“IL DIRITTO ECCLESIASTICO: I SUOI PRINCIPI E LE SUE FONTI” PROF. MARCO SANTO ALAIA Università Telematica Pegaso Il diritto ecclesiastico: i suoi principi e le sue fonti Indice 1 DISCIPLINA GIURIDICA DEL FENOMENO RELIGIOSO: IL DIRITTO ECCLESIASTICO ------------ 3 2 LA LIBERTÀ RELIGIOSA -------------------------------------------------------------------------------------------------- 5 3 L’EGUAGLIANZA RELIGIOSA ------------------------------------------------------------------------------------------ 7 4 LA LAICITÀ DELLO STATO ---------------------------------------------------------------------------------------------- 9 5 CLASSIFICAZIONE DELLE FONTI DI DIRITTO ECCLESIASTICO ----------------------------------------- 11 6 L’ART. 7 DELLA COSTITUZIONE ED I PATTI LATERANENSI ----------------------------------------------- 13 7 IL NUOVO CONCORDATO ----------------------------------------------------------------------------------------------- 16 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 19 Università Telematica Pegaso Il diritto ecclesiastico: i suoi principi e le sue fonti 1 Disciplina giuridica del fenomeno religioso: il diritto ecclesiastico Storicamente il diritto ecclesiastico nasce come branca della legislazione, e più precisamente, del diritto pubblico, volta alla regolamentazione del fenomeno religioso. Come settore dell’ordinamento giuridico interno esso nasce nell’Ottocento, 1 con la duplice esigenza di tutelare il sentimento religioso individuale e di ridurre, nel contempo, il peso esercitato all’interno del paese, dichiaratamente laico, dal potere consolidato della Chiesa Cattolica. Lo Stato cercò di salvaguardare la sua essenza di organo dotato di sovranità, investito del monopolio della forza e fonte unica di produzione di norme aventi valore formale di legge, vincolanti per tutti, salvaguardando l’autorità suprema dello Stato da interferenze di contropoteri clericali. Il diritto ecclesiastico intese sottolineare il principio fondamentale della laicità dello Stato italiano e diede forma giuridica alla scelta di separare, ufficialmente, gli interessi pubblici, di esclusiva competenza dello Stato, da quelli privati, come quelli religiosi, relegandoli nella sfera interna alla coscienza individuale. Le vicende storiche conseguenti alla crisi del primo dopoguerra provocarono uno stravolgimento della scelta dello Stato di accentrare, unilateralmente e d’imperio, poteri definiti pubblici, riducendo l’ascendente dell’autorità ecclesiastica sulla compagine sociale e allentandone la presa sulla politica, il costume e la società. Si verifica un’alleanza tra potere politico e Chiesa Cattolica in funzione antisocialista. La riprova di questa ritrovata simbiosi trono e altare è costituita dai Patti Lateranensi del 1929, stipulati da Benito Mussolini e dal Cardinale Gasparri, Segretario di Stato Vaticano, che misero fine all’annosa questione romana, sorta all’indomani stesso dell’annessione al Regno d’Italia dello Stato Pontificio. La Chiesa Cattolica si prende la sua rivincita sulla presunta condizione di subalternità in cui l’aveva relegata lo stato liberale. Infatti, il Concordato e la coeva legislazione sui culti ammessi2 affermano, solennemente, il ruolo secondario delle altre Chiese rispetto a quella di Roma. L’autorità ecclesiastica pontificia si arroga settori ritenuti privati, quali il matrimonio, l’educazione dei giovani, la famiglia. La religione, a sua volta, coagula consensi e valori nella sfera degli interessi pubblici, cioè dello stato in persona. 1 2 M.C. Folliero, Diritto Ecclesiastico. Elementi, ed. Giappichelli, Torino 2007, pag. 4 Idem, pag.9 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 3 di 19 Università Telematica Pegaso Il diritto ecclesiastico: i suoi principi e le sue fonti Invece, nel secondo dopoguerra, la Costituzione repubblicana, entrata in vigore il 1° gennaio 1948, accoglie il principio del pluralismo religioso e della laicità dello stato. Ma, nel contempo, essa fa salvo il Concordato del 1929 e la legislazione restrittiva sui culti ammessi, quali residui di un passato duro a morire, che continuano ad essere fonti di diritto. Solo negli anni ’80, con la sottoscrizione degli Accordi di Villa Madama del 1984, da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri italiano Bettino Craxi ed il Segretario di Stato Vaticano, Cardinale Casaroli, si verifica una reale attuazione dei principi del pluralismo religioso e dell'eguaglianza tra le fedi e le confessioni religiose, sanciti nella Costituzione. Le norme di revisione del Concordato sono ispirate al principio di laicità dello Stato e la religione considerata sia a livello di Istituzioni Chiese, quanto nella dimensione privata, è intesa quale motore del processo di autorealizzazione umana (art. 3 comma 2° Cost.) e fattore di progresso