo il
codice penale resta immutato con la sua severità e i suoi reclusori e quel che Doria fa come direttore
dell’Istituto di Tivoli non è una riforma generale ma, per quanto positivo, è limitato a quel contesto. Aver
sostituito i carcerieri con i maestri elementari – prosegue più avanti nello stesso articolo – non basta.
Occorrono persone formate adeguatamente che conoscano la psicologia criminale. Alla correzione
deve sostituirsi il principio di emendazione. E bisognerà pensare alla creazione di un Tribunale ad hoc
(il Tribunale per i Minorenni che sarà istituito con il Regio Decreto del 1934).
Montessori ribatte a queste affermazioni nell’articolo Sulla questione dei minorenni corrigendi357.
Ribadisce il concetto che gli istituti di pena hanno bisogno del contributo di altre discipline scientifiche
per cooperare a una stessa opera educativa (ed è questo un principio assai moderno), come la
psichiatria, la pedagogia, la psicologia. Perché non si tratta di affrontare la questione giuridica del
problema. “Aprite le porte dei riformatori alla scienza – scrive Montessori – e fate che questa vi si
355
Vedi nota 1 e Appendice.
Vedi nota 1 e Appendice.
357
Vedi nota 1 e Appendice.
356
stabilisca come in una clinica”. Se questo avviene, non può restare sterile, perché conoscere il
minorenne è fondamentale per il progresso educativo e non punirlo e segregarlo. E Doria, secondo la
pedagogista, ha posto le basi di questa evoluzione. Anche nell’articolo successivo (Per i minorenni
delinquenti. L’organizzazione nel Riformatorio di S. Michele358) Montessori si sofferma sull’Istituto di
San Michele a Ripa (il Complesso Monumentale di San Michele a Ripa Grande, oggi sede di Uffici del
Ministero per i beni e le attività culturali, nasce nel 1686 come Istituto Apostolico San Michele, sotto il
pontificato di Innocenzo XI Odescalchi) allora era destinato ad accogliere e rieducare giovani orfani e
bisognosi. Qui la studiosa si sofferma sull’importanza – nell’educazione – della “ripetizione” del
ripetere gli esercizi che corrisponde ad approfondire perché “la personalità umana edifica e si
ingrandisce solo a prezzo di pazientare, di fermarsi, di ripetere”. “La ripetizione crea”, ribadisce
Montessori, e nei fanciulli anormali infatti c’è una instabilità dell’attenzione. Per questo il lavoro
manuale rappresenta, ancora oggi, uno strumento fondamentale nell’educazione e nella cura dei
minorenni. E i ragazzi impegnati nei laboratori professionali (officine) per Montessori sono
convalescenti. Questi laboratori sono “scuole razionali complete di lavoro (...) degne di essere
generalizzate”.
Per la correzione dei minorenni dunque non occorrono i mezzi coercitivi (aboliti infatti nel nuovo
regolamento del Doria), ma occorre amore, perché è lui che guida il “cammino diretto” dell’umanità e
non la paura della punizione (si veda l’ultimo degli articoli sul tema: M. Montessori, Ancora sui
minorenni delinquenti. L’amore359). E la salute del corpo del fanciullo e quella dell’ambiente sono
propizi all’amore, inteso anche come cura contro il male.
Insomma, l’educazione morale del minorenne passa attraverso uno studio individuale del soggetto,
attraverso la sua anamnesi e salute e amore sono congiunte come corpo e spirito. Poi ci sono anche
dei fattori patologici: i casi in cui le cure morali, le esortazioni, l’esempio, l’ambiente, l’amore non
servono. Correggere i minorenni delinquenti, vuol dire correggere fanciulli “ignoranti o deficienti
dell’amore” e questo anche perché noi adulti non trasmettiamo l’amore che abbiamo. Mentre l’umanità
nuova è proprio l’umanità ricca di affetti e di amore (contro l’umanità vecchia proletaria e assetata di
affetti). L’amore redime e spezza catene e inferriate; se ci fosse amore probabilmente non ci sarebbe
bisogno dei riformatori.
Occorre prevenire con l’educazione e ove necessario reprimere con l’internamento positivo
(conoscenza, anamnesi, cura e redenzione, secondo quanto esposto dalla pedagogista sin qui):
questo è proprio di una moderna pedagogia scientifica. I castighi esemplari sono infatti propri di una
pedagogia “digiuna assolutamente di scienza”. “Bisogna risalire al fanciullo e fondare scuole”: “ad ogni
scuola che s’apre si chiude un carcere”. E sarà questa una “scuola riparatrice di deficienti, di epilettici,
di minorenni delinquenti”.
Rispetto a tutto ciò, la riforma Doria sui riformatori governativi si presenta ardita. Viviamo così – dice
Montessori – la fase delle “variazioni sociali” in cui “forme nuove” sostituiscono le antiche.
I riformatori si stanno evolvendo e divengono “germi di organismi superiori” rispetto ai carceri. Dai
riformatori potrà scaturire così la profilassi e la cura delle criminalità, partendo proprio da uno studio
dell’individuo.
In questo modo, l’Italia, già culla di civiltà, sarà anche terra di redenzione.
APPENDICE360
M. Montessori, A proposito dei minorenni corrigendi, in “La Vita”, 2 (3 giugno 1906), n. 153, p. 3.
In un suo articolo “Un grave problema sociale” Rossana prendeva a trattare l’altro giorno su La Vita la
questione dei minorenni corrigendi a proposito di un libro che ha avuto l’onore del premio Ravizza.
358
Vedi nota 1 e Appendice.
Vedi nota 1 e Appendice.
360
Per l’Appendice e il suo contenuto, già citato e utilizzato, vedi nota 312.
359
Rossana parlava del barbaro modo con cui i giovanetti raccolti nei tetri istituti (i Riformatori) sono trattati,
cioè come veri e propri malfattori, alla dipendenza di un personale ignorante e bestiale. Questo faceva contrasto
con una nota di cronaca comparsa due o tre giorni prima sullo stesso giornale, ove si parlava con ammirazione
della recente riforma Doria sui Riformatori da me fatta coi miei studenti del corso di antropologia pedagogica al
riformatorio S. Michele. bene che sia rinnovata al pubblico la conoscenza di questa Riforma – che onora il
nostro paese – affinché non ripetiamo, anche in questo caso, come Rossana (e come abbiamo l’abitudine di fare
“italianamente” e “umilmente”), che in questo nostro bel paese “le più sagge determinazioni restano lettera
morta” e “i problemi sacri alla civiltà restano sempre arretrati”.
C’è qualcosa oggi di assai più grandioso da osservare in Italia, che non sia l’Istituto pedagogico forense
di Milano, a proposito dei minorenni corrigendi. Ed è la via di trasformazione in cui sono entrati i Riformatori, cioè
le carceri dei fanciulli, verso un vero e proprio istituto di educazione fondato sui principi della pedagogia
scientifica. Io ricordo la mia propaganda di sei anni fa in Italia, in favore di tutti i fanciulli anormali; il mio grido era
sentito ovunque, come se rispondesse all’idea culminante di ogni anima: “togliamo i fanciulli dalle carceri e dai
manicomi!”. E qua e là cominciò la cessione dei bambini ricoverati in manicomio, a qualche individuo o società
benefica che li tenne in istituti di educazione speciale. Così sorsero in Italia due o tre – non più – istituti per
deficienti, rimanendo ancora una immensa falange di dimenticati nella città morta del pensiero… e un esercito di
epilettici, fanciulli senza soccorso e senza speranza, che sono condannati da noi alla mendicità e al
manicomio… Poiché è sempre imperfetta, non per la qualità, ma per l’estensione, l’opera dei privati. Sia pure
diffuso come per esempio un ordine religioso che espanda le scuole per “les ignorantins” del beato La Salle – o
un’opera di genio che dilaghi come le scuole del Pestalozzi in Germania e in Isvizzera – è sempre qualche cosa
di aristocratico, di privilegiato. La statistica dimostra che la maggior parte di bisognosi resta senza soccorso. Un
esempio c’è da noi nei ricreatori: opera privata diffusissima, che ripara solo in una quinta parte alla necessità
cittadina! L’istruzione popolare è raggiunta solo con la scuola elementare obbligatoria, riconosciuta come una
necessità civile, e applicata dalla collettività.
Ebbene – in questo senso dico che oggi c’è qualcosa di grandioso da osservare in Italia: il nuovo
“Regolamento organico per il personale di educazione e di sorveglianza dei riformatori governativi” uscito con
decreto reale il 3 luglio 1904 e applicato sul principio del 1905, poco più di un anno fa. Questo regolamento è
meraviglioso di modernità: noi non abbiamo ancora nulla di simile in nessuna istituzione pedagogica.
Da lungo tempo i sociologi e gli uomini di cuore studiano la gioventù traviata escogitando i mezzi migliori
di educazione e di emenda da opporre alla delinquenza giovanile, che inquina le fonti della vita sociale. Nella
ricerca dei mezzi atti a correggere il giovane spirito reso ribelle da cause congenite, o dall’abbandono, o dal
cattivo esempio, o dalla miseria, vari sono i pareri e le tendenze; ma tutti trovansi concordi nel ritenere che l’asilo
destinato a raccogliere le infelici creature non deve essere, né deve assomigliare ad una carcere. Così dice il
Doria nel presentare il suo progetto di riforma al ministro dell’Interno.
In questo progetto si separa completamente nel regolamento come nell’amministrazione il Riformatorio
dalla carcere: e i carceri sono espulsi… Ad essi si sostituiscono maestri elementari scelti a concorso d’esame –
e anche scelti per le qualità morali di sentimento e di pazienza – poiché l’opera educativa dei minorenni è opera
di missionario … Il regolamento interno, che era informato a quello delle carceri, s’informa ora a quello dei
Convitti nazionali. Si atterrano le inferriate alle finestre, sostituendole con persiane fisse di vetro smerigliato; si
gettano in cantina i catenacci delle porte; oramai la porta di strada verrà aperta giornalmente per la passeggiata
ginnastica dei fanciulli in bel costume, accompagnati dai maestri…
Sacra è sempre l’infanzia: è sacra la creatura incolpevole anche quando il carcere l’ospitava!… E noi
abbiamo avuto in famiglia questa festa … e non ne abbiamo partecipato. I nostri fanciulli delle carceri, in Italia,
dall’Alta Alpe all’estrema Sicilia – da un mare all’altro – tutti, contemporaneamente, senza che ne fosse
dimenticato un solo! Noi non li abbiamo uditi. Male! Il pubblico deve corrispondere a certe riforme. Tanto più qui,
poiché quei fanciulli che appartenevano prima ai poteri segreti della giustizia – oggi sono nostri – e il pubblico
può e deve sempre entrare là ove si compie il santo ufficio dell’educazione infantile.
Ieri stesso, per esempio, sono venuti qui in lieta gita, con le loro musiche, e la gioia giovanile, i
minorenni di Tivoli: quei medesimi (io me li ricordo con uno stringimento di cuore!) che qualche anno fa erano
sottratti al contatto dei rari visitatori: specialmente le donne potevano vederli solo da lontano, in un cortile,
ov’essi erano agglomerati in fondo, dietro a un cancello, come una stiva, donde mandavano urlando sconci
saluti, tra le minacce dei carcerieri… E noi, alla loro visita festevole fatta ieri a Roma, perché non siamo accorsi
a salutarli, col cuore, e perché non si è bagnato il nostro ciglio al pensiero di quella loro musica, che sembra un
inno di tempi nuovi?
In Italia non abbiamo più carceri pei fanciulli: lo sappia lo straniero. Noi ne andiamo superbi come della
più santa conquista di civiltà. E dobbiamo dirlo forte, perché sentiamo la fratellanza universale, e vogliamo che ci
imiti e ci segua quel paese che ancora non ci aveva preceduti. In tutto il mondo sia così: non più carceri pei
fanciulli.
La Pedagogia scientifica segna una via nuova di trionfo umano, nel quale ha larga parte la redenzione di
tutti i reietti: deficienti intellettuali e morali. Questa pedagogia ha per base “lo studio individuale”, noi potremo
guidare e correggere solo quando conosceremo l’educando, nella sua genesi come nella sua costituzione psicofisica.
Cioè l’Antropologia deve essere base della Pedagogia. Ora, se in Italia avevamo già per opera di privati
scuole di Pedagogia scientifica, come quella che onora oggi Milano – e come le altre sorte a imitazione di quella
in varie città, fino a Reggio di Calabria, ma non in Roma capitale - non esistevano della Pedagogia scientifica
applicazioni ufficiali.
Il primo esempio è qui, nei Riformatori: e su questo importante argomento che è di alta attualità e
d’interesse pubblico, mi intratterrò un’altra volta.
Maria Montessori
M. Montessori, Gli odierni riformatori pei minorenni corrigendi. (La riforma Doria), in “La
Vita”, 2 (6 giugno 1906), n. 156, p. 3.
Continuo su questo argomento che per noi è più triste, ma glorioso. E tutti dobbiamo averne
conoscenza.
I nostri riformatori – un tempo – contennero promiscuamente i corrigendi d’ogni categoria, dal bambino
incorreggibile che il padre è costretto ad allontanare da sé a quello che aveva commesso un vero e proprio atto
criminoso, o che era dedito al vagabondaggio, o al meretricio. In tale promiscuità, guida educativa erano i
carcerieri scelti per lo più tra il personale di rifiuto – delle carceri per adulti – ove si conservano gli elementi
migliori. Il tirocinio di tali guide era dunque stato fatto in quel luogo di vendetta sociale ove strapiomba tutto il
peso della zavorra umana degenerata e ineducabile. Nel 1891, ecco una prima riforma del Beltrami-Scalia il
quale si limita a separare in tre diverse categorie i corrigendi, cioè: i minorenni traviati e ribelli all’autorità
paterna per modo che il genitore o il tutore siano impotenti a correggerli (art. 222 Codice civile).
- Gli oziosi e vagabondi, e i mendicanti o le meretrici abituali, minori degli anni diciotto, privi di genitori o
aventi questi incapaci di provvedere alla loro educazione e sorveglianza (articoli 114 e 116 della legge di
pubblica sicurezza).
- I colpevoli di delitti comuni che, nel momento in cui commisero il fatto delittuoso non avevano compiuto
i nove anni, e di quelli che avendo più di nove anni, ma non più di quattordici, agirono senza discernimento (art.
53 Cod. penale).
Le tre categorie furono completamente separate in località e spesso in città diverse; ma – pure essendo
evitata la perniciosa promiscuità – rimaneva invariato l’ordinamento interno, che era quello carcerario: ove si
parlava complessivamente del detenuto (nelle carceri comuni) e del ricoverato (al Riformatorio).
Su tale stato di cose – sorge la riforma di Alessandro Doria. – Sembra ispirata da un soffio meraviglioso
di potenza innovatrice – che ha un profumo tutto italico di genialità: scaturisce come acqua pura dal macigno
poderoso dell’antico diritto penale vendicatore delle colpe che Cesare Lombroso aveva spezzato. La riforma è
una rivoluzione: e ha l’importanza storica di un passaggio netto da una civiltà ad un’altra: “è – lo dice lo stesso
Doria – un movimento ardito d’innovazione”. Il carcere di un tratto deve diventare un istituto di pedagogia
scientifica: ai carcerieri debbono sostituirsi maestri elementari, uomini di mente e di cuore, “cui è affidata una
missione d’importanza eccezionale, di faccia alla Società tutta intera, che guarda con vivo interesse”.
(Regolamento peri riformatori governativi. Rivista di Discipline carcerarie. A. XXX. P. II). Sì, a questi maestri si
rivolge con parole tanto solenni il Doria, in nome del ministro dell’interno; li chiama missionari, e affida loro
l’opera redentrice: “a voi maestri”.
