Legge in sostituzione di atto amministrativo

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POSIZIONI GIURIDICAMENTE TUTELATE
NELLA FORMAZIONE DELLA LEGGE
PROVVEDIMENTO E « VALORE DI LEGGE »
di FABIO CINTIOLI
SOMMARIO: 1. Premessa. — 2. La giurisprudenza costituzionale: l’esame del procedimento formativo della legge-provvedimento. — 3. Separazione dei poteri, compiti statuali e fondamento
della legge-provvedimento. — 4. L’impugnabilità di atti amministrativi anteriori alla leggeprovvedimento. — 5. I poteri di accertamento e di giudizio del giudice amministrativo. —
5.1. Segue: la tutela giurisdizionale « concorrente » con l’approvazione della legge. —
5.2. Segue: la disapplicazione della legge-provvedimento per contrasto con le norme comunitarie ed il principio di effettività della tutela giurisdizionale. — 6. I limiti della tutela giurisdizionale ed il « valore di legge ». — 7. La partecipazione al procedimento di formazione
della legge-provvedimento. — 8. Conclusioni.
1. Premessa.
Il tema prescelto, oltre che influenzato dai più recenti interventi della Corte Costituzionale, vuole esprimere la tensione, insieme politica e costituzionale, che ha caratterizzato fin dall’origine il dibattito sulla legge-provvedimento.
A distanza di circa cinquant’anni dal contenzioso sulla legittimità dei decreti legislativi di esproprio di riforma fondiaria (1)
e di trentadue anni dal più noto e citato contributo monografi(1) Cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 20 marzo 1952, n. 6, in Giur. it., 1952, III, c. 65 e ss., con
nota di E. Guicciardi; Cass., sez. un., 15 gennaio 1953, n. 107, in Foro it., I, c. 173 e ss.; Corte
Cost. 25 maggio 1957, n. 59 e n. 60, in Giur. cost., 1957, pp. 676 e 684. In dottrina, cfr. G. GUARINO, Profili costituzionali, amministrativi e processuali delle leggi per l’Altopiano Silano e sulla riforma agraria e fondiaria, in Foro it., 1952, IV, c. 73 e ss.; G. AZZARITI, Le controversie sulla legittimità costituzionale dei decreti delegati, in Foro it., IV, c. 33 e ss.; A. AMORTH, La costituzionalità
della delegazione legislativa per la riforma fondiaria e la impugnativa dei decreti espropriativi avanti
il Consiglio di Stato, in Giur. it., 1952, IV, c. 73 e ss.
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co (2), esso resta ancora in prevalenza articolato nella contrapposizione tra l’autorità della legge, la sua forza ed il suo valore,
da una parte, e l’effettività della garanzia giurisdizionale per i diritti ed interessi dei singoli, dall’altra parte. Ciò a dispetto delle
profonde modifiche che sono intervenute, come si dirà, nel quadro istituzionale, politico e normativo di riferimento.
La legge-provvedimento è tra gli istituti che con maggiore
efficacia riassumono questa alternativa di fondo, che ripete le
due componenti essenziali dello Stato moderno. Chi ammette
l’emanazione di una legge che, anziché limitarsi a prevedere i casi
da regolare, provvede in concreto su di essi, finisce con accentuare l’autorità della sovranità popolare, fondata nel « contratto
sociale »; chi invece considera illegittima tale legge trae argomento dal sistema di garanzie che, originando dalla separazione
dei poteri, si riflette nell’irrinunciabilità della protezione effettiva dei diritti davanti all’autorità giudiziaria.
« Ha vinto il diritto »: cosı̀ Enrico Guicciardi intitolava la
nota (3) di commento alla sentenza n. 6 del 1952 dell’Adunanza
plenaria del Consiglio di Stato, che aveva annullato i decreti legislativi di espropriazione, facendosi interprete proprio di tale
sistema di garanzie, come solennemente affermate nell’allora giovanissima Carta Costituzionale.
All’opposto, i resoconti biografici imputano alle medesima
sentenza l’effetto di aver addirittura incrinato la certezza nel diritto in coloro che tali decreti avevano promosso e politicamente
sostenuto (4).
(2) C. MORTATI, Le leggi provvedimento, Milano, 1968. Sul tema generale della leggeprovvedimento si richiamano altresı̀: V. CRISAFULLI, Principio di legalità e « giusto procedimento »,
in Giur. cost., 1962, 130; ID., Fonti del diritto (dir. cost.), in Enc. Dir., XVII, Milano, 1968, p. 950;
ID., Lezioni di diritto costituzionale, V ed., Padova, 1984, p. 68; L. PALADIN, La legge come norma
e come provvedimento, in Giur. cost., 1969, p. 871; ID., Le fonti del diritto italiano, Bologna 1996,
p. 180; A. FRANCO, Leggi provvedimento, principi generali dell’ordinamento, principio del giusto
procedimento, in Giur. cost., 1989, II, 1041-1085; F. SORRENTINO, Le fonti del diritto, p. 40; F. MODUGNO, Appunti dalle lezioni sulle Fonti del Diritto, Torino, 1999, p. 23 e ss.; D. VAIANO, La riserva di funzione amministrativa, Milano, 1996; R. DIKMANN, La legge in luogo di provvedimento,
in Riv. trim. dir. pubbl., 1999, p. 917.
(3) Si tratta della sentenza citata alla nota n. 1.
(4) Riferisce che le citate decisioni della giurisprudenza hanno portato un grave contri-
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Due punti di vista che riassumono l’importanza di quella vicenda e che dimostrano come i valori costituzionali in gioco potessero condurre ad interpretazioni molto diverse.
Nei decenni successivi, in molte occasioni la legge è stata
utilizzata in sostituzione dell’atto amministrativo e le norme costituzionali interessate hanno ricevuto, nel moto di perenne trasformazione dell’ordinamento, una collocazione più precisa nel
quadro istituzionale, grazie agli interventi della dottrina ed in
special modo grazie alle sentenze del giudice costituzionale.
Quei punti di vista sono però capaci, anche oggi, di evocare i
valori in conflitto e le soluzioni di massima proponibili, rimandando al rapporto tra i concetti di « sovranità giuridica » e « sovranità politica » (5) ed a quello tra misura della giurisdizione ed
autorità della legislazione.
2. La giurisprudenza costituzionale: l’esame del procedimento
formativo della legge-provvedimento.
Il punto di partenza di uno studio sulla legge-provvedimento
non può che essere quello della giurisprudenza costituzionale.
Il diritto vivente creato dalla Corte Costituzionale ha escluso
che il legislatore incontri il limite di una riserva di amministrazione ed ammesso, pertanto, che la legge possa avere qualsiasi
contenuto sostanziale, anche diverso da quello consistente nel
dettare disposizioni generali ed astratte (6). La forza ed il regime
della legge prescindono da vincoli materiali di oggetto e deributo allo scetticismo di De Gasperi verso la certezza del diritto G. ANDREOTTI, in De Gasperi e
il suo tempo, Milano, 1956.
(5) Sir Ivor Jennings sosteneva (in The law and the Constitution, London, 1964, come
commentato in A. PACE, Leggi di incentivazione e vincoli sul futuro legislatore, in Giur. cost., 1983,
p. 2349) che far discendere l’impossibilità di autolimitazioni dalla sovranità del Parlamento,
(come sostenuto da A.V. DICEY, in Introduction to the Study of the Law of the Constitution, New
York, 1962) significa attribuire alla sovranità « giuridica » caratteri propri della sovranità « politica », da tenere fermamente distinta.
(6) L’orientamento della Corte si è consolidato a partire dalla decisioni n. 50 e 60 del
1957, citate alla nota 1. Tra le più recenti, v. Corte Cost. 21 luglio 1995, n. 347, in Giur. cost.,
1995, p. 2608; Corte Cost., 16 febbraio 1993, n. 62, in Giur. cost., 1993, 446; Corte Cost., 21
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vano solo dalla qualifica formale. Non v’è, dunque, coincidenza
tra funzione normativa e legislativa e la legge può anche avere
contenuto particolare e concreto ed assolvere un compito sostanzialmente identico a quello dell’atto amministrativo, disponendo, ad es., l’occupazione e l’espropriazione di un fondo ovvero approvando un piano urbanistico.
Il giudice delle leggi, fin dalle prime sentenze, ha superato
sia le obiezioni di fondo collegate al principio di separazione dei
poteri sia quelle legate al sistema di garanzie, in quanto — si è
detto — il diritto di difesa del cittadino non viene annullato, ma
si connota secondo il regime tipico dell’atto legislativo adottato,
trasferendosi dall’ambito della giustizia amministrativa a quello
proprio della giustizia costituzionale (7). La positiva valutazione
del controllo di costituzionalità si è accompagnata alla lettura
formale ed inevitabilmente riduttiva dell’art. 113 Cost.: il significato di questa norma costituzionale non è quello di esigere che
ogni atto particolare e concreto, qualunque sia la sua veste formale, debba essere sottoposto ai controlli giurisdizionali previsti
per gli atti amministrativi, ma è invece quello di escludere che i
soli provvedimenti adottati dalla P.A., qualunque ne sia il contenuto strutturale, possano essere sottratti al controllo giurisdizionale (8); l’art. 113 è, in altre parole, manifestazione di un principio costituzionale più generale, secondo il quale il regime delle
impugnazioni segue la natura giuridica degli atti oggetto di contestazione. Sicché l’unico controllo sulla legge-provvedimento
resta quello della Corte Costituzionale.
E
v una giurisprudenza che matura in un clima favorevole alla
diffusione dell’istituto e che propende per la prevalenza della
sovranità parlamentare e per l’ampliamento degli spazi concessi
alla legge. Non a caso, la Corte, dopo le iniziali riserve (9) che
marzo 1989, n. 143 in Giur it., 1989, I, 1, c. 1601. Per un commento più approfondito sulle linee evolutive di questa giurisprudenza, cfr. D. VAIANO, La riserva di funzione amministrativa, cit.,
p. 56 e ss.
(7) Corte Cost., n. 62 del 1993, citata alla nota precedente.
(8) Corte Cost., n. 143 del 1989, citata alla nota 6.
(9) Cfr. D. VAIANO, La riserva di funzione amministrativa, cit., che ravvisa nelle citate de-
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lasciavano supporre la necessità di un controllo di ragionevolezza sul motivo politico sotteso alla legge-provvedimento, si è
posta su una linea di sostanziale accettazione delle scelte del legislatore, grazie alla copertura della discrezionalità a questi concessa; e gli interventi legislativi su casi particolari e concreti sono
cresciuti per quantità e per qualità della normazione, avendo anche le Regioni fatto ampio ricorso allo strumento in discussione.
Nel più recente periodo il giudice delle leggi è apparso, tuttavia, più attento al problema di assicurare ai destinatari della
legge-provvedimento le opportune garanzie e più disposto ad
una valutazione critica dell’istituto.
Si è riconosciuto il carattere sostanziale ed effettivo della garanzia dell’art. 113 Cost. e soprattutto si sono introdotti nuovi
argomenti, favorevoli ad un ripensamento degli ambiti di efficacia e legittimità della legge-provvedimento. Sono affermazioni
che, in larga misura, tendono a circoscrivere siffatti ambiti nel
quadro di una visione dinamica del procedimento di formazione
della legge: l’attenzione prestata a determinazioni provvedimentali anteriori alla legge-provvedimento, all’attivazione dei mezzi
di tutela giurisdizionale nei loro riguardi e ad alcuni profili di
patologia del relativo procedimento dimostra che l’armonico inserimento della legge-provvedimento nel sistema costituzionale
delle fonti esige una più chiara definizione dei rapporti con gli
istituti di difesa nel processo e protezione delle posizioni soggettive. Al punto che si apre il varco per un radicale ripensamento
dei pregressi orientamenti della giurisprudenza costituzionale.
Si comincia a definire, per questa via, l’oggetto della presente indagine, che vuole analizzare in chiave dinamica la formazione della legge-provvedimento e verificare, in particolare, sia il
rapporto che corre tra essa ed eventuali atti amministrativi che
l’abbiano preceduta sia il rilievo delle garanzie di partecipazione.
Ne seguono dubbi nuovi e si rafforzano dubbi antichi sulla
compatibilità della legge-provvedimento con il quadro costitucisioni della Corte Cost. nn. 59 e 60 del 1957 una linea di pensiero favorevole ad un controllo
severo sul fine politico che deve razionalmente giustificare la legge-provvedimento, che non ha
però avuto proficui sviluppi nella giurisprudenza successiva.
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zionale, specie per quanto concerne il presidio previsto all’art.
113. Come si dirà, lo studio del procedimento per l’emanazione
della legge-provvedimento e dei presupposti di questa pone in
rilievo alcune determinazioni amministrative, anteriori alla stessa
legge e con immediata rilevanza esterna, aventi attitudine ad incidere su posizioni giuridiche soggettive e per le quali si richiede
immediata protezione in sede giurisdizionale. Sicché la prospettiva dinamica impone il contemperamento tra l’esigenza di tutela
di siffatte posizioni e la salvaguardia del nucleo di valutazioni
(istituzionale e politico) che presiede all’emanazione della leggeprovvedimento. E
v inevitabile riconsiderare il « valore di legge »
che assiste l’atto e valutarne l’incidenza concreta in un ordinamento che, specie per l’influenza del diritto comunitario, appare
profondamente modificato, sı̀ da alterare alcuni postulati sui
quali il dibattito aveva raggiunto alcune tendenziali certezze.
Si avverte comunque che, dati i limiti del contributo, si assume a parametro un concetto generico di legge-provvedimento,
comprensivo delle varie figure specifiche che ad esso sono state
ricondotte (leggi concrete, singolari, autoapplicative, esecutive,
di approvazione, di autorizzazione, ecc.) e che il tema è destinato a sovrapporsi, pur con ovvia comunanza di problemi, a
quelli contigui; tra i quali, in primo luogo, quello delle leggi retroattive e di sanatoria.
Nel nuovo filone di giurisprudenza costituzionale si possono
annoverare anzitutto quelle sentenze che sottopongono la leggeprovvedimento ad un controllo stretto di non arbitrarietà e non
irragionevolezza (10) e quelle che affermano il principio per cui
l’ammissibilità di leggi aventi un contenuto concreto e particolare incontra un limite specifico anche nel rispetto della funzione
giurisdizionale in ordine alla decisione delle cause in corso (11).
(10) Corte Cost. 29 maggio 1997, n. 153, in Giur. cost., 1997, p. 1628; Corte Cost. 10
gennaio 1997, n. 2, in Giur. cost., 1997, p. 8; Corte Cost. 17 giugno 1996, n. 205, in Giur. cost.,
1996, p. 1816.