collettivo per il Paese (art. 4 Cost.). I rapporti tra fede religiosa e ordinamento giuridico sono calati all’interno della nuova forma dello stato democratico e sociale, ben diverso dal modello elitarioliberale di fine Ottocento e da quello fascista-populista. I caratteri peculiari delle norme di diritto ecclesiastico sono la tipicità e l’identità3: sono tipiche, in quanto proprie dell’atteggiamento, di volta in volta, di chiusura o di disponibilità, che il diritto pubblico dello Stato assume nei confronti del fenomeno religioso individuale e collettivo, a seconda dei mutamenti politici e morali intervenuti nella storia della Repubblica. In merito all’identità, bisogna tener conto che l’oggetto caratterizzante il diritto ecclesiastico presenta elementi di continuità nel tempo: il suo fulcro è la religione, considerata dal diritto sotto due diversi aspetti: il bisogno religioso e il diritto di libertà religiosa. Quando il bisogno religioso, insito nell’individuo e nella collettività, si cristallizza in organizzazioni codificate e regolamentate, esso dà luogo ad istituzioni potenti, diventate, di fatto, un diritto, interessato a vedersi riconosciuto come interlocutore dello Stato. Le attuali norme di diritto ecclesiastico presentano caratteri tipici ed identitari: esse tutelano, giuridicamente, i diritti individuali e collettivi di libertà religiosa nel rispetto della laicità dello Stato e nell’ambito dei principi della Costituzione, che ne definisce le condizioni di esistenza e le forme di sviluppo. Sotto il profilo internazionale, l’Unione Europea è priva di qualsiasi politica ecclesiastica 4. In base alla Costituzione Europea il diritto di libertà religiosa è riassorbito nel quadro delle garanzie 3 4 M.C. Folliero, Diritto Ecclesiastico. Elementi, ed. Giappichelli, Torino 2007, pag . 11 Idem, pagg.15-16. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 4 di 19 Università Telematica Pegaso Il diritto ecclesiastico: i suoi principi e le sue fonti facenti capo al principio di uguaglianza ed alla libertà di pensiero, coerentemente con le norme di diritto internazionale. Pertanto, la tutela internazionale dei diritti religiosi conserva natura di protezione individuale e soggettiva, mentre gli aspetti religiosi di natura collettiva sono sussunti nel diritto di associazione e nella libertà di pensiero. Nella concezione corrente il diritto ecclesiastico si configura come risultato della relazione tra religione e laicità.5 Infatti, la laicità dello Stato è uno dei principi-base delle norme di tale diritto, elemento di configurazione e di delimitazione. L’intera regolamentazione giuridica del fenomeno religioso poggia sul principio di eguaglianza, che fa da contraltare all’idea di giustizia e al principio di autonomia e di libertà. Il rapporto che si instaura tra libertà religiosa ed eguaglianza, manifestazione del principio di laicità, costituisce il nucleo fondamentale di questa disciplina, nella mutevolezza della regolamentazione e delle situazioni storicamente consolidatesi, che fa pendere l’ago della bilancia ora a favore dell’una ora a favore dell’altra esigenza, ritenuta meritevole di maggiore tutela. Il rapporto tra Stato e Chiese, disciplinato dal diritto ecclesiastico, può essere analizzato sotto un profilo verticale6, quando la comunità religiosa d’origine assume i tratti di ordinamento giuridico, dotato di una gerarchia di governo, che diviene garante e rappresentativa dei suoi interessi interni, anche all’esterno; in tal modo, la confessione religiosa si qualifica quale interlocutore specifico dello Stato, per acquistare regolamentazione bilaterale e tutela giuridica. In tale profilo, lo Stato si arroga la competenza legislativa esclusiva in materia di rapporti con le Chiese (artt. 7, 8 e 117 Cost.). Tuttavia, i rapporti tra Stato e Chiese non si esauriscono soltanto in rapporti verticistici. Esiste, infatti, una dimensione orizzontale dell’esperienza religiosa organizzata, concretatasi a livello individuale e nella vita associativa, trasversale alla realtà sociale, nella quale essa si svolge. L’articolo 118 della Costituzione al 4° comma riconosce, infatti, il principio di sussidiarietà orizzontale, che, indirettamente, promuove, anche il fattore religioso nella sua dimensione orizzontale e comunitaria, dando rilevanza alle autonomie operanti nei settori a largo impatto sociale. 