Cap 19 - Associazione Italiana Private Banking

CAPITOLO 19: L’OTTIMIZZAZIONE FISCALE PER IL PRIVATE BANKING
Di:
Franco Fondi
PREMESSA
LA
VARIABILE FISCALE PUÒ AVERE UNA RILEVANZA DETERMINANTE NELLA PIANIFICAZIONE DELLE
SCELTE DI INVESTIMENTO DELL’INVESTITORE SOTTO DIVERSI PROFILI.
VI È INNANZI TUTTO IL PROFILO DELLA DIVERSA INCIDENZA DELLA FISCALITÀ PROPRIA DEI VARI
STRUMENTI FINANZIARI E DEI DIFFERENTI REGIMI TRIBUTARI.
ANCHE SE L’OBIETTIVO PRIORITARIO DEL LEGISLATORE DOVREBBE ESSERE QUELLO DI REALIZZARE LA
MASSIMA OMOGENEITÀ IMPOSITIVA NEL RISPETTO DEI PRINCIPI DI CAPACITÀ CONTRIBUTIVA, DI
INCENTIVAZIONE E TUTELA DEL RISPARMIO E DI LIBERA CIRCOLAZIONE DEI CAPITALI, È INNEGABILE
CHE INVECE CONTINUINO AD ESISTERE FATTORI DI DISOMOGENEITÀ FISCALE CHE FINISCONO COL
CONDIZIONARE LE SCELTE DELL’INVESTITORE ANCHE IN RELAZIONE ALLA SUA SITUAZIONE FAMILIARE
ED AGLI OBIETTIVI DI INVESTIMENTO ED ORIZZONTI TEMPORALI PRESCELTI.
L’INCIDENZA DELLA VARIABILE FISCALE È, EVIDENTEMENTE, UN ELEMENTO IMPRESCINDIBILE NELLA
PIANIFICAZIONE DEL PASSAGGIO GENERAZIONALE DEL PATRIMONIO ANCHE ALLA LUCE DEI RECENTI
INTERVENTI NORMATIVI CHE HANNO PORTATO ALLA REINTRODUZIONE DELLA IMPOSTA SULLE
SUCCESSIONI E DONAZIONI ED ALLA DEFINIZIONE DEL REGIME TRIBUTARIO DEL TRUST.
E’ INFINE OPPORTUNO SOTTOLINEARE LE RELAZIONI SPESSO ESISTENTI TRA IL PATRIMONIO “PRIVATO”
DELL’INVESTITORE ED IL PATRIMONIO RICONDUCIBILE ALLA SUA ATTIVITÀ IMPRENDITORIALE O
PROFESSIONALE ED ALLA FISCALITÀ PROPRIA DI TALI AMBITI.
19.1
Il regime impositivo dei redditi finanziari
L’ordinamento italiano prevede che i redditi finanziari conseguiti al di fuori dell’esercizio di impresa
rientrino in due “macro categorie”:
- i redditi di capitale (quali sono ad esempio gli interessi, i dividendi, i redditi di
partecipazione a OICR);
- i redditi diversi (tipicamente le plusvalenze e le minusvalenze).
La tassazione dei redditi finanziari di cui sopra avviene normalmente attraverso l’applicazione di
ritenute alla fonte o di imposte sostitutive e quindi, nella generalità dei casi, i redditi finanziari non
vanno a cumularsi con gli altri redditi soggetti ad imposizione con aliquote progressive.
Fanno eccezione a questo principio alcuni redditi finanziari, come ad esempio i dividendi e le
plusvalenze relativi a partecipazioni societarie quantitativamente rilevanti (le c.d. “partecipazioni
qualificate”) o i redditi di partecipazione a OICR (Organismi di Investimento Collettivo del
Risparmio) esteri non conformi alle direttive comunitarie che concorrono invece, in tutto o in parte,
alla formazione del reddito imponibile complessivo e sono quindi soggetti ad imposta sul reddito con
aliquote progressive.
