CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE SCUOLA SUPERIORE DELL’ AVVOCATURA VII Congresso giuridico – forense per l’aggiornamento professionale Roma, Complesso monumentale di S. Spirito in Sassia - Il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia - Rinvio pregiudiziale e tutela piena dei diritti Art. 267: “La Corte di giustizia dell’Unione europea è competente a pronunciarsi in via pregiudiziale: a)sull’interpretazione dei trattati; b)sulla validità e l’interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione. Quando una questione del genere è sollevata dinanzi ad un organo giurisdizionale di uno degli Stati membri, tale organo giurisdizionale può, qualora reputi necessaria per emanare la sua sentenza una decisione su questo punto, domandare alla Corte di pronunciarsi sulla questione. Quando una questione del genere è sollevata in un giudizio pendente davanti a un organo giurisdizionale nazionale, avverso le cui decisioni non possono proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, tale organo giurisdizionale è tenuto a rivolgersi alla Corte. Quando una questione del genere è sollevata in un giudizio pendente davanti a un organo giurisdizionale nazionale e riguardante una persona in stato di detenzione, la Corte statuisce il più rapidamente possibile”. IL CONTRIBUTO DEL RINVIO PREGIUDIZIALE PER LA TUTELA EFFICACE DEI DIRITTI Il meccanismo di collaborazione diretta che si realizza tra giudice nazionale e giudice comunitario è stato ed è tuttora il principale motore dello sviluppo dell’ordinamento giuridico dell’Unione. Grazie al dialogo così instaurato, sono stati introdotti nel bagaglio degli strumenti di tutela invocabili negli ordinamenti interno, inter alia: - il principio della diretta efficacia delle norme dell’Unione negli ordinamenti nazionali, comprese le direttive non recepite (Van Gend en Loos 1962, Van Duyn 1974) il principio della supremazia del diritto dell’Unione e della disapplicazione delle regole interne difformi, anche se di rango costituzionale (Costa/Enel 1964, Melloni 2013) ; - il principio della responsabilità patrimoniale dello Stato membro in caso di violazione manifesta del diritto dell’Unione europea (Francovich 1991); - il principio dello standard minimo di tutela processuale dei diritti conferiti dall’ordinamento dell’Unione, in base ai criteri di effettività e non discriminazione (Rewe 1976). LE FUNZIONI DEL RINVIO PREGIUDIZIALE. Si tratta di una procedura incidentale e non contenziosa. La funzione essenziale del r.p. è di realizzare, attraverso il dialogo diretto «da giudice a giudice», una interpretazione e quindi una applicazione del diritto dell’Unione europea uniforme in tutti i Paesi membri, in modo che esso abbia ovunque la stessa efficacia (Rheinmuhlen, 1974). La Corte, tuttavia, esercitando la sua competenza ad interpretare il diritto dell’Unione attraverso il meccanismo del r.p., svolge in maniera indiretta un controllo sulla compatibilità delle norme nazionali con il diritto dell’Unione (Van Gend en Loos, 1963). La seconda funzione del r.p. consiste nel completare il sistema di controllo giurisdizionale sulla legittimità degli atti dell’Unione. L’ipotesi del r.p. di validità rientra a pieno titolo nell’esercizio della funzione di controllo giurisdizionale sugli atti dell’Unione devoluta alla Corte e completa il sistema dei rimedi giurisdizionali predisposti dall’Unione (az. di annullamento; eccezione di invalidità; azione di responsabilità). OGGETTO DEL RINVIO PREGIUDIZIALE. Per il r.p. d’interpretazione, oggetto di rinvio è tutto il sistema giuridico dell’Unione: diritto primario e diritto derivato. Nella nozione di diritto primario rientrano i trattati UE e TFUE, l’insieme dei trattati fondativi e i testi che li hanno modificati, nonché gli Accordi di adesione, i Protocolli, gli Allegati ai trattati, i principi generali del diritto dell’Unione, i diritti fondamentali garantiti a livello dell’Unione europea. Nella nozione di diritto derivato rientrano tutti gli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi e dagli organismi dell’Unione, anche qualora non siano vincolanti o dotati di efficacia