2 La libertà religiosa 5 6 M.C. Folliero, Diritto Ecclesiastico. Elementi, ed. Giappichelli, Torino 2007, pag. 24. Idem, pag. 32 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 5 di 19 Università Telematica Pegaso Il diritto ecclesiastico: i suoi principi e le sue fonti L’art. 19 della Costituzione Italiana riconosce il principio della libertà religiosa, affermando che tutti, e quindi, non soltanto i cittadini, hanno il diritto di “professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume”. La libertà religiosa, sancita dalla Costituzione, rappresenta uno dei cardini fondamentali del diritto ecclesiastico italiano. La libertà religiosa può definirsi la libertà garantita dallo Stato a ogni individuo di scegliere la propria credenza in fatto di religione; però la suddetta non va confusa con la libertà di religiosità, cioè con la libertà di ciascuno di determinarsi rispetto al sentimento religioso; quest’ultimo è, infatti, un concetto extra-giuridico, attinente alla sfera personale e, quindi, irrilevante per il diritto. Pertanto, il diritto di libertà religiosa può essere configurato come un diritto pubblico soggettivo, che si inserisce nel vasto quadro dei diritti di libertà, tutelati a livello costituzionale. Esso presuppone la pretesa di una prestazione negativa erga omnes, sia da parte dello Stato che degli altri cittadini, i quali sono tenuti ad astenersi da qualsiasi comportamento che possa ledere il libero esercizio del credo religioso. La libertà religiosa è un unico diritto generico, di carattere pubblicistico 7, che si esplica in tre diversi aspetti: libertà di culto, libertà di religione, libertà di culti. La libertà di culto, garantita dall’art. 19 Cost., consiste nella libertà individuale di esternare e professare liberamente il proprio credo religioso, in forma sia pubblica che privata, senza restrizioni o condizionamenti, svolgendo tutte le manifestazioni relative all’esercizio del proprio culto. Una tutela, sia pure indiretta, della stessa libertà di culto viene assicurata dalla previsione dell’art. 7 della Costituzione, che garantisce la libertà di riunione, in quanto tale norma si applica, indubbiamente, anche alle manifestazioni collettive di culto. La libertà di religione, invece, consiste nella libertà concessa ad ogni individuo, di scegliersi un determinato credo religioso e di aderire ad esso. Essa rientra in quelle norme costituzionali, come l’art. 21 Cost., che prevedono il generico diritto di libertà di pensiero. La libertà religiosa, secondo alcuni studiosi, si traduce implicitamente anche nella facoltà del singolo di non aderire ad alcun credo religioso; secondo altri, invece, non sussiste tale previsione normativa, in quanto religione ed ateismo sono tra di loro contraddittori. La libertà di culti è la terza manifestazione della libertà religiosa. Essa è esplicitamente sancita dal primo comma dell’art. 8 della Costituzione, il quale recita testualmente che “le 7 M. Petroncelli, Manuale di diritto ecclesiastico, Ed. Novene, Napoli 1961, pag. 129 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 6 di 19 Università Telematica Pegaso Il diritto ecclesiastico: i suoi principi e le sue fonti confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge”, riconoscendo anche la libertà di culto nella sua espressione collettiva. Questa disposizione costituzionale si rivolge ai culti come istituzioni ed organizzazioni ben definite, in un ambito diverso dal credo del singolo. Dette manifestazioni, oltre che nell’art. 8 della Costituzione trovano tutela anche negli artt. 18 e 19 della stessa Costituzione, in quanto l’art. 19 Cost. parla di professione della propria fede religiosa, sia in forma individuale che “associata”, e l’art. 18 Cost. parla di un generale diritto di associazione per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale. In ordine alla struttura giuridica del diritto di libertà religiosa, esso viene definito, da alcuni studiosi, come il Ravà, un diritto funzionale, in quanto garantisce al cittadino la sua partecipazione ad una funzione che si ricollega ai pubblici poteri. Tale tesi non è condivisibile, poiché tale libertà è soltanto un diritto fondamentale della personalità, che la Costituzione ha voluto garantire. Il diritto di libertà religiosa, come tutti i tradizionali diritti di libertà, sanciti subito dopo la rivoluzione francese è, oggi, contrapposto ai diritti cosiddetti sociali, tipici degli ordinamenti contemporanei, in quanto i primi si sostanziano in una pretesa di non facere che il cittadino vanta verso lo Stato, assicurando un non intervento di quest’ultimo nella sfera individuale, mentre i secondi presuppongono una pretesa del cittadino ad una prestazione positiva dello stesso Stato. In quest’ottica, il diritto di libertà religiosa può essere concepito come una obbligazione negativa nei confronti del singolo che la Costituzione impone ai pubblici poteri. Ma esso si estrinseca, anche, in un complesso di azioni, che si svolgono all’interno del corpo sociale, per cui, accanto ad un contenuto negativo ve ne sarebbe anche uno positivo che fa sorgere la necessità di stabilire un collegamento tra l’ordinamento dello Stato e quello delle istituzioni determinate dal fenomeno religioso. 