Quando si trattò di giudicare nel nome nuovo dell’umanità il criminale, anzi che il crimine, fu chiamato il
medico, accanto al giudice – per dare in nome della scienza un semplice responso. Ma ora, nell’opera di
prevenzione, si lascia rispettosamente libero il campo a colui che è il maestro: “a Voi… è affidata la missione cui
il mondo guarda…”. Nuovo battesimo il cui solenne significato risplenderà nel futuro. E il redentore entra umile: maestro! venite qui, al posto del carceriere, che era l’ultimo uomo, dopo il carnefice. Venite: si è eretto in
quest’umile luogo il trono dello spirito; venite e redimete, create anime, regnate.
Che cosa deve fare il maestro? Tutto. Poich’egli è tutto. La sua dignità alta è riconosciuta fino al punto
che il presidente dei ministri non osa dettargli legge. Caso nuovo; e bello di vigore in una rinascenza umana!
Alessandro Doria, modesto come chi ha la sapienza del vero e della vita – non propone leggi nel regolamento –
offre un progetto, impersonalmente: “.. è stato preparato un progetto, con l’intento di metterlo in esperimento: …
esso verrà applicato in forma e con intenti sperimentali perché la pratica possa indicarne le imperfezioni e le
manchevolezze …”. E chi dovrà sperimentarlo, modificarlo e renderlo definitivo, è il maestro: “per ottenere
questo risultato, il ministero molto confida nell’impegno del nuovo personale di educazione”. Solo i gesuiti, ma in
un campo tutto privato, ci avevano dato un simile precedente: per essi la regola dell’Ordine, come il programma
degli istituti di educazione, dovevano essere lungamente sperimentati, prima di venire formulati e imposti
all’obbedienza. Così fu che ai loro tempi conquistarono, strapotenti, il mondo dell’educazione.
Qui ecco sorgere il metodo sperimentale in regolamenti di ordine pubblico e nelle leggi: il maestro stesso
che dovrà obbedirvi, avrà formulato sulla sua pratica e competenza, la legge.
Per rispondere al suo alto compito, l’educatore che deve “mantenersi esempio di virtù nella vita pubblica
e privata” ha da ricevere un’istruzione speciale – nuova – alla quale non è dato ancora accedere ai comuni
educatori dell’infanzia normale; egli deve essere istruito sui principi della antropologia per venire iniziato alo
studio individuale dello scolaro e per dare il suo contributo alla “carta biografica” di ogni alunno, alla quale
contribuiscono anche per completare l’esame obiettivo, il medico; e per lo studio anamnestico, il direttore
dell’istituto.
Lo studio completo psico-fisico degli educandi ha lo scopo “di raccogliere gli elementi rivelanti le
tendenze e il carattere, che, messi in rapporto al sistema educativo, servano a prevenire il trattamento
pedagogico”. Cioè: si riconosce guida fondamentale all’educazione, la conoscenza scientifica dell’individuo da
educare, documentata nelle carte biografiche”.
Questa è la base della pedagogia nuova; della quale non si conosce altra ufficiale applicazione in Italia.
Solo nella Scuola Pedagogica, che si trova nelle altitudini universitarie, è stato introdotto l’insegnamento
dell’antropologia, accanto a quello della Psicologia sperimentale: ciò che forma un nucleo di scienze tendente a
dare un indirizzo più moderno alla pedagogia. Ma l’innovazione è timida: tali insegnamenti scientifici rimangono,
per ora, “facoltativi, non necessari”. Abbiamo dunque là, ove innanzi al progetto mirabile era brutalità cieca di
antica vendetta, un primo fondamento delle applicazioni pratiche di quelle scienze moderne che promettono
redenzione e perfezionamento dell’umanità. Era il carcere: oggi è una clinica pedagogica ove non solo si cura e
si educa avanzando verso la meta già visibile di una efficace difesa sociale: ma si elabora un materiale
scientifico che è colossale. Poiché lo studio completo della personalità nei fanciulli anormali, non sarà fuggevole
ricerca di un solitario studioso; ma opera lunga di osservazione. Per anni interi, cioè fino a che l’educando non
abbia raggiunto l’età di 21 anni, sarà osservata ogni giorno, d’ora in ora, da tutti i diversi educatori e dai medici a
ciò scientificamente preparati. E questo si dovrà ripetere per tutti i ricoverati, in tutta Italia. Veri centri di scienza
antropologica, i cui risultati saranno tesori inapprezzabili; donde potremo acquistare i principi e i mezzi della
difesa sociale e i sentimenti umani che dovranno sostituire la giustizia con la misericordia. Cioè la civiltà potrà
salire un gradino verso l’alto.
L’ascesa ulteriore dobbiamo attenderla dalla Pedagogia scientifica applicata a tutti gl’individui normali,
perché le nostre ricchezze, la eternità trionfante della vita fisiologica, le attitudini dello spirito umano, ci verranno
dall’umanità normale – curata come sacro, religioso pegno della vita. Invece oggi trascuriamo ciecamente le
forze migliori di noi…
Ma le applicazioni della Pedagogia scientifica non si riducono allo studio antropologico dell’individuo: si
estendono ancora alla sua educazione. Questa entra pure a far parte importantissima della riforma Doria:
rimando l’argomento a un’altra volta.
Maria Montessori
?????? Rossana, A proposito delle case di correzione, in “La Vita”, 2 (12 giugno 1906), n. 162,
p. 3.
Non era certo mia intenzione entrare direttamente a trattare la questione dei minorenni corrigendi,
poiché questo problema sociale spetta, secondo me, a persone giuridicamente edotte. Io segnalavo
semplicemente agli studiosi del genere un buon libro in proposito, e mi riportavo col pensiero a qualche anno
fa quando, direttrice di una scuola di educazione civile, credetti mio dovere assistere nelle pratiche di
procedura una disgraziata famiglia che aveva un giovinetto delinquente, destinato ad entrare in una casa di
correzione.
Poiché i minorenni dai 18 ai 21 anni espiano nei reclusori la loro pena come ed insieme ai più perversi
ed induriti malfattori, giacché la legge non permette un diverso trattamento.
I minorenni dai 14 ai 18 anni anch’essi in buona parte corrono la stessa sorte, giacché il metterli in una
casa di correzione invece che nel reclusorio, non è disposizione di legge di indole generale, ma è
disposizione devoluta all’arbitrio del giudice che spesso non ne fa niente.
Consultando poi le ultime statistiche del Doria, risulta che i riformatori sono assolutamente insufficienti
a raccogliere i quarantamila minorenni colpevoli, e che per i condannati non esiste che la casa di correzione
di Urbino, onde moltissimi restano nei penitenziari comuni. Nei riformatori governativi dunque non sono
raccolti che la metà dei minorenni delinquenti, senza contare che esiste una notevole ed essenziale
differenza fra il trattamento dei discoli che stanno negli istituti di correzione paterna ed il trattamento dei
delinquenti che stanno nelle case di correzione. Sono entrambi “riformatori”, ma ben diversamente regolati.
Comprendo benissimo lo slancio di entusiasmo della prof. Montessori; essa che ha date le sue belle
energie, la sua bontà e il lungo corredo di studi alla causa dei deficienti, essa che dall’Alpi al mare scosse le
anime con la sua parola vibrata in pro di questo proletariato infantile, avrà sinceramente sentito dal comm.
Doria e per la maniera lodevole con la quale egli conduce l’istituto di Tivoli.
Ma purtroppo gli entusiasmi non devono farci velo, ed è opportuno ricondurre la questione nei suoi
veri termini. Il commendatore Doria ha tolte le guardie carcerarie e le ha sostituite con dei maestri elementari.
– Ricordo che l’anno scorso, sul Cittadino si svolse una vivacissima polemica a proposito di questa riforma
allora attuata. Quel giornale attaccava il Doria incolpandolo di una modificazione fittizia, apparente, inutile.
Contro queste accuse sorse appunto l’avv. Guarnirei Ventimiglia in difesa del Doria, dimostrando la bontà
degli intenti suoi e l’utilità di questa iniziativa, che poteva precorrere altre e più radicali riforme.
Ma fu un piccolo passo, lodevolmente effettuato, non una riforma organica e completa che
modificasse l’antico andamento. Così come la riforma del Beltrami Scalia, che, separando in tre diverse
categorie i corrigendi cioè: i minorenni traviati o ribelli all’autorità paterna da un lato; gli oziosi i vagabondi i
mendicanti da un altro; i colpevoli di delitti comuni da un altro, attuò con questa divisione una riforma
puramente burocratica, poiché accanto all’impulsivo che in un atto di collera ferisce un amico, vive il
delinquente recidivo; accanto agli oziosi, indolenti ma tranquilli, vivono i mendicanti ladri e corrotti; accanto ai
piccoli ribelli nervosi, ma spesso buoni, vivono i traviati impenitenti. La divisione dunque doveva effettuarsi
non in una forma empirica, ma a seconda della gravità e dell’entità del male dal quale erano colpiti i
minorenni e con criteri di una sana e beninteso pedagogia scientifica.
Conviene dunque non esagerare la cosa, poiché troppo manca ancora per l’attuazione di una
generale ed effettiva riforma nelle case di correzione o istituti di educazione correzionale, specialmente con
l’orientale lentezza con la quale procedono le cose da noi.
Infatti, fin dal 1876, il Nicotera rivolgendosi al Sovrano domandava la soppressione delle guardie
carcerarie e solo trent’anni dopo s’è potuto conseguire questa riforma. L’ordinamento del personale di
sorveglianza è mutato, ma siamo noi sicuri che esso sia idoneo? e quali studi speciali hanno fatto questi
nuovi precettori per essere sicuri di intuire le tortuosità anormali dell’anima dei corrigendi? E questo
mutamento non porterebbe con sé come necessità la modificazione del testo di legge e delle altre norme
legislative?
Da tutto questo si rileva come non sia possibile lasciarsi andare ad un libero sfogo di entusiasmo, e
tanto meno gridare: “In Italia non abbiamo più i carceri per i fanciulli, lo sappia lo straniero”. Sgraziatamente
per il direttore, lo straniero non leggerà la Vita, poiché egli potrebbe sorridere e domandarsi: il Codice italiano
dove è andato a finire? È stato forse abolito ed io non me ne sono accorto?
Anche coloro che non hanno studiato codici e pandette, sanno che l’amministrazione della giustizia
penale e l’espiazione della pena sono perfettamente di regola, tanto pei maggiorenni che per i minorenni,
motivo per cui c’è da rallegrarsi per la leggera riforma portata dal Doria nei riformatori; ma essa lascia pure
immutati gli ordinamenti correzionali preesistenti per i minorenni delinquenti.
Il Codice penale, con i suoi articoli severi e i suoi reclusori, retaggio di barbarie ed insulto alla civiltà
moderna, resta quale era, in barba alla scienza criminale, e lo dicono le Case di correzione di Forlì, i reclusori
di Porto Ercole ed altri ancora.
Si comprende e si spiega l’entusiasmo per un istituto tenuto sotto la speciale sorveglianza del comm.
Doria, che fa a Tivoli come già il Curli fece ad Ascoli Piceno, ma gli sforzi di un direttore, che con personali
risorse intellettuali e morali riedifica tutto un sistema di educazione, in un riformatorio, non rappresentano
una riforma generale che vada a conforto dei ventiquattromila ricoverati nelle Case di correzione, e degli altri
sedicimila che restano nelle Case di pena.
Non sono sogni questi, né volate pessimiste campate nell’aria per mettere insieme un articolo. Con sei
soldi ognuno può comperarsi un Codice penale e constatare da sé la dolorosa verità.
La professoressa Montessori, con sottile ironia, dice: “c’è ben altro da ammirare oltre l’Istituto Forense
di Milano”.
La colta signora ha perfettamente ragione: Dio sa quante belle cose ci sono da ammirare! Ma è
supponibile che giuristi insigni come il Petrazzoli, il Maino, lo Zuccate e gli altri scienziati che compongono il
Comitato di quell’Istituto, si riuniscano solamente per combattere dei fantasmi? È possibile che soltanto per
cacciare delle ombre la Cassa di risparmio di Milano abbia versato migliaia e migliaia di lire e che per la
stessa utopia abbia il Re elargite dalla sua cassetta privata altre centomila lire? Forse quei signori giuristi
avranno aperto un concorso e indetto delle sedute coi più noti giureconsulti unicamente per fare delle
accademiche dissertazioni sulla “caduta delle famose inferriate e dei relativi catenacci?”.
Nel programma dell’Istituto Forense è detto che essi “intendono provvedere a questa grande lacuna
della giustizia” e più oltre: “sostituire una vera e moderna e razionale educazione dei minorenni traviati e
corrigendi, togliendo gli infelici alle gravissime pene che, per disposizioni legislative, sono loro imposte dal
vecchio Codice”.
È possibile che tutte queste illustrazioni della scienza giuridica non si siano
ancora accorte che “in Italia non abbiamo più carceri per i fanciulli?”.
Ben altro ci vuole per risolvere un sì grave problema sociale; non basta la sostituzione di maestri
elementari: per correggere quelle anime malate e traviate occorre della gente che conosca la psicologia
criminale: più che le fanfare e le passeggiate ginnastiche occorre creare intorno ad essi una atmosfera
famigliare ed operosa, ben lontana dal tipo caserma e camerata; occorre che lentamente e quotidianamente,
col sussidio delle scienze mediche, essi vengano emendati, con provvida sapienza, onde togliere quelle
anormalità fiorite nell’abbandono, nel cattivo esempio, nella degenerazione.
È tutto un criterio nuovo che deve sostituirsi all’antica idea della correzione: la sostituzione della pietà
e della tenerezza all’antico disprezzo; la sostituzione della scienza all’empirismo giuridico; e converrà anche
pensare alla creazione di un tribunale speciale, costituito da appositi magistrati per il giudizio dei minorenni:
innovazione questa portata in America fino dal 1902.
Rossana
Sul nobilissimo argomento nel quale la Vita ha avuto l’onore di diffondere l’autorevole opinione della
signora Montessori, riceviamo anche la lettera seguente:
Ill. mo signor Direttore,
A proposito di ciò che Maria Montessori viene, nelle colonne della Vita, scrivendo sulla riforma degli
Istituti di correzione mi piace osservare che, se al Direttore generale delle carceri comm. Doria vanno
tributate alte lodi, per non aver nulla tralasciato e nessun sacrificio sfuggito, per addivenire alla soluzione di
un sì importante e difficile problema, non vanno dimenticati coloro che all’opera stessa portarono il contributo
dei loro studi e delle loro esperienze.
E fra questi è doveroso annoverare Emanuele Pasquini, il quale da molti anni dedica l’intelligente
opera sua al miglioramento dei giovani ricoverati nella Casa di correzione di Urbino (unica in Italia per
minorenni di cui agli art. 53.54 del Cod. pen.) e che fin dal 1901 raccolse il frutto delle sue esperienze ed una
serie di belle proposte in un opuscolo al quale l’on. Tancredi Canonico, in un articolo comparso sulla Patria di
Roma, prodigò gli elogi più lusinghieri.
Tanto per la giusta assegnazione dei meriti: unicuique suum!
Con ossequio cordiale.
dev.mo
Domenico Rossi
Aversa, li 6-6-906.
M. Montessori, Sulla questione dei minorenni corrigendi, in “La Vita”, 2 (16.06.1906), n. 166, p.3.
Invece dell’articolo sulla organizzazione pedagogica del lavoro manuale nel Riformatorio di S. Michele
in Roma, pubblichiamo oggi questa:
Risposta a Rossana
Rossana – voi avete aperto sulle colonne della Vita una polemica… - Io vi ringrazio di questo atto
cortese. E godo che tra due donne si faccia una guerra gentile di sentimenti e di cultura, con lo scopo
materno di redimere un’infanzia proletaria che deve essere sacra a ogni cuor di donna.