(11) Corte Cost., 20 novembre 1995, n. 492, in Le Regioni, 1996, 516, con nota di F. RIGANO, Scrutinio stretto di ragionevolezza sulle leggi provvedimento e riserva d’amministrazione;
Corte Cost. 15 luglio 1991, n. 346, in Le Regioni, 1992, 1038, con nota di A. CERRI, Brevi note
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Altre sentenze si segnalano per avere ridotto (ad una prima
analisi) la portata del « valore di legge », poiché ammettono che
l’effetto della legge-provvedimento non sempre è tale da impedire il concorrente dispiegarsi del processo davanti al giudice
(nella specie al giudice amministrativo), ritagliando spazi per la
giurisdizione non assorbiti dall’intervento legislativo.
Secondo la Corte, in particolare, la legge che ha conferito
base legislativa al criterio di revisione delle tariffe d’estimo (fondato sul valore unitario di mercato ordinariamente ritraibile),
pur avendo convalidato il criterio contenuto in un atto amministrativo già ritenuto illegittimo dal g.a. in alcune sentenze di
primo grado, non avrebbe ricompreso nella sanatoria « eventuali vizi sostanziali e procedimentali diversi » da quelli derivanti
dall’illegittimità del criterio medesimo. Su tali vizi la giurisdizione del giudice si sarebbe dovuta pienamente attuare e sarebbe, perciò, venuta meno « la violazione delle garanzie giurisdizionali di cui agli artt. 24 e 113 Cost. » (12).
In altra occasione la Corte Costituzionale ha pronunciato
due sentenze (13) sul procedimento di adozione (mediante atto
amministrativo) ed approvazione (mediante legge) di un piano
urbanistico regionale; procedimento, questo, che si è interpretato come suddiviso in due fasi: l’una amministrativa, con le garanzie proprie del giusto procedimento, sfociata nell’adozione
del piano; l’altra legislativa, di mera approvazione del piano. Gli
eventuali vizi della fase amministrativa di formazione, adozione
e modifica del piano non sono sanati — secondo la Corte —, né
comunque coperti dall’approvazione con legge regionale e non
su leggi autoapplicative, valore di legge regionale e principio di divisione dei poteri, ed in Giur.
cost., 1991, p. 2773 con nota di F. SORRENTINO, Garanzia giurisdizionale dei diritti e degli interessi
legittimi e leggi-provvedimento.
(12) Corte Cost. 3 giugno 1998, n. 211, in Giur. cost., 1998, p. 1633, con nota di N. ZANON, La legge di sanatoria non è onnipotente: un’importante ammissione in nome del « giusto procedimento » e degli artt. 24 e 113 Cost.
(13) Corte Cost. 11 giugno 1999, nn. 225 e 226, in Giur. cost., 1999, pp. 2005 e 2047, la
prima con note di G.U. RESCIGNO, Rinasce la distinzione-opposizione tra legge in senso formale e
legge in senso materiale?, e di A. SIMONCINI, La legge « senza valore » (ovvero, della necessità di un
giudizio sulla ragionevolezza delle scelte normative).
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sono, pertanto, sottratti all’ordinario sindacato giurisdizionale
sulle scelte amministrative incidenti sulle situazioni soggettive.
Ne segue ancora che la sopravvenuta legge regionale resta, in
tutto od in parte, priva di oggetto, né vale come conversione, né
come « validazione legislativa » o sanatoria del piano adottato (14).
In breve, il giudice delle leggi supera le tradizionali obiezioni
mosse dai fautori della incostituzionalità della legge-provvedimento, configurando, in concreto, utili spazi per la tutela giurisdizionale del singolo. E
v un procedimento logico che non si limita a rivedere le interpretazioni formalistiche dell’art. 113
Cost., quale ostacolo di massima alla legge-provvedimento, ma
che ribalta l’ottica di esame della fattispecie e realizza la protezione giurisdizionale in via diretta, affidandola al giudice del
rapporto controverso e postulandone la concorrenza con l’approvazione della legge, che non è più necessario per questo motivo venga sottoposta allo scrutinio di costituzionalità.
I precedenti richiamati sono contraddistinti da due note comuni.
La prima è, per l’appunto, quella di una considerazione dinamica degli effetti della legge-provvedimento, che rimarca la
difficoltà del coordinamento con la controversia instaurata davanti al giudice per la restaurazione del diritto leso.
La seconda coincide con l’attenzione che la Corte ha dedicato al problema specifico della compatibilità del provvedere
mediante legge col principio di difesa e di garanzia giurisdizionale dei diritti ed interessi. L’art. 113 è in primo piano nel pensiero della Corte ed essa appare consapevole che proprio su
questo punto — e non più su quello della riserva di amministrazione — si risolve il problema della legittimità della legge-prov-
(14) Nel caso deciso dalla Corte con le predette sentenze nn. 225 e 226 del 1999, le misure di salvaguardia trovavano applicazione fin dalla pubblicazione del semplice progetto di
piano, e tale salvaguardia non era limitata a determinate previsioni dichiarate « immediatamente
prevalenti » od « immediatamente vincolanti » nei confronti dei privati (come previsto dalla legislazione regionale lombarda per i piani territoriali regionali), bensı̀ si estendeva ad ogni intervento in contrasto con le previsioni della pubblicata proposta di « piano di parco naturale ».
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vedimento. Sembra allora che si sia fatta definitivamente giustizia della tesi che riconosceva nel processo costituzionale una garanzia addirittura superiore a quella apprestata dalla comune
giurisdizione su diritti ed interessi (15), quasi che implicitamente
vi sia stata la consapevolezza che il giudizio di costituzionalità è
insufficiente a rispettare, con il filtro del giudice a quo, gli standards di effettività e tempestività della tutela che il singolo destinatario può invocare.
3. Separazione dei poteri, compiti statuali e fondamento della
legge-provvedimento.
Indubbiamente il giudice delle leggi risente del mutato clima
culturale e delle correlate modifiche ordinamentali e risponde
con coerenza a precise istanze della società civile e delle stesse
istituzioni.
Per meglio comprendere l’importanza di queste novità è preferibile partire da quanto si diceva in passato sulle finalità e
strutture dello Stato moderno e sul venir meno dei presupposti
fondanti il principio della separazione dei poteri (16).
Il primo punto è che il potere attivo dello Stato era ormai
« unificato in una comune fonte di legittimazione », in quanto
potere legislativo ed esecutivo sono strettamente collegati fra
loro nei regimi parlamentari da un intimo rapporto fiduciario e
non traggono più le loro competenze da separate basi sociali; ciò
in un quadro nel quale lo Stato si è assunto nuovi compiti e si è
trasformato « da semplice tutore di libertà formale in promotore
(15) Sulla possibilità che la protezione offerta dal giudizio costituzionale risultasse, sotto
certi aspetti, più efficace di quella effettuabile attraverso la giurisdizione amministrativa, cfr. C.
MORTATI, Le leggi provvedimento, cit., p. 192. Nel senso che le leggi-provvedimento, lungi dall’attenuare le possibilità di difesa, addirittura le esaltano, cfr. PIRAINO, Ancora sulle leggi-provvedimento, in nota a Corte Costituzionale 14 luglio 1986, n. 190, in Le Regioni, 1987, anche per
ulteriori riferimenti dottrinali.
(16) In particolare, ci si riferisce alla lucida impostazione di MORTATI, op. ult. cit., p. 48
e ss.
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di giustizia in senso sostanziale », con una moltiplicazione quantitativa dei suoi interventi nei rapporti sociali ed una diversificazione qualitativa, tale da accrescere l’incertezza della linea di demarcazione tra le attività riservate a ciascun gruppo di organi.
Il secondo profilo riguardava il pericolo derivante da tale
concentrazione di poteri e la possibilità di rimediarvi, oltre che
con l’azione di forze sociali nel pluralismo democratico, grazie al
potenziamento della funzione giurisdizionale: nel campo
d’azione del potere legislativo, il riequilibrio è perseguito, in
particolare, mediante il controllo di legittimità della Corte Costituzionale sugli atti aventi valore di legge.
Questa descrizione non sembra più idonea a spiegare l’attuale assetto istituzionale ed i rapporti tra poteri.
Il mito del legislatore onnisciente e comunque efficiente e
l’idea classica dello Stato interventista appaiono tramontati in
favore di una concezione dei rapporti tra Stato e cittadino fortemente ispirata dai principi di concorrenza ed apertura al libero
mercato. Se l’immagine dello Stato sociale è ancor oggi saldamente ancorata nei principi solidaristici della Costituzione, l’affermazione della libera concorrenza trova diretto aggancio nel
diritto comunitario. Ed il primato del diritto comunitario fa sı̀
che la sua influenza sul comportamento delle strutture pubbliche e sulla tutela dei diritti dei singoli si attui con particolare efficacia in settori nevralgici dell’ordinamento nazionale (17).
Il ruolo dello Stato e degli altri enti ed i margini di intervento nella cura degli interessi pubblici sono oggetto, da circa
un decennio, di un processo di inesorabile ridimensionamento:
la privatizzazione nell’erogazione dei servizi pubblici (18), l’affermazione della libera concorrenza e l’apertura al mercato di
(17) Cfr. S. CASSESE, Diritto amministrativo comunitario e diritti amministrativi nazionali,
in M.P. CHITI-G. GRECO, Trattato di diritto amministrativo europeo, Milano 1997, p. 3; ID., L’influenza del diritto amministrativo comunitario sui diritti amministrativi nazionali, in Riv. it. dir.
pubbl. com., 1993, p. 329.
(18) Cfr. L. MUSSELLI, Direttive comunitarie e creazione amministrativa di un mercato nei
servizi pubblici, in Dir. amm., 1998, 79 e ss.
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tali settori sono inequivoci segnali della ritrazione della presenza
pubblica (19).
Ciò dal punto di vista soggettivo. Dal punto di vista oggettivo, della qualità e quantità delle regole, questo fenomeno implica quello, strettamente connesso, della deregolamentazione,
con la progressiva estensione degli spazi sottratti alla puntuale
disciplina (di tipo « interventista ») di leggi e regolamenti; nonché quello della semplificazione normativa che ne costituisce
strategia decisiva.
Il sistema delle fonti, il ruolo della legge, la sua forza ed il
suo valore sono stati, del pari, profondamente modificati rispetto all’avvento della Costituzione repubblicana, soprattutto a
causa della progressiva integrazione dell’ordinamento nazionale
in quello comunitario. A parte il fenomeno della disapplicazione
per contrasto con la norma comunitaria, il ruolo primario della
legge, sul piano costituzionale interno, è stato scosso dall’affermazione di nuovi principi: quello che riconosce che una direttiva
comunitaria possa tener luogo della legge per la copertura di
una riserva (relativa) di legge sancita dalla Costituzione, stabilendo i criteri e principi cui deve attenersi la fonte normativa subordinata (20); nonché quello secondo cui la medesima direttiva
concorre a costituire il fondamento legislativo che vincola e dirige il potere normativo del Governo, incidendo direttamente
sull’estensione del principio di legalità (21).
Queste considerazioni incrinano la sovranità dell’atto legislativo e la sua dichiarata attitudine ad assumere ogni contenuto,
nel presupposto che il suo valore e la sua forza provengano
esclusivamente dal regime formale cui è sottoposto.
(19) Per la nozione di privatizzazione cfr. M. CLARICH, Privatizzazioni, in Digesto delle
disc. pubbl., vol. XI, p. 568. Sui più recenti sviluppi del fenomeno della privatizzazione e sui riflessi immediati sulla nozione di pubblico interesse, con ampi riferimenti dottrinali, cfr. S. GIACo
CHETTI, Privatizzazioni: la nuova frontiera dell’interesse pubblico, relazione tenuta al 45 Convegno
nazionale di studi amministrativi svoltosi a Varenna sul tema « Interessi pubblici nella disciplina
delle public companies. Enti privatizzati e controlli », in Cons. Stato, 1999, II, p. 1379.
(20) Cfr. Corte Cost. 27 novembre 1998, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1999, p. 251, e p. 864,
con nota di G. GRECO, Riserva relativa di legge e criteri (impliciti) desunti dalla normativa comunitaria: il caso del numero chiuso alla Facoltà di Medicina.
(21) Cfr. Corte Cost. 10 novembre 1999, n. 425.
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La funzione di garanzia che il giudizio di costituzionalità
avrebbe dovuto assumere rispetto al contenuto delle leggi formali, per altro verso, non sembra che abbia seguito gli auspici
formulati in dottrina.
Il sindacato della Corte Costituzionale non solo non si è
conformato ai tratti del giudizio amministrativo, soprattutto
sotto l’angolo visuale della verifica dell’eccesso di potere, ma si
è spesso risolto in un mero controllo esterno sulla ragionevolezza
della legge-provvedimento (22); con l’aggravante che il processo
amministrativo si è, per contro, evoluto nel senso di un controllo
sempre più penetrante sulla legittimità dell’azione amministrativa, nella forma della giurisdizione di diritto soggettivo (23), al
punto da incentrarsi nell’accertamento dell’intero rapporto controverso, secondo le forme, ormai quasi prevalenti, della c.d.
giurisdizione esclusiva. Il distacco tra i due processi, sul terreno
dell’accertamento del rapporto e del controllo della discrezionalità, lungi dal ridursi si è, dunque, accentuato. Non è casuale che
un acuto studioso, perplesso sull’idoneità del giudizio di costituzionalità ad arginare il fenomeno, ha affermato che « ... per introdurre nell’ordinamento italiano un privilegio basta essere in
due: Parlamento e Corte Costituzionale » (24).
I limiti del controllo di costituzionalità rispetto alle esigenze
di tempestiva protezione giurisdizionale dei diritti ed interessi
incisi dalla legge-provvedimento, inoltre, sono comprovati dal
rilievo assunto dal principio di effettività della tutela giurisdizionale dei diritti comunitari, a più riprese sancito dalla Corte di
(22) Cfr. D. VAIANO, op. cit., p. 56 e ss. Cfr. anche G. MORBIDELLI, Piano territoriale, in
Enc. Dir., XXXIII, Milano, 1983, p. 723.
(23) Cfr. CAIANIELLO, Manuale diritto processuale amministrativo, Torino, 1994, p. 127.
Cfr. anche M. CLARICH, La giustizia amministrativa, in Trattato di diritto amministrativo a cura di
S. Cassese, Milano, 2000, p. 1773, che sottolinea come è da tempo entrata in crisi la visione tradizionale del processo amministrativo nel quale « campeggia » l’atto amministrativo e si è fatta
strada una concezione del processo finalizzata alla conformazione del modo di esercizio del potere e alla disciplina dell’assetto degli interessi e del rapporto giuridico tra cittadino e pubblica
amministrazione. Cfr. altresı̀ F.G. SCOCA, Modello tradizionale e trasformazioni del processo amministrativo dopo il primo decennio di attività dei Tribunali amministrativi regionali, in Dir. proc.
amm., 1985, 253.