3 L’eguaglianza religiosa Il principio dell’eguaglianza religiosa è sancito dal primo comma dell’articolo 8 della Costituzione Italiana, che così dispone:” tutte le confessioni religiose sono egualmente libere Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 7 di 19 Università Telematica Pegaso Il diritto ecclesiastico: i suoi principi e le sue fonti davanti alla legge”. Tale principio si concilia con quello di libertà religiosa, ma al tempo stesso, se ne differenzia. Infatti, nella nostra Costituzione viene affermata, in materia religiosa: a) una eguaglianza in senso assoluto, che si riferisce agli individui; b) una eguaglianza in senso relativo, che si riferisce, invece, alle confessioni religiose. In questo ambito, l’art. 3 Cost. stabilisce che “tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di religione” dando vita ad una eguaglianza individuale assoluta. Invece, l’art. 8 Cost. pone una limitazione all’eguaglianza collettiva dei culti, nel senso che tutte le confessioni religiose non vengono sottoposte ad un identico regime, limitandosi la Costituzione Repubblicana ad affermare la loro eguaglianza limitatamente alla sola libertà. La parità del godimento della libertà sembra a buona parte della dottrina concedere al legislatore la facoltà di scelta nel trattamento delle varie confessioni religiose a seconda che la necessità o l’opportunità lo richiedano, con la conseguenza che, mantenendo ferma la garanzia della libertà per tutte, una confessione possa trovarsi in una condizione di preminenza rispetto alle altre. Prova di questa osservazione è il fatto che la Costituzione dedica due differenti articoli alla confessione religiosa cattolica (art. 7) ed a quelle” diverse dalla cattolica” (art. 8). Inoltre, la stessa Costituzione pone un principio limitatore, affermando da una parte che le confessioni possono “organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano” e sostenendo, dall’altra, che alla Chiesa Cattolica è riconosciuta l’indipendenza e la sovranità senz’altra specificazione (art. 7 Cost.). Il principio di libertà religiosa non è violato, in quanto riconoscere prerogative particolari ad un soggetto non significa di per sé limitare la libertà degli altri; inoltre, eguaglianza non significa solo trattare in modo eguale situazioni uguali, ma anche trattare in modo diverso situazioni diverse. Perciò è giusto che venga dato riconoscimento al maggior peso che il cattolicesimo ha, di fatto, nella società italiana. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 8 di 19 Università Telematica Pegaso Il diritto ecclesiastico: i suoi principi e le sue fonti 4 La laicità dello Stato Non esiste un significato univoco del termine laicità. In una prima accezione,8 la laicità può essere intesa come assoluta indipendenza e autonomia nei confronti della Chiesa Cattolica o di altra confessione religiosa o, in senso più lato, anche nei confronti di qualsiasi ideologia. In una seconda accezione, per laicità9 si intende l’indipendenza di un soggetto e di una collettività da condizionamenti di tipo religioso, o, anche, da apparati ideologici. Nel campo giuridico, il concetto di laicità, da un lato, si sostanzia nell’obbligo di neutralità, inteso come distinzione e autonomia dello Stato rispetto alle fedi e nel riconoscimento dei diritti di libertà dei cittadini, dall’altro, si riferisce alle pretese di riconoscimento pubblico delle religioni e delle indicazioni morali provenienti dal magistero delle Chiese, con preminenza di quella Cattolica, in quanto dotata di un maggior numero di seguaci e di maggiore ascolto sociale (laicità buona o sana).10La molteplicità di accezioni del termine laicità è legata all’assenza di una norma costituzionale che lo definisca specificamente. Di conseguenza, siamo obbligati ad esaminare la concezione del principio che la giustizia costituzionale, nella sua qualità di fonte del diritto ecclesiastico ha provveduto a proporre negli anni e i fattori interni al diritto che ne hanno assicurato la progressiva penetrazione nell’ordinamento. Laicità, secondo la Corte Costituzionale, non è “indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni, ma un impegno per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale” e “l’attitudine laica dello Stato-comunità si pone al servizio di concrete istanze della coscienza civile e religiosa del cittadino”. Da tali definizioni si evince una laicità di progetto e una laicità cooperativa tra Stato e confessioni religiose, che si estrinsecano nel Concordato e nelle Intese. Dal canto suo, la dottrina parla , apertamente, del nostro Paese come di uno Stato aconfessionale, intendendo con questa formula riferirsi a certe caratteristiche assunte nel corso del tempo: quelle di uno Stato consapevole dell’importanza del fattore religioso nella costruzione della sua