Attualmente sono previste due aliquote di ritenute alla fonte/imposte sostitutive:
- il 12,50% applicabile generalmente agli interessi dei titoli di Stato ed obbligazionari, ai
dividendi ed alle plusvalenze derivanti da partecipazioni “non qualificate”;
- il 27% applicabile agli interessi dei conti correnti bancari e postali.
Nel momento in cui queste note venivano date alle stampe era in corso di discussione un disegno di
legge delega per la riforma della tassazione dei redditi finanziari che prevedeva la unificazione delle
aliquote ad una misura non superiore al 20%.
II - Gli strumenti e soluzioni per la gestione della ricchezza
19.2
I diversi regimi di tassazione dei redditi finanziari
Un ulteriore elemento di disomogeneità dell’attuale ordinamento tributario è costituito dalla
esistenza di tre diverse modalità di tassazione dei redditi finanziari:
il regime della dichiarazione,
il regime del risparmio amministrato,
il regime del risparmio gestito.
Nel regime della dichiarazione i redditi finanziari sono dichiarati dal contribuente ed assoggettati a
tassazione nell’ambito della sua dichiarazione dei redditi, normalmente con l’applicazione di
imposte sostitutive nella stessa misura delle ritenute che sarebbero applicate in caso di intervento di
un intermediario autorizzato, ovvero con l’applicazione dell’imposta ordinaria se così previsto in
relazione a specifici strumenti finanziari.
Nel regime del “risparmio amministrato” ed in quello del “risparmio gestito” esiste invece come
comune presupposto la necessità che sia stato preventivamente istituito un rapporto di custodia o
amministrazione con un intermediario autorizzato (banche, Poste Italiane, SIM, SGR, società
fiduciarie) cui viene manifestata un’esplicita opzione per l’applicazione di uno dei due regimi di cui
trattasi e che opera da sostituto d’imposta.
Le affinità terminano però qui perché i due regimi hanno una diversa portata applicativa e si fondano
su diversi presupposti impositivi.
Il regime del risparmio amministrato si applica infatti solo ai redditi “diversi” (cioè alle
plusvalenze/minusvalenze) e prevede l’applicazione da parte dell’intermediario della imposta
sostitutiva del 12,50% su ciascuna plusvalenza realizzata.
Le eventuali minusvalenze sono scomputate, sempre a cura dell’intermediario autorizzato, dalle
successive plusvalenze; se le plusvalenze successive sono insufficienti ad assorbire le precedenti
minusvalenze, l’eventuale eccedenza può essere riportata a nuovo, a scomputo di successive
plusvalenze, sino al quarto periodo di imposta successivo.
I redditi “di capitale” non rientrano nel regime del risparmio amministrato, sono tassati
separatamente secondo il regime a loro proprio (normalmente con l’applicazione di una ritenuta alla
fonte) e non sono compensabili con le eventuali minusvalenze.
Il regime del risparmio amministrato prevede la tassazione dei redditi “realizzati” ed è quindi basato
su un principio di cassa.
Il presupposto impositivo del regime del risparmio gestito è invece rappresentato dall’incremento di
valore del patrimonio gestito al termine del periodo di imposta che rappresenta il risultato della
gestione.
Su tale incremento di valore l’intermediario autorizzato, previo esercizio di apposita opzione per il
regime del risparmio gestito da parte dell’investitore, applica un’imposta sostituiva del 12,50%.
Ai fini della applicazione dell’imposta sostitutiva l’intermediario deve quindi valutare il patrimonio
gestito alla fine del periodo di imposta raffrontando tale valore a quello esistente all’inizio del
periodo e depurandolo dell’effetto di conferimenti e prelievi oltre che dei costi inerenti alla gestione
(tipicamente le commissioni).
Trattandosi di un incremento di valore del patrimonio affidato in gestione considerato nella sua
globalità, il regime del risparmio gestito prevede il coacervo dei redditi “di capitale” e dei redditi
“diversi” ed anche quindi la possibilità di compensare i redditi di capitale con le eventuali
minusvalenze.
A tal fine i redditi “di capitale” confluiscono nel risultato di gestione normalmente “al lordo” di
eventuali ritenute.