Non vi sembra un’era nuova di brillante femminismo, questa?
Un tempo erano le “barufe chiozote” di Goldoni… oggi sono le polemiche sociali, fatte con la penna.
Permettetemi innanzi tutto di stendervi la mano. Voi avete voluto cortesemente ricordare la mia propaganda
pei deficienti in Italia: io voglio ricordare voi, Rossana, tra gli operai raccolti nella scuola di educazione civile:
la vostra opera sociale onorò il nostro sesso: ed io fui tra le persone che più la compresero. Ditemi, se quella
istituzione avesse raccolto le signore più intellettuali e gli uomini colti di buona volontà, nelle serali riunioni
con gli operai reduci da lavoro; e avesse tolti gli uni all’ozio e gli altri alla bettola affratellando uomini e caste
in uno scopo di progresso intellettuale del proletariato, che è scopo di progresso universale – e la vostra
unica scuola si fosse moltiplicata e propagata nei quartieri di Roma e poi nelle città d’Italia; non sarebbe stata
una festa umana?
Ma forse la vostra scuola ebbe qualche difetto (chi non ne ha?…) – il pubblico non vi s’interessò
abbastanza – i nemici vi colpirono – quasi nessuno vi comprese, né Stato, né partiti, né pubblico… Ebbene di
ciò si muore. Di abbandono periscono spesso le più sante e geniali iniziative. Chi s’interessa lo fa per rilevare
i difetti e ferire – spesso ferire a morte. Il bene resta coperto col male che sempre gli sta accanto, poiché tutto
è fatto di bene e di male -; sul bene spesso si getta il veleno mortifero dell’invidia. E così l’edificazione delle
cose buone è faticosa… dolorosa. Io posso dire lo stesso per la mia opera in favore dei deficienti. Non
raccolsi io peggio che ingratitudine e non ebbi contro me gli ostacoli mortali? – Rossana – stendetemi la
mano; e ditemi: perché uccidere? Edificare! aiutare la vita!plasmare con le forti attività dell’anima tutto quanto
è buono: ecco una missione sociale della donna.
Ed ora veniamo più direttamente alla nostra importante discussione.
La riforma del Doria è allo stato “potenziale” – io n’ebbi l’impressione come di chi osservasse un germe
umano e prevedesse le forme sublimi immortalate da Fidia. Lasciatemi il tempo di svolgere in una serie di
articoli ciò che ho potuto interpretare. Ma non vi arrestate mai nella polemica. Poiché per isvolgersi, quel
germe, ha bisogno di stimoli: e la polemica nobile e bene intesa è feconda di vita. Noi donne siamo le
genitrici – ricordiamoci di questa nobiltà alta, naturale e sociale – i germi della vita umana si svolgono nel
nostro seno: i germi delle grandiose opere sociali, saranno riscaldati dalla nostra anima!
Qualche rapida risposta ai vostri appunti: io non dissi che in Italia non abbiamo più minorenni nelle
carceri: ma che “non abbiamo più carceri pei fanciulli” perché le carceri dei fanciulli si sono trasformate in
iscuole. E LO SAPPIA LO STRANIERO!…
Non è forse vero che a Milano presiedeva il congresso di Assistenza Pubblica, Casimir Perire, - quasi
personificazione di quella Francia che ha nell’altero linguaggio l’iperbole di sé stessa – e che innanzi a lui noi
non abbiam fatto che patire miserie e bisogni e tenebre fitte sul pensiero sociale… senza che una voce sola
si sia fatta sentire per proclamare questa solenne riforma che ci avrebbe illuminati?… Qual mania di
persecuzione e di miseria è mai questa nostra!...
Perché nessuno disse allo straniero, che era al tempo stesso fratello nostro e ospite gradito, questa caduta
delle inferriate e dei catenacci – una riforma molto civile di regolamento, intanto, se non di codice – subito
seguita dal fatto solenne che il Ministero dell’interno ha già stanziato mezzo milione pel primo edificio libero –
vero locale scolastico, che sarà costruito come principio di un’opera destinata a diffondersi? Poiché come il
ministero dell’istruzione e i comuni hanno obblighi pei locali scolastici (obblighi tuttavia non ancora
universalmente adempiuti là ove dipendono da isolati comuni!), così quello dell’interno dovrà assumersi
l’obbligo di fabbricare i locali per le scuole che fonda – poiché stride l’istituto di educazione nel locale del
carcere. E qui sta la grandiosità: nell’universalità che s’impone all’opera di Stato, a differenza della
limitazione nelle opere private.
Se ricordate, quando io dissi “c’è ben altro da ammirare, oltre l’Istituto forense di Milano”, accennai non alla
qualità, ma alla estensione dell’opera.
Facciamo ora – permettete – un ragionamento serrato. C’è a Milano l’Istituto forense che tende a costruire
scientificamente quelle riforme complete, radicali del giure atte a corrispondere ai nuovi criteri dettati dalla
scienza nella nostra epoca di civiltà. C’è anche a Milano la prima e più importante scuola di pedagogia
scientifica che abbia l’Italia – altra cosa da ammirare: essa prepara i “metodi educativi” per tutti gli uomini,
normali e anormali. L’un istituto dovrà attingere all’altro per reciproca luce come, p. es., a un policlinico l’una
clinica ricorre all’altra per raggiungere lo scopo assai complesso della diagnosi e della cura.
Ma se il gran macigno degli edifizi penali stesse assolutamente immoto e impenetrabile – a che tanta opera
scientifica? La riforma del Doria ecco, li apre e li rende accessibili alle scienze nuove.
Calcolato, p. es., dagli ingegneri il traforo del Sempione, era necessario prendere il piccone o infossare la
mina, per intaccare il macigno – senza di che i calcoli sarebbero stati opera vana. Guai se l’operaio,
l’ingegnere, la natura fossero diventati rivali! Lo scopo fu raggiunto con la cooperazione armonica di tutti i
diversi elementi che vi contribuivano; e allora solo gli uomini tutti poterono utilizzare quel passaggio nuovo
apportatore di progresso. Ora per costruire una profilassi sociale contro la criminalità, un immenso numero di
fattori deve contribuirvi! Non è solo questione giuridica – come voi dite – per quanto sia eminentemente
giuridica. Ma è pure questione psichiatrica – e soprattutto questione pedagogica. Anche gli istituti più
deficienti che esistono ancora in poco numero da noi: e gli istituti per fanciulli epilettici, che ancora non
esistono affatto, si collegano strettissimamente con tale questione. Perfino ci si collega la riforma della scuola
elementare per fanciulli normali! perché il capitano come in una prima tappa sociale tutti i deficienti e i
criminali destinati a continuare per altra via il triste cammino della vita. Ora supponete un momento che la
riforma Doria in realtà si attuasse – cioè corrispondesse completamente la pratica all’idea mirabile.
Avremmo dei maestri e dei medici, lì dentro ai Riformatori, atti a studiare, intanto gli individui ricoverati. Dove
volete voi che si fondi la razionale separazione che invocate dei tipi biologicamente diversi tra loro –
l’impulsivo semplice, dal pazzo morale; l’epilettico dall’imbecille che commise un atto criminoso – dove, se
non sullo studio diretto, scientifico dei soggetti?
Aprite le porte dei Riformatori alla scienza, e fate che questa vi si stabilisca come in una clinica.
Credete voi che possa rimanere sterile tale ospitalità? Ma perché si dovrebbero dunque studiare i soggetti,
se non per dedurre ulteriori ulteriori riforme e andare verso il progresso? – Sostituite alle ricerche scarse che
si potevano fare quando certi sospetti erano quasi inaccessibili allo studioso una ricerca obbligatoria su
decine di migliaia di persone – e s’imporrà un tale cumulo di documenti umani, che dovrà crollare come per
terremoto la costruzione antica! – Fate che dall’Istituto Forense di Milano si ottenga di togliere del tutto i
minorenni dalle carceri riformando codici e tribunali: dove metterete questi fanciulli? Colà ove già si è iniziata
l’opera riformatrice del Doria. Lasciate sempre progredire: si vedrà pure che uno sterminato numero di quei
bambini che vanno col nome di deficienti stanno appunto là dentro i Riformatori e specialmente nella
categoria dei vagabondi e dei dediti al meretricio: e si farà così una luce sempre maggiore, e un
coordinamento di opere sociali che hanno la triplice base giuridica medica e pedagogica. L’un istituto
integrandosi con l’altro, l’una opera accogliendo la pratica di successive riforme, l’altra mutando significato e
nome, completeranno ciò che è nell’intento scientifico del momento presente: la redenzione umana del
proletariato fisiologico e la difesa sociale. Anzi, cara Rossana, da tutto questo colossale monumento di
progresso, un vessillo dovrà sventolare come simbolo del “vero” in tutta questa questione della criminalità: i
criminali, i deficienti, gli epilettici, tutta questa umana zavorra non dovrebbe nascere… Essa è la malattia
della specie umana, e si potrebbe qui ripetere la sapientissima regola data da Mosè – e ripetuta nella famosa
scuola medica Alessandrina: “è più facile evitare l’epidemia di un intero popolo, che guarire un solo individuo
malato…”.
Maria Montessori
M. Montessori, Per i minorenni delinquenti. L’organizzazione nel Riformatorio di S. Michele, in
“La Vita”, 2 (14.07.1906), n. 194, p.3.
Dopo gli esercizi spontanei che sono serviti a stabilire una prima conoscenza del fanciullo – incomincia
l’opera educativa. Il metodo che si usa a S. Michele per il lavoro manuale educativo ha due principi la cui
importanza potrebbe sfuggire ai profani, ma che costituiscono la base scientifica di tutta la metodica
moderna: cioè la graduazione degli esercizi e la loro ripetizione. La graduazione conduce dalla semplice linea
incisa sulla creta o intagliata sul cartone alle fondamentali figure geometriche, alle loro combinazioni in
disegni e alle loro applicazioni nella composizione o nelle analisi di oggetti d’uso o oggetti artistici. Giunti agli
oggetti, si è alla porta dell’insegnamento professionale. Che la graduazione serva a collegare tutta la serie
degli esercizi in una unità organica – e conduca quindi la mente a edificare logicamente e a intendere l’analisi
d’ogni oggetto – e ciò senza sforzi di adattamento e quindi senza fatica – è ovvio intendere, e non è nuovo;
per quanto originale sia qui nel rigore veramente scientifico delle sostituzioni graduali, con le quali è
applicato.
Ma ciò che non si usa finora in nessun insegnamento – fuorché nella pedagogia scientifica – è la
ripetizione. Le stesse linee, le identiche figure geometriche, le graduazioni tutte si ripetono quattro volte; ma
usando materie diverse e necessariamente diversa tecnica di lavorazione. Prima con uno stecco di legno, la
riga e la squadra si eseguono tutti i lavori in creta; poi con la riga e la squadra di ferro, il coltello e le forbici si
ripetono sul cartone; quindi con la sega, la pialla, lo scalpello, il mazzuolo, la raspa e le righe, i piccoli operai,
sopra un minuscolo banco da falegname ripetono per la terza volta le medesime costruzioni aiutandosi pure
col tornio, le sgorbie, e i compassi di spessore a comporre gli oggetti più difficili, e finalmente, divenuti piccoli
fabbri, ripetono il tutto l’ultima volta, facendo uso del tagliuolo, di martelli, di lime a diverso taglio e forma, di
seghe da ferro, e squadre, e si affaccendano, già abili lavoratori, intorno ai piccoli tavoli speciali ove sono
infisse morse di ferro e incudini; inoltre hanno a loro disposizione saldatori di rame per fare le saldature con
lo stagno e un piccolo trapano per fare i buchi: - né manca nella scuola una macchina per la molatura dei
ferri, cioè un armamentario completo. – Anche l’oggetto è presentato sotto una forma originale: l’incastro, ben
noto a chi si è occupato di pedagogia dei deficienti.
La figura qui sopra rappresenta appunto come i fanciulli devono fabbricare i pezzi geometrici a pieno e
a vuoto, indipendentemente, con oggetti diversi, come per esempio con cartoni o legni di vario colore; in
modo che l’esecuzione sia tanto precisa da far combaciare con assoluta perfezione i due pezzi nell’incastro.
Ciò vuol dire che la costruzione delle figure e l’esecuzione del lavoro devono raggiungere un’esattezza
assolutamente matematica.
Il pezzo incastrato infatti oppone una certa resistenza a chi vuole staccarlo dall’incastratore, come
fosse leggermente ingommato – e la superficie non fa sentire alcun dislivello.
Le applicazioni pedagogiche del metodo così succintamente e imperfettamente accennato, sono di una
importanza singolare. Si riedifica qui a nuovo, applicandolo al lavoro manuale, il metodo classico di Séguin
usato per l’educazione intellettuale dei deficienti; ma che sarà forse in un giorno non lontano, il metodo
pedagogico positivo e razionale da usarsi anche per tutti i normali.
Ripetere! Ecco quanto manca a tutta la nostra vecchia pedagogia, che ci ha pur preparati ancora nella
vita pratica ad essere superficiali. Ripetere vuol dire approfondire: ripetendo si medita; ripetendo si assimila;
ripetendo si prepara in noi la creazione. È una delle più interessanti esperienze che si fanno oggi in
psicologia sperimentale: quella di mostrare una tavola di figure varie come per es. un bottone, una fibbia, un
ritratto, un nastro ecc. ovvero mostrare un quadro - ; e poi togliere dallo sguardo l’oggetto e invitare a
descriverlo.
Tutti vedono più o meno parzialmente e male: alcuni anzi nella descrizione inventano di sana pianta.
Ciò vuol dire che la realtà ci giunge sempre parzialmente, e di più mista a illusioni, quando osserviamo alla
sfuggita. Che cosa ci rimane infatti di un libro letto in fretta, di un corso universitario seguito a gran carriera?
– Poco, ma non solo poco; ci restano delle illusioni; la realtà, il vero, l’essenza della cosa si è quasi
completamente smarrita nella nostra fuga intellettuale; noi rimanemmo affaticati, ma non tòcchi. Perdemmo
forze, senza molto guadagnare. Bisogna fermarsi, e ripetere. La scienza sperimentale tanto decantata e
tanto feconda di progresso, che cosa ha fatto se non costringere, con oggetti che richiedono la paziente
applicazione delle esperienze, l’attenzione umana a soffermarsi? Il vero esige una laboriosa conquista, una
coltivazione; non vuole essere rapito a volo. – Ed anche la personalità umana edifica e si ingrandisce solo a
prezzo di pazientare, di fermarsi, di ripetere. Per tornare a un antico paragone, la goccia di rugiada brilla,
dove si posa come illusorio, effimero diamante, che il primo insetto, il primo raggio di sole, il primo aleggiar di
vento disperde nel nulla: ma la goccia costante che cade può corrodere il granito. In noi tuttavia non produce
solo un fatto quasi meccanico, come quello per esempio di dare una memoria granitica degli oggetti, la
ripetizione: la ripetizione crea. – È il seme piccolo e semplice (la nozione) che lasciato in terra feconda (la
nostra anima) germoglia in piante che sono sorprese di forme nuove, creazioni, vita.
I gesuiti conquistarono ai loro tempi il mondo, chiamando gli uomini che erravano svolazzando sui versi
o nelle corti, a meditare: meditare e fermarsi col pensiero, intensificandolo, polarizzandolo sulla cosa che si
medita. Ebbene leggere un libro in una nottata è consumare di noi aridamente; meditare mezz’ora il mattino è
lasciare una libera espansione al nostro io, che resta per lo più malamente soffocato da una valanga di
sensazioni incoordinate. Non sappiamo l’arte di espandere noi stessi, e non sappiamo regolarizzare le nostre
attività: perciò anche forti e normali di natura ci accade d’indebolirci e squilibrarci magari nella nevrastenia.