identità, rispettoso delle libertà di coscienza dei cittadini, formalmente equidistante da tutte le Chiese e impegnatosi in politica ecclesiastica nella non ingerenza negli affari interni delle confessioni. Nel punto primo del Protocollo Addizionale al nuovo Concordato del 18 febbraio 1984 è detto esplicitamente: “si considera non più in vigore il principio originariamente richiamato dai Patti Lateranensi della religione cattolica come sola religione dello Stato italiano”. Questa dichiarazione comune dello Stato e della Santa Sede, nuova e, dal punto di vista storico8 Dizionario Devoto Oli, Le Monnier, Firenze, 2007 Dizionario Garzanti 2006 10 M.C. Folliero, Diritto Ecclesiastico. Elementi, ed. Giappichelli, Torino 2007, pag. 129. 9 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 9 di 19 Università Telematica Pegaso Il diritto ecclesiastico: i suoi principi e le sue fonti ecclesiastico, rivoluzionaria, costituisce una chiara affermazione della neutralità dello Stato italiano in materia religiosa. Essa sancisce ufficialmente la scomparsa dall’ordinamento giuridico italiano del principio del confessionismo statale, che aveva informato il diritto ecclesiastico post-unitario, anche dopo la promulgazione della Costituzione del 1948. La norma suddetta pone anche un principio interpretativo valido per tutte le norme di derivazione pattizia, che dovranno essere interpretate conformemente al principio di laicità dello Stato. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 10 di 19 Università Telematica Pegaso Il diritto ecclesiastico: i suoi principi e le sue fonti 5 Classificazione delle fonti di diritto ecclesiastico Dalla peculiarità del diritto ecclesiastico deriva il fatto che in esso confluiscono fonti di diversa provenienza. Infatti, il sistema delle fonti di tale diritto può essere così suddiviso: a) fonti di provenienza unilaterale statale; b) fonti di provenienza unilaterale confessionale; c) fonti di provenienza bilaterale. Le fonti di provenienza unilaterale statale sono le norme che lo Stato emana quando ritiene opportuno che un determinato aspetto del fenomeno religioso venga disciplinato. Tali norme, promananti esclusivamente dallo Stato possono essere distinte in: a) fonti costituzionali, b) fonti ordinarie generali, c) fonti ordinarie speciali. Le fonti costituzionali comprendono:gli artt. 2, 3 e 21 Cost., che sanciscono la libertà religiosa in generale; gli artt. 19 e 20 Cost., che enunciano la libertà di professione e propaganda religiosa; gli artt. 17 e 18 Cost., che riguardano la libertà di riunione ed associazione; l’art. 33 Cost., attinente alla libertà di insegnamento; l’art. 8 Cost., che delinea i rapporti con le confessioni religiose diverse dalla cattolica; l’art. 7 Cost., che definisce il regime dei rapporti con la Chiesa cattolica. Le fonti ordinarie generali annoverano: l’art. 629 c.c., concernente le disposizioni a favore dell’anima; l’art. 831 c.c., riguardante le disposizioni circa i beni ecclesiastici ed edifici di culto; gli artt. 402-406, 664, 724 c.p., aventi ad oggetto i delitti contro la religione. Le fonti ordinarie speciali includono le diverse norme emanate per disciplinare specificamente la materia ecclesiastica. Tra esse si segnala la legge 25/06/1929 n. 1159, che regola le confessioni acattoliche. Le fonti di provenienza unilaterale confessionale sono costituite dalle norme promananti da ordinamenti giuridici religiosi, esterni all’apparato statale, cui, però, lo Stato riconosce efficacia giuridica al suo interno, pur attenendo a rapporti lasciati all’esclusiva regolamentazione dell’autorità religiosa. Tra esse occupano un posto preminente le norme che derivano dall’ordinamento canonico, in quanto lo Stato consente che alcune di quelle norme abbiano effetto anche nei suoi confronti. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 11 di 19 Università Telematica Pegaso Il diritto ecclesiastico: i suoi principi e le sue fonti Le fonti di provenienza bilaterale sussistono in norme di fonte pattizia, che trovano il loro fondamento in accordi bilaterali. Esse rivestono, esteriormente, il carattere di atti unilaterali recepiti in leggi dello Stato. Tra le più importanti ricordiamo: la legge 27/05/1929 n. 810, in esecuzione dei Patti Lateranensi; la legge 25/09/1985 n. 121, in esecuzione del Nuovo Concordato; il Trattato di Pace del 10/02/1949, art. 15, sulla tutela delle minoranze religiose; le leggi n. 222/1985 e n. 206/1985, sulla disciplina della materia degli enti e beni ecclesiastici; varie leggi di attuazione delle intese stipulate con le confessioni acattoliche. Attenzione! 