(24) Cfr. L. PALADIN, La legge come norma e come provvedimento, cit., p. 895.
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FORMAZIONE DELLA LEGGE-PROVVEDIMENTO
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Giustizia C.E. e del quale si dirà più avanti. A testimonianza che
l’influenza comunitaria accomuna alla liberalizzazione del mercato la costante attenzione per la tutela dei diritti fondamentali
della persona (25).
Il quadro d’insieme, in sintesi, rende ragione dei nuovi
orientamenti giurisprudenziali ed è foriero di nuove incertezze
applicative. Pur consapevole della difficoltà del compito, l’interprete è chiamato allo studio degli elementi di novità ed a verificarne gli sviluppi applicativi.
4. L’impugnabilità di atti amministrativi anteriori alla leggeprovvedimento.
Si torna, pertanto, all’esame del procedimento di formazione
della legge-provvedimento, con particolare attenzione alla possibilità che nel suo corso vengano emanati atti amministrativi immediatamente lesivi di posizioni soggettive, al dubbio se essi
possano essere direttamente impugnati davanti al giudice amministrativo e se tale impugnazione possa sortire utili effetti anche
nel caso in cui venga poi approvata la legge finale. La ricerca di
margini effettivi di tutela giurisdizionale davanti a tale giudice,
se avesse esiti positivi, potrebbe ridimensionare il problema
della legittimità di alcune leggi-provvedimento e potrebbe far
luce sui corretti rapporti da stabilire tra i valori costituzionali in
gioco.
Dapprima si esamina il caso in cui la determinazione amministrativa anteriore alla legge si assume lesiva di un interesse sostanziale, non collegato a garanzie di stampo strettamente procedimentale; e nel discorso si utilizzerà, quale esempio di riferimento, quello della legge-provvedimento di approvazione e, ancor più diffusamente, quello della legge che approva un piano
(25) GIACCHETTI, Privatizzazioni..., cit., ritiene che mercato e welfare non siano due termini incompatibili, ma entrambi riconducibili al valore della « libertà sociale » fondata sui principi costituzionali di solidarietà ed eguaglianza sanciti dall’art. 2 Cost. ed alla concezione comunitaria di ampio respiro « del dopo Maastricht ».
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116
FABIO CINTIOLI
urbanistico (26). Più avanti sarà considerata l’ipotesi della violazione di norme procedimentali o di istituti partecipativi, con
specifico riguardo al principio del « giusto procedimento ».
L’idea che gli atti amministrativi pronunciati nella fase preparatoria possano essere direttamente impugnati davanti al giudice amministrativo costituisce il punto di partenza del ragionamento della Corte in una delle decisioni prima citate (27).
L’impugnabilità immediata del « progetto di piano », cui si
collega la misura di salvaguardia, è stata sostenuta anche in dottrina, postulandosi che l’accoglimento del ricorso avrebbe l’effetto di bloccare il procedimento legislativo (28). Il motivo che
sorregge questa opinione è, intuitivamente, collegato all’osservanza della garanzia costituzionale del diritto di difesa e tutela
degli interessi pregiudicati dall’amministrazione.
La soluzione favorevole all’impugnazione immediata dell’atto ha nondimeno suscitato alcune perplessità. Esse derivano
dalla percezione che l’adozione del piano (e, più in generale,
ogni atto amministrativo strumentale pronunciato nella formazione della legge-provvedimento) è funzionalmente destinata a
saldarsi con l’approvazione legislativa e che gli effetti di questa
fase finale sono necessariamente assorbenti di quella precedente.
L’apertura alla proposizione di un ricorso giurisdizionale anteriore alla legge-provvedimento potrebbe risultare insanabilmente
in contraddizione con l’esito del procedimento di approvazione
e, soprattutto, richiedere spazi attuativi non compatibili con la
necessaria e stretta correlazione tra la qualifica formale dell’atto
(26) Sui dubbi di inquadramento della legge di approvazione del piano urbanistico come
legge-provvedimento, cfr. A. PREDIERI, Pianificazione e costituzione, Milano, 1963, p. 284.
(27) Nelle citate sentenze nn. 225 e 226 del 1999, dopo aver qualificato il procedimento
di adozione del piano urbanistico come appartenente al genus dei procedimenti amministrativi,
il giudice costituzionale non dubita che sia necessario offrire al destinatario gli strumenti ordinari per la tutela delle sue posizioni soggettive. L’adozione del piano produce effetti immediati,
per via delle misure di salvaguardia, e può, ancor prima dell’approvazione legislativa, incidere in
modo ancor più penetrante sulla posizione di colui che ad es. abbia sofferto, proprio a causa di
essa, il diniego della concessione edilizia.
(28) Cfr. G. MORBIDELLI, Piano territoriale, cit., p. 725; A. FRANCO, Leggi provvedimento,
principi generali dell’ordinamento..., cit., p. 1083 e ss., anche per ulteriori riferimenti di dottrina.
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ed il suo regime giuridico. In breve, l’esercizio dell’azione di impugnazione non potrebbe in nessun caso svuotare di contenuto
la legge finale, che, una volta approvata, produce un effetto autosufficiente e soprattutto non suscettibile di essere posto in discussione da altro giudice che non sia la Corte Costituzionale.
L’ipotesi dell’impugnazione tempestiva dell’atto amministrativo finirebbe, cosı̀, per rivelarsi in conflitto con inderogabili
principi di rango costituzionale ovvero per restare priva di effetto (29): se si ritenesse che la sentenza di annullamento può prevalere rispetto alla futura legge di approvazione del piano, si
perverrebbe a reintrodurre una fattispecie di legge in senso meramente formale, priva di « valore di legge », che può persino
essere disapplicata da parte dello stesso giudice che l’ha pronunciata; se, invece, si attribuisse prevalenza assorbente alla posteriore legge di approvazione, la garanzia giurisdizionale resterebbe, di per sé, svuotata di contenuto.
Il ragionamento appare coerente con l’opinione secondo cui
il vizio dell’atto di proposta poi approvato con legge si traduce
necessariamente in vizio della legge di approvazione (30). Sicché
ogni doglianza si incentra su quest’ultima, risolvendosi necessariamente nel giudizio di legittimità costituzionale.
Tuttavia, a parte la questione delle conseguenze ultime dell’impugnazione, se si negasse radicalmente la proponibilità del
ricorso avverso l’atto amministrativo immediatamente lesivo, gli
effetti di questo sarebbero destinati a consolidarsi per effetto
della sopravvenuta sua inoppugnabilità. Il punto di partenza è
che l’Amministrazione abbia adottato determinazioni compiute
sotto il profilo dell’attitudine a compromettere situazioni soggettive e l’ordinamento non offre appigli per sostenere che possa
aversi un differimento del termine di decadenza. Se la decadenza
si verificasse, il controllo giurisdizionale sulla fattispecie (e, segnatamente, quello sulla legge-provvedimento) non potrebbe
neppure essere più espletato davanti al giudice delle leggi, per
(29) Cfr. G.U. RESCIGNO, Rinasce la distinzione-opposizione..., cit., p. 2017 e ss.
(30) Cfr. C. MORTATI, Le leggi provvedimento, cit., p. 24 e ss.
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FABIO CINTIOLI
difetto di rilevanza della questione in confronto di una domanda
giudiziale comunque inammissibile.
La ricerca di un punto di equilibrio tra gli opposti valori costituzionali in gioco non può risolversi nella completa soccombenza del diritto di difesa e della garanzia del ricorso giurisdizionale contro tutti gli atti dell’Amministrazione. Per tale ragione, al quesito iniziale sulla concreta possibilità dell’impugnazione immediata deve darsi risposta favorevole.
Le segnalate controindicazioni, oltretutto, in linea di massima non sono rimovibili supponendo che al privato sia concesso di impugnare l’atto lesivo, al solo scopo di far valere l’illegittimità costituzionale della legge-madre, ossia di quella
legge che, a sua volta, ha previsto e regolato il procedimento
da concludere con l’emanazione della legge-provvedimento. A
parte la dubbia efficacia del rimedio, questa possibilità è comunque condizionata dalla ricorrenza di particolari circostanze, richiede che la legge-provvedimento abbia carattere
esecutivo (e che, dunque, vi sia una legge-figlia in rapporto
con una legge-madre) e postula un coordinamento normativo
tra atto interno e legge-provvedimento finale utile a sollevare
la questione di costituzionalità.
5. I poteri di accertamento e di giudizio del giudice amministrativo.
La più rilevante indicazione che proviene dai nuovi orientamenti del giudice costituzionale è quella che ammette, in linea di
principio, la coesistenza di due dati tradizionalmente ritenuti incompatibili: da una parte la tutela giurisdizionale del g.a. sull’atto presupposto con effetto esterno; dall’altra parte la concorrente vigenza della legge-provvedimento, contrassegnata, entro
certi limiti, anche dalla conservazione del « valore di legge ».
Si è visto che la chiave di soluzione del problema non è stata
quella di interpretare riduttivamente, in linea con i precedenti,
l’art. 113 Cost., ponendo al di fuori del suo ambito di influenza
la legge-provvedimento, né quella di ritenerla illegittima per
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contrasto con siffatto parametro costituzionale. Si sono invece
salvaguardate le garanzie di tutela riservando al giudice amministrativo la possibilità di un accertamento concorrente rispetto al
sopravvento della legge.
L’indagine ricostruttiva, pur nei limiti del presente lavoro,
non può arrestarsi alla valutazione dei casi concreti, ma si spinge
ad elaborare ipotesi per un verso più esaurienti e per altro verso
espressive di canoni di interpretazione più generali.
Una volta riconosciuto al destinatario dell’atto il potere di
impugnarlo tempestivamente davanti al giudice, ci si interroga
sulla sorte del giudizio rispetto alle successive fasi del procedimento legislativo ed, in special modo, rispetto alla fase finale di
approvazione della legge. Ed in primo luogo l’interrogativo si
appunta sulla soluzione opposta a quella esaminata nel precedente paragrafo; ossia l’ipotesi che, sulla base di una contrapposizione netta tra funzione giurisdizionale e funzione legislativa
sopravvenuta, assegna prevalenza alla prima, assumendo che
l’autonomia costituzionale della funzione di giurisdizione non
consente che l’attivazione del processo possa in alcun modo essere condizionata dall’adozione di una legge.
Si è già richiamata la tesi secondo cui l’annullamento dell’atto di adozione del piano da parte del giudice avrebbe l’effetto
di bloccare il procedimento legislativo di approvazione, poiché
verrebbe a mancare il presupposto dell’iniziativa legislativa dell’organo competente, in tal caso coincidente, per l’appunto, con
un efficace provvedimento amministrativo.
Si rinvia, altresı̀, al principio, in più occasioni affermato dal
giudice costituzionale, secondo cui l’ammissibilità di leggi aventi
un contenuto concreto e particolare incontra un limite specifico
anche nel rispetto della funzione giurisdizionale in ordine alla decisione delle cause in corso (31). Individuare l’ostacolo nell’esercizio dell’azione anziché nel giudicato avrebbe il significato di
stabilire un ordine di assoluta priorità del processo rispetto alla
funzione legislativa che voglia sostituirsi all’atto amministrativo.
(31)
Cfr. le sentenze citate alla precedente nota 11.
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FABIO CINTIOLI
Ne risulterebbe che la pendenza del giudizio arresta necessariamente l’esercizio del potere legislativo. Anche se, stando all’intera motivazione della Corte, il principio appare sostenuto solo
in funzione rafforzativa di altri argomenti logici e non ha avuto
mai sviluppi tali da guidare all’illegittimità costituzionale della
legge.
L’equilibrio tra i valori che si contendono il campo, se rende
inaccettabile il diniego di immediata giustizia, non può neppure
coincidere con l’assoluta prevalenza delle esigenze di garanzia
giurisdizionale.
L’arresto del procedimento legislativo può essere anzitutto
un effetto eccedente le concrete ragioni di tutela processuale, le
quali possono riguardare uno o più aspetti circoscritti del piano
urbanistico. Anche perché, come si dirà tra breve, non è escluso
che il conflitto si riveli solo apparente e che possano ritagliarsi
sufficienti margini per l’esercizio della giurisdizione, pur nella
prosecuzione del procedimento di formazione della legge. Inoltre, il quadro costituzionale, secondo l’interpretazione dominante che non sembra possa essere scalfita, riconosce alla funzione legislativa, che sia rispondente alle forme ed alle competenze previste, una forza ed un regime giuridico che non sono
del tutto compromessi ogniqualvolta, nell’esempio proposto,
venga iniziato un giudizio di impugnazione di un atto amministrativo presupposto.
Il profilo in esame finisce per interferire con la complessa
tematica dei limiti di retroattività della legge e dei rapporti tra
leggi di sanatoria e precedenti statuizioni giurisprudenziali (32).
Si rimarca, comunque, che, nel caso di specie, il limite che si
suppone derivi dall’ordinamento giudiziario è quello che con-
(32) Sulle leggi di sanatoria, cfr. TARCHI, Le leggi di sanatoria nella teoria del diritto intertemporale, Milano 1990. In giurisprudenza, oltre alla citata Corte Cost. 3 giugno 1998, n. 211, in
Giur. cost., 1998, p. 1633, con nota di N. ZANON, La legge di sanatoria non è onnipotente..., cit.,
si rinvia, anche per un’ampia rassegna della giurisprudenza costituzionale, a Corte Cost. 5 febbraio 1999, n. 14, in Giur. cost., 1999, p. 116, ed alla nota di commento di A. CELOTTO, Il controllo sulle leggi di sanatoria: « schemi » di giudizio di uno scrutinio « particolarmente » rigoroso.
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cerne in modo peculiare le leggi a contenuto particolare e concreto (33).
Se ciò vale a separare il problema in oggetto da quello della
legge retroattiva ed interpretativa, non è pure sufficiente a configurare la mera pendenza del giudizio alla stregua di automatico
impedimento all’approvazione della legge in luogo di provvedimento. Il limite oltre cui sono violati i corretti rapporti tra potere legislativo e potere giurisdizionale sembra, piuttosto, quello
dell’interferenza diretta della legge sul giudicato. Ciò non solo a
causa dell’intangibilità del giudicato, che ben si presta a rappresentare il confine dell’autonomia costituzionale dell’ordinamento
giudiziario; ma anche perché l’attitudine di una legge ad incidere
su uno o più giudicati rivela il suo scopo concreto, eccedente la
funzione normativa, e consistente nell’inammissibile « correzione » dell’attività giurisdizionale (34).
