Recensione di F. Laudisa, Albert Einstein. Un atlante filosofico, Bompiani, Milano 2010 (pubblicata su Il Sole 24 Ore, 28 marzo 2010) Einstein “epistemologo opportunista”? Mauro Dorato Se Einstein è unanimemente considerato il motore primo della fisica del 900, meno chiaro è il ruolo che la sua filosofia della scienza ha svolto nel suo lavoro di scienziato. Chiarire questo problema, come dice Laudisa in questa straordinaria ricostruzione del contributo di Einstein alla filosofia della scienza, non ha solo un’importanza storico-biografica. Si tratta di capire fino a che punto le idee filosofiche di uno scienziato del calibro di Einstein abbiano influenzato le sue teorie fisiche, e quanto siano valide oggi per cercare di comprendere questioni come il rapporto tra teoria fisica ed esperienza, o le capacità che le teorie hanno di descrivere un mondo indipendente dal soggetto dopo la rivoluzione quantistica. La posizione che Laudisa difende in questo libro è assai equilibrata, perché rifugge da due opposti estremismi. Da una parte mostra l’inconsistenza della tesi in base alla quale lo sviluppo della fisica è reso possibile solo da questioni filosofiche, come se la logica interna dei problemi fisici fosse una mera appendice. Dall’altra però, l’intero saggio illustra con notevole forza perché una buona filosofia della scienza possa fare una notevole differenza nel compito di interpretare le teorie fisiche da parte degli stessi scienziati, dove “interpretare” significa cercare di capire sia che cosa le teorie ci dicano intorno al mondo, sia come si relazionino alla nostra esperienza. Da questo punto di vista, l’autore mostra il ruolo insostituibile che Einstein ebbe nel far nascere interpretazioni della meccanica quantistica che, seguendo l’insegnamento di John Bell − colui che negli ultimi decenni ha dato maggiore impulso, anche sperimentale, allo studio dei fondamenti della teoria quantistica − insistono sul fatto che l’osservazione debba “emergere e acquisir significato dentro un mondo che esiste anche senza osservazioni” (p. 156) o informazioni che i fisici hanno su di esso. Notevoli sono i pregi di questo volume, al di là della grande chiarezza con la quale è scritto, ciò che lo rende accessibile a un pubblico che sia anche digiuno di nozioni di fisica. Forse il maggior merito di Laudisa, uno studioso italiano che dialoga con i maggiori filosofi della fisica nel mondo, è quello di far crollare, uno dopo l’altro, i vari miti che avvolgono la figura di Einstein scienziato-filosofo. Il primo mito che crolla, come sopra anticipato, è quello di un fisico che è oramai troppo vecchio per capire la meccanica quantistica. Il dialogo di Einstein con Bohr, ricostruito in modo sintetico ma con magistrale chiarezza da Laudisa, mostra come la storia sia spesso scritta dai vincitori (i seguaci dell’intepretazione di Bohr, tra cui lo storico Jammer e Pais). Nel nostro caso, tale storia nasconde o omette dettagli fondamentali per capire la vera posizione di Einstein nei confronti della meccanica quantistica. Come Laudisa mette in rilievo citando fonti dirette ed indirette, Einstein non è preoccupato affatto da una teoria che usi la probabilità e quindi da un “Dio che gioca a dadi con il mondo” − come si è ripetuto sino alla nausea − ma dal fatto che la teoria quantistica appaia incompleta, in un preciso e chiaro senso della parola che emerge in suoi vari interventi dal 1927 (I congresso Solvay) fino al 1949. Un’incompletezza che potrebbe essere anche colmata da una futura teoria statistica che non violi però quel Principio di Separabilità tra sistemi fisici spazialmente separati che Einstein riteneva condizione irrinunciabile per fare fisica. L’altro mito che crolla leggendo le pagine di Laudisa è quello di un Einstein che passa da un innamoramento giovanile per la filosofia empirista di Mach (che sarebbe fondamentale per le teorie della relatività) a un realismo maturo, o quello di un Einstein che, dal punto di vista filosofico, è (come lui stesso scrisse) solo un “opportunista senza scrupoli”. Quel che Laudisa mette in luce − sulla base di indicazioni provenienti dallo stesso Einstein − è quanto “Hume più di Mach” sia stato importante nel suo modo di interpretare il rapporto tra fatti e teorie, e come l’orientamento filosofico di Einstein, influenzato dal convenzionalismo di Duhem, non sia sostanzialmente mutato durante tutta la sua carriera scientifica. Laudisa infine mostra come il cosiddetto “realismo” di Einstein (attenti agli “ismi”) sia “in-teorizzato”, sia cioè non dovuto a posizioni aprioristiche portate nella fisica dall’esterno, ma si spieghi con il tentativo di organizzare i dati dell’esperienza nel modo più semplice possibile (p. 92). Non posso che chiudere con l’invito a fisici, filosofi e persone interessate alla cultura del 900 a leggere il libro, scritto da uno studioso che è in costante dialogo con i migliori filosofi della fisica nel mondo.