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Le discussioni crebbero di vivacità man mano che i lavori della Costituente procedevano, fino a quando si giunse alla redazione di un articolo 5 del progetto di Costituzione, che, poi, approvato dall’Assemblea Costituente, divenne l’articolo 7 della Costituzione oggi vigente, in cui è fatto espresso richiamo agli Accordi Lateranensi, in quanto si è disposto che i rapporti tra la Chiesa Cattolica e lo Stato italiano restino disciplinati dagli Accordi stessi. Testualmente, la disposizione dell’art. 7 così recita: “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale”. Si deve, dunque, dire che la norma dell’art. 7 della Cost., che regola i rapporti tra Stato e Chiesa Cattolica può scomporsi in due commi contenenti statuizioni distinte. Nel primo comma è riconosciuta dallo Stato l’esistenza di un ordine proprio, originario ed autonomo della Chiesa Cattolica in cui questa è indipendente e sovrana. Rappresenta un elemento di grossa novità il riconoscimento dell’esistenza di una sfera in cui la Chiesa Cattolica è libera di organizzarsi, indipendentemente da ogni ingerenza dello Stato. Il che, tradotto in senso giuridico, significa non solo che la Chiesa Cattolica è una società perfetta, come quella dello Stato, ma che l’ordinamento della stessa è ugualmente originario come quello degli Stati. Tale norma pone, però, anche una limitazione al riconoscimento della sovranità ecclesiastica, affermando che questa autorità è riconosciuta alla Chiesa solo nel proprio ordine e, cioè, nei limiti in cui non venga messa in discussione la sovranità dello Stato ed il rispetto delle sue leggi. Il secondo comma dell’art. 7 Cost., nel sancire la non necessità del procedimento di revisione costituzionale per la modifica dei Patti Lateranensi, se tali modificazioni sono accettate da entrambe le parti, lascia intendere che in caso di mancato accordo bilaterale è richiesto il procedimento di revisione costituzionale. Tale secondo comma ha, quindi, la funzione di garantire la Chiesa Cattolica da un’eventuale arbitraria decisione dello Stato di regolare unilateralmente i propri rapporti con la Chiesa stessa, attribuendo valore di norma costituzionale ai Patti Lateranensi, cioè agli Accordi tra Stato e Chiesa, stipulati l’11 febbraio 1929. In conseguenza, i Patti Lateranensi Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 13 di 19 Università Telematica Pegaso Il diritto ecclesiastico: i suoi principi e le sue fonti sono divenuti, automaticamente, la misura costituzionale della competenza che lo Stato ha attribuito all’ordine suo ed a quello della Chiesa. Dal punto di vista storico i Patti Lateranensi misero fine a tutti i contrasti tra lo Stato italiano, sorto nel 1860 e la Chiesa Cattolica, nati in seguito alla presa di Roma, nel 1870, e, comunemente, noti come “questione romana”. Infatti, dopo la presa di Roma da parte del Regno d’Italia, i rapporti con la Chiesa furono unilateralmente regolati con la legge n. 214/1871, la cosiddetta “legge delle guarentigie”, che formalmente si preoccupava di garantire rendite, immunità e privilegi al Papa, ma che non fu mai accettata dalla Chiesa Cattolica, perché, essendo una legge interna dello Stato Italiano, non presentava garanzie di stabilità, potendo essere abrogata, in qualsiasi momento, da un’altra legge ordinaria dello Stato.11Per porre fine a questa annosa frattura si dovette aspettare l’11 febbraio del 1929 con la stipula dei Patti Lateranensi, che si qualificavano come un accordo bilaterale tra ordinamenti sovrani. Alle preoccupazioni della Chiesa venne, anche, incontro la Costituzione Repubblicana del 1948, con la costituzionalizzazione di tali Accordi. I Patti Lateranensi constavano di tre distinti documenti: a) il Trattato, che risolveva la questione dello stato territoriale della Chiesa, riconoscendo la sovranità del Pontefice sullo Stato della Città del Vaticano, esteso su un territorio di 0,44 kmq all’interno della città di Roma; b) il Concordato, che regolava i rapporti tra lo Stato e la Chiesa in Italia; c) la Convenzione finanziaria, con la quale furono regolate le questioni sorte dopo le spoliazioni degli enti ecclesiastici a seguito delle leggi statuali italiane. I punti salienti del Concordato del 1929 possono così sintetizzarsi: 1) riconoscimento della religione cattolica quale religione di stato (art 1 del Trattato); 2) una serie di privilegi per gli ecclesiastici (artt. 3, 4 e 7); 3) preventiva approvazione dello Stato per le nomine dei vescovi e dei parroci e giuramento di fedeltà allo Stato italiano da parte dei vescovi (art. 19-23); 4) riconoscimento da parte dello Stato dei provvedimenti emanati dall’autorità ecclesiastica in materia spirituale e disciplinare contro ecclesiastici (art. 5 correlato con l’art. 23 del Trattato); 5) particolare regime di favore, finanziario e fiscale, per gli enti ecclesiastici (art. 29, 3° comma); 6) intervento finanziario a favore del clero, la cosiddetta “congrua” (art. 30); 7) riconoscimento degli effetti civili 11 Enciclica “Ubi nos” del 15/05/1871. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 14 di 19 Università Telematica Pegaso Il diritto ecclesiastico: i suoi principi e le sue fonti del matrimonio religioso e riserva ai Tribunali ecclesiastici delle cause relative (art. 34); 8) insegnamento della dottrina cristiana in tutte le scuole pubbliche, eccettuate le università (art. 36). E’ stato a lungo e variamente dibattuto in dottrina il problema della natura giuridica del Concordato del 1929. Noi possiamo concludere, coerentemente con la tesi sostenuta da M. Petroncelli, che l’accordo ha carattere di negozio di diritto internazionale, in quanto derivante dall’incontro della volontà di due enti rappresentanti ordinamenti giuridici originari. Pertanto, esso non può essere assimilato in alcun modo ad un contratto di diritto pubblico interno, ma sempre di diritto esterno. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 15 di 19 Università Telematica Pegaso Il diritto ecclesiastico: i suoi principi e le sue fonti 7 Il nuovo Concordato Il Concordato del 1929 è stato superato dai cambiamenti intervenuti nella storia del costume, della società italiana, delle concezioni giuridiche. Pertanto, da più parti sia in politica, sia in dottrina, sia nel corpo sociale, si facevano sempre più pressanti le richieste di una sua radicale revisione, sia perché la posizione di privilegio concessa alla Chiesa Cattolica contrastava con i valori di eguaglianza sanciti dalla Costituzione Repubblicana, sia perché le sue affermazioni erano ormai in contrasto con la nuova dottrina della Chiesa emersa dopo il Concilio Vaticano II. Si è a lungo discusso sui modi, sui contenuti, sulle forme giuridiche di una revisione divenuta sempre più irrimandabile. Alla fine, dopo lunghe, laboriose trattative, il Concordato del 1929 è stato sostituito da un nuovo accordo di revisione tra lo Stato italiano e la Santa Sede, stipulato il 18 febbraio 1984 ed entrato in vigore il 4 giugno 1985. Esso è stato comunemente denominato nuovo “Concordato”. Tale Accordo è stato formalmente definito, semplicemente, di modifica del precedente Concordato, ma in realtà, esso rappresenta uno strumento radicalmente nuovo di regolamentazione dei rapporti tra Stato e Chiesa. Il nuovo Concordato è costituito da tre parti: a) il Preambolo, che tratta delle trasformazioni intervenute nella società italiana dopo la Costituzione Repubblicana e della fondamentale svolta rappresentata dal Concilio Vaticano II nella storia della Chiesa Cattolica, ritenute motivi di fondo per la revisione dei Patti Lateranensi.; b) il testo vero e proprio diviso in 14 articoli; c) il Protocollo Addizionale, in sette punti, che assicura, con opportuni chiarimenti, la migliore applicazione dei Patti Lateranensi e delle modifiche convenute, evitando difficoltà interpretative. In attuazione del nuovo Concordato sono state emanate dallo Stato italiano le seguenti leggi: 1) la legge n. 121/1985, contenente l’ordine di esecuzione del Concordato; 2) la legge n. 222/1985, in tema di disposizioni sugli enti ed i beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in Italia (che sostituisce la legge n. 848/1929 sugli enti ecclesiastici); 3) D.P.R. n. 751/1985, riguardante l’esecuzione dell’intesa tra l’autorità scolastica italiana e la Conferenza Episcopale italiana per l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche. Rispetto al nuovo Concordato è stato sollevato il problema se esso goda della stessa garanzia prevista dall’art. 7 Cost. per i Patti Lateranensi del 1929, ossia il procedimento di revisione costituzionale, in caso di modifica unilaterale. La dottrina prevalente ritiene che tale copertura non si applichi ai nuovi accordi, in quanto l’art. 7 Cost. fa espresso riferimento solo ai Patti Lateranensi Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 16 di 19 Università Telematica Pegaso Il diritto ecclesiastico: i suoi principi e le sue fonti e non anche alle loro successive modifiche. Alla luce di questa concezione si deve affermare che il nuovo Concordato possa essere modificato con legge ordinaria dello Stato. Un altro problema concerne il contrasto delle norme concordatarie con quelle costituzionali. La Corte Costituzionale ha orientato la sua condotta nel senso che le prime, pur non potendo ritenersi costituzionalizzate, non sono tenute al rispetto di ogni norma costituzionale, ma solo dei principi fondamentali della Costituzione; ad ogni modo, tale problema si è affievolito, in quanto con il nuovo Concordato sono stati eliminati i principali motivi di scontro con la Costituzione, presenti, invece, nel vecchio. Il nuovo Concordato è strutturato in maniera radicalmente diversa da quello precedente. Infatti, mentre l’Accordo del 1929 constava di un corposo testo, definito in