diretta: regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazioni, pareri, comunicazioni etc. Per il r.p. di validità, oggetto di rinvio è solo il diritto derivato. Si tratta solo degli atti posti in essere dalle istituzioni, dagli organi e dagli organismi dell’Unione CONDIZIONI SOGGETTIVE DEL RINVIO. Il rinvio pregiudiziale può essere deciso da qualunque giudice nazionale: ordinario, amministrativo, contabile o tributario, purché si tratti di un “organo giurisdizionale” di uno Stato membro. La nozione di “organo giurisdizionale” ai sensi dell’art. 267 TFUE è una nozione del diritto dell’Unione. Ciò comporta che l’attribuzione del carattere di giurisdizione ad un determinato organo può anche non corrispondere alla qualificazione che ne abbia dato l’ordinamento dello Stato membro. La Corte ha fissato vari elementi qualificanti: l’origine legale e non convenzionale dell’organo, il carattere permanente, l’obbligatorietà, l’applicazione del diritto, il procedimento in contraddittorio, l’indipendenza e la terzietà. SINDACATO SUL RINVIO DA PARTE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA. Il giudice nazionale è il dominus della procedura: ad egli solo spetta (ovviamente spesso su stimolo delle parti, ma anche d’ufficio) decidere se la causa faccia sorgere questioni che richiedono un’interpretazione o un esame della validità delle disposizioni del diritto dell’UE essenziali ai fini della soluzione della controversia (Mecanarte, 1991, punto 44; Krizan, 2013, punto 63 ss.); è quindi in linea di principio escluso sia che la decisione di attivare o non attivare il r.p. possa di per sé essere soggetta a scrutinio in successive fasi del giudizio nazionale, sia che la Corte di giustizia possa sindacare la motivazione del provvedimento di rinvio e la pertinenza delle questioni ivi contenute. Quando le questioni sollevate vertono sull’interpretazione del diritto dell’Unione la Corte è in via di principio tenuta a decidere (c.d. presunzione di rilevanza: Lucchini, 2007). Esistono, però, eccezioni alla regola che si verificano nei seguenti casi in cui la Corte tutela il proprio ruolo di contribuire effettivamente alla piena applicazione del diritto UE negli ordinamenti nazionali: 1) controversie fittizie (Foglia c. Novello, 1980; 2) questioni puramente ipotetiche (Meilicke, 1992); 3) questioni non obiettivamente necessarie al giudice nazionale per risolvere la controversia dinanzi ad esso pendente (Bacardi-Martini, 2003); 4) Indicazioni troppo scarne in fatto e diritto nell’ordinanza di rinvio (Telemarsicabruzzo, 1993); 5) quando l’atto di cui è richiesta l’interpretazione non è configurabile come atto adottato dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione, come nel caso delle norme interne o della CEDU (Pignataro, 2009) [la Corte, tuttavia, si è dichiarata competente a pronunciarsi sull’interpretazione di norme dell’Unione anche quando la fattispecie non è regolata dal diritto dell’Unione, ma dal diritto nazionale, quando quest’ultimo opera un rinvio a disposizioni di diritto dell’Unione o sia modellato su disposizioni comunitarie (Bronner, 1998), e ciò allo scopo di evitare future divergenze interpretative (Dzodzi, 1990)]; 6) quando le norme dell’Unione oggetto di rinvio non sono applicabili alla fattispecie concreta, in quanto si tratta di una situazione puramente interna, che non presenta alcun nesso con una qualsiasi delle situazioni considerate dal diritto dell’Unione (Mosconi, 2004). FACOLTA’ E OBBLIGO DI RINVIO. Il giudice nazionale che non sia di ultima istanza ha la facoltà di sottoporre alla Corte un quesito pregiudiziale. Anche in caso di rinvio da parte della Corte di Cassazione (Interedil, 2011) o del Giudice costituzionale (Krizan, 2013) al Giudice di merito affinché quest’ultimo applichi il principio di diritto affermato dai primi, il Giudice conserva la facoltà di attivare il meccanismo pregiudiziale se ritiene sussista un problema di validità o di interpretazione di norme dell’Unione (Rheinmuhlen, 1974). Più in generale, una norma di procedura nazionale non può rimettere in discussione la facoltà, spettante ai giudici nazionali non di ultima