Qui invece, nei procedimenti della pedagogia scientifica si tratta non solo di mantenere integri e
sviluppare gl’individui forti, ma ancora di ricostruire personalità oscillanti negli squilibri della degenerazione e
dei morbi.
Perciò conviene ripetere. Chi non sa che gli anormali hanno sensazioni diverse dalle nostre? I colori, i
sapori, gli odori, le impressioni tattili, termiche, dolorifiche, sono diverse in loro. Essi hanno talmente un
diverso modo di percepire il mondo, ché il fanciullo anormale ci apparisce quasi sempre come un bugiardo
cinico, che nega, o deturpa la verità. Per costoro, passare fuggevolmente sulle cose è non solo acquistare
illusioni, ma anche realmente “false percezioni” capaci poi di costruire una mentalità fatalmente patologica.
Bisogna perciò che gli oggetti reali persistano, insistano, si aprano una strada, si fissino un posto nella
mente degli anormali. – Ecco che la graduazione logica ripetuta più volte, in esercizi conducenti dalla
geometria agli oggetti reali, costruisce un pensiero complesso fissandolo su nozioni esatte e concrete.
La difficoltà del metodo sta appunto nel ripetere senza annoiare, cioè senza stancare. Perché infine si
tratta di fissare a lungo l’attenzione sopra una cosa, sviscerarla in tutta la sua profondità. Ma appunto ciò è
difficile nei fanciulli in genere, che sono instabili, perché la loro attenzione è presto esaurita: e tanto più
sembra un arduo processo nei degenerati, nei deficienti, in tutte le forme di mentalità anormale, dalla
epilettoide, alla imbecillesca: perché la caratteristica psichica di questi minus habens è appunto l’instabilità
eccessiva dell’attenzione, la facile esauribilità dello sforzo; e ragione per cui i degenerati mutano ogni
momento mestiere e finiscono poi per divenir parassiti. La difficoltà è superata in questo, che sembra un
controsenso: ripetere, variando. A chi osservi l’imponente numero d’istrumenti diversi che i piccoli ricoverati
di S. Michele devono successivamente maneggiare, mentre passano a traverso la lavorazione di materie
tanto dissimili come sono la creta, il cartone, il legno e il ferro resterà l’impressione che si sia felicemente
raggiunto lo scopo.
La molteplicità circonda talmente l’unità, la instabilità fa un tale quadro alla costanza, che il fanciullo,
pur seguendo i bisogni psicologici della instabile sua mente, pur variando di continuo, fissa quella
determinata serie organica di nozioni. E non si stanca, né si sforza, né si consuma. Anzi la sua personalità
viene come riordinata, ricostruita: è quel lavoro manuale che secondo Benedicht – cura il sistema nervoso e
guarisce l’epilessia.
Intanto i fanciulli passano da una forma di lavoro all’altra, che li conduce dalle tenui mollezze della
plastica sulla creta, alle dure e faticose manovre del costruire in ferro, mostrando tendenze varie nelle abilità
diverse del maneggio.
Dobbiamo fare di loro altrettanti lavoratori, che dovranno un giorno esser produttivi nell’applicazione
professionale. Al riformatorio stesso, cinque officine o laboratori attendono i piccoli licenziati della scuola del
lavoro educativo, per farne degli operai: potranno essere fabbri, o falegnami, o artisti (se andranno al
laboratorio di plastica); o anche sarti o calzolai.
Tutto quel mutar di tecnica nel lavoro preparatorio, deve tendere a risparmiare le incertezze della
scelta e le vane perdite delle prove fallite.
Il bambino giunto alla fine del periodo preparatorio, si trova sulla soglia di una porta che è sicuro asilo
di lavoro rimuneratore per lui. Il maestro dovrà appunto studiare di continuo le tendenze individuali dei piccoli
allievi.
Quegli che si deliziò nell’incidere mollemente con tenui asticine la creta obbediente, e provò irritazione
nel maneggiare fra gli stridori le lime; quell’altro che sembrò come a suo posto dinanzi al tornio, mentre si
annoiò intagliando il cartone; quegli che provò un singolare gusto nel maneggiare le forbici o nel combinare la
riga e la squadra, non fecero, (come inutilmente avviene ancora nelle nostre scuole comuni) soltanto una
vana e illogica raccolta ora di elogi e ora di castighi: ma continuarono a manifestare le proprie tendenze e
indicarono al maestro la via della vita alla quale sono adatti. Essi si avanzarono così contemporaneamente
verso la guarigione e verso la meta.
Un giorno, quando i nostri Riformatori saranno completamente rinnovati nell’indirizzo iniziato, e
avranno pur potuto dare una imprescindibile base igienica ai locali e a tutto l’ambiente – sì che l’aria libera e il
sole, ravvivino fisiologicamente gli organismi fiacchi dei piccoli proletari – potremo dire veramente che tutta la
parte preparatoria o educativa del lavoro, spinge alle officine dei guariti, o meglio dei convalescenti. Certo
delle persone così logicamente educate non potrebbero con vera utilità entrare subito in laboratori comuni,
insieme agli operai sani e normali.
Io chiamo convalescenti quei ragazzi che stanno nei laboratori professionali – anche perché mi sembra
che il trattamento dovuto a loro sia paragonabile a quello che usiamo per chi, salvo da una malattia mortale,
deve prendere forza onde ritornare tra i vivi della vita attiva.
Non potrebbe essere un mastro di bottega o un duro padrone, l’ulteriore maestro di questi che
rappresentano la debolezza nella compagine dell’umanità. Anche i capi di arte devono essere educatori,
quindi lontani da ogni interesse di lucro immediato, e da ogni tentazione di sfruttamento: - maestri, nel vero
senso della parola, orgogliosi del metodo, del miglioramento degli scolari, e soprattutto sensibili alla propria
alta missione. Come è per esempio a S. Michele il Gèmini, un vero artista fine nella scultura e nell’intaglio –
che prepara sotto di sé piccoli artisti, lieti e sorridenti di orgoglio per la propria opera: come è il maestro dei
sarti, Prandi, che ha creato un metodo di progressione veramente ammirevole – dal punto semplice ai lavori
primitivi, al disegno, al taglio; come è Mulzone, il maestro dei fabbri, così eccellente nei difficili lavori delle
serrature segrete e delle casseforti, e che sa far sorgere mobili elegantissimi in ferro; mentre la sua dolcezza
paterna sembra un vivo contrasto con la materia del suo lavoro: e Mencarelli, il maestro falegname, che
segue i metodi del lavoro svedese negli esercizi progressivi dall’incastro alla costruzione del mobile, e Vinci,
il maestro calzolaio, che dopo aver insegnato i primi punti, ha originalmente diviso la scarpa in tante parti che
devono essere successivamente lavorate, come la punta e il tacco.
Così che visitando le officine, io dovetti involontariamente pensare a ciò che avevo veduto e ammirato
a Londra nella meravigliosa organizzazione delle classi aggiunte pei deficienti: dopo l’educazione speciale in
classi separate, i deficienti passano a scuole centrali di lavoro, cioè officine, che hanno la specialità di
insegnare il lavoro professionale con metodo pedagogico razionale.
Già, in Inghilterra tutto si insegna: per essere bambinaie o serve, come per essere maestri o professori,
bisogna aver fatto un corso di studi e aver acquistato un’abilità. Da noi invece la preparazione alla vita è
aristocratica; chi non va nelle alte scuole o all’Università, non trova luoghi che lo preparino con metodo a ciò
che dovrà fare nel mondo. E perciò è scadente il lavoro manuale; e per avere un operaio che costruisca una
camera igienica o una bonne che sappia tenere in braccio un bambino conviene ricorrere all’Inghilterra…
Una scuola razionale completa di lavoro è dunque cosa economicamente e civilmente importante da
noi, e degna di essere generalizzata.
Perché lasciarla nascosta e chiusa nel Riformatorio di S. Michele?
Maria Montessori
Montessori, Ancora sui minorenni delinquenti. L’amore, in “La Vita”, 2 (6.08.1906), n. 217, p.3.
Dice ancora, il nuovo regolamento sui Riformatori, che per la correzione dei minorenni sono aboliti i
mezzi coercitivi – e vi è sostituito l’amore.
Grave affermazione e altissima, questa. L’amore!.. Cosa fa l’umanità se non salire con voce perpetua
verso l’amore? Tolstoi nell’aureo racconto “Di che vicono gli uomini” lascia dire all’angelo che era venuto in
terra per iscoprire il segreto della vita umana: “Gli uomini credono di vivere solo pei loro dolori; ma in verità
essi vivono per l’amore. Chi possiede l’amore è un Dio”.
La civiltà procede nel suo lato morale unicamente sulla via dell’amore. Raddolcisce perciò a poco a
poco ogni forma di durezza e la vince.
Compie un atto d’amore Beccaria quando vuole abolire la pena di morte pei criminali; è tutta amore la
teoria di Lombroso: ed è amore la riforma che abolisce il castigo pei fanciulli reprobi, impulsivi, perversi,
ribelli, corrotti, ignavi. Distruggere una forma crudele è spezzare un legame che tiene in basso l’umanità, e
lasciarla volare più liberamente in alto, verso l’amore. Nel primo momento il passo sembra ardito e pieno di
pericoli. Abolire i mezzi coercitivi! ma come si potranno correggere le malvage tendenze dell’anima?
Lasciate l’umanità salire! Voi credevate che il suo cammino diretto fosse guidato dal timore del fuoco
eterno; dalle pene della tortura e della morte in terra; dal timore della prigione, della terribile cella ove si soffre
il silenzio, il buio e la fame; dal timore dei castighi da evitare, infine. No: il cammino diretto dell’umanità è
unicamente guidato dall’amore: per questo gli uomini si gittarono ai piedi di Cristo. Che cosa sono i criminali
se non persone che non ebbero o che perdettero l’amore e ci ripugnano come esseri fuori della vita? Chi vuol
sedurre e conquistare, dimostra, se non lo sente, amore: mai nessuno pensò di conquistare anime umane
con la minaccia.
Questi infelici, i predisposti alle ferocie e al ludibrio della criminalità, sono paria dell’amore: o perché
non hanno raggiunto la pienezza della vita, e l’organismo stesso è incapace di amare, o perché mancarono
del nutrimento della dolcezza e dell’affetto fin dalla tenera infanzia, quando il corpo stesso per crescere bene
ha bisogno delle dolcezze del latte e insieme delle carezze materne: e allora sono dei terribili assetati e
affamati d’amore! o perché nell’amore furono offesi, e videro l’ingiustizia – e allora sono dei feriti. Abbiate il
segreto di farli amare, tutti questi paria dell’anima umana e tutti questi caduti – e saranno salvi.
Ma qui sta il difficile.
L’amore, si svolge nella sua bellezza spirituale dalla salute fisica e dall’ambiente sano.
Possiamo, è vero, più o meno volontariamente, cogliere questo sublime fiore, e coltivarlo nelle
attitudini della perfezione dell’anima umana: ma esso nasce solo in una terra ubertosa e pacifica: la salute
del corpo e dell’ambiente.
Si potrebbe dire: chi ama è sano, come si è sempre detto: chi ama è salvo.
Che la mancata bontà, l’odio, l’invidia, il dispetto, il desiderio di vendetta siano in diretto rapporto
anche con difetti della costituzione, o con veleni che circolano nel sangue, o, insomma, con stati morbosi
fisici, questo è un principio ancora poco diffuso nella cultura del pubblico. Dilatiamo il concetto: chi è
inaccessibile al bene, chi si mostra veramente un ribelle dell’amore umano è senza dubbio un malato.
Queste malattie potranno a volte essere inguaribili: ma se una cura sarà capace di attenuarle, essa non
dovrà essere fatta di odio, di vendetta, di castigo; bensì d’amore. E insieme dovrà accompagnarvisi un’igiene
fisica che migliori le condizioni del corpo male organizzato nei suoi intimi scambi e nelle sue vibrazioni, o
deviate dall’equilibrio fsiologico della salute fisica.
Noi con una frase: - le cattive tendenze dell’animo – affastelliamo superficialmente le più disparate
quantità di effetti senza risalire alla causa: mentre sono lì congiunti errori di ambiente, con errori fisiologici, e
con malattie, soprattutto con malattie.
Perciò, volendo procedere alla educazione morale del minorenne, bisogna più necessariamente
ancora che per qualunque altra forma di educazione, principiare dallo studio individuale del bambino e della
sua anamnesi, cioè dalla storia biologica e sociale che possa ricostruire lo sviluppo della sua personalità:
come noi facciamo nelle cliniche, prima di curare un malato.
E simili malattie, che diano come sintomi delle ‘perversioni morali’ ne troviamo consuetamente.
Del resto è popolare la frase: - oggi sono di cattivo umore, non istò bene. – E quando ‘non si sta ben
l’affettuosità, la pietà per gli altri, il desiderio di aiutare, sono attutiti e come addormentati: ossia l’amore è
scarso. Salute e amore sono tra loro congiunti come corpo e spirito.
È vero che l’uomo sano potrà inibire le influenze di alcune lievi oscillazioni della sua salute fisica, nel
campo morale, o che potrà perfezionare il cuore con l’esercizio dello spirito, come si perfeziona l’intelligenza
con lo studio, e la voce col canto. E questo è il campo vero e proprio dell’educazione. Ma tale capacità di
perfezionamento, è strettamente collegata con la salute fisica. Insomma, i moralmente irriducibili sono dei
malati inguaribili.
La clinica ce ne dà i più difficili esempi.
La personalità morale – comprendente i sentimenti e la condotta di un individuo – può essere di sana
pianta mutata da un veleno o da un morbo: p. es., il primo sintomo della demenza paralitica non è già il
tremore, o l’alterazione del linguaggio, o la soppressione di alcuni riflessi, o lo stesso delirio di grandezza: no.
L’infelice che è appena colto dal fatale morbo, muta completamente condotta e carattere. Da buon padre di
famiglia diventa uno scapestrato spendereccio, giocatore: da pacifico si trasforma in attaccabrighe, da calmo
in violento: chi era esempio di onoratezza commette azioni indelicate e scorrette o perfino delittuose. Ma
anche il solo alcoolismo acuto, non trasforma completamente la personalità morale e la condotta? Si è un
avvelenamento passeggero, che spinge l’uomo a commettere azioni riprovevoli, è tanto lontano del formare
la vera compagine dello spirito, che l’individuo stesso le deplora appena sia dileguato l’effetto venefico. La
madre pellagrosa che uccide i suoi teneri figli e il suo lattante – e si suicida – non ha un’anima perversa e
stanca, ma un corpo malato e denutrito.
Il fattore patologico insomma non solo non deve essere estraneo, ma va invocato forse nella
maggioranza dei casi, certo in tutti quelli ove le cure morali, le esortazioni, l’esempio, l’ambiente rinnovato
riescano inutili, come inutili riuscirebbero simili mezzi al paralitico, all’alcolizzato durante l’accesso acuto, e
alla pellagrosa nell’acme dell’ultimo stadio di malattia.
Ora la causa patologica collegata massimamente alle manifestazioni criminali è senza dubbio
l’epilessia: come a substratum fisico dei caratteri cattivi, invidiosi, litigiosi, del mendacio istintivo e
incorreggibile, della doppiezza d’animo, ecc., che producono e seminano intorno intorno afflizione e noia sta
un fondo d’isterismo o di istero-epilessia attenuati o latenti.
Questo insieme di concetti deve guidarci, quando ci accingiamo a correggere i minorenni delinquenti.
