Contratto dei bancari alla prova delle assemblee

federazione | autonoma | bancari | italiani
ANNO 1 NUMERO due - maggio 2015
Fabinews
U n a
s c e l t a
d i
l i b e r t à
e
a u t o n o m i a
Contratto dei bancari
alla prova delle assemblee
Iniziate le consultazioni dei lavoratori per l’approvazione dell’accordo. La prima si è svolta a Trento e
ha ratificato l’ipotesi d’accordo con maggioranza plebiscitaria. Dei circa 6mila lavoratori attualmente
consultati, oltre il 95% ha detto sì. Si prosegue a oltranza fino al 15 giugno
“
L
a prima assemblea si è
svolta a Trento il 5 maggio. Partecipanti: 178.
Voti a favore del contratto nazionale: 175. Astenuti:
2. Contrari: 1. Se il buongiorno si
vede dal mattino, l’ipotesi di accordo sul rinnovo del contratto
dei bancari, al vaglio dei lavoratori da questo mese fino al 15 giugno
nelle assemblee in programma su
tutto il territorio nazionale, sembrerebbe destinata a suscitare un
consenso plebiscitario.
In base ai dati che arrivano dalle
attuali consultazioni in corso, in
effetti, la categoria sta mostrando ampio gradimento rispetto
ai contenuti dell’intesa. Dopo
Trento, in questi giorni si sono
espresse a favore del contratto, con una percentuale di “sì”
complessivamente superiore al
95%, anche le piazze di Vercelli,
Alessandria, Milano, Bologna,
L’Aquila, Cuneo, Vicenza, Monza, Arezzo, Bergamo, Brescia,
Torino e Rimini, per un totale
di circa 6mila lavoratori attualmente consultati. L’accordo
sul rinnovo del contratto piace
giuliano Poletti:
È un contratto
di innovazione
e cambiamento
non solo perché garantisce un
aumento economico di 85 euro
pur in un contesto di deflazione,
ma anche e soprattutto perché è
riuscito a mettere in salvo l’area
contrattuale e a rafforzare gli
ammortizzatori sociali in uno
dei momenti più difficili della
storia del settore, con le fusioni
ormai alle porte e gli inevitabili
esuberi da gestire. Un contratto interessante pure per i giovani, che vedono aumentare il
loro salario d’ingresso dell’8%
e confermare gli incentivi per
le assunzioni attraverso il fondo per la nuova occupazione.
Il lavoro svolto dai sindacati ha
riscosso consenso anche al di
fuori del mondo bancario. Parole d’apprezzamento sono arrivate da economisti e ministri.
«È un contratto che ha un quid
d’innovazione e cambiamento»,
ha detto il titolare del dicastero del Lavoro, Giuliano Poletti,
ospite del 121° Consiglio nazionale della Fabi, che si è svolto a
fine aprile a Roma. «Con questo
accordo si difendono i diritti
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dei lavoratori anche in caso di
esternalizzazioni. È un’intesa esemplare, modello di sano
riformismo», ha sottolineato
Giulio Sapelli, economista di
solito non tenero con sindacati
e istituzioni.
Di certo l’ultima parola spetta
ai lavoratori, che dovranno ratificare l’accordo nelle assemblee ancora in corso. Nel caso
l’esito delle consultazioni fosse
negativo, il contratto verrebbe
automaticamente disapplicato
e, dunque, sarebbero annullate tutte le tutele a favore dei lavoratori, dalle norme sull’area
contrattuale agli ammortizzatori
sociali, dagli inquadramenti ai
contratti di secondo livello, fino
alla stessa disciplina che regola
l’orario di lavoro. La bocciatura
sembra tuttavia un’eventualità
altamente remota, visto l’attuale
andamento delle assemblee.
(Flavia Gamberale)
LA FABI CONTRO LO SPOT
DEL BANCARIO COL TAGLIERINO
Il sindacato denuncia
al garante
della concorrenza
e del mercato
la Martingale Risk,
società che ha diffuso
la pubblicità che
ritrae gli impiegati
come fossero
dei banditi
L
a Fabi denuncia all’Autorità garante della concorrenza e del mercato
la Martingale Risk per
pubblicità ingannevole e illecita. La società, attiva nel campo
della consulenza per recupero di commissioni di massimo
scoperto e interessi anatocistici,
ha infatti diffuso un messaggio
pubblicitario che scredita l’attività dei dipendenti bancari.