Negare la massima espansione al principio che impone alla
legge-provvedimento di rispettare la funzione giurisdizionale in
ordine alla decisione delle cause in corso non significa, però, svuotarlo di ogni contenuto. Esso può avere utili conseguenze in duplice direzione: verso il legislatore e verso il giudice costituzionale. Il primo non deve ignorare il dato della pendenza del giudizio nel modulare le sue scelte finali. Il secondo può avvalersene per sindacare la ragionevolezza della legge-provvedimento
alla luce del rapporto con l’autonomia della funzione giurisdizionale, ponendo la « premessa per un più penetrante controllo da
parte della Corte, che consenta al singolo di recuperare nel giudizio di costituzionalità le garanzie giurisdizionali (eventualmente)
perdute in sede di giurisdizione amministrativa » (35).
(33) Cfr. Corte Cost. 27 luglio 2000, n. 374, secondo cui, quando la legge ha contenuto
generale ed astratto, la disposizione che voglia imporre all’interprete un determinato significato
normativo opera comunque sul piano delle fonti e non tocca la potestà di giudicare, ma precisa
solo la regola astratta ed il modello di decisione cui l’esercizio della potestà di giudicare deve attenersi.
(34) Cfr. ancora la sentenza della Corte Cost. n. 374 del 2000.
(35) Cfr. F. SORRENTINO, Garanzia giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi e leggi-provvedimento, cit., p. 2774.
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5.1.
FABIO CINTIOLI
Segue: la tutela giurisdizionale « concorrente » con l’approvazione della legge.
Dal momento che l’esercizio dell’azione non impedisce l’ulteriore corso del procedimento legislativo, si torna all’ipotesi di
lavoro che, sia pure in via di interpretazione, si è desunta dalle
decisioni del giudice delle leggi: che vi siano casi in cui il giudizio davanti al giudice amministrativo può proseguire e concludersi anche in concorso con la sopravvenienza della legge-provvedimento. In un quadro d’insieme che rivela l’utilità della sentenza sia per orientare le determinazioni finali del legislatore sia
per la regolazione diretta di aspetti della fattispecie comunque
non toccati dall’efficacia di legge.
E
v compito dell’interprete ipotizzare fattispecie in cui, senza
mettere in discussione il « valore di legge », si realizza una tutela
giurisdizionale effettiva sulla pretesa. Non è comunque possibile,
in questa sede, enumerarli specificamente, ma solo provare a descriverne le linee essenziali.
In primo luogo, il netto distacco tra il procedimento di adozione ed il procedimento di approvazione della legge si collega
alla peculiare valutazione del titolare del potere legislativo: una
valutazione di natura politica e non solo giuridica dell’atto da
approvarsi. L’ampiezza della delibazione finale, capace di abbracciare ogni determinazione nonché significato ed obiettivi del
piano, può estendersi fino a misurare il rapporto che corre tra la
singola previsione contrastata in giudizio ed il resto del piano
urbanistico. Ciò potrebbe rivelare non solo la diversità qualitativa che caratterizza il procedimento di adozione e quello di approvazione, ma anche la non coincidenza, sul piano quantitativo,
tra la questione sottoposta al giudice amministrativo e l’insieme
delle prescrizioni del piano. Si può pensare, dunque, ad una approvazione che non sia estesa a tutte le previsioni del piano o
che non si allinei con alcune interpretazioni ed applicazioni (che
ben possono assumersi errate) che le misure di salvaguardia
hanno ricevuto a seguito dell’adozione. Senza trascurare, poi, la
possibilità che nella fase di approvazione si voglia rimediare ad
eventuali vizi della procedura, specie sotto il profilo del difetto
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di partecipazione e contraddittorio; dei quali, comunque, si dirà
più avanti.
Molto dipenderà dalla casistica e dai margini di elasticità che
il legislatore avrà affidato alla legge-provvedimento nel suo testo
definitivo, al coordinamento che, anche sul piano letterale, si instaura tra la legge-provvedimento e gli atti anteriori, ivi compresi
quelli già impugnati, ed al nucleo precettivo che alla stessa legge-provvedimento si vorrà infine riconoscere.
All’obiezione che l’approvazione della legge ha un effetto
necessariamente assorbente di ogni eventuale vizio della fase
precedente, può obiettarsi che nel caso in esame tra l’atto adottato e quello approvato non corre un rapporto identico a quello
concernente la legge di approvazione nel suo schema classico.
Tale schema, invero, anche nel pensiero di chi lo sottrae alla
funzione di controllo per affidare all’organo approvante una
scelta politica autosufficiente e discrezionale, non postula mai
alcuna soluzione di continuità nell’unitarietà della fattispecie; e
soprattutto non ammette la produzione di effetti anticipati rispetto all’approvazione (36).
Nell’esempio proposto, invece, l’adozione dell’atto produce
effetti immediati e capaci di provocare la diretta lesione di posizioni soggettive. Questa diversità suggerisce di costruire con
maggiore « elasticità » i rapporti tra le due fasi, confortando
l’idea di fondo di un possibile « adattamento » dell’approvazione della legge alle esigenze emerse nel processo nelle more
instauratosi.
Per raggiungere questo risultato sono indispensabili due presupposti di fondo: un giudizio amministrativo rivolto all’accertamento del rapporto controverso e capace di rivelare la pretesa
nella sua identità sostanziale; un procedimento di approvazione
della legge suscettibile di recepirne le indicazioni e di apportare
ogni opportuna correzione.
(36) L’approvazione è la scelta politica con cui il titolare della potestà legislativa assume
l’intero atto adottato dall’organo proponente ed è per questo che si suppone che ogni vizio della
fase di adozione si traduce necessariamente (e solamente) in vizio dell’approvazione finale. In argomento si rinvia ancora a MORTATI, Le leggi provvedimento, cit., p. 24 e ss.
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FABIO CINTIOLI
Il primo presupposto può dirsi senz’altro acquisito.
Il processo amministrativo ha assunto, per via della prassi
giurisprudenziale e delle successive riforme, i tratti qualificanti
della giurisdizione di diritto soggettivo e si incentra nell’accertamento del rapporto controverso. Il parametro di riferimento del
giudice non è la legittimità dell’atto impugnato, ma la pretesa
dedotta in giudizio, per la quale si pone un problema di reale
satisfattività del giudicato (37). La recente legge di riforma del
processo amministrativo e la consacrazione della nuova giurisdizione esclusiva (38) chiudono, pertanto, un circolo virtuoso del
legislatore ed accolgono le sollecitazioni della dottrina e della
stessa giurisprudenza amministrativa; quest’ultima sempre più
propensa a giudicare direttamente sul rapporto controverso, con
cognizione piena (39).
Il secondo presupposto prospetta dubbi e difficoltà certamente superiori.
Profonde sono, infatti, le modificazioni che il procedimento
di approvazione legislativa dovrebbe subire per realizzare gli
obiettivi indicati (40). Modificazioni necessarie, segnatamente,
perché sia possibile quanto segue: che l’accertamento del rapporto controverso da parte del giudice amministrativo resti contenuto entro margini tali da non intaccare il « valore di legge »
della legge-provvedimento; che l’approvazione finale di essa sia
(37) Cfr. CAIANIELLO, Manuale..., cit., p. 462 e ss.
(38) Per i primi commenti sulla giurisdizione esclusiva prevista dagli artt. 33 e 34 del
d.lgs. n. 80 del 1998, cfr. AA.VV., Nuova giurisdizione del giudice amministrativo, in Quaderni del
Consiglio di Stato, Torino, 2000.
(39) In termini generali cfr. E. CASETTA, Le trasformazioni del processo amministrativo, in
Riv. it. dir. pubbl. com., 1999, p. 689.
(40) Sull’ampiezza della cognizione del giudice costituzionale, sull’oggetto del giudizio e
sulla portata dei mezzi istruttori, cfr., oltre a MORTATI, Le leggi provvedimento, cit., p. 155 e ss.:
R. CHIEPPA, Leggi-provvedimento e giudicato ipotetico della Corte Costituzionale, in Giur. cost.,
1961, p. 1362, e lo stesso autore in Giur. cost., 1957, p. 1224; A.A. CERVATI, Il sindacato della
Corte Costituzionale sui decreti legislativi-provvedimento, in Giur. cost., 1961, p. 1156; T. GROPPI,
I poteri istruttori della Corte Costituzionale nel giudizio sulle leggi, Milano, 1997, p. 225; G. AZZARITI, Corte Costituzionale e autorità giudiziaria (del giudice costituzionale come giudice), in La
Corte Costituzionale nel sistema istituzionale, interventi sul processo costituzionale coordinati da
R. ROMBOLI, in Foro it., 2000, V, c. 33 e ss.
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modulata in maniera da tener conto dell’oggetto del giudizio in
corso e delle correlate esigenze individuali; che il testo finale illustri la portata concreta delle prescrizioni legislative ed il loro
ambito di incidenza.
E
v opportuno aprire, in proposito, una breve parentesi.
Fin dall’inizio del dibattito, l’attenzione degli studiosi (soprattutto di quelli favorevoli alla legittimità della legge-provvedimento) si è posta, oltre che sui requisiti e sulla sufficienza del
controllo esercitato dalla Corte Costituzionale, sul modello procedimentale e sulla struttura che la legge-provvedimento è tenuta ad osservare (41). L’adeguamento della legge all’atto amministrativo, sia sul piano delle garanzie del contraddittorio, sia su
quello della motivazione, è stato addirittura concepito come doveroso e condicio sine qua non della legittimità costituzionale
dell’istituto.
Queste sollecitazioni, però, non sono state seguite nel corso
degli anni (42) e non si è forgiata una « specialità » del procedimento di approvazione di quella legge, di contenuto particolare
e concreto, che si sostituisce funzionalmente all’atto amministrativo (43). Ne è derivato un distacco tra procedimento di formazione dell’atto amministrativo e procedimento di formazione
della legge-provvedimento che non solo conserva la misura originaria, ma si è ampliato notevolmente. Ciò a causa della parallela definitiva trasformazione del modello generale di azione amministrativa, ormai saldamente ancorato alla legge sul procedimento.
Il tramonto della funzione amministrativa espressa con decisioni unilaterali e maturate nel segreto delle stanze del potere
pubblico si accompagna all’affermazione di un metodo di formazione democratica e trasparente del provvedimento. L’idonea
sua collocazione nell’alveo del procedimento garantisce la partecipazione degli interessati, il rispetto del contraddittorio e la
(41) Valga, ancora una volta, il richiamo a MORTATI, op. cit., p. 125 e ss.
(42) Sulla « differenza logica » tra procedimento legislativo e procedimento amministrativo, cfr. R. DICKMANN, Procedimento legislativo e coordinamento delle fonti, Padova, 1999, p. 156.
(43) Cfr. D. VAIANO, op. cit., p. 80 e ss.
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FABIO CINTIOLI
coerenza dei dati istruttori con la motivazione dell’atto finale (44). Il principio del giusto procedimento e la concezione per
cui l’imparzialità ed il buon andamento della P.A. si attuano
coerentemente grazie al metodo democratico di partecipazione
procedimentale divengono oggi un tratto indefettibile del sistema di amministrazione e non costituiscono più una mera tendenza interpretativa.
Colmare questo distacco, almeno in parte, pare tuttavia indispensabile per garantire la convivenza di funzione giurisdizionale ed amministrativa.
Se la legge-provvedimento si avvicinasse ad uno schema che
consente la partecipazione degli interessati e fosse munita di
congrua motivazione (45), il potere interpretativo del giudice davanti a cui sia stato impugnato l’atto presupposto potrebbe essere esercitato con maggiore efficacia. Gli esiti dell’audizione
degli interessati, la disponibilità di ampio materiale istruttorio e
la diretta conoscenza della motivazione consentirebbe di accertare se il contenuto ed il « valore » della legge-provvedimento si
estendono fino ad assorbire la questione rimessa al sindacato
giurisdizionale o se possa residuare lo spazio per un giudizio autosufficiente, ossia utilmente espletabile senza porre in discussione la legittimità costituzionale, la forza ed il valore della legge-provvedimento.
Se, invece, la legge-provvedimento non rispettasse questi requisiti, il compito del giudice sarebbe certamente più arduo. E
ciò non solo rischia di precludere quell’accertamento autonomo
che il giudice costituzionale ha prefigurato, ma acuisce il contrasto tra funzione di giurisdizione e funzione legislativa.
La sovrapposizione integrale di una legge non motivata avrà
la conseguenza di rimarcare (ancor più di quanto non sarebbe
accaduto se il giudizio non fosse stato promosso) che essa vuole
surrettiziamente sostituirsi al provvedimento senza rispettarne i
(44)
legittimità,
(45)
trollo sulle
Cfr. A. ROMANO TASSONE, Motivazione dei provvedimenti amministrativi e sindacato di
Milano, 1987.
Per ampi riferimento dottrinali sulla motivazione della legge, cfr. CELOTTO, Il conleggi di sanatoria..., cit., p. 133, nota 32.
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requisiti e presupposti indefettibili e senza attivarne i meccanismi minimi di garanzia. Emergerà ictu oculi che la coerenza dell’ordinamento impone di estendere tali requisiti ad ogni fattispecie che ne ripeta i caratteri sostanziali e teleologici; e che non è
giustificabile la convivenza di due sistemi di amministrazione:
l’uno informato ai più moderni principi dell’azione amministrativa; l’altro ad essi assolutamente estraneo e camuffato sotto l’apparenza di legge.
Il conflitto tra funzione giurisdizionale in corso e legge sopravvenuta ripropone, con maggiore possibilità di successo, il
dubbio che l’approvazione della legge-provvedimento incontri
un limite difficilmente sormontabile proprio nella pendenza del
giudizio sull’atto presupposto. Qui non solo la legge si suppone
incida sul giudizio in corso, ma viene approvata senza valutazione diretta dell’oggetto e delle possibili conseguenze di tale
giudizio. La carenza di garanzie partecipative ed il deficit strutturale del procedimento legislativo si collegano al valore costituzionale di autonomia della funzione giurisdizionale e possono risolversi, se non nella diretta violazione dell’art. 113 Cost., in un
indice di irragionevolezza della legge, che la Corte Costituzionale potrebbe accertare senza eccessive difficoltà. E che, peraltro, sarebbe uno svolgimento logico dell’indirizzo recentemente
inaugurato dallo stesso giudice delle leggi.