L’applicazione di questo sistema comporta che la tassazione avviene sulla base del “reddito
maturato”, indipendentemente dalla sua effettiva realizzazione ed anche se, successivamente, il
valore del patrimonio gestito si riduce.
In tal caso le eventuali minusvalenze sono riportate a nuovo a cura dell’intermediario gestore e
scomputate dai risultati positivi della gestione dei periodi di imposta successivi entro il quarto.
176
19. L’ottimizzazione fiscale per il Private Banking
Un’altra caratteristica del regime del risparmio gestito è che la tassazione, essendo applicata
annualmente sul reddito “maturato”, avviene teoricamente in un momento precedente rispetto a
quanto accade nel risparmio amministrato ove il reddito viene invece tassato solo se e quando viene
effettivamente “realizzato”.
Anche in questo caso nell’ambito del disegno di legge delega per la riforma della tassazione dei
redditi di natura finanziaria è previsto un intervento di armonizzazione anche se al momento non ne
sono state ancora definite le linee guida.
19.3
Il regime fiscale delle gestioni collettive
Un regime autonomo, ma in qualche modo similare a quello del risparmio gestito, è previsto per gli
OICR (Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio) di diritto italiano.
Anche in questo caso infatti la tassazione avviene sulla base del reddito “maturato” dello OICR
mediante applicazione di una imposta sostitutiva del 12,50% da parte della società di gestione dello
OICR sull’incremento di valore del patrimonio dello OICR rispetto al valore alla chiusura del
precedente periodo di imposta, al netto dell’effetto di sottoscrizioni e rimborsi.
L’imposta viene calcolata ed accantonata in occasione della determinazione del valore netto delle
quote dello OICR (il c.d. NAV - net asset value dello OICR) e quindi quotidianamente per la
generalità dei fondi di investimento italiani.
L’imposizione avviene “in monte” cioè a livello di patrimonio complessivo dello OICR; ciò
significa in pratica che il valore della quota in base al quale avvengono le sottoscrizioni ed i rimborsi
da parte dei risparmiatori, è già al netto della imposta sostitutiva.
Anche in questo caso, come nel risparmio gestito, si realizza una compensazione tra i redditi di
capitale, che confluiscono nel patrimonio dello OICR “al lordo” di eventuali ritenute, ed i redditi
diversi.
Le eventuali minusvalenze vengono riportate a nuovo dalla società di gestione e scomputate dagli
eventuali successivi incrementi di valore del patrimonio dello OICR senza limiti temporali.
Come si è detto questo regime è applicabile esclusivamente per gli OICR di diritto italiano ed
assimilati (i c.d. fondi lussemburghesi storici”).
Una rilevante anomalia riguarda invece la tassazione degli OICR esteri, conformi alle direttive
comunitarie (c.d. “armonizzati”) autorizzati al collocamento in Italia.
Per i redditi derivanti dalla partecipazione a questi OICR è infatti prevista la applicazione di una
imposta sostitutiva sempre nella misura del 12,50% ma solo al momento del realizzo del reddito e
cioè al momento del disinvestimento.
In pratica quindi la tassazione avviene in base al principio del reddito realizzato ed il valore della
quota è al lordo di qualsiasi imposta.
Un ulteriore fattore di anomalia fiscale relativamente a questi prodotti riguarda inoltre i redditi di
partecipazione ad OICR esteri non conformi alle direttive comunitarie (c.d. “non armonizzati”); in
questo caso infatti i redditi sono tassabili in capo al sottoscrittore nell’ambito del reddito
complessivo imponibile e sono quindi soggetti alle aliquote IRPEF ordinarie.
Anche questi temi sono destinati ad essere affrontati nell’ambito della riforma della tassazione dei
redditi finanziari presumibilmente nel senso di una armonizzazione di trattamento tra OICR italiani
ed esteri armonizzati.
19.4 Il regime fiscale dei fondi comuni di investimento immobiliare
Nella attuale normativa in vigore dal 01/01/2004 i fondi di investimento immobiliare non sono
soggetti né alle imposte sui redditi né all’IRAP (Art. 6, comma 1 del D.L. 25.09.2001 n. 351)37.