istanza, di investire la Corte di una domanda di pronuncia pregiudiziale qualora essi nutrano dubbi in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione (Elchinov, 2010). I giudici di ultima istanza, intesi come giudici le cui sentenze non sono soggette ad impugnazione, hanno l’obbligo di operare il rinvio pregiudiziale. L’obbligo del rinvio pregiudiziale può in alcuni casi venir meno. Non c’è obbligo di rinvio nei seguenti casi (CILFIT, 1982): a) Questione materialmente identica ad una già decisa in via pregiudiziale dalla Corte su una fattispecie analoga o vi sia una giurisprudenza costante sul punto; b) La risposta al quesito non alimenta alcun ragionevole dubbio interpretativo. Il giudice nazionale, in tal caso, deve essere convinto che la stessa evidenza si impone ai giudici degli altri Stati membri. VIOLAZIONE OBBLIGO DI RINVIO: CONSEGUENZE. Le conseguenze del mancato rinvio da parte del giudice di ultima istanza possono essere le seguenti: 1) Possibilità per il singolo di invocare la responsabilità dello Stato per violazione del diritto dell’Unione, nel caso in cui la violazione dell’obbligo di rinvio sia accompagnata dalla contrarietà della successiva decisione giurisdizionale ad una norma di diritto dell’Unione (Köbler, 2006); 2) Possibilità per la Commissione di attivare un ricorso per infrazione a carico dello Stato membro per violazione dell’art. 267, 3°comma, TFUE; 3) Possibilità di prefigurare, ai sensi dell’art. 6, n. 1 CEDU, una violazione dei diritti fondamentali ad un equo processo e ad un giudice precostituito per legge, richiamati anche dall’art. 47, n. 2, della carta di Nizza. RINVIO PREGIUDIZIALE E GIUDIZI CAUTELARI (1) In attesa della pronuncia della Corte di giustizia a seguito di rinvio pregiudiziale, il giudice nazionale è tenuto a tutelare i diritti che i singoli vantano sulla base di una norma dell’Unione e che sono negati da una legge o da un atto amministrativo nazionale con essa in contrasto (Factortame, 1990). Spetta a ciascuno Stato membro, in assenza di una disciplina dell’Unione in materia, stabilire le condizioni per la concessione di provvedimenti provvisori intesi a garantire la salvaguardia dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione. Tali criteri fissati dal diritto nazionale per la concessione di provvedimenti provvisori “non possono essere meno vantaggiosi di quelli concernenti domande simili di natura interna (principio di equivalenza) né rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile la tutela giurisdizionale provvisoria dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’unione (principio di effettività)” (Unibet, 2007). Nei casi in cui la normativa nazionale (legge o atto amministrativo) rappresenti la misura interna di attuazione di un atto dell’Unione illegittimo, il giudice nazionale ha il potere di sospendere in via cautelare l’applicazione della normativa nazionale, ma per poter far ciò deve operare un rinvio alla Corte di giustizia affinché si pronunci in via pregiudiziale sulla validità dell’atto (Zuckerfabrik, 1991; Ass. Greenpeace France, 2000). EFFETTI DELLE SENTENZE PREGIUDIZIALI DI INTERPRETAZIONE. La sentenza interpretativa della Corte pronunciata su rinvio pregiudiziale: 1. Vincola il giudice a quo, che è tenuto a fare applicazione della norma dell’Unione così come interpretata dalla Corte (Ciola, 1999); 2.Gli altri giudici e le amministrazioni nazionali sono tenuti a fare applicazione delle norme così come interpretate dalla Corte, salva sempre la possibilità di un ulteriore rinvio pregiudiziale finalizzato a sollecitare un ripensamento della Corte sulla base di nuovi elementi (Pretore di Salò, 1987) o ad ottenere un chiarimento sulla precedente pronuncia resa (Van Damme, 1996); 3.Obbliga gli Stati membri ad adottare tutte le misure idonee ad adeguare il proprio ordinamento alla norma di diritto dell’Unione così come interpretata dalla Corte, pena la violazione del principio di leale cooperazione e conseguente obbligo di risarcire i danni. EFFETTI DELLE SENTENZE PREGIUDIZIALI DI VALIDITA’. La sentenza della Corte resa a seguito di rinvio pregiudiziale di validità: a) Quando la Corte