Gli spazi di autonomo accertamento del giudice amministrativo, infine, possono anche svolgersi sul terreno della tutela risarcitoria.
Il tema è indubbiamente delicato (46) e non si presta ad es-
(46) Cfr. G. ABBAMONTE, L’affermazione legislativa e giurisprudenziale della risarcibilità del
danno derivante derivante dall’esercizio illegittimo della funzione amministrativa. Profili sostanziali
e processuali, in Cons. Stato, 2000, II, p. 743 e ss. Sui problemi che riguardano la giurisdizione
del giudice amministrativo sul risarcimento del danno come introdotta inizialmente dall’art. 35
del d.lgs. n. 80 del 1998 cfr. FOLLIERI, Il risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi
alla luce del d.lgs. n. 80/98, in Riv. dir. priv., 1998, p. 476; BARBAGALLO, Il nuovo riparto di giurisdizione: una scelta coerente, in Corr. giur., 1998, 12, p. 1471 e ss.; MOSCARINI, Risarcibilità del
danno da lesione di interessi legittimi e nuovo riparto di giurisdizione, in Dir. proc. amm., 1998, p.
816. Per un riepilogo generale della dottrina e della giurisprudenza in materia di risarcimento
dell’interesse legittimo e per un commento all’art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, che, no-
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sere qui svolto in tutte le sue implicazioni: il traguardo della risarcibilità dell’interesse legittimo è stato raggiunto solo da breve
tempo e le norme che assegnano al giudice amministrativo nuovi
strumenti processuali di accertamento dell’illecito e di condanna
dell’amministrazione sono ancora oggetto delle prime verifiche
applicative.
Ci si limita, quindi, a porre in luce l’effetto tendenzialmente
non retroattivo della legge-provvedimento che sopravvenga in
corso di giudizio. Se, invero, la clausola di retroattività non è
espressamente inserita, l’effetto di approvazione non retroagisce
alla data di adozione dell’atto. E
v pur vero che si ritiene che l’approvazione si salda interamente alla proposta e che diviene il
centro di imputazione degli effetti dell’intera fattispecie. Ma,
come già rilevato, la peculiarità della fattispecie in esame è
quella dell’anticipazione di effetti esterni, autonomamente collegati all’atto amministrativo presupposto.
La naturale irretroattività della legge fa sı̀ che il giudizio sulla
legittimità dell’atto presupposto possa completarsi in autonomia,
senza risentire le conseguenze della sopravvenuta approvazione.
Soprattutto quando l’atto legislativo si sia perfezionato senza garantire la partecipazione degli interessati, senza valutare i profili
controversi e senza motivare le scelte finali.
L’autonomia di giudizio, però, se si guarda alla tutela demolitoria, resta priva di utile effetto: l’approvazione della legge che
recepisce la determinazione impugnata è un ostacolo insuperabile e l’annullamento dell’atto amministrativo impugnato è compensato dalla sopravvenienza legislativa, salve le considerazioni
che precedono. L’esito cambia se, invece, si guarda alla tutela risarcitoria, che potrebbe per un verso garantire al danneggiato
l’opportuna riparazione del danno subito a causa di una determinazione illegittima dell’amministrazione e che, per altro verso,
vellando il predetto art. 35 del d.lgs. n. 80 del 1998, ha esteso la giurisdizione di legittimità del
giudice amministrativo a tutte le questioni relative all’eventuale risarcimento del danno, anche
attraverso la reintegrazione in forma specifica, e agli altri diritti patrimoniali consequenziali, cfr.
F. CARINGELLA, in Il nuovo processo amministrativo dopo la legge 21 luglio 2000, n. 205, a cura di
F. Caringella e M. Protto, Milano 2000.
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129
potrebbe attuarsi nel presupposto che l’approvazione della legge
non retroattiva non altera il giudizio sull’illiceità del comportamento a suo tempo assunto dall’amministrazione (47).
5.2.
Segue: la disapplicazione della legge-provvedimento per contrasto con le norme comunitarie ed il principio di effettività
della tutela giurisdizionale.
L’analisi dei poteri di accertamento per la tutela di posizioni
emerse nella formazione della legge-provvedimento non sarebbe
completo se non si richiamasse questa peculiare ipotesi di disapplicazione.
Quando la legge-provvedimento ha per oggetto una materia
regolata da norme comunitarie con effetto diretto, il giudice che
ravvisasse un contrasto di disciplina tra la prima e le seconde
dovrebbe disapplicare la legge e proseguire il processo con l’applicazione di queste. I poteri del giudice non incontrano, in
questo caso, l’ostacolo derivante dal « valore di legge » ed egli
non deve necessariamente ricorrere al giudizio della Corte Costituzionale. Il potere di disapplicazione della legge interna, per
contrasto con quella comunitaria, garantisce un controllo diffuso
e risolve ogni dubbio circa l’effettività e completezza della tutela
giurisdizionale.
Il mero richiamo al meccanismo, ormai ampiamente collaudato, della disapplicazione « comunitaria » parrebbe non apportare elementi significativi di novità. Esso, tuttavia, acquista ben
diverso valore se viene letto, non già sulla base del contenuto
sostanziale delle norme comunitarie e dell’eventuale loro conflitto con la legge-provvedimento nazionale, ma sulla base della
diretta influenza che i principi del diritto comunitario producono nell’ordinamento processuale dello Stato Membro. Ci si ri-
(47) Si pensi ancora una volta al caso in cui, in applicazione delle misure di salvaguardia,
sia stata espressamente denegata la concessione edilizia.
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ferisce, in particolare, al principio di effettività della tutela giurisdizionale dei diritti comunitari (48).
La Corte di Giustizia ha da tempo chiarito che il giudice
« ordinario » del diritto comunitario è quello nazionale e che la
cura dei diritti comunitari si attua nel processo nazionale e nel
rispetto delle sue regole (49). Si richiede, però, che la tutela giurisdizionale sia effettiva, perché non è accettabile che il primato
del diritto comunitario sia depotenziato, in concreto, per via di
norme processuali troppo blande o comunque insoddisfacenti.
Si impongono, dunque, alcune condizioni: che sia rispettato il
principio della parità giurisdizionale, nel senso che le regole processuali nazionali non devono essere meno favorevoli di quelle
concernenti i ricorsi similari di puro diritto nazionale; che, nel
rispetto del principio di efficacia della tutela, le regole nazionali
non siano tali da rendere impossibile o eccessivamente difficile
la protezione dei diritti che derivano alle persone dal diritto comunitario.
La Corte di Giustizia ha quindi attratto la regola sul diritto ad un ricorso giurisdizionale effettivo nell’orbita dei principi generali del diritto comunitario, che costituiscono parte
essenziale dell’ordinamento dell’Unione e che, come tali, si
impongono al diritto degli Stati Membri, incidendo persino
sui precetti costituzionali (salvi i principi supremi dell’ordina-
(48) Cfr., anche per gli ampi richiami di dottrina, M.P. CHITI, L’effettività della tutela giurisdizionale tra riforme nazionali e influenza del diritto comunitario, in Dir. proc. amm., 1998,
p. 499.
(49) Per l’evoluzione della giurisprudenza comunitaria, oltre al citato CHITI, L’effettività
della tutela giurisdizionale, cfr. A. TIZZANO, La tutela dei privati nei confronti degli Stati Membri
dell’Unione Europea, in Foro it., 1995, V, 13; v. anche D.U. GALLETTA, Giustizia amministrativa
italiana a diritto comunitario: problemi e prospettive di sviluppo nell’ottica di una giustizia amministrativa europea, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1999, p. 1003; R. CARANTA, Diritto comunitario e
tutela giuridica di fronte al giudice amministrativo italiano, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2000, p. 81;
ID., Tutela giurisdizionale (italiana, sotto l’influenza comunitaria), in Trattato di diritto amministrativo europeo, Milano 1997, p. 653; G. BARBAGALLO, Influenze dell’ordinamento comunitario sulla
tutela giurisdizionale, in AA.VV., Sovranazionalità Europea: posizioni soggettive e normazione, in
Quaderni del Consiglio di Stato, Torino, 2000; M. MARESCA, Principi generali di diritto comunitario sulla disciplina del processo, in Dir. un. eur., 1997, 341.
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131
mento costituzionale e la salvaguardia dei diritti fondamentali (50)) (51).
Il principio di effettività della tutela, inoltre, è stato inteso
non solo come strumento di affermazione del diritto comunitario rispetto ai diritti nazionali, ma soprattutto come aspetto fondamentale di garanzia per le situazioni dei singoli nei confronti
degli atti sia delle amministrazioni nazionali sia delle stesse istituzioni comunitarie, contribuendo a delineare un nuovo modello
di azione amministrativa.
Questi principi di derivazione comunitaria, a ben vedere, si
congiungono all’interpretazione più matura dell’art. 113 Cost.,
perché rafforzano, sul piano del diritto interno, la tendenza a
valorizzare l’essenzialità delle garanzie di tutela nei confronti
dell’Amministrazione, senza quei limiti che possano discendere
dalla qualifica formale dell’atto o da speciali prerogative concesse ad una delle parti in causa (52). La tutela della pretesa dedotta in giudizio dev’essere in ogni caso efficace, attuandosi grazie ad un controllo che il giudice esercita sull’intero rapporto
controverso, senza ostacoli alla completezza della sua cognizione
od alla gamma dei provvedimenti provvisori da utilizzare (53).
(50) Cfr. Corte Cost. 31 marzo 1994, n. 117, in Giur. cost., 1994, p. 994.
(51) L’inserimento nel corpo di regole che compongono la « Costituzione comunitaria »
del diritto ad un processo tempestivo, ad una tutela congrua, alla posizione di parità delle parti
processuali ed alla fruizione di idonei provvedimenti cautelari è coerente con le conseguenze che
discendono dalla Convenzione Europea sui diritti dell’uomo, promossa dal Consiglio d’Europa,
nell’interpretazione data dalla Corte di Strasburgo all’art. 6 ed ai principi ivi stabiliti sul « processo equo ». Al riguardo cfr. G. GRECO, L’effettività della giustizia amministrativa italiana nel
quadro del diritto europeo, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1996, p. 797.
(52) Sottolinea, con ampi richiami alla più recente dottrina processualistica, questa felice
congiunzione tra principi comunitari e principi costituzionali interni MARESCA, Principi generali
di diritto comunitario..., cit., il quale si riferisce, in linea generale, al superamento della concezione che configura le regole di diritto processuale come neutrali ed al conseguente loro asservimento ad obiettivi di ordine sostanziale. Sicché le garanzie processuali trovano una ragion
d’essere anche extraprocessuale e sono valutabili alla luce della situazione soggettiva oggetto di
esame, in una chiave fortemente influenzata dall’idea dell’effettività della tutela. Cfr. anche L.P.
COMOGLIO, Diritti fondamentali e garanzie processuali comuni nella prospettiva dell’Unione Europea, in Foro it., 1997, V, c. 153 e ss.
(53) Sia consentito rinviare a F. CINTIOLI, Gli orientamenti della Corte di Giustizia in tema
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FABIO CINTIOLI
Quanto simili contributi possano influenzare il dibattito
sulla legge-provvedimento è di agevole intuizione.
L’influenza, peraltro, non sembra sia solo apprezzabile sul
piano delle tendenze interpretative riferite agli argomenti già
noti, a favore dell’una o dell’altra tesi (54), quanto, piuttosto, sul
piano dell’eventuale applicazione diretta del principio di effettività della tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche di diritto comunitario, in omaggio alla regola generale che comprende tra le norme comunitarie vincolanti per l’ordinamento
interno anche le sentenze della Corte di Giustizia.
I rimedi processuali che l’impostazione prevalente ritiene
esperibili nei riguardi della legge-provvedimento potrebbero rivelarsi insufficienti a garantire lo standard di effettività della tutela imposto dal diritto comunitario, a causa delle diversità che
contrappongono il giudizio davanti alla Corte Costituzionale a
quello che si tiene davanti al comune giudice di diritti ed interessi. Non è qui possibile riproporre esaurientemente le tesi sostenute in dottrina a favore e contro l’efficacia del sindacato
della Corte Costituzionale e si preferisce rinviare, in proposito, a
quanto si è già detto nei precedenti paragrafi. Tuttavia, la collocazione al di sotto della soglia comunitaria delle garanzie offerte
dal giudizio costituzionale sembra confermata da almeno quattro
circostanze: la mancata previsione dell’impugnazione diretta
della legge al giudice costituzionale (55); il condizionamento del
sindacato di costituzionalità al vaglio del giudice a quo su rilevanza e non manifesta infondatezza; l’atteggiarsi dello scrutinio
di ragionevolezza ad una intensità inferiore al controllo del giudice amministrativo sull’eccesso di potere; la carenza di adeguate
misure cautelari. Il problema, si avverte, ha una portata generale
di accesso al fatto del giudice amministrativo nazionale, in AA.VV., Sovranazionalità Europea: posizioni soggettive e normazione, in Quaderni del Consiglio di Stato, Torino, 2000, p. 59.
(54) Per la possibilità che le norme comunitarie possano condizionare l’interpretazione di
nozioni di diritto interno, cfr. Corte Cost., 28 dicembre 1993, n. 466, in Riv. it. dir. pubbl. com.,
1994, p. 999.
(55) Per un’ampia rassegna dei modelli stranieri di riferimento in materia di reclamo diretto e delle prospettive di riforma, cfr. G. LAURICELLA, L’« incostituzionalità » dell’atto amministrativo, Milano, 1999, p. 127 e ss.
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e comunque eccedente quella della ristretta ipotesi di studio
presa in considerazione.
Ciò posto, la pretesa dedotta in giudizio, che si può supporre fondata su normativa comunitaria e nel contempo oggetto
delle previsioni della legge-provvedimento, potrà essere fatta valere davanti al giudice nazionale per conseguire una protezione
effettiva. Ragionevolmente, si potrebbe ritenere che l’ordinamento comunitario (e, segnatamente, il principio di effettività
della tutela giurisdizionale per i diritti comunitari) osta a che
l’ordinamento nazionale, mediante una legge di contenuto particolare e concreto, adottata in funzione esecutiva di una direttiva
(self-executing) o di un regolamento, possa ridurre sensibilmente
i contenuti della tutela processuale. L’effetto della sostituzione
della legge all’atto amministrativo esecutivo della disciplina comunitaria, consistente nel « blindare » le relative determinazioni
nel regime del « valore di legge », provocherebbe, stando all’ordinamento nazionale, le seguenti conseguenze: in primo luogo
non sarebbe concesso alcun rimedio di impugnazione diretta
della legge, diversamente da quanto è previsto per ogni comune
atto amministrativo, in contrasto con la concezione funzionale di
Pubblica Amministrazione fatta propria dal diritto comunitario,
che rifugge da qualificazioni di mera forma e che applica direttive e regolamenti sulla scorta dei caratteri sostanziali dell’autorità emanante e degli scopi che l’atto deve conseguire (56); in
secondo luogo, si condizionerebbe il sindacato sulla legittimità
dell’atto alla delibazione preventiva del giudice adito, che non
potrebbe neppure adottare misure provvisorie di sospensione
degli effetti della legge (57); in terzo luogo, qualora si pervenisse
al giudizio costituzionale, il sindacato sulla ragionevolezza della
(56) Cfr. J.A. MORENO MOLINA, Le distinte nozioni comunitarie di pubblica amministrazione, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1998, p. 561; L. TORCHIA, Diritto amministrativo nazionale e diritto comunitario: sviluppi recenti del processo di ibridazione, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1997, p.