37
Il regime fiscale previgente (Art. 6, c. 2 e 3 e Art. 7 del D.L. 25.09.2001 N.351) prevedeva invece :
- l’applicazione di una imposta sostitutiva del 1% calcolata sul valore netto contabile del Fondo determinato come
media annua dei valori risultanti dai prospetti periodici infrannuali;
- che i proventi derivanti dalle partecipazioni ai fondi nonché le plusvalenze realizzate mediante la loro cessione o
rimborso non fossero soggetti ad imposizione, salvo che per le partecipazioni relative ad imprese commerciali (in
177
II - Gli strumenti e soluzioni per la gestione della ricchezza
La nuova disciplina fiscale dei fondi di investimento immobiliari in vigore dal 01/01/2004 prevede
che la società di gestione del fondo applichi una ritenuta alla fonte del 12,50%:
- sui proventi distribuiti in costanza di partecipazione al fondo;
- sulla differenza tra il valore di riscatto o di liquidazione delle quote di partecipazione al
fondo e il costo di sottoscrizione o acquisto delle quote (documentato dal partecipante
anche a mezzo di dichiarazione sostitutiva).
La ritenuta del 12,50% sui proventi derivanti dalla partecipazione al fondo è :
- a titolo di acconto se il partecipante al fondo opera in regime di impresa commerciale (ad
es. imprenditore individuale, società di persone e/o di capitali);
- a titolo di imposta se il partecipante al fondo non opera nell’esercizio di impresa
commerciale (e quindi ad esempio, nei confronti dei privati investitori).
La ritenuta del 12,5% si applica ai proventi che:
- siano percepiti a decorrere dal 01.01.2004;
- si riferiscano a periodi di attività dei fondi immobiliari iniziati successivamente al
31.12.2003.
Il regime fiscale delle polizze assicurative a contenuto finanziario
I redditi derivanti da polizze di assicurazione a contenuto finanziario (ad esempio unit o index
linked) o da contratti di capitalizzazione sono considerati “redditi di capitale” per la differenza tra
l’ammontare percepito e quello dei premi pagati.
I redditi di capitale di cui trattasi sono soggetti alla applicazione di un’imposta sostitutiva,
attualmente nella misura del 12,50%, da parte della impresa di assicurazione residente.
Nel caso di polizze assicurative estere l’imposta sostitutiva di cui sopra può essere applicata dalle
imprese di assicurazione non residenti direttamente da quelle che operano in regime di libertà di
prestazione di servizi o attraverso un rappresentante fiscale ed a condizione che esse abbiano optato
per la applicazione della imposta sostituiva sulle riserve matematiche dei rami vita relative ai
contratti stipulati con residenti in Italia.
Le polizze assicurative a contenuto finanziario hanno conosciuto un certo successo nella
pianificazione del passaggio generazionale del patrimonio perché al di là di alcune prerogative
tipiche dei contratti assicurativi (in particolare la impignorabilità ed insequestrabilità prevista
dall’Art.1923 del c.c., peraltro da verificare caso per caso) beneficiano di un regime fiscale di favore
rispetto al regime del risparmio gestito dovuto al differimento dell’imposizione sino al momento del
realizzo del reddito.
Va inoltre rilevato che nel caso si tratti di polizze assicurative sulla vita la somma liquidata al
beneficiario in caso di morte dell’assicurato non costituisce neppure “reddito”38 e quindi la polizza
consente di far pervenire il patrimonio agli eredi in totale esenzione da imposte sul reddito.
19.5 La tassazione dei redditi “diversi” riconducibili ad operazioni immobiliari
Nell’ambito dei redditi “diversi” rientrano anche quelli derivanti da operazioni immobiliari che
possono frequentemente manifestarsi nell’ambito della gestione del patrimonio di famiglia.
