Antonio Labriola, Da un secolo all`altro

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Schedario
Antonio Labriola, Da un secolo all’altro. 1897-1903, a cura di Stefano Miccolis e
Alessandro Savorelli, Napoli, Bibliopolis, 2012, pp. 370.
Questo volume, nel piano dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Labriola, è
il volume undicesimo e, stranamente, vede la luce prima degli altri tredici previsti e
mentre il primo volume, Tra Hegel e Spinoza – Scritti giovanili (1863-1868), è in corso
di stampa. Ma non si tratta di una stranezza tipografica. Questo volume è importante per
la comprensione dell’opera complessiva di Antonio Labriola, a cavallo dell’Ottocento e
del Novecento, filosofo e nello stesso tempo analista e ricercatore sociale. Per questo va
segnalato e letto con attenzione. La figura di Antonio Labriola ne esce liberata dai
luoghi comuni che, fino a tempi recenti, ne avevano trasmesso una concezione riduttiva,
unico «professore» riconosciuto dal non laureato Benedetto Croce e marxista, per così
dire, a mezza cottura, sottacendone l’apporto di pedagogista e educatore di grande
rilievo.
Dalla lezione su «l’università e la libertà della scienza», con cui si apre il volume,
alle lezioni su «storia, filosofia della storia, sociologia e materialismo storico», che lo
concludono, tutto il libro sorprende per la sua attualità. A giudizio di Labriola, il
dilemma che ancora oggi viene talvolta agitato fra una università «generalista» di tipo
humboldtiano e una università vicina alle Technische Hochschulen, cioè subordinata in
vario modo alle cangianti esigenze del mercato professionale e del mondo produttivo,
non è da risolversi rinnegando la sostanza dell’insegnamento universitario, vale a dire la
libertà di insegnare che però non si traduca da parte dei professori, nella libertà di essere
«inadempienti». Labriola nota, impietosamente, che
su la nostra Facoltà di Filosofia e Lettere pesano due gravissimi pregiudizii, i quali son tanto
più difficili a vincere, in quanto che rimangono come consacrati nella opinione di molti dai ricordi
di gloriose tradizioni. Il primo è, che in mezzo a noi siano ancora i continuatori dell’Umanismo, e
poi, via via, i maestri del ben parlare, e i preparatori dell’oratoria e della poetica. E l’altro
pregiudizio è, che la filosofia sia tuttora quel sommo ed imperiale magistero su l’universo scibile,
che essa fu, o parve, in passato, e che consista pur sempre nelle semplici anticipazioni del pensiero
su quella esperienza naturale, storica e sociale, su la quale ora, come sopra sicuro fondamento,
poggiano le scienze propriamente dette. (pag. 13)
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Non solo. Con una sensibilità sociologica che ne fa un pioniere, Labriola,
richiamando l’esempio tedesco, apre la carriera universitaria alle donne:
Da un quarto di secolo già si discute, proprio nella dotta Germania, esemplare a tutto il mondo
per la sua attività scientifica, dell’ammettere e del non ammettere agli studii superiori le donne,
che non vi furono per anche ammesse. Burbanza di corporativismi, boria di dotti, preoccupazione
esagerata della cosi detta dignità scientifica, frettolose illazioni dei risultati, del resto assai
discutibili, dell’antropologia dei sessi: - ecco gli elementi di cotesta fastidiosa e querimoniosa
discussione. Vi penetra d’ogni parte lo spirito gretto dei piccoli borghesi, ai quali par di essere
cultori dell’idealismo, se celebrano in versi l’eterno muliebre, e in fatto condannano le donne tutte
all’ufficio impreteribile di cuciniere e di bambinaie. Il governo austriaco decretava di recente: non
doversi le donne ammettere agli studii superiori, nella qualità di perfetti studenti, e non
riconoscersi i titoli che esse ottengano all’estero.