845; S. CASSESE, La nozione comunitaria di pubblica amministrazione, in Giorn. dir. amm., 1996,
p. 915.
(57) Per una esauriente rassegna della giurisprudenza della Corte di Giustizia C.E. sulla
tutela cautelare, cfr. CARANTA, Diritto comunitario e tutela giuridica..., cit., p. 91.
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scelta legislativa potrebbe non risultare adeguatamente penetrante.
Ne risulterebbe una ragione di contrasto con un principio
del diritto comunitario, strettamente attinente al piano processuale, che potrebbe anche giustificare la disapplicazione della
legge-provvedimento, con la peculiarità che si tratterebbe di una
disapplicazione operante logicamente prima ancora che venga
percepito il contrasto sostanziale con la norma comunitaria.
6. I limiti della tutela giurisdizionale ed il « valore di legge ».
Nelle pagine precedenti si è dedicato ampio spazio alla ricerca dei contenuti di una giurisdizione concorrente rispetto al
divenire della funzione legislativa, nel presupposto che ciò valesse a tutelare posizioni soggettive di natura sostanziale. Ammettendo questa coincidenza di procedimenti, giurisdizionale e
legislativo, si finisce inevitabilmente per confrontarsi con l’eventualità che la legge-provvedimento, cosı̀ come risultante dall’approvazione, abbia un contenuto esplicitamente assorbente (o, se
si preferisce, « sanante ») dell’atto presupposto impugnato.
Ribadito il limite del giudicato sostanziale, la coincidenza di
contenuto tra l’atto amministrativo e la legge pone al giudice
l’alternativa tra l’applicazione della legge e la sospensione del
giudizio con la rimessione degli atti alla Corte Costituzionale.
Le citate decisioni della Corte parrebbero spingersi verso
una soluzione diversa, favorevole alla piena attuazione del sindacato giurisdizionale « ordinario », sostenendo che la legge di
mera approvazione rimane priva di oggetto e che essa non può
svolgere alcun effetto sanante sull’atto impugnato, né conferirgli
ex post il « valore di legge » (58).
La prime reazioni critiche (59) della dottrina hanno visto
riaffiorare in questo ragionamento il modello della « legge in
(58) Si tratta delle sentenze nn. 225 e 226 del 1999.
(59) Cfr. RESCIGNO, Rinasce la distinzione-opposizione..., cit., e SIMONCINI, La legge « senza
valore »..., cit.
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senso formale », contraddistinta da forma legislativa, ma non
qualificata da quel regime sostanziale di validità e di controllo
che alla legge si accompagna. Ed hanno prontamente osservato
che questa categoria è estranea all’ordinamento costituzionale
italiano, poiché esso non attribuisce alcun contenuto materiale
specifico alla funzione legislativa, né ammette che la legge possa
essere qualificata per altro aspetto che non sia quello del regime
formale di approvazione disegnato dal Costituente (60). Sicché,
quando l’aspetto formale assegni all’atto l’identità di legge, l’atto
acquista necessariamente anche il « valore legislativo », identificabile con la sua « esclusiva suscettibilità » (61) di costituire oggetto del giudizio di legittimità costituzionale.
In breve, poiché ogni atto legislativo ha « valore di legge »,
non può aversi legge privata di effetti da altri che non sia la
Corte Costituzionale. E
v questo il punto più delicato dell’intera
questione, sul quale, allo stato attuale dell’ordinamento, è difficile individuare spiragli per differenti soluzioni.
Tuttavia, la decisione della Corte, lungi dal risolversi nella
secca affermazione del carattere solo formale della legge di approvazione del piano, parrebbe iscriversi nel filone di giurisprudenza che stabilisce un preciso limite alla possibilità di emanare
leggi-provvedimento, coincidente con il necessario rispetto della
funzione giurisdizionale in ordine alla decisione delle cause in
corso. Non si dimentichi che la netta separazione tra la fase amministrativa e quella legislativa trovava rispondenza nella produzione di effetti autonomi ed immediati della prima, su cui si è
(60) Per una puntuale ricostruzione della teoria che ha considerato la forma della legge
prevalente sul contenuto e che alla forma collega la « forza di legge » e per la critica alle dottrine
sostanzialistiche della legge e della norma giuridica elaborate nell’ordinamento liberale, cfr. A.
RUGGERI, Fonti, norme, criteri ordinatori. Lezioni, Torino, 1999, p. 19. Cfr. anche MODUGNO, Legge
in generale (Diritto costituzionale), in Enc. dir., p. 888. Ampi richiami del dibattito sulla contrapposizione tra legge in senso materiale e legge in senso formale e sulla nota teoria del Laband anche in RESCIGNO, Rinasce la distinzione-opposizione..., cit., e SIMONCINI, La legge « senza valore »...,
cit. Per il superamento della funzione esclusivamente normativa della legge, cfr. altresı̀ R. IANNOTTA, Il problema del controllo preventivo di legittimità delle fonti primarie governative, Milano,
1972, p. 65.
(61) La formula è quella utilizzata da MODUGNO, Legge in generale, cit., p. 893.
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resa necessaria la tutela giurisdizionale immediata. L’anticipazione dell’effetto (62), imputabile ad un atto solo amministrativo
e non legislativo, è la prerogativa della fattispecie ed è su di essa
che la Corte ha fondato gli sviluppi della sua decisione. Il principio di fondo cui essa si riporta, ancorché non sempre in maniera esplicita, è quello della inattaccabilità delle garanzie, sicché
il limite al procedimento legislativo non è tanto l’effetto di un
arbitrario sovvertimento delle regole sulla formazione della
legge, quanto una precisa scelta nella graduazione dei valori costituzionali in gioco. L’esercizio dell’azione avrebbe, insomma,
un effetto paralizzante del procedimento legislativo (recte: di
questo tipo di procedimento), in quanto il suo svolgimento incontra l’ostacolo costituzionale dell’autonomia dell’ordinamento
giudiziario e dell’effettività della tutela giurisdizionale.
Permane, nondimeno, la già anticipata difficoltà di scalfire il
nucleo precettivo del « valore di legge », che, pur con le riserve
enunciate nei precedenti paragrafi, finisce per sottoporre la legge-provvedimento al giudizio esclusivo della Corte Costituzionale.
La devoluzione ad essa della questione di costituzionalità
riapre il tema classico della legittimità costituzionale della leggeprovvedimento, che racchiude i contributi più significativi dell’intero dibattito dottrinale.
Considerati i limiti del presente scritto, si preferisce solo
rammentare alcuni argomenti, in larga misura collegati a quanto
già detto, che paiono tutti orientati a favore della tesi dell’illegittimità costituzionale della legge-provvedimento.
Il primo argomento è stato trattato a più riprese e trae
spunto dall’opera di costante valorizzazione del diritto di difesa
e di garanzia giurisdizionale previsti dagli artt. 24 e 113 Cost.
Imperniata sulla regola dell’effettività della tutela e sulla qualificazione sostanziale del provvedimento lesivo, questa garanzia ha
assunto i tratti di un precetto costituzionale tutt’altro che recessivo rispetto a quelli sulla onnicomprensività della funzione legi-
(62)
Si rinvia a quanto riportato alla nota 14.
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slativa. Essa, del resto, si è ampiamente sviluppata nelle ricordate decisioni del giudice costituzionale, in un ideale percorso di
congiunzione con il principio comunitario dell’effettività della
tutela giurisdizionale. Il diritto comunitario, a sua volta, suggerisce l’adozione di un canone funzionale per l’interpretazione dell’atto e per la qualificazione del soggetto che lo compie, confortando l’idea che la garanzia della tutela giurisdizionale contro gli
atti della pubblica Amministrazione debba estendersi ad ogni
atto che sia strumentalmente partecipe della cura del pubblico
interesse.
In secondo luogo, il controllo « stretto » di ragionevolezza (63) sulla legge-provvedimento, richiamato dai più recenti
orientamenti del giudice costituzionale, parrebbe finalmente avvicinarsi al sindacato del giudice amministrativo sull’eccesso di
potere ed alla verifica rigorosa delle motivazioni della leggeprovvedimento. L’insegnamento di Mortati, per questo aspetto,
non solo conserva intatta la sua persuasività, ma implica soprattutto che la legge-provvedimento deve osservare un iter di approvazione consono ai valori di partecipazione democratica e
trasparenza dell’azione amministrativa. Se non rispetta questi requisiti, solo con difficoltà detta legge potrà superare lo scrutinio
di ragionevolezza. Senza trascurare l’accentuarsi dei sospetti di
incostituzionalità quando la legge venga approvata senza tenere
in conto le istanze connesse ad eventuali diritti azionati davanti
al giudice competente.
Infine, ulteriori dubbi di legittimità della legge-provvedimento derivano dal principio comunitario di effettività della
tutela in giudizio. Esso trova applicazione solo quando vi è coincidenza di oggetto tra norma comunitaria e legge-provvedimento
e, dunque, quando vengono in gioco i diritti comunitari, poiché
la copertura della determinazione amministrativa nella forma
della legge potrebbe assoggettarli ad un regime di protezione
inadeguato agli standards pretesi dall’Unione. Questo deficit di
tutela, tuttavia, potrebbe anche produrre effetti riflessi nell’ordi-
(63)
In ordine al quale si rinvia alle decisioni riportate alla nota 10.
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namento interno, in tutti quei casi in cui la posizione soggettiva
da tutelare non appartiene al diritto comunitario. L’adeguamento all’ordinamento comunitario, invero, fa sı̀ che il regime
imposto dall’Unione (nel caso, un modello processuale di tutela
effettiva) debba obbligatoriamente applicarsi a tutti i diritti comunitari, ma non anche agli altri diritti, alla cui sorte detto ordinamento rimane indifferente.
Il fenomeno che ne discende presenta aspetti comuni a
quelli della c.d. « discriminazione a rovescio » (64). La discriminazione verso l’esterno, che l’Unione di prefigge di eliminare, si
risolve spesso in una discriminazione verso l’interno, giacché le
norme comunitarie esauriscono il loro campo d’azione garantendo alle imprese degli altri Stati Membri di svincolarsi dalle
norme che impongono condizioni « protezionistiche » e lasciano
la sorte delle imprese nazionali alla legislazione nazionale, considerata sovrana nei limiti in cui circoscrive i suoi effetti al territorio statale.
Il principio di effettività della tutela giurisdizionale, introduce, in concreto, tra i requisiti processuali per la protezione
dell’una e dell’altra categoria di diritti un’evidente divaricazione,
la quale richiede, nell’ordinamento nazionale, una verifica di
compatibilità con l’art. 3 Cost. (65). La Corte Costituzionale ha
già ritenuto che il principio di costituzionale di eguaglianza può
svolgere una funzione correttiva degli assetti normativi modificati dall’applicazione del diritto comunitario, allineando il trattamento giuridico di tutte le situazioni soggettive non protette
da norme comunitarie alla soglia imposta dall’Unione Europea (66). L’« interferenza » del diritto comunitario, in breve,
può contribuire a rivelare l’irragionevolezza della legge-provve(64) Si tratta di quel fenomeno derivante dall’applicazione dei principi di non discriminazione nella libera circolazione delle merci e dei servizi e di mutuo riconoscimento della disciplina del paese d’origine, in virtù del quale le merci provenienti nel mercato nazionale da altri
Paesi Membri non soggiacciono ai vincoli della legislazione dello Stato di destinazione, che rimangono, però, vigenti per le imprese nazionali.
(65) Cfr. F. GHERA, Il principio di eguaglianza nel diritto comunitario e nel diritto interno,
in Giur. cost., 1999, p. 3267.
(66) Corte Cost., 30 dicembre 1997, n. 443, in Giur. it., 1998, p. 2093, con nota di C.
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dimento, in linea con l’orientamento che la attrae nell’orbita applicativa del detto art. 3 Cost.; e siffatta irragionevolezza potrebbe, in concreto, conseguire a quell’atto legislativo che volesse incidere, in luogo di un provvedimento, sulle posizioni dei
singoli, assoggettandoli ad un regime di tutela diverso da quello
che si sostanzia nell’impugnazione immediata davanti al comune
giudice di diritti ed interessi.
7. La partecipazione al procedimento di formazione della leggeprovvedimento.
La parte conclusiva è dedicata alle posizioni soggettive di
tipo procedimentale e si rivolge al rilievo che occupa nella formazione della legge-provvedimento la garanzia della partecipazione di soggetti ed enti interessati all’approvazione.
Questo aspetto è diretta emanazione del più ampio e complesso tema dei rapporti tra legge-provvedimento e principio del
giusto procedimento, che rappresenta fin dall’origine uno dei
punti più dibattuti, intorno ai quali si è svolto il dialogo ininterrotto tra dottrina e giurisprudenza sulla legittimità costituzionale
della fattispecie.
Va premesso che il principio del giusto procedimento è stato
invocato, nel corso del tempo, sotto due diversi angoli visuali.
Il primo è quello che assegna alle regole sul procedimento
amministrativo un significato di carattere sostanziale, esuberante
la dimensione meramente procedimentale. L’idea dell’essenzialità di un procedimento giusto (e l’implicita affermazione di una
riserva di procedimento) viene collegata alla nozione stessa di riserva di amministrazione, ponendo la regola per cui i diritti dei
singoli possono essere incisi solo con la sequenza di una previa
legge generale, che enuncia ipotesi astratte, ed un successivo
provvedimento amministrativo, costituente lo sbocco di un procedimento nel corso del quale gli interessati abbiano avuto la
TRIPODINA, Libera circolazione delle merci nel mercato comunitario e tutela delle tradizioni alimentari dei Paesi Membri: un caso di discriminazione a rovescio.