In particolare assumono rilevanza come redditi “diversi”:
a) le plusvalenze realizzate mediante la lottizzazione di terreni, o l'esecuzione di opere intese a
renderli edificabili, e la successiva vendita, anche parziale, dei terreni e degli edifici;
b) le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti
da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che
per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione sono state
adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, nonché, in ogni caso, le plusvalenze
quest’ultimo caso i proventi/plusvalenze concorrevano a formare il reddito imponibile con il riconoscimento di un
credito di imposta del 1%).
38
Cfr.Art.6, comma 2 del DPR 22/12/1986 N.917.
178
19. L’ottimizzazione fiscale per il Private Banking
realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria
secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione. In caso di cessione a titolo
oneroso di immobili ricevuti per donazione, il predetto periodo di cinque anni decorre dalla data di
acquisto da parte del donante 39.
La territorialità dei redditi e le norme in materia di monitoraggio fiscale
La globalizzazione dei mercati finanziari e la conseguente eliminazione dei vincoli alla circolazione
dei capitali rende rilevante un richiamo ai principi di territorialità in base ai quali avviene la
tassazione dei soggetti fiscalmente residenti nel territorio dello Stato.
Il principio generale dell’ordinamento tributario italiano e quello che il presupposto impositivo nei
confronti dei soggetti fiscalmente residenti nel territorio dello Stato si definisce sulla base di un
principio di “attrazione” in base al quale il residente è soggetto ad imposizione con riferimento ai
redditi ovunque prodotti salvo il credito di imposta per le imposte pagate all’estero in via definitiva e
salvo quanto eventualmente previsto nell’ambito degli accordi internazionali contro le doppie
imposizioni.
Data questa premessa è evidente l’interesse per l’Amministrazione Finanziaria italiana di essere
messa a conoscenza della disponibilità di investimenti esteri ed attività finanziarie estere produttivi
di redditi di fonte estera imponibili in Italia.
A questa esigenza rispondono le norme in materia di monitoraggio fiscale 40 che fanno obbligo agli
intermediari finanziari di mantenere evidenza e segnalare i flussi finanziari da e per l’estero ed ai
contribuenti di segnalare le disponibilità di attività ed investimenti esteri di importo superiore a
12.500€.
Considerata la loro finalità, gli obblighi in materia di monitoraggio fiscale non sussistono in tutti i
casi in cui vi sia l’intervento di un intermediario che applichi imposte sostitutive che esauriscono gli
obblighi tributari a carico del contribuente residente.
Quindi gli obblighi in materia di monitoraggio fiscale non sussistono, ad esempio, nel caso in cui il
risparmiatore abbia optato per il regime del “risparmio amministrato” o del “risparmio gestito” o
comunque abbia dato incarico ad un intermediario residente di riscuotere redditi di capitale di fonte
estera soggetti ad una ritenuta/imposta sostitutiva a titolo definitivo applicata dall’intermediario.
E’ opportuno altresì sottolineare che le norme in materia di monitoraggio fiscale riguardano in
genere “investimenti esteri ed attività estere di natura finanziaria” e quindi non solo gli investimenti
finanziari più tradizionali (titoli e conti correnti) ma anche, ad esempio, le polizze assicurative
estere a contenuto finanziario ed i beni immobili.
Le norme in materia di monitoraggio fiscale vanno tenute in debito conto anche con riferimento
all’inasprimento delle sanzioni amministrative previste per la loro eventuale violazione ed alle
prescrizioni conseguenti al recepimento della Direttiva comunitaria in materia di tassazione dei
redditi di risparmio sotto forma di interessi 41 e che prevede a regime lo scambio di informazioni tra
le Amministrazioni finanziarie dei vari paesi che hanno sottoscritto la direttiva.
19.6
Accertamenti bancari e finanziari
I poteri di accertamento dell’Amministrazione Finanziaria in materia di accertamenti bancari e
finanziari sono stati recentemente potenziati. sia con l’ampliamento della platea degli intermediari
finanziari a cui possono essere richieste informazioni sia con riferimento alle informazioni che
possono essere richieste e che, dal 1° gennaio 2005, non riguardano più solo il “conto”
39
In caso di cessioni a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, e di terreni
suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione, all'atto della
cessione e su richiesta della parte venditrice resa al notaio, sulle plusvalenze realizzate si applica un'imposta, sostituiva
dell'imposta sul reddito, del 20%. (cfr.Art.1, comma 496, della Legge 23-12-2005, n. 266 – c.d. Finanziaria 2006)
40
Cfr.D.L.28/06/1990 N.167.