Essi sono ignoranti o deficienti dell’amore: nel primo caso sono degli assetati, nel secondo dei malati.
Essi, i piccoli paria, sono capaci di ispirare amore a noi. A noi, che siamo gli aristocratici del pensiero
e del cuore, capitalisti delle ricchezze spirituali. In noi che siamo ancora e insieme i capitalisti delle forze
fisiologiche. Non abbiamo idea della nostra ricchezza! viviamo insensibili all’abbondanza spirituale e effettiva
che ci cullò, e ci fece crescere, quasi in un bagno di sazietà. Come il ricco di denaro che passa in carrozza,
alto dal fango della via, e posa uno sguardo indifferente sui miseri, sui cenciosi, sulle vittime del pauperismo
che si dileguano in fuggevole visione, così siamo noi, ricchi spirituali, verso i paria del cuore. Avviene,
talvolta, avvicinandoci a quei fanciulli, che non c’intendono, come se parlassimo un linguaggio straniero. “A
chi vuoi più bene?” “a chi vuoi bene tu?” … la frase che si mette di continuo nel linguaggio pei bimbi, come si
mette lo zucchero nel loro latte, e che nutrisce, direi quasi, materialmente, lo spirito. - Poi, quando si cerca di
far capire cosa vuol dire la parola e la frase, essi spesso rispondono con un sorriso: “a te!” A te che per la
prima volta mi parli d’amore, mi parli con amore – io voglio bene a te. –
Perché nessuno … (ah mai nessuno! né la madre … no, anzi la madre appunto mancò alle anime di
quei fanciulli …) aveva mai parlato né avuto un tratto di amore. Ma appena uno fa capire, tocca il cuore con
un tenue raggio d’affetto … essi rispondono vivamente; con una vivezza che non siamo usi a trovare mai nei
fanciulli buoni: I loro sguardi assumono una espressione commovente di stupore e di riconoscenza, che ci
tocca e forse ci strappa le lacrime, e ci fa penetrare in fondo nella nostra coscienza: come noi siamo
sterminatamente ricchi! e perché non diamo… perché non sentiamo vergogna di saper tanto pensare e
amare in mezzo a persone che sono chiuse nelle tenebre fitte di ogni ignoranza? A che sapere, a che amare,
se non dobbiamo diffondere sui paria e sui fanciulli e su tutta l’umanità il sapere e l’amore?
Ricordo un giorno, una visita al Riformatorio S. Michele con alcune signore. Io stavo accanto alla
signora Sciamanna – e un bambino si produceva cantando la canzone “Lo spazzacamino”. Egli aveva una
melanconica passione nella monotonia del canto, tanto profonda che nessun artista potrebbe riprodurre.
L’invocazione alla mamma che aspetta nel casolare lo spazzacamino che ha “freddo e fame ed è piccino” e
gira solo nel mondo, strappò alla Sciamanna e a me vere lacrime che invano tentammo d’inibire. Avemmo
certo entrambe nell’anima uno slancio per quella specie di genio della passione pietosa. La Sciamanna gli
chiese: “Vuoi dunque molto bene alla tua mamma?” – Mamma? non so, io non l’ho mai avuta”. Mamma? non
so, io non l’ho mai avuta”. Egli sentiva la storia pietosa della spazzacamino – egli amava quel girovago
immaginario: e pareva che raccontasse la sua propria storia! Anime vergini appassionate, assetate e
affamate d’amore!
Passò il tempo in cui si chiamava amore solo quello di Francesco, e quello cantato dai menestrelli alle
donne ignare – mentre i castighi cruenti e le persecuzioni e i roghi e le catene erano riserbate ai paria
dell’amore. Lo sentii io quel giorno, mentre aristocratiche donne ascoltavano la canzone dello spazzacamino
dalle labbra del minorenne corrigendo, illuminato da raggi scialbi di sole che entravano a traverso le inferriate
della dura finestra. Quelle signore volevano, ma non potevano soffocare il pianto e l’espansione del cuore per
quel fanciullo, e pei suoi compagni di sventura: quasi all’alba di un’epoca nuova di amore umano, quelle
dame sentivano fondersi le due umanità: quella ricca di affetti e quella che ne è proletaria e assetata – e il
loro cuore si discioglieva nel desiderio di unirsi in un’anima più grande che tutti gli uomini affratella. Così
come le loro ave profumate e risplendenti di bellezza, avranno sentito fondersi il cuore nel desiderio
dell’amore sessuale spiritualizzato dal canto pietosi e gentile di un avido menestrello. Sì – e con questo
connubio nuovo di cuori – con questo spezzeremo noi le inferriate e le catene, e i barbari castighi … Perché
solo l’amore redime … redime essi … e noi!
Or dunque esistono tra quei minorenni degli assetati di amore e dei malati.
(Continua).
Maria Montessori
M. Montessori, Lottiamo contro la criminalità. (È necessario salvare l’uomo a traverso il
fanciullo), in “La Vita”, 2 (8.09.1906), n. 249, p. 3.
Mentre in questi giorni due nuovi delitti di epilettici costernavano gli animi scotendo la pubblica
opinione, e i giornali riportavano in proposito le interessanti interviste del Mingazzini e del De Sanctis, perché
nessuno parlò (fuor che il giornale La Vita) di un avvenimento che tanto intimamente si collegava con quei
crimini e con le opinioni emesse dai luminari del nostro Ateneo? Il pubblico sente che è giunta l’ora di agire
contro la criminalità, la quale c’incombe e ci perturba come fatalità di pericolo e come stigma d’inferiorità
sociale: e che compito tanto gigantesco non potrà farsi gravare che su eventuali opere di beneficenza e non
potrà ridursi alle recriminazioni sui nostri regolamenti manicomiali…
Noi vogliamo un radicale e reale mutamento, una riforma che abbracci come obbligo di Stato, l’Italia
tutta e per la quale, i milioni dei contribuenti possano versarsi rendere intangibile la nostra vita, minacciata
dal cieco, imprevisto scoppio del delitto.
Qui da noi, diceva il Mingazzini, non esistono epilettici in maggior numero che altrove, come
dimostrano le statistiche del Roncorani; ma ci mancano luoghi di cura e di educazione per epilettici, istituzioni
che esistono in altri paesi e delle quali prende oggi l’iniziativa prima in Italia la signora Rita Sciamanna.
Invece il prof. De Sanctis trovava fuor delle nostre leggi, non pratico e illiberale ricorrere, come luoghi
d’isolamento, agli istituti per epilettici, poiché sarebbe una vera lesione alla libertà individuale internare per
sempre un individuo sol perché epilettico e quindi sospetto di poter diventare un giorno o l’altro pericoloso.
Secondo il parere del de Sanctis, occorrerebbe maggiore rigore nel rilasciare i malati dei manicomi,
specialmente quelli che mostrarono tendenze criminose, e che bisognerebbe tenere sotto la sorveglianza di
un oculato medico specialista: quindi occorrerebbe nella pratica una energica riforma nei regolamenti
manicomiali e una più rigorosa osservanza di essi.
Le due opinioni degli eminenti neuropatologi sono vaghi e incompleti accenni a due diversi modi di
intervento: la profilassi sociale contro la criminalità (prevenire con l’educazione) e la sua cura (reprimere con
l’internamento ospitaliero postumo): e assumono importanza perché vengono da persone di fama
riconosciuta.
Ma chi è credente nella scienza positiva, non può ammettere che si dia una sentenza di sicura e
luminosa praticità in questione sociale e scientifica tanto grave, se non sopra una solida base sperimentale.
Sappiamo noi con precisione come si formi la personalità del criminale? Quali fattori biologici e sociali
concorrano nello sviluppo di tanti e così svariati tipi, che – lo affermava anche il Mingazzini – debbono essere
studiati e giudicati ad uno ad uno? – Noi abbiamo studi sul criminale adulto: possiamo trarre una fotografia
del momento bio-sociale in cui la personalità criminale già matura si manifesta: e basta.
Ben poco, invero. Sappiamo che la vera fonte di luce sulle cause dei morbi e sulla diagnosi sia
nell’anamnesi, cioè nella storia individuale, che rimonta alla famiglia e indaga tutta la vita endouterina,
infantile, sociale del soggetto. In quali latebre misteriose si sono smarriti i dati anamnestici degli adulti, la cui
madre, anche se vivesse, avrebbe dimenticato quei particolari sulle prime età del figlio, che sono pure di
fondamentalissima importanza?
Noi non possiamo raccogliere un’anamnesi con rigore scientifico, altro che nei bambini. E qui nel caso
dei criminali, assumerebbero alta importanza i particolari su le malattie convulsive delle prime età, le enuresi
notturne, gli atti impulsivi, le reazioni psichiche anormali del fanciullo durante il suo sviluppo. Ogni particolare
su la salute fisica, la storia scolastica, sarebbero non solo preziosi, ma imprescindibilmente necessari a
costituire una scienza preventiva. Senza di che rimane una gran confusione d’idee circa i fattori patologici e
sociali della criminalità. Noi non faremo un passo di più, rimarremo a vagare inutilmente smarrendoci in un
labirinto, se non muteremo le basi dell’indagine. Bisogna studiare lo sviluppo individuale dei criminali: non i
criminali. E poi che si sappia, il rimedio verrà facilmente suggerito dalla conoscenza. Per la malattia, scaturirà
il rimedio che, sia pure limitato a un’adeguata igiene (come nel caso della epilessia, dell’istero-epilessia, e di
tutte le forme patologiche aggravanti l’organismo dei degenerati) migliorerà l’organismo, se questa igiene lo
colga GIOVANE e lo accompagni nello svolgersi della crescenza, dello sviluppo pubere e dell’adolescenza
fino a maturità. Per le influenze sociali, la conoscenza diretta delle cause tutte che influiscono sulla
formazione psichica di questi anormali, indicherà quale ambiente debba prepararsi affinché simili fattori siano
allontanati e sostituiti con tutto quanto la scienza dimostrerà più adatto a correggere, a dirigere singolarmente
lo sviluppo psichico dei soggetti. Infine dovrà opporsi a una conoscenza scientifica, positiva della personalità
psico-fisica dei criminali, una pedagogia riparatrice, che possa disporre di larghi mezzi, tra i quali non ultimi
quelli offerti dall’igiene e dalla medicina.
Questo è il secolo dei fanciulli, vidi affermare anche dalla signora Key in un libro or ora uscito alle
stampe; «alla pedagogia – i miracoli umani del XX secolo!» ho stampato io quando ero studente di filosofia
nell’Ateneo Romano.
Invero questa è la via che tendono a prendere oggi tutte le scienze riguardanti l’uomo: IL FANCIULLO,
cioè le sue origini. Divenne scienza luminosa comparata allorché ricorse all’embriologia: e allorché si rivolse
ad osservare gli organismi più semplici, originali, dai quali provengono tutti gli altri – poiché nei primi sta la
spiegazione e la dilucidazione biologica dei secondi. Finché non avremo una Clinica Pedagogica, non
avremo scienza sociale e scienza criminale.
Basti pensare al grande caos dell’epilessia; in tale campo sterminato entra il genio militare di
Napoleone, come quello romantico di Dostojevski – come il malefico genio (?) di Olivo, di Marchioni, di
Spinetti, di Alegiani. Ma stanno pure sotto il giogo di tale morbo alcuni … come chiamarli? geni fisici, cioè
persone molto sviluppate fisicamente, più alte del normale – robuste, intelligenti e di ottimo carattere, le quali
cessano dagli eccessi epilettici verso l’età di 18 anni, epoca in cui Godin dimostra che finisce la crescenza
ossea della colonna vertebrale, cioè lo scheletro nervoso si mette in istabile equilibrio con quello muscolare e
cessati gli eccessi, queste persone tornano normalissime, capaci anche di procreare persone di ottima
costituzione. Ci sono esempi familiari di simili casi. Come pure esistono persone epilettiche affatto innocue,
deboli di mente, vittime pazienti della propria sventura e dell’ingiusta persecuzione altrui. Persone … (alle
infelicissime, che pesano su noi …. e come stigme d’inciviltà e di miseria! e per queste, io credo, sorgerà qui
l’opera santa di Rita Sciamenna.
Mentre molti criminali non sono affatto epilettici. Talvolta ci furono uno o due accessi isolati nella prima
infanzia, dai quali in poi mutò completamente il carattere del fanciullo, che divenne a periodi balbuziente e
acquistò tendenze criminali (le quali possono cessare nell’età adulta col riapparire degli accessi epilettici: veri
esempi di equivalenze). Molto spesso, invece, permangono lungamente le forme larvate di epilessia:
l’enuresi notturna nell’infanzia, le absence, le scariche impulsive. Sintomi che nei fanciulli sono per lo più
curati con dei sapienti scappellotti materni e paterni, e con crudeli sgridate e rapporti reciproci tra maestri e
parenti, con relativo accumulo di castighi esemplari – dai quali i ragazzi buoni e sani dovrebbero,
nell’occasione data dalla promiscuità, imparare a scuola a rimaner buoni e sani. È questa l’odissea dei poveri
fanciulli anormali che si torturano nelle nostre scuole coi mezzi illogici di una pedagogia, digiuna
assolutamente di scienza!
Poi, a un certo punto, vien fuori un criminale… adulto. Donde venne? come e perché si formò? Le fila
di tali interessanti storie sono purtroppo spezzate! Il mostro che apparisce agli occhi nostri esterrefatti è tale
una somma di caratteri e una stratificazione di cause – e una rete combinata di reazioni, che resta presso a
poco un enigma. Certo resta un perduto, verso il quale la società può fare quello che usa coi cani idrofobi: o
sopprimerlo o isolarlo; poiché lasciandolo libero sarebbe pericoloso…
Tuttavia è proprio quest’ultimo, l’incredibile mezzo a cui ci atteniamo, con le nostre vigenti leggi! In
ogni modo – il criminale adulto è un incurabile; e la cura sociale della criminalità non lo riguarda più.
Bisogna risalire al fanciullo e fondare scuole. È antico l’aforisma: ad ogni scuola che s’apre si chiude
un carcere. Veramente a questo proposito non ci fu poca disillusione! Invero non è l’analfabetismo che renda
criminali. Se nei paesi ove prevale l’analfabetismo c’è talvolta prevalenza di reati di sangue, è che le due
cose sono in rapporto con un grado inferiore di civiltà che vuole le associazioni private di giustizia, come
mafia e camorra. Non è che l’istruzione in se stessa illumini l’uomo a non commetter delitti. A delinquere vi è
portato o da istinti collegati alla sua organizzazione; ovvero dall’ambiente sociale – in quest’ultimo caso è
colpevole PER NOI … NON PER LORO!
Mugolino a casa sua era un simpatico eroe, per noi un orribile brigante. Invero siamo crudeli e barbari
noi a punire la delinquenza di paesi d’Italia verso i quali non sappiamo mandare quella luce di civiltà e quei
mezzi di civilizzazione che toglierebbero la necessità ambiente del crimine. E a mala pena fondiamo laggiù
scolette malsane con maestri certo non scelti e soprattutto non protetti, né compensati dell’enorme compito
che loro imponiamo, di civilizzare…
Ma in un senso e in un solo senso è assolutamente vero che una scuola aperta chiuda una prigione:
quando si tratti di una scuola riparatrice di deficienti, di epilettici, di minorenni delinquenti… tutte persone che
appunto finiscono per essere mandate via dalle scuole comuni dove disturbano senza imparare e senza
adattarsi alla comune disciplina; e restano abbandonate senza scuola, senza educazione… avendo in sé
quelle tendenze che le renderanno pericolose, parassite, aggressive.
E quanti anni siamo andati avanti noi ripetendo il noto aforisma mentre si scacciavano di scuola,
nell’abbandono, i ripetenti e gl’indisciplinati… e la criminalità, specialmente infantile, era in una spaventosa
crescenza!