Nello spot, in onda sulle reti
nazionali, il lavoratore bancario
è rappresentato come un bandito, col volto coperto dal passamontagna e un taglierino tra
le mani. «Firmi, firmi», intima
“
Sileoni: «Offesa
la professionalità
degli addetti
del comparto»
a un terrorizzato imprenditore, alludendo al contratto di finanziamento da sottoscrivere.
Oltre ad annunciare ricorso, la
Fabi ha anche sollecitato l’Abi
ad avviare un’azione legale nei
confronti della società, che con
il suo spot danneggerebbe non
solo l’immagine dei lavoratori,
ma anche quella degli istituti di
sotto accusa
> Due fotogrammi
della pubblicità contestata
credito. Un invito subito raccolto dal direttore generale, Giovanni Sabatini, che si è detto
pronto a intervenire nelle sedi
competenti. «Riteniamo questo spot un attacco intollerabile
contro i lavoratori bancari, che
quotidianamente mettono il
loro impegno, la loro umanità
e professionalità al servizio dei
clienti. Per questo chiediamo
all’Autorità garante della concorrenza e del mercato l’apertura di un’istruttoria a carico della
società Martingale Risk. Chiederemo, inoltre, a tutte le organizzazioni sindacali del credito,
che hanno già dato la disponibilità ad agire di conseguenza,
di condividere anche altre iniziative a tutela della categoria»,
ha detto il leader della Fabi,
Lando Maria Sileoni. In effetti,
più che promuovere un’immagine positiva dei servizi offerti
dalla Martingale, la pubblicità
sembra voler perpetuare un
vecchio pregiudizio - duro a
morire e socialmente molto
pericoloso - che criminalizza
i lavoratori bancari. Un messaggio rischioso, soprattutto in
questo momento di crisi, in cui
il dipendente di banca finisce
per diventare, ingiustamente, il
facile bersaglio del malcontento sociale, come alcuni recenti
gravi fatti di cronaca raccontano. Uno scivolone che potrebbe
costare molto caro alla Martingale Risk. La società, infatti,
ora se la dovrà vedere con un
sindacato come la Fabi, deciso
a tutelare l’immagine dei lavoratori bancari in tutte le sedi di
competenza, e anche con l’Abi,
a cui lo spot pare non sia andato
proprio giù.
PENSIONI, LA CORTE COSTITUZIONALE BOCCIA monti
Dopo oltre due anni di cause, la Fabi vince la sua battaglia
contro il blocco della perequazione delle pensioni sopra i 1.500
euro previsto dal decreto Salva Italia del governo Monti:
la Corte Costituzionale riconosce l’illegittimità della norma
Era partita a settembre 2013 l’iniziativa
della Fabi contro il blocco della perequazione delle pensioni. A distanza di un anno
e mezzo è la Corte Costituzionale a mettere
la parola fine alla questione. Una sentenza
che ha riconosciuto l’illegittimità del blocco dell’adeguamento dei trattamenti pensionistici al costo della vita per gli assegni
superiori a tre volte il minimo Inps, previsto dal decreto Salva Italia del Governo
Monti. La Fabi era subito scesa in campo
per sostenere i pensionati penalizzati dalla riforma, coordinando tutte le vertenze.
Una serie di “cause pilota” che non, potendosi rivolgere alla totalità dei casi, sono
state adeguatamente definite e monitorate
a livello nazionale. Il primo passo è stato quello del ricorso alla Magistratura del
Lavoro con lo scopo di sollevare, presso la
Corte Costituzionale, la questione di legittimità costituzionale delle norme vigenti;
quindi, per ogni caso individuale si è proceduto con lettere all’Inps di riferimento,
ricorsi amministrativi, fino ad arrivare ad
azioni giudiziarie in varie province. Ora, la
sentenza della Corte Costituzionale boccia
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l’articolo 24 del Decreto Legge 201/2011,
che andava a impattare fortemente sui
pensionati che percepivano un assegno
netto a partire da 1.217euro. E non è finita: lo stesso segretario generale della Fabi,
Lando Maria Sileoni, promette «Iniziative
a tutela dei pensionati» e ricorsi «per quei
pochi che hanno perso la causa».