41
Il D.Lgs.18/04/2005 N.84 ha dato attuazione in Italia alla Direttiva 2003/48/CE del 3 giugno 2003 in materia di
tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi.
Le nuove disposizioni si applicano dal 1° luglio 2005
179
II - Gli strumenti e soluzioni per la gestione della ricchezza
eventualmente intrattenuto dal contribuente soggetto ad accertamento fiscale ma, più in generale,
ogni ”rapporto” e qualsiasi “operazione” (quindi anche le cosiddette operazioni “fuori conto”) da
egli effettuata.
Anche le modalità del “dialogo” tra l’Amministrazione finanziaria e gli intermediari sono state
modificate nel senso che le richieste formulate dagli Uffici Finanziari e le risposte fornite dagli
operatori finanziari devono ora avvenire esclusivamente con modalità telematica ed all’uopo gli
operatori finanziari si devono dotare di una casella di posta elettronica certificata.
Il quadro degli strumenti a disposizione della Amministrazione finanziaria nell’esercizio della sua
attività di accertamento si è recentemente completato con l’emanazione delle disposizioni attuative
della c.d. anagrafe dei conti e rapporti.
In base a tali disposizioni gli intermediari sono tenuti a comunicare all’Amministrazione Finanziaria,
anche in questo caso con modalità esclusivamente telematiche, i dati identificativi ed il codice
fiscale dei soggetti con cui intrattengono rapporti.
La comunicazione riguarda i rapporti in essere al 1° gennaio 2005, anche se successivamente cessati,
e prevede aggiornamenti mensili relativi ai nuovi rapporti aperti ed a quelli chiusi.
19.7
Imposta sulle successioni e donazioni
L’Art.2 del D.L. 03/10/2006 N.262, così come modificato in sede di conversione dalla L.24/11/2006
N.286, ha reintrodotto nell’ordinamento italiano l’imposta sulle successioni e donazioni, sui
trasferimenti di beni e diritti per causa morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di
vincoli di destinazione o a titolo gratuito secondo il testo unico delle disposizioni concernenti
l'imposta sulle successioni e donazioni di cui al Decreto legislativo 31-10-1990, n. 346 nel testo
vigente alla data del 24/10/200142.
L’ambito applicativo della nuova imposta sulle donazioni risulta ampliato rispetto alla normativa
previgente perché si estende in generale agli “atti a titolo gratuito” ed ai “vincoli di destinazione”.
La “nuova” imposta sulle successioni e donazioni prevede peraltro aliquote agevolate e franchigie a
favore dei parenti più stretti del de cuius o del donante.
In particolare l’imposta si applica con le seguenti aliquote sul valore complessivo netto dei beni:
a) devoluti a favore del coniuge e dei parenti in linea retta sul valore complessivo netto
eccedente, per ciascun beneficiario, 1.000.000€: 4%;
a-bis) devoluti a favore dei fratelli e delle sorelle, sul valore complessivo netto eccedente,
per ciascun beneficiario, 100.000€: 6%;
b) devoluti a favore degli altri parenti fino al quarto grado e degli affini in linea retta, nonché
degli affini in linea collaterale fino al terzo grado: 6%;
c) devoluti a favore di altri soggetti: 8%.
Nel caso di successioni e donazioni a favore di portatori di handicap grave è inoltre prevista una
franchigia di 1.500.000€.
Di particolare interesse è una disposizione introdotta dalla Finanziaria per il 200743 in base alla quale
non sono soggetti ad imposta sulle successioni e donazioni i trasferimenti, effettuati anche tramite i
patti di famiglia, a favore dei discendenti, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni.
In caso di quote sociali e azioni di società “di capitale”, il beneficio spetta limitatamente alle
partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo ai sensi dell'articolo 2359, primo
comma, numero 1), del codice civile.