Disse ad un certo punto Lino Ferrigni: le carceri d’Italia rigurgitano di fanciulli, i riformatori sono
insufficienti: su tutti questi luoghi si può mettere il cartello: completo!
Tuttavia una scuola che abbia l’alta missione di lottare efficacemente contro la criminalità, e di
diminuire in definitiva lo stuolo dei parassiti, dei deboli, dei vinti, non può esser messa sulle basi comuni, e
coi deboli mezzi coi quali pretendiamo noi di educare. Una scuola che volesse per forza, condurre un
deficiente a compire gli esami di proscioglimento, e un istero-epilettoide, a permanere sotto una certa
disciplina tre o quattro anni allo stesso scopo – sarebbe irrisoria. Insomma non si tratta di insegnare a
leggere e scrivere, magari con una salsa di storia antica e di geografia mondiale - : si tratta di educare, di
modificare la personalità anormale con tutti quei mezzi che la medicina, l’igiene e la pedagogia scientifica ci
offrono oggi nella trionfante completezza del metodo. Ora io non credo che l’iniziativa privata, l’opera isolata
di beneficenza possa concretare la complessità dei mezzi a ciò necessari.
Non solo pei capitali occorrenti alla materialità della cosa – ma per la difficoltà di trovare un personale
eccellente, scelto, superiore a quello delle comuni scuole – cui affidare la responsabilità di un’educazione e di
una disciplina invero non facili a realizzarsi. Perché le persone scelte cercheranno di collocarsi in iscuole
governative dove saranno indubbiamente pagate meglio, dove godranno maggior libertà e più diritto, ove
avranno meno lavoro e responsabilità. E poi il tentativo privato si limita a provvedere a pochi individui,
costituendo un privilegio, non utile, in definitiva, alla collettività, e può sfuggire al progresso che
eventualmente si potrebbe, nell’ambiente sociale, raggiungere, e alle garanzie di successo che divengono
assolute solo colà dove entra l’organizzazione di Stato. Sia un luminoso esempio di ciò (per quanto oscuro e
bruno nelle tristi sue tinte!…) l’istituzione degli asili d’infanzia in Roma… dove dei capi incompetenti
mantengano uno stato di cose disastroso.
È desiderabile, dunque, che da parte del governo come obbligo di necessità civile, un’istituzione che
provveda a tutti i minorenni criminali, indisciplinati, incorreggibili, da quelli che la stessa famiglia è costretta
d’allontanare, a quelli che commettono vere e proprie colpe criminose. In tale schiera innumerevole di tipi,
entreranno senza dubbio tutti gli epilettoidi soggetti a reazioni impulsive, a vagabondaggio, o dediti a
meretrici; e tutte le vittime della miseria economica con l’annesso quadro degli esempi immorali,
dell’abbandono nel vizio, dell’assenza assoluta d’amore nel suo significato umano. La zavorra infantile, infine,
il triste retaggio di povertà fisiologica, donde scaturiranno tra malattie d’ogni specie, dalla epilessia alla
tubercolosi, anche le mostruose manifestazioni della criminalità, dovrebbe essere raccolto, curato e
sorvegliato.
Ebbene, queste sono le contraddizioni nostre più strane. Una tale istituzione, il cui alto significato di
lotta efficace contro la criminalità dovrebbe imporsi ed entusiasmare il nostro orgoglio italiano, esiste. Noi
possediamo in ciò un progresso che ci pone innanzi all’Europa in prima linea Ma intorno a ciò tutto tace: così
la parola alata dei dotti, come le colonne dei giornali quotidiani. E pure qualche cosa di molto grande è nato –
e su tali basi che senza dubbio crescerà rigogliosamente.
La riforma Doria sui Riformatori governativi ha costituito un passo molto ardito e geniale. Chi osò di
assumerne la spinosa responsabilità, mostrò una sicurezza d’idee ed un coraggio veramente eccezionali.
A molti sembrò nel primo momento disastroso il tentativo, come se si fossero aperte delle gabbie di
bestie feroci: si temè l’indisciplina, la ribellione, la rovina.
Ma al contrario l’esperienza di quasi due anni mostrò eccellente questa riforma che s’impose come
una vera rivoluzione di scienza e d’amore. E pochi giorni fa un avvenimento solenne di significato onorò tutti
noi italiani: per la prima volta, i fanciulli di un Riformatorio si videro intervenire alla palestra che porta il nome
fatidico di “Roma”, per un pubblico saggio ginnastico e musicale: essi, che erano stati i reclusi, gli oppressi,
mostrarono alla società una nuova forma di scuola, sorta tra le altre e con le altre affratellata e che prese il
suo battesimo solenne di esistenza viva. Erano centosessantatrè fanciulli, e tutti i Riformatori d’Italia
mandarono adesioni vibranti di commozione e di entusiasmo per la festa che sanciva un’opera di redenzione
umana. Poiché non era quello il saggio ginnastico del Riformatorio di S. Michele in Roma; era il saggio di un
campione del tutto – era il simbolo di un’opera che abbraccia l’Italia intiera.
Queste scuole scaturiscono dal Ministero dell’interno, come prima trasformazione della giustizia in
misericordia. Esse rappresentano la forma tangibile e attuata di un’evoluzione delle istituzioni penali, che
doveva seguire necessariamente a quel progresso scientifico idealmente proclamato dal Lombroso. Noi
siamo nel punto che De Vries chiamerebbe delle variazioni sociali – dove le forme nuove che furon latenti
pullulano, sostituendo le antiche. Mentre da un lato le guardie si ribellano, e nessuno più vuol fare il
carceriere, come nessuno vorrebbe fare il carnefice – dall’altro sorgono istituzioni dove addirittura sono
radiati i carcerieri, e sostituiti con maestri di primissimo ordine e con educatori entusiasti come missionari di
un nuovo vangelo.
Infatti le scuole or ora fondate dal Ministero dell’interno per la riforma Doria – renderanno sempre più
esigue le carceri, che andranno intisichendo, e chiudendosi una dopo l’altra come luoghi falliti, e socialmente
sorpassati, che non hanno più clientela…
Non passerà una generazione, e i Riformatori avranno trionfato delle carceri nemiche…
Essi si trovano in rapida via di evoluzione: ancora all’inizio, sono un germe: ma germe di organismo
superiore. Al primo tentativo di prova seguirà ora la completa attuazione: su quelle basi liberali che ne sono il
glorioso fondamento: cioè senza pastoie di imitazioni dall’estero, senza restrizioni ai maestri; lasciando libero
svolgimento alle attività creatrici della nostra razza artistica e geniale; con la sola guida di tutto quanto nel
mondo la scienza indica come progresso. Fu lungamente parlato su La Vita, in una serie di articoli, dei
risultati morali e scientifici già ottenuti per la Riforma Doria.
Nello stesso progetto governativo, che ora passerà all’approvazione definitiva (esempio davvero
ammirevole!…) è contemplata la necessità di migliorare le condizioni economiche del personale dei
Riformatori, nell’eccellenza del quale si basa tutta l’attuazione pratica della riforma. Raro caso ed esemplare:
la stessa autorità riconosce il bilancio necessario tra il dare e l’avere, e dona, senza che l’interessato abbia
bisogno di organizzarsi per chiedere… Siamo in un ambiente veramente superiore. In ogni altro campo, è
un’aspra lotta di contratto, come in meschino mercato: qui è il gesto signorile di chi vuole merce ottima, e
paga. Sena dubbio il Ministero dell’interno accetterà questa clausola economica, che è imprescindibile, e alla
quale sta strettamente collegato il trionfale successo dell’istituzione.
Quale centro di importanza scientifica potranno allora diventare i Riformatori in Italia, è facile
immaginarlo. I minorenni sono presi anche all’età di 6 anni e possono rimanervi fino a ventuno anno: cioè
permangono nei Riformatori (a differenza delle scuole elementari) durante un periodo di tempo ove si può
seguire e guidare l’intero sviluppo individuale – e lasciare profonde modificazioni nel soggetto così con le
cure igieniche come col trattamento pedagogico. Infine i Riformatori collocano nella società i licenziati: e la
sorveglianza consecutiva di essi nella vita sociale (che sarà guidata da una chiara conoscenza dei caratteri
individuali) potrà avvenire senza ledere la libertà di nessuno: poiché saranno gli antichi maestri, gl’istitutori, i
medici, i benefattori infine e i consiglieri, ad eseguirla; coloro che circondarono già di cure il minorenne e ne
divennero gli affettuosi confidenti.
Così dai Riformatori potranno scaturire insieme profilassi e cura delle criminalità. Infine, allorché alla
semplice idea delle storie biografiche dei fanciulli e dello studio assiduo di essi fatto d’ora in ora dai censori si
unirà a l’impianto di gabinetti scientifici di antropologia pedagogica diretti da persone competenti e forniti
d’istrumenti per lo studio completo dell’individuo; e saranno possibili tutte le applicazioni della pedagogia
scientifica, avremo in Italia centri meravigliosi di studio, donde lo sviluppo della personalità criminale uscirà
scintillante di chiarezza. L’Europa verrà a imparare da noi la pratica, come da noi, dal nostro maestro
Lombroso, imparò i fondamenti della teoria. L’Italia, che fu culla antica di civiltà, sarà chiamata la terra della
redenzione; e nella redenzione umana sta racchiusa tutta la civiltà del futuro!
Maria Montessori
Educare alla libertà: Sabina Spierlein e Maria Montessori361
Nel 2003 il regista Roberto Faenza ricostruisce la storia umana, sentimentale e “scientifica” di Sabina
Spielrein nel film Prendimi l’anima362, con Emilia Fox nel ruolo di Sabina e Iain Glen in quello di Carl
Gustav Jung. Dal film è nata l’idea e la riflessione che ha condotto a questo scritto - confronto,
incentrato sì sulla vicenda personale e psicoanalitica della Spielrein (oltreché sulla sua relazione con
Jung363), ma anche e soprattutto sulla vicinanza di idee e di prassi educative tra due grandi donne ed
educatrici nate e vissute tra XIX° e XX° secolo: Spielrein appunto e Maria Montessori, un ‘incontro’,
una vicinanza, sul quale anche il film involontariamente invita in qualche modo a soffermarsi.
E Come Sabina crede fermamente nell’educazione ’libera’ del bambino, che cercherà di realizzare
nell’Asilo Bianco, di cui parleremo meglio più avanti, così Maria Montessori aveva un'idea simile di
scuola per l’infanzia che attuerà anch’essa con coraggio nelle Case per i Bambini364.
Stupisce pure che ambedue le donne abbiano vissuto storie private e affettive tormentate, finite ‘male’:
la Spielrein con Jung (suo psicanalista, uomo già sposato); Montesssori con Giuseppe Montesano,
suo docente, di cui fu assistente e da cui ebbe un figlio (Mario) dato poi in affido per evitare lo
scandalo, visto che Montesano e Montessori non erano sposati, né si sposeranno mai.
Su Sabina Spielrein: cenni storici e biografici
361
Il saggio è in corso di pubblicazione nella rivista dell’Opera Nazionale Montessori “Vita dell’infanzia”…
Prendimi l’anima. Arcanafiction, Roma 2003.
363 Il film di Roberto Faenza, Prendimi l’anima , ricostruisce la storia umana e sentimentale della Spielrein, evidenziando
anche il suo impegno in ambito psicoanalitico ed educativo.
364
Si veda anche il volume: V. P. Babini, L. Lama, Una “donna nuova”: il feminismo scientifico di Maria Monessori, Milano,
Angeli editore, C. 2000.
362
Sabina Spierlein nasce a Rostov sul Don il 7 novembre (secondo il calendario gregoriano) o il 25
ottobre (secondo il calendario giuliano) del 1885 e muore nell’agosto 1942. Psicanalista russa, fu una
delle prime donne a esercitare questa professione.
“Quando morirò voglio essere seppellita sotto una quercia, e voglio che qualcuno scriva: ‘Anche lei
era un essere umano’……”
In questa frase è forse racchiuso il testamento spirituale di Sabina Spielrein, prima paziente e poi
allieva di Carl Gustav Jung. È stata una delle prime donne a praticare e scrivere come terapeuta della
malattia psichica; seguace della psicoanalisi, si era laureata in medicina e specializzata in psichiatria e
aveva portato la psicoanalisi in URSS. Sabina nasce da una famiglia ricca della Russia del dispotico
zar Nicola II, figlia di un mercante ebreo. In seguito alla morte della sorella, viene colpita da frequenti e
violente crisi depressive, al punto che, a 19 anni, nel 1904, i genitori la portano nel famoso ospedale
psichiatrico Burgholzli di Zurigo dove viene affidata alle cure del giovane dottor Carl Gustav Jung. Ad
un mondo di docce fredde, camicie di forza e urla risonanti per i corridoi, Jung contrappone l’utilizzo
del mezzo umano per eccellenza: la parola.
Un anno dopo Sabina esce dall’ospedale e, nello stesso periodo, termina la sua relazione con Jung a
causa di una lettera anonima recapitata alla madre della giovane, forse scritta dalla stessa moglie del
medico, che rinnega il proprio amore sull’altare della famiglia e della professione.
Sabina si iscrive quindi e si laurea in medicina, specializzandosi in psicoanalisi e pedagogia. Sposa
nel 1912 il medico russo Pavel Scheftel, anche se, dentro di lei, non dimenticherà Jung. I suoi studi e
le sue teorie di questo periodo vengono ripresi dallo stesso Freud, con il quale la donna ha avuto una
fitta corrispondenza.
Nel 1913 nasce sua figlia Renate con la quale torna in Russia nel 1923, stabilendosi a Mosca, che era
in pieno fermento per le idee e le riforme introdotte da Lenin.
Qui si specializza nel campo della psicologia infantile e diventa direttrice dell’Asilo bianco. L’Asilo,
fondato da Vera Schmidt365, rappresenta un esperimento ambizioso in cui Sabina non smise mai di
365
Vera Schmidt Federovna (1889-1937 ), insegnante russa, è nata a Odessa nel 1889 ed è morta a Mosca nel 1937.
È stata una delle principali figure del "Silver Age" della psicoanalisi in Russia. I suoi genitori erano entrambi medici e sua
madre, Elisaveta Yanitskaïa, si occupò dei bambini che soffrivano di disturbi neurologici. Vera dichiarò poi che sua madre
ebbe un'influenza determinante sulla scelta della sua carriera.
Nel 1908 si iscrisse infatti alle classi Bestoujev di San Pietroburgo. Questa prestigiosa istituzione è stata riservata alle
ragazze: è specializzata nella formazione di educationists e medici. Nel 1912 ha completato i suoi studi e si è diplomata
come insegnante. Nel 1913 incontra Youlievitch Otto Schmidt con cui si sposa nello stesso anno. Nei primi mesi del 1917
lavora a Kiev in commissione forniture. In questo periodo sviluppa una passione per la lettura di Freud, il suo perfetto
tedesco le consente di leggerlo in originale.