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possibilità di far valere le loro ragioni. Utilizzando le parole dell’Autore (67) che ha più efficacemente espresso questo punto di
vista, il principio del giusto procedimento « può dirsi, in linea di
prima approssimazione, derivare dal principio... della legalità dell’azione amministrativa: riguardato, attraverso una significativa inversione di termini, dal punto di vista dei limiti alla legge anziché
da quello, abituale e corrente, dei limiti all’Amministrazione ».
Al giusto procedimento, dunque, è rimesso il compito di
realizzare la garanzia effettiva dei diritti dei singoli e di assicurare lo « stacco » tra legge e provvedimento, in una logica che gli
conferisce ampio supporto costituzionale, essendo coinvolte
tutte le disposizioni della Carta tradizionalmente invocate a fondamento del principio di legalità e, tra di esse, in primo luogo
l’art. 113 Cost.
Questa nozione di giusto procedimento conduce oltre lo studio delle posizioni tutelate in sede di formazione della legge, per
agganciarsi al tema della configurabilità di una riserva di funzione amministrativa.
Il secondo angolo visuale utilizzato nello studio del giusto
procedimento è, invece, quello che più da vicino interessa la
presente indagine (68).
(67) Cfr. CRISAFULLI, Principio di legalità e « giusto procedimento », cit., con il quale l’insigne studioso annotava la decisione della Corte Cost. 2 marzo 1962, n. 13. L’Autore proseguiva
osservando che la garanzia effettiva dei diritti dei singoli, esige che « tra la legge e l’atto applicativo, tra la norma ed il provvedimento, sussistano un margine, uno stacco, tali da consentire quei
rimedi in sede amministrativa e in sede giurisdizionale che non sarebbero possibili nei confronti
della legge, e in definitiva quella raffrontabilità dell’atto, di volta in volta posto in essere, alla
norma, che lo prevede e lo regola, senza la quale sarebbe parallelamente vanificato lo stesso principio di legalità, assunto nel suo più pregnante significato garantista ». Cfr. anche L. CARLASSARE, Garanzia dei diritti e leggi-provvedimento, in Giur. cost., 1986, 1488.
(68) Si ricordano, tra la vasta bibliografia in materia: G. SALA, Il principio del giusto procedimento nell’ordinamento regionale, Milano, 1985; G. SCIULLO, Il principio del « giusto procedimento » fra giudice costituzionale e giudice amministrativo, in Jus, 1986, p. 291; G. ROEHRSSEN, Il
giusto procedimento nel quadro dei principi costituzionali, negli Atti del XXXII Convegno di studi
di scienza dell’amministrazione tenutosi a Varenna nel 1986 sul tema « La disciplina generale del
procedimento amministrativo », Milano, 1989, p. 51 e ss.; G. MORBIDELLI, La riserva di atto amministrativo nella disciplina delle modifiche di destinazione d’uso senza opere, in Giur. cost., 1991, p.
2445; ID., Note sulla riserva di procedimento amministrativo, in Studi in memoria di F. Piga, vol.
I, Milano, 1992, p. 675; ID., Urbanistica incostituzionale per abuso di silenzio assenso, in Giur.
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Si tratta della nozione di giusto procedimento inteso come
sintesi dei principi di democrazia partecipativa, di efficienza e
trasparenza, che costituiscono il fulcro del più moderno modello
di azione amministrativa e che hanno ricevuto dignità normativa
ed ampia considerazione nella più recente giurisprudenza costituzionale (69).
La connessione tra questi principi e la legge-provvedimento
deriva dall’intuizione che una legge con la quale si voglia non
solo prevedere casi generali ed astratti, ma anche provvedere su
fattispecie concrete, deve conformarsi alle regole di fondo dell’azione amministrativa. La comunanza di scopo e la funzionalità
ad un controllo giurisdizionale effettivo e completo imporrebbero l’adattamento della funzione legislativa alla disciplina procedimentale della funzione amministrativa. Ciò consente, tra l’altro, di meglio conoscere e valutare le ragioni degli interessati, in
funzione sia collaborativa che difensiva, e di arricchire una scelta
finale che, altrimenti, sarebbe animata solo da una valutazione
politica, per definizione insufficiente alla cura concreta del pubblico interesse (70).
Anche questo punto rimanda ad alcune delle considerazioni
che si sono svolte nei precedenti paragrafi. L’oggetto dell’indagine, comunque, si concentra sulla rilevanza giuridica delle garanzie partecipative e sulle conseguenze che dalla loro violazione
può risentire la legge-provvedimento. Il problema si pone, di re-
cost., 1992, p. 3411, in nota a Corte Cost., 19 ottobre 1992, n. 393. Per un’esauriente rassegna
delle opinioni sui rapporti tra giusto procedimento e riserva di amministrazione, cfr. D. VAIANO,
op. cit., p. 102 e ss.
(69) Per una panoramica anche di diritto comparato sulle garanzie di partecipazione, cfr.
M. D’ALBERTI, La « visione » e la « voce »: le garanzie di partecipazione ai procedimenti amministrativi, in Riv. trim. dir. pubbl., 2000, p. 1. Per una chiara affermazione della centralità ed irrinunciabilità delle garanzie di partecipazione al procedimento amministrativo, cfr. Cons. Stato,
Ad. plen., 15 settembre 1999, n. 14, in Foro amm., 1999, n. 1695.
(70) Cfr. MORBIDELLI, La riserva di atto amministrativo nella disciplina delle modifiche...,
cit., p. 2460, secondo cui le garanzie procedimentali da un lato accentuano il controllo giurisdizionale, in quanto aumentano lo spazio del sindacato di ragionevolezza attraverso il controllo
della motivazione e della coerenza, e dall’altro consentono l’osservanza del principio di adeguatezza. Cfr., anche, G. LOMBARDI, Espropriazione dei suoli urbani e criteri del « due process of law »,
in Giur. cost., 1980, p. 488.
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FABIO CINTIOLI
gola, nella fase in cui la legge-provvedimento è stata già approvata, poiché è logico supporre che il processo in cui si deduce il
vizio della mancata partecipazione sarà instaurato solo dopo la
chiusura del procedimento.
Nell’esaminare gli effetti della violazione dei diritti di partecipazione (si preferisce sostituire questa nozione a quella di « interessi », senza alcuna valenza definitoria sull’alternativa diritto
soggettivo-interesse legittimo), si prendono le mosse dal caso di
più agevole soluzione, relativo alle garanzie che abbiano diretto
fondamento costituzionale.
Quando nella formazione della legge non si osserva il diritto
all’audizione previsto da una norma costituzionale, la legge
stessa risulterà illegittima per vizio formale, cosı̀ qualificandosi
ogni vizio che si risolva in una violazione delle norme sul procedimento o sulle forme o sulla competenza (71). Cosı̀, ad es., è
costituzionalmente illegittima la legge regionale che, nel disciplinare il procedimento per la modifica delle circoscrizioni di uno
o più comuni, non preveda le congrue forme di partecipazione
derivanti dall’obbligo di sentire « le popolazioni interessate » posto all’art. 133 Cost.; e la relativa questione potrà essere sollevata
sia nel corso del giudizio instaurato con l’impugnazione di alcuni
atti inseriti nel procedimento preparatorio della legge di variazione, sia nel corso del giudizio sugli atti di esecuzione della variazione territoriale già intervenuta (72).
Il diritto di singoli soggetti od enti ad essere sentiti prima
dell’approvazione della legge potrebbe anche non essere oggetto
di una specifica previsione costituzionale sul procedimento legislativo, ma discendere dall’applicazione di precetti ulteriori, che
a tali enti attribuiscano funzioni costituzionalmente garantite. Si
(71) Sulla natura dei vizi sindacabili nel giudizio di costituzionalità, cfr. C. ESPOSITO, Il
controllo giurisdizionale sulla costituzionalità delle leggi in Italia, in La Costituzione italiana, Padova, 1954, p. 277 e ss.; F. MODUGNO, L’invalidità della legge, vol. II, Milano, 1970 (in particolare, per quanto concerne il sindacato sui presupposti dell’atto legislativo, v. p. 136 e ss.; A. RUGGERI-A. SPADARO, Lineamenti di giustizia costituzionale, Torino, 1998, p. 139 e ss.; G.U. RESCIGNO,
L’atto normativo, Bologna, 1998.
(72) Corte Cost. 7 aprile 2000, n. 94.
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pensi, ad es., al procedimento di approvazione di un piano urbanistico mediante legge regionale, che abbia un effetto eccedente quello strumentale ed indiretto che caratterizza il piano
territoriale di coordinamento (in quanto produttivo di effetti limitativi delle proprietà private) ed il cui contenuto si sovrapponga perciò a quello del piano regolatore generale (anche oltre
le esigenze di funzioni specifiche, come quella di salvaguardia
ambientale). La Corte Costituzionale ha ritenuto che il potere di
pianificazione dei comuni è diretta emanazione della sfera di autonomia costituzionalmente garantita e che, quindi, è in contrasto con l’art. 128 Cost. una legge che tale potere vanificasse in
tutto od in parte (73). Sicché, nell’esempio proposto, se il procedimento di formazione della legge-provvedimento non prevedesse che i comuni interessati vengano sentiti e che possano
presentare le opportune osservazioni al progetto di piano regionale, dovrebbe risultarne la lesione dell’autonomia assicurata
dalla Costituzione e, di riflesso, l’illegittimità per difetto di presupposto.
Un’altra ipotesi di illegittimità dovuta al difetto di partecipazione può derivare dal rapporto tra legge statale e legge regionale.
Se la legge-quadro stabilisce che alla formazione della legge
attuativa devono partecipare alcuni soggetti, sarebbe incostituzionale sia la legge regionale che nel disciplinare in linea generale il procedimento non rispettasse siffatte garanzie di effettiva
presenza nel procedimento, sia l’eventuale legge-provvedimento
regionale che, perdurando la segnalata carenza, volesse sostituirsi all’atto amministrativo in fase esecutiva (74).
La medesima violazione dell’art. 117 Cost. è provocata dalla
difformità della legge regionale dagli altri principi fondamentali
posti dalle leggi dello Stato. E
v stato da più parti sostenuto che
tra di essi è annoverabile proprio il principio del giusto procedi-
(73)
(74)
Corte Cost. 8 aprile 1997, n. 83, in Giur. cost., 1997, p. 804.
Corte Cost. 14 luglio 2000, n. 282.
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mento (75) e che, pertanto, la legge regionale che volesse provvedere, nelle forme tipiche della legge-provvedimento, alla cura
dei pubblici interessi non potrebbe disattendere il nucleo di regole che a tale principio si riannodano.
Non è qui possibile riepilogare l’ampio dibattito dottrinale e
giurisprudenziale sulla valenza del giusto procedimento e sull’esatta portata dei principi enunciati all’art. 117 Cost., anche in
relazione alla nozione di « principi generali dell’ordinamento »
di cui all’art. 12 delle preleggi. Devono comunque rimarcarsi
due argomenti, che confortano le tesi che ne valorizzano la portata: il primo di stretto diritto positivo, riassumibile nel rinvio
alla legge n. 241 del 1990, che ha segnato una svolta nell’interpretazione del giusto procedimento; ed il secondo tratto dalla
giurisprudenza costituzionale. In particolare, la Corte, inaugurata la serie di decisioni sul giusto procedimento con la nota
sentenza n. 13 del 1962 (76), che ha offerto lo spunto per preziosi approfondimenti teorici, ha mostrato inizialmente una certa
diffidenza verso la tesi che gli assegna un rango costituzionale,
riconoscendo la legittimità della legge che, per ragioni contingenti, decidesse di derogarne le prerogative (77). Nel più recente
periodo, però, si è consolidato un orientamento più sensibile al
problema e che non solo ravvisa nel giusto procedimento un criterio di orientamento per il legislatore e per l’interprete (78), ma
anche un principio di portata amplissima, tale da abbracciare
ogni procedimento amministrativo, ivi compresi quelli già disciplinati da fonte anteriore alla legge 241 del 1990 (79).
(75) Per un esauriente riepilogo del dibattito cfr. FRANCO, Leggi provvedimento..., cit., p.
1059 e ss. Cfr. anche SCIULLO, Il principio del « giusto procedimento »..., cit., e S. FOIS, Irretroattività, astrattezza e limiti della legge regionale: osservazioni critiche, in Studi in memoria di Carlo
Esposito, vol. II, Padova, 1972, p. 1225 e ss.
(76) Corte Cost. 2 marzo 1962, n. 13, in Giur. cost., 1962, p. 126, con la nota di Crisafulli più volte citata.
(77) Corte Cost. 20 marzo 1978, n. 23, in Foro amm., 1978, I, p. 2453. Per ulteriori riferimenti, cfr. D. VAIANO, op. cit., p. 135. Ribadiscono che il giusto procedimento non è un principio costituzionale: Corte Cost. 31 maggio 1995, n. 210, in Giur. cost., 1995, p. 1586; Corte Cost.
19 marzo 1993, n. 103, in Giur. cost., 1993, p. 841.
(78) Corte Cost. 24 febbraio 1995, n. 57, in Giur. cost., 1995, p. 481.
(79) Corte Cost. 5 novembre 1996, n. 383, in Foro amm., 1997, p. 724.
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Il secondo tassello del discorso riguarda quei diritti di partecipazione che hanno sı̀ una base espressa e specifica di diritto
positivo, ma coincidente con una legge di rango non costituzionale; in breve, una garanzia di partecipazione che non è costituzionalmente vincolante. Si prenda ad esempio la legge regionale
che, disciplinando la formazione di un piano urbanistico, ne
preveda l’approvazione mediante legge successiva ed anteponga
ad essa l’audizione dei soggetti interessati.
L’inosservanza delle garanzie partecipative, in questo caso, è
in contrasto con la legge generale (la c.d. legge madre), ma è assorbita nella forza della legge di approvazione (la c.d. leggefiglia). La peculiarità della situazione consiste in ciò che la violazione di legge matura sul terreno della formazione di una legge
posteriore ed, in definitiva, è provocata da quest’ultima, estendendosi i suoi effetti ad ogni disposizione del progetto sottoposto all’organo approvante. L’interprete è posto di fronte ad una
grave alternativa: ammettere che una violazione di legge non abbia alcuna sanzione ovvero mettere in discussione il principio
generale per cui la legge ordinaria, in sistema di costituzione rigida, non può mai porre vincoli alla legge futura. Il primo risultato è quello cui si approda confermando l’assoluta sovranità del
legislatore e la naturale forza abrogante della legge posteriore. Il
secondo, invece, suppone che si voglia in qualche modo aprire il
varco alla tutela delle posizioni partecipative compromesse nel
procedimento, subordinando ad essa la forza (ed eventualmente
anche il valore) della legge finale.