L’esenzione si applica a condizione che gli aventi causa (erede designato o donatario):
- proseguano l'esercizio dell'attività d'impresa per un periodo non inferiore a cinque anni
dalla data del trasferimento;
42
L'imposta sulle successioni e donazioni era stata soppressa dall’Art.13, comma 1 della L.18/10/2001 N.383.
Ai sensi dell’Art.17 della suddetta L.383/2001, la disposizione si applicava alle successioni per causa di morte aperte e
alle donazioni fatte successivamente alla data del 25 ottobre 2001.
43
Cfr.Art.1,comma 78 della L.27/12/2006 N.296.
180
19. L’ottimizzazione fiscale per il Private Banking
-
detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del
trasferimento;
- rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all'atto di
donazione, apposita dichiarazione in tal senso.
Il mancato rispetto della condizione di cui al periodo precedente comporta la decadenza dal
beneficio, il pagamento dell'imposta in misura ordinaria, della sanzione amministrativa del 30% e
degli interessi di mora decorrenti dalla data in cui l'imposta medesima avrebbe dovuto essere pagata.
Le relazioni esistenti tra il patrimonio personale ed il patrimonio riconducibile alla attività
imprenditoriale e professionale dell’investitore.
Nella prassi operativa è assai frequente che esistano relazioni tra le vicende del patrimonio personale
dell’investitore e la sua attività “professionale” sia essa riconducibile all’esercizio di una impresa
ovvero di una professione.
In particolare alcuni istituti previsti dall’ordinamento tributario con riferimento al reddito delle
società o al reddito di impresa sono suscettibili di produrre effetti sulla pianificazione degli
investimenti riconducibili alla sfera “privata”.
Meritano di essere segnalate, ad esempio, le norme di contrasto alla sottocapitalizzazione delle
imprese (la c.d. thin capitalization) che dispongono la indeducibilità degli interessi passivi dovuti da
una società sui finanziamenti erogati o garantiti dai soci “qualificati” (cioè detentori direttamente o
indirettamente, di una partecipazione pari o superiore al 25%), se il rapporto tra i debiti verso tali
finanziatori ed il patrimonio netto della società è superiore a 4 volte.
La finalità della norma è evidentemente antielusiva, evitare cioè che l’imprenditore possa dedurre
dal reddito della sua società un onere realizzando un risparmio di imposta con una aliquota più
elevata di quella gravante sul reddito di capitale che consegue a livello personale con il suo stesso
finanziamento.
Altre disposizioni fiscali che presuppongono una relazione tra sfera “personale” e sfera
“professionale” dell’investitore sono, ad esempio, quelle in materia di controlled foreign companies,
in base alle quali i redditi conseguiti da una società estera, ad esempio una holding di famiglia,
localizzata in un paese estero a bassa fiscalità (i c.d. paesi della c.d. black list) sono imputati “per
trasparenza” all’effettivo beneficiario residente, indipendentemente dall’effettiva percezione, salvo
prova contraria da fare valere attraverso un apposito interpello all’amministrazione finanziaria.
Da tenere in considerazione nella strutturazione del patrimonio familiare sono anche le disposizioni
in materia di società non operative (le c.d. “società di comodo”) in base alle quali se la società non
raggiunge determinati livelli di ricavi minimi, determinati attraverso l’applicazione di determinate
percentuali alle attività possedute, si presume che abbia comunque conseguito un reddito minimo
anch’esso derivante dall’applicazione di percentuali di redditività presunta al valore delle medesime
attività.
Anche in questo caso le disposizioni hanno finalità antielusive, sono cioè tese a scoraggiare l’uso di
veicoli societari per collocarvi beni mobili ed immobili con la sola finalità di utilizzarli direttamente;
è evidente peraltro che questi vincoli andranno tenuti in considerazione prima di ipotizzare, ad
esempio, l’attribuzione di un acquisto immobiliare ad una società ovvero di costituire una holding di
famiglia per collocarvi partecipazioni societarie e strumenti finanziari.
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