Otto Schmidt condivide la passione della moglie per la psicoanalisi ; il giovane brillante matematico divenne un Privatdozent
(docente universitario), mentre preparava la sua tesi di dottorato per diventare un professore. Entusiasta sostenitore della
Rivoluzione del 1917, è stato un alto funzionario in diversi ministeri pubblici per finanziare l'istruzione e il Gosplan (Comitato
di pianificazione di Stato), oltre ad essere vice-presidente dell’ Accademia per la Scienza dell’Unione sovietica. Tuttavia,
l'uomo ha avuto un altro passione: la psicoanalisi. Nel 1921 e 1926 come vice-presidente del comitato di coordinamento
della Società Psychoanalytic Mosca e della Psychoanalytic Institute (con Ivan Ermakov), ha finanziato la pubblicazione della
"Biblioteca di Psicologia e Psicoanalisi", un’importante raccolta, sotto la direzione dello stesso Ermakov. Nel 1917 il comitato
credere: in esso i bambini venivano fatti crescere in assoluta libertà, per aiutarli a diventare uomini
veramente ‘liberi’. Il sogno dell’asilo è bruscamente interrotto durante gli anni della dittatura di Stalin; il
regime lo fa chiudere, bandisce la psicoanalisi e non risparmia la famiglia di Sabina: due suoi fratelli
vengono deportati e uccisi. A Sabina il destino non riserva una fine migliore: muore, nel 1942, uccisa
dai nazisti durante l’occupazione di Rostov, dove si era rifugiata dopo la chiusura dell’asilo. Sabina e
sua figlia vengono poi fucilate nella sinagoga assieme ad un centinaio di ebrei. Nel 1942, durante
l'invasione tedesca dell'Unione Sovietica, fu infatti uccisa dai soldati nazisti nella sua città natale,
assieme alle figlie Renata (28 anni) ed Eva (18 anni). Il marito era morto nel 1936, durante le Grandi
Purghe staliniane.
Le ricerche sulla seconda parte della vita della Spielrein, dopo le cure nella clinica di Zurigo, hanno
avuto una svolta decisiva quando Roberto Faenza, il regista del film ‘Prendimi l’anima’366, ha
rintracciato per caso il figlio di Vera Schmidt, ultimo sopravvissuto tra i bimbi che avevano frequentato
l’asilo bianco.
si sposta da Petrograd a Mosca e Vera Schmidts lavora nel dipartimento infanzia del Ministero della Pubblica Istruzione,
realizzando un’ approfondita lettura di Freud, così come di scritti di altri psicoanalisti occidentali.
Nell’agosto 1921 viene aperto il laboratorio sperimentale del bambino Home (Detski Dom). Vera non ha avuto la formazione
psicoanalitica, ma le sue pubblicazioni sulla sperimentazione e i metodi di lavoro della Home (che lei stessa traduce in
tedesco per stranieri) sono stati molto apprezzati dai suoi colleghi in Occidente. Inoltre, Vera tiene un quotidiano e
dettagliato diario sulla crescita di suo figlio, Vladimir Schmidt, nato nel 1920. Questa immensa monografia non è mai stata
pubblicata in russo, né tradotta in altra lingua.
Nei primi mesi del 1923 gli Schmidts si recano a Vienna dove incontrano Freud, con il quale discutono dei bambini Home e
dell’attività psicoanalitica in Russia. Essi incontrano poi altri analisti, in particolare Otto Rank e Karl Abramo. Il dibattito si
incentra principalmente sulla psicoanalisi e sull'organizzazione del sistema educativo collettivo. Ciò costituisce una vera
apoteosi per il russo Psychoanalytic Association, che divenne un membro associato della International Psychoanalytic
Association (IPA) nel 1924.
Tuttavia, nel 1923 cominciarono a sorgere problemi per la Home. La minaccia di censura ideologica fa calare la sua ombra
sulla psicologia infantile e dell’educazione. Il 14 agosto 1925 il Ministero della Pubblica istruzione decreta la chiusura
definitiva dei figli's Home. Il 17 luglio 1937, Vera Schmidt muore sul tavolo operatorio.
Nota bibliografica: Etkind, Alexandre. (1995). Eros niévozmojnogo-Istoria psykhoanalisa / rossii. Mosca: Progress; Histoire
de la Russie in psicoanalisi. (B. Berelowitch, Trans.) Paris: Presses Universitaires de France.
366
Prendimi l’anima. Arcanafiction, cit.
Gli scritti di psicoanalisi della Spierlein367 sono stati giudicati interessanti ed originali. Spicca fra tutti
l’epistolario intrattenuto con Freud e Jung ed il diario che Sabina scrisse durante la sua relazione
terapeutica e sentimentale con Jung stesso, dalla quale esce non solo guarita ma anche desiderosa di
condividere con la sua intelligenza la storia della psicoanalisi. Le sue carte e la sua corrispondenza
con Jung e Freud vennero poi rinvenute e pubblicate. In seguito a questo ritrovamento la sua figura
umana e professionale, a lungo ignorata o sottovalutata, sale alla ribalta grazie anche alla
pubblicazione del libro di Aldo Carotenuto "Diario di una segreta simmetria. Sabina Spielrein tra Jung
e Freud". In esso per la prima volta si fa esplicito riferimento alla possibile relazione sentimentale tra la
Spielrein e il suo guaritore/maestro Jung, allievo prediletto di Freud, e alle conseguenze che la
relazione (in cui Freud rappresentò un terzo elemento esterno ma determinante) ebbe sullo sviluppo
del concetto di controtransfert e sull'elaborazione del concetto dell'istinto di morte formulato dallo
stesso Freud.
Nel 2002 venne girato dalla regista svedese Elisabeth Marton un documentario dal titolo Ich hieß
Sabina Spielrein (Il mio nome era Sabina Spielrein) che ha una impostazione di fedele ricostruzione
storica. Il personaggio di Sabina Spielrein è stato poi rappresentato in Gran Bretagna in due lavori
teatrali: Sabina (1998) di Snoo Wilson e The Talking Cure (2003) di Christopher Hampton.
Roberto Faenza, invece, nel suo film si concede alcune libertà artistiche e su taluni punti suscita
perplessità: l’assenza o quasi della figura di Sigmund Freud nella storia sentimentale tra la Spielrein e
Jung, la banalizzazione di Eugen Bleuler, direttore dell’Ospedale Burghözli di Zurigo (Bleuler fu
tutt’altro che distaccato nei suoi rapporti con i pazienti, come ricorda Ellenberger368; e fu proprio lui a
incoraggiare la Spielrein a intraprendere la carriera di psicoanalista).
Infine, la ricostruzione dell’ambiente dell’Asilo che non è rappresentabile come un’esperienza
semiclandestina praticata in un futuro rudere. L’Asilo è tuttora visitabile a Mosca ed è perfettamente
367
Bibliografia sulla Spielrein
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368
Sabina Spielrein: Sämtliche Schriften, utgiven av Erika Kittler 1987;
Aldo Carotenuto: Tagebuch einer heimlichen Symmetrie : Sabina Spielrein zwischen Jung und Freud; preface by
Johannes Cremerius ; translated to German 1986, Italian original Diario di una segreta simmetria, Sabina Spielrein
tra Jung e Freud ;
Covington, C. (2001) Comments on the Burghölzli hospital records of Sabina Spielrein J. Analytical Psychology, 46,
105-116;
Goldberg, A. (1984) A Secret Symmetry. Sabina Spielrein Between Jung and Freud. Psychoanal Q., 53:135-137;
Hoffner, A. (2001) Jung's Analysis of Sabina Spielrein and his use of Freud's free association method J. Analytical
Psychology, 46, 117-128;
Kaspit, D. (1994) A Most Dangerous Method: The Story of Jung, Freud and Sabina Spielrein.. J. Amer. Psychoanal.
Assn., 42:883-891;
Raphael-Leff, J. (1983) A Secret Symmetry. Sabina Spielrein Between Jung and Freud. Int. R. Psycho-Anal.,
10:241-242;
Richebächer, Sabine (2003) "In league with the devil, and yet you fear fire?" Sabina Spielrein and C. G. Jung: A
suppressed scandal from the early days of psychoanalysis. Covington, C. and Wharton, B. Sabina Spielrein
Forgotten pioneer of psychoanalysis. Brunner-Routledge, Hove and New York, 227-249;
Richebächer, Sabine (2005) Sabina Spielrein. "Eine fast grausame Liebe zur Wissenschaft". Biographie 400 p.
Dörlemann Zürich;
Silverman, M. (1985) A Secret Symmetry. Sabina Spielrein Between Jung And Freud. J. Amer. Psychoanal. Assn.,
33(S):205-209;
Thompson, N. (1996) Freud, Jung And Sabina Spielrein: A Most Dangerous Method.. Psychoanal Q., 65:644-649;
Van Waning, A. (1992) The Works of Pioneering Psychoanalyst Sabina Spielrein—'Destruction as a Cause of
Coming Into Being'. Int. R. Psycho-Anal., 19:399-414;
Sabine Spielrein, Scheda bibliografica a cura del Prof. Luciano Mecacci (Facoltà di Psicologia, Università degli Studi
di Firenze, [email protected] ) e Note bibliografiiche citate dal prof. Mecacci.
Ellenberger H.F., La scoperta dell’inconscio. Boringhieri, Torino 1982
conservato, essendo divenuto poi la dimora dello scrittore M. Gorki: uno splendido edificio considerato
l’esempio dell’Art Nouveau russa369.
Su Spierlein e Jung370
Nell'aprile 1904 dunque viene ricoverata nella clinica psichiatrica di Zurigo, il Burghölzli, una giovane
russa, Sabina Spielrein, che soffre da molti anni di una grave malattia psichica. Il primario della clinica,
C.G. Jung comincia il trattamento. Egli si risolve a provare su lei, per la prima volta, il "metodo
freudiano". A quel tempo egli aveva già un po’ di familiarità con gli scritti freudiani. Aveva letto al suo
apparire la "Traumdeutung", citandola nella sua dissertazione sull'occultismo, nel 1902. Faceva parte
di un gruppo di cui il direttore della clinica, Eugen Bleuler, scrive a Freud nel 1904, affermando che
egli e i suoi collaboratori si occupavano da alcuni anni di psicoanalisi e avevano trovato varie
applicazioni di essa. Al gruppo appartenevano due medici, che avrebbero rivestito un ruolo notevole
nella storia della psicoanalisi, Max Eitingon e Karl Abraham.
Le cognizioni psicoanalitiche di Jung erano, tuttavia, di natura prevalentemente teorica. Quando il
quasi trentenne Jung incontrò la quasi diciannovenne Sabina, le sue esperienze terapeutiche fondate
sul metodo psicoanalitico erano scarse. Jung parla del suo caso, come di un caso classico della
psicoanalisi. Come accade spesso quando un medico con entusiasmo terapeutico e ambizioni
scientifiche inizia un trattamento (Jung stava per abilitarsi e documentò immediatamente il caso sotto
l'aspetto della ricerca) si perviene ad un sorprendente successo: 8 mesi più tardi, nell'agosto del 1905,
la paziente può lasciare la clinica, prendere una abitazione in città, iscriversi all'università di
Zurigo (Medicina) e studiare con profitto; Jung la tratterà ancora in forma ambulatoriale. Nel 1907,
dunque durante la terapia, egli presenta il caso al 1° Congresso Internazionale di Psichiatria e
Neurologia di Amsterdam come "isteria psicotica" e nello stesso anno lo pubblica nel suo libro "La
teoria freudiana dell'isteria" .
In breve, nella primavera del 1908, si giunge ad un rapporto inconsueto tra i due: si sviluppa
un'impetuosa relazione amorosa, mentre continuano il trattamento e la collaborazione scientifica, che
terminano drammaticamente nel giugno del 1909. Sabina Spielrein riprende in forma epistolare il
rapporto con Jung, nel 1910. Nel maggio 1911 si laurea con il lavoro concepito insieme con Jung "Sul
contenuto psicologico di un caso di schizofrenia", che viene pubblicato sotto il suo solo nome proprio
nello stesso anno nello "Jahrbuch der Psychoanalyse", di cui Jung era redattore. Alla fine degli studi di
medicina, fugge via dal drammatico intreccio con Jung alla volta di Vienna. Intreccio che permane
irrisolto, benché Jung si sia separato da lei. Qui viene ricevuta cordialmente da Freud, che l'incontra
personalmente per la prima volta l'11 ottobre1911, ascolta le sue conferenze e viene ammessa alle
sedute del mercoledì, presso l'Associazione. Ma da allora ella è inquieta e turbata. Nel 1912 evade
dall'amore ancor vivo per Jung in un matrimonio, nel 1913, in settembre, partorisce una figlia.
Incostante, cambia domicilio: dopo un soggiorno di nove mesi a Vienna, va a Berlino, poi a Monaco.
Nel 1911, nel corso di un breve viaggio in Russia, tiene una conferenza intorno alla psicoanalisi nella
sua città natale, Rostov sul Don, la troviamo poi a Losanna, Chateau d'Oex e Ginevra, sino al 1923.
Qui nel 1921, diviene per otto mesi l'analista di Jean Piaget. Nel 1923 si decide a ritornare in patria
ove rimane fino alla morte. Collabora dapprima con Wulff, come analista didatta presso l'Istituto
psicoanalitico di Mosca, poi ritorna a Rostov, ove fonda l’asilo psicoanalitico e insegna nella locale
Università, sino alla legge che vieta la psicoanalisi, sotto Stalin, nel 1933.
369
Mecacci L., Casa Rjabu_inskij e l’Asilo psicoanalitico di Mosca negli anni Venti. "Psicologia Contemporanea", maggiogiugno 1998.
370
Johannes Cremerius, Sabina Spielrein, una vittima precoce della professione psicoanalitica. Per una preistoria del
movimento
psicoanalitico,
Tratto
da
Forum
Der
Psychoanalyse,
Springer
1987,
pp.127-42.
Nello stesso anno, il suo nome si trova ancora nella lista della Società Psicoanalitica Russa (Bollettino
dell'IPA). Sino alla ricerca del giornalista svedese Ljunggreen si credeva che ella fosse scomparsa
nelle epurazioni staliniane. Egli ha potuto dimostrare che la Spielrein fu fucilata in quanto ebrea, con i
suoi figli, nel 1941, dai tedeschi, quando questi conquistarono Rostov. Suo marito era già morto da
alcuni anni.
Su Maria Montessori: cenni storici e biografici371
Ricordiamo l’inaugurazione, nel 1907 a San Lorenzo, della prima “Casa dei Bambini”, dove sulla base
dell’osservazione dei bisogni dei bambini nasce il metodo Montessori. Nel 1909 è pubblicato Il Metodo
della Pedagogia Scientifica, presentato nello stesso anno a Città
di Castello (Perugia) durante il primo Corso di specializzazione. Il volume viene tradotto e accolto in
tutto il mondo con grande entusiasmo. Dal successo del suo ‘esperimento’ a San Lorenzo nasce il
movimento montessoriano, dal quale nel 1924 avrà origine l’Opera Nazionale Montessori (ONM),
eretta in Ente Morale e volta alla conoscenza, alla diffusione, all’attuazione e alla tutela del metodo.
Maria Montessori ne diviene Presidente onoraria.
Nel 1929 viene fondata l’Associazione Montessori Internazionale (A.M.I.). Nei primi anni Trenta la
Montessori incontra incomprensioni e crescenti difficoltà da parte del regime fascista che aveva
tentato di farne uno strumento di propaganda politica e nazionalistica e soprattutto da parte del regime
nazista. I suoi libri saranno dati alle fiamme prima a Berlino e poi a Vienna.
Nel 1933 è pubblicato il testo della conferenza La pace e l’educazione, tenuta l’anno prima a Ginevra,
ma la Montessori è ormai emarginata dalla cultura fascista. Nel 1933 Maria e il figlio Mario Montessori
decidono di dimettersi dall’ONM , che in pratica verrà definitivamente chiusa dal fascismo nel 1936
insieme alla “Scuola di metodo” operante a Roma dal 1928. La Montessori si trova costretta ad
abbandonare l’Italia nel 1934, vi rientrerà solo nel 1947 e lavorerà alla riorganizzazione del movimento
del movimento Montessori italiano e alla ricostruzione dell’ONMl. Maria Montessori continua a
viaggiare tra Europa e India diffondendo il suo lavoro. Muore in Olanda il 6 maggio 1952.