L’orientamento assolutamente prevalente (80) nega che il sistema delle fonti possa armonizzarsi con una legge che abbia per
effetto di vincolare la produzione legislativa posteriore. Il suo
logico svolgimento è quello di negare che i titolari dei diritti di
partecipazione possano dolersi dell’illegittima soppressione. Ma,
(80) Cfr. SIMONCINI, La legge « senza valore »..., cit.; P. CARNEVALE, Riflessioni sul problema
dei vincoli all’abrogazione futura: il caso delle leggi contenenti clausole di « sola abrogazione
espressa » nella più recente prassi legislativa, in Dir. e soc., 1998, 407 e ss. In generale sulla forza
abrogativa della legge posteriore cfr. G. QUADRI, La forza di legge, Milano 1992 (rist.), e Santi ROMANO, Principii di diritto costituzionale generale, Milano 1947, p. 273.
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se cosı̀ fosse, si ammetterebbe una grave « incoerenza interna al
sistema normativo » (81), che non è unicamente espressione dell’anomalia derivante da una violazione di legge non sanzionata,
ma soprattutto incide, per ciò che ci riguarda, sul regime di tutela avverso la legge-provvedimento, già ampiamente depotenziato rispetto alla normalità dei casi.
Il punto centrale è proprio quello della specialità della situazione che si prende in esame, in cui le garanzie partecipative
previste dalla legge anteriore sono elemento qualificante di un
procedimento legislativo sostitutivo della funzione amministrativa. Un procedimento che, per tale suo oggetto, è obbligato a
seguire alcune forme e garanzie tipiche della discrezionalità amministrativa.
La dottrina, occupandosi del tema di fondo della vincolabilità della legge posteriore, ha percepito che esistono speciali casi
nei quali questa possibilità dev’essere concessa, sia pure entro
condizioni puntuali (82). La conseguenza di questa impostazione
è l’affermazione dell’irragionevolezza della legge posteriore che
non rispetti il limite o la prescrizione fissati in quella anteriore.
Nel caso della legge-provvedimento si è anche richiamata la controversa figura dell’eccesso di potere legislativo (83), per segnalare che, pur non potendo la legge anteriore condizionare l’effetto abrogante di quella posteriore, quando quest’ultima ha le
sembianze di legge sostitutiva di atto amministrativo l’approvazione senza il rispetto delle procedure rivela una distorsione nell’esercizio del potere legislativo.
Questi spunti paiono suscettibili di utili sviluppi, che traggono origine anzitutto dall’impossibilità di tollerare la mancanza
di rimedi all’illegalità. In tal caso, invero, è proprio la funzione
(81) Utilizza questa espressione SIMONCINI, La legge « senza valore »..., cit., p. 2044.
(82) Cfr. PACE, Leggi di incentivazione e vincoli sul futuro legislatore, cit., che propende
per la validità delle leggi impositive di vincoli al futuro legislatore quando tali vincoli non si risolvano in una limitazione del « permanente e inesauribile potere normativo », e dunque quando
si tratta di vincolo temporaneo.
(83) Cfr. SIMONCINI, La legge « senza valore »..., cit., p. 2044, che configura un caso « classico » di eccesso di potere legislativo quando la legge abbia approvato un piano territoriale la
cui adozione sia stata annullata in sede amministrativa.
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FORMAZIONE DELLA LEGGE-PROVVEDIMENTO
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della norma procedimentale che resta inattuata, vanificando la
garanzia di partecipazione. Non si tratta solo della sostituzione
di una norma con altra che possa tenerne luogo e che eventualmente la modifichi, anche retroattivamente se possibile, negando
prerogative procedimentali prima riconosciute. L’approvazione
della legge-provvedimento si sostanzia invece nel superamento
del medesimo problema che la legge anteriore si proponeva di
risolvere, determinato dall’effetto assorbente che la legge porta
con sé quando rispetta le forme costituzionali.
Sembra decisivo il peculiare raccordo che lo stesso legislatore ha instaurato tra legge-madre e legge-figlia, sı̀ da ricondurle
entrambe ad una fattispecie unitaria a formazione successiva,
che, come si è visto nei paragrafi precedenti, può anche produrre effetti preliminari. La categoria concettuale della fattispecie unitaria potrebbe apparire troppo distante dalla sequenza di
due atti legislativi autonomi e separati dalle rispettive procedure
di approvazione formale, ma la sostanza del fenomeno e lo svolgersi sul terreno della cura concreta del pubblico interesse giustifica una qualifica « dal punto di vista del procedimento amministrativo ». Sicché l’inosservanza dei diritti di partecipazione
non è una vicenda che si colloca necessariamente all’esterno
della legge-provvedimento da sottoporre al sindacato di legittimità, ma si concreta in un vizio dell’intera fattispecie: ne compromette la logica unitaria e finisce per invalidare la fase finale,
trovando la legge-figlia la propria legittimazione esclusiva nell’efficacia della stessa legge-madre. Il nesso di necessaria derivazione della forza e del valore di legge dalla forma dell’atto richiede che la legge sia conforme allo schema procedimentale entro cui si colloca e proprio questa conformità potrebbe essere
posta in discussione valorizzando l’intimo legame tra i due atti
legislativi che si succedono nel tempo.
Una volta affermato che l’inosservanza delle prescrizioni
della legge-madre priva di supporto la legge finale, si potrebbe
addirittura mettere in dubbio il rispetto del procedimento formale, di rilievo costituzionale, attraverso cui deve svolgersi la
funzione legislativa. Poiché, tuttavia, una simile conclusione in-
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contra l’obiezione che il regime della legge è condizionato solo
dalle forme espresse dal Costituente, l’evidente alterazione della
sequenza tra legge-madre e legge-figlia può essere un sintomo
dell’eccesso di potere legislativo ovvero, per restare più aderenti
alla giurisprudenza costituzionale, un indice di irragionevolezza
della legge-provvedimento (84). La diversità dell’impostazione
di fondo, a ben vedere, non muterebbe il risultato, provocando
comunque la declaratoria di illegittimità costituzionale.
Questo risultato, però, non è del tutto soddisfacente, dal
momento che esso presuppone non solo che il giudice a quo abbia effettivamente sollevato la questione di costituzionalità, ma
anche la concreta previa individuazione di un atto impugnabile
davanti a quest’ultimo. E
v nuovamente la mancanza di un rimedio diretto contro la legge-provvedimento che complica il modello di tutela giurisdizionale, prospettando il rischio che l’illegittimità costituzionale non possa mai dichiararsi solo per la carenza di utili rimedi processuali (85).
Nella consapevolezza che il giudice costituzionale può essere
propenso ad allargare i presupposti della sua giurisdizione (86),
i mutamenti del processo amministrativo potrebbero offrire utili
appigli per superare il problema. Ci si riferisce, in particolare,
alla giurisdizione esclusiva in materia di urbanistica ed edilizia,
che assume ad oggetto il « comportamento » dell’Amministrazione (v. l’art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998), e che copre proprio
le materie nelle quali è stata più frequente l’adozione di leggiprovvedimento. L’identificazione del « comportamento » ad og(84) Cfr. DICKMANN, La legge in luogo di provvedimento, cit., p. 969, che distingue in proposito il principio di ragionevolezza dal principio di razionalità della legislazione: « il principio di
razionalità, in modo distinto dal principio di ragionevolezza, viene fatto discendere dall’articolo 1
della Costituzione » e mentre il principio di ragionevolezza « attiene all’esercizio della funzione
legislativa sotto il profilo sostanziale, perché comporta una valutazione del merito della disposizione », il principio di razionalità invece « attiene all’esercizio della funzione legislativa sotto il profilo formale, cioè ai limiti dell’esercizio di tale funzione ».
(85) Nel sostenere la legittimità dei decreti legislativi di esproprio, ammetteva la legittimità dell’impugnazione diretta della legge GUARINO, Profili costituzionali, amministrativi e processuali..., cit., c. 85.
(86) La citata Corte Cost. 7 aprile 2000, n. 94, testimonia di una interpretazione favorevole all’ampliamento di tali presupposti.
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getto del giudizio fa sı̀ che il processo a quo possa instaurarsi
anche per contestare gli atti meramente esecutivi della leggeprovvedimento, senza la necessità di impugnare un provvedimento formale che sia immediatamente ed autonomamente lesivo. Il privato non è più tenuto a contestare l’atto, ma può
porre in discussione l’intero rapporto controverso e, prima di
tutto, la posizione sostanziale che si assume lesa.
Resta nondimeno l’altro problema, anch’esso a sfondo generale, dell’insufficienza degli strumenti cautelari (87), che si è visto essere aggravato dal conflitto con i principi comunitari. Anche per questo profilo, però, è auspicabile che l’allargamento dei
confini della tutela cautelare davanti al giudice amministrativo (88), investito del giudizio sul « comportamento » lesivo dell’Amministrazione, valga a legittimare provvedimenti che assicurino la conservazione dello status quo fino alla definizione del
giudizio della Corte Costituzionale, cosı̀ riproponendo, in mutata veste, la misura cautelare già efficacemente utilizzata dallo
stesso giudice in concorrenza con la remissione della questione
di costituzionalità.
L’esame si conclude valutando il caso in cui la legge-provvedimento venga approvata senza che vi sia alcuna norma né di
rango costituzionale, né di rango inferiore, che assicuri agli interessati la garanzia della partecipazione.
Le possibilità di tutela effettiva per chi sia stato estromesso
dall’intervento sono strettamente collegate al problema più ampio delle forme che il legislatore è tenuto a rispettare quando
voglia sostituirsi all’Amministrazione e coinvolgono il tema classico dei rapporti tra legge-provvedimento e giusto procedimen-
(87) In senso favorevole alla configurazione di misure cautelari, tendenti a paralizzare
temporaneamente gli effetti della legge, cfr. A. PACE, Decreti legislativi d’esproprio e tutela
cautelare, in Giur. cost., 1968, p. 594 e ss.; ID., Sulla sospensione cautelare dell’esecuzione delle
leggi autoapplicative impugnate per incostituzionalità, in Studi in memoria di Carlo Esposito,
vol. II, Padova, 1972, p. 1197 e ss.
(88) Cfr. l’art. 3 della legge 21 luglio 2000, n. 205, Disposizioni in materia di giustizia
amministrativa, che ha novellato il comma settimo dell’art. 21 della legge 6 dicembre 1971,
n. 1034.
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FABIO CINTIOLI
to (89). Nei paragrafi precedenti si sono già esposti i dubbi sul
procedimento legislativo che pretenda di affermarsi in luogo
della funzione amministrativa senza rispettarne i fondamenti
procedurali; e si è prospettata, in alcuni casi, la soluzione dell’illegittimità costituzionale della legge-provvedimento per irragionevolezza e violazione del principio di eguaglianza, assumendo
detti fondamenti come tertium comparationis. Questi dubbi, invero, da un lato sono la conferma delle critiche che la dottrina
ha rivolto all’istituto fin dai primi contributi e dall’altro lato si
vanno accentuando, a causa della sempre più intensa caratterizzazione del procedimento amministrativo alla luce dei principi
di democrazia partecipativa e di trasparenza.
Anche alcune tra le decisioni della Corte Costituzionale che
si sono segnalate per una interpretazione fortemente riduttiva
del giusto procedimento hanno, del resto, affermato che il diritto degli interessati di esporre le proprie ragioni e di esperire
gli opportuni rimedi è irrinunciabile quando si tratta di procedimenti che comportano vincoli o limiti per i privati (90). Del resto,
non è neppure necessario invocare le più moderne ed estese applicazioni delle garanzie partecipative per sostenere, ad es., che
atti con effetto ablatorio non possono validamente adottarsi se
non vengano previamente sentiti i proprietari interessati.
8. Conclusioni.
Tornando all’affermazione di Guicciardi, possiamo chiederci
se oggi possa nuovamente decretarsi la vittoria del diritto nella
« partita costituzionale » che continua a contrapporre i fautori
della legittimità costituzionale della legge-provvedimento e
quanti ne sostengono, all’opposto, la sicura illegittimità.
La sensazione è che i principi costituzionali che hanno rappresentato il fondamento (e la fortuna) dell’istituto siano stati
oggetto negli ultimi anni di un processo che ne rivede la portata
(89)
(90)
Per il quale si rinvia alla nota 68.
Cosı̀ la citata sentenza n. 143 del 1989.
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applicativa, in gran parte per l’azione di fonti che agiscono all’esterno della Costituzione (91). Il riferimento concerne, anzitutto, il diritto comunitario e con esso le novità normative e
l’evoluzione interpretativa del giusto procedimento e della disciplina sull’azione amministrativa. Sul piano dei valori costituzionali, i diritti di difesa e le garanzie di tutela rispettivamente consacrati dagli artt. 24 e 113 Cost. si sono emancipati da una lettura alquanto timida e formalistica, cosı̀ rafforzando alcune tra le
principali perplessità sulla compatibilità costituzionale della legge-provvedimento e ponendo in primo piano il disinteresse del
legislatore verso i suggerimenti dottrinali.
Gli spazi di proficua (e legittima) utilizzazione della leggeprovvedimento parrebbero, dunque, drasticamente ridotti e le
decisioni più recenti della Corte Costituzionale appaiono come i
segni rivelatori di questa crisi. Ciò, però, non giustifica un brusco arresto del dibattito, ma sollecita al contrario dottrina e giurisprudenza ad uno sforzo ulteriore. Anche questo istituto, invero, appartiene alla vasta gamma di quelli che meritano un ripensamento in chiave sistematica: lo impone la stagione di continuo rinnovamento che interessa la collocazione istituzionale ed
i tratti qualificanti dell’azione amministrativa e che, nella continua dinamica tra autorità e funzione, postula un nuovo rapporto
tra potere ed interesse pubblico da una parte ed interesse privato dall’altra parte (92).
(91) Si vuol fare riferimento alla circostanza che si tratta di fattori che provengono da
fonti di produzione non direttamente costituzionali, fermo restando l’indiretto fondamento dell’efficacia delle norme comunitarie nell’art. 11 Cost.
(92) Sull’ancora incerta definizione dei nuovi « luoghi dell’interesse pubblico », cfr. N.
IRTI, Il diritto della transizione, in L’ordine giuridico del mercato, Bari 1998, p. 112. Per la nozione
di interesse pubblico nell’attuale sistema dei rapporti tra diritto pubblico e privato cfr. GIACCHETTI, Privatizzazioni..., cit. Ritiene necessario un ripensamento di tale nozione rispetto all’azione di nuove figure soggettive come le autorità indipendenti, V. CAIANIELLO, La autorità indipendenti tra potere politico e società civile, in Foro amm., 1997, p. 341.
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