(Simona Sacconi)
«LA CONSULTA HA L’ULTIMA PAROLA:
ORA lo SBLOCCO DEGLI ARRETRATI»
Parla il giuslavorista Stefano Giubboni:
«Chi ha ancora una causa pendente con
l’Inps vedrà accolto il proprio ricorso
e otterrà il dovuto. Chi non è andato
dal giudice, invece, dovrà semplicemente
inoltrare domanda amministrativa per
avere indietro ciò che gli spetta»
D
a Rimini a Torino,
passando per Bologna e Venezia. In
tutta Italia, in questi ultimi due anni, le strutture della Fabi hanno offerto
ai propri iscritti il patrocinio
legale gratuito per ricorrere
contro l’articolo del decreto
Salva Italia che prevedeva il
blocco dell’adeguamento al
costo della vita delle pensioni da 1.500 euro in su. Cause
vinte perlopiù, poche perse
e alcune ancora in attesa di
giudizio. Ma la sentenza della Corte Costituzionale, come
sottolinea Stefano Giubboni,
professore di Diritto del Lavoro all’Università di Perugia
e avvocato giuslavorista, è destinata a sparigliare le carte e
a fare chiarezza sulle norme
da applicare.
Avvocato Giubboni, che impatti avrà questo pronunciamento
della Corte Costituzionale sulle
cause ancora in corso?
Il giudice dovrà prendere atto
dell’illegittimità del provvedimento che bloccava la perequazione delle pensioni e,
quindi, accogliere la domanda
dei ricorrenti, applicando la
regola generale. La sentenza
avrà effetti retroattivi e ai lavoratori saranno riconosciuti
gli arretrati dei mancati adeguamenti pensionistici.
Che cosa succede, invece, a coloro che non hanno presentato
ricorso?
Dovranno
semplicemente
inoltrare domanda amministrativa all’Inps per farsi corrispondere la piena perequazione degli anni passati.
E per quei pochi che hanno
perso la causa?
Qui la situazione è un po’ più
complicata. Se la sentenza
non è passata in giudicato, i
Stefano Giubboni
“
Sconsiglio di fare
ulteriori ricorsi
alla luce dei
riconoscimenti
parziali pervisti
dal nuovo decreto
lavoratori dovrebbero ricorrere in secondo o terzo grado di
giudizio, appellandosi al verdetto della Corte Costituzionale, per vedere riconosciuti
i propri diritti. Nel caso non
dovessero fare ricorso, l’Inps
potrebbe, infatti, negare loro
il riconoscimento degli arretrati, perché c’è una sentenza
di primo grado che va nella direzione opposta a quanto stabilito dalla Consulta. Sembra
paradossale, ma è così.
I pensionati che col nuovo decreto del Governo si sono visti
riconoscere solo parzialmente
gli arretrati potrebbero fare
nuovamente ricorso?
In teoria sì, ma lo sconsiglio. È
probabile, infatti, che il decreto governativo ottenga la convalida della Consulta e a quel
punto sarebbe inutile ricorrere. Il criterio della proporzionalità della restituzione degli
importi mancanti sarebbe,
infatti, assolutamente legittimato.
(Fla.Gam.)
INTANTO IL GOVERNO CI METTE UNA TOPPA
Il nuovo decreto prevede il riconoscimento solo parziale
degli arretrati pensionistici e proporzionale alle fasce di
reddito. Chi ha una pensione da 1.500-2.000 euro riavrà indietro
il 25% di ciò che gli spetta e via a scalare per chi percepisce
assegni più alti. Recupero minimo anche per il futuro
Riconoscimento degli arretrati pensionistici
ma solo parziale, proporzionale alla fascia
di reddito. Questa, in estrema sintesi, la manovra del Governo per mettere una toppa
alla mancata indicizzazione delle pensioni.
Secondo quanto previsto dal nuovo decreto,
i pensionati con reddito tra i 1.500 e i 2.000
euro lordi recupereranno il 25% di quanto
perso, con un bonus da 754 euro che sarà accreditato dal primo agosto (altri 28 saranno
spalmati sul resto del 2015). La restituzione
sarà ancora minore per le fasce di reddito più
alte: 465 euro per chi percepisce tra i 2.000
e i 2.500 euro lordi di assegno pensionistico,
e 278 euro per chi ha pensioni tra i 2.500 e
i 3.000 euro. Restano a bocca asciutta, invece, i pensionati con redditi oltre i 3mila euro.
Il recupero sarà minimo anche per il futuro.
Dal 2016 l’importo delle pensioni superiori
a tre volte il minimo (1.500-2.000 euro al
mese, tra i 18.000 euro e i 24.000 euro l’anno senza considerare la tredicesima) saranno
incrementate di 180 euro l’anno recuperando quindi circa l’1% (a fronte di tassi di in-
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flazione del 3% nel 2012 e 1,2% nel 2013).