si pronuncia nel senso della validità dell’atto dell’Unione, l’effetto è strettamente limitato al caso di specie e ai motivi specifici della censura. Ciò lascia inalterata la possibilità di contestare la legittimità dell’atto in un momento successivo per motivi diversi; b) Quando la Corte si pronuncia nel senso dell’invalidità dell’atto, si produce sostanzialmente lo stesso effetto di una sentenza di annullamento ex art. 263 TFUE, dunque l’effetto della cosa giudicata sia formale che sostanziale (ICC, 1980). EFFETTI NEL TEMPO DELLE SENTENZE PREGIUDIZIALI. Le sentenze rese dalla Corte a seguito di rinvio pregiudiziale hanno efficacia ex tunc, in quanto la pronuncia definisce la portata della norma dell’Unione così come avrebbe dovuto essere intesa ed applicata fin dal momento della sua entrata in vigore. L’efficacia della sentenza si estende quindi anche a rapporti sorti in epoca precedente alla sentenza stessa, purché non esauriti (Edis c. Ministero Finanze, 1998) IPOTESI DI EFFETTI EX NUNC DELLE SENTENZE (rese a seguito di r.p. di interpretazione). In casi eccezionali la Corte può disporre che la sua sentenza produca efficacia ex nunc, con riflessi sulla compatibilità con il diritto dell’Unione di norme nazionali (Commissione c. Francia, 1988). La Corte fa ricorso a tale possibilità solo in presenza delle seguenti circostanze: 1) Rischio di gravi ripercussioni economiche dovute all’elevato numero di rapporti giuridici costituiti in buona fede sulla base della normativa nazionale fino ad allora ritenuta valida; 2) Un comportamento non conforme alla normativa dell’Unione dovuto ad una obiettiva e rilevante incertezza sulla portata delle disposizioni dell’Unione. Sono fatti salvi i diritti delle parti del processo a quo e di coloro che prima della data della sentenza della Corte abbiano esperito un’azione giurisdizionale oppure proposto un ricorso equivalente in ambito nazionale (Surul, 1999). EFFETTI DELLE SENTENZE PREGIUDIZIALI SUL GIUDICATO. Tra gli effetti delle sentenze pregiudiziali può esservi anche, in casi eccezionali, la messa in discussione dell’autorità di cosa giudicata. Il principio di leale cooperazione di cui all’art. 4, n. 3, TUE, infatti, «impone ad un organo amministrativo di riesaminare una decisione amministrativa definitiva per tener conto dell’interpretazione della disposizione pertinente nel frattempo accolta dalla Corte». Ciò a condizione che: 1) Il giudice disponga, secondo il diritto nazionale, del potere di ritornare su tale decisione; 2) la decisione in questione sia divenuta definitiva in seguito ad una sentenza di un giudice nazionale che statuisce in ultima istanza; 3) tale sentenza, alla luce di una giurisprudenza della Corte successiva alla medesima, risulti fondata su un’interpretazione errata del diritto dell’Unione adottata senza che la Corte fosse stata adita in via pregiudiziale alle condizioni previste dall’art. 267, n. 3, del Trattato (Kuhne & Heitz, 2004; Kapferer, 2007). [Può estendersi questa soluzione al caso in cui il precedente non esiste ma viene espressamente provocato dal giudice chiamato a pronunciarsi in sede di ottemperanza? (Ordinanza TAR Lombardia 15 gennaio 2013, R.G. 2021/2011, Cartiera dell’Adda SpA)]. SOGGETTI ABILITATI A FORMULARE OSSERVAZIONI DINANZI ALLA CORTE NEL CONTESTO DEL R. I soggetti abilitati a formulare osservazioni dinanzi alla Corte nel contesto di un rinvio pregiudiziale (ai sensi dell’art. 23, co 1, Statuto Corte di giustizia) sono: a. Le parti nel giudizio a quo. Non è consentito l’intervento del terzo dinanzi alla Corte. Prassi sull’intervento nel giudizio a quo al fine di poter partecipare al giudizio in Lussemburgo (cfr. Ordinanza Corte di giust. 16 dic. 2009, The Football Association Premier League; Ordinanza n. 5788/2012 del Consiglio di Stato, Federfarma); b. Gli Stati membri dell’Unione, senza dover motivare in base ad un preciso interesse; c. La Commissione, nel suo ruolo di “guardiana dei trattati” e di rappresentante dell’interesse dell’Unione; d. Le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione, qualora sia messa in causa la validità o l’interpretazione di atti da essi adottati.