Cotesta cocciutaggine, che vuol parere etica ed alta coscienza scientifica, non si è lasciata
vincere, né dagli accertati favorevoli esempii dell’Inghilterra e dell’America, che son pure, a quel
che pare, paesi civili e moderni, né dai ricordi gloriosi di quella Rinascenza, che i Tedeschi
conoscono oramai, nei loro libri almeno, meglio degli Italiani, che ne furono gli autori. Ma che
dico la Rinascenza? – le donne laureate c’erano già alla scuola medica di Salerno! (pag. 17)
Va soprattutto notato che questo «filosofo» non parla di filosofia. Labriola non
conduce ricerche sociali sul terreno; gli è estraneo il «field work», vale a dire il lavoro
sul campo. Ma è attento al mercato della produzione e allo stadio di sviluppo raggiunto
nei vari settori merceologici. Questo filosofo, l’autore della «Concezione materialistica
della storia», che nella traduzione francese rendeva meno triste il carcere al
rivoluzionario russo, creatore poi della leggendaria Armata Rossa, Leon Trotsky, come
racconta nell’autobiografia Une vie, sa che il progresso non è una fatalità cronologica
(cfr. pp. 145-146: «Relatività del progresso – e realtà del regresso») e che «non c’è
l’estratto Liebig della storia» (p. 156). Analizza con meticoloso acume le medie della
produzione industriale nei vari paesi (Nordamerica, Germania, Francia, Belgio, Italia,
ma anche India, Egitto, Cina). Non solo, ma, una volta analizzato il quadro economico,
pensa ai problemi politici e si interroga, senza alcuna concezione alle teorie del fattore
dominante, intorno alla loro interdipendenza. In questo senso, il marxismo di Labriola è
un marxismo critico, non dogmatico, in grado non solo di contrapporre,
meccanicisticamente, Unterbau e Ueberbau, «struttura e sovrastruttura», bensì di
calcolare l’azione reciproca, quella che l’amico Engels chiamava la umwälzende Praxis,
della sovrastruttura, cioè delle costruzioni ideali e della mentalità, sulla struttura.
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Siamo di fronte a un pensatore di straordinaria modernità. Le Lettere a Engels sono
qui anticipate e confermate in termini non più amaramente ironici ma semplicemente
scientifici. Nessuna meraviglia che il libro si chiuda con due notazioni tendenti a
richiamare il complesso rapporto fra storia, marxismo e sociologia:
… non esiste una surrogazione della scienza alla storia come se tutte le narrazioni ed
esposizioni storiche potessero venirsi a risolvere in schematismi del ragionamento. Ma a suo
tempo notai che se la storia rimane quello che è, ossia la rappresentazione dell’accaduto, è
altrettanto vero che l’atteggiamento del nostro spirito s’è cambiato nella considerazione dei fatti
accaduti per effetto del gran progresso delle scienze sociali. Voi ricorderete che io negai la
surrogazione della sociologia alla storia e soprattutto mi opposi a considerare come equivalente
della storia quella sociologia astratta che considera per esempio isolatamente e come per sé stante
poniamo una società feudale etc. mentre la storia concreta dacché c’è la differenza di classe e il
dominio dello stato, non conosce alcun periodo di pura omogeneità di tipo sociale. (pag. 259)
Del resto ‒ anche se la sottolineatura si espone alla critica del Cicero pro
domo sua ‒ ha quasi dell'incredibile che proprio in quella che nel volume Da un
secolo all'altro 1897-1903 risulta essere l'”ultima lezione” della carriera di
Labriola, il 27 Maggio 1903, tocchi proprio alla Sociologia rivestire un ruolo
essenziale di mediazione tra la storia, la filsoofia della storia, il materialismo
storico. La Sociologia, in quanto disciplina che consente di fare valere “la
prevalenza del criterio sociale” in rapporto alla storia, nei suoi diversi significati e
caratteri disciplinari (filosofici, narrativi, evenemenziali, scientifici, artistici,
metodologici). La Sociologia (scienza dell'educazione), che collabora variamente
a contraddistinguere i “ caratteri generali della Filosofia della Storia, in quanto
mira alla comprensione del nesso obiettivo degli accadimenti” (dunque allo stesso
Materialismo storico). Infatti, annota problematicamente (cioè riduttivamente e
nondimeno estensivamente) Labriola:
Filosofia della Storia o Sociologia – in che si rassomiglino e in che differiscano – le
serie sociologiche – il tentativo di
collocarsi dentro i fatti storici – riavvicinamento
delle serie sociologiche ai tipi economici – dello schematismo della sociologia, e come in
essa non possa essere riassorbita la storia – la Filosofia della storia mira al concreto, che
non risponde mai agli schemi sociologici – le società son sempre miste – si esemplifichi
ciò – Della nozione del progresso, e in che differisca dalla evoluzione.
– Come il materialismo storico sia ad un tempo un sistema di sociologia ed un metodo
di esposizione della storia – giustificazione storica in tal senso della parola materialismo.
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–
Definizione del fenomeno sociale – in che senso si possa parlare di coscienza sociale
– del come si possa procedere – a narrare la storia partendo dal fondo sociale –
in che
senso la politica e il diritto siano fenomeni derivati rispetto all'economia – si indicano i
dati comunissimi dell'articolazione sociale, che sta in fondo ad ogni storia. (pag. 266)
Labriola anticipa di cinquant’anni le discussioni apertesi dopo il secondo conflitto
mondiale sulla ricerca sociologica, il marxismo e i fondamenti filosofici dell’analisi
sociale, da Antonio Gramsci a György Lukács e a Louis Althusser.
Franco Ferrarotti
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