I redditi tra i 2.000 e i 2.500 euro al mese
saranno incrementati di 99 euro l’anno (circa
8 euro al mese). Per le pensioni tra le cinque
e le sei volte il minimo l’incremento annuale
sarà di 60 euro e questo significherà che su
30.000 euro l’anno di pensione si avrà una
rivalutazione dello 0,2%. La platea di coloro
che riceveranno gli aumenti, ha spiegato il
premier Matteo Renzi, è pari a 3,7 milioni di
persone.
(fla.gam.)
DA AMMINISTRATIVO A CASSIERE ANCHE SE INVALIDO
LICENZIATO POI REINTEGRATO GRAZIE ALLA FABI
La Corte d’Appello
di Brescia si
esprime in favore
del dipendente
ingiustamente
assegnato al
ruolo di cassiere
nonostante le sue
condizioni di salute
R
eintegrato
un
dipendente
del
gruppo UniCredit
licenziato perché
colpevole - a giudizio della
banca - di non aver svolto
correttamente il suo lavoro.
È quanto disposto dalla Corte d’Appello di Brescia, che
ha accolto pienamente il ricorso del lavoratore, assistito dalla Fabi. I fatti risalgono a quattro anni fa, quando
l’impiegato, assunto come
categoria protetta, era passato, per volere dell’istituto,
a svolgere mansioni incompatibili con il suo stato di salute psicofisica. Dagli uffici
amministrativi era stato costretto a trasferirsi al front
office e a svolgere l’attività
di cassiere. Una situazione
che lo aveva portato a sviluppare una serie di sintomi
da stress lavoro-correlato e
a commettere diversi errori nell’esecuzione delle sue
mansioni. Un vero e proprio accanimento, quello
messo in atto dall’azienda
nei confronti del lavoratore,
contro cui la Fabi era scesa
in campo ancor prima che
la banca emettesse l’ultimo
e più grave provvedimento: il licenziamento. Da lì la
battaglia legale per vedere
riconosciuti i diritti del lavoratore, adesso conclusa positivamente con la sentenza
definitiva della Corte, che ha
annullato il licenziamento e
condannato la banca a pagare un risarcimento pari a
12 mensilità retributive, più
interessi, contributi e spese legali. «Abbiamo difeso
il lavoratore in tutte le sedi
perché al centro della nostra
azione c’è sempre la tutela
della dignità del lavoro. Siamo soddisfatti che la magistratura abbia riconosciuto
valide le nostre motivazioni», ha commentato il Coordinamento Fabi UniCredit.
(Fla. Gam.)
INTESA SANPAOLO, CONTRATTO DEL CREDITO PER I LAVORATORI DI ISP CASA
Firmato l’accordo che tutela i lavoratori della società creata dal gruppo per
l’intermediazione immobiliare. Via libera anche al mantenimento degli inquadramenti
Firmato da sindacati e Intesa Sanpaolo l’accordo per l’avvio di Intesa Casa, il progetto di
intermediazione immobiliare lanciato dall’azienda come previsto dal piano d’impresa
2014-2017. Nel dettaglio, l’intesa prevede
che il personale proveniente da società del
gruppo che farà richiesta di passare a Isp
Casa potrà rientrare nell’azienda di provenienza, facendone richiesta entro ottobre
2017; oppure decidere di consolidare il proprio rapporto di lavoro nella controllata. Nel
caso di rientro nella società di provenienza, al dipendente sarà garantito l’inquadramento e il relativo trattamento economico rivestito al momento della sospensione del rapporto di lavoro. Inoltre,
sempre per il personale proveniente da società del gruppo, l’assunzione in Isp Casa avverrà nell’inquadramento del contratto comple-
Fabinews
Periodico mensile in attesa di registrazione
Proprietario ed editore: Fabi
Federazione Autonoma Bancari Italiani
Direttore responsabile: Lando Maria Sileoni
mentare del credito corrispondente al livello
ricoperto all’atto della sospensione. «Si tratta
di un importante accordo – ha commentato
Giuseppe Milazzo, segretario nazionale Fabi
– che salvaguarda l’occupazione interna,
prevede la riconversione professionale dei
lavoratori di Intesa Sanpaolo e guarda a nuovi mestieri e nuove opportunità di sviluppo
professionale». «Accordo significativo – ha
commentato da parte sua Roberto Aschiero,
coordinatore Fabi del gruppo Intesa Sanpaolo - perché in un settore dove normalmente trovano applicazione
altre forme contrattuali si applicherà invece il contratto del credito,
in coerenza con il principio di ricercare nuovi sviluppi professionali
per la salvaguardia dei posti di lavoro».
(Sim. Sac.)
A cura di: Flavia Gamberale
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