maniera minuziosa e casistica, il nuovo è costituito da appena 14 articoli, rivolti, più che a regolare specificamente i rapporti tra Stato e Chiesa a denunciare i principi ai quali tale regolamentazione dovrà ispirarsi. In tal modo, il recente Concordato può adattarsi con maggiore elasticità ai mutamenti intervenuti col passare del tempo, assicurandosi, così, una maggiore durata. Esso, inoltre, prevede numerosi stralci su materie specifiche, la cui regolamentazione è rinviata ad accordi successivi con l’autorità ecclesiastica. Gli stralci possono essere, così sintetizzati: - decisioni sulle festività religiose con valore civile (art. 6); - determinazione dei titoli accademici ecclesiastici riconoscibili dallo Stato; - organizzazione dell’insegnamento religioso nelle scuole pubbliche (art. 9); - organizzazione dell’assistenza spirituale nelle forze armate, nelle carceri e negli ospedali (art. 11); - conservazione ed uso dei beni culturali di proprietà ecclesiastica (art. 12); - determinazione dei principi per la definizione degli enti ecclesiastici e per la revisione della disciplina degli impegni finanziari e degli interventi dello Stato nella gestione patrimoniale dei benefici ecclesiastici (art. 7) I principi informatori del nuovo Concordato si esplicano nelle seguenti affermazioni: a) Neutralità dello Stato in materia religiosa (art. 1). La religione cattolica non è più riconosciuta quale religione di stato, affermandosi, in linea di massima, la laicità dello Stato italiano. Tuttavia, neutralità dello Stato non significa indifferenza della Repubblica rispetto al fenomeno religioso: lo Stato, consapevole dell’importanza che la religione riveste per la maggior Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 17 di 19 Università Telematica Pegaso Il diritto ecclesiastico: i suoi principi e le sue fonti parte dei suoi cittadini, si impegna a garantire la piena realizzazione dell’individuo anche in questo campo, lasciando al di fuori della sua competenza soltanto quegli aspetti del fenomeno religioso rientranti nella sfera individuale e, perciò, irrilevanti dal punto di vista giuridico. Inoltre, lo Stato si impegna a garantire, secondo la previsione dell’art. 11, l’assistenza spirituale ai cittadini in determinate strutture pubbliche, quali forze armate, polizia, ospedali, istituti di assistenza e di cura, istituti di pena e di prevenzione, secondo modalità da stabilire con successive intese tra lo Stato e la Chiesa. b)Completa autonomia dell’organizzazione ecclesiastica (art. 4). Viene abrogata la norma che prevedeva la preventiva approvazione dello Stato per le nomine dei vescovi e dei parroci, garantendo, in tal modo, una maggiore libertà alla Chiesa. Rimane in vigore soltanto l’obbligo dell’autorità ecclesiastica di comunicare a quella civile le nomine effettuate. c) Abrogazione dei privilegi per gli enti ecclesiastici (art. 7). Vengono aboliti i privilegi e tutta la serie di esenzioni assicurati agli enti ecclesiastici dal precedente Concordato. Viene riconosciuta personalità giuridica agli enti ecclesiastici con fine di religione e di culto esistenti in Italia, i quali, agli effetti delle leggi tributarie, vengono equiparati agli enti di beneficenza e d’istruzione. Le attività diverse da quelle di culto sono, invece, soggette alle leggi dello Stato ed al regime tributario ordinario. La regolamentazione della materia viene, comunque, demandata ad una commissione paritetica, le cui conclusioni hanno formato oggetto della legge n. 222/1985. d) Disciplina del matrimonio cattolico (art. 8). Il matrimonio non è più considerato un sacramento indissolubile. Lo Stato si limita a riconoscere effetti civili al matrimonio contratto secondo il diritto canonico. Viene, inoltre, abbandonato il regime di esclusività della giurisdizione ecclesiastica in merito alle cause relative ai matrimoni religiosi. Le sentenze di nullità del matrimonio religioso pronunciate dai tribunali ecclesiastici non sono più indispensabili ai fini della cessazione degli effetti civili del matrimonio canonico trascritto: esse possono essere dichiarate efficaci per lo Stato italiano con lo stesso procedimento e con gli stessi presupposti previsti per ogni altra sentenza straniera. e) Istruzione religiosa (art. 9). L’insegnamento della religione cattolica continua ad essere assicurato in tutte le scuole, tranne le università, salvo il diritto di non avvalersene riconosciuto a Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 18 di 19 Università Telematica Pegaso Il diritto ecclesiastico: i suoi principi e le sue fonti ciascuno. Pertanto, l’insegnamento religioso non viene più considerato “fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica”, come previsto dall’art. 36 del vecchio Concordato. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 19 di 19