Pensiero pedagogico
371
Per avere un’idea complessiva e generale, degli studi sulla pedagogista, basti consultare: Montessori. Bibliografia
internazionale (International Bivliography): 1896 – 2000, a cura di Clara Tornar (con cd-rom allegato), Roma, Edizioni Opera
Nazionale Montessori, 2001. Si tratta di un’accurata rassegna critica, che comprende oltre un secolo di letteratura
Montessori, abbracciando un periodo che va dal primo scritto del 1896 ai nostri giorni. Comprende 14 mila voci bibliografiche
riferite a 55 diversi paesi distribuiti nei cinque continenti, a documentare la straordinaria diffusione della pedagogia di Maria
Montessori nel mondo. Un’indagine che consente di ricostruire l’evoluzione del dibattito internazionale sull’attività e sul
pensiero della pedagogista. Tra gli studi più recenti ricordiamo inoltre: G. Cives, Maria Montessori: pedagogista complessa,
Pisa, edizioni ETS, 2001; A. Matellicani, Maria Montessori alla “Sapienza” di Roma tra didattica e ricerca: 1890/91 –
1917/18, tesi di laurea in Pedagogia generale, a . a. 2000-2001, facoltà di Lettere e Filosofia, relatore: prof. Nicola Siciliani de
Cumis, correlatore: prof. Furio Pesci (la Matellicani ha svolto una preziosa e accurata ricerca rendendo noti documenti inediti
relativi ai corsi e agli esami che la Montessori frequenta e sostiene alla Facoltà di Scienze fisiche matematiche e naturali
dell’Università di Roma, alla Facoltà di Medicina e chirurgia e per il Corso di perfezionamento in polizia sanitaria) e M.
Montessori, Il metodo della Pedagogia Scientifica applicato all’educazione infantile nelle Case dei Bambini, edizione critica a
c. di Paola Trabalzini, Roma, Edizioni Opera Nazionale Montessori, 2000; P. Trabalzini, Maria Montessori: da Il Metodo a La
scoperta del bambino, Roma, Aracne editrice, 2003.
Il pensiero pedagogico montessoriano parte dallo studio dei bambini con problemi psichici,
espandendosi successivamente allo studio dell’educazione per tutti i bambini. Il suo pensiero identifica
il bambino come essere completo, che l’adulto ha la tendenza a reprimere e spesso
costringe a vivere in un ambiente e con ritmi di vita innaturali.
Il principio fondamentale deve essere invece la libertà del bambino, poiché in questa condizione sono
favorite le sue potenzialità creative. Dalla libertà inoltre emerge la disciplina. Con la Montessori molte
regole dell’educazione consolidate nei primi anni del secolo cambiarono: ella sviluppò infatti il suo
pensiero pedagogico partendo da una costruttiva critica della psicologia scientifica, il cui punto debole
si può individuare in un approccio principalmente quantitativo e basato sull’osservazione del bambino
svolta in laboratorio piuttosto che in un ambiente a lui adeguato.
Il pensiero pedagogico montessoriano riparte dalla scoperta del bambino nelle sue caratteristiche
naturali e nei suoi bisogni.
Della scuola tradizionale infantile Maria Montessori critica il fatto che in essa tutto l’ambiente sia
pensato a misura di adulto impedendo così l’agire autonomo del bambino.
Maria e Sabina: La Casa dei bambini a Roma e l’Asilo Bianco a Mosca
Chissà se le due donne si conoscevano, se avevano sentito parlare una dell’altra, una dell’esperienza
scientifico-pedagogica dell’altra. Non abbiamo elementi per dire di un incontro reale, ma le affinità
sulla formazione e sulla concezione dell’educazione del bambino ci sono.
L’influenza della Montessori in Russia risulta grande fin dal 1912, quando fu tradotto in russo il suo
primo libro di Pedagogia Scientifica. Anche il materiale Montessori viene usato, prendendo però
sempre e solo alcuni principi del Metodo e non tutto.372
Il metodo risulta applicato in Russia dal 1913 con l’apertura di una Casa dei bambini presso una
scuola privata di commercio, guidata dalla professoressa Faussek che, dal 1915, terrà conferenze sul
Metodo. 373 Nel 1916 vengono istituiti corsi biennali per studiare il Metodo e vengono aperte altre due
Case a Pietroburgo e due a Mosca e nelle Province. Gli anni dal 1921 l 1923 segnano un periodo di
enorme popolarità del Metodo in Russia, nonostante la mancanza di mezzi per la sua diffusione.374
E non mancano neppure – lo abbiamo accennato – le affinità sul piano della vita personale e
dell’aspirazione alla libertà dell’uomo (tra l’altro, in un’epoca in cui le donne erano lontane da ogni
emancipazione), senza discriminazioni di genere, partendo dall’educazione dell’infanzia375.
372
Molto utile, sulla conoscenza della Montessori in Russia, la Tesi di Laurea in Storia della Pedagogia di Fabrizia Cornice,
Maria Montessori, la Società Umanitaria e “La Coltura Popolare”: dal 1911 al 1933; Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di
Laurea in Lettere, Anno Accademico 2000 / 2001, Relatore, Prof. Giacomo Cives. Vedi in particolare, vol. I, pp. 153 e 174.
Nella tesisi cita anche : N. Labriola, L’educazione prescolastica in Russia, in “La Coltura Popolare”, a. XVI, n. 7-8,luglioagosto 1926, pp. 3-7.
373
Fabrizia Cornice, Maria Montessori (...), citata, p. 174.
374
Ibìdem.
375
Vedi a tal riguardo: P. Babini, L. Lama, Una “donna nuova”: Il feminismo scientifico di Maria Monessori, cit.
Maria Montessori e Sabina Spierlein, da Roma a Mosca, due medici (la prima si laurea nel 1896, la
seconda nel 1911), e due realtà (l’Italia e la Russia), entrambe vittime dei regimi totalitari, vicine nella
considerazione dell’infanzia e del bambino e della loro educazione: libera da condizionamenti di ogni
tipo. Un modello formativo che realizzeranno, con diverse somiglianze, nella Casa dei Bambini (la
prima nasce a San Lorenzo a Roma nel 1907) e nell’Asilo Bianco in Russia (fondato a Mosca negli
anni Venti con Vera Schmidt).
Ambedue le esperienze sono ascrivibili all’interno di una certa ‘pedagogia psicoanalitica’ di
ascendenza freudiana.
La pedagogia psicoanalitica ha dimostrato che l'educazione non è un processo unilaterale di
apprendimento limitato al bambino, che va incoraggiato e disciplinato in modo più o meno umano e
abile, ma piuttosto che lo sviluppo psichico nel suo insieme, e tutti i processi di apprendimento che vi
si collegano, si svolgono e possono essere compresi solo nel quadro di un divenire interpersonale.
Nel 1932 Sigmund Freud aveva detto "il bambino é diventato l'oggetto principale della ricerca
psicoanalitica, sostituendo sotto questo aspetto il nevrotico, sul quale la psicoanalisi aveva
inizialmente lavorato". Col volgere dei decenni ci si é resi conto che il valore della psicoanalisi, per
quanto riguarda le sue applicazioni alla pedagogia ed all'insegnamento, va molto al di là della
semplice terapia. E che non ci si doveva occupare esclusivamente di bambini e di adolescenti
nevrotici, psicotici o abbandonati, perché anche il bambino mediamente normale, il bambino dotato, i
genitori normali e tutti gli educatori hanno il diritto di utilizzare in pieno le vedute psicoanalitiche. La
storia della psicoanalisi inizia però con il caso clinico. E il genio di Freud ben presto riconobbe che le
cognizioni dei malati e sui malati non sono che applicazioni di cognizioni valide per tutti gli individui.
Questo vale anche per l'applicazione della psicoanalisi all'educazione e all'insegnamento.
Un ‘principio ispiratore che sembra aver guidato ambedue le ‘nostre donne’.
Il processo educativo inizia ben prima dell'età scolastica, addirittura nei primi mesi di vita del bambino,
ed è legato alle componenti di interazione famigliare. Tuttavia, anche il momento scolastico costituisce
un ulteriore importante luogo del processo di crescita. Partendo dall'osservazione della facilità con cui
si attuano i condizionamenti educativi negativi nella formazione del bambino (che siano i genitori o, più
tardi, gli insegnanti a metterli in atto) molti ricercatori di formazione psicoanalitica hanno cercato di
mettere a punto - sia nella teoria sia nella pratica - gli elementi fondamentali di un’educazione più
“egosintonica”, ovvero più in armonia con i bisogni e i desideri dell'io.
Alcuni di essi diedero vita ad esperienze che rimangono delle pietre miliari nella storia della pedagogia
psiconalitica. Si pensi all'esperimento condotto da S. Bernfeld all'Istituto Baumgarten di Vienna negli
anni Venti, basato proprio sull'applicazione dei principi didattici e pedagogici di Maria Montessori,
Berthold Otto, Gustav Wyneken, conciliandoli con le necessità imposte dai caratteri dei fanciulli e dei
maestri. L'opera e gli scritti di Bernfeld - in particolare il suo saggio del 1925 "Sisifo ovvero i limiti
dell'educazione" - ebbero notevole influsso sui ricercatori e sui giovani educatori del suo tempo.
Bernfeld vedeva nell'educatore una sorta di Sisifo, l'eroe della mitologia greca che cerca
continuamente di realizzare l'impossibile; l'educatore infatti deve lottare contro limiti dell'educazione
che difficilmente possono essere superati. Questi limiti sono sopratutto due: quello imposto
dall'ordinamento sociale che impedisce all'educatore di raggiungere il suo scopo; quello rappresentato
dall'inconscio del bambino. Un esempio di limite imposto dall'ordine sociale è per lui proprio
l'esperimento condotto da Vera Schmidt sempre negli anni Venti con l’Asilo psicoanalitico aperto a
Mosca.
Insomma, tutti i primi tentativi psicoanalitici nel campo educativo-pedagogico consistevano in una
critica di ciò che esisteva nello sforzo di costruire un’educazione progressista; parlavano di liberazione
del bambino, di errori dei genitori, di necessità di una nuova educazione, ed in ciò rappresentavano
una comprensibile ribellione nei confronti del passato, un tentativo di costruire qualcosa di nuovo, ma
non erano ancora sufficientemente autocritici.
Anche Anna Freud e Melanie Klein, se pur in versanti opposti, hanno sviluppato la psicoanalisi
infantile quando in Russia, prima della rivoluzione di Ottobre, erano già state pubblicate tutte le opere
di Freud e già esisteva un movimento psicoanalitico anche se non ancora ben organizzato il cui
leader era Ermakof, primo direttore del centro psicoanalitico di Mosca inaugurato nell’agosto del 1919.
E Vera Schmit era responsabile dell’asilo con bambini dell’età dai 4-5 anni divisi in gruppi di 6 ognuno
dei quali aveva tre educatrici il cui compito era, oltre a quello di sorvegliare, sopratutto quello di
redigere i loro profili caratterologici. Ogni giorno venivano stesi diari aggiornati, annotate le attività
corporee, il numero di ore di sonno diurno e notturno, lo stato della pelle, dell’appetito e dell’umore.
Ancora sull’esperienza russa dell’Asilo Bianco376
Sabina nel 1923 aveva dunque fondato insieme a Vera Schmidt l’asilo della solidarietà internazionale,
chiamato dai bambini Asilo Bianco. Lì sperimentavano sui piccoli il significato della libertà. La scuola
fu chiusa dopo tre anni dal regime stalinista e venne accusata di praticare perversioni sessuali sui
bambini. Ma non era vero. Lo stesso Stalin aveva iscritto sotto falso nome suo figlio Vassili all’Asilo
bianco.
Faenza nelle sue ricerche per il film ha incontrato il figlio di Vera Schmidt,
Vladimir Schmidt, un uomo che all’epoca di ”Prendimi l’anima” aveva 84 anni. È l’ultimo sopravvissuto
tra i bambini dell’Asilo bianco ed è stato proprio lui a permettere a Faenza di trovare nuovi documenti
sulla Spielrein.
Sabina è un simbolo del ‘900: ha tenuto testa a Jung e Freud, si è scontrata con lo Stalinismo e con il
Nazismo. Apparteneva alla ricca borghesia ebreo-russa, il padre era un uomo d’affari. Morì nel 1942 a
Rostov, come abbiamo visto, in seguito a un rastrellamento. Stupisce che la comunità psichiatrica
internazionale non si sia interessata a lei dopo il suo ricovero a Zurigo. Oltre ad essere il primo caso
documentato di innamoramento tra paziente e analista, cioè tutto ciò che non deve accadere sul
lettino della psicanalisi, Sabina è diventata lei stessa una psichiatra e una studiosa.
Quando uscì il carteggio amoroso, scoperto nelle cantine del Palais Wilson di Ginevra, fu censurato
dagli eredi di Jung. Piano piano sono state pubblicate sempre più lettere ma ancora oggi alcune sono
censurate377.
Preziosa ricostruzione della storia dell’edificio che accolse la Società psicoanalitica russa e l’Asilo psicoanalitico,ispirato a
principi freudiani è l’articolo: L. Mecacci, Casa Rjabušinskij. L’asilo psicoanalitico di Mosca negli anni Venti, in “Psicologia
contemporanea”, n. 147 (maggio – giugno 1998), pp. 14 – 16.
376
377 Breve
quadro sinottico
LUOGO E DATA DI NASCITA
DATA MORTE
ANNO DI LAUREA
1° CASA DEI BAMBINI
1° ASILO BIANCO
PRINCIPI BASE DELLE STRUTTURE PER
L’INFANZIA
MARIA MONTESSORI
Chiaravalle 1870
Olanda 1952
1896
1907
1923
Si tratta di una casa speciale, non costruita
per i bambini ma è una casa dei bambini. È
ordinata in maniera tale che i bambini la
sentano veramente come loro...
SABINA SPIERLEIN
Rostov sul Don 1885
Rostov sul Don 1942
1911
(chiuso nel 1926 in seguito alle leggi
staliniane)
rappresenta un esperimento ambizioso in cui
Sabina non smise mai di credere: in esso i
bambini venivano fatti crescere in assoluta
libertà, per aiutarli a diventare uomini
veramente liberi
La Casa dei bambini di Maria Montessori378
Nel 1907 fu invece fonda a Roma la prima Casa dei bambini, destinata non più ai bambini ritardati ma
ai figli degli abitanti del quartiere San Lorenzo.
Si tratta di una casa speciale, non costruita per i bambini ma è una casa dei bambini. È ordinata in
maniera tale che i bambini la sentano veramente come loro.
L'intero arredamento della casa è progettato e proporzionato alle possibilità del bambino. In questo
ambiente il bambino interagisce attivamente con il materiale proposto, mostrandosi concentrato,
creativo e volenteroso. Il bambino trova un ambiente per potersi esprimere in maniera originale e allo
stesso tempo apprende gli aspetti fondamentali della vita comunitaria.
Essenziale è la partecipazione dei genitori per la cura della salute e dell'igiene come prerequisito per
la scuola.
Il compito dell'insegnante è l'organizzazione dell'ambiente. Deve attendere che i bambini si
concentrino su un determinato materiale, per poi dedicarsi all'osservazione dei comportamenti
individuali.
L'insegnante aiuta il bambino, lo sviluppo del quale deve compiersi secondo i ritmi naturali e in base
alla personalità che il bambino dimostra. La Montessori realizza un materiale didattico specifico per
l'educazione sensoriale e motoria del bambino.379
378
. P. Babini, L. Lama, Una “donna nuova”: il feminismo scientifico di Maria Monessori, cit., cap. 2, paragrafo 6 “La ‘casa
dei bambini’: un laboratorio nel quartiere San Lorenzo, pp. 197 sgg.
379
Per le opere di Maria Montessori vedi www.montessori.